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LA COMUNICAZIONE EFFICACE SECONDO THOMAS GORDON

Rettangolo del comportamento

Per ogni persona con cui siamo in rapporto ci formiamo una finestra percettiva
attraverso cui osserviamo i suoi comportamenti. Ne abbiamo una diversa per ogni
persona con cui ci rapportiamo. Questa finestra percettiva è denominata:
rettangolo del comportamento.

Per comportamento si intende qualcosa che possiamo udire o vedere


concretamente, non il nostro giudizio su quella persona. Un modo molto utile per
identificare il comportamento è chiedersi: "Potrei fotografarlo o inciderlo su
nastro? Potrei ascoltarlo alla radio o vederlo alla TV ?

Dunque, una prima abilità da sviluppare è quella di imparare a discriminare i


comportamenti dai giudizi.

Tutte le persone si trovano a vivere di volta in volta due sentimenti diversi nelle
relazioni interpersonali: accettazione e non accettazione. Ci saranno
comportamenti di un figlio, di un alunno, del partner, di un insegnante ecc. che
saranno accettabili ed altri che saranno non accettabili.

TUTTI I Comportamenti accettabili

COMPORTAMENTI Comportamenti
inaccettabili

La linea non è statica; si muove su e giù, spesso molto rapidamente nel corso di
una giornata e varia da persona a persona. Nessuno può accettare tutto
incondizionatamente. Due persone possono vedere lo stesso comportamento in
modo diverso.

I tre fattori che influenzano il livello di accettazione sono:

• Fattori interni alla persona: la personalità specifica, stato d’animo, condizioni


di salute, impegni di lavoro, ecc. Ci possono esserci variazioni ad esempio
nel mio stato d’animo, indipendenti dal comportamento dell’altro, che
possono influire sulla mia accettazione o non accettazione di tale
comportamento.

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Ad esempio, se vinco alla lotteria, ottengo una promozione o semplicemente
passo una splendida giornata, posso sentire di accettare quasi tutto quello che
mio figlio fa o dice.

• l'ambiente: il luogo in cui si svolge il comportamento può determinare i miei


sentimenti di accettazione o non accettazione. Per esempio, mentre mi va
benissimo che i bambini giochino a pallone in cortile, probabilmente non mi
andrà bene che lo facciano in salotto.

• l’altro: i miei sentimenti di accettazione variano ad esempio da un figlio


all'altro, a seconda dell'età, personalità, sesso, ecc. , di quest’ ultimo.

L’Area di accettazione può essere ulteriormente suddivisa per rappresentare due


tipi diversi di comportamento. In primo luogo, l’altra persona (che può essere un
figlio, il partner, ecc.) può assumere un comportamento che non vi da problemi,
cioè non ci sono problemi di relazione (area non problematica).
In questa stessa area si possono collocare quei comportamenti che non sono
problematici per voi, ma segnalano la presenza di un problema nell’altro. È lui/lei
che ha un problema, che vive un’esperienza. Il problema è suo, non vostro. Allora,
forse vorrete aiutarlo a risolvere il suo problema.

Comportamenti L’altra persona è in difficoltà, ha un problema


accettabili

Comportamenti Area non problematica:


accettabili
è la situazione ideale per
l’insegnamento/apprendimento

Comportamenti Voi siete in difficoltà, avete un problema


inaccettabili

Lo scopo dei training Gordon è quello di acquisire le competenze necessarie per


ridurre il più possibile le due aree problematiche nella relazione interpersonale. Di
conseguenza, l’area non problematica diventa più grande. L’area non

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problematica rappresenta tutte le volte in cui potete stare con l’altro insieme in
modo piacevole e vantaggioso per entrambi.

Le abilità d’aiuto

Una abilità fondamentale da sviluppare è quella di imparare a individuare di chi è


il problema.

