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1^ PERCORSO: LE ORIGINI DELLA COMPETENZA SOCIALE E RELAZIONALE.

LIBRO: LA COMPRENSIONE SOCIALE PRECOCE. (MARIA LEGERSTEE)

Comprensione sociale → insieme di abiltà che vengono piano piano acquisite → comprensione
dell'altro, della propria soggettività, individualità, stati emotivi, comportamento nei confornti degli
altri, relazionari (con familiari).
Comprensione sociale precoce → mettere in luce come il bambino riesce a mettersi in relazione con
il caregiver (=colui che si prende cura) (=familiari, genitori), scambi quotidiani tra il piccolo e il
caregiver per la costituzione di una relazione tra i due, per il bambino per la comprensione del
mondo; il caregiver interagisce faccia a faccia col bambino comunicando anche senza parole grazie
allo scambio dell'adulto.

CAPITOLO 1
DEFINIRE UNA TEORIA DELLA MENTE
I bambini di 3 anni non comprendono, ne parlano di credenze; si concentrano sui desideri della
persona. (anche i bambini di 2 anni comprendono i desideri delle persone). Per Wellman, i bambini
piccoli sono semplici psicologi del desiderio e poi diventano psicologi credenza-desiderio. Questi
cambiamenti emotivi vengono definiti come la teoria della mente. Ad esempio, quando i bambini
vedono le altre persone dirigere l'attenzione e le emozioni verso un soggetto, capiscono che può
indicare l'intenzione (=desiderio) della persona di intervenire sull'oggetto, ma non comprendono che
le persone possano avere rappresentazioni mentali relative a esso. (=credenze)
DEFINIRE LE INTENZIONI
PROSPETTIVA SOCIO-COGNITIVA
Secondo Tomasello nei primi due anni di vita dei bambini si ha una comprensione degli altri come
agenti intenzionali. Nei 3/4 anni c'è uno sviluppo, si ha una comprensione che gli altri possiedano
pensieri e credenze, comprensione che pensieri e credenze. Filosofi e psicologici hanno definito
l'intenzionalità come azioni/comportamenti che riguardano cose, azioni, comportamenti che sono,
per esempio, diretti a uno scopo. Secondo alcuni teorici, le azioni dirette a un oggetto sono guidate
da stati mentali, altri, propongono una spiegazione puramente comportamentale, percettiva e innata.
Per Descartes la conoscenza del sé è una capacità innata; è considerato un teorico della continuità,
ritiene che lo sviluppo degli stati mentali dei bambini prenda il via dalla nascita. (sua teoria
accettata da molti 'intersoggettivisti'). Buner sostiene che i bambini sono consapevoli di essere
l'oggetto delle attenzioni degli altri e pochi mesi dopo si rendono conto che un terzo oggetto diventa
il centro dell'attenzione del loro patner comunicativo; Altri studiosi ritengono che la consapevolezza
delle intenzione negli altri compaia attorno la fine del primo anno di vita, quando i bambini iniziano
a utilizzare diversi mezzi per raggiungere uno scopo (stadio 4 di Piaget). Altri teorici della
discontinuità propongono che una comprensione del sé come agente intenzionale pone solamente le
basi per la comprensione dell'altro in quanto agente intenzionale; per loro lo sviluppo socio-
cognitivo dei bambini è il risultato di processi biologici innati che preparano il piccolo ad agire
intenzionalmente verso gli 8/10 mesi e a percepire gli altri come agenti intenzionali verso i 18/24
mesi. Il problema è che non esiste una discussione riguardo ai meccanismi che determinano i
cambiamenti evolutivi nel comportamento, non c'è spiegazione o descrizione degli stati mentali.
PROSPETTIVA SOCIALE
Gli interazionisti sociali sostengono che i bambini costruiscono rappresentazioni importanti per il
ragionamento mentalistico interagendo con le altre persone.
PROSPETTIVITA INTERGRATIVA
Secondo Zeedyk suggerisce che i teorici dovrebbero optare per un resoconto integrato dello
sviluppo dell'intenzionalità. Questo approccio integrato deve comprendere sia i comportamenti
cognitivi sia quelli sociali così come quelli personali e interpersonali.
LE INTENZIONI COME PRECURSORI DELLA TEORIA DELLA MENTE
Già prima dei 6 mesi comprendono anche che gli oggetti possono muovere altri oggetti solo ed
esclusivamente toccandoli. Quando i bambini iniziano a vedere le persone come entità psicologiche,
iniziano a comprendere che esse sono motivate da stati mentali. In questo testo Legerstee esaminerà
se i bambini percepiscono gli altri come essere sezienti dotati di emozione, scopi e intenzioni
oppure no. Dato che ritiene che lo sviluppo della teoria della mente sia un processo continuo
(anziché discontinuo) propone l'esistenza di precursori della teoria della mente.
SPECULAZIONI TEORICHE:
COMPARSA DELLA CONSAPEVOLEZZA DEGLI STATI MENTALI
LA PROSPETTIVA DI PIAGET
Per lui il neonato non possiede una consapevolezza degli stati mentali delle altre persone. Piaget
traccia l'immagine di un bambino dotato di riflessi. Dopo aver esercitato sul mondo molte azioni di
tipo riflesso (per esempio, succhiare il seno), è in questo momento che le strutture cognitive si
sviluppano indirizzando per la prima volta il bambino ad agire sull'ambiente. Le persone vengono
conosciute sotto l'aspetto comportamentale ma non psicologico. È solo alla fine del periodo
sensomotorio che gli schemi d'azione diventano simboli e che i bambini diventano consapevoli
delle altre menti.
LA PROSPETIVA DI SKINNER
Gli psicologi behavoristi suggeriscono che il bambino identifica le persone attraverso il loro
comportamento, attraverso ciò che vede, ma non attraverso ciò che può inferire. Questa teoria non
indaga sui precursori di una teoria della mente.
LA PROSPETIVA DI PREMARCK
All'inizio, i bambini interpretano tutto ciò che sembra semovente come un oggetto intenzionale.
Tale interpretazione non si basa su una consapevolezza degli stati mentali dell'oggetto e, infatti, i
bambini possono attribuire 'intenzioni' a oggetti fisici che sembrano muoversi da soli.
LA PROSPETTIVA DI BARON-COHEN
Secondo l'autore i bambini nascono dotati di un modulo di detenzione dello sguardo che consente
loro di percepire le intenzioni. I bambini usano la direzione degli occhi per scoprire ciò di cui le
persone si stanno occupando e quali potrebbero essere le loro azioni successive.
LA PROSPETTIVA DI MELTZOFF
Essi pensa che il patner sociale costituisce una componente essenziale nella comprensione degli
stati mentali da parte dei bambini. Meltzoff propone alla base della percezione delle intenzioni negli
altri meccanismi innati, come per esempio la capacità innata di imitare le azioni sociali delle latre
persone. È attraverso queste attività che i bambini diventano consapevoli degli stati mentali propri e
altrui.
LA PROSPETTIVA DI KARMILOFF-SMITH
L'ambiente sociale ha un ruolo importante nella teoria della mente. Ciò può avvenire a due
condizioni: che la teoria piagetiana includa inclinazioni innate domino-specifiche; che lo stato
iniziale del bambino (la componente innata) sia meno prespecificato e coinvolga più processi di
modularizzazione progressiva di quanto ammettano gli innatisti. Karmiloff-Smith, dunque,
riconcilia l'innatismo e costruttivismo piagetiano.
LA PROSPETTIVA DI LEGERSTEE
Nella sua versione postula l'esistenza di tre tipi di predisposizioni che danno una mano ai bambini
nell'acquisizione della teoria della mente. Esistono: processi autoinferenziali che permettono ai
piccoli una consapevolezza dei loro stati mentali attraverso la percezione delle proprie emozioni; la
consapevolezza interpersonale che permette ai bambini di riconoscere le emozioni degli altri; e un
senso innato della sintonizzazione emotiva. Quando cioè il bambino è coinvolto con altre persone
che gli riflettono le sue emozioni, egli attribuisce agli altri la sua stessa esperienza mentale.
Secondo la teoria da lei preposto, l'evoluzione ha fornito agli esseri umani delle predisposizioni a
riconoscere le persone come simili a sé e a interagire con esse.
I SISTEMI DINAMICI
I teorici dei sistemi dinamici ritengono che nei neonati esistano dei percorsi e delle recettività
preferenziali (che Legerstee chiama innati) che costituiscono il nucleo dello sviluppo successivo.
Nei bambini, compaiono nuove capacità quando all'interno della diade vengono soddisfatte certe
condizioni che permettono un'attuale coordinazione reciproca dei gesti comunicativi, delle
vocalizzazioni e delle espressioni emotive. È stato inoltre scoperto che le abilità interattive materne
avevano un effetto duraturo sulle capacità comunicative dei bambini.
I BAMBINI NASCONO CON UNA CAPACITÁ DI IDENTIFICARSI CON I
CONSPECIFICI
I bambini sono in grado di percepire stati mentali semplice negli altri alla nascita, come emerge
durante la condivisione reciproca di emozioni nelle interazioni diadiche. I bambini coinvolti in
interazioni sociali ottimali con i caretaker progrediscono prima e sviluppano una comprensione più
ricca e più profonda degli stati mentali. Come caso estremo, i bambini che a causa di qualche difetto
genetico (esempio: l'autismo) non riescono a entrare in relazione con gli altri e non sono quindi in
grado di imparare dalle interazioni con essi non si sviluppano una consapevolezza delle emozioni e
delle intenzioni altrui e di conseguenza falliscono nello sviluppo di una teoria della mente.

