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Il tema del pianto come emozione liberatoria stato trattato da Alexander Lowen, allievo
diretto di Reich, il quale formul i principi di un efficace approccio terapeutico da lui stesso
denominato Analisi Bioenergetica, in cui presente la consapevolezza dellinutilit di un
lavoro sul sintomo non supportato da una piena comprensione ed elaborazione della
struttura del carattere.
IL PIANTO: Lo scioglimento della tensione mediante la liberatoria resa al corpo
di Francesca Pruneri
Il tema del pianto come emozione liberatoria stato trattato da Alexander Lowen, allievo
diretto di Reich, il quale formul i principi di un efficace approccio terapeutico da lui stesso
denominato Analisi Bioenergetica, in cui presente la consapevolezza dellinutilit di un
lavoro sul sintomo non supportato da una piena comprensione ed elaborazione della
struttura del carattere. Il fondamento di questo tipo di terapia lidentit funzionale e l
antitesi tra psiche e soma, tra processi psicologici e fisici. Questa convinzione deriva dal
fatto che la persona un essere unitario, quindi ci che avviene nella mente deve avvenire
anche nel corpo.
Questa visione resa esplicita in alcuni principi reichiani su cui si basa la pratica
terapeutica di Lowen (vegetoterapia a carattere analitico), come lidentit funzionale fra
tensione muscolare e blocco emozionale, e la correlazione tra reazione emotiva inibita e
insufficienza respiratoria. Infatti egli sottolinea come uninsufficiente fluidit ed ampiezza
respiratoria si rifletta in un disturbo del flusso delle sensazioni attraverso il corpo e quindi
in un indebolimento della risposta emozionale agli eventi della vita. Ad una respirazione
frammentaria far riscontro una risposta emozionale conflittuale e ambivalente.
Fondamentale in questo tipo di approccio, lidea della resa al corpo. Essa impopolare
per lindividuo moderno, il cui orientamento si basa sullidea che la vita sia una lotta e l
identit personale spesso pi legata allattivit del soggetto che al suo essere. In
questo contesto la parola "resa" equiparata a sconfitta, ma in realt solo la sconfitta
dellIo narcisistico per il quale limmagine pi importante della realt. Senza la resa dell
Io narcisistico non possibile abbandonarsi alla gioia, obiettivo di questo tipo di terapia.
In questo modo lIo riconosce il proprio ruolo subordinato al s, la propria funzione di
organo di coscienza e non di padrone del corpo.
Le tensioni muscolari croniche che soffocano e imprigionano lo spirito si sviluppano nell
infanzia per la necessit di controllare lespressione di emozioni intense, come paura,
tristezza, rabbia. Questi controlli non sono per sempre efficaci e a volte i sentimenti
vengono espressi a dispetto di ogni tentativo di controllo dellindividuo. Finch non
risolto il conflitto tra il bisogno di esprimere i sentimenti e la paura dellespressione, la
persona non libera di essere se stessa. Sono i sentimenti a fare paura, considerati come
minacciosi e pericolosi, ma se nellinfanzia ci era connesso alle conseguenze che
sarebbero seguite allespressione, nelladulto si tratta di una paura irrazionale. Il
sentimento verso cui si tende ad essere pi timorosi la tristezza, in quanto pu essere
molto profonda.
Un significativo cambiamento pu quindi avvenire solo arrendendosi al corpo e rivivendo
emotivamente il passato. Il primo passo di tale processo il pianto.
Piangere significa accettare la realt del presente e del passato. Quando ci abbandoniamo
al pianto percepiamo la nostra tristezza e ci rendiamo conto di quanto siamo stati feriti o
danneggiati. Non basta per un solo pianto a trasformarci, infatti lo scopo della terapia non
indurre il paziente a piangere, ma aiutarlo a recuperare la capacit di farlo liberamente e
con facilit. Piangere non cambier il mondo esterno, ma trasformer il mondo interiore
liberando la tensione e il dolore.
Si potrebbe dire che "piangere protegge il cuore", in quanto la vita un processo fluido che
si blocca completamente nella morte e parzialmente negli stati di rigidit dovuti alla
tensione. Piangere significa scongelare questo stato di disagio. Molto spesso al contrario, a
causa della paura ad abbandonarci al s, eliminiamo il nostro sentire con la tensione del
corpo e la riduzione della respirazione; ma facendo questo eliminiamo anche la possibilit
della gioia. Per superare questo blocco necessario capire che la disperazione appartiene
al pianto percepiamo la nostra tristezza e ci rendiamo conto di quanto siamo stati feriti o
danneggiati. Non basta per un solo pianto a trasformarci, infatti lo scopo della terapia non
indurre il paziente a piangere, ma aiutarlo a recuperare la capacit di farlo liberamente e
con facilit. Piangere non cambier il mondo esterno, ma trasformer il mondo interiore
liberando la tensione e il dolore.
