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JEAN PIAGET: LA RAPPRESENTAZIONE DEL MONDO NEL FANCIULLO

*INTRODUZIONE: GIUDO PETTER


Da dove deriva l’importanza che fu subito riconosciuta a questo lavoro?
1)Per comprendere quale significato ha avuto questo libro è necessario tenere presente che
prima dello sviluppo della moderna psicologia infantile, era opinione diffusa che le innegabile
differenze esistenti fra la vita mentale del bambino e quella dell’adulto fossero sostanzialmente
solo delle differenze di ordine quantitativo. Le differenze erano quindi nel fatto che il bambino
conosceva meno cose dell’adulto, di conseguenza l’adulto si rapportava al fanciullo influenzato
da questo tipo di criterio; da una parte si evitava di parlare di certi argomenti, dall’altra si
trascurava di prendere nella giusta considerazione alcuni aspetti tipici della vita del bambino,
quali il gioco, la fabulazione, considerandoli come indice di debolezze. Queste difficoltà di
vedere le profonde differenze qualitative fra il nostro modo di pensare e quello del bambino è
presente ancora oggi, almeno nel senso comune, compiamo senza rendercene conto degli
errori sistematici di valutazione.
2)Piaget ha ripreso in questo libro alcuni dei temi toccati da Stanley Hall (fu il primo ad iniziare
la ricerca sull’esplorazione del mondo mentale infantile nel 1880 circa), sviluppando la ricerca
in modo molto diverso ed evitando il metodo utilizzato da Hall. Il metodo scelto da questo
autore non era tale da garantire l’attendibilità dei risultati raggiunti, tale metodo è stato detto
dei questionari, sottoposti ai collaboratori i quali davano le loro risposte fondandosi sui ricordi.
In anni successivi le ricerche della scuola psicoanalitica hanno messo in evidenza che molti
ricordi d’infanzia subiscono facilmente delle deformazioni, inoltre l’osservazione del
comportamento di un bambino richiede una preparazione specifica. Piaget ha studiato
direttamente le convinzioni presenti nei bambini, rinunciando quasi completamente
all’utilizzazione dei ricordi di adulti. Adotta il metodo designato come clinico, un colloquio
condotto secondo uno schema non rigido. Inoltre la ricerca non è esplorativa, ma condotta
sulla base di alcune ipotesi. Tali ipotesi riguardano le caratteristiche fondamentali del pensiero
del bambino, e sono quelle del realismo e dell’egocentrismo infantile.
Per realismo intende una tendenza molto viva nei bambini a dare cioè un maggiore peso agli
aspetti concreti visibili, di una certa realtà per rapporto ad altri aspetti che non hanno tale
carattere.
Per egocentrismo intende invece una tendenza, presente in misura particolarmente intensa
nei bambini molto piccoli, a non rendersi facilmente conto che il punto di vista dal quale essi
osservano la realtà, è in sostanza solo un punto di vista, accanto al quale possono esisterne
altri.
Vi è inoltre in questa opera, il tentativo di istituire un rapporto fra la psicologia infantile e altre
discipline in apparenza molte diverse, come l’antropologia o la storia della scienza. Per scoprire
quale grado di generalità poteva essere accordata alle differenze qualitative tra adulto e
bambino, la ricerca di Piaget si è estese anche ad altri piani che gli permisero di scoprire altre
profonde differenze qualitative.
3)Oltre a consensi, l’opera suscitò alcune critiche, tra queste che non poteva essere accordato
a certe affermazione quel grado di generalità che Piaget volesse dar loro.
Diversi risultati furono ottenuti da Zeininger, Huang e Isaac, secondo i quali:
-Le spiegazioni di tipo magico, animistico, finalistico e dinamico, che per Piaget
caratterizzavano le età inferiori ai 6-7 anni non si presentavano con quella frequenza che ci si
sarebbe potuti attendere.
-Numerose erano invece le spiegazioni di tipo fenomenistico e di tipo naturalistico.
La diversità dei risultati era dovuta:
-Al TIPO di eventi fisici sul quale il bambino deve esprimere le proprie convinzioni, che hanno
un’importanza notevole nel determinare la forma della spiegazione; così per Zeininger le
spiegazioni di tipo magico sono più numerose in relazione a fenomeni poco conosciuti.
-Al MODO in cui è presentato l’evento che il bambino deve spiegare (verbalmente o in forma
concreta).
-Al MODO in cui il bambino manifesta le proprie convinzioni (parole o comportamento).
È così impossibile fare delle generalizzazioni e ritenere cioè che un tipo di spiegazione che un
bambino dà di un certo evento fisico possa caratterizzare tutto il suo pensiero.
In particolare bisogna distinguere il piano del pensiero verbale (espressione mediante parole
intorno alle sue convinzioni di fronte a certe eventi di cui non può avere una esperienza
diretta) dal piano del pensiero concreto (il bambino si muove quando compie delle
manipolazioni su oggetti).
Piaget ha, nel periodo successivo, ha sviluppato la ricerca sul piano delle operazioni mentali
che il bambino compie in questo senso.
Queste ricerche hanno messo in luce un altro carattere fondamentale del modo di pensare del
bambino, che sta alla base delle differenze qualitative delle più importanti tra bambino ed
adulto: l’irreversibilità. L’adulto è in grado di rappresentarsi un evento tenendo nel
contempo, mentalmente presenti e coordinando fra loro le fasi che appartengono a diversi
momenti del tempo, anche quando esse sono sul piano fisico mutuamente esclusive.
4)Nei processi di pensiero studiati in questa opera, Piaget ha sviluppato sistematicamente le
sue ricerche verso il basso, e cioè nella direzione di quei piani di pensiero che sono
strutturalmente più semplici di quella del pensiero verbale (più semplici nel senso che uno
stesso problema, posto in termini concreti, viene risolto dal bambino con qualche anno di
anticipo rispetto al momento in cui è risolto se posto in termini esclusivamente verbali).
Successivamente Piaget analizzerà anche il pensiero verso l’alto, e cioè verso un tipo di
pensiero che presenta un grado di pensiero maggiore, e che si manifesta a un’età superiore a
quelle sino allora studiate: il pensiero ipotetico-deduttivo o formale.
5)Il presente libro è dunque , uno dei primi elementi di un’ampia e organica costruzione che si
è venuta sviluppando attraverso oltre quarant’anni di ininterrotta attività scientifica.

