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INTELLIGENZA

DEFINIZIONE
Non esiste una definizione univoca di intelligenza poiché ognuna risente
dell’orientamento che la formula. Alcuni autori fanno riferimento a definizioni
Generali di intelligenza, intesa come un processo tipico della specie umana e animale
dotata di struttura cerebrale evoluta volto a risolvere nuovi problemi che implicano
una ristrutturazione del rapporto di adattamento con l’ambiente.
Altri adottano definizioni Specifiche, considerando l’intelligenza un insieme di
processi e capacità umane che implicano: il possesso di una buona disposizione a
memorizzare e apprendere; l’abilità nel risolvere problemi; l’attitudine a capire in
fretta; l’arguzia; l’elasticità d’uso degli schemi mentali. Tutte queste capacità sono
elementi costitutivi dell’intelligenza, ma se prese singolarmente devono essere distinte
da essa.
Inoltre, è possibile distinguere due tipi di definizioni di intelligenza: le definizioni
Strutturali (tendono a cogliere le capacità di base o fattori dell’intelligenza; si rifanno
alle teorie differenziali o psicometriche) e quelle Funzionali (tendono a coglierne le
capacità di adattamento a nuove esigenze e a evidenziare i processi di pensiero
mediante i quali l’uomo risolve un problema nuovo in situazioni in cui non entrano in
gioco ne l’istinto ne l’abitudine).

TEORIE
Sintesi dei principali autori e teorie di riferimento

Teoria monofattoriale di Spearman:


La prima definizione scientifica di intelligenza è stata formulata da Spearman nel
1923, che la considerava come un “fattore G”, cioè una capacità generale, astratta,
non specifica, al di sopra di abilità più specifiche e che poteva essere misurata. E’
proprio quest’ultima caratteristica che rende tale definizione scientifica e in
particolare l’intelligenza è misurabile attraverso il Test di Logica

Teoria di Thurstone:
A differenza della teoria monofattoriale di Spearman, Thurstone (1938) ipotizza 7
abilità primarie: Comprensione verbale; Fluidità verbale; Abilità aritmetica;
Visualizzazione spaziale; Memoria associativa; Rapidità percettiva; Ragionamento.
Nonostante ciò evidenzi la multifattorialità dell’intelligenza, la loro natura rimane
prevalentemente logica e razionale, come se, in realtà, tali abilità fossero una
specificazione del fattore G di Spearman.

Teoria di Cattell:
Un altro autore (anni ’50) che elaborò una teoria in grado di informare circa le
differenze che intercorrono tra gli individui fu Cattell. Egli distinse:
l’intelligenza fluida: è la componente strutturale e funzionale innata dell’intelligenza,
ovvero la capacità di cogliere relazioni tra elementi, di ordinare, di percepire
indipendentemente dall’apprendimento
l’intelligenza cristallizzata: è un’abilità mentale che scaturisce dall’esperienza e
include conoscenze, abilità apprese e assimilate.

Teoria dell’intelligenza emotiva di Goleman


La nozione d’intelligenza emotiva già descritta da Howard Gardner nelle due forme,
intrapersonale e interpersonale, è stata tuttavia sviluppata nei suoi molteplici
componenti e conseguenze pratiche da Daniel Goleman (1995) il quale introduce il
concetto di “intelligenza emotiva”, intesa come insieme di abilità specifiche
dell’essere umano che vanno oltre il QI. In linea generale, ne distingue due principali
sottocategorie:
- le competenze personali, riferite alle capacità di cogliere i diversi aspetti della
propria vita emozionale tra cui la consapevolezza di sé, che comporta la capacità di
riconoscere i propri stati interiori; l’autocontrollo, che implica la capacità di
controllare i propri sentimenti, impulsi e le proprie risorse affinchè siano appropriati;
e soprattutto la capacità di alimentare la propria motivazione, formata da una giusta
dose di ottimismo e di spirito d’iniziativa;
- le competenze sociali, relative alla maniera con cui comprendiamo gli altri e ci
rapportiamo ad essi e di cui la più importante è costituita dall’empatia, ossia la
capacità di riconoscere le emozioni e i sentimenti negli altri, ponendoci idealmente
nei loro panni e riuscendo a comprendere i rispettivi punti di vista gli interessi e le
difficoltà interiori; la comunicazione, altra attitudine sociale, è invece la capacità di
parlare agli altri facendo coincidere il contenuto esplicito dei messaggi con le proprie
convinzioni ed emozioni.
E’ evidente che il merito di tale teoria è stato quello di sottolineare che i processi
emotivi e motivazionali sono parte integrante del funzionamento intellettivo e
cognitivo.