CAPITOLO 2 → INFLUENZE ENDOGENE ED ESOGENE NELLO SVILUPPO


I bambini possiedono i processi o le predisposizioni endogene che facilitano il coinvolgimento nella
comunicazione diadica pre-linguistica. Durante queste interazioni i bambini condividono emozioni
e imitano le espressioni delle altre persone, incrementando così la consapevolezza reciproca e
promuovendo l'identificazione con i patner sociali. I processi endogeni consentono ai bambini di
adottarsi all'ambiente esterno e di imparare da esso, anche di riconoscere i fattori esogeni che sono
importanti per lo sviluppo della teoria della mente. I fattori esogeni interagiscono con quelli
endogeni e svolgono un ruolo formativo nello sviluppo della comprensione degli stati mentali delle
persone. I fattori endogeni ed esogeni fungono, inoltre, da propellente per il passaggio dei bambini
al successivo stato triadico, dove essi iniziano a comunicare con i loro conspecifici riguardo a
oggetti e a eventi interessati.
FATTORI ENDOGENI
'COME ME'
Le capacità innate dei bambini di riconoscere se stessi come simili agli altri, come appartenenti alla
specie umana, rappresentano dei fattori importanti nello sviluppo della teoria della mente. Tali
inclinazioni permettono ai piccoli di costruire dalla nascita rappresentazioni delle persone più
sofisticate che costituiscono i precursori necessari di una teoria della mente.
PREFERENZA PER GLI STIMOLI UMANI
Un elemento a favore del fatto che i bambini riconoscono i loro conspecifici può essere colto
osservando la speciale attrazione che i piccoli provano nei confronti degli stimoli sociali. Essi sono
attratti visivamente dal movimento, dal contorno,dal contrasto, da certi livelli di complessità e dalla
curvatura. Anche la percezione uditiva sembra essere ben sviluppata nei neonati. Diversamente da
quanto succede per il sistema visivo, il sistema uditivo viene stimolato in utero. A un mese, i piccoli
compiono sottili distinzioni tra i suoni del linguaggio e discriminano contrasti linguistici non
disponibili nella loro lingua madre. I bambini autistici sembrano non mostrare una simile preferenza
per la stimolazione umana e presentano inoltre dei limiti nello sviluppo di una teoria della mente.
IMITAZIONE E PERCEZIONE TRASMONDALE
I bambini imitano i gesti delle persone ma non quelli simulati da oggetti inanimati. L'apprendimento
imitativo, o imitazione intenzionale, si verifica quando i bambini imparano a separare i mezzi dai
loro fini, dimostrando cosi di possedere una qualche comprensione delle intenzioni umane. Secondo
Piaget alla nascita i sensi non sono coordinati. Un oggetto sentito, non può essere identificato con
un oggesto visto.Queste modalità si coordinano durante l'infanzia grazie all'esperienza: attraverso le
azioni di toccare. Meltzoff e Moore ritengono che l'imitazione neonatale sia resa possibile dal
confronto transmondale o Mappatura Intermodale Attiva, che è una capacità che permette al
bambino di comunicare tra i sensi attraverso una modalità (per esempio: visiva o uditiva), questa
informazione viene immagazzinata in una forma amodale (non secondo una modalità specifica). In
questo modo essa può essere riconosciuta e usata da altri sensi. Secondo Meltzoff e Moore
l'imitazione consente ai bambini attraverso un confronto transmodale di percepire gli altri 'come
me'. I risultati di Legerstee sono che i bambini imitano le azioni delle persone e non quelle di
oggetti inanimati. Pertanto i bambini si aspettano relazioni casuali tra entità sociali e non semplici
contiguità di caratteristiche percettive. Essi, si aspettano che le persone rispondano, assumano un
atteggiamento di reciprocità nelle interazioni sociali.
CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA, CONDIVISIONE RECIPROCA DELLE EMOZIONI,
SENSO INNATO DELLA SINTONIZZAZIONE
Le dimostrazioni precoci del fatto che i bambini imitano solo i gesti delle persone e non quelli di
oggetti inanimati che simulano atti sociali appoggiano l'idea secondo cui i bambini percepiscono le
persone come simili a sé. Da qui la domanda: su cosa si basa questa somiglianza? Secondo
Legerstee i bambini percepiscono gli altri 'come me' in quanto nascono dotati di un dispositivo di
condivisione affettiva. Il dispositivo di consivisione affettiva permette ai bambini di comunicare e
di progredire nell'interazione con gli altri in maniera preverbale ed è costituita da: processi
autoinferenziali che permettono ai bambini una consapevolezza dei propri stati mentali attraverso la
percezione delle proprie emozioni; una consapevolezza interpersonale che consente loro di
riconoscere le emozioni degli altri; e un senso innato della sintonizzazione emotiva. Per Tomasello
il meccanisimo del 'come me' non consente ai bambini di intuire gli stati mentali delle persone,
almeno non prima dei 9 mesi. Tomasello non crede che le interazioni diadiche complesse in cui i
bambini si impegnano nei primi 2 mesi di vita implichino i loro stati affettivi, manifestando in tal
modo la loro natura 'inter-soggettiva'. Trevarthen considera questa natura intersoggettiva come il
risultato di una percezione innata dell''altro virtuale', che sembrerebbe una ''percezione innata del
fatto che gli altri sono 'come me''. A favore di Trevarthen, anche Bruner, che ritiene che dalla nascita
i bambini 'sembrano motivati a portare all'attenzione degli altri cose che sono al centro della loro
esperienza'. Bruner definisce ciò 'consapevolezza reciproca' e ritiene che essa dimostri che i
bambini possiedono una capacità innata di comprendere che gli esseri umani condividano lo stesso
mondo. Come Trevarthen, Bruner propone che i bambini nascono dotati di comportamenti
particolari che sono preadottati a raggiungere i loro scopi e diversi a seconda che siano riferiti al
dominio sociale o a quello non sociale. Il pattern d'azione endogeno o innato utilizzato dai bambini
per interagire con le persone è elicitato da una stimolazione sociale appropriata, ma non è
controllato dal rinforzo.
FATTORI ESOGENI
Nell'insieme, le tappe di passaggio endogene sono viste come uno dei prerequisiti essenziali per la
comprensione infantile delle persone e delle loro menti. Gli altri sviluppi sono considerati come
fattori esterni o di supporto (esogeni). I fattori endogeni ed esogeni interagiscono nel processo
evolutivo e facilitano lo sviluppo di una teoria della mente.
FATTORI ENDOGENI ED ESOGENI E LORO INTERAZIONE
La scoperta che i bambini possiedono modelli o predisposizioni specifiche che li aiutano ad
apprendere informazioni sulle persone conferma la prospettiva proposta in precedenza secondo cui
la comprensione di ciò che è fisico e la comprensione di ciò che è psicologico si sviluppano
separatamente. Tale ragionamento è suffragato dalla scoperta che la permanenza dell'oggetto si
riscontra prima nel dominio sociale rispetto a quello fisico. Nonostante la maggior parte delle teorie
dello sviluppo enfatizzi il modo in cui le strutture cognitiva infantili si modificano attraverso le
interazioni con gli oggetti nell'ambiente, essere differiscono riguardo alla portata della pre-
