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di Albert Ellis
La RET (PSICOTERAPIA RAZIONALE EMOTIVA) ebbe una nascita travagliata. Ellis iniziò la sua
carriera di psicoterapeuta come consulente per problemi di coppia famigliare e sessuali ma si rese
conto che in questo campo le relazioni disturbate e i matrimoni erano il prodotto di partner
disturbati e che se si voleva aiutare le persone a vivere meglio con gli altri bisognava mostrargli
prima come potevano vivere meglio con sé stesse.
Iniziò quindi a frequentare un corso intensivo di addestramento psicoanalitico e si convinse che i
metodi di psicoterapia analitici classici fossero più profondi e più curativi di quelli non analitici.
Applicò con i suoi stessi pazienti il divano, le associazioni libere, l’analisi dei sogni e la risoluzione
della nevrosi di transfert, ma presto si rese conto che i suoi pazienti mostravano una forte
resistenza al metodo psicoanalitico in quanto trovavano difficoltà nell’apprendimento della tecnica
dell’associazione libera tanto che alcuni non impararono mai a metterla in pratica efficacemente.
Ellis si trovò quindi a dover mettere in discussione anche il suo ruolo nel processo terapeutico e si
rese conto del fatto che la sua previsione di un rapido miglioramento nella maggior parte dei
pazienti era sbagliata. Si avvicinò quindi a tipi di analisi non classici o neo freudiani e
successivamente verso quella che viene chiamata psicoterapia a orientamento psicoanalitico.
In questa terapia anche se vengono utilizzate molte teorie fondamentali di Freud e altri
psicoanalisti si fa a meno dei metodi più prolissi delle associazioni libere e dell’analisi onirica
oppure li si abbrevia e al loro posto si impiega una tecnica terapeutica più attiva e rapidamente
interpretativa. In tal modo le sedute di terapia si riducevano a 35 e i risultati erano migliori.
Nonostante ciò Ellis continuava a non essere soddisfatto dei risultati raggiunti in quanto notò che
pochi pazienti erano guariti veramente e iniziò a convincersi del fatto che mancava qualcosa di
essenziale: cominciò a capire che il principio fondamentale della psicoanalisi è identico a quello
della teoria psicologica del behaviourismo che sostiene che gli esseri umani vengono condizionati
precocemente nella vita a temere qualcosa se sono minacciati o puniti ogni volta che agiscono in
modo sbagliato.
Quando il bambino è troppo piccolo per capire, la soluzione del suo problema è mostrargli nella
terapia psicoanalitica cosa accadde in origine, ossia il suo insight nel processo di condizionamento
precoce, che ne annullerà gli effetti e gli permetterà di ricondizionare se stesso. Ellis si rese conto
attraverso esperimenti di decondizionamento o desensibilizzazione di Pavlov che l’insight da solo
non poteva permettere di superare le paure ma che era necessaria anche un’azione diretta a
combatterle. Se gli esseri umani disturbati sono continuamente costretti a fare ciò che li spaventa
si rendono conto che quella cosa non è paurosa come pensavano e così la loro paura viene estinta.
Quindi Ellis come terapeuta:
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Indicò ai pazienti le origini delle loro paure
Fece capire ai pazienti che non dovevano più nutrirle a prescindere dalla fondatezza che
avevano potuto avere un tempo
Incoraggiò i pazienti a fare le cose che temevano per constatare che in realtà non erano
così spaventose
Diventò quindi un terapeuta attivo-direttivo e si rese conto che questo tipo di terapia produceva
risultati migliori di quelli ottenuti con i metodi precedenti.
Nonostante ciò gli individui raramente cancellano automaticamente le loro paure anche se le
esperienze di vita continuano a dimostrare che non c’è nulla da temere e che rimanendo
spaventati si procurano sintomi nevrotici gravemente limitanti.