Teorie approfondita con esperimento:

La Teoria triarchica di Sternberg (1985):


All’interno degli orientamenti analitici o multi-componenziali rientra la TEORIA
TRIPOLARE di Sternberg (1987). Il modello presentato da questo autore spiega i
meccanismi mentali con cui si eseguono gli atti intelligenti con tre processi basilari.
Questi tre processi sono:
Metacomponenti: processi esecutivi di ordine superiore impiegati nella progettazione,
nel controllo, e nel prendere decisioni
componenti di Performance: processi impiegati nell’esecuzione di un compito
componenti di Acquisizione di conoscenza: processi utilizzati nell’apprendimento di
nuove informazioni
Le diverse componenti sono interdipendenti. Ciascuna entra in gioco durante il
processo di soluzione dei problemi e nessuna di esse può operare in modo
indipendente.
Per esempio, nel ragionamento analogico le metacomponenti decidono cosa fare,
quelle di performance eseguono (cioè codificano, fanno inferenze, ecc.), quelli di
conoscenze apprendono come si possono fare e coordinare le varie azioni.
Questa teoria cerca di spiegare l’intelligenza utilizzando tre subteorie distinte:
Subteoria Contestuale: Vede l’intelligenza in relazione all’ambiente esterno.
In questa subteoria si ipotizza che i comportamenti intelligenti dispiegati nel mondo
reale siano indicatori più efficaci dell’intelligenza rispetto ai test di capacità mentali,
test attitudinali, test scolastici, ecc. A tal proposito l’autore definisce l’intelligenza
come “un’attività mentale diretta alla realizzazione di un adattamento, di una
relazione e di una modellazione, dotati di scopo, all’ambiente esterno reale, che ha
importanza per la vita del soggetto”.
Ne deriva che l’interesse del ricercatore è rivolto all’attività mentale che si adatta nel
contesto reale. Il soggetto cerca di adattarsi all’ambiente in cui si trova. Se tale
adattamento non è possibile né desiderabile, allora il soggetto può tentare di
selezionare un ambiente alternativo nel quale almeno potenzialmente possa
raggiungere un miglior adattamento contestuale. Se tale scelta è irrealizzabile, allora
l’individuo può modellare l’ambiente in cui si trova tentando di dargli una forma
diversa.
Da ciò deriva che l’intelligenza non è costante né tra gli individui (poiché cambia in
virtù dell’ambiente sociale e culturale) né entro lo stesso individuo (poiché cambia in
funzione dell’età del soggetto).
Subteoria Esperenziale: Sostiene che un compito per misurare l’intelligenza deve
richiedere una delle due seguenti capacità: capacità di affrontare compiti o situazioni
sconosciute oppure capacità di rendere automatica l’elaborazione dell’informazione.
La capacità di affrontare compiti o situazioni sconosciute non è una funzione lineare
della novità della prova. Se il compito è troppo nuovo non può essere applicata
nessuna precedente struttura cognitiva e quindi il compito va al di là della possibile
comprensione del soggetto. Va notato tuttavia che uno stesso compito non
necessariamente misura allo stesso modo l’intelligenza nei diversi soggetti; questo
dipende dalla novità della prova che può esserci per alcuni soggetti ma non per altri.
La capacità di rendere automatica l’elaborazione dell’informazione permette invece di
eseguire compiti complessi solo se molte delle operazioni richieste sono
automatizzate. L’automatizzazione avviene se vi è stata una pregressa pratica, se il
soggetto si distrae il meno possibile e se si concentra sull’apprendimento che porta
così l’automatizzazione.
Subteoria Componenziale: Vede l’intelligenza in relazione all’ambiente interno.
All’interno di questa subteoria l’autore sostiene che “una componente è un processo
elementare di informazione che opera su rappresentazioni interne di oggetti o
simboli”.
Ogni componente può essere suddivisa in sottocomponenti sempre più raffinate.
Ogni componente presenta tre importanti proprietà: la durata, la difficoltà e la
probabilità d’attuazione.
Le componenti possono assolvere a tre tipi di funzioni, citate precedentemente:
Metacomponenti, componenti di Performance e componenti di Acquisizione di
conoscenza.
Le componenti possono essere classificate in funzione di tre livelli di generalità.
Al primo livello corrispondono le componenti Generali, ovvero quelle che occorrono
per eseguire tutti i compiti che si possono trovare all’interno di un certo universo.
Il secondo livello sono le componenti di Classe, ovvero quelle che occorrono per
affrontare una determinata sottocategoria di prove.
Il terzo livello riguarda le componenti Specifiche, ovvero quelle che sono richieste per
l’esecuzione di singoli compiti.

