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ALFABETIZZAZIONE EMOZIONALE E

INTEGRAZIONE SCOLASTICA:
L’INTERVENTO DI TEATROTERAPIA
NELLA SCUOLA
CHE COS’È UN’EMOZIONE?

Un’esperienza complessa, multidimensionale e


processuale, che svolge un ruolo di organizzatore
cognitivo-affettivo e media il rapporto fra organismo e
ambiente.

Le emozioni sono espressione di un messaggio,


veicolano un segnale specifico e hanno funzione
primariamente adattiva (= preparano all’azione), seppur
abbiano un ruolo determinante a livello sociale (=
regolano le interazioni e permettono di empatizzare) e
motivazionale (= permettono di selezionare gli aspetti
rilevanti nei discorsi e nelle situazioni e di valutare i
risultati).
CHE COS’È UN’EMOZIONE?

Può definirsi come il prodotto di un’interazione fra


modificazioni fisiologiche e processi psicologici, la
quale attiva un impulso all’azione.

Implica la coesistenza fra diverse dimensioni:


• a livello fisiologico il SNC attiva specifiche reazioni
corporee a fronte di stimoli esterni od interni;
• a livello cognitivo la mente attribuisce significati
emotigeni agli eventi, guidando l’individuo a farvi
fronte;
• a livello motivazionale il comportamento viene
orientato in relazione a desideri e obiettivi;
• a livello espressivo e comunicativo rappresenta
una manifestazione universale spontanea, la cui
inibizione è quasi impossibile;
• a livello sociale gli eventi acquisiscono significati
emotigeni anche in relazione ai contesti e alle
valutazioni intersoggettive.

Sono centrali nelle relazioni, nella capacità di prendere


decisioni, nei processi di apprendimento.
Hanno una forte valenza comunicativa, man mano che
procede lo sviluppo evolutivo dell’individuo diventano
sempre più socialmente determinate.
A COSA SERVONO LE EMOZIONI?

Non esistono «cattive emozioni» o «emozioni


negative», ma solo una loro gestione inadeguata.
Le emozioni sono anzitutto segnali esistenziali che ci
indicano la giusta rotta e ci forniscono quell’energia
che ci mette in movimento verso di essa (e-movere =
portare fuori).
Sono il motore dell’essere umano, che ne mobilita i
mezzi per soddisfarne le diverse necessità.
Non conoscere le proprie emozioni significa perdere
l’opportunità di sperimentare una fonte inesauribile di
energia che potremmo anche definire motivazione.
Bambini e adolescenti oggi si trovano facilmente in
condizione di sofferenza psicologica: non sanno cosa
sentono, non conoscono i nomi che caratterizzano i
sentimenti che provano…come possono dunque
attuare strategie compensative e trasformative del loro
malessere, se non riescono a riconoscerlo e
identificarlo?
Fin dagli studi freudiani è stato dimostrato che la vita
emozionale del bambino influisce potentemente sui
suoi sentimenti, sullo stile relazionale e sul
comportamento che lo caratterizzerà una volta adulto.
Già nell’età compresa fra 0 e 6 anni è di fondamentale
importanza porre attenzione sulla qualità delle relazioni
che si stabiliscono all’interno dei servizi educativi, in
primis la scuola.
Educare alle emozioni significa promuovere e
realizzare una strategia relazionale capace di
trasformare in profondità i modi di vivere e sentire il
senso della diversità e della somiglianza, accettare le
contraddizioni e i conflitti come strutture portanti del
convivere, ricostruire e riorientare le relazioni
caratterizzandole attraverso l’incontro delle differenze.

Appare chiaro dunque che la possibilità di trasformare


il contesto scolastico in un ambiente integrativo e
inclusivo degli alunni BES, così come di tutti i soggetti
«portatori di diversità» debba necessariamente partire
da un’educazione socioemozionale.
B.E.S.
Bisogni Educativi
Speciali

DIVERSABILITÀ DISTURBI EVOLUTIVI


SPECIFICI
(DSA, ADHD, disturbi del
linguaggio, delle abilità non
verbali, della coordinazione
SVANTAGGIO motoria)
(socioeconomico,
socioculturale,
linguistico)
INTEGRAZIONE E INCLUSIONE

L’integrazione concerne l’ambito prettamente


educativo, si riferisce alla situazione ed interviene
dapprima sul singolo, quindi sul contesto.

