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INTELLIGENZA

Lo sviluppo cognitivo comprende tutti i processi mentali utili ad acquisire informazioni dall’ambiente,
conservarle, riorganizzarle e farne uso nel corso delle proprie azioni. L’intelligenza è un fenomeno
multidimensionale, multidirezionale e discontinuo che cambia con il passare del tempo in virtù degli
apprendimenti e delle esperienze acquisite. L’intelligenza non viene definita solo come un’abilità intellettiva
generale, ma come una competenza cognitiva complessa, in quanto connessa a svariati fattori pratici,
sociali, emotivi.

 PIAGET
Secondo Piaget l’intelligenza può essere definita come la più elevata e plastica forma di adattamento
dell’organismo all’ambiente in quanto essa riesce a trasformarsi durante l’evoluzione ontologica di un
individuo. Secondo la sua teoria lo sviluppo dell’intelligenza avviene per stadi. Il passaggio da uno stadio
all’altro è definito attraverso l’assimilazione (incorporazione di un nuovo oggetto, comportamento,
esperienza, in uno schema mentale che il bambino già possiede) e l’accomodamento (modifica delle
strutture esistenti per adeguarsi alle richieste dell’ambiente). Piaget individua 4 stadi:
1) Intelligenza senso motoria (0-24 mesi): suddiviso in 6 stadi
- Stadio dei riflessi innati, in cui vi è la presenza di meccanismi riflessi che si consolidano
- Reazioni circolari primarie: il continuo esercizio porta alla formazione delle abitudini
- Reazioni circolari secondarie: perfezionamento dello stadio precedente
- Coordinamento delle reazioni circolari: gli schemi si consolidano tra loro dando origine a nuove
abilità senso-motorie
- Reazioni circolari terziarie: stadio in cui il bambino inizia a sperimentare
- Stadio dell’invenzione attraverso la combinazione: transizione tra intelligenza senso-motoria e
intelligenza rappresentativa
2) Intelligenza preoperatoria (2-6 anni)
Graduale sviluppo dell’intelligenza rappresentativa: ogni oggetto è rappresentato. Lo sviluppo della
funzione rappresentativa è favorito dall’attività imitativa, dal gioco e dall’uso del linguaggio verbale.
La caratteristica di tale stadio è l’egocentrismo, ovvero la tendenza a non rendersi conto del fatto
che possono esistere diversi punti di vista diversi dal proprio.
3) Intelligenza operatoria concreta (7-11 anni)
Il pensiero è caratterizzato dall’apparire della reversibilità. Il bambino diventa capace di
decentramento, riesce a coordinare più punti di vista; l’egocentrismo quindi scompare.
4) Intelligenza operatoria formale (11-14 anni)
Il ragazzo acquisisce la capacità di fare ragionamenti astratti. Ogni pensiero è svincolato dalla realtà
concreta. Si sviluppa il gusto per la teorizzazione e la critica.

 BINET
Binet concepiva l’intelligenza non come un’unica entità e non come completamente ereditaria, ma come un
insieme di varie capacità mentali di ordine superiore, tra loro poco correlate e nutrite dall’interazione con
l’ambiente. Insieme a Simon, Binet realizzò il primo reattivo di intelligenza per concentrarsi su bambini che
non riuscivano a trarre dallo studio il beneficio dovuto. I quesiti miravano a valutare la memoria, le
conoscenze linguistiche, l’abilità di calcolo, il senso del tempo, la capacità di fare collegamenti. Binet
elaborò una scala dell’età cronologica ed associò ad ogni età una serie di prove che i bambini riuscivano a
risolvere. La scala Binet-Simon restituiva un unico punteggio totale chiamato Quoziente Intellettivo (QI) e
questo test divenne la base per i futuri questionari sull’intelligenza.
Limiti: l’intelligenza è un costrutto troppo vasto da racchiudere in un unico numero, infatti è condizionata
da una serie di fattori come le abilità cognitive, la cultura, l’ambiente familiare.
TEORIA MONOFATTORIALE
 SPEARMAN
Fu il primo ad applicare l’analisi fattoriale all’intelligenza. Costruì una matrice di correlazioni per studiare la
correlazione tra i test effettuati da bambini in una scuola e le rispettivi prestazioni scolastiche. Secondo lui
le correlazioni sono il risultato di due tipi di fattori o abilità, ovvero il fattore G e il fattore S (teoria dei due
fattori). Il fattore G, cioè una capacità che corrisponde a una capacità generale innata e non modificabile
con l’esperienza; questo può attivare un ampio numero di processi mentali specifici, i fattori S, come la
memoria, la percezione e le abilità fisiche, che invece possono essere cambiate e modellate attraverso
l’educazione e l’esperienza. La teoria dei due fattori è definita mono-fattoriale, in quanto riduce
l’intelligenza ad un’unica dimensione omogenea.

