Sei sulla pagina 1di 18

RAGIONE ED EMOZIONE IN PSICOTERAPIA

di Albert Ellis

CAP. 1 - LE ORIGINI DELLA PSICOTERAPIA RAZIONALE EMOTIVA

La RET (PSICOTERAPIA RAZIONALE EMOTIVA) ebbe una nascita travagliata. Ellis iniziò la sua
carriera di psicoterapeuta come consulente per problemi di coppia famigliare e sessuali ma si rese
conto che in questo campo le relazioni disturbate e i matrimoni erano il prodotto di partner
disturbati e che se si voleva aiutare le persone a vivere meglio con gli altri bisognava mostrargli
prima come potevano vivere meglio con sé stesse.
Iniziò quindi a frequentare un corso intensivo di addestramento psicoanalitico e si convinse che i
metodi di psicoterapia analitici classici fossero più profondi e più curativi di quelli non analitici.
Applicò con i suoi stessi pazienti il divano, le associazioni libere, l’analisi dei sogni e la risoluzione
della nevrosi di transfert, ma presto si rese conto che i suoi pazienti mostravano una forte
resistenza al metodo psicoanalitico in quanto trovavano difficoltà nell’apprendimento della tecnica
dell’associazione libera tanto che alcuni non impararono mai a metterla in pratica efficacemente.
Ellis si trovò quindi a dover mettere in discussione anche il suo ruolo nel processo terapeutico e si
rese conto del fatto che la sua previsione di un rapido miglioramento nella maggior parte dei
pazienti era sbagliata. Si avvicinò quindi a tipi di analisi non classici o neo freudiani e
successivamente verso quella che viene chiamata psicoterapia a orientamento psicoanalitico.
In questa terapia anche se vengono utilizzate molte teorie fondamentali di Freud e altri
psicoanalisti si fa a meno dei metodi più prolissi delle associazioni libere e dell’analisi onirica
oppure li si abbrevia e al loro posto si impiega una tecnica terapeutica più attiva e rapidamente
interpretativa. In tal modo le sedute di terapia si riducevano a 35 e i risultati erano migliori.
Nonostante ciò Ellis continuava a non essere soddisfatto dei risultati raggiunti in quanto notò che
pochi pazienti erano guariti veramente e iniziò a convincersi del fatto che mancava qualcosa di
essenziale: cominciò a capire che il principio fondamentale della psicoanalisi è identico a quello
della teoria psicologica del behaviourismo che sostiene che gli esseri umani vengono condizionati
precocemente nella vita a temere qualcosa se sono minacciati o puniti ogni volta che agiscono in
modo sbagliato.
Quando il bambino è troppo piccolo per capire, la soluzione del suo problema è mostrargli nella
terapia psicoanalitica cosa accadde in origine, ossia il suo insight nel processo di condizionamento
precoce, che ne annullerà gli effetti e gli permetterà di ricondizionare se stesso. Ellis si rese conto
attraverso esperimenti di decondizionamento o desensibilizzazione di Pavlov che l’insight da solo
non poteva permettere di superare le paure ma che era necessaria anche un’azione diretta a
combatterle. Se gli esseri umani disturbati sono continuamente costretti a fare ciò che li spaventa
si rendono conto che quella cosa non è paurosa come pensavano e così la loro paura viene estinta.
Quindi Ellis come terapeuta:

1
 Indicò ai pazienti le origini delle loro paure
 Fece capire ai pazienti che non dovevano più nutrirle a prescindere dalla fondatezza che
avevano potuto avere un tempo
 Incoraggiò i pazienti a fare le cose che temevano per constatare che in realtà non erano
così spaventose

Diventò quindi un terapeuta attivo-direttivo e si rese conto che questo tipo di terapia produceva
risultati migliori di quelli ottenuti con i metodi precedenti.
Nonostante ciò gli individui raramente cancellano automaticamente le loro paure anche se le
esperienze di vita continuano a dimostrare che non c’è nulla da temere e che rimanendo
spaventati si procurano sintomi nevrotici gravemente limitanti.
Nel 1954 Ellis si rese conto che gli esseri umani sono diversi dai cani di Pavlov e da altri animali
inferiori in quanto gli uomini posseggono il linguaggio e la capacità di simbolizzazione e
presentano processi di segnalazione complessi o secondari rispetto ai semplici sistemi di
segnalazione degli altri animali; quando entrano in gioco i sistemi complessi o secondari di auto
segnalazione dell’uomo si introduce un nuovo fattore chiamato autoconsapevolezza o pensiero sul
pensiero:
1. Il cane ha una scarsa capacità di definire buoni e cattivi gli stimoli esterni e deve basarsi
unicamente sulle proprie sensazioni concrete in merito a questi stimoli;
2. L’uomo invece può venire premiato o punito: dalle sue sensazioni e dai processi simbolici e
non sensoriali come sorrisi, lodi ecc
Gli uomini temono anche gli stimoli immaginati o definiti come tali e si impauriscono di fronte a
segni puramente verbali (gli animali inferiori no).
A causa di queste capacità i pazienti erano in grado di immaginare o definire paure che non
avevano alcuna base reale; tutte le loro paure nevrotiche erano paure che erano state
originariamente definite da altri ma che poi i pazienti si portavano dietro come definizione
proprie. Infatti l’uomo è un animale altamente autosuggestionabile.
Ellis avanzando verso la psicoterapia razionale emotiva notò che i suoi pazienti non erano stati solo
indottrinati con idee irrazionali e sbagliate ma le facevano diventare parte integrante della loro
filosofia esistenziale di base. In questo modo si costringevano a credere in molti concetti non
realistici e per questo restavano nevrotici malgrado gli svantaggi che ciò comportava e per questo
resistevano agli sforzi dei terapeuti e di loro stessi per liberarsi della nevrosi.
Quindi quando egli comprese che il comportamento nevrotico non è solo indottrinato dall’esterno
in età precoce ma è anche indottrinato internamente perché il paziente stesso lo auto-suggerisce
più volte finchè diventa parte integrante della sua filosofia di vita, il lavoro di Ellis prese una nuova
piega.