disposizione che attribuiscono a questo sviluppo. Infatti più il bambino possiede moduli innati
(potenzialità endogene) per l'acquisizione di un certo tipo di conoscenza, meno può trarre profitto
dall'esperienza (fattori esogeni).
PIAGET E LE STRUTTURE COGNITIVE
Secondo Piaget, i bambini, alla nascita, sono i privi di qualsiasi struttura cognitiva. Dunque, non
possiedono una conoscenza domino-specifica (endogena) da cui trarre vantaggio. Di conseguenza, i
bambini della specie umana attraversano un lungo periodo durante il quale non pensano. Soltanto
verso la fine del periodo sensomotorio, verso i 18/24 mesi circa, i piccoli diventano capaci di
rappresentare il mondo in modo concettuale. In questo periodo, gli schemi d'azione diventano
schemi mentali permettendo ai bambini di formare dei concetti delle cose che possono essere
richiamati alla mente. Pertanto, durante il secondo anno di vita si assiste a un passaggio graduale da
una comprensione soggettiva a una comprensione oggettiva delle cose. Piaget chiama questi primi
due anni della vita del bambino periodo sensomotorio, periodo in cui i bambini possiedono soltanto
una conoscenza di tipo percettivo; la fine del periodo sensomotorio segna l'inizio del pensiero.
BEHAVIORISMO E STRUTTURE COGNITIVE
La proposta di behaviorismo, come quella della teoria di Piaget, è che i bambini iniziano la loro vita
con processi dominio-generali,biologicamnte specificati. I bambini, alla nascita, non possiedono
strutture innate che danno significato all'input (fattori endogeni), essi inizialmente considerano il
mondo come pieno di stimoli caotici che vengono percepiti attraverso modalità sensoriali non
integrate. Il bambino di Piaget costituisce una comprensione della mente dopo aver vissuto per 2
anni facendo affidamento sulle esperienze percettive. Gli studiosi behavioristi non parlano mai della
mente nella loro teorizzazione, di conseguenza non propongono un discorso esaustivo sullo
sviluppo di una teoria della mente. Il bambino behaviorista è visto come un destinatario passivo
della stimolazione ambientale di natura edonistica, i cui comportamenti sono condizionati attraverso
elementi di rinforzo, il bambino piagettiano è una creatura attiva che è motivata affettivamente a
interagire con il mondo.
INNATISMO E STRUTTURE COGNITIVE
La spiegazione innatista di Baron-Cohen sullo sviluppo della teoria della mente propone che i
bambini nascono con precursori specifici di tale teoria. Per lui i bambini nascono con 'meccanismi
neurologici innati', che sono precursori della teoria della mente. Il modello di Baron-Cohen descrive
lo sviluppo dell'intenzionalità nei bambini basato sulla maturazione dei tre fattori endogeni senza
accreditare all'ambiente sociale alcuna influenza su questo processo. Essi sono: il rilevatore
dell'intenzionalitò; il rilevatore della direzione dello sguardo e il meccanismo di attenzione
congiunta. Il rilevatore dell'intenzionalità è un meccanismo percettivo primitivo che interpreta gli
stimoli direzionali (movimento) come volontari. Il rilevatore della direzione dello sguardo rileva la
presenza degli occhi e inferisce, in base alla loro direzione. Il funzionamento di questi due moduli
porta alla maturazione cel meccanismo di attenzione congiunta tra i 9 e 11 mesi, permettendo ai
bambini di cogliere il significato nelle relazioni triadiche. Per ultimo, tra l'anno e mezzo e 2 anni,
matura il maccanismo della teoria della mente. Esso fornisce al bambino la capacità di
rappresentare stati mentali epistemici (far finta, pensare, sapere, credere, immaginare, sognare).
SISTEMI DINAMCI E STRUTTURE COGNITIVE
L'idea che l'ambiente sia importante per lo sviluppo è sostenuta anche dai teorici dei sistemi
dinamici i quali ritengono che una 'proprietà fondamentale di qualiasi sistema vivente in via di
sviluppo è di essere aperto nei confronti del suo particolare ambiente e di interagire con esso'. I
teorici dei sistemi modulari, non considerano i bambini come una tabula rasa su cui l'ambiente
lascia le sue impronte, ma, piuttosto, come organismi attivi che giungono preparati a partecipare
alle relazioni umane al fine di esporsi all'apprendimento socio-emotivo che è richiesto per la
crescita dei fattori endogeni. Le relazioni sono viste come sistemi dinamici creati dalle interazioni
ripetute tra caretaker e bambino. Di conseguenza, queste relazioni sviluppano strutture stabili e
consensuali.
COSTRUTTIVISMO VINCOLATO E STRUTTURE COGNITIVE
Anche i teorici del costruttivismo vincolato vedono il bambino come un organismo attivo che
contribuisce dalla nascita al proprio sviluppo. I bambini sono dotati di predisposizioni dominio-
specifiche (fattori endogeni) che li indirizzano verso l'input necessario per un ragionamento basato
sulla teoria della mente e non di un modulo presente dalla nascita che consentono loro di percepire
gli stati mentali negli altri. Una teoria della mente completa si cpstruisce attraverso le interazioni
con le persone (fattori esogeni).
METODOLOGIA PER LO STUDIO SUI BAMBINI
È importante introdurre brevemente i principali paradigmi relativi allo sviluppo dei bambini per
arrivare a una comprensione delle capacità dei bambini. Molta parte del lavoro di Piaget sui
bambini è stata condotta sui suoi 3 figli; il suo metodo si basava primariamente sulle osservazioni e
implicava risposte manuali attivate da parte dei soggetti. Il problema di questo tipo di approccio è
che, adottando tali metodi, è possibile che si faccia confusione tra le capacità fisiche e quelle
intellettuali. Negli ultimi 40 anni sono stati sviluppati metodi alternativi specifici per lo studio
sull'infanzia. Le nuove metodologie focalizzano l'attenzione su altri e più passivi sistemi di risposta
dei piccoli, come per esempio il guardare e il succhiare, anziché sulla partecipazione manuale
attiva. Queste misure sono utilizzate per determinare se i bambini discriminano tra vari stimoli
visivi e auditivi. Un altro metodo è il paradigma di abituazione; dopo che i bambini hanno guardato
uno stimolo particolare, il loro interesse visivo si affievolisce: in altre parole, i bambini si abituano
allo stimolo. L'abituazione può essere anche usata come misura della discriminazione.
Le tecniche di abituazione possono anche essere usate per valutare le aspettative o le credenze
infantili riguardo a veneti fisici e sociali e anche per valutare la comprensione infantile dei principi
sociali. Un altro metodo per stabilire la preferenza o la discriminazione degli stimoli è quello di
usare il paradigma di suzione non nutritiva. Questo paradigma è utile per gli stimoli uditivi, quando,
per esempio, gli stimoli non sono visibili. Se vengono adeguatamente verificate interpretazioni
alternative come l'apprendimento di un compito specifico, e se vengono eseguite repliche
sufficienti, gli studi sull'abituazione possono fornire le prove di una consapevolezza della
comprensione sociale subito dopo la nascita, e dell'esistenza di principi dominio-specifici che
facilitano e danno impluso all'apprendimento.