Si potrebbe dire che "piangere protegge il cuore", in quanto la vita un processo fluido che
si blocca completamente nella morte e parzialmente negli stati di rigidit dovuti alla
tensione. Piangere significa scongelare questo stato di disagio. Molto spesso al contrario, a
causa della paura ad abbandonarci al s, eliminiamo il nostro sentire con la tensione del
corpo e la riduzione della respirazione; ma facendo questo eliminiamo anche la possibilit
della gioia. Per superare questo blocco necessario capire che la disperazione appartiene
al passato e non al presente, cos come la paura non ha origine da una minaccia presente
ma da un pericolo passato. Quindi lunico modo per liberarci dalle esperienze remote
quello di sciogliere la tensione attraverso il pianto.
Per arrivare a questo risultato, Lowen inizialmente invita il paziente ad approfondire il
respiro chiedendogli di emettere un suono a voce alta ad ogni espirazione tenendolo il pi a
lungo possibile. Dapprima frequente che il suono sia debole o che vi siano resistenze all
espressione fonetica, man mano che si prosegue il controllo cosciente comincer a cedere,
limpegno a prolungare il suono causer unespirazione forzata e di conseguenza un
respiro sempre pi profondo contattando la sede dei sentimenti pi nascosti; a questo
punto spesso il suono si trasformer in pianto.
La produzione di lacrime un meccanismo che scarica la tensione dagli occhi e in parte
anche dal corpo, dato che il sentimento della tristezza lo ammorbidisce. Infatti se gli occhi
sono ghiacciati dalla paura o contratti per il dolore, il fluire delle lacrime un processo di
scioglimento e addolcimento, simile allo sciogliersi dei ghiacci in primavera.
La capacit di versare lacrime alla base della capacit di provare compassione vedendo il
disagio in unaltra creatura, mentre con i singhiozzi esprimiamo una sofferenza
profondamente nostra. Inoltre se il dolore intenso e apparentemente insanabile, il pianto
pu prendere la forma del gemito, un suono pi continuo e acuto che esprime un dolore
molto profondo, percepito nel cuore.
Infine appartiene alla categoria del pianto anche il lamento, un suono basso con un
elemento di rassegnazione per un dolore che dura a lungo.
Da ci si capisce che la voce il canale di espressione di moltissimi sentimenti, e quindi,
dellespressione di s. Ogni limitazione alla voce costituisce una limitazione all
autoespressione e rappresenta una diminuzione del senso di s. Dato che tutti i pazienti
che soffrono di qualche carenza di autostima si sentono quasi come se non avessero il
diritto di parlare forte, importante lavorare con la voce in una terapia che cerchi di
rafforzare il s. Infatti chi sia stato inibito ad esprimersi emozionalmente attraverso il
suono, ad esempio piangendo, urlando o parlando ad alta voce, dovr tornare in possesso di
queste sue capacit represse per poter essere pienamente se stesso. Solo liberando lurlo,
il pianto o la sonorit inibiti, infatti, il paziente potr tornare in contatto con gli aspetti
rimossi della propria personalit che teneva imprigionati in una respirazione insufficiente.
Latto di urlare, per sua stessa natura, contiene sempre un elemento isterico, in quanto
unespressione incontrollata. Esso una reazione catartica in quanto serve a scaricare la
tensione quando il dolore o lo stress di una situazione diventano intollerabili. Anche il
piangere o il singhiozzare hanno la stessa funzione, ma generalmente si piange quando l
offesa cessata. Lurlo infatti unespressione aggressiva per limitare lattacco del
trauma, mentre il pianto il tentativo del corpo di sciogliere la sofferenza che fa seguito a
unoffesa.
A volte la reazione sfugge al controllo dellindividuo, che si trova a urlare o piangere
istericamente finch la furia si sar esaurita. Nella nostra cultura esiste un tab contro il
comportamento incontrollato in quanto ne abbiamo paura, ma la capacit di rinunciare al
controllo in momenti e luoghi appropriati, indice di maturit e padronanza di s, implica
anche lessere in grado di mantenere o ristabilire quel controllo quando opportuno o
necessario; perci quando si impara a lasciarsi andare ai sentimenti forti tramite la voce e
il movimento, si perde la paura di abbandonarsi al s.
Una delle cause della difficolt di alcuni pazienti di parlare ad alta voce o urlare pu essere
ricercata nella loro esperienza infantile. Questi bambini imparano a essere silenziosi e
sottomessi come tecnica di sopravvivenza. Tale tecnica generalmente persiste nella vita
adulta e non pu essere abbandonata fino a quando la persona non ha lesperienza che
urlare non implica una punizione. Daltra parte ci sono individui per i quali gridare quasi
uno stile di vita. Entrambi questi comportamenti derivano dal fatto che il bambino vive in
una costante sensazione di minaccia e terrore che gli impedisce di identificarsi con i
genitori e adottare il loro modello di comportamento, ma al contrario lo porta a ritirarsi in
se stesso.
Ci sono pazienti in cui la sofferenza talmente profonda da essersi riflessa nel loro corpo.
---------------------------------------------------------------------Personalmente pensando al pianto la prima immagine che appare nella mia mente quella
del bambino al momento del parto. Ci potrebbe indurre a pensare che sia la cosa pi facile
e naturale al mondo, visto che gi i neonati sembrano portare in s la capacit innata di
piangere.
