Sei sulla pagina 1di 10

Emozioni Primarie Ekman

Secondo gli studi del dott. Elkman e del Dott. Friesen, esistono sei emozioni principali:

– felicità
– paura
– rabbia
– disgusto
– tristezza
– sorpresa

Queste sono emozioni innate che ritroviamo in qualsiasi popolazione anche se diverse tra loro, per questo
motivo i due ricercatori le definirono emozioni primarie (universali).

Empatia
Intelligenza emotiva ed empatia
Goleman conia il concetto di intelligenza emotiva per indicare quella capacità del soggetto di riconoscere,
gestire e impiegare le proprie emozioni e quelle altrui in modo costruttivo. L’empatia immancabilmente è
connessa all’intelligenza emotiva; essa è la capacità del soggetto di immedesimarsi nel pensiero e nello
stato d’animo altrui, al fine di comprenderlo.

Chi è dotato di empatia assume comportamenti di cooperazione, chi non ne è dotato tende ad assumere
atteggiamenti asociali e a essere spesso aggressivo fisicamente e verbalmente.
Il docente deve promuovere l’alfabetizzazione emotiva per migliorare i rapporti tra gli alunni, deve essere
empatico (conquistando il cuore dei discenti come disse Pestalozzi),

Deve far ricorso a diverse tecniche per promuovere una coesione emotiva.
Tra queste tecniche abbiamo: il cooperative learning, il peer tutoring, il role play e il circle time.

Emozioni di base vs. emozioni complesse


Un’altra questione molto dibattuta dai teorici è la distinzione delle emozioni in due categorie principali:
emozioni di base ed emozioni complesse. Le prime sono dette anche emozioni primarie o fondamentali e
molto spesso in letteratura vengono accostate al blu, al rosso e al giallo dei colori primari la cui mescolanza
può generare altri colori ancora. Le emozioni complesse, dette anche secondarie, proprio come questi ultimi
colori, sono la derivazione della combinazione di altre emozioni. La distinzione di emozioni fondamentali ed
emozioni complesse è stata condivisa da molti teorici, tuttavia non c’è un grande accordo su quali debbano
essere i criteri di classificazione e dunque su quali siano le emozioni da includere in una categoria piuttosto
che in un’altra.

GARDNER E LE INTELLIGENZE MULTIPLE


Secondo Gardner le teorie classiche sull’intelligenza sono riduttive e semplicistiche, perché ne misurano solo
due tipi cioè l’intelligenza linguistica e logico-matematica. Tuttavia, l’intelligenza non risulta da una specie di
somma di questi due domini cognitivi, nonostante siano stati approfondite largamente dalla psicometria e
valorizzati ed allenati durante l’insegnamento scolastico.

Con la teoria delle intelligenze multiple, Gardner dimostra che non esiste una sola intelligenza, ma ben nove,
che fanno riferimento ad altrettante strutture del cervello indipendenti l’una dall’altra. Questo vuol dire che un
individuo è intelligente in nove modi diversi anche se in realtà le varie intelligenze si combinano
completandosi a vicenda.
Le nove forme di intelligenza
Intrapersonale

La capacità di riflettere sulla propria individualità e sulle potenzialità del suo inserimento nel contesto sociale
circostante; è facile anche immedesimarsi in personalità diverse dalla propria, identificare le proprie emozioni
e saperle esprimere.

Interpersonale

È diffusa in tutto il cervello ma prevalentemente nei lobi prefrontali. Riguarda le abilità di entrare in
connessione con gli altri e le loro emozioni, e sulla base di questo creare un ambiente favorevole all’azione
di gruppo.

Linguistico-verbale

Determina la capacità di utilizzare in modo chiaro ed efficace il linguaggio, di variare il suo registro linguistico
in base alle necessità, ma anche la tendenza a riflettere sul linguaggio stesso e le sue strutture. I soggetti
interessati imparano meglio scrivendo, discutendo e leggendo.

Logico-matematica

Identifica le capacità derivanti dal pensiero logico e deduttivo, quindi le abilità di trovare soluzioni logiche ai
problemi o risolvere operazioni matematiche.

Musicale

Quest’intelligenza è relativa all’emisfero destro del cervello, anche se le persone che hanno studiato la
musica processano i suoni nell’emisfero sinistro. Identifica le abilità di riconoscere e comporre le melodie,
suonare uno o più strumenti musicali e modulare la propria voce da un punto di vista canoro.