CAPITOLO 3 → DISTINZIONE ANIMATO/INANIMATO


RELAZIONE TRA COGNIZIONE SOCIALE E NON SOCIALE
Le persone e gli oggetti inanimati differiscono sotto aspetti significativi, e di conseguenza le leggi e
i regolamenti sul modo in cui interagire con le persone. Ciò suggerisce che la comprensione della
sfera sociale e la comprensione fisica si sviluppano diversamente. Secondo i teorici dominio-
generali, la cognizione è unitaria e si arriva a conoscere le persone e gli oggetti non sociali
attraverso gli stessi processi cognitivi; essi sostengono che i bambini reagiscono in modo diverso
nei confronti delle persone e degli oggetti a causa delle differenze percettive esistenti tra essi.
DEFINIZIONE DELLA DISTINZIONE ANIMATO/INANIMATO
Gelman e Spelke notavano che nonostante le persone e gli oggetti siano accomunati dal possesso di
proprietà fisiche (dimensione e forma) le due classi si differenziano per il fatto che solo le persone
comunicano, crescono e si producono, si muovono in modo indipendente, hanno sentimenti,
intenzioni e pensieri. Quando guardiamo le persone, è possibile che inizialmente osserviamo il loro
aspetto e il loro comportamento; la nostra tendenza, è, però, quella di focalizzazione l'attenzione
soprattutto sui loro stati mentali. Gli oggetti non hanno stati interiori e pertanto dobbiamo prestare
attenzione solo alle loro caratteristiche fisiche e alle loro funzioni. Gli adulti, si concentrano sulle
emozioni e sulle intenzioni delle persone mentre focalizzano l'attenzione sugli attributi fisici degli
oggetti inanimati. Le relazioni con le persone sono complesse, implicano emozioni e regole sociali.
Le emozioni arrivate durante le interazioni con gli oggetti fisici sono solitamente meno intense e
dipendono dal successo o dal fallimento nel poratre a termine un compito.
PROSPETTIVE TEORICHE SULLA DISTINZIONE ANIMATO/INANIMATO
Per i teorici modulari i bambini hanno un accesso precoce alla cognizione e, di conseguenza,
differenziano in modo attendibile le persone dagli oggetti non sociali, pare che molti attributi usati
dagli adulti nel discriminare tra le due classi si sviluppino, per il piccolo, in un momento successivo
e siano costruiti attraverso l'interazione con gli stimoli ambientali. Tali attributi, infatti sono
inzialmente necessari perchè il bambino inizi il percorso di attribuzione di proprietà psicologiche
alle altre persone. Le rappresentazioni innate delle persone possedute dai bambini permettono loro
di identificare gli altri come simili a sé, dotati di emozioni e di intenzioni, ma non di processi
biologici complessi quali sono le idee che le persone crescono e si riproducono. Questi concetti si
vanno costruendo con l'età.
LA PROSPETTIVA DI PIAGET SULLA DISTINZIONE ANIMATO/INANIMATO
(ANIMISMO)
Dato che i bambini non possiedono strutture cognitive iniziali (nessuna conoscenza innata), essi alla
nascita non sono creature sociali né cognitive. I piccoli imparano gradualmente a differenziare tra il
sé, le altre persone e gli oggetti inanimati duranti i primi 2 anni di vita. Prima dello stadio operatorio
concreto, i bambini confondono gli eventi fisici con quelli mentali (animismo) e non differenziano
tra stati esteriori e interiori (per esempio, tra parlare e pensare). L'evidenza empirica ha messo in
discussione la posizione di Piaget sull'animismo perchè le ricerche recenti hanno suggerito che
l'eliminazione delle componenti temporali e dinamiche degli stimoli sociali svantaggia i bambini in
quanto si rimuovono informazioni essenziali con la consapevolezza della socialità. Gli interazionisti
sociali hanno mostrato che dalle osservazioni dei bambini in setting naturali con persone o con
oggetti non sociali emergeva un'immagine completamente diversa. Già durante il secondo mese di
vita, i piccoli trattavano le persone come oggetti sociali, sorridendo, vocalizzando e imitando le loro
azioni, mentre trattavano gli oggetti non sociali come cose da guardare o obbiettivi che tentavano di
raggiungere. Per Legerstee i bambini piccoli si aspettano che le persone agiscono in modo
reciproco, ad esempio, i bambini di cinque settimane si innervosiscono quando le persone si
astengono dal rispondere, ma non quando gli oggetti fisici rimangono immobili. Se le persone
assimilano più velocemente le informazioni successive. Se le persone agiscono in modo casuale, i
bambini si angosciano e non riescono ad abituarsi a compiti cognitivi successivi. Pertanto, anche
per i bambini molto piccoli, le relazioni con le persone evocano emozioni più intense rispetto alle
intenzioni con effetti non sociali e sole le relazioni con le persone sembrano avere effetto sulla loro
motivazione ad apprendere.
I TEORICI DEL MOVIMENTO
Come si spiega la manifestazione di atteggiamenti di risposta differenziali verso le persone e gli
oggetti non sociali in bambini cosi piccoli. Per Legerstee gli esseri umani sono considerati come
l'origine del movimento, come motivati interiormente e, alcune volte, come un centro della
coscienza. Sono, cioè, visti come esseri che possiedono un luogo interiore della casualità. Piaget
riconosce questa distinzione nei suoi scritti. Egli spiega che le persone per i bambini sono più
stimolanti degli oggetti dal punto di vista cognitivo e dovrebbero pertanto produrre un
accomodamento più rapido rispetto agli oggetti non sociali. La scoperta che la comprensione
concettuale delle persone ha nei bambini un inizio diverso rispetto a quella degli ogetti e potrebbe
essere certamente considerata come una prova a favore della presenza di domini specifici dai quali
questa conoscenza viene generata. Egli affermava che nonostante i bambini acquisissero
simultanemante un livello di competenza per le due classi (animato e inanimato) (sostenendo un
approccio dominio-generale), l'esibizione di tale competenza (per esempio, la permanenza
dell'oggetto) per le persone precedeva quella per l'oggetto perchè le prime costituivanno per i
bambini stimoli più attraenti. Rakison e Poulin-Dubois sostengono un apprendimento dominio-
generale e riconoscono nel movimento l'indizio iniziale utilizzato dai bambini per differenziare le
persone dagli agenti inanimati. Gli autori catalogano il tipo di movimento che differenzia le persone
dagli oggetti in base alle seguenti proprietà: inzio del movimento (movimento autogenerato vs
causato); linea della traiettoria (uniforme vs irregolare); azione casuale (a distanza vs per contatto);
pattern di interazione (contingente vs non contingente).
ANALISI DELLA CONTINGENZA:WATSON
Watson riteneva che i piccoli nascessero dotati di un modulo innato, per esempio di un Modulo di
Detenzione della Contingenza. Durante i primi 3 mesi di vita, il Modulo du Detenzione della
Contingenza è programmato per preferire contingenze perfette, il che rende i bambini capaci di
differenziare il sé dall'ambiente esterno (per esempio, il bambino appoggia la testa sul cuscino). A
partire dai 3 mesi, il Modulo di Detenzione della Contingenza inizia a preferire contingenze
imperfette. Pertanto, ogni stimolo di risposta contingente (sociale e non sociale) eliciterà attenzione
e affetti di tipo positivo nei bambini. Tuttavia, secondo Watson è la percezione di contingenze
intermittenti che permette ai bambini di differenziare tra persone e oggetti, perchè nell'ambiente
naturale solo le persone rispondono secondo modalità intermittenti alle loro azioni; quindi fino
all'età di 3 mesi i bambini non rispondono in modo differenziale alle due classi. Negli studi di
follow-up che utilizzano sia stimoli sociali sia stimoli non sociali, è stato dimostrato che gli oggetti
di transfer erano riscontrabili nei setting ecologici cosi come dopo pratiche di training. Secondo
Dunham 'l'uso della stimolazione sociale durante le fasi di pre-trattamento contingente/non
contingente del paradigma può rivestire un'importanza critica per quanto riguarda gli effetti di
transfer riscontrati'. Se i bambini di 3 mesi sono più sensibili all'atteggiamento di risposta
contingente delle persone rispetto a quell degli ogetti (quando il programma di rinforzo è
controllato), allora il compotamento sociale infantile non può essere una risposta, generalizzata a
livelli di attività come suggeriva Watson. È possibile, che gli stati affettivi dei bambini siano il
risultato delle dinamiche degli scambi comunicativi che si stabiliscono tra essi e il loro patner
sociali. Ciò ha implicazioni importanti per lo sviluppo sociale e cognitivo dei più piccoli perchè
suggerisce che certe esperienze sociali possono produrre cambiamenti nei bambini di 3 mesi che si
generalizzano (transfer) estendendosi al funzionamento cognitivo. Legerstee ha contrapposto in due
esperimenti le risposte di bambini di 3 mesi verso persone e oggetti che interagivano con loro a due
livelli di contingenza. In entrambi gli esperimenti, l'interazione contingente aveva effetti differenti
sui bambini a seconda che l' 'attore' fosse una persona o un oggetto.
IL MOVIMENTO DA SOLO NON BASTA:GELMAN
I risultati dello studio condotto da Legersteesuggeriscono che, anziché avere una capacità innata di
percezione delle contingenze, i bambini possiedono una conoscenza dominio-specifica attraverso la
quale riconoscono le persone e le separano dagli oggetti inanimati. Gelman, non crede che la
distinzione tra persone e oggetti avvenga a un livello percettivo (spazio-temporale), dato che, come
sostiene l'autrice, l'informazione percettiva è solitamente ambigua o incompleta. Le strutture
permettono ai bambini di interpretare il movimento degli ogetti in modo differente a seconda che
sia prodotto da oggetti animati o inanimati. Pertanto, secondo Gelman, i bambini interpretano
l'informazione percettiva derivante sia dal movimento sia dalle caratteristiche esteriori. Per
classificare gli oggetti animati come umani, essi hanno bisogno di comprendere che gli esseri umani
agiscono secondo certe regole sociali. Rakison e Poulin-Dubois sostengono che per operare la
distinzione animato/inanimato i bambini si avvalgano, oltre che di varie forme di movimento, di
caratteristiche psicologiche (finalizzato vs senza scopo) e di un'influenza degli stati mentali
(intenzionale vs casuale). Secondo le autrici i bambini possiedono un meccanismo di
apprendimento associativo che, se attivato dall'input sensoriale, stabilisce correlazioni tra due
caratteristiche e determina nel piccolo aspettative circa le proprietà o degli oggetti animati o quelli
inanimati. Per Legerstee la percezione delle persone come sociali piuttosto che come oggetti
semoventi interagenti in modo contingente prima del secondo anno di vita, spiegherebbe come mai i
bambini interagiscono socialmente con gli altri e non con oggetti che si muovono in modo
contingente. I bambini ricavano qualche tipo di informazione non disponibile negli oggetti fisici,