Nel 1954 Ellis si rese conto che gli esseri umani sono diversi dai cani di Pavlov e da altri animali
inferiori in quanto gli uomini posseggono il linguaggio e la capacità di simbolizzazione e
presentano processi di segnalazione complessi o secondari rispetto ai semplici sistemi di
segnalazione degli altri animali; quando entrano in gioco i sistemi complessi o secondari di auto
segnalazione dell’uomo si introduce un nuovo fattore chiamato autoconsapevolezza o pensiero sul
pensiero:
1. Il cane ha una scarsa capacità di definire buoni e cattivi gli stimoli esterni e deve basarsi
unicamente sulle proprie sensazioni concrete in merito a questi stimoli;
2. L’uomo invece può venire premiato o punito: dalle sue sensazioni e dai processi simbolici e
non sensoriali come sorrisi, lodi ecc
Gli uomini temono anche gli stimoli immaginati o definiti come tali e si impauriscono di fronte a
segni puramente verbali (gli animali inferiori no).
A causa di queste capacità i pazienti erano in grado di immaginare o definire paure che non
avevano alcuna base reale; tutte le loro paure nevrotiche erano paure che erano state
originariamente definite da altri ma che poi i pazienti si portavano dietro come definizione
proprie. Infatti l’uomo è un animale altamente autosuggestionabile.
Ellis avanzando verso la psicoterapia razionale emotiva notò che i suoi pazienti non erano stati solo
indottrinati con idee irrazionali e sbagliate ma le facevano diventare parte integrante della loro
filosofia esistenziale di base. In questo modo si costringevano a credere in molti concetti non
realistici e per questo restavano nevrotici malgrado gli svantaggi che ciò comportava e per questo
resistevano agli sforzi dei terapeuti e di loro stessi per liberarsi della nevrosi.
Quindi quando egli comprese che il comportamento nevrotico non è solo indottrinato dall’esterno
in età precoce ma è anche indottrinato internamente perché il paziente stesso lo auto-suggerisce
più volte finchè diventa parte integrante della sua filosofia di vita, il lavoro di Ellis prese una nuova
piega.
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CAP. 2 – LA TEORIA DELLA PSICOTERAPIA RAZIONALE EMOTIVA
Il tema centrale della RET è che l’uomo è un animale singolarmente razionale e irrazionale e che i
suoi disturbi emotivi sono il prodotto dei suoi pensieri illogici o irrazionali e che egli può imparare a
liberarsi da quasi tutti i suoi disturbi se impara a massimizzare i suoi pensieri razionali e a
minimizzare quelli irrazionali.
E’ compito dello psicoterapeuta lavorare con individui infelici e preoccupati e dimostrargli che:
2. Si deve essere totalmente competenti adeguati e vincenti sotto ogni aspetto per potersi
considerare degni di valore. Invece di concentrarsi sulla necessità di riuscire con successo
nei compiti e problemi che affronta nella vita, una persona razionale:
Dovrebbe sforzarsi di agire focalizzandosi sul piacere che trae dal processo e non
solo sul risultato delle sue azioni;
Quando cerca di far bene deve sforzarsi di fare sempre del proprio meglio anziché
raggiungere la perfezione;
3. Certe persone sono cattive, perfide e devono essere condannate e punite per la loro
malvagità. Invece di sconvolgersi per gli sbagli degli altri, l’individuo razionale dovrebbe:
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Rendersi conto che gli altri commettono errori per stupidità, ignoranza o disturbi
emotivi. Nel primo caso dovrebbe accettare la gente quando è stupida e aiutarla
negli altri due casi;
Domandarsi se ha commesso qualcosa di sbagliato per essere condannato.
Capire che i suoi sbagli come quelli degli altri sono il prodotto di ignoranza o
disturbo emotivo e non deve mai condannarsi per ciò.
4. E’ tremendo e catastrofico se le cose non vanno come ci piacerebbe che andassero; invece
di lasciarsi sconvolgere dalle circostanze frustranti della vita la persona razionale può:
Determinare se le circostanze in apparenza frustranti lo sono realmente per loro
natura o se ne sta esagerando le qualità irritanti;
Dovrebbe imparare dalle situazioni frustranti accettandole come sfide.