Bisogna ricordare che un comportamento è accettabile se potete dire: "Mi piace,


lo accetto, sono a mio agio, non mi sento minacciato, irritato, arrabbiato, deluso;
posso accettare che l’altro sia com’è; mi sento neutrale; i miei bisogni sono
soddisfatti".

Un comportamento è inaccettabile quando potreste dire: "Non mi piace, non lo


accetto; mi sento minacciato (o irritato, arrabbiato, spaventato, deluso); voglio
che i miei bisogni vengano soddisfatti.

Alcune abilità che si insegnano nel corso Gordon Persone efficaci quando in una
relazione il problema è dell’altro sono:

l. Imparare a capire quando l’altro si trova in difficoltà: riconoscere segni e sintomi.

2. Imparare a svolgere un’efficace funzione d'aiuto rispetto all’altro in difficoltà.

3. Imparare a distinguere i fattori che aiutano da quelli che non aiutano l’altro in
difficoltà.

4. Imparare ad evitare le 12 tipologie di risposte non facilitanti quando si andrà i in


aiuto all’altro.

5. Esercitare delle abilità di ascolto necessarie all’elaborazione del problema


dell’altro.

6. Imparare come aiutare l’altro a risolvere autonomamente i propri problemi

Abilità comunicative relative all’area problematica dell’altro

Le barriere della comunicazione


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Quando qualcuno ha un problema, di frequente persone esterne si intromettono
cercando di aiutarlo con dei buoni consigli o con dei suggerimenti tratti dalla loro
stessa esperienza. Nonostante le buone intenzioni, spesso questi tentativi creano
più problemi di quanti ne risolvano e finiscono per bloccare la comunicazione
spontanea. Questi tentativi vengono definiti metodi tradizionali di aiuto o barriere
della comunicazione:

1. dare ordini, comandare, dirigere;

2. minacciare, ammonire, mettere in guardia;

3. moralizzare, far prediche;

4. offrire soluzioni, consigli, avvertimenti;

5. argomentare, persuadere con la logica;

6. giudicare, criticare, biasimare;

7. fare apprezzamenti, manifestare compiacimento;

8. ridicolizzare, etichettare, usare frasi fatte;

9. interpretare, analizzare, diagnosticare;

10. rassicurare, consolare;

11. indagare, investigare;

12. cambiare argomento, minimizzare, ironizzare

L’ascolto attivo e passivo

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Per non incorrere nel pericolo di reagire verbalmente usando delle barriere che
comunicano la non accettazione del problema, Gordon consiglia la tecnica
dell’ascolto attivo.

Carl Rogers è giunto ad individuare le caratteristiche o condizioni che devono


essere presenti affinché una persona in difficoltà si senta aiutata. Quest’ultima
deve sentire che chi si offre di aiutarla è una persona:

1. Accettante: mi lascia essere quello che sono, con il mio modo di pensare,
sentire, parlare e agire. Non mi chiede di essere diverso o di cambiare i miei
sentimenti.

2. Empatica: mi comprende davvero, intuisce i miei veri sentimenti, mi fa capire


che mi sta ascoltando con attenzione. Sa mettersi nei miei panni e mi comunica la
sua percezione di quell’esperienza.

3. Autentica: antepone la sincerità, l'onestà e la genuinità all’assunzione di un


ruolo (congruenza).

Negli ultimi vent'anni i ricercatori nel campo delle professioni d’aiuto si sono chiesti
come comunicare efficacemente con chi vive in uno stato di disagio, di
angoscia, di frustrazione.
Oggi si conosce maggiormente quali sono le competenze necessarie per aiutare
veramente una persona in difficoltà.

Ascolto passivo

• intenzione

• attenzione

• silenzio

• cenni di conferma

Ascolto attivo
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Il silenzio, i cenni di attenzione, le espressioni facilitanti hanno dei limiti; limitano
notevolmente l’interazione; chi parla, infatti, fa tutto da sé. Inoltre, chi parla non
riesce a capire se l’altro lo comprende; sa soltanto che lo sta ascoltando. Tali
atteggiamenti di solito non riescono ad andare a fondo del problema e a
delinearne le cause. Inoltre, l’altro non può sapere se chi ascolta sta accettando
lui e il suo messaggio. Sa soltanto che lo ascolta.