2
CAP. 2 – LA TEORIA DELLA PSICOTERAPIA RAZIONALE EMOTIVA

Il tema centrale della RET è che l’uomo è un animale singolarmente razionale e irrazionale e che i
suoi disturbi emotivi sono il prodotto dei suoi pensieri illogici o irrazionali e che egli può imparare a
liberarsi da quasi tutti i suoi disturbi se impara a massimizzare i suoi pensieri razionali e a
minimizzare quelli irrazionali.
E’ compito dello psicoterapeuta lavorare con individui infelici e preoccupati e dimostrargli che:

 le loro difficoltà derivano dalle percezioni distorte e pensieri illogici;


 esiste un metodo di riordinare le loro percezioni e pensieri così da rimuovere la causa delle
loro difficoltà.
Secondo Ellis dunque la psicoterapia deve portare i pazienti a considerare i loro eventi sotto una
nuova luce modificando i loro comportamenti ed emozioni illogiche.
I fondamenti teorici della RET si basano sull’assunto secondo cui il pensiero e le emozioni umane
sono due processi che si sovrappongono e che sotto alcuni aspetti sono identici.
Le emozioni sono causate e controllate da molti fattori tra cui il pensiero: gran parte di ciò che
definiamo emozione non è altro che un certo tipo di pensiero.
La teoria delle emozioni più recente e completa è quella di Magda Arnold. Ritiene che le emozioni
sono un complesso processo che inizia quando si percepisce e si valuta uno stimolo. L’emozione è
quella tendenza ad avvicinarsi a una qualunque cosa giudicata intuitivamente positiva (benefica) o
ad allontanarsi da una qualunque cosa giudicata intuitivamente negativa (nociva).
La visione di Ellis delle emozioni coincide quasi totalmente con quella della Arnold anche se
quest’ultima tende ad effettuare un’ulteriore distinzione delle emozioni in: valutazioni intuitive,
immediate e non riflessive (Ellis le chiama sensazioni) e valutazioni riflessive (che portano a ciò che
Ellis definisce emozioni prolungate o sentimenti). Le emozioni umane prolungate (quelle che fanno
parte di ciò che definiamo disturbo emotivo sono il prodotto di valutazione riflessive.
Possiamo quindi affermare che gran parte di ciò che chiamiamo emozioni sembrerebbero un tipo
di valutazione o pensiero che:

 è influenzato dalle percezioni o esperienze precedenti;


 è personalizzato,
 è accompagnato da reazioni corporee,
 tende a spingere l’individuo a compiere un’azione positiva o negativa
Ammettendo dunque che il pensiero spesso accompagni le emozioni e che la maggior parte dei
pensieri venga formulata attraverso l’uso di parole, possiamo concludere che gran parte delle
nostre emozioni si producono e mantengono sotto forma di frasi interiorizzate o dialoghi interni
quindi le frasi che continuiamo a dire a noi stessi molte volte sono o diventano i nostri pensieri ed
emozioni. Possiamo controllare le nostre emozioni modificando le frasi interiorizzate o dialogo
interno con cui esse sono state create:
3
1. Il terapeuta razionale emotivo ritiene che mostrando al paziente come si possono
controllare i pensieri e le emozioni che sono associate analizzando le frasi di cui entrambe
si compongono egli può insegnargli a superare i disturbi emotivi;
2. ritiene inoltre che le emozioni negative prolungate (es. depressione, ansia) non sono
necessarie alla vita umana e possono essere sradicate se le persone imparano a pensare
nel modo giusto e a concretizzare questi pensieri con un’azione efficace;
3. Presume che il nevrotico sia un individuo potenzialmente capace che non capisce che si sta
danneggiando da solo oppure un individuo che ha pieno insight nel proprio autolesionismo
ma per motivi irrazionali persiste nel comportamento di auto sabotaggio.
Se queste ipotesi sono valide il terapeuta efficace dovrebbe mettere a nudo il passato del
paziente, in particolare, i suoi pensieri illogici attuali:

 Sottoponendoli alla sua attenzione;


 Mostrandogli come gli stiano causando il disturbo;
 Indicandogli i legami illogici nelle sue frasi interiorizzate;
 Insegnandogli un modo per riverbalizzare le frasi in modo che i suoi pensieri
interiorizzati diventino più logici.
Il terapeuta razionale-emotivo dovrebbe infine occuparsi non solo dei pensieri illogici del paziente
ma mostrargli anche le maggiori idee irrazionali che gli esseri umani tendono a seguire.

CAP. 3 – IDEE IRRAZIONALI CHE GENERANO E MANTENGONO I DISTURBI EMOTIVI


Le maggiori idee illogiche e irrazionali diffuse nella civiltà occidentale che sembrano condurre
inevitabilmente alle nevrosi sono:
1. Per un essere umano adulto è un bisogno pressante essere amato o approvato da tutte le
persone importanti della collettività in cui vive. invece di cercare di risolvere illogicamente i
suoi problemi ricercando amore e approvazione, la persona razionale:
 Non dovrebbe sopprimere totalmente il desiderio di approvazione ma limitare il suo
bisogno di essere amato da tutti
 Quando non è amato e approvato da tutti come vorrebbe, dovrebbe ammettere che ciò
può essere frustrante ma non orribile;

2. Si deve essere totalmente competenti adeguati e vincenti sotto ogni aspetto per potersi
considerare degni di valore. Invece di concentrarsi sulla necessità di riuscire con successo
nei compiti e problemi che affronta nella vita, una persona razionale:
 Dovrebbe sforzarsi di agire focalizzandosi sul piacere che trae dal processo e non
solo sul risultato delle sue azioni;
 Quando cerca di far bene deve sforzarsi di fare sempre del proprio meglio anziché
raggiungere la perfezione;

3. Certe persone sono cattive, perfide e devono essere condannate e punite per la loro
malvagità. Invece di sconvolgersi per gli sbagli degli altri, l’individuo razionale dovrebbe:

4
 Rendersi conto che gli altri commettono errori per stupidità, ignoranza o disturbi
emotivi. Nel primo caso dovrebbe accettare la gente quando è stupida e aiutarla
negli altri due casi;
 Domandarsi se ha commesso qualcosa di sbagliato per essere condannato.
 Capire che i suoi sbagli come quelli degli altri sono il prodotto di ignoranza o
disturbo emotivo e non deve mai condannarsi per ciò.

4. E’ tremendo e catastrofico se le cose non vanno come ci piacerebbe che andassero; invece
di lasciarsi sconvolgere dalle circostanze frustranti della vita la persona razionale può:
 Determinare se le circostanze in apparenza frustranti lo sono realmente per loro
natura o se ne sta esagerando le qualità irritanti;
 Dovrebbe imparare dalle situazioni frustranti accettandole come sfide.