come la condivisione emotiva, che rende allettante impegnarsi in interazioni comunicative solo con
le persone. Conludendo, la percezione dei movimenti o degli atti del corpo che sono 'come me' sono
stati adottati come base per la distinzione infantile animato/inanimanto. Queste posizioni assumono
sostanzialmente che ci sia un periodo nella vita dei bambini in cui essi sono creature associali. Quali
sono le prove per sostenere una tale affermazione? Sul fronte teorico Baldwin propone che i
bambini rispondono ai 'suggerimenti di personalità' presenti nel comportamento degli altri e
differenziano, cosi, le persone dalle altre cose. Per questo autore, l'esperienza degli altri si fonda su
modalità specifiche di comunicazione 'istintiva'. Come verrebbero identificati i 'suggerimenti di
personalità' nei bambini piccoli? I bambini rilevano i movimenti degli stimoli sociali e non sociali
ma imitano soltanto quelli prodotti da oggetti sociali. Si noti che lo studio di Legerstee contraddice
il pensiero secondo cui la comparsa di qualsiasi 'oggetto semovente' fa nascere nel bambino l'idea di
trovarsi di fronte a un oggetto sociale. Questa responsività imitativa dei bambini nei confronti delle
persone e non degli ogetti fisici non solo suggerisce che l'imitazione è una risposta sociale, ma
andrebbe anche a sostenere la tesi avanzata da Gelman e Spelke secondo cui 'il bambino
implicitamente 'sa che lui e le altre persone possono agire nello stesso modo'. I bambini non solo
imitano i gesti facciali non affettivi (protrusione della lingua e apertura della bocca), ma imitano
anche le emozioni umane durante interazioni naturali. Pertanto, essi non solo rilevano una
preferenza per le persone rispetto gli oggetti inanimati ma percepiscono anche le somiglianze tra il
modello umano e il sé e, di conseguenza, partecipano a confronti comunicativi con gli altri.
LA CAPACITÁ DI DIFFERENZIARE TRA PERSONE E SOGGETTI: I PRIMI SEI MESI
Secondo i costruttivisti classici (piagettiani) e dei teorici dell'apprendimento sociale i bambini non
possiedono processi endogeni capacità percettive transmodali che consentono loro di riconoscere di
essere uguali alle altre persone. Essi devono, imparare attraverso indizi manuali o attraverso il
condizionamento che i loro volti sono simili a quelli degli individui delle loro specie. Come
abbiamo rilevato, quando gli indizi percettivi vengono controllati, i bambini, tra la nascita e i tre
mesi, discriminano nelle loro risposte le persone dagli oggetti. Alcuni esperimenti mostrano il fatto
che i bambini usavano tipi diversi di risposta per riportare gli oggetti alla vista e ciò suggerisce che
essi fossero consapevoli, in assenza di suggerimenti percettivi, delle proprietà (funzionamento
interiore) delle persone e delle cose. Se i bambini percepiscono gli altri come uguali a sé, allra ogni
cambiamento che si verifica dentro di loro corrisponde ai cambiamenti simili che essi colgono negli
altri. Legerstee si è occupata di questo particolare problema nello studio nel quale ha abituato un
gruppo di bambini di 6 mesi a una persona che parlava e un altro gruppo a una persona che
allungava le mani mentre era di fronte a un paravento. Legerstee è portata ad affermare che la
responsività infantile differenziale durante gli eventi del test suggerisce sicuramente che i bambini
interpretano le azioni tipo parlare, o allungare le mani, come dirette a uno scopo e non come
semplici moviementi. In questo esperimento, tale comprensione si basa su due fattori: primo, la
capacità propria dei bambini di agire intenzionalmente: essi parlano, per esempio, con le persone
per comunicare loro un messaggio, e manipolano gli oggetti per farli muoverere; secondo, le
capacità dei bambini di compiere inferenze riguardo al comportamento delle persone.
PERCEPIRE INTENZIONI NELLE PERSONE E NON NEGLI AGENTI INANIMATI: I
BAMBINI A 10 MESI
In uno studio condotto da Meltzoff con bambini di 18 mesi, si rileva che i bamnini imitavano ciò
che gli attori intendevano fare senza vedere il risultato finale, dovevano sapere che c'era dell'altro
oltre alle azioni fisiche prodotte dalla persona. La scoperta che i piccoli completavano gli atti
intenzionali delle persone ma non dei surrogati suggerisce che essi attribuiscono le intenzioni
specificamente alle persone. Esistono alcune prove attestanti che, almeno verso i 15 mesi, i bambini
sono in grado di completare le azioni non riuscite che vengono loro rappresentate. Johnson e
collaboratori hanno proposto che i bambini di 15 mesi possiedono una rappresentazione
concettuale di agente mentale, che può essere evocata dai volti, dalle mani e dalle esibizioni di
comportamenti reciproci. In uno studio di Legerstee condotto con una sua studentessa, hanno
scoperto che i bambini i 12 mesi producono azioni intenzionali, come l'indicare dichiarativo, verso
le persone ma non verso un agente non umano (un cane giocattolo che reciprocava in modo
indipendente, con occhi che si aprivano e si chiudevano in modo contingente). Da quanto si può
evincere, non è chiaro se l'imitazione implicante oggetti nei bambini con meno di 18 mesi riveli una
comprensione delle intenzioni che sotto stanno alle azioni delle persone. Non tutte le forme di
comportamento imitativo a quell'età sottintendono necessariamente una comprensione degli altri
come agenti intenzionali. La mimica comporta la cieca produzione del comportamento del
dimostratore, senza comprendere lo scopo, mentre l'emulazione si riferisce alla riproduzione del
risultato finale senza considerare il comportamento effettivo del dimostrare e le sue strategie
comportamentali e i suoi scopi. L'incremento dello stimolo si ha quando i bambini manipolano gli
ogetti semplicemente per curiosità dopo che l'adulto ne ha preso uno e lo usa per fare qualcosa.
Nell'insieme i risultati non rispondono in modo definitivo alla domanda se l'imitazione infantile
rileva l'atteggiamento intenzionale nei bambini. Dato che è stato mostrato che i bambini tra i 9 e 12
mesi imitano azioni nuove e complesse implicanti oggetti e percepiscono le persone e non gli agenti
inanimati come agenti intenzionali, hanno ipotizzato che i bambini di 10 mesi avrebbero completato
le azioni non riuscite delle persone ma non quelle di agenti inanimati. Abbiamo somministrato tre
compiti (atto target): un compito di inserimento, un compito di estrazione e un compito di pennello.
Questi compiti venivano somministrati da una persona o agente inanimato che era un grosso cane di
peluche, dotato di volto, braccia, mani, che esibiva movimenti indipendenti e reciproci. Hanno
sviluppato un'analisi dettagliata dei vari comportamenti imitativi dei bambini con lo scopo di
consentire una certa penetrazione nelle strategie comportamentali che stanno alla base delle risposte
imitative dei piccoli. Alle risposte dei soggetti è stato assegnato un punteggio secondo una scala che
va da a 5 in base alla misura in cui le risposte del bambino si avvicinavano all'atto target; 1=nessun
approssimazione all'atto target, 5=riproduzione totale e immediata dell'atto target. Hanno scoperto
che i bambini imitavano sia le azioni completate delle persone sia quelle completate dall'agente
inanimato. L'imitazione degli atti non riusciti non può essere il risultato di indizi percettivi, dato che
l'obbiettivo resta non visibile. Il completamento degli atti non riusciti era limitato solo alle persone
e non si generalizzava a una categoria più ampia quale può essere l'oggetto inanimato che appare e
si comporta come un essere umano. Queste scoperte suggeriscono che a 10 mesi i bambini
percepriscono le persone, e non gli agenti inanimati, come esseri intenzionali che perseguono fini e
scopi.
LA DISTINZIONE ANIMATO/INANIMATO: RAPPRESENTAZIONI BASATE SU INDIZI
O RAPPRESENTAZIONI DOMINIO-SPECIFICHE
Ciò che i diversi esperimenti condotti con persone e oggetti inanimati hanno mostrato è che quando
le caratteristiche fisiche (es:volto, movimento) degli oggetti animati e inanimati sono controllate, i
bambini differenziano ancora tra le due classi. Durante i loro primi mesi di vita, i piccoli
comunicano con persone pronte a rispondere, ma non con delle bambole. Tra i 2/3 mesi i bambini si
aspettano che le persone condividono con loto gli stati affettivi, ma non hanno simili aspettative nei
confronti degli oggetti inanimati. Verso i 5 mesi, i bambini riconoscono i propri volti e le proprie
voci come stimoli familiari e li differenziano da quelli dei pari e degli oggetti inanimati. Verso i 4
mesi, i piccoli chiameranno le persone ma allungheranno la mano per afferrare i giocattoli
scomparsi dietro un paravento e verso i 6 mesi si aspettano che le persone comunichino con altre
persone e manipolino oggetti inanimati. Verso i 10 mesi, i bambini percepiscono le intenzioni nelle
azioni delle persone, ma non in quelle degli agenti inanimati e a 12 mesi circa possono essere
condizionati a seguire gli sguardi delle persone e degli agenti inanimati ma indicano solo verso le
persone per dirigere la loro attenzione su eventi interessanti. Legerstee in questo capitolo si è basato
sull'evidenza percettiva e concettuale sulla distinzione animato/inanimato per dimostrare che,
quando le differenze fisiche delle persone e degli oggetti inanimati sono controllate, i bambini
discriminano ancora tra le due classi. Ha mostrato inoltre che la conoscenza rappresentata delle
persone posseduta dai bambini permette loro di predire come esse aggirano in particolari
circostanze. Questo tipo di conoscenza, in parte presente in moduli dominio-specifici e in parte
acquista attraverso le associazioni, è indice della crescente consapevolezza infantile relativa alle
persone. Questa comprensione sociale sempre più sofisticata prepara il bambino ad acquisire una
teoria della mente.
CAPITOLO 4 → IL SÉ E LA COSCIENZA
'Il concetto che si ha di sé è un concetto di persona; il concetto che si ha delle persone non può
essere un concetto applicabile solo a un singolo individuo (se stesso), perchè in questo caso non
costituirebbe più un concetto'. Il sé non può essere considerato saperatamente dal nostro modo di
vedere gli altri, ma dipende profondamente da come noi ci rappresentiamo le persone. Il sé, quindi,
è percepito in relazione all'altro. In che modo si sviluppa un concetto di sé e quando viene
acquisito? La risposta a questa domanda dipende dall'orientamento teorico di appartenenza e dalla
definizione che si dà al termine 'concetto di sé'. Il concetto di sé costituisce un fenomeno poliedrico
che implica qualcosa di più del riconoscimento delle caratteristiche percettive del sé e di una
differenziazione tra oggeti animati e inanimati nell'ambiente. Pertanto, una comprensione del sé
deve implicare una consapevolezza degli aspetti fisici, sociali/mentali e rappresentazional del sé. Il