*IL REALISMO INFANTILE


*Premesse
La realtà esteriore è per il fanciullo altrettanto esteriore e obbiettiva quanto per noi? Anche nei
precedenti studi, si era arrivati alla conclusione che la logica si sviluppa in funzione della
socializzazione del pensiero. Finchè il fanciullo presuppone che tutti pensino come lui, non
cerca spontaneamente né di convincere, né di conformarsi alle verità comuni, né di dimostrare
e verificare le proprie affermazioni. Quindi se la logica non raggiunge il rigore e l’obbiettività
ciò è dovuto ad un egocentrismo che si oppone alla socializzazione.
Con oggettività per Piaget consiste nel conoscere cosi’ bene le molteplici intrusioni dell’Io nel
pensiero quotidiano e le mille illusioni che ne derivano (illusioni dei sensi, del linguaggio, dei
punti di vista) e prima di azzardare un giudizio, si comincia col liberarsi dagli ostacoli dell’Io.
Con realismo, invece consiste nell’ignorare la presenza dell’Io e quindi nel considerare la
propria prospettiva come immediatamente oggettiva e assoluta. Tanto più il pensiero non
prende coscienza dell’Io tanto più si espone a perpetue confusioni tra oggettivo e soggettivo.
Piaget studia il realismo in tre ambiti:
-Pensiero → quando si differenzia dall’atto del parlare?
-Nomi → quando si differenziano dalle cose cui si riferiscono?
-Sogni → quando si differenziano dalla realtà?
Conseguenze del realismo:
-Imperfetta coscienza di sé.
-Sentimenti di “partecipazione” e pratiche magiche.

*LA NOZIONE DEL PENSIERO


Al fanciullo viene chiesto:
-Sai cosa significa pensare?
-Con che cosa si pensa?
-Si può vedere / toccare il pensiero?
Le risposte permettono di suddividere i fanciulli in 3 stadi, dove il primo è facilmente
distinguibile dagli altri due perché caratterizzato da risposte spontanee. Il 2 e il 3 sono meno
distinguibili, ma è importante nel nostro studio, la distinzione tra il secondo e il primo, cioè
l’apporto dell’adulto alle credenze del fanciullo. Nella ricerca emerge un fanciullo che non sa
distinguere fra pensiero e corpo, si sentirà meno interiore a se stesso rispetto agli adulti e poco
indipendente dal mondo esteriore. Ciò che ci stacca delle cose è la coscienza che abbiamo di
pensare, che avverrà solo verso gli 11-12 anni.