In breve, questi tre sistemi di ascolto sono relativamente passivi e non provano che
chi sta ascoltando abbia effettivamente capito.
Ciò che viene definito come ascolto attivo richiede molta più interazione e molte
più prove che chi sta ascoltando non abbia soltanto sentito ma abbia davvero
capito.
L’ascolto attivo, in quanto opposto all’ascolto passivo (silenzio), comporta
l’interazione con l’utente, e fa anche in modo che l’utente abbia delle prove
(feedback) che l’operatore lo capisca.

Il rimando empatico è la forma di comunicazione che da:

• chiara percezione di essere stati capiti sia nei sentimenti che nelle idee;

• chiara percezione di essere stati accettati sia nei sentimenti che nelle idee;

• chiara percezione di essere stati rispettati sia nei sentimenti che nelle idee;

• aiuta ad approfondire la comunicazione;

• abbassa le tensioni emotive, il senso di minaccia e libera dall’ansia;

• aiuta ad accettare come naturali ed umani i propri sentimenti e ad


imparare che il sentimento è un amico;

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• Facilita l’insight (chiara percezione) del reale problema e di conseguenza
inizia la risoluzione dello stesso; tuttavia lascia alla persona la responsabilità
di trovare una soluzione.

Sul piano relazionale:

• consolida il rapporto tra i membri nell’interazione, incrementando il mutuo


rispetto e la reciproca attenzione all’altro;

• consolida l’alleanza terapeutica.

L’ascolto attivo è un processo di comunicazione completo che implica i seguenti


momenti:

1. Osservare ed ascoltare con attenzione il messaggio verbale dell’altro

2. Fare una ipotesi in merito al vissuto dell’altro

3. Comunicare la propria impressione (verbalmente e non verbalmente) con


empatia

4. L’altro conferma o corregge

L’ascolto attivo funziona perché aiuta chi ha il problema a scaricare le emozioni


intense (allagamento emozionale) e ad elaborare il suo problema in vista di una
soluzione.

L’ascolto attivo è l’abilità che meglio riassume le tre caratteristiche della relazione
d’aiuto: empatia, accettazione, autenticità, per facilitare la soluzione del
problema da parte della persona.

L'ascolto attivo è un modo particolare di rispecchiare ciò che l’altro ha espresso


per fargli capire che lo ascoltate e dargli modo di verificare se e quanto avete
compreso il suo messaggio.

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L'ascolto attivo è una riformulazione della comunicazione globale dell’altro, nelle
sue componenti verbali ed emozionali.

L'ascolto attivo richiede che vi mettiate nei panni dell’altro cercando di cogliere i
suoi pensieri e sentimenti, e che gli esprimiate quanto avete compreso con calore
e accettazione.

L'ascolto attivo permette a voi e all’altra persona di comprendere l’esperienza


che sta vivendo.

Questa reciproca comprensione permette all’altro di esprimere ed esplorare il


problema, aprendo la strada così a una soluzione.
A volte, un bambino che soffre conoscendo perfettamente il motivo della sua
sofferenza, può esprimere il problema con chiarezza e risolverlo con i mezzi propri.
Più spesso però, i bambini in difficoltà non sanno bene cosa provano, si esprimono
solo attraverso indizi e sintomi e cercano qualcuno che li ascolti e li comprenda.

Facilitare la soluzione del problema

Troppo spesso i genitori tendono a risolvere i problemi del bambino mantenendolo


in uno stato di dipendenza (ad esempio riparandogli oggetti, dicendogli cosa fare
se è annoiato, ecc.).
Il genitore può aiutare il bambino con l'ascolto attivo e le frasi invito,
accompagnandolo nelle varie fasi del processo di soluzione del problema.