Naturalistica

Riguarda l’abilità di riconoscere e classificare gli elementi dell’ambiente circostante. I soggetti che hanno
queste abilità adorano studiare la botanica, la zoologia e le altre scienze anche e soprattutto per i processi di
apprendimento che le caratterizzano cioè classificazione e categorizzazione.

Visivo-spaziale

Chi la possiede ha un’elevata memoria per i dettagli dell’ambiente e delle figure che lo circondano; sa
orientarsi negli spazi e riconoscere oggetti tridimensionali attraverso rappresentazioni schematiche
complesse.

Corporeo-cinestetica

È localizzata principalmente nel cervelletto, nel talamo e nei gangli fondamentali, e determina un’elevata
capacità di coordinazione nei movimenti. Chi la possiede comunica con i movimenti e i gesti, e ama svolgere
attività fisica relazionandosi con l’ambiente circostante.

Filosofico-esistenziale

È relativa alla tendenza a riflettere su grandi temi come l’esistenza, la vita e la morte. La si ritrova nei filosofi
ma anche nei fisici, perché permette di ricavare da complessi processi di astrazione delle categorie
concettuali in grado di riunire e spiegare più eventi contingenti.
La teoria tripolare di Sternberg
L’intelligenza si esprimerebbe attraverso la modalità analitica, una capacità che consente di fare analisi
profonde, di fare confronti tra elementi diversi, di valutare e di formulare giudizi, attraverso la modalità
creativa, legata all’intuizione e che si realizza nell’inventare, scoprire, immaginare, affrontare con successo
situazioni nuove per le quali le conoscenze esistenti si mostrano inadeguate e attraverso la modalità pratica,
la capacità di utilizzare strumenti, applicare procedure e mettere in atto progetti.

La struttura dell’intelligenza viene descritta all’interno della Teoria tripolare e suddivisa nelle subteorie
contestuale, esperienziale e componenziale.

L’intelligenza emotiva secondo Daniel Goleman


Si tratta, secondo Goleman, i suoi studi ed esperimenti, di un obiettivo raggiungibile da parte di tutti noi e che
grazie a questo tipo di intelligenza potremo orientare sia il nostro comportamento che le nostre scelte verso
l’efficacia.

Le 4 abilità dell’intelligenza interpersonale


Secondo Howard Gardner e Thomas Hatch, colleghi presso la scuola Spectrum, fondata sul concetto di
“intelligenze multiple”, sono 4 le abilità che compongono le fondamenta dell'intelligenza interpersonale o
emotiva. Vediamole di seguito.

1. Organizzazione dei gruppi

Decisamente una delle competenze base per i manager e i leader, la capacità di coordinare le attività del
team è un talento evidente dei capi efficienti di organizzazioni di qualunque tipo e settore. Un esempio,
visibile anche in tenera età: il bambino (o la bambina) che diventa capitano della squadra o decide quale
gioco si fa, assumendo l’incarico di leader.

2. Negoziazione

Il negoziatore, o mediatore, è la persona capace di prevenire e/o risolvere i conflitti. Si tratta di una
competenza molto apprezzata negli agenti, nei commerciali e nel personale di vendita in generale, oltre che
negli avvocati e nei diplomatici, per l’eccellente capacità di trattativa.

3. Creazione di legami personali

Parliamo ora della dote dell'empatia, ovvero la capacità di connettersi emotivamente agli altri. Attraverso il
riconoscimento delle emozioni e delle preoccupazioni altrui, si facilita l'inizio di una relazione. Le persone
dotate di empatia lavorano bene in squadra, sono amici e partner d'affari affidabili e hanno successo come
venditori, manager o coach. Grazie alla facilità con la quale si inseriscono in un gruppo di lavoro risultano
molto simpatici e ben voluti dai colleghi.

4. Analizzare la situazione sociale

La capacità di riconoscere e comprendere emozioni, motivazioni ed esigenze è in grado di facilitare i


rapporti. Infatti, in alcuni casi, i talenti in questa competenza diventano consulenti o terapeuti.

Questa particolare “intelligenza sociale” supporta, in realtà, tutte le altre 3 capacità fin qui descritte ed è una
caratteristica necessaria al successo sociale e al carisma.

Attraverso la grande disinvoltura con cui sanno entrare in rapporto con gli altri, i talenti in questa competenza
sono abili nel leggere reazioni e sentimenti, nel guidare, nell’organizzare i team di lavoro e nel mediare i
conflitti.
Che cos'è la creatività?