concetto di sé, può avere le sue radici nelle fasi precoci dell'infanzia, ma matura con l'età e diventa
sempre più complesso durante tutta la fanciullezza. Legerstee ha affermato in precedenza che i
bambini sono consci delle proprie emozioni e sono in grado di riconoscere emozioni simili negli
altri. In questo modo i piccoli formano rappresentazioni condivise delle emozioni del sé e degli
altri; ciò suggerisce che essi si rappresentano l'altro in qualche modo come simile, 'come me'. Nei
bambini, quindi, si giunge alla consapevolezza sé-altro attraverso la condivisione reciproca delle
emozioni.
METODI PERCETTIVI VS CONCETTUALI
La distinzione tra consapevolezza percettiva e concettuale rinvia ai diversi paradigmi sperimentali
impiegati dai ricercatori per determinare la consapevolezza di certi aspetti del sé. Alcuni metodi ci
consentono solo di inferire una consapevolezza percettiva delle risposte dei bambini, mentre altri ci
permettono di capire che i bambini possiedono una comprensione concettuale di sé che è stabile e
che dà loro un senso di unicità. I paradigmi sperimentali che forniscono informazioni
sull'autoconsapevolezza percettiva nei piccoli si basano spesso sui prodotti delle percezioni infantili
degli stimoli ambientali che identificano il sé, o dell'esperienza diretta che i bambini fanno di tali
stimoli. È più difficile dimostrare quando il senso infantile di sé è una capacità mentale o
concettuale. Gli studi che si prefiggono di portare prove a favore di una consapevolezza concettuale
o rappresentazionale del sé devono dimostrare che i bambini sono consapevoli del sé in assenza di
un'esperienza sensibile immediata. In questo caso, le identificazioni di sé da parte dei piccoli sono i
prodotti delle loro capacità mentali (per esempio, inferenze, rapprensetazioni..). È importante
distinguere tra un metodo percettivo, un metodo in grado, per esempio, di stabilire soltanto ciò che
il bambino vede, sente -ciò che percepisce nell'ambiente- e uno che fa da affidamento su ciò che i
bambini inferiscono dalle rappresentazioni interiori del sé.
PERCETTIVO VS CONCETTUALE:ORIENTAMENTI TEORICI
Molti teorici ritengono che l'autoconsapevolezza percettiva si aun precursore della consapevolezza
concettuale del sé. (Piaget) La loro proposta è che i bambini durante lo sviluppo attraversino un
periodo in cui la consapevolezza del sé è collegata solamente con ciò che essi percepiscono di se
stessi mediante la stimolazione fisica esterna o interna. Un simile concetto di sé non è stabile o
duraturo dato che non esiste in assenza di tale stimolazione. Con lo sviluppo, queste
rappresentazioni molto precoci relative al sé vengono imvialidate e trasformate in una
consapevolezza rappresentativa del sé più appropriata (realista). Non tutti gli autori distinguono tra
percettivo e concettuale. Molti suggeriscono la presenza alla nascita di una specie primitiva di
autoconsapevolezza e ritengono che si giunga a una coscienza più complessa con lo sviluppo.
Un'altra possibile proposta di queste teorie è che le rappresentazioni interiori del sé si arrichiscano
attraverso un'importante opera di costruzione che avviene mediante l'interazione con l'ambiente
sociale, dando origine in questo modo a una forte identità di sé e a una forte comprensione riguardo
al sé.
L'AUTOCONSAPEVOLEZZA NELLE TEORIE BIO-SOCIALI
Hobson sostiene che i bambini hanno una propensione biologica a partecipare a profonde relazioni
interpersonali emotive (mentali) con gli altri (intersoggettività). Come Hobson, Trevarthen ritiene
che i bambini non siano soltanto dei sé agenti e pensanti: essi hanno un bisogno innato di
relazionarsi con gli altri. Queste intuizioni innate si manifestano duramte le interazioni sociali
quando i bambini partecipano alla condivisione sensibile e responsiva delle emozioni con i loro
conspecifici. Per Fogle, le interazioni sociali rivestono un ruolo speciale nello sviluppo del sé in
quanto le persone non si limitano a reagire, ma interagiscono ed elaborano le azioni del bambino. Il
sé, pertanto, è dialogico; l'esperienza del sé è una funzione della cognizione partecipativa anziché
immaginativa. Il risultato di questa cognizione partecipativa è che i bambini scoprono non solo
informazioni che riguardano il sé ma anche la relazione individuale con l'ambiente. La ricerca sullo
sviluppo dell'intersoggettività nei bambini rileva che le radici della consapevolezza concettuale del
sé si possono ritrovare nella fasi precoci dell'infanzia. Il sé, pertanto, si sviluppa come parte di uno
scambio reciprocamente regolato tra caretaker e il bambino. Le relazioni sociali, dunque, implicano
comunicazioni speciali in cui gli individui modificano la loro partecipazione sulla base di una
valutazione dello stato mentale ed emotivo dell'altro.
L'AUTOCONSAPEVOLEZZA NELLE TEORIE ECOLOGICHE
Come Trevarthen e Fogel, Neisser sostiene che una fonte importante di informazioni per
l'autopercezione precoce si trova nelle interazioni sociali. Secondo Neisser, i bambini possiedono
inizialmente una consapevolezza implicità di sé composta dal sé ecologico, di cui hanno
un'esperienza percettiva attraverso il flusso visivo durante i movimenti, tramite le sensazioni
corporee e le interazioni con gli oggetti fisici. Neisser suggerisce, che questi sé precoci siano
direttamente percepiti piuttosto che rappresentati. La teoria di Neisser si avvicina alla teoria
ecologica di Gibson, secondo cui l'informazione riguardo al sé è realmente percepita. Gibson
sostiene che la percezione sia un'attività:'È l'acquisizione dell'informazione da un insieme dinamico
presente nell'ambiente che circonda il percettore'. Questa attività inizia immediatamente alla nascita.
Secondo la teoria delle percezione diretta, la specificazione propriocettiva del sé è possibile molto
prima che il bambino sia in grado di muoversi nell'ambiente. Di conseguenza, secondo questa
teoria, la coscienza, che implica un senso di consapevolezza del sé come distinto dagli stimoli
ambientali, appare all'inizio dello sviluppo anziché alla fine del periodo infantile (2 anni). Se
l'informazione relativa al sé è direttamente percepita dalla nascita, significa che tale informazione
include una consapevolezza del sé mentale? Neisser sostiene che, nello stadio interpersonale, i
bambini si impegnano con gli altri in comunicazioni emotive e sono influenzati dalle offerte sociali
altrui. Se è così, allora i bambini percepiscono gli stati mentali altrui e il sé. Le emozioni sono stati
mentali e i bambini, attraversano l'interazione con le persone durante periodi di sintonizzazioni di
carattere generale, come per esempio felicità e tristezza.
L'AUTOCONSAPEVOLEZZA NEL COSTRUTTIVISMO VINCOLATO
Secondo la posizione del costruttivismo vincolato, i bambini, dall'inizio, sono consci dei loro sé
sociali e mentali. Tale consapevolezza deriva in parte dal graduale processo infantile di
modularizzazione che si fonda sulle inclinazioni dominio-specifiche dell'attenzione dei bambini
verso volti, voci e movimenti umani che facilitano le rappresentazioni della teoria della mente.
CONSAPEVOLEZZA DI VOLTI E VOCI COME STIMOLI FAMILIARI E SOCIALI
Quando i bambini iniziano a riconoscere la propria faccia e la propria voce come appartenenti a sé?
Il riconoscimento del volto è considerato un aspetto importante del riconoscimento di sé. L'ipotesi è
che se i bambini riconoscono il proprio volto, ne possiedono allora una rappresentazione interiore
con la quale paragonare quello che vedono nello specchio. Esistono diversi modi per studiare lo
sviluppo del riconoscimento di sé nei bambini. In uno studio recente, Bahrick e collaboratori hanno
dimostrato che i bambini di 5 mesi riconoscono le loro caratteristiche facciali come stimoli
familiari. Essi guardavano meno la loro immagine facciale precedentemente filmata (familiarità)
rispetto a quella di un loro pari. La scoperta che i bambini riconoscono i propri tratti caratteristici
suggerisce che essi percepiscono come familiari alcune delle proprie caratteristiche facciali, ma non
ci dice se i piccoli attribuiscono tali tratti al sé, né se li percepiscono come sociali. Uno studio che
Legerstee ha recentemente condotto ha mostrato come i bambini di 5-8 mesi possono rappresentarsi
alcune informazioni relative al sé. I risultati hanno mostrato che quando si presentavano ai bambini
di 5 e 8 mesi immagini video silenziose e in movimento riguardanti se stessi, un loro pari e delle
bambole, i piccoli guardavano più a lungo i loro pari (preferenza per la novità) e pochissimo se
stessi (familiarità) sia a 5 sia a 8 mesi. Tuttavia, mentre i bambini di 8 mesi guardavano più a lungo
anche l'immagine statica del pari (effetto di novità), i bambini di 5 mesi guardavano di più la
propria immagine facciale statica. La scoperta che i bambini più piccoli trovano inusuale la loro
immagine facciale statica ma non la loro immagine in movimento appoggia la proposta secondo cui
il riconoscimento della propria immagine si sviluppa attraverso l'esperienza con la stimolazione
facciale dinamica durante i primi 5 mesi di vita. Prima di compiere gli esperimenti, hanno chiesto ai
genitori di compilare dei questionari riguardanti il numero delle volte in cui i loro bambini si
specchiavano. Questo suggerisce che il guardarsi allo specchio aiuta i bambini a identificarsi le
proprie caratteristiche facciali che sono specificate secondo modalità sia cinestetiche sia visive.
Nelle condizioni di ascolto, i risultati hanno dimostrato che i bambini guardavano più a lungo
(novità) quando sentivano le vocalizzazioni del loro pari rispetto a quando sentivano le proprie
(familiarità), e pochissimo quando ascoltavano i suoni degli oggetti inanimati. I bambini, pertanto,
non solo discriminano tra le proprie vocalizzazioni e i suoni non sociali, ma riconoscono queste
vocalizzazioni come familiari e simili ai suoni che loro stessi producono. Questo indica che le
risposte dei bambini sono specifiche riguardo alla specie, ai pari e a sé.
I BAMBINI SONO CREATURE SOCIALI, CONSAPEVOLI DELLE PROPRIE MENTI E
DEI PROPRI CORPI
Alcuni filosofi hanno sostenuto che l'autoconsapevolezza ha origine nella mente, secondo altri, essa
deriva da uno stato fisico o corporeo. Entrambe le teorie propongono una discontinuità tra la mente
e la consapevolezza corporea. Il problema che questi bambini dualisti devono risolvere è quello di
scoprire di possiedere, insieme alle altre persone, dei corpi o delle menti. L'evidenza disponibile
indica che, durante il primo anno di vita, i bambini sono consapevoli del proprio corpo e del proprio
stato mentale (anche se primitivo) e percepiscono gli altri come esseri dotati di corpi (come emerge
dall'imitazione dei loro atti corporei) e di stati mentali (come rileva la condivisione reciproca delle
emozioni).