L'ascolto attivo e il problem-solving guidato possono senz’altro accelerare il


passaggio del bambino dalla dipendenza all'indipendenza.

A volte il bambino trova difficile prendere una decisione o affrontare un problema


perché gli manca un metodo efficace.

Abilità comunicative relative all’area non problematica

In situazioni non problematiche possiamo usare l’autorivelazione efficace.


Autorivelazione significa dare informazioni su di sé, esprimere sinceramente ciò
che si pensa e si prova.
Nei Training Gordon vengono differenziati i Messaggi in Seconda Persona (o
Messaggi-TU), e Messaggi in Prima Persona (o Messaggio-IO).

Un Messaggio in Prima Persona è un messaggio che vi descrive; è un’espressione


dei vostri sentimenti e della vostra esperienza. Un messaggio in prima persona è

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autentico, sincero e congruente. Dato che esprime unicamente la vostra realtà
interiore, non contiene valutazioni, giudizi o interpretazioni sugli altri.

Messaggio in prima persona positivo

Un messaggio in prima persona positivo contribuisce molto a rafforzare il rapporto


quando non ci sono problemi, comunica sentimenti positivi e descrive gli effetti
concreti positivi che il comportamento di un altra persona ha su di voi.

Spesso vostro figlio si comporta in modo particolarmente accettabile per voi,


assume comportamenti che vi piacciono, che apprezzate, che vi rallegrano e per
cui vi sentite grati.

Esprimere i vostri sentimenti positivi vi darà fiducia in voi stessi come genitori e,
soprattutto, vostro figlio si sentirà apprezzato, riconosciuto e amato.

Messaggio in prima persona dichiarativo

Ci si può comprendere molto meglio se impariamo a condividere spesso e


apertamente idee, opinioni e sentimenti.

Si eviterebbero malintesi e problemi, e il rapporto diventerebbe più intimo e


sincero.

Nell’Area non Problematica, possiamo usare messaggi in prima persona


dichiarativi che esprimano i sentimenti del momento, simpatie e avversioni,
convinzioni, opinioni, ecc.

"Non mi piace ascoltare l'hard rock".

"Credo che l’istruzione sia molto importante per il futuro".

"Le notizie di questi giorni mi deprimono profondamente".

"Mi piace quando ci riuniamo tutti insieme a parlare e giocare".

Messaggi in prima persona preventivi

Sempre nell’Area non Problematica, i messaggi in prima persona preventivi


mettono al corrente i figli (il coniuge o altri) dei nostri bisogni futuri; gli altri avranno
così la possibilità di collaborare o cambiare in modo da non ostacolare il

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soddisfacimento di un nostro bisogno, prevenendo perciò il problema o il conflitto.
Esempi:

"Domani pomeriggio mi serve la macchina per andare all’aeroporto".

"Stasera vorrei starmene da solo in garage a lavorare".

"Domenica mi piacerebbe fare una gita".

Come per i messaggi in prima persona positivi, anche in questo caso la


motivazione non può mai essere la manipolazione o il controllo dell'altro ma solo
una comunicazione sincera.

Dunque, nell’area non problematica, cioè quando non ci sono problemi di


relazione, Gordon indica lo sviluppo dell’abilità di Autorivelazione efficace che si
esprime nei messaggi in prima persona (o messaggi-io) positivi, dichiarativi e
preventivi.

Abilità comunicative relative all’area problematica personale

IL CONFRONTO EFFICACE

Lasciando l’Area non problematica, iniziamo ad occuparci dell’Area di Rifiuto,


l’area nella quale sono presenti comportamenti inaccettabili degli altri e quindi noi
abbiamo un problema, siamo in difficoltà (linea di accettazione).

METODI TRADIZIONALI DI CONFRONTO

Come per le barriere alla relazione d’aiuto, nei corsi Gordon, questi metodi
tradizionali di confronto vengono raggruppati in dieci diverse modalità. Sono le
modalità che molte persone danno come risposta a momenti di difficoltà di fronte
a comportamenti inaccettabili degli altri.