5. L’infelicità umana dipende da cause esterne e gli individui hanno poca o nessuna capacità
di controllare i propri disturbi; l’individuo informato e intelligente ammetterà che
l’infelicità nasce maggiormente dentro di noi ed è creata dalla stessa persona infelice
quindi:
Riconoscerà che è lui la causa principale delle sue emozioni negative e dato che è lui a
produrle gli sarà facile anche eliminarle;
Analizzerà le sue emozioni negative, le contesterà rendendosi conto della loro
insostenibilità e cambierà anche le azioni a cui esse lo stanno portando.
7. E’ più facile evitare certe difficoltà e responsabilità piuttosto che affrontarle; anziché
sottrarsi a difficoltà e sfide l’individuo razionale:
Dovrebbe rassegnarsi a fare le cose necessarie per quanto gli sia sgradito;
Non dovrebbe strafare ma adottare piani programmati di lavoro prefiggendosi
obiettivi minori e introducendo ricompense intermedie;
Dovrebbe accettare che ripararsi ed evitare responsabilità sono intervalli giusti in
un’esistenza piena ma diventano eccessivi se occupano la maggior parte
dell’esistenza.
8. Dobbiamo dipendere dagli altri e abbiamo bisogno di qualcuno più forte di noi su cui
contare; l’individuo razionale dovrebbe cercare di reggersi con le proprie gambe e agire di
testa sua:
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Dovrebbe accettare il fatto che sotto alcuni aspetti sarà sempre solo al mondo e che
non è terribile essere autonomi;
Dovrebbe comprendere che l’uomo impara sbagliando e che i suoi insuccessi non
hanno a che vedere con il suo valore personale come essere umano;
Non rifiutare l’aiuto degli altri per mostrare che può farcela da sola, ma accettarlo
quando è necessario.
9. Il nostro passato è una determinante essenziale del nostro comportamento attuale e ciò
che ha influenzato la nostra vita deve avere per sempre lo stesso effetto; l’individuo
razionale può:
Riconoscere che il presente sarà il passato di domani e che cambiandolo può rendere il suo
futuro diverso e più soddisfacente;
Smettere di ripetere le sue azioni passate, costringendosi a cambiare il suo
comportamento;
Valutare e ribellarsi solo alle idee del passato che lo danneggiano al momento presente.
11. C’è sempre una soluzione giusta, esatta e perfetta per tutti i problemi umani ed è una
catastrofe se non la si trova.
Invece di insistere sulla necessità di avere un controllo assoluto sulle situazioni difficili
l’individuo razionale:
Dovrebbe, di fronte ad un problema di un certo rilievo, pensare a diverse soluzioni e
scegliere tra le alternative la più pratica anziché quella perfetta;
Dovrebbe riconoscere che sbagliare è umano e dato che l’uomo generalmente impara per
prove ed errori dovrebbe essere disposto a sperimentare nuovi progetti.
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Sostiene che l’essere umano è l’unico animale che ha la possibilità di cambiare e
controllare il suo comportamento futuro se dedica nel presente tempo ed energie
sufficienti.
L’aspetto della psicoterapia razionale-emotiva che riassume meglio la capacità dell’individuo di
determinare buona parte del suo comportamento è rappresentato dalla TEORIA A-B-C della
personalità umana che è parte della RET: questa teoria afferma l’esistenza di uno stimolo A
(antecedente) del pensiero e delle attività mentali che hanno come oggetto l’antecedente (B) e le
conseguenze di queste attività mentali (C).
La teoria A-B-C può essere utilizzata con tutti i pazienti dai leggeri nevrotici agli psicotici gravi e
anche con i bambini.
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modificare alcune caratteristiche esterne per accattivarsi l’approvazione degli altri, essendo
ancora se stessi.
Il terapeuta razionale-emotivo cerca di aiutare i pazienti ad avere il cosiddetto “coraggio di
essere” che comprende:
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Al contrario gli psicoanalisti classici e i terapeuti non direttivi hanno utilizzato la normale resistenza
del paziente a cambiare come un motivo per non muovere alcun attacco nei suoi confronti.
Secondo Ellis però il compito del terapeuta (che dovrebbe essere emotivamente più forte del
paziente) consiste nell’accettare la resistenza e nel continuare a demolirla, correndo il rischio di
attaccare le difese del paziente anche attraverso un linguaggio mirato, a volte crudo, per scuoterli
dalla loro sgradevolezza; l’atteggiamento passivo del terapeuta invece può incoraggiare i pazienti
ad approfittarsi di lui in quanto più egli è passivo meno i pazienti sono spinti a cambiare.