CAPITOLO 5 → INTERAZIONI DIADICHE


CONSAPEVOLEZZA DEGLI STATI MENTALI DURANTE IL PERIODO DIADICO
Sebbene sia possibile che l'attenzione verso gli oggetti e verso la persona che si occupa di loro, che
gioca con loro e che provvede per loro le descrizioni verbali consenta ai piccoli di istruirsi riguardo
agli artefatti culturali e alle loro etichette verbiali, ciò non significa necessariamente che prima del
periodo triadico essi non siano consapevoli degli stati mentali delle persone. In questo capitolo
Legerstee descriverà nel dettaglio cosa fanno i bambini durante il periodo diadico e fornirà
un'analisi delle interazioni a cui essi partecipano prima del periodo triadico per chiarire se sono
consapevoli del fatto che le persone hanno delle intenzioni. I teorici che sottolineano che il periodo
diadico non è di massima importanza per lo sviluppo psicologico infantile ignorano i
comportamenti intrapresi dai bambini in quel periodo. Legerstee descriverà ciò che accade durante i
primi mesi di vita quando i bambini sono impegnati con adulti responsivi, per mostrare che esiste
sicuramente una base da cui partire per sostenere che durante il periodo diadico i piccoli sono esseri
intenzionali con vite mentali semplici e con una consapevolezza delle intenzioni altrui.
ORIGINE DEGLI STATI MENTALI
Secondo Bruner, già dalla nascita i bambini sembrano 'motivati' a portare all'attenzione dell'altro ciò
che provano durante le interazioni diadiche faccia a faccia. Quasi dall'inizio, quindi, i bambini
controllano gli sguardi dei loro interlocutori al fine di condividere con loro le proprie esperienze. I
bambini percepiscono gli sguardi degli adulti come un invito a comunicare, dato che essi reagiscono
con comportamenti sociali ed emotivi quando gli adulti stabiliscono con loro un contatto visivo.
Alternando il loro contatto visivo (guardando il partner e distogliendo, poi, lo sguardo) i bambini
regolano le loro interazioni sociali. Le madri trattano il gesto del 'distogliere lo sguardo' da parte dei
loro bambini come una pausa nella conversazione dato che smettono di parlare quando i piccoli li
guardano da un'altra parte e riprendono il dialogo quando essi hanno ripristinato la loro attenzione.
Verso i 4 mesi i bambini mostrano una diminuzione della loro manifestazione di affetto e attenzione
verso gli adulti e un incremento della loro preferenza per gli oggetti inanimati. L'interesse nei
confronti delle cose esterne alla diade è il risultato dell'aumento delle capacità cognitive e motorie
che consentono interazioni ed esplorazioni più efficaci all'interno di un ambiente in espansione.
Rendendo gli oggetti parte della comunicazione, i patner comunicativi mostrano ai bambini l'origine
della comunicazione referenziale. Adamson e Bakeman chiamano questo periodo di sviluppo 'fase
referenziale non verbale'. In cui 'il pattern dello sguardo, le vocalizzazioni e i gesti sono sempre più
al servizio della funzione referenziale di presentare un nuovo argomento per la discussione, un
nuovo messaggio riguardo al fatto che la cosa laggiù è ciò che voglio rendere ogetto di
comunicazione, ciò che voglio commentare'. Il gesto di seguire lo sguardo si riscontra tra i 5 e 6
mesi, ma, alcuni mesi più tardi, è possibile che i bambini alternino ripetutamente lo sguardo tra il
patner sociale e l'oggetto di interesse. Una strategia comportamentale, questa, che consente ai
piccoli di monitorare l'attenzione degli altri mentre condividono con loro esperienze del mondo.
L'evidenza empirica rileva, quindi, che dalla nascita i bambini si impegnano in un ampio
monitoraggio dello sguardo dei loro patner durante gli scambi comunicativi, il che sembra implicare
in essi una consapevolezza degli stati mentali. Ciò contrasterebbe l'idea che la consapevolezza degli
stati mentali si sviluppi tra i i 9 e 18 mesi.

CAPITOLO 6 → INTERAZIONI TRIADICHE: IMPEGNO CONDIVISO NEI BAMBINI DI


5 E 7 MESI
COMPRENSIONE INFANTILE DEGLI SCOPI IMPLICANTI GLI OGGETTI
Le protoconversazioni a cui i bambini partecipano nei primi tre mesi di vita implicano la
condivisione dell'affetto ma non la comunicazione sulle cose esterne alla diade. Lo stato triadico è
una continuazione di quello diadico con la differenza che in esso i bambini hanno acquisito strutture
cognitive più complesse che permettono loro interazioni altrettanto complesse implicanti gli oggetti.
SVILUPPO DELLE ABILITÀ SOCIALI TRIADICHE
Quando i bambini accedono allo stato di interazione traidico, iniziano ad alternare lo sguardo tra le
persone e gli oggetti. Il controllo delle espressioni facciali delle persone, dei loro occhi e delle cose
di cui si occupano è un meccanismo importante attraverso il quale i bambini acquisiscono abilità
cognitive e sociali complesse. Durante il periodo triadico., quindi, la natura della comunicazione tra
il bambino e il caregiver cambia in modo fondamentale rispetto al periodo diadico. In questo
capitolo Legerstee esaminerà lo sviluppo di due esempi di comportamento attenzionale congiunto
nei bambini di 5 e 7 mesi, e cioè, dell'attenzione coordinata durante situazioni di gioco naturali e del
controllo dello sguardo durante situazioni ambigue, definito detezione dello scopo.
ATTENZIONE COORDINATA
Il gesto di seguire lo sguardo si riscontra tra i 5 e 6 mesi. Seguendo gli sguardi altrui, i bambini
iniziano a guardare lo stesso oggetto o evento dell'altro. Dato che la produzione coerente di
comportamenti di tipo triadico non può essere dovuta al caso, l'analisi delle frequenza di tali
comportamenti non è rilevante dal punto di vista teorico. In altre parole, se i bambini a 6 mesi
coordinano l'attenzione mediamente due volte per episodio, questa è la prova che quei bambini cosi
piccoli sono in grado di condividere l'attenzione sugli oggetti.
DETENZIONE ALLO SCOPO
Contemporaneamente all'attenzione condivisa, i babini sviluppano altri atti comunicativi complessi
e intenzionali. Verso la fine del primo anno, essi iniziano a controllare le espressioni emotive delle
persone in modo attendibile per stabilire come comportarsi in situazioni ambigue o per stabilire
quale sia lo scopo delle azioni degli altri. Philips e collaboratori, per esempio, hanno confrontato il
comportamento dello sguardo di bambini di 9-18 mesi, nei confronti di un adulto che partecipava a
compiti ambigui (cioè, provocavano i bambini con un giocattolo o li bloccavano quando giocavano
con un giocattolo). Tutti i soggetti non autistici stabilivano un contatto visivo immediato con lo
sperimentatore in seguito alle azioni ambigue provocatorie. È da notare che Phillips e collaboratori
hanno puntualizzato di avere osservato il contatto visivo con lo sprimentatore anche durante atti
ambigui nei bambini di 6 mesi. Gli autori, tuttavia, non riportano i dettagli delle loro scoperte
relative ai bambini di questo range di età.
CAPITOLO 7→INFLUENZE SOCIALI SULLO SVILUPPO DEL SENSO DELLA
PERSONA
I teorici dell'interazione sociale attribuiscono molta importanza ai fattori sociali che influiscono silla
comprensione infantile delle persone.
INTERAZIONI SOCIALI E SINTONIZZAZIONE AFFETTIVA
Gli interazionisti sottolineano la rilevanza dell'atteggiamento di risposta sensibile da parte dei
caregiver nello sviluppo della teoria della mente. La qualità, cioè, delle relazioni madre-bambino è
importante per lo sviluppo sociale, emotivo e cognitivo dei piccoli. Le interazioni sociali ottimali tra
il bambino e il caretaker facilitano la competenza sociale infantile, o intersoggettività. Le
interazioni sociali ottimali sono caratterizzate da un atteggiamento di risposta dipendente da
modalità sequenziali (alternanza di turno) tra il bambino e il caregiver, durante il quale la diade può
raggiungere uno stato comunicativo sociale in cui viene mantenuto il livello ottimale di affetto
emotivo e di attenzione nel bambino. Livelli ottimali di affetto emotivo implicherebbero un livello
elevato di sorrisi, sguardi e gorgheggi verso il patner. Stern definisce tali interazioni affettive come
'rispecchiamento' o 'rispondenza empatica' del caregiver verso le espressioni di affetto dei bambini.
La competenza sociale o intersoggettività infantile è definita come una consapevolezza in via di
sviluppo degli affetti condivisibili ed è considerata la conseguenza delle interazioni affettive che i
bambini vivono con i loro caregiver.
PROSPETTIVE STORICHE SULL'INTERAZIONE MADRE-BAMBINO
Sulle relazioni precoci tra genitore e bambino è stato stimolato dalla letteratura psicoanalitica.
Secondo questa teoria, le interazioni precoci genitore-bambino costituiscono il fondamento per lo
sviluppo successivo della personalità e del carattere. Le prime ricerche mostrano che la privazione
di relazioni individuali continue con i caregiver comporta conseguenze devastanti e durature sullo
sviluppo cognitivo, emotivo e sociale del bambino, in particolar modo quando la privazione ha
luogo nei primi mesi di vita. Ciò ha condotto i ricercatori a ipotizzare l'esistenza di un periodo
sensibile per lo sviluppo delle capacità sociali. Gli studi sulle interazioni madre-bambino mostrano
che le madri e i bambini si impegnano nella nella comunicazione subito dopo la nascita. I bambini
contribuiscono agli scambi sociali interpersonali condividendo gli stati affettivi dei caretaker e
partecipando a dialoghi che comportano l'alternanza di turno reciproca. La qualità delle interazioni
materne esercita una forte influenza sullo stato affettivo del bambino. Inoltre, le strutture sociali
madre-bambino ottimali non facilitano solo lo sviluppo emotivo dei bambini, ma anche il loro
sviluppo sociale e cognitivo. Dei bambini piccoli si ha l'idea che siano creature intrinsicamente
sociali. A partire da un periodo precoce dello sviluppo essi differenziano le persone dagli oggettu e
trattano le due classi secondo modalità speciali. I bambini si impegnano in comunicazioni attive
simili al dialogo con le persone e adeguano i loro stati emotivi a quelli del loro ptarner. Quando
questa responsività sociale precoce è sostenuta da un atteggiamento di risposta appropriato e
sensibile da parte del caregiver, lo sviluppo socio-emotivo ma anche quello cognitivo del bambino
ne risultano incrementati.
SINTONIZZAZIONE AFFETTIVA/RISPECCHIAMENTO AFFETTIVO E CONCETTO DI