5. L’infelicità umana dipende da cause esterne e gli individui hanno poca o nessuna capacità
di controllare i propri disturbi; l’individuo informato e intelligente ammetterà che
l’infelicità nasce maggiormente dentro di noi ed è creata dalla stessa persona infelice
quindi:
 Riconoscerà che è lui la causa principale delle sue emozioni negative e dato che è lui a
produrle gli sarà facile anche eliminarle;
 Analizzerà le sue emozioni negative, le contesterà rendendosi conto della loro
insostenibilità e cambierà anche le azioni a cui esse lo stanno portando.

6. Se qualcosa è o può essere pericolosa bisogna preoccuparsene terribilmente e continuare a


pensare alla possibilità che succeda; l’individuo razionale dovrebbe adottare atteggiamenti
diversi verso i pericoli che può incontrare nella vita:
 Dovrebbe capire che le sue paure irrazionali aumentano i pericoli e sono più
frustranti degli eventi terribili di cui si sta mettendo paura;
 Dovrebbe fare spesso le cose che teme per provare a se stesso che non c’è nulla di
spaventoso;
 Dovrebbe affrontare le paure acquisite in passato fino a renderle inoffensive.

7. E’ più facile evitare certe difficoltà e responsabilità piuttosto che affrontarle; anziché
sottrarsi a difficoltà e sfide l’individuo razionale:
 Dovrebbe rassegnarsi a fare le cose necessarie per quanto gli sia sgradito;
 Non dovrebbe strafare ma adottare piani programmati di lavoro prefiggendosi
obiettivi minori e introducendo ricompense intermedie;
 Dovrebbe accettare che ripararsi ed evitare responsabilità sono intervalli giusti in
un’esistenza piena ma diventano eccessivi se occupano la maggior parte
dell’esistenza.

8. Dobbiamo dipendere dagli altri e abbiamo bisogno di qualcuno più forte di noi su cui
contare; l’individuo razionale dovrebbe cercare di reggersi con le proprie gambe e agire di
testa sua:

5
 Dovrebbe accettare il fatto che sotto alcuni aspetti sarà sempre solo al mondo e che
non è terribile essere autonomi;
 Dovrebbe comprendere che l’uomo impara sbagliando e che i suoi insuccessi non
hanno a che vedere con il suo valore personale come essere umano;
 Non rifiutare l’aiuto degli altri per mostrare che può farcela da sola, ma accettarlo
quando è necessario.

9. Il nostro passato è una determinante essenziale del nostro comportamento attuale e ciò
che ha influenzato la nostra vita deve avere per sempre lo stesso effetto; l’individuo
razionale può:
 Riconoscere che il presente sarà il passato di domani e che cambiandolo può rendere il suo
futuro diverso e più soddisfacente;
 Smettere di ripetere le sue azioni passate, costringendosi a cambiare il suo
comportamento;
 Valutare e ribellarsi solo alle idee del passato che lo danneggiano al momento presente.

10. Dobbiamo sconvolgerci per i problemi e i disturbi degli altri.


Invece di turbarci quando gli altri agiscono male:
 Dobbiamo domandarci se il comportamento degli altri merita di essere preso in
considerazione e interessarci;
 Dovremmo cercare con calma di indicare loro gli errori e aiutarli a superare difetti e
difficoltà;

11. C’è sempre una soluzione giusta, esatta e perfetta per tutti i problemi umani ed è una
catastrofe se non la si trova.
Invece di insistere sulla necessità di avere un controllo assoluto sulle situazioni difficili
l’individuo razionale:
 Dovrebbe, di fronte ad un problema di un certo rilievo, pensare a diverse soluzioni e
scegliere tra le alternative la più pratica anziché quella perfetta;
 Dovrebbe riconoscere che sbagliare è umano e dato che l’uomo generalmente impara per
prove ed errori dovrebbe essere disposto a sperimentare nuovi progetti.

CAP. 4 – L’ESSENZA DELLA TERAPIA RAZIONALE


Le idee irrazionali rappresentano le cause basilari della maggior parte dei disturbi emotivi in
quanto credendo alle sciocchezze insite in questi concetti, l’uomo tende a sviluppare reazioni di
difesa, ansia, sensi di colpa e a divenire infelice. Se invece riuscisse a liberarsi da questi pensieri
illogici gli sarebbe difficile mantenere a lungo il suo disturbo. La nostra è una civiltà nevrotizzante
dove quasi tutti sono più o meno disturbati emotivamente perché veniamo educati a credere in
cose assurde che ci rendono inevitabilmente infelici.
Il compito della psicoterapia è quello di convincere gli individui a sbarazzarsi delle idee illogiche e
modificare gli atteggiamenti autolesionistici. A differenza di quasi tutte le tecniche terapeutiche
6
che indicano al paziente come è diventato originariamente illogico senza indicargli come conservi i
suoi pensieri illogici, il terapeuta razionale muove un attacco diretto alle idee irrazionali del
paziente, insistendo affinchè s’impegni ad andare contro le assurdità di cui è convinto. Il suo
obiettivo è quello di indurre il paziente a interiorizzare una filosofia di vita razionale affrontando i
processi di pensiero irrazionale di base che sottendono tutte le paure che egli può sviluppare.
Nell’ambito di una terapia efficace può essere necessario accostarsi con prudenza al paziente che
è sconvolto quado viene in cura e permettergli qualche volta di esaminare i suoi stati d’animo
mediante associazione libera e altre tecniche espressive. Nonostante ciò il terapeuta razionale sa
che queste tecniche non sono in grado di arrivare al nocciolo del pensiero illogico del paziente.
Si può quindi affermare che il terapeuta razionale è un sincero propagandista che crede
nell’applicazione delle regole della logica, del pensiero razionale e del metodo scientifico alla vita
quotidiana. Ritiene infatti che l’uomo oggi potrebbe vivere molto meglio con se stesso e con gli
altri se divenisse più razionale e meno suggestionabile.
Il problema principale di un’esistenza efficace quindi non sembra quello di estirpare le
comunicazioni della gente ma di cambiarle così che diventino più radicate nel buon senso e questo
cambiamento secondo il terapeuta razionale si può ottenere persuadendo le persone a mettere in
discussione le loro convinzioni, riflettere e sviluppare costrutti più concreti e funzionali.
CAP. 5 – TERAPIA RAZIONALE E RAZIONALISMO
Inizialmente Ellis chiamò il suo metodo “razionale” perché il suo lavoro consisteva nel dimostrare
ai pazienti quali fossero gli aspetti irrazionali dei loro pensieri e indurli a dialogare con se stessi in
modo più razionale. Incontrò però diverse difficoltà nell’uso del termine psicoterapia razionale in
quanto altri terapeuti lo interpretavano in modo sbagliato e decise di modificarlo in psicoterapia
razionale emotiva. Questo nuovo attributo denota una forma di terapia a orientamento duplice in
quanto:

 Indica il metodo cognitivo- persuasivo -didattico-riflessivo di rivelare al paziente quali siano


le filosofie irrazionali di base e dimostrargli come esse lo conducono a un comportamento
emotivamente disturbato e devono essere attaccate se si vuole migliorare tale
comportamento;
 Indica che l’obiettivo principale della terapia è quello di modificare le emozioni più sofferte
dal paziente e insieme ad esse anche i suoi pensieri;
 Indica che la terapia non si limita ad essere un metodo passivo ma sottolinea l’azione, lo
sfondo e la pratica, infatti il terapeuta razionale- emotivo ma dimostra solo al paziente che
agisce in maniera illogica ma si sforza di convincerlo a lottare contro i suoi
autoindottrinamenti.
La terapia razionale-emotiva segue inoltre una prospettiva razionale-umanistica della vita e del
mondo integrando gli elementi del razionalismo antico e moderno con elementi
dell’umanesimo esistenzialismo e realismo perché:

 Sottolinea che le emozioni umane non esistono come cose in sé ma consistono in


atteggiamenti, convinzioni che sono acquisite attraverso l’apprendimento e che devono
essere modificati con sfondi sufficienti da colui che soffre di emozioni inappropriate;

7
 Sostiene che l’essere umano è l’unico animale che ha la possibilità di cambiare e
controllare il suo comportamento futuro se dedica nel presente tempo ed energie
sufficienti.
L’aspetto della psicoterapia razionale-emotiva che riassume meglio la capacità dell’individuo di
determinare buona parte del suo comportamento è rappresentato dalla TEORIA A-B-C della
personalità umana che è parte della RET: questa teoria afferma l’esistenza di uno stimolo A
(antecedente) del pensiero e delle attività mentali che hanno come oggetto l’antecedente (B) e le
conseguenze di queste attività mentali (C).
La teoria A-B-C può essere utilizzata con tutti i pazienti dai leggeri nevrotici agli psicotici gravi e
anche con i bambini.

CAP. 6 – RAZIONALITA’ E VALORE PERSONALE


Numerosi pensatori ritengono che l’uomo sia dotato di valore semplicemente perché esiste e non
per una sua prestazione estrinseca quindi l’uomo possiede sempre quello che Hartman definisce
“valore intrinseco”. Il fatto di esistere non prova però l’essere degni di valore in quanto non è altro
che una definizione, supposizione che non può essere dimostrata scientificamente perché non
esiste alcuna prova empirica a cui può essere rapportata. Nemmeno il concetto di valore
estrinseco ma del proprio valore per gli altri va preso alla lettera perchè è sempre un concetto
relativo e varia da un osservatore all’altro.
Un primo problema deriva dalla credenza che le valutazioni degli altri, solo perché sono spesso
accettate come la propria valutazione di se stessi, debbono essere sempre accettate: non esiste
infatti un rapporto di equivalenza tra il proprio valore estrinseco ed il proprio valore intrinseco
perché è possibile che l’opinione che formiamo su noi stessi è diversa dal giudizio degli altri.
Per quanto riguarda il valore intrinseco spesso il valore che un individuo ha per se stesso è confuso
con la sua felicità o godimento: la felicità non equivale però al valore personale, essere più felici
non vuol dire diventare più degni di valore. Un uomo per esempio può essere affetto da una
continua sofferenza e non essere quindi molto felice, ma ciò non significa che sia privo di valore
perché l’esistere comporta la possibilità del divenire (trasformarsi in qualcosa di diverso da ciò che
si è in un certo momento) e finchè il suo stato di essere vivo gli offre la possibilità di cambiare non
si può dire che egli sia privo di valore.
Ellis infatti nella sua terapia razionale emotiva arriva a dimostrare ai pazienti che:

 Sono privi di valore solo in base alle loro definizioni arbitrarie;


 Se mantengono queste definizioni e continuano a ritenersi una nullità si procurano sintomi
nevrotici svantaggiosi come ansia, sensi di colpa e depressione.
Se il terapeuta riesce a convincerli essi stessi concludono che non sono intrinsecamente privi di
valore. Secondo Ellis però nonostante abbia dimostrato questo ai suoi pazienti, non gli ha
dimostrato che devono essere intrinsecamente degni di valore. La migliore soluzione a questo
problema sarebbe accettare il giudizio estrinseco altrui del proprio valore e sforzarsi di

8
modificare alcune caratteristiche esterne per accattivarsi l’approvazione degli altri, essendo
ancora se stessi.
Il terapeuta razionale-emotivo cerca di aiutare i pazienti ad avere il cosiddetto “coraggio di
essere” che comprende:

 Il desiderio (anziché il bisogno) di essere approvati dagli altri;


 La tendenza a riconoscere il valore estrinseco che gli altri ci attribuiscono;
 Il rifiuto di accettare il valore estrinseco attribuitoci dagli altri quale nostro valore
intrinseco;
 Impegno nel processo piuttosto che nei prodotti della vita;
 Accettazione dell’io come soggetto creativo e non come oggetto passivo che ha bisogno di
dipendere dall’aiuto e approvazione degli altri.
Per permetter al paziente di raggiungere questi obiettivi e definire il suo valore intrinseco nei
termini del suo essere e divenire, il terapeuta razionale lo esorta a demolire il bisogno pressante di
essere approvato e avere successo per poter essere “degno di valore” e di tradurre i bisogni in
preferenze.
Secondo Harper dato che coloro che sono ancora in vita agiscono in base al presupposto che valga
la pena vivere, la singola persona è dotata di valore. Una volta convinti di essere degni di valore
perché esistono, i pazienti smettono di essere tanto ansiosi riguardo al successo personale e
sociale.
Wagner ritiene invece che i sentimenti di indegnità e depressione si producono quando il soggetto
dice a se stesso non solo che è inadeguato ma anche che lo è in maniera irreparabile.
Le supposizioni di essere privi di valore sono quindi frasi che non hanno un senso reale ma hanno
una grande probabilità di condurre a molti danni. Il valore e la saggezza consistono infatti
nell’astenersi dal formulare simili assunzioni non verificabili.