Bisogna inoltre tener conto del fatto che l’individuo che ha acquisito delle abitudini deve insistere
molto sul processo di disapprendimento e riapprendimento quindi è necessario che il terapeuta
persista nel reindottrinare i pazienti finchè essi non modificano i loro schemi di comportamento
rendendoli più funzionali.
Nella psicoterapia razionale- emotiva è dunque necessario utilizzare:
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5. Spesso in un membro del gruppo (in particolare quello che è restio ad osservare con
chiarezza il suo comportamento) riesce ad osservare attraverso la terapia di gruppo il
comportamento nevrotico degli altri e dopo aver visto il loro modo di agire sa riconoscere
in se stesso la stessa attività;
6. Spesso l’homework di gruppo è più efficace di quello assegnato individualmente;
7. Rispetto alla terapia individuale in cui il paziente può fornire un resoconto falsato delle sue
interazioni con gli altri, in questa terapia, dal momento in cui il paziente interagisce
all’interno del gruppo, il terapeuta può osservare il suo comportamento reale senza
affidarsi alle parole;
8. Il gruppo offre al paziente disturbato più ipotesi sulle cause di alcuni suoi comportamenti,
di quante potrebbe offrirgliene una terapia individuale;
9. In alcuni casi questa terapia può offrire ai pazienti l’opportunità di approfondire i propri
disturbi più di quanto non faccia la terapia individuale (una seduta di terapia di gruppo
dura in genere un’ora e mezza, mentre quella individuale 45 minuti.
Oltre ai vantaggi, questa terapia presenta anche degli svantaggi rispetto a quella individuale:
1. All’interno del gruppo ogni individuo non può ricevere la stessa attenzione che riceve nelle
sedute individuali;
2. Nella terapia di gruppo un componente di un gruppo di 10/12 persone ha meno probabilità
di ottenere dal terapeuta una certa concentrazione sul suo problema, persuasione e
incoraggiamento.
Inoltre la terapia collettiva non è adatta a tutti i pazienti ma è invece necessaria per altri.
Ellis ritiene, in base alla sua esperienza, che le sedute individuali tendono ad essere più
interessanti e proficue quando il paziente partecipa anche a un gruppo, in quanto il
comportamento che mostra nella seduta collettiva può essere analizzato più nel dettaglio
durante la seduta individuale.
I risultati migliori, secondo lui, si ottengono incontrando all’inizio della cura i pazienti in sedute
individuali per poi farli entrare (dopo qualche seduta introduttiva) in una terapia di gruppo
(inizialmente con frequenza settimanale). Dopo circa 2-3 anni si possono eliminare quasi
completamente le sedute individuali e mantenere solo quelle di gruppo.
Credono che prima di parlare al paziente questo deve essere convinto di qualche idea
irrazionale per poi ricercare l’irrazionalità, identificarla e rivelarne i difetti in modo che il
paziente sia costretto a rimpiazzarla;
Credono che gli esseri umani sono influenzati dall’idea che hanno delle cose e che quindi
cambiando il loro dialogo interiore possono cambiare loro stessi.
Adler si distacca però dai terapeuti razionali nelle sue concezioni dell’interesse sociale, in quanto
crede che tutti i suoi sforzi servono ad accrescere l’interesse sociale del paziente;
Il terapeuta razionale crede invece che i suoi sforzi sono dedicati all’accrescimento dell’interesse
proprio del paziente, in quanto è convinto che se la persona possiede un interesse razionale per sè
stesso tenderà anche ad avere un interesse sociale.
RET E TERAPIA NON DIRETTIVA O CENTRATA SUL CLIENTE
I due approcci si somigliano in quanto entrambi accettano i pazienti malgrado le loro
incompetenze, comportamenti e disturbi, però il terapeuta razionale va anche oltre quello
Rogersiano perché oltre ad accettare il paziente senza atteggiamenti di condanna gli insegna ad
accettare se stesso e gli altri senza condannarsi né condannare.