La teoria di Sternberg non pretende di rappresentare la struttura della mente, ma si


offre come una mappa che permette di comprendere e valutare le dimensioni più
importanti dell’intelligenza.
Da un punto di vista metodologico, Sternberg recupera molte delle prove usate dalla
tradizione psicometrica, come compiti di ragionamento analogico, sillogismi,
inferenze causali, ecc., oppure da quella piagetiana, come compiti di conservazione e
classificazione, ma ne attua una scomposizione accurata in termini operativi: le
operazioni necessarie all’esecuzione di un compito vengono scelte e misurate secondo
i criteri delle possibilità di quantificazione, l’affidabilità, la validità di costrutto e
quella empirica. Egli introduce il metodo delle prove parziali, che permette di
separare le componenti e specificare l’ordine delle fase di elaborazione, seguire il
processo di apprendimento del nuovo e di soluzione dei problemi. Questa analisi
permette di comprendere meglio le cause di difficoltà, ed è quindi utile sia a fini di
diagnosi sia a fini di addestramento. Questa metodologia porta a una descrizione delle
differenze individuali, non in termini di varianza della prestazione, ma in termini di
stili cognitivi.
Dunque, anche Sternberg riconosce l’importanza degli aspetti personali (stile
cognitivo) che giocano negli aspetti interni dei processi intelligenti, e l’influenza del
contesto, che gioca nella relazione dell’individuo col mondo esterno. Gli stili di
pensiero non sono abilità, ma modi preferiti di esprimere o usare una o più abilità: due
persone con lo stesso (o quasi) livello di abilità possono avere stili diversi di reagire di
fronte ai compiti.

Altra teoria recente. La Teoria delle intelligenze multiple di Gardner (1985):


La Teoria delle Intelligenze multiple comporta che i diversi tipi di intelligenza siano
presenti in tutti gli esseri umani e che la differenza tra le relative caratteristiche
intellettive vada ricercata unicamente nelle rispettive combinazioni. La proposta di
Gardner consiste nel considerare priva di fondamento la vecchia concezione di
intelligenza come fattore unitario e misurabile tramite il Q.I. e sostituirla con una
definizione più dinamica. Continua a considerare l’intelligenza come composta da
abilità distinte, che però non sono intese come fattori specifici per dominio, ma sono
individuate nella maggiore varietà di campi. Partendo da studi eseguiti su bambini
dotati da diversi capacità intellettive, lo studioso riesce a desumere l’esistenza di
differenti aspetti legati all’intelligenza. Tali risultati furono confermati da ricerche
eseguite su pazienti con ictus a cui mancavano delle funzioni cognitive, e, di
conseguenza, hanno permesso di formulare un concetto molto più ricco di intelligenza.
Sulla scia di tali evidenze, Gardner ipotizza 7 differenti tipologie di intelligenza:
logico-matematica, consistente nella capacità di operare su simboli e parole stabilendo
rapporti e formulando regole;
linguistica, collegata alla sensibilità per il significato, il suono, l’ordine delle parole e
per le diverse funzioni del linguaggio;
musicale, corrispondente alla capacità di distinguere il significato e l’importanza di
una serie di suoni organizzati aritmicamente;
spaziale , equivalente alla capacità di percepire forme e riconoscere elementi in
diversi contesti;
cinestetica, riferita alla capacità di usare abilmente il proprio corpo per fini espressivi
e pratici;
intrapersonale, dipendente dalla capacità di capire se stessi, i propri sentimenti e di
esprimerli;
interpersonale, riguardante la capacità di cogliere la personalità e le intenzioni altrui e
di influire sugli altri.