CAP. 7 – PSICOTERAPIA ATTIVO-DIRETTIVA


La psicoterapia razionale emotiva si schiera a favore di un’attività intensiva da parte del paziente e
del terapeuta. La sua teoria ritiene che:
1. In una psicoterapia efficace bisogna cambiare gli atteggiamenti del paziente e ciò è
possibile attraverso un metodo didattico (se è vero che le persone sviluppano disturbi
emotivi accettando idee irrazionali allora è possibile persuaderle e aiutarle a pensare in
maniera più logica così da colpire alla base i loro disturbi);
2. L’individuo nevrotico diventa disturbato non solo perché i genitori lo spingono a credere in
concetti non veri ma anche perché egli stesso se li ripete e la società continua a diffonderli
attraverso pubblicità, film, canzoni, ecc.
Dal momento in cui le premesse irrazionali dell’individuo su se stesso e sugli altri sono
profondamente radicate, il terapeuta deve assumere un ruolo attivo nel contestare le idee false e
fornire soluzioni efficace per i problemi.

9
Al contrario gli psicoanalisti classici e i terapeuti non direttivi hanno utilizzato la normale resistenza
del paziente a cambiare come un motivo per non muovere alcun attacco nei suoi confronti.
Secondo Ellis però il compito del terapeuta (che dovrebbe essere emotivamente più forte del
paziente) consiste nell’accettare la resistenza e nel continuare a demolirla, correndo il rischio di
attaccare le difese del paziente anche attraverso un linguaggio mirato, a volte crudo, per scuoterli
dalla loro sgradevolezza; l’atteggiamento passivo del terapeuta invece può incoraggiare i pazienti
ad approfittarsi di lui in quanto più egli è passivo meno i pazienti sono spinti a cambiare.
Bisogna inoltre tener conto del fatto che l’individuo che ha acquisito delle abitudini deve insistere
molto sul processo di disapprendimento e riapprendimento quindi è necessario che il terapeuta
persista nel reindottrinare i pazienti finchè essi non modificano i loro schemi di comportamento
rendendoli più funzionali.
Nella psicoterapia razionale- emotiva è dunque necessario utilizzare:

 La perseveranza: quando i pazienti insistono che non si sentono colpevoli è importante


metterli di fronte al fatto che sono disturbati e quando insistono che non conoscono la
ragione del loro disturbo bisogna convincerli che sanno il perché e che si stanno
indottrinando con auto verbalizzazione che li sconvolge;
 L’assegnazione di compiti a casa (a volte vaghi, altre volte molto specifici).
Le modifiche comportamentali più rapide e più indicate derivano da un attacco combinato
(verbale e senso motorio) di vecchi schemi disfunzionali di pensare-agire.

CAP. 8 – TERAPIA RAZIONALE DI GRUPPO


Sin dall’inizio la terapia razionale di gruppo ha assunto un andamento didattico e ben integrato in
quanto la seduta inizia con l’esposizione di un problema da parte di un paziente e gli altri
partecipanti mettono in discussione e analizzino logicamente i suoi pensieri come farebbe un
terapeuta in una seduta individuale. All’interno del gruppo viene affrontato qualsiasi argomento, il
tenore della discussione è sincero e l’intervento dei partecipanti o del terapeuta ha lo scopo di
dimostrare al paziente che non c’è nulla di spaventoso nel rivelarsi agli altri.
L’obiettivo ultimo, come in tutta la RET è quello di cambiare i pensieri e i sentimenti negativi dei
partecipanti. Questa terapia presenta dei vantaggi, tra cui:
1. Il paziente, avendo di fronte un intero gruppo di persone, mette in discussione le sue idee
irrazionali e può essere persuaso a dubitare di esse in maniera più efficace del paziente che
viene criticato solo dal terapeuta;
2. In questa terapia tutti i pazienti, in diversi momenti, tendono ad assumere il ruolo di
terapeuta e questo è un metodo auto didattico molto efficace;
3. Nella terapia di gruppo il fatto stesso di ascoltare i problemi degli altri è qualche volta
terapeutico,
4. In questa terapia gli individui disturbati che riflettono sui loro disturbi possono trovare
risposte individuali che possono essere utilizzate anche dagli altri (es possono essere utili
gli homework pratici che essi si assegnano);

10
5. Spesso in un membro del gruppo (in particolare quello che è restio ad osservare con
chiarezza il suo comportamento) riesce ad osservare attraverso la terapia di gruppo il
comportamento nevrotico degli altri e dopo aver visto il loro modo di agire sa riconoscere
in se stesso la stessa attività;
6. Spesso l’homework di gruppo è più efficace di quello assegnato individualmente;
7. Rispetto alla terapia individuale in cui il paziente può fornire un resoconto falsato delle sue
interazioni con gli altri, in questa terapia, dal momento in cui il paziente interagisce
all’interno del gruppo, il terapeuta può osservare il suo comportamento reale senza
affidarsi alle parole;
8. Il gruppo offre al paziente disturbato più ipotesi sulle cause di alcuni suoi comportamenti,
di quante potrebbe offrirgliene una terapia individuale;
9. In alcuni casi questa terapia può offrire ai pazienti l’opportunità di approfondire i propri
disturbi più di quanto non faccia la terapia individuale (una seduta di terapia di gruppo
dura in genere un’ora e mezza, mentre quella individuale 45 minuti.
Oltre ai vantaggi, questa terapia presenta anche degli svantaggi rispetto a quella individuale:
1. All’interno del gruppo ogni individuo non può ricevere la stessa attenzione che riceve nelle
sedute individuali;
2. Nella terapia di gruppo un componente di un gruppo di 10/12 persone ha meno probabilità
di ottenere dal terapeuta una certa concentrazione sul suo problema, persuasione e
incoraggiamento.
Inoltre la terapia collettiva non è adatta a tutti i pazienti ma è invece necessaria per altri.
Ellis ritiene, in base alla sua esperienza, che le sedute individuali tendono ad essere più
interessanti e proficue quando il paziente partecipa anche a un gruppo, in quanto il
comportamento che mostra nella seduta collettiva può essere analizzato più nel dettaglio
durante la seduta individuale.
I risultati migliori, secondo lui, si ottengono incontrando all’inizio della cura i pazienti in sedute
individuali per poi farli entrare (dopo qualche seduta introduttiva) in una terapia di gruppo
(inizialmente con frequenza settimanale). Dopo circa 2-3 anni si possono eliminare quasi
completamente le sedute individuali e mantenere solo quelle di gruppo.