I stadio – Si pensa con la bocca o le orecchie (intorno ai 6/7 anni)


I fanciulli dicono che si pensa con la testa, ma il pensiero non è ancora interiore: è ancora
legato alla bocca . C’è spontaneità della credenza del fanciullo, senza alcuna suggestione.
II stadio – Si pensa con la testa, il cervello, la memoria (attorno agli 8 anni)
Il pensiero sebbene situato nella testa, resta materiale, sembra essere imposto dall’ambiente,
il pensiero è un soffio, oppure cerca di comprendere le parole cervello, intelligenza e si
immagina , tubi, venti ecc..

III stadio – Il pensiero è immateriale (11-12 anni)


Non è facile distinguere il 2 dal 3 stadio, la tecnica dell’interrogatorio non è sufficiente per
determinare una differenza. Ma la stessa tecnica unita ad un interrogatorio sui nomi e sui sogni
può dare ragguagli.
Piaget propone di subordinare la diagnosi del terzo stadio all’uso simultaneo di 3 criteri. Perché
si possa ammettere che il fanciullo sa distinguere il pensiero dalle cose occorre:
1)che questo fanciullo sia capace di localizzare il pensiero nella testa e dichiararlo invisibile,
cioè immateriale e distinto dall’aria.
2)Che il fanciullo sia capace di far distinzione fra le parole e il nome delle cose.
3)Che il fanciullo sia capace di localizzare i sogni nella testa e di dire che non si vedrebbero se
gli si aprisse la testa.
L’uso simultaneo di questi 3 criteri è sufficiente per delineare il raggiungimento del 3 stadio.

*IL REALISMO NOMINALE


Il Realismo dei nomi comprende tutte le difficoltà che solleva lo studio del dualismo di
Interno/esterno nel fanciullo. I nomi sono nel soggetto o nell’oggetto? Sono segni o cose? Il
realismo dei nomi tocca il nocciolo del problema del pensiero, perché per i fanciulli pensare è
parlare. Per il fanciullo, pensare vuol dire maneggiare delle parole, tre confusioni sono implicite
in questa credenza, e tre dualismi nasceranno dalla loro eliminazione.
1)C’è confusione tra segno e cosa, il pensiero è considerato come legato all’oggetto.
2)C’è confusione tra interno e esterno, il pensiero è considerato come situato ora nell’aria ora
nella bocca.
3)C’è infine confusione fra materia e pensiero, il pensiero è concepito come un corpo
materiale, una voce, un soffio ecc..
Lo studio del realismo nominale conferma l’esistenza di questa confusione, e permette di
stabilire come il fanciullo giunga alla coscienza dei corrispondenti dualismi.
-(dopo chiesto il suo nome e quello di vari oggetti) Cos’è un nome?
-Come sono cominciati i nomi? - Come li abbiamo saputi?
-Dove sono i nomi? - Le cose sanno il loro nome?
-Hanno sempre avuto un nome o esistevano prima di averlo?
-Perché [xxx] si chiama così? - Si potrebbero scambiare i nomi?

I Stadio confusione nomi/cose (5-6 anni)


i nomi sono eterni e “nelle cose”; li conosciamo guardando le cose; anche le cose li sanno,
sono proprietà delle cose.

II Stadio i nomi sono stati inventati dai creatori di cose (7-8 anni)
Dio ce li ha messi in testa; sono dappertutto; solo i viventi li sanno; il fanciullo in generale
pensa che gli uomini che hanno dato i nomi sono quelli stessi che hanno costruito le cose.
L’evoluzione delle risposte alle domande sembra dunque indicare un graduale decrescere del
realismo nominale. Nel primo stadio, il nome è nella cosa. Nel secondo, il nome viene dagli
uomini, ma è stato fatto insieme con la cosa.

III Stadio i nomi sono inventati da uomini (non creatori) (9-10 anni)
sono tramandati; sono nella mente di chi li conosce; nessuna cosa, anche se vivente, sa il
proprio nome.

*I SOGNI
Il fanciullo è realista, perché ignora l’esistenza del soggetto e l’interiorità del pensiero, e quindi
è per lui particolarmente difficile spiegare il fenomeno più soggettivo che esista: il sogno.
La spiegazione del sogno presuppone da un lato il dualismo interno/esterno e il dualismo
pensiero/materia.
Le domande sono:
-Tu, di notte, sogni? Sai cos’è un sogno?
-Da dove vengono i sogni?
-Mentre sogni, dov’è il tuo sogno? Per davvero?
-Con che cosa si sogna?
-Perché si sogna?