L’inclusione è un processo multidimensionale, che


coinvolge la sfera educativa, quella sociale e
quella politica. Si rivolge al gruppo, intervenendo
dapprima sul contesto, in un’ottica di
valorizzazione delle potenzialità di ciascuno.
Nel contesto scolastico, l’intervento di Teatroterapia volge
primariamente lo sguardo all’alfabetizzazione emotiva, al fine di
porre le basi fondamentali per lo sviluppo dell’autostima, della
fiducia, dell’empatia e per un sano relazionarsi, nella piena
accettazione di se stess* e dell’Altro, ciascuno con le sue
preziose e uniche peculiarità.

Un intervento con questo taglio può considerarsi a tutti gli effetti


in un’ottica preventiva di eventuali dinamiche discriminatorie
e/o di prevaricazione che potrebbero sfociare in atti di bullismo.
La TT, così come le Arti Terapie tutte, rappresentano un valido
strumento per stabilire nuove modalità di comunicazione,
armonizzare gli elementi di un gruppo, intervenire
sull’emarginazione e prevenire il disagio, comprese eventuali
dinamiche vessatorie.
Un esempio: un ragazzo non udente può trovare difficoltà
a integrarsi con gli altri ed essere deriso per la sua
diversità, ma se proponiamo all’intera classe attività
mimiche senza l’utilizzo del verbale e focalizziamo
l’attenzione collettiva sul gesto e sulla presenza nel “qui
ed ora”, allora vedremo le sue qualità nascoste emergere
e affascinare i compagni; il gruppo potrà inventare nuovi
linguaggi alla portata di tutti, si instaurerà la possibilità di
un dialogo non convenzionale e i ruoli saranno ribaltati e
messi in discussione. Se attraverso il gioco mettiamo gli
altri ragazzi nella condizione di sperimentare il “disagio”
del compagno, li avvieremo alla comprensione
attraverso l’esperienza, alla solidarietà e al rispetto delle
diversità.
La multidimensionalità delle emozioni richiama le
quattro sfere principali dello sviluppo del bambino

FISICA - COGNITIVA – AFFETTIVA - SOCIALE

evidenziando l’importanza di intervenire


precocemente in un’ottica educativa di
alfabetizzazione emozionale.

Attraverso la Teatroterapia è possibile intervenire su


tutti e quattro gli aspetti sopraindicati, poiché mette
in gioco l’individuo «a tutto tondo», considerando
mente, corpo, emozioni e relazioni in accezione
olistica, come un’unica realtà inscindibile.
ALFABETIZZAZIONE EMOZIONALE

Intervento educativo volto a promuovere il


ben-essere socioemozionale dell’individuo
attraverso lo sviluppo delle abilità definite nel
costrutto di competenza emotiva.
COMPETENZA EMOTIVA

Insieme delle capacità che consentono di riconoscere,


comprendere, rispondere coerentemente alle emozioni
altrui e di regolare l’espressione delle proprie.
Tale competenza viene ricondotta a tre componenti
principali:

ESPRESSIONE
RICONOSCIMENTO/COMPRENSIONE
REGOLAZIONE
ESPRESSIONE EMOTIVA

Si realizza attraverso diversi canali comunicativi e


si avvale di precisi segnali non verbali, che
consentono la traduzione di uno stato interno in un
quadro espressivo ben visibile e riconoscibile dagli
altri.
L’espressione delle emozioni consente di
trasmettere i propri vissuti emotivi agli altri, ma
anche di riconoscerli negli altri, traendo
informazioni sullo scambio sociale in corso e sui
successivi passi da compiere.
RICONOSCIMENTO/COMPRENSIONE
EMOTIVA