CAP. 9 – TERAPIA RAZIONALE E ALTRI METODI TERAPEUTICI


Possiamo confrontare la psicoterapia razionale-emotiva con altri metodi terapeutici importanti e
possiamo evidenziare somiglianze e differenze:
RET E PSICOANALISI FREUDIANA
Esistono delle differenze evidenti tra questi due approcci in quanto:

 La psicoanalisi classica consiste nell’applicazione di tecniche di associazione libera, analisi


dei sogni e della relazione di transfert tra analista e paziente;
 Nella RET si impiegano raramente le associazioni libere e l’analisi dei sogni mentre per
quanto riguarda il transfert si preferisce elaborare quelli che il paziente opera dai genitori a
11
persone legate a lui al di fuori della terapia piuttosto che interpretare i transfert emotivi
con il terapeuta.
Inoltre, per quanto riguarda il complesso di Edipo mentre i freudiani si limitano a descrivere i
processi senza eliminare le radici più profonde, il terapeuta razionale attacca le comunicazioni che
sostengono questo fenomeno e quindi lo sopprime in modo più radicale.
RET E PSICOLOGIA ANALITICA JUNGHIANA
La RET combacia con la terapia junghiana perché entrambe ritengono che l’obiettivo terapeutico
dovrebbe essere tanto la crescita dell’individuo quanto la guarigione del suo disturbo psichico.
Al tempo stesso esse differiscono perché il terapeuta razionale non dedica molta attenzione
all’analisi dei sogni, fantasie e non è interessato ai contenuti mitologici del suo pensiero.
RET E TERAPIA ADLERIANA
Il fattore comune è che convinzioni e atteggiamenti da un lato e scopi esistenziali dall’altro sono
una forma di pensiero. Entrambi questi approcci:

 Credono che prima di parlare al paziente questo deve essere convinto di qualche idea
irrazionale per poi ricercare l’irrazionalità, identificarla e rivelarne i difetti in modo che il
paziente sia costretto a rimpiazzarla;
 Credono che gli esseri umani sono influenzati dall’idea che hanno delle cose e che quindi
cambiando il loro dialogo interiore possono cambiare loro stessi.
Adler si distacca però dai terapeuti razionali nelle sue concezioni dell’interesse sociale, in quanto
crede che tutti i suoi sforzi servono ad accrescere l’interesse sociale del paziente;
Il terapeuta razionale crede invece che i suoi sforzi sono dedicati all’accrescimento dell’interesse
proprio del paziente, in quanto è convinto che se la persona possiede un interesse razionale per sè
stesso tenderà anche ad avere un interesse sociale.
RET E TERAPIA NON DIRETTIVA O CENTRATA SUL CLIENTE
I due approcci si somigliano in quanto entrambi accettano i pazienti malgrado le loro
incompetenze, comportamenti e disturbi, però il terapeuta razionale va anche oltre quello
Rogersiano perché oltre ad accettare il paziente senza atteggiamenti di condanna gli insegna ad
accettare se stesso e gli altri senza condannarsi né condannare.
RET E TERAPIA ESISTENZIALISTA
Nonostante i terapeuti razionali condividono gli obiettivi dei terapeuti esistenzialisti ritengono che
(come i Rogersiani) che persone disturbate sono così piene di indottrinamenti da trarne poco
vantaggio anche dai migliori incontri esistenziali.
Secondo la RET quindi i loro incontri possono essere utili però spesso occorre una maggiore
quantità di insegnamenti diretti, di persuasione per scuotere questi pazienti dai pensieri negativi.
RET TERAPIA DEL COMPORTAMENTO

12
Il terapeuta razionale accetta le premesse dei comportamentisti ed è convinto che gli uomini siano
addestrati a rispondere in maniera non adeguata ad alcuni stimoli e che possono essere
ricondizionati nel corso del processo terapeutico. Egli però cerca non solo di ricondizionare la
risposta nevrotica dell’individuo ma anche di modificare la base filosofica di queste reazioni in
modo che non temano a ripresentarsi in futuro.
RET E ALTRE SCUOLE DI TERAPIA
La RET ha molte somiglianze con la Semantica Generale e ci sono pochi contrasti con alcune
concezioni espresse da Reich.
Secondo lui i disturbi emotivi si rispecchiano nella postura, nei gesti e nelle abitudini motorie
dell’individuo, per cui aiutare una persona disturbata ad allentare tensioni di natura fisiologica può
contribuire a farle affrontare i suoi problemi psicologici.
Il terapeuta razionale si mantiene invece dentro la sfera ideologica piuttosto che fisiologica.