La sintonizzazione affettiva è fondamentale per il procedere dello sviluppo socio-cognitivo del
bambino. Essa è costituita dai comportamenti che esprimono la qualità dei sentimenti degli stati
affettivi condivisi senza l'imitazione dell'esatta espressione comportamentale dello stato mentale. Le
tendenze dei caretaker a rispondere in modo sensibile e ad attribuire significato ai comportamenti
affettivi molto precoci sono importanti non solo per lo sviluppo socio-emotivo dei bambini ma
anche per il loro concetto di sé. Attraverso il rispecchiamento affettivo, le madri sensibili
forgeranno e modificheranno gli stati emotivi dei loro bambini. In questo modo i piccoli iniziano a
differenziare i propri stati emotivi da quelli dei loro patner sociali, sviluppando gradualmente, in
questo modo, una comprensione delle emozioni degli altri cosi come di un concetto di sé. Da studi
recenti emerge che, rispetto ai bambini vittime di abusi, i bambini non abusati dimostrano di avere
una comprensione migliore dell'agentività personale e degli stati mentali degli altri.
SINTONIZZAZIONE DEGLI AFFETTI E SVILUPPO DELL'EFFICACIA E
DELL'INDIPENDENZA
L'idea che la sintonizzazione degli affetti sia importante per lo sviluppo sociale e cognitivo è
avvalorato dai lavori di ricerca che dimostrano come la mancanza di rispecchiamento affettivo porti
a una competenza sociale e cognitiva disfunzionale. Sembra che verso i 3 mesi i bambini siano
creature sociali che, oltre a discrimiare in maniera percettiva tra le interazioni contingenti e non
contingenti, hanno una qualche comprensione del messaggio sociale trasmesso dai genitori, dato
che le madri che manifestano affetto positivo nei confronti dei loro bambini hanno figli che
esibiscono a loro volta questo tipo di afetto. Anzichè essere il risultato della mimica o della
contingenza, tali scoperte dipendono da e costituiscono una prova dell'intersoggettività primaria,
della consapevolezza, cioè, che i sentimenti affettivi possono essere condivisi. Questa condivisione
degli affetti si fonda sul senso infantile innato della sintonizzazione emotiva ed è facilitata
dall'atteggiamento genitoriale sensibile. Se i caretaker sono sintonizzati con le emozioni dei
bambini, questi, allora, si identificano con loro e, attraverso tale concettualizzazione, si sviluppano
la rappresentazioni condivise. L'atteggiamento genitoriale sensibile riduce al minimo la
sovrapposizione di rappresentazioni condivise; ciò porta a una consapevolezza di un sé unico, e allo
sviluppo dell'indipendenza sociale e cognitiva.

CAPITOLO 8 → SINTONIZZAZIONE AFFETTIVA E COMUNICAZIONE PRE-


LINGUISTICA
L'AFFETTIVITÀ MATERNA PROMUOVERE LE CAPACITÀ SOCIO-COGNITIVE DEL
BAMBINO
Gli studi suggeriscono che i bambini piccoli sono, alla nascita, creature sociali con particolari
aspettative circa le loro interazioni con i caretaker. Se queste aspettative vengono violate, i bambini
si innervosiscono. Le madri che producevano livelli elevati di sintonizzazione affettiva avevano
figli che sorridevano, vocalizzavano e guardavano verso di loro più a lungo rispetto ai bambini di
madri meno sensibili. I bambini con sintonizzazione affettiva alta, non si turbavano quando
l'interazione con le madri era in qualche modo 'imprecisa'. Quando le madri riprendevano le
interazioni naturali, essi adattavano con entusiasmo i loro tentativi di comunicazione. Al contrario,
ai bambini di madri meno sensibili mancava tale efficacia o capacità di recupero. La mancanza di
responsività materna agitava cosi tanto questi piccoli che essi rimanevano turbati durante le
successive interazioni naturali. Queste scoperte suggeriscono che la sintonizzazione materna può
avere effetti duraturi sul comportamento dei bambini.
SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE PRE-LINGUISTICA
Subito dopo la nascita i bambini comunicano attraverso il contatto visivo, le emozioni, le
vocalizzazioni pre-linguistiche e i gesti, mentre adattano il ritmo delle loro interazioni a quello dei
loro caretaker. Con la maturazione, le abilità infantili di interazione diventano sempre più
sofisticate. I bambini esprimono le loro interazioni attraverso la coordinazione del contatto visivo
con i gesti e vocalizzazioni di vario tipo per chiedere agli altri di aiutarli a raggiungere gli oggetti o
per dirigere l'attenzione altrui verso eventi interessanti. A circa 6 mesi i bambini iniziano a
coordinare l'attenzione tra le persone e le cose. L'attenzione coordinata è uno dei meccanismi che
consentono la condivisione del significato prima dell'insorgere del linguaggio. Il linguaggio è
considerato come una capacità culturale e, come tale, è acquisito in modo analogo a queste
capacità , e cioè, nelle interazioni diadiche e triadiche con l'appoggio di genitori che svolgono
un'azione di sostegno nei confronti dei loro piccoli.
CONTINUITÀ NELLA MOTIVAZIONE INNATA A IMPEGNARSI
PSICOLOGICAMENTE CON GLI ALTRI
Scopo di questo studio era di verificare l'ipotesi secondo cui i caretaker sintonizzati promuovono lo
sviluppo di capacità pre-linguistiche. Gli studi precedentemente realizzati hanno mostrato che le
strategie interattive, come il mantenimento dell'attenzione e la sensibilità materna, aumentano la
comunicazione referenziale nei bambini che usano il linguaggio. Fogel sostiene che ciascuna
relazione con ciascun partecipante è differente a motivo del processo di interazione in cui i bambini
si impegnano. Le relazioni che i bambini creano con le madri sintonizzate dal punto di vista
affettivo portano a una co-regolazione continua e alla creatività. Queste relazioni sviluppano una
storia di strutture consensuali che vengono mantenute dalla co-regolazione continua, caratterizzata
dall'inventiva. Le madri che si sintonizzano con le emozioni e le azioni dei loro figli, creano, a 3
mesi, strutture consensuali stabili di azioni co-regolate che persistono nel tempo. Le madri
altamente sintonizzate continuano a svolgere un'azione di sostegno e, quando i bambini iniziano a
mostrare un interesse nel gioco con l'oggetto, esse guidano l'attenzione e la manipolazione
dell'oggetto da parte del piccolo durante le loro interazioni co-regolate altamente sintonizzate.
Durante le interazioni materne sintonizzate, i bambini sviluppano un senso di 'efficacia personale'
che rafforza le motivazioni a continuare a interagire con le persone e ad agire sull'ambiente per
acquisire informazioni. Queste scoperte mostrano che la sintonizzazione affettiva è un meccanismo
che promuove il controllo dello sguardo a 3 mesi e l'attenzione coordinata a 5,7 e 10 mesi.

CAPITOLO 9 → LA QUALITÀ DELL'INTERAZIONE SOCIALE INFLUISCE SUL


RAGIONAMENTO PRIMITIVO INFANTILE RELATIVO AL DESIDERIO
IMPORTANZA DELLE RELAZIONI INTERPERSONALI OTTIMALI
La qualità delle relazioni caretaker-bambino non è solo importante per la crescita sociale ed emotiva
dei bambini, ma anche per il loro sviluppo cognitivo. I bambini che si prendono parte in modo
coerente a interazioni interpersonali ottimali hanno una maggiore capacità rispetto agli altri bambini
di imparare circa il ricco mondo sociale e cognitivo in cui vivono. Verso la fine del primo anno, i
bambini che si sono impegnati in modo continuo in interazioni sociali ottimali con le loro madri
hanno legami di attaccamento più forti. Questi bambini sono più sicuri di se e ciò si manifesta sia
nei comportamenti che cercano prossimità, sia nell'inserimento sociale. Le madri altamente
responsive e che mantengono il fuoco dell'attenzione infantile hanno, quindi, bambini che vogliono
interagire con loro. Ne risulta che le abilità di interazione dei bambini diventano sempre più
sofisticate. È più probabile che tale progresso porti i piccoli nei primi 3 mesi di vita a impegnarsi in
ambiti più avanzati di funzionamento come, per esempio, l'apprendimento imitativo e la
comunicazione simbolica. Bambini di 12 mesi, posti di fronte ad altre persone che esibiscono un
atteggiamento emotivo positivo mentre fissano gli oggetti, non focalizzano semplicemente la loro
attenzione sui movimenti degli occhi e del volto degli altri, bensì deducono che queste emozioni
riguardano le cose, e che le azioni delle persone riguardano gli oggetti.
PRECURSORI DEL RAGIONAMENTO RELATIVO AL DESIDERIO
Durante le attività quotidiane, i bambini spendono molto tempo a osservare gli altri mentre agiscono
e reagiscono nei confronti del loro ambiente immediato. Pertanto, durante queste situazioni i piccoli
comprendono di essere l'oggetto dell'attenzione. Essi, maturando, notano sempre di pù che i
comportamenti della madre sono diretti verso gli altri, che gli altri sono l'oggetto della sua
attenzione e del suo atteggiamento emotivo. Al fine di predire in modo accurato a cosa o a chi la
madre si riferisce, i bambini dovrebbero non solo interpretare correttamente il significato delle sue
emozioni, ma anche la direzione della sua attenzione. Osservando la loro madre in queste
circostanze, i piccoli non solo giungono a comprendere la natura referenziale delle sue emozioni e
della sua attenzione, ma imparano anche a predire le sue azioni successive.
RICERCA SUL RAGIONAMENTO RELATIVO AL DESIDERIO
La ricerca attuale che si è dedicata all'indagine sulla consapevolezza delle credenze e dei desideri
nei bambini ha rilevato che già a 3-4 anni i piccoli comprendono che le persone hanno qualcosa in
mente. Sembra infatti che a circa 3 anni i bambini abbiano una comprensione ben sviluppata del
desiderio. Essi possono ragionare riguardo a ciò che le persone vogliono e usano termini come
'volere' e 'piacere' per esprimere tale comprensione. I bambini sono in grado si risolvere compiti che
implicano una consapevolezza di stati mentali semplici, come emozioni e desideri e che questi stati
possono condurre alle azioni. Per esempio, mentre guardano altre persone che dirigono la loro
attenzione e le loro emozioni verso gli oggetti nell'ambiente, i bambini con stati mentali primitivi
comprendono che tali indizzi possono segnalare l'intenzione altrui di agire sugli oggetti, ma non che
le persone possono avere rappresentazioni mentali riguardanti gli oggetti stessi.

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