La creatività è un concetto familiare eppure stranamente elusivo. Potremmo riscontrare un certo


disaccordo sulla possibilità di essere creativi nelle scienze come nelle arti, in casa come nel
laboratorio del vasaio, nell'allevare bambini come nello scrivere libri. Ulteriore disaccordo
sorgerebbe probabilmente se iniziassimo a discutere sul se effettivamente la creatività possa essere
interamente appresa o se sia un dono prezioso con il quale nasciamo (o meno, a seconda dei casi).

Guilford Pensiero Divergente

Il pensiero divergente

Uno degli approcci di problema consiste nel vedere la creatività come un modo particolare di
pensare, un modo di pensare che implica originalità e fluidità, che rompe con i modelli esistenti
introducendo qualcosa di nuovo.

Dal lavoro giovanile di J.P.Guilford il termine pensiero divergente è quello più strettamente
connesso all'atto creativo. Guilford, asseriva che il pensiero divergente è la capacità di produrre una
gamma di possibili soluzioni per un dato problema, in particolare per un problema che non preveda
un 'unica risposta corretta. È facile rendersi conto che una simile capacità ha probabilmente un
ruolo nell'atto creativo, poichè l'artista ha spesso bisogno di esplorare una serie di possibili modi di
dipingere un quadro, di portare a termine un romanzo o di scrivere una poesia prima di decidersi
alla fine per quello che sembra essere il migliore. Ovviamente ci aspettiamo che un atto creativo
riporti anche l'impronta dell'originalità, ma anche in questo caso il pensiero divergente avrà un suo
ruolo, poiché più ampia sarà la gamma di possibilità che siamo in grado di produrre, più alta sarà la
probabilità che una di esse dia prova di originalità.

Bruner Prospettiva Olistica


Secondo Bruner (Bruner, 1956), il pensiero creativo è olistico, poiché produce risposte che hanno
un’ampiezza superiore alla somma delle loro parti, al contrario del pensiero convergente che genera
risposte in maniera algoritmica.

In generale, in ambiente scolastico viene maggiormente incentivato il pensiero convergente rispetto


a quello divergente; gli alunni con alto grado di divergenza sono accolti meno favorevolmente degli
altri.

Siamo soliti ragionare per schemi mentali, in una società che ha sempre privilegiato la velocità e il
pensiero convergente. A tal proposito, viene in mente il dipinto di Magritte “La Trahison des
images” in cui è chiaramente rappresentata una pipa e sotto l’immagine è scritto “Ceci n’est pas une
pipe” (questa non è una pipa).

Chi osserva rimane di solito interdetto, perché viene messa in discussione una certezza della realtà,
data da un’immagine familiare che evidentemente rappresenta una pipa? Chi guarda così può
mettere in gioco la sua creatività ovvero chiedersi: “e se non è una pipa, cosa sarà mai?”, “Cosa
avrà voluto dire l’autore?”. Magritte mette in evidenza come la realtà sia differente dalla
rappresentazione: “Si può fumare una pipa su un quadro? No, e allora non è una pipa”.

Un soggetto abituato a ragionare col pensiero che De Bono (De Bono, 1998) chiamerebbe verticale,
rimarrebbe un attimo disorientato, è chiaramente una pipa, non può essere altrimenti. Ecco che la
creatività ci permette di andare oltre il mero oggetto e la sua funzione, guardando il quadro di
Magritte possiamo per associazione, come direbbero gli associazionisti, pensare alla pipa che
fumava nostro nonno di fronte al camino acceso e immaginare di creare un nuovo design di pipe o
possiamo pensare ad altre funzioni alternative che può avere la pipa.

Il metodo Papsa
Il metodo Papsa, elaborato da H. Jaoui1, è un approccio creativo completo composto di cinque
tappe, ognuna delle quali è costituita da una fase divergente ed una convergente.

Queste cinque tappe, riunite sotto la sigle PAPSA,


sono la percezione, l’analisi, la produzione, la selezione e l’applicazione.

Per ognuna di esse sono state messe a punto tecniche creative diverse, rispettando l’alternanza
divergenza/convergenza che permette di accogliere le idee nuove senza soffocarle, come sottolinea
H. Jaoui:

“Grazie alla fase divergente, si crea un campo sufficientemente aperto che permette una produzione
massima di ideesenza che queste vengano censurate a priori. Tramite la fase convergente, si riporta
all’obiettivo di partenza laricchezza di idee prodotta precedentemente, si canalizza l’energia liberata
in fase divergente, per arrivare ad una o più soluzioni originali, efficaci e realizzabili”.