Il riconoscimento delle emozioni proprie ed altrui è


il preludio alla comprensione emotiva, si realizza in
tempi più rapidi e richiede minori competenze
cognitive.
La comprensione delle proprie ed altrui emozioni
riguarda la consapevolezza di esse come stati
interni o mentali che stanno alla base delle
motivazioni e delle azioni individuali durante gli
scambi sociali (= teoria della mente emotiva)
REGOLAZIONE EMOTIVA

Consiste nell’insieme dei processi estrinseci e


intrinseci coinvolti nel monitoraggio, nella
valutazione e nella modifica delle reazioni emotive,
in particolare focalizzandosi sull’intensità e la
durata.

Autoregolazione significa PADRONANZA e NON


CONTROLLO! La repressione o rimozione delle
emozioni è sempre dannosa, in quanto innesca una
serie di meccanismi di difesa, manifestazioni
fisiche, sintomatiche e di malessere interiore.
La competenza emotiva così definita include
abilità come esprimere adeguatamente le proprie
emozioni in base alle circostanze, riconoscerle
negli altri, essere consapevoli di ciò che si prova,
sapervi dare un nome, entrare in risonanza
empatica con le emozioni altrui senza esserne
sopraffatti, utilizzare strategie di regolazione per
modulare la propria esperienza così come la
propria espressione emotiva.

Nei contesti potenzialmente disadattivi la


competenza emotiva può costituire un’importante
fattore di protezione.
INTELLIGENZA EMOTIVA

Consiste in quella forma di intelligenza di carattere


emozionale che permette di avere relazioni
interpersonali positive e favorire comportamenti
socializzanti.
È la capacità di riconoscere e monitorare le proprie
e altrui sensazioni, discriminando fra i vari tipi di
emozione e utilizzando queste informazioni per
incanalare pensieri e azioni.
Goleman ipotizza un programma di
alfabetizzazione emotiva attraverso l’acquisizione e
lo sviluppo di 5 abilità:

AUTOCONOSCENZA/CONSAPEVOLEZZA DI SÉ
AUTOREGOLAZIONE
MOTIVAZIONE
EMPATIA
ABILITÀ SOCIALI
Secondo Goleman, l’obiettivo dell’alfabetizzazione
emozionale è accompagnare i bambini nel
compiere 4 passi:

1. Raccontare la situazione e come lo fa sentire,


identificando e nominando l’emozione;
2. Pensare alle diverse opzioni per risolvere la
situazione;
3. Analizzare le conseguenze per ogni opzione;
4. Scegliere una soluzione e metterla in pratica.
Intervento di alfabetizzazione emozionale
attraverso la Teatroterapia nel contesto
scolastico

Il conduttore-teatroterapeuta deve avere un ottimo


livello di autoconoscenza, consapevolezza di sé e
delle proprie emozioni.

Affinchè l’intervento possa essere efficace si


dovrebbe poter coinvolgere nel progetto anche
insegnanti e famiglie.
Si interviene attraverso il FARE: l’educazione
passa attraverso l’esperienza e si fa ponte di
collegamento con l’apprendimento. L’educando è al
centro del suo processo di sviluppo, in una
posizione attiva e partecipativa.

Il setting di TT nel contesto scolastico diventa luogo


in cui i bambini possono diventare «esseri per sé»,
acquisendo una propria coscienza attraverso la
possibilità di esprimersi e manifestarsi all’altro.
Il linguaggio teatrale nel contesto scolastico ha una
triplice valenza: LUDICA, PEDAGOGICA,
ESPRESSIVA.