STRUMENTI
La WAIS (Weschler Adult Intelligence Scale), giunta alla sua quarta edizione, è uno
dei, test di intelligenza per adulti e adolescenti (16-90 anni) maggiormente utilizzati.
La nuova edizione nasce dalla constatazione che spesso si tendeva ad ottenere
punteggi più elevati (effetto tetto) o molto bassi (effetto pavimento) e ciò poiché gli
item erano troppo facili rispetto all’istruzione media più elevata oppure troppo
difficili poiché riguardavano contenuti ormai obsoleti, culturalmente passati. La
WAIS-IV si compone di 15 subtest, che indagano 4 dimensioni: comprensione
verbale; Ragionamento visuo-percettivo; Memoria di lavoro; Velocità di elaborazione.
Esiste anche una versione per i bambini dai 6 anni, la WISC-IV (Weschler
Intelligence Scale Children), e una per i bambini in età prescolare WIPPSI-IV
(Weschler Intelligence Prescholar Scale Intelligence).
Tra i test culture free, dove l’influenza di fattori culturali è ridotta al minimo, più
utilizzati sono le Matrici Progressive di Raven: una sorta di puzzle a difficoltà
crescente dove la richiesta è quella di individuare, tra le varie possibilità, il tassello
mancante che completi la figura. Ne esiste anche una versione per bambini, le Matrici
Progressive Colorate.
Oltre al Raven, un altro test culture free è il Culture Free Test Intelligence di Cattell,
composto da 2 versioni (A e B) ognuna delle quali costituita da 50 item divisi in 4
aree (Serie, Analogie, Classificazioni, Matrici)
La teoria di Piaget (Vedi sviluppo cognitivo) ha condotto all’elaborazione di scale
ordinali per la prima infanzia, come la Scala di Laurendau e Pinard, che non
valutano il QI, ma forniscono una misura qualitativa delle competenze raggiunte dal
bambino; un altro strumento che si rifà all’approccio piagetiano, ma non usa scale
ordinali è la BAS (British Ability Scales), una batteria di test di abilità mentale allo
scopo di identificare, classificare e selezionare i bambini che presentano problemi
nell’apprendimento

AMBITI APPLICATIVI
Psicologia clinica dell’età evolutiva: per diagnosticare i disturbi specifici
dell’apprendimento (dislessia, discalculia, disgrafia), nonostante siano caratterizzati
da difficoltà specifiche e circoscritte nella lettura, scrittura e calcola, viene utilizzata
una batteria di test che include anche test di intelligenza proprio per discriminare che
tali difficoltà non siano dovute a ritardi. Infatti in questi bambini l’intelligenza
dovrebbe risultare nella norma. Anche per identificare ritardi mentali.
Psicologia dell’età evolutiva: gli studi sull’intelligenza hanno delle importanti
implicazioni sul piano educativo. Infatti superando il modello unico d’intelligenza,
che comportava l’esclusione di chi non è assimilabile ad esso, diventa possibile
lavorare per l’integrazione dei soggetti con difficoltà cognitive e permette il recupero
e il potenziamento delle abilità residue degli studenti che presentano speciali bisogni
educativi.
Psicologia dell’arco della vita: per lo studio dell’evoluzione delle abilità lungo l’arco
della vita, dall’infanzia alla vecchiaia. In particolare, si è osservato che le capacità
legate alla memoria e quelle che richiedono prontezza e agilità sono soggette ad un
rapido decadimento, mentre rimangono relativamente stabili le capacità verbali e
linguistiche.
Psicologia del lavoro: per individuare il profilo attitudinale richiesto in ambito
professionale, ma anche, in ambito militare, per la selezione di reclute.

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