RET E TERAPIA ESISTENZIALISTA
Nonostante i terapeuti razionali condividono gli obiettivi dei terapeuti esistenzialisti ritengono che
(come i Rogersiani) che persone disturbate sono così piene di indottrinamenti da trarne poco
vantaggio anche dai migliori incontri esistenziali.
Secondo la RET quindi i loro incontri possono essere utili però spesso occorre una maggiore
quantità di insegnamenti diretti, di persuasione per scuotere questi pazienti dai pensieri negativi.
RET TERAPIA DEL COMPORTAMENTO
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Il terapeuta razionale accetta le premesse dei comportamentisti ed è convinto che gli uomini siano
addestrati a rispondere in maniera non adeguata ad alcuni stimoli e che possono essere
ricondizionati nel corso del processo terapeutico. Egli però cerca non solo di ricondizionare la
risposta nevrotica dell’individuo ma anche di modificare la base filosofica di queste reazioni in
modo che non temano a ripresentarsi in futuro.
RET E ALTRE SCUOLE DI TERAPIA
La RET ha molte somiglianze con la Semantica Generale e ci sono pochi contrasti con alcune
concezioni espresse da Reich.
Secondo lui i disturbi emotivi si rispecchiano nella postura, nei gesti e nelle abitudini motorie
dell’individuo, per cui aiutare una persona disturbata ad allentare tensioni di natura fisiologica può
contribuire a farle affrontare i suoi problemi psicologici.
Il terapeuta razionale si mantiene invece dentro la sfera ideologica piuttosto che fisiologica.
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la RET non dissuade un paziente dal ragionare di testa sua perché un paziente disturbato
non è davvero indipendente in quanto non riesce a sfruttare il suo potere decisionale
democratico. Dopo che il terapeuta ha attaccato le sue idee, egli diventa per la prima volta
realmente indipendente e libertà.
5. La RET può funzionare con alcuni pazienti ma non con individui poco intelligenti, poco
istruiti o con psicotici, psicopatici e ossessivo-coatti. Ellis risponde che la RET:
sembra ottenere un miglioramento più rapido (grazie alla sua semplicità e chiarezza)
proprio con i pazienti intellettualmente meno brillanti;
è applicabile agli psicopatici perchè permette di dimostrare ad essi come si stiano
danneggiando da soli e come debbano cambiare i loro modi di agire se vogliono evitare
problemi in futuro;
come ogni altra forma di psicoterapia è difficile con pazienti ossessivo-coatti, però è
ottimista nell’aiutare questi pazienti a superare molti limiti biologici (raramente tutti).
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ipersuggestionabilità: dato che non c’è una regola generale che indichi quando sono più
opportuni il conformismo o il ragionamento indipendente per l’individuo è difficile
adattarsi in modo flessibile alle circostanze e persone che incontra nella vita e spesso tende
a comportarsi in maniera ipersuggestionabile dunque nevrotica;
vigilanza e prudenza eccessive: l’uomo presenta oltre a un certo grado di ansia esistenziale
anche una tendenza a un’angoscia eccessiva (nevrotica) che potrebbe essere superata in
seguito a un’educazione razionale;
grandiosità e ribellione eccessiva: il bambino è grandioso, eccessivo e ribelle e almeno che
non venga educato a non esserlo, manifesterà questo comportamento anche da
adolescente e da adulto. Essendo però un essere umano da adulto si rifiuterà di accettare
la realtà e continuerà a combattere l’ordine costituito finendo per danneggiarsi. Le sue
spinte biologiche all’espressione della sua personalità rimangono infantili quindi
nevrotiche;
estremismo: l’uomo quando manifesta un comportamento non ha tendenze moderatrici
ma si aggrappa all’una e all’altra posizione estrema trovandosi in una costante condizione
di squilibrio. Sembra inoltre che alcuni elementi del sistema nervoso portino l’uomo a
reagire in modo drastico senza vie di mezzo;