Ma vediamo in particolare le cinque fasi del metodo.

La percezione

Si tratta di percepire meglio le opportunità presenti in situazioni apparentemente tranquille, e di


cogliere i “germi” dei problemi prima che questi degenerino in crisi. Afferrare i problemi, quindi,
con ingenuità4. La filosofia è quella di vedere le cose con gli occhi di un bambino da più punti di
vista, senza pregiudizi.

L’analisi

Questa fase consiste nell’analizzare a fondo una situazione e nello scoprirne la vera struttura, in
modo da scegliere i parametri di ricerca da privilegiare. Per questo, occorre esplorare il campo del
problema seguendo diversi percorsi di scoperta.

La produzione

Come afferma l’autore5, per anni l’immagine della creatività è stata associata a questa unica fase di
produzione di idee (vedi brainstorming). Purtroppo però si trascuravano le tappe di percezione e di
analisi, con il rischio di perdere molti sforzi nel trovare idee inutilizzabili. Questa fase ha lo scopo
di trovare idee pertinenti al problema in questione.

La filosofia è quella di produrre rapidamente tante idee originali, bizzarre o realistiche senza alcuna
censura.
La selezione

Si tratta di scegliere, fra le idee prodotte, quelle che meglio rispondono agli obiettivi identificati. A
questo scopo occorrerà selezionare le idee in base ad una serie di criteri razionali, dando un ordine
gerarchico alle idee prodotte.

La filosofia di base è quella di non penalizzare le idee più originali.

L’applicazione

In questa ultima fase si deve far applicare le idee scelte “vendendole” efficacemente agli interessati,
interni ed esterni.

La filosofia per raggiungere ciò, è trovare i mezzi adeguati ad evitare il rifiuto automatico
dell’innovazione e per fare in modo che gli esecutori risultino coinvolti nel cambiamento.

CREATIVITA’

La creatività è un costrutto complesso la cui definizione non è semplice. La parola stessa deriva dal
latino ed indica “creare, generare, produrre”.

Vygotskij, scrive “per attività creativa intendiamo qualunque attività umana che produca qualcosa
di nuovo”.

Morin, invece, offre un’altra prospettiva sulla creatività definendola come “una competenza e
capacità necessaria ad affrontare le incertezze”.
Sicuramente questa ha un valore adattivo, in quanto rappresenta una possibile modalità di affrontare
la realtà. Una volta riconosciuta l’importanza e il valore di questo costrutto, si è lavorato per
sviluppare tecniche per lo sviluppo della creatività in diversi ambiti applicativi.

Quali sono le tecniche per stimolare la creatività?

Il brainstorming

Il brainstorming è una delle più conosciute tecniche creative. Ideata da Alex Osborn, un
pubblicitario, si diffuse a partire dal 1953. Il termine significa letteralmente “tempesta di cervelli” e
consiste in una discussione di gruppo guidata da un esperto con l’obiettivo comune di generare idee
nuove e molteplici e possibili soluzioni. Il brainstorming, nella sua realizzazione, è diviso in diversi
momenti: presentazione del problema, produzione di idee e selezione delle idee prodotte. La
seconda fase è quella in cui i partecipanti propongono liberamente soluzioni senza alcuna censura
lasciando prevalere il pensiero creativo. L’interazione tra i partecipanti ha un ruolo fondamentale in
quanto stimola la moltiplicazione delle idee e arricchisce i contenuti. Questo metodo ha numerose
applicazioni pratiche e risulta efficace in diversi contesti, alcuni di questi sono: l’ideazione di nuovi
prodotti, la pubblicità e la creazione artistica.
Il concassage

Il concassage è un’altra una tecnica per lo sviluppo della creatività, ideata da Michel Fustier. “Il
termine concassage è traducibile con scuotimento, infatti il problema viene analizzato scuotendolo
con una lista di domande sui vari elementi che lo compongono in modo da analizzarlo sotto
prospettive divergenti e insolite” (Gianandrea, 2009). Dunque, il problema viene studiato attraverso
una lista di domande sui vari aspetti che lo definiscono in modo da far emergere nuove e differenti
chiavi di lettura. L’uso del pensiero laterale e dell’immaginazione orienta verso l’individuazione di
una soluzione. Tale strumento offre numerose possibilità applicative.