CAP. 10 – ESAME DI ALCUNE OBIEZIONI SOLLEVATE CONTRO LA PSICOTERAPIA RAZIONALE-


EMOTIVA
1. Qualsiasi metodo psicoterapeutico razionale tende ad essere troppo freddo,
intellettualizzato o eccessivamente verbale. I terapeuti razionali emotivi hanno risposto a
questa obiezione dicendo che la RET:
 tiene conto delle emozioni del paziente in quanto non viene chiesto al paziente il parere
dei suoi pensieri ma di come si sente riguardo ad essi;
 non intellettualizza o ignora le emozioni perché pensieri ed emozioni sono collegati;
 pone l’accento sull’edonismo sul piacere e sulla felicità piuttosto che sulle gioie
dell’intelletto e delle idee;
 pur utilizzando una precisa tecnica terapeutica razionale-emotivo, insegna al paziente
soprattutto con l’esempio, fungendo da modello non disturbato nei rapporti con i pazienti;
 si occupa delle verbalizzazioni consce ed inconsce del paziente come qualsiasi altra forma
di psicoterapia perché se il paziente non comunica con sé stesso attraverso un linguaggio
interno non può evitare di ricadere in un comportamento nevrotico precedente;
Il razionalismo estremo può distruggere le emozioni ma gli esponenti della RET utilizzano il
termine “razionale” per indicare che mostra la ragione che conduce a risultati funzionali per la
felicità umana perché solo colui che ragiona può scoprire i meccanismi irrazionali.
2. L’uso della ragione è limitato nel campo delle relazioni umane e della psicoterapia,
pertanto la ragione presenta dei limiti. I terapeuti razionali-emotivi rispondono che:
 Il razionalista moderno non crede in modo assoluto al potere della ragione ma è convinto
che l’uomo anche se non può vivere di sola ragione, può ridurre i suoi disturbi ragionando
con chiarezza, coerenza, logicità e realismo;
 Ammesso che la ragione abbia limiti ciò non contraddice il fatto che essa sia uno degli
strumenti migliori a nostra disposizione per scoprire le cause dei disagi emotivi;
 Proprio perché gli uomini tendono all’irrazionalità e si danneggiano da soli hanno bisogno
dell’aiuto di un terapeuta per superare interamente i loro limiti innati di ragionamento;
13
3. La RET è una forma di terapia superficiale, basata sulla suggestione e sul pensiero
“positivo” incapace di accedere ai pensieri e ai sentimenti sepolti nell’inconscio, che porta
all’eliminazione dei sintomi anzichè alla guarigione reale e che incoraggia le recidive da
parte dei presunti guariti.
I terapeuti razionali-emotivi rispondono che:
 Lo scopo della RET è cambiare la filosofia di vita dell’individuo e questo indica che è una
terapia centrata sul profondo e non superficiale;
 La RET cerca di mettere a nudo le motivazioni e le reazioni emotive inconsce negative del
paziente, quindi si interessa dei pensieri e sentimenti autodistruttivi consci dell’individuo
senza minimizzare le loro parti inconsce;
 La RET fa uso della suggestione e il terapeuta si sforza di dimostrare al paziente che il
“pensiero positivo” non lo aiuterà e che deve ammettere a sé stesso che i suoi pensieri
negativi sono ancora presenti e deve metterli in discussione finchè non vengono eliminati
definitivamente utilizzando quindi una contro suggestione illuminante e costruttiva;
 Non considerano guarito un paziente quando in poco tempo ha mostrato buoni
miglioramenti, in quanto il loro obiettivo è quello di ottenere un cambiamento completo
dei sistemi di valori e non si accontentano di cambiamenti superficiali;
 Non ci sono prove del fatto che gli effetti benefici della RET svaniscono prima, rispetto a
quelli delle altre terapie. Un paziente trattato con la RET è probabile che vada incontro a
ricadute perché il paziente arriva ad accettare uno stile di vita completamente nuovo
quindi è difficile che ricada totalmente nel suo modo disturbato di pensare,
 I pazienti che intraprendono l’analisi razionale-emotiva acquisiscono la filosofia secondo
cui è saggio accettare persone e circostanze spiacevoli quando ciò comporta vantaggi
concreti e quando non c’è alternativa. Nonostante ciò la persona razionale si sforzerà
temporaneamente di accettare le condizioni spiacevoli e farà il possibile per cambiarle;
 La RET sottolinea che il principio basato sulla realtà di rimandare piaceri attuali per
vantaggi fittizi è più sano del principio basato sul piacere di sforzarsi ad ottenere solo
vantaggi immediati;

4. La RET è eccessivamente direttiva-autoritaria, è uno strumento di lavaggio del cervello.


I terapeuti razionali-emotivi rispondono che:
 Il problema non è se il terapeuta è autoritario e direttivo ma in che modo esercita la sua
autorità in quanto tutti i terapeuti che cercano di aiutare il paziente a percepire la sua
ostilità (per quanto il loro approccio possa essere passivo o indiretto) sono direttivi e
autoritari come il terapeuta della RET; quest’ultimo però impiega la sua autorità in modo
onesto a differenza degli altri;
 nella RET non sono i pazienti ma le loro idee irrazionali ad essere attaccate dal terapeuta, al
fine di modificarle. Ciò rappresenta l’opposto di chi pratica il lavaggio del cervello per scopi
politico-economici senza tenere al benessere dell’individuo;
 nella RET il terapeuta utilizza le sue ipotesi ben provate che il disturbo derivi da certe cause
e possa essere alleviato se porta il paziente ad agire sperimentalmente in maniera avversa
da prima, piuttosto che lavorare con i suoi pazienti attraverso supposizioni poco fondate.
Ciò implica l’applicazione di un procedimento scientifico nella terapia;

14
 la RET non dissuade un paziente dal ragionare di testa sua perché un paziente disturbato
non è davvero indipendente in quanto non riesce a sfruttare il suo potere decisionale
democratico. Dopo che il terapeuta ha attaccato le sue idee, egli diventa per la prima volta
realmente indipendente e libertà.

5. La RET può funzionare con alcuni pazienti ma non con individui poco intelligenti, poco
istruiti o con psicotici, psicopatici e ossessivo-coatti. Ellis risponde che la RET:
 sembra ottenere un miglioramento più rapido (grazie alla sua semplicità e chiarezza)
proprio con i pazienti intellettualmente meno brillanti;
 è applicabile agli psicopatici perchè permette di dimostrare ad essi come si stiano
danneggiando da soli e come debbano cambiare i loro modi di agire se vogliono evitare
problemi in futuro;
 come ogni altra forma di psicoterapia è difficile con pazienti ossessivo-coatti, però è
ottimista nell’aiutare questi pazienti a superare molti limiti biologici (raramente tutti).

CAP. 11 – I LIMITI DELLA PSICOTERAPIA


Ellis ritiene che anche i risultati delle forme di psicoterapia più efficaci sono limitati, in quanto i
pazienti non appena hanno convinto se stessi e il terapeuta di aver acquisito un insight nelle cause
dei loro disturbi e di averlo messo in atto, si comportano di nuovo in modo autolesionistico.
Questa condizione viene chiamata “resistenza” e secondo Ellis i pazienti ne fanno uso in quanto
hanno paura di non essere sufficientemente competenti da superare il loro disturbo ed essendo
convinti che non dovrebbero faticare per stare meglio, non si sforzano di lavorare per aiutare se
stessi. Queste spiegazioni psicodinamiche della resistenza non sembrano però chiarire
completamente la questione: Ellis crede che l’insorgenza e il mantenimento del disturbo è un
fenomeno anche biologico e quindi anziché concentrarsi solo sulle radici psicodinamiche del
disagio emotivo e della resistenza bisogna studiare le radici biologiche. Ha quindi formulato un
elenco delle determinanti biologiche delle nevrosi e della resistenza alla terapia:

 periodo d’infanzia prolungata: le impressioni precoci rimangono nella psiche e influenzano