oscillazione e incoerenza: la personalità umana tende allo squilibrio, all’irregolarità e
all’incoerenza però prima che si possa superare uno schema disadattato di comportamento
si crea un circolo vizioso biologico: diventa difficile quindi troncare le vecchie abitudini e
sostituirle con delle nuove. Il circolo vizioso si interrompe solo quando queste ultime
permangono a lungo ma finchè non arriva questo momento, l’uomo fa difficoltà ad
abbandonare i suoi schemi nevrotici;
automaticità e mancanza di riflessività: l’uomo riesce ad eseguire in maniera automatica,
senza riflettere, gli schemi comportamentali appresi. Se però apprende un comportamento
nevrotico può solo riprodurlo e mostrare difficoltà ne liberarsene;
oblio: gli uomini hanno la tendenza a dimenticare i risultati spiacevoli del loro
comportamento quindi tornano con facilità ad agire in maniera autolesionistica anche
quando sono riusciti temporaneamente a gestire i loro comportamenti disfunzionali;
credere ciò che si desidera (whishful thinking) : l’uomo ha la tendenza innata ad aspettarsi
che esista una cosa perchè lo desidera intensamente ma questa tendenza si scontra con i
nostri limiti e quelli del mondo, quindi se non impara a mettere in discussione le sue
convinzioni si comporterà da nevrotico;
scarse capacità di concentrazione e organizzazione : troviamo difficile concentrarci in modo
prolungato su una specifica situazione e possiamo opporre resistenza al nostro
miglioramento non perché non vogliamo migliorare ma perché non riusciamo a
concentrarci su questo miglioramento soprattutto in un breve periodo di tempo;
sforzo non prolungato: oltre alla scarsa capacità di concentrazione gli esseri umani tendono
a non saper reggere sforzi prolungati e ciò potrebbe essere dovuto alla scarsa motivazione
e alla paura di fallire; è però anche possibile che la paura di fallire derivi da difficoltà
biologiche di reggere sforzi prolungati;
accento esagerato sull’ingiustizia: nonostante sia probabile che l’uomo non nasca con un
senso d’ingiustizia, sembra che possa diventare molto facilmente moralistico; Se l’uomo
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possiede quindi una tendenza biologica a condannare ed essere ostile nonché verso il
moralismo tenderà a rimanere nevrotico;
accento esagerato sulla colpa: nonostante tanti sensi di colpa vengono acquisiti attraverso
l’educazione anche la propensione a condannare noi stessi può avere in parte un substrato
biologico; se così fosse un individuo disturbato avrà poche probabilità di aiutarsi a superare
il disturbo perchè prima si condannerà per essere disturbato e poi perché continua a
rimanere disturbato (stabilisce un circolo vizioso);
ricerca di stimolazioni eccitanti: anche se ama la sicurezza, la stabilità e la costanza, l’uomo
trova soddisfazione nella varietà, nell’avventura e nella ricerca di stimolazioni eccitanti; la
vita moderna è però poco avventurosa dato il conformismo della nostra società quindi
queste tendenze (in parte innate) alla ricerca di avventura devono essere represse e da ciò
origina la tensione;
facilità allo stress: l’uomo è incline a reagire in modo negativo a uno stress prolungato ossia
tende a esaurirsi fisicamente e mentalmente quando è esposto a cattive condizioni
somatiche e psicologiche (tipiche della vita attuale);
mancanza di un’obiettiva visione di se stessi: può essere in parte il prodotto di difficoltà di
concentrazione però è anche difficile valutare in modo obiettivo le nostre prestazioni
perché siamo troppo presi dal risultato. Le nostre valutazioni tendono ad essere
moralistiche anzichè obiettive e le emozioni legate a valutazioni moralistiche possono
oscurare le osservazioni riguardo le proprie prestazioni;
difficoltà di discriminazione: anche gli esseri umani più intelligenti possono trovare
difficoltà di discriminazione che portano a trovare difficoltà con se stessi e con gli altri.