La sinettica

La sinettica, dal greco “unione di elementi diversi” è una tecnica ideata nel 1961 dallo psicologo
Williams J.J. Gordon. Essa nasce con l’intento di favorire lo sviluppo del pensiero sinettico per la
ricerca di soluzioni. Tale strumento si basa su due principi ispiratori: “rendere familiare ciò che è
estraneo” e “rendere estraneo ciò che è familiare”. Secondo l’autore, in questo modo è possibile
comprendere a fondo il problema ed analizzarlo da un altro punto di vista. Il metodo prevede nove
fasi consequenziali in cui il gruppo è guidato da un esperto. La sinettica mette al centro del processo
creativo di gruppo metafore ed analogie quali strumenti che permettono l’emergere di collegamenti
ed associazioni tra elementi apparentemente non collegati tra loro. Le analogie possono assumere
diverse forme: analogie dirette (in cui il problema viene messo in relazione con mondi estranei
come quello animale, vegetale, meccanico, ecc.), analogie simboliche (in cui si crea una
connessione tra il problema ed altri simboli e immagini), analogie fantastiche (in cui il problema
viene messo in discussione chiedendo ai partecipanti di fantasticare e di viaggiare con la mente
riportando ciò che sentono), analogie personali (in cui i membri sono invitati ad identificarsi
personalmente con il problema). Secondo Gordon, dunque, con le nuove associazioni possono
emergere riflessioni ed idee oltre che nuovi prodotti. Inoltre, affinché il processo di scoperta riesca,
la componente emotiva e quella irrazionale devono intrecciarsi.

I 6 cappelli per pensare

I “6 cappelli per pensare” è una tecnica metacognitiva sviluppata da De Bono. Essa implica
l’attivazione di diversi modi di pensare e, dunque, anche l’autovalutazione dei propri processi di
pensiero. La tecnica consiste nell’indossare metaforicamente un cappello e in base a questo
cambiare il proprio atteggiamento di pensiero. Indossare metaforicamente un cappello nero vuol
dire cogliere e prestare attenzione agli aspetti negativi e ai possibili ostacoli o fallimenti. Il cappello
bianco è espressione del ragionamento analitico e della raccolta oggettiva dei dati. Pensare con il
cappello bianco vuol dire essere neutrali, riportare i fatti e ritrovare analogie. Il cappello rosso
rappresenta l’emotività e la libera manifestazione dei sentimenti negativi o positivi che siano. Il
cappello blu, invece, è utile a stabilire priorità e metodi. Questo organizza, pianifica, e definisce le
regole mantenendo così il controllo generale e l’ordine. Il cappello verde è il cappello della
creatività. Con questo è possibile esplorare nuove idee e possibilità, proporre grandi cambiamenti e
sbocchi creativi ed offrire soluzioni originali allenando il pensiero laterale. Nella sua struttura
teorica, De Bono studia il pensiero laterale definendolo come un pensiero generativo, esplorativo e
creativo, per questo opposto al pensiero verticale (logico selettivo e sequenziale). Il pensiero
laterale è considerato alla base della creatività. L’applicazione dei “6 cappelli per pensare” può
essere di tipo individuale e di gruppo.
Strategie didattiche inclusive

Quali sono le strategie didattiche inclusive che favoriscono il rispetto della diversità e la
comunicazione? Ecco un elenco non esaustivo di tecniche e strategie utili a garantire un
apprendimento consapevole e responsabile nonché uno sviluppo armonico degli alunni:

Apprendimento cooperativo o cooperative learning.


Tra le strategie e metodologie didattiche inclusive, quella dell’apprendimento cooperativo è la più
facile da implementare. Studiando insieme in piccoli gruppi, gli alunni ricordano meglio i concetti
grazie all’interazione e sviluppano qualità come responsabilità, interdipendenza positiva e abilità
sociali;

Tutoring.
Chiedere ad alcuni alunni di diventare tutor degli altri è una delle metodologie di sostegno che può
favorire nuovi contatti sociali e l’apprendimento interattivo. Inoltre, è anche utile per l’alunno che
svolge il ruolo di tutor, sia per memorizzare i concetti, sia per una sua maggiore
responsabilizzazione ed educazione alla diversità;