Questo il motivo che mi ha incuriosito e mi ha spinto ad approfondire tale argomento, il
fatto che unazione cos comune possa nascondere significati e tematiche tanto profonde.
Non avevo mai pensato che ci potessero essere gradi di intensit e modi diversi di piangere
e venendone a conoscenza ho scoperto una serie di riflessioni e problemi affascinanti e
stimolanti. Ci pu essere dovuto al fatto che il pianto un tema che riguarda ognuno di
noi, ed interessante analizzare le relazioni di questa azione sulla nostra personalit.
Infatti ho sempre pensato che una persona potesse essere pi o meno incline al pianto per
delle sfumature superficiali del carattere, ma non avevo mai riflettuto sul fatto che
piangere un bisogno sentito da ognuno di noi, che in qualcuno per non riesce a
emergere. In altre parole pensavo che un individuo particolarmente restio al pianto
semplicemente non sentisse lesigenza di piangere trovando altre valvole di sfogo, senza
riflettere sul fatto che forse ci potesse dipendere da una concreta incapacit di versare
lacrime.
Riguardo a questo punto, vorrei portare la mia esperienza personale. Ho infatti riflettuto sul
fatto che fino a qualche tempo fa non fossi molto propensa al pianto, considerandolo forse
un segno di debolezza se fatto davanti ad altre persone, una dichiarazione di sconfitta. La
cosa che per mi ha colpito maggiormente il fatto che ci non era dovuto al desiderio di
fare bella figura con le persone care mostrandomi pi forte di quanto lo fossi davvero,
perch anche quando ero sola non sentivo il bisogno di piangere. O meglio, probabilmente
sentivo lesigenza di sfogare fisicamente la tristezza che provavo, ma non lo facevo in
questo modo. Forse ci era dovuto al fatto che io fossi sempre stata agli occhi di tutti una
persona allegra, positiva e senza sofferenze e di conseguenza, essendo molto insicura, mi
sentivo in dovere di mantenere questa parte per essere accettata. Affermo ci perch ho
notato che avendo da qualche tempo iniziato ad avere pi fiducia in me stessa e ad essere
molto pi sicura di valere non solo per i miei pregi ma anche per i miei difetti, ho
cominciato, senza rendermene conto, a piangere molto pi spesso.
Credo che lunica mia paura inconsapevole verso il pianto fosse quindi quella di lasciarmi
andare alla tristezza e perdere la mia natura ottimista, come se impedire il fluire delle
lacrime potesse essere un modo per mettere una barriera tra me e la sofferenza che
cercavo di ignorare; barriera che sarebbe crollata nel momento stesso in cui avessi dato via
libera al pianto.
Mi sento di dire queste cose proprio perch ora piango abbastanza spesso, ogni volta che mi
succede qualcosa che reputo causa per me di sofferenza, quindi come traggo beneficio ora
dal pianto, ne avrei probabilmente avuto bisogno anche prima, anche se non ne ero
consapevole.
Ci non toglie che nella mia visione del fenomeno, il piangere davanti ad ogni minima
difficolt sia da me considerato negativamente come indice di immaturit e di scarsa
capacit di affrontare i problemi, anche se forse dicendo questo confondo il pianto di cui
parla Lowen, profondo, liberatorio e funzionale allindividuo, con il piagnucolare, tipico a
mio avviso,
di chi vuole che le cose avvengano sempre secondo la propria volont e si sente ferito da
ogni pi piccolo cambiamento non previsto di fronte a cui si sente impreparato.
Con questo non ho ancora capito cosa spinge una persona a piangere anche solo davanti ad
una scena commovente durante un film. Personalmente non mi mai capitato a quanto
ricordo, e mi sono spesso chiesta se questo fosse indice di una mia poca sensibilit o di
egoismo.
Ho sempre pensato che questa mia scarsa partecipazione emotiva alla visione di un film
fosse dovuta al fatto di saper distinguere tra finzione e realt, senza farmi coinvolgere
troppo da storie di fantasia, ma studiando gli scritti di Lowen ho scoperto che egli
identificava lazione peculiarmente umana di versare lacrime con la capacit di provare
compassione, dovuta al fatto di vedere il disagio, la tristezza o il dolore nel prossimo,
sentimento che si pu manifestare appunto in tali circostanze. Ho notato che la maggior
parte delle persone, alla richiesta di descrivere il proprio carattere, non mancheranno di
dire con sicurezza di essere molto sensibili. Forse si afferma ci perch non esserlo
potrebbe essere considerato disdicevole allinterno della nostra societ, ma credo che
buona parte di essi sia profondamente convinto di esserlo. Visto che non credo che tra noi
ci siano solo persone molto compassionevoli, riflettendo sulla mia insensibilit verso i film
mi venuto il dubbio di appartenere a questa categoria di persone che danno per scontata
la loro umanit, e ci sarebbe particolarmente significativo per me, vista la professione che
ho deciso di intraprendere.