I Stadio : il sogno viene dal di fuori e rimane esterno (5-6 anni)


Si sogna con occhi od orecchie; ha tipicamente uno scopo punitivo. Il bambino confonde il
sogno con la realtà, il sogno continua ad essere considerato vero, oggettivo, e soprattutto, il
ricordo del sogno si confonde coi ricordi della veglia.

II Stadio : il sogno viene da noi, ma è esterno a noi (7-9 anni)


Questo stadio, è più interessante del primo, perché mostra il realismo infantile nella sua forma
più tenace e più evoluta. Scoprono o apprendono che il sogno viene da noi, dal pensiero dalla
testa, ma l’immagine la collocano, come nel primo stadio, nella camera e al nostro fianco, non
hanno un senso di immaterialità.

III Stadio: il sogno è interno e di origine interna (10-11 anni)


Si ricorderà come i fanciulli credono, prima di pensare con la bocca e identificano il pensiero
con parole e nomi legati alle cose stesse, poi quando scoprono che il pensiero è interno, ne
fanno una voce situata in fondo alla bocca, nella testa. Esattamente lo stesso avviene per la
rappresentazione dei sogni: il sogno è inizialmente un quadro esterno, prodotto prima dalle
cose, poi dalla testa; successivamente quando i fanciulli cominciano a scoprire l’interiorità del
sogno, se lo rappresentano come un’immagine, una storia, incisa nell’occhio o dietro l’occhio.
Nel caso dei sogni, come in quello della parola, il pensiero è confuso ancora con la materia,
solo verso i 10-11 anni, come nello stadio del pensiero, non cercano più di materializzare il
pensiero, né le immagini interne.

In generale:
I Stadio coincide con il Preoperatorio
II Stadio Operatorio Concreto
III Stadio Operatorio Formale.