Il gioco è una pratica libera e spontanea che


allena il bambino alla consapevolezza e alla
realizzazione di sé. Nel gioco si ricerca il piacere,
ma contestualmente si afferma il proprio Io,
esercitandone le facoltà fisiche, psichiche,
emozionali e relazionali.
FUNZIONI PEDAGOGICHE DEL GIOCO

• Consente e stimola il bambino ad avvicinarsi al


mondo degli adulti ricorrendo all’uso
dell’imitazione attraverso il gioco simbolico.
• Favorisce una corretta relazione con l’oggetto
e con il mondo che lo circonda.
• Favorisce la plasticità neuronale.
ESPRESSIONE CORPOREA E MOVIMENTO

Il comportamento motorio è fondamentale nello


sviluppo del bambino, è il suo primo mezzo di
espressione, finalizzato alla scoperta del mondo.
Attraverso il movimento il bambino apprende a
disciplinare le proprie azioni e i propri comportamenti,
sia nei confronti dell’ambiente che nella relazione con
l’altro.
Il movimento favorisce la concentrazione,
stimolando la produzione di irisina, un
neurotrasmettitore in grado di migliorare le funzioni
esecutive del cervello.
Il rendimento scolastico è stato spesso collegato
all’intelligenza di carattere cognitivo, considerata il
fattore determinante rispetto a successo e
insuccesso scolastico.
Ma non è solo con l’intelligenza cognitiva e la
razionalità che si ha successo nell’apprendimento:
un ruolo altrettanto importante è svolto dalle
emozioni.
L’emozione influisce sul processo di apprendimento
in quanto agisce come guida nella presa di decisioni
e nella formulazione delle idee.
Già Piaget affermava che per lo sviluppo armonico
della personalità di chi apprende fosse necessaria
un’interazione fra cognizione e affettività, per lo
stretto parallelismo che esiste nel pensiero umano
tra il piano affettivo e quello intellettuale.

In ogni condotta le motivazioni e il dinamismo


energetico dipendono dall’affettività, mentre le
tecniche e l’adeguamento dei mezzi impegnati
costituiscono l’aspetto cognitivo.
Anche Gardner dà molta importanza alle emozioni
che chi apprende prova per un percorso di studio: lo
studente che scopre con entusiasmo un mondo
nuovo ed è stimolato nella sua curiosità, apprenderà
con maggior successo e minore fatica rispetto a un
compito imposto che considera privo di interesse.

Sostiene che le conoscenze, affinchè possano essere


davvero interiorizzate, debbano essere immesse in un
contesto capace di suscitare emozioni. Le esperienze
prive di richiami emozionali, poichè scarsamente
coinvolgenti, sono destinate a cadere nell’oblio.
Daniela Lucangeli sottolinea l’importanza di
affiancare emozioni piacevoli alle proposte
didattiche (apprendimento «caldo», didattica del
sorriso).

Propone la pedagogia dell’errore, concezione


che sveste l’insegnante dal ruolo di «giudice
punitore», assegnandogli invece il ruolo di
«alleato» del bambino nel suo processo di
apprendimento.
L’errore diventa istanza di apprendimento e
motore di cambiamento, ci aiuta a vedere quali
sono gli aspetti da modificare per migliorare, è un
invito a porre attenzione sulle nostre difficoltà,
valorizzare le imperfezioni, conoscere le cause
che ci portano a sbagliare per un approccio critico
e costruttivo al lavoro da svolgere.
La consapevolezza di poter sbagliare aiuta inoltre
a non avere timore del giudizio, fortificando
autoconoscenza e autostima.
Già Gianni Rodari, grande maestro precursore di
istanze educative innovative, promuoveva «l’errore
creativo», sostenendo che giocare con gli errori
aiuti a ridimensionare l’ansia e migliorare
l’autostima.

«Da un lapsus può nascere una storia, non è una


novità. Se battendo a macchina un articolo, mi
capita di scrivere “Lamponia” per “Lapponia”, ecco
scoperto un nuovo paese profumato e
boschereccio: sarebbe un peccato espellerlo dalle
mappe del possibile con l’apposita gomma; meglio
esplorarlo, da turisti della fantasia».
Gli errori dei bambini ci comunicano le loro difficoltà
pratiche ed emotive, sta all’atteggiamento delle figure
educanti porsi in modo da consentire il superamento di
queste difficoltà o al contrario innescare la paura di
sbagliare, l’ansia da prestazione o il timore di non
essere sufficientemente bravi.