Problem solving.
Trovare soluzioni a problemi attraverso conoscenze già acquisite, suscita l’interesse degli alunni e
aumenta la loro autostima e fiducia nelle proprie capacità;

Studio di caso.
Consiste in una descrizione dettagliata di un problema reale che gli alunni devono identificare e
posizionare, trovando delle modalità di approccio efficaci;

Didattica laboratoriale.
Questo metodo si basa sulla riproduzione pratica di un concetto teorico appreso in precedenza, che
permette agli studenti di produrre qualcosa attraverso strategie già conosciute o apprese sul
momento;

Flipped classroom.
Tecnica che prevede dei materiali multimediali su un tema che gli studenti consultano a casa per
essere già preparati sull’argomento del giorno;

Dibattito.
Metodologia estremamente efficace per sviluppare competenze linguistiche, logiche e
comportamentali utili per far parte della cittadinanza attiva;

Processo a personaggi storici.


Strategia simile a quella del dibattito, dove però si mette in atto un processo a un personaggio
storico. Il metodo favorisce la comprensione logica degli eventi e l’espressione chiara e concisa del
proprio punto di vista supportato dai fatti;

Role playing.
Una forma di esercitazione dove gli alunni svolgono per un tempo limitato il ruolo di attori davanti
a un gruppo di spettatori. Questo metodo aiuta a comprendere meglio dinamiche sociali e punti di
vista diversi dal proprio;
Compiti di realtà.
Strategia didattica inclusiva volta alla risoluzione di una situazione-problema simile bella vita reale,
che offre l’occasione di esaminare i problemi da diverse prospettive teoriche e pratiche, preparando
gli alunni alle interazioni sociali fuori dalla scuola, e che in più offre l’occasione di collaborare
riflettendo sul proprio comportamento;

Utilizzo di tecnologie.
L’uso di tecnologie, come robotica educativa o software, facilitano l’apprendimento, aiutano gli
alunni ad approcciarsi alle competenze tecnico-scientifiche in modo interattivo e a colmare il digital
divide.

Come fare una lezione inclusiva

Come fare una lezione inclusiva è il dubbio di tanti docenti che vorrebbero far acquisire
competenze essenziali per il benessere psicofisico degli alunni senza trascurare le conoscenze
teorico-pratiche.

Nello svolgimento della lezione l’insegnante dovrebbe gestire i seguenti aspetti:

Comunicativi:
esprimere il messaggio in modo chiaro e usare più codici comunicativi attraverso mappe
concettuali, video, tabelle, immagini;

Cognitivi:
attivare i processi cognitivi negli studenti adattando il contenuto a carichi di difficoltà diversi e
guidando un cambiamento consapevole nella loro mente;

Gestionali:
controllo della classe attraverso la comunicazione di regole chiare e condivise e gestione dei
feedback;

Partecipativi:
garantire la partecipazione di tutti contenendo il calo di attenzione e motivazione.

Le risorse che l’insegnante può utilizzare durante una lezione inclusiva sono molteplici,
dall’interazione con i compagni di classe, all’adattamento del proprio stile comunicativo e dei
materiali rispetto ai diversi livelli di abilità e stili cognitivi presenti in classe.

L’elenco delle strategie didattiche inclusive può essere utile per strutturare le proprie lezioni in
modo da incoraggiare la partecipazione di tutti gli studenti.
Ecco un esempio di lezione inclusiva:

L’apprendimento è più efficace se gli alunni sanno che cosa si apprenderà e con quali modalità.
Ecco perché all’inizio di ogni lezione è buona prassi attivare le conoscenze apprese dalle lezioni
precedenti;

Il brainstorming e strumenti come mappe concettuali possono essere utili per condividere con gli
alunni gli obiettivi della lezione e le modalità di apprendimento;

Variare azioni e contenuti per permettere a tutti i tipi di intelligenze di connettersi con il tema della
lezione e a mantenere alta la motivazione della classe;

Fare spesso la sintesi dei contenuti e controllare che tutti abbiano li abbiano compresi;

Ripetere spesso i concetti più importanti, supportati da schemi, diagrammi, tabelle, video, ecc.

Seguire strategie di apprendimento cooperativo in modo che gli alunni con BES e DSA possano
imparare dai loro compagni che assumono il ruolo di mediatori o tutor;

Fornire la lezione registrata per poterla riascoltare e altri materiali multimediali come
approfondimento.

Potrebbero piacerti anche