1. dare ordini, comandare, dirigere;

2. minacciare, ammonire, mettere in guardia;

1. moralizzare, far prediche;

10
2. offrire soluzioni, consigli, avvertimenti;

3. argomentare, persuadere con la logica;

4. giudicare, criticare, biasimare;

5. fare apprezzamenti, manifestare compiacimento;

6. ridicolizzare, etichettare, usare frasi fatte;

7. interpretare, analizzare, diagnosticare;

8. rassicurare, consolare;

9. indagare, investigare;

10. cambiare argomento, minimizzare, ironizzare.

I messaggi in seconda persona biasimano l’altro, gli comunicano "sei cattivo" o


"hai torto". I messaggi in seconda persona non soddisfano i requisiti di un confronto
efficace.
Possono produrre un cambiamento, però intaccano l’autostima dell’altro,
compromettono la relazione, negano all’altro la possibilità di contribuire alla
risoluzione del problema.

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Messaggi che Messaggio nascosto: Sono inefficaci perché:
sottintendono
una soluzione: a) suscitano resistenze: "Non lo
farò"
1. Dirigere "Non sei capace di
capire da solo come
2. Minacciare potresti aiutarmi" b) negano la possibilità di
cambiare atteggiamento in
3. Predicare considerazione dei propri bisogni

4. Consigliare

5. Persuadere

Messaggi svalutanti: Messaggio nascosto: Sono inefficaci perché:

6. Criticare "C’è qualcosa che non a) attaccano l'autostima


va in te,
7. Elogiare visto che mi crei dei b) suscitano resistenza e
problemi" opposizione: "Non sono un
8. Insultare irresponsabile"

9. Analizzare e) mortificano

10. Rassicurare d) colpevolizzano la persona per i


suoi bisogni
11. Interrogare

Messaggi indiretti: Messaggio nascosto: Sono inefficaci perché:

12. Eludere, buttarla "Non sei capace di a) risultano spesso enigmatici e


capire da solo come incomprensibili
sullo scherzo potresti aiutarmi"
b) mostrano all’altro che non sono
diretto e aperto, bensì subdolo e
indiretto.

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Le barriere sono messaggi in seconda persona. Spostano indebitamente
l'attenzione da "io ho un problema" a "tu hai un problema".

Un messaggio in prima persona è uno strumento di confronto più efficace in


quanto:

1. descrive in modo non giudicante il comportamento non accettabile (ciò


che l’altro ha detto o fatto)

2. descrive i vostri sentimenti in merito al comportamento o ai suoi effetti.

3. descrive gli effetti tangibili e concreti che quel comportamento non


accettabile ha su di voi

Teoria dell’Iceberg dei sentimenti

Se vi accorgete di inviare una quantità di messaggi in prima persona che


esprimono rabbia, è probabile che non siate in contatto con i vostri sentimenti
originari.

"Sono arrabbiato" è un messaggio che di solito viene interpretato dall'altro come:


"Sono arrabbiato con te", o "mi hai fatto arrabbiare".

A prescindere dalla forma che assume, l'altro di solito si sente offeso, condannato,
colpevolizzato, come accade con i messaggi in seconda persona.

La rabbia, probabilmente, è qualcosa che si genera dopo aver provato un altro


sentimento. E' assai probabile che il sentimento originario sia paura, dispiacere,
imbarazzo, frustrazione, delusione, impotenza, offesa, preoccupazione, invidia,
tristezza, ecc.

Entrare in contatto con il sentimento originario e poi comunicarlo attraverso un


messaggio in prima persona diminuisce le occasioni di esprimere la rabbia.

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Cambio di marcia

Non sempre un messaggio in prima persona funziona. L’altro può reagire


mettendosi sulla difensiva diventando ad es. sospettoso, imbarazzato, addolorato,
mettendosi così sulla difensiva.