Queste difficoltà quindi (ammesso che abbiano radici biologiche oltre che sociali)
interferiscono negativamente con la nostra vita e si ripercuotono negativamente anche
nella terapia;
tendenze all’ipergeneralizzazione: una particolare difficoltà di discriminazione è chiamata
ipergeneralizzazione. L’uomo oltre ad essere dotato biologicamente della facoltà di
organizzare le sue percezioni in generalizzazioni, è dotato anche della capacità negativa di
ipergeneralizzare. Ciò comporta il fatto che egli tenderà a formulare facilmente
ipergeneralizzazione anche sui principi terapeutici sabotando il processo di guarigione;
tendenza all’apprendimento lento: molte persone tendono ad apprendere molto
lentamente (in molti casi ciò sembra dovuto a fattori biologici) danneggiandosi da soli e
sembra che esse tendano anche a opporre resistenza a un rapido cambiamento
terapeutico;
avventatezza e impulsività eccessiva: l’avventatezza sembra possedere componenti
biologiche (altre quelle acquisite socialmente) ed è quasi certo che questi aspetti biologici
portano l’individuo a cacciarsi in una situazione prima di aver esaminato la possibilità di
correre rischi. Questa impulsività può contribuire anche a rallentare il progresso
terapeutico;
ritardo percettivo: in molti aspetti della nostra vita c’è un ritardo tra le nostre percezioni e
le nostre risposte nonché un ritardo di comprensione (tra i pensieri e le emozioni
dell’individuo). A causa di questi ritardi risulta chiaro che tendiamo facilmente a
comportarci in maniera autolesiva e abbiamo grandi difficoltà a eliminare questo auto
sabotaggio nevrotico;
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facilità di sopravvivenza con i disturbi emotivi : dato che molte volte per l’uomo è facile
sopravvivere con le sue limitazioni nevrotiche e ottenere vantaggi dai propri sintomi, è
chiaro perché molte persone acquisiscono una sintomatologia nevrotica e non compiono
sforzi per eliminarla. La disinvoltura (fondata su fattori biologici) con la quale riescono a
farlo è una motivazione più importante del loro rimanere emotivamente disturbati;
malessere fisico: molti individui sono affetti da ogni tipo di malessere fisico che li rende
inclini alla depressione, a stati di panico, ostilità e altri disturbi emotivi. Spesso quando
soffrono di una malattia gli individui non si sentono sufficientemente in forze per affrontare
problemi psicologici per cui ogni tentativo psicoterapeutico che possono compire in quel
momento può essere sabotato;
difficoltà di sottoporsi a una disciplina prolungata : anche se a volte l’accetta con piacere,
l’uomo crede che la disciplina prolungata risulti monotona e interferisca con la sua libertà e
spontaneità. Infatti, proprio come è difficile per l’individuo essere a lungo autodisciplinato
e rimanere esente da nevrosi, è difficile per lui sottostare a una disciplina costante quando
tenta di superare i suoi disturbi nevrotici;
gestione terapeutica delle tendenze biologiche del comportamento irrazionale: se esistono
quindi queste tendenze innate a pensare e agire irrazionalmente quali soluzioni possiamo
suggerire?
1 Cambiare la natura umana: nonostante potrebbe essere vantaggioso per l’uomo eliminare,
con interventi di manipolazione genetica, le caratteristiche “negative”, come la psicosi e la
deficienza mentale, non c’è prova che diventeremmo migliori eliminando tutte le tendenze
nevrotiche. Questa soluzione non è al momento chiara e possibile;
2 Acquisire una filosofia di vita benefica che ci consenta (anche se con molti sforzi) di vivere
bene malgrado i nostri limiti intrinseci. Ciò implica che:
L’individuo dovrebbe capire le influenze esercitate dall’ambiente nella sua vita e fare
del suo meglio per attenuarle
L’individuo dovrebbe comprendere le influenze biologiche della sua vita e fare del suo
meglio per attenuarle.
La RET si prefigge di non contestare ma mettere in discussione i pensieri e i comportamenti
irrazionali dell’individuo e accettare senza sensi di colpa l‘esistenza delle “normali” tendenze
innate all’irrazionalità e combatterle lucidamente in modo da far divenire l’individuo più razionale.
La RET non crede che sia probabile che l’uomo diventi perfettamente in grado di rispondere alle
sue funzioni e ai suoi compiti, ma è fiducioso che egli diventi più logico di quanto è normalmente
portato a essere.
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