Alcuni errori sono creazioni autonome di cui i bambini


si servono per assimilare e sfidare una realtà
sconosciuta, per cui correggerli è inefficace, quando
non controproducente. Giocare con gli errori aiuta ad
attribuire loro il giusto valore, sviluppando creatività,
pensiero divergente e fiducia nelle proprie capacità.
Strumenti privilegiati della Teatroterapia nel
contesto scolastico per esprimere, gestire
e rielaborare i vissuti emotivi:

STORYMAKING E STORYTELLING
DRAMMATIZZAZIONE
UTILIZZO DI OGGETTI E BURATTINI
CREARE E RACCONTARE STORIE

Quando un bambino prova emozioni difficili o


dolorose e non riesce ad esprimerle, queste
possono trasformarsi in veri e propri sintomi
nevrotici, palesandosi attraverso atteggiamenti
oppositivi, di sfida, chiusura e rifiuto.
I bambini non posseggono ancora sufficienti
risorse interne che gli permettono di elaborare
autonomamente le proprie emozioni, necessitano
pertanto di un sostegno che li aiuti a sciogliere le
resistenze, accompagnandoli nel sentire e pensare
i propri stati d’animo.
L’immaginazione è un aggancio efficace che
permette di comunicare con il mondo interno del
bambino, aprendogli la possibilità di esprimere i
propri vissuti emotivi, anche i più difficili e dolorosi,
in maniera non distruttiva.
Inventare, narrare e drammatizzare una storia
permette di esternare sentimenti attraverso la
mediazione della fantasia, nella cornice protetta
della «finzione», coinvolgendo indirettamente
pensieri difficili da verbalizzare e proponendo
strategie creative volte alla risoluzione dei
problemi.
UTILIZZO DI OGGETTI E BURATTINI

Il burattino stimola e rafforza non solo lo sviluppo


sensoriale, intellettuale, comunicativo e di espressione
emotiva dei bambini, ma può favorire il processo di
apprendimento attraverso la sua funzione di oggetto
mediatore.

Dà luogo ad una rappresentazione simbolica della


realtà, risultato di un fenomeno di trasposizione nelle
forme e nell’interpretazione.

Permette di decostruire e rimodulare la realtà attraverso


il linguaggio del gioco («Facciamo che io ero…»): i
bambini mimano la vita quotidiana in un patto fra più
parti che detta le regole del gioco.
È un mezzo proiettivo, pertanto facilita l’espressione e
la comunicazione, «deresponsabilizzando» il bambino
per ciò che il burattino dice o fa, permettendo così di
superare blocchi e censure, di individuare i vissuti
interiori attraverso l’espressione delle emozioni.

Il burattino è mediatore di conflitti, favorisce il problem


solving, permette di accettare le critiche e i propri limiti,
di riconoscere le proprie potenzialità, crea relazioni e
cooperazione attraverso il linguaggio del gioco, può
veicolare valori e sensibilità, aiutare nell’accettazione
delle regole.

Sviluppa la creatività perché utilizza una molteplicità di


linguaggi e li integra (corporeo, gestuale, verbale,
ritmico, sonoro, plastico).
Il bambino apprende ciò che vive.
Se vive nel giudizio, impara a condannare.
Se vive nell’ostilità, impara ad aggredire.
Se vive nella derisione, impara la timidezza.
Se vive nella vergogna, impara a sentirsi colpevole.
Se vive nella comprensione, impara ad ascoltare.
Se vive nell’incoraggiamento, impara la fiducia.
Se vive nella lealtà, impara ad essere onesto.
Se viene riconosciuto il suo valore, impara a riconoscerlo
negli altri.
Se vive nell’accettazione e nell’amicizia, impara a trovare
l’amore nel mondo. (Dorothy Nolte)

Conoscere e vivere con maggiore consapevolezza le


proprie emozioni contribuisce a migliorare le relazioni,
combattere l’indifferenza sociale e costruire un mondo
più inclusivo.

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