Quando ciò accade, è importante che una delle parti cambi marcia passando
all’ascolto attivo. Dal momento che l’altro non è in grado di ascoltare o reagire
positivamente se la loro temperatura emotiva è alta. Oppure quando l’altro si
difende e voi insistete nel proporre messaggi in prima persona.

Lo strumento migliore in questo caso è l'ascolto attivo, che è parte integrante di


un messaggio in prima persona completo; ometterlo significa aumentare di molto
le probabilità che il messaggio risulti inefficace.

Cambiare marcia significa passare dal confronto all'ascolto fino a quando il


problema di entrambi non è risolto (area non problematica).

Quando il cambio di marcia ha allentato la difesa dell’altro, si potrà riproporre il


confronto per cercare di risolvere il problema.

Risolvere i conflitti

L’ascolto attivo, i messaggi in prima persona e modificare l’ambiente possono


ampliare l’Area non problematica. Ma l’ascolto attivo non aiuterà l’altro a
risolvere tutti i suoi problemi; alcuni inevitabilmente rimarranno. Le abilità di
modifica dell’ambiente e dei comportamenti inaccettabili dell’altro non
aiuteranno a liberarsi di tutti i problemi comportamentali.

Alcuni comportamenti resteranno inalterati principalmente per due ragioni:

• il bisogno dell’altro di persistere nel suo comportamento è troppo forte: c’è


un conflitto di bisogni.

• L’altro non crede che il suo comportamento influisca negativamente sul


vostro in modo concreto e tangibile: c’è una collisione di valori.

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Risolvere i conflitti con la soluzione vinci – vinci
Nei corsi Gordon si insegna il Metodo III per la soluzione dei conflitti e le abilità per
applicarlo. Il problem-solving in sei fasi offre una valida struttura per l’applicazione
del Metodo III. Ecco delineate brevemente le sei fasi:

FASE O: creare le condizioni per lo svolgimento delle sei fasi. Entrambe le parti
devono essere disponibili a seguire questo percorso, avere l’intenzione di provare
a praticare un terza modalità (Metodo III) con la quale cercare il più possibile il
rispetto dei bisogni di entrambi. Questa fase, alla quale si potrà ricorrere in tutti i
momenti di "stallo" o conflitto nelle altre sei fasi, andrà fatta in modo esauriente
soprattutto le prime volte che verrà impiegato il Metodo III (soluzione vinci – vinci)
in alternativa ai Metodi I (metodo autoritario – io ho ragione tu hai torto) e II
(permissivismo – evitare di assumere una posizione chiara). In seguito, quando
questa sarà la modalità abituale, non sarà più necessaria.

FASE 1: definire il problema in termini di bisogni: identificare chiaramente i rispettivi


bisogni ed esporli all’altro;

FASE 2: produrre le possibili soluzioni (proporre una serie di alternative astenendosi


da giudizi e valutazioni); Brainstorming

FASE 3: valutare le soluzioni (soppesare le diverse soluzioni, gli aspetti positivi e


negativi, scartando quelle non accettabili per entrambi)

FASE 4: scegliere la soluzione accettabile per entrambi (senza imporre, persuadere


ecc. ma arrivando ad optare di comune accordo per una soluzione)

FASE 5: programmare e attuare la soluzione (si decide chi fa cosa e quando)

FASE 6: verificare i risultati (se la soluzione scelta ha soddisfatto i bisogni di


entrambi).

Questo metodo verrà attuato ascoltando, discutendo, parlando e confrontandosi;


il tutto in un clima di libertà e fiducia.

Utilizzando la tecnica del problem solving si possono ad esempio risolvere dei


conflitti, oppure arrivare a delle decisioni che soddisfino tutte le necessità delle
persone coinvolte. Dunque un metodo vinci – vinci.1

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Dispense elaborate da Roberto d Agostino, Università di Catania, 2005

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