TEORIA MULTIFATTORIALE
 GUILFORD
Concepisce l’intelligenza come una struttura che integra diversi tipi di contenuti, operazioni e prodotti, dalla
cui combinazione derivano molteplici capacità distinte. Egli ha postulato l’esistenza di 120 differenti abilità
mentali, tutte indipendenti l’una dall’altra. Introduce la distinzione tra intelligenza convergente, tipica del
ragionamento logico e razionale e quella divergente, caratterizzata da pensiero flessibile, capace di
soluzioni originali e creative. Quest’ultimo pensiero è misurato da 3 indici: la fluidità, la flessibilità e
l’originalità.

TEORIA DELLE ABILITA’ MENTALI


 THURSTONE
Egli si schierò contro l’esistenza di un fattore G prevalente, individuando invece 7 fattori primari
dell’intelligenza: abilità verbale, comprensione, calcolo numerico, abilità spaziali, memoria associativa,
ragionamento, velocità di percezione. La revisione ha prodotto una soluzione gerarchica a tre livelli, che
sembrerebbe essere un compromesso tra il modello di Spearman e quello di Thurstone. Al livello più alto
c’è il fattore G comune a tutte le abilità di livello inferiore. Al livello intermedio vi sono fattori più specifici
simili a quelli di Thurstone. Infine al livello più basso vi sono i processi semplici che sono necessari per
produrre qualsiasi azione intelligente.
INTELLIGENZA FLUIDA E CRISTALLIZZATA
 CATTEL
È un approccio che riprende il modello di Spearma, integrando fattori culturali ed educativi. Questo
modello distingue due fattori di intelligenza generale: 1) intelligenza fluida, che corrisponde alle facoltà
intellettive che non hanno un contenuto specifico, ma vengono utilizzate per elaborare informazioni e per
affrontare nuovi problemi; 2) intelligenza cristallizzata, la quale corrisponde al deposito delle conoscenze,
molte delle quali provengono da una determinata cultura. Cattel da importanza all’interazione sociale per
lo sviluppo dell’intelligenza, il suo modello si presta a spiegare non solo le differenze interindividuali nella
capacità intellettiva, ma anche il diverso declino delle funzioni cognitive nella vecchiaia.

MODELLO CHC
 CATTEL-HORN-CARROLL
Il modello CHC include abilità ampie e ristrette. Le abilità ampie sono: intelligenza cristallizzata,
elaborazione visiva, conoscenze quantitative, abilità di lettura e scrittura, memoria a breve termine,
intelligenza fluida, velocità di elaborazione, immagazzinamento a lungo termine e rievocazione,
elaborazione uditiva e velocità di prendere decisioni. Le abilità ristrette sono quelle sottostanti a ogni abilità
ampia e sono molteplici.

TEORIA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE


 GARDNER
Gardner considera l’intelligenza come un’abilità o un insime di abilità utilizzate per risolvere problemi e
plasmare prodotti che sono importanti in un particolare setting culturale. Indentificò 7 tipi di intelligenze:
musicale, corporeo-cinestetica, spaziale, linguistica o verbale, logico-matematica, intrapersonale,
interpersonale. Per descrivere l’intelligenza non utilizza solo un’unica curva del QI, bensì 7 diverse curve a
campana, una curva per ogni tipo di intelligenza. Secondo Gardner gli individui hanno più tipi di intelligenze
perché hanno più moduli neurali, ogni modulo presenta la propria modalità di rappresentazione, le proprie
norme o procedure e i propri sintemi di memoria.

TEORIA DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA


 GOLEMAN
Goleman sviluppa il concetto di intelligenza emotiva con il quale indica un insieme di abilità specifiche
dell’essere umano che vanno oltre il suo QI. Distingue due sottocategorie:
- le competenze personali, riferite alle capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita
emozionale; tra queste vi sono la consapevolezza di sì, l’autocontrollo, la motivazione, l’ottimismo e
lo spirito di iniziativa
- le competenze sociali, relative alla maniera con cui comprendiamo gli altri e ci rapportiamo con
essi. In queste rientra l’empatia, la comunicazione.
A differenza dell’intelligenza legata al QI, che si stabilizza intorno ai 16 anni, l’intelligenza emotiva può
essere migliorata nel corso della vita. l’intelligenza emotiva quindi implica abilità emotive, quali
riconoscere, regolare e controllare le proprie emozioni, le quali si accompagnano sia alla capacità di sapersi
motivare in modo consapevole, sia alla capacità di gestire le relazioni interpersonali. Il merito di questa
teoria è stato quello di sottolineare che i processi emotivi e motivazionali sono parte integrante del
funzionamento intellettivo e cognitivo di una persona.

TEST E AMBITI APPLICATIVI

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