*IL REALISMO E LE ORIGINI DELLA PARTECIPAZIONE


I risultati fin qui ottenuti negli interrogatori, portano a concludere che le spiegazioni date dai
fanciulli in risposte alle domande, non sono “idee”, ma semplici indizi che il bambino non ha
cercato la soluzione là dove noi adulti l’avremmo cercata. La conclusione è che il fanciullo è
realista, perché presuppone che il pensiero sia legato al suo oggetto. I nomi siano legati alle
cose nominate e i sogni siano esterni, il suo realismo consiste in una spontanea tendenza
immediata a confondere segno e cosa significata, interno ed esterno, psichico e fisico. Le
conseguenze sono duplici. Da una parte, il limite fra io e mondo esterno è nel fanciullo molto
più vago che in noi, dall’altra, il realismo si prolunga in “partecipazioni “ e in atteggiamenti
magici spontanei.
*Il realismo e la conoscenza di sé
Il fanciullo non è meno cosciente di quanto lo siamo noi del contenuto del suo pensiero, ha
avvertito l’esistenza del suo pensiero, dei nomi, dei sogni. Un fanciullo ha detto che si sogna
ciò che desta interesse, un altro che quando si pensa alle cose è perché si vorrebbe averle, un
terzo che ha sognato sua zia perché gli piacere rivederla. Il fanciullo ha coscienza degli stessi
contenuti di pensiero che abbiamo noi,li localizza pero’ in tutt’altro modo, e precisamente:
situa nell’universo o negli altri ciò che noi situiamo in noi stessi, e situa in se stesso ciò che noi
situiamo in altri. E’ poco cosciente del proprio io, in quanto scambia sistematicamente per
qualcosa di obbiettivo ogni suo pensiero e per qualcosa di comune a tutti ogni suo sentimento.
Il contenuto della coscienza infantile è in origine proiettato nel reale → il che equivale a
un’assenza della coscienza di sé.
*I sentimenti di partecipazione e le pratiche magiche nel fanciullo
Per partecipazione si intende il rapporto che il pensiero primitivo crede di percepire fra due
esseri o due fenomeni considerati sia come parzialmente identici, sia come aventi una diretta
influenza l’uno sull’altro, pur non esistendo fra loro né contatto spaziale né legame causale
intelligibile (Lèvy-Bruhl).
Per magia l’uso che l’individuo crede di poter fare dei rapporti di partecipazione in vista di
modificare la realtà. Ogni magia presuppone una partecipazione, ma non è vero il reciproco.
E’ importante distinguere la partecipazione e la magia dall’animismo infantile, cioè dalla
tendenza che ha il fanciullo a prestare vita e coscienza a gli essere inanimati. I gruppi dei
fenomeni si toccano, cosi’ i fanciulli quando credono che il sole li segua, in questo caso fanno
dell’animismo, quando credono di far camminare il sole, ci troviamo di far fronte a un
fenomeno di partecipazione e di magia. E’ quando i sentimenti di partecipazioni si
attualizzano sotto l’influenza della differenziazione dell’io e del mondo esteriore, che l’Io si
attribuisce poteri magici e, di conseguenza, gli esseri vengono dotati di coscienza e di vita.
Possiamo classificare le partecipazioni e le pratiche magiche dal punto di vista della
struttura delle relazioni in quattro categorie:
1)Magia per partecipazione dei gesti e delle cose
Il fanciullo compie un gesto o esegue mentalmente un’operazione (contare ecc) e crede che
questi gesti o queste operazioni esercitino per partecipazione un’influenza, su questo o
quell’avvenimento desiderato o temuto.
2)Magia per partecipazione del pensiero e delle cose
Il fanciullo ha l’impressione che un pensiero, o una parola, o uno sguardo ecc..modificherà la
realtà. Oppure materializzerà una qualità psicologica, ad esempio la pigrizia, una forza capace
di agire di sé.
3)Magia per partecipazione di sostanze
Due o più corpi sono considerati come agenti gli uni sugli altri, capaci di attirarsi e
respingersi ecc, per semplice partecipazione (es. sassi-fiori).
4)Magia per partecipazione di intenzioni
I corpi sono considerati come viventi e dotati di intenzione. E’ una forma di animismo. La
partecipazione in questo caso consiste nel credere che la volontà di un corpo agisca su quello
degli altri, e la magia consiste nell’utilizzare questa partecipazione. La forma più comune è la
magia per comando: ordinare alle nubi, al sole ecc di seguirci o di andarsene. In questi due
ultimi casi, si osserva a volte una tendenza al simbolismo.
*Le origini della partecipazione e della magia infantile
La partecipazione e la magia sembrano avere nel fanciullo una duplice origine. Esse si
spiegano, da una parte, grazie a un fenomeno di origine individuale, che è il realismo, cioè la
confusione fra pensiero e cose o fra io e mondo esterno, e dall’altra grazie a un fenomeno di
ordine sociale, che è la trasposizione sul mondo fisico delle attitudini che provocano nel
fanciullo i rapporti con le persone che lo circondano. Che cosa ci impedisce di credere nella
realizzazione automatica dei nostri desideri? Il fatto che li sappiamo soggettivi, il fatto che li
distinguiamo dagli altri e dalle realtà che il mondo ci costringe a riconoscere. Se il bimbo
narcisista crede nell’onnipotenza del suo pensiero, ciò accade evidentemente perché egli non
distingue il suo pensiero da quello degli altri, né il suo io dal mondo esterno. Egli non ha
dunque coscienza del proprio io. C’è un secondo fattore essenziale che spiega la partecipazione
e la magia. E l’azione dell’ambiente sociale, dei genitori. I suoi desideri e i suoi bisogni più
fondamentali si affidano necessariamente a una risposta della madre o dell’ambiente
immediato. I sentimenti di partecipazione si trovano evidentemente rafforzati da questa
risposta incessante dell’ambiente, e a poco a poco danno al bimbo l’abitudine del comando, da
qui le abitudine magiche del comando alle cose. Nel suo modo di ragionare, il fanciullo non
pensa che a se stesso, ignorando più o meno i punti di vista degli altri, ma anche nella logica il
fanciullo riconduce tutto al proprio punto di vista, perché crede che tutto il mondo pensa come
lui. Abbiamo dunque due egocentrismi: logico e ontologico.
Egocentrismo ontologico ci dà la chiave della realtà e della causalità nel fanciullo, la
precausalità e il finalismo nascono infatti direttamente da questo egocentrismo, poiché
consistono nel confondere i rapporti causali e fisici con i rapporti di origine psicologica, come se
l’universo avesse per per centro l’uomo. L’animismo e l’artificialismo sono le giustificazioni di
questi rapporti primitivi.
Egocentrismo logico ci dà la chiave del giudizio e del ragionamento (pensiero preoperatorio).

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