a lungo il suo comportamento prima che cominci ad essere influenzato dalle esperienze
adolescenziali e della vita adulta;
 difficoltà di disimparare: una volta che l’uomo ha imparato a fare qualcosa è il tipo di
organismo che ha difficoltà a disimparare;
 principio di inerzia: una volta che l’uomo è entrato in azione procede in maniera regolare
nell’attività ma per intraprenderla spesso ha bisogno di uno sforzo maggiore e data la
difficoltà o rinuncia a questo sforzo o si ribella e rimane nel suo stato autolesionistico;
 scarsa perspicacia: l’edonismo a lungo termine ha più probabilità di produrre risultati
migliori rispetto a una ricerca del piacere immediato ma gli uomini sono animali cui non
piace vivere di probabilità anche quando non hanno possibilità di scelta;
 predominio del desiderio: un intenso desiderio può interferire con le decisioni giudiziose e
finalizzate all’auto conservazione dell’uomo e spesso chi prova forti desideri mostra meno
capacità di ragionare in caso di necessità. Ciò è correlato con il comportamento nevrotico;

15
 ipersuggestionabilità: dato che non c’è una regola generale che indichi quando sono più
opportuni il conformismo o il ragionamento indipendente per l’individuo è difficile
adattarsi in modo flessibile alle circostanze e persone che incontra nella vita e spesso tende
a comportarsi in maniera ipersuggestionabile dunque nevrotica;
 vigilanza e prudenza eccessive: l’uomo presenta oltre a un certo grado di ansia esistenziale
anche una tendenza a un’angoscia eccessiva (nevrotica) che potrebbe essere superata in
seguito a un’educazione razionale;
 grandiosità e ribellione eccessiva: il bambino è grandioso, eccessivo e ribelle e almeno che
non venga educato a non esserlo, manifesterà questo comportamento anche da
adolescente e da adulto. Essendo però un essere umano da adulto si rifiuterà di accettare
la realtà e continuerà a combattere l’ordine costituito finendo per danneggiarsi. Le sue
spinte biologiche all’espressione della sua personalità rimangono infantili quindi
nevrotiche;
 estremismo: l’uomo quando manifesta un comportamento non ha tendenze moderatrici
ma si aggrappa all’una e all’altra posizione estrema trovandosi in una costante condizione
di squilibrio. Sembra inoltre che alcuni elementi del sistema nervoso portino l’uomo a
reagire in modo drastico senza vie di mezzo;
 oscillazione e incoerenza: la personalità umana tende allo squilibrio, all’irregolarità e
all’incoerenza però prima che si possa superare uno schema disadattato di comportamento
si crea un circolo vizioso biologico: diventa difficile quindi troncare le vecchie abitudini e
sostituirle con delle nuove. Il circolo vizioso si interrompe solo quando queste ultime
permangono a lungo ma finchè non arriva questo momento, l’uomo fa difficoltà ad
abbandonare i suoi schemi nevrotici;
 automaticità e mancanza di riflessività: l’uomo riesce ad eseguire in maniera automatica,
senza riflettere, gli schemi comportamentali appresi. Se però apprende un comportamento
nevrotico può solo riprodurlo e mostrare difficoltà ne liberarsene;
 oblio: gli uomini hanno la tendenza a dimenticare i risultati spiacevoli del loro
comportamento quindi tornano con facilità ad agire in maniera autolesionistica anche
quando sono riusciti temporaneamente a gestire i loro comportamenti disfunzionali;
 credere ciò che si desidera (whishful thinking) : l’uomo ha la tendenza innata ad aspettarsi
che esista una cosa perchè lo desidera intensamente ma questa tendenza si scontra con i
nostri limiti e quelli del mondo, quindi se non impara a mettere in discussione le sue
convinzioni si comporterà da nevrotico;
 scarse capacità di concentrazione e organizzazione : troviamo difficile concentrarci in modo
prolungato su una specifica situazione e possiamo opporre resistenza al nostro
miglioramento non perché non vogliamo migliorare ma perché non riusciamo a
concentrarci su questo miglioramento soprattutto in un breve periodo di tempo;
 sforzo non prolungato: oltre alla scarsa capacità di concentrazione gli esseri umani tendono
a non saper reggere sforzi prolungati e ciò potrebbe essere dovuto alla scarsa motivazione
e alla paura di fallire; è però anche possibile che la paura di fallire derivi da difficoltà
biologiche di reggere sforzi prolungati;
 accento esagerato sull’ingiustizia: nonostante sia probabile che l’uomo non nasca con un
senso d’ingiustizia, sembra che possa diventare molto facilmente moralistico; Se l’uomo

16
possiede quindi una tendenza biologica a condannare ed essere ostile nonché verso il
moralismo tenderà a rimanere nevrotico;
 accento esagerato sulla colpa: nonostante tanti sensi di colpa vengono acquisiti attraverso
l’educazione anche la propensione a condannare noi stessi può avere in parte un substrato
biologico; se così fosse un individuo disturbato avrà poche probabilità di aiutarsi a superare
il disturbo perchè prima si condannerà per essere disturbato e poi perché continua a
rimanere disturbato (stabilisce un circolo vizioso);
 ricerca di stimolazioni eccitanti: anche se ama la sicurezza, la stabilità e la costanza, l’uomo
trova soddisfazione nella varietà, nell’avventura e nella ricerca di stimolazioni eccitanti; la
vita moderna è però poco avventurosa dato il conformismo della nostra società quindi
queste tendenze (in parte innate) alla ricerca di avventura devono essere represse e da ciò
origina la tensione;
 facilità allo stress: l’uomo è incline a reagire in modo negativo a uno stress prolungato ossia
tende a esaurirsi fisicamente e mentalmente quando è esposto a cattive condizioni
somatiche e psicologiche (tipiche della vita attuale);
 mancanza di un’obiettiva visione di se stessi: può essere in parte il prodotto di difficoltà di
concentrazione però è anche difficile valutare in modo obiettivo le nostre prestazioni
perché siamo troppo presi dal risultato. Le nostre valutazioni tendono ad essere
moralistiche anzichè obiettive e le emozioni legate a valutazioni moralistiche possono
oscurare le osservazioni riguardo le proprie prestazioni;
 difficoltà di discriminazione: anche gli esseri umani più intelligenti possono trovare
difficoltà di discriminazione che portano a trovare difficoltà con se stessi e con gli altri.
Queste difficoltà quindi (ammesso che abbiano radici biologiche oltre che sociali)
interferiscono negativamente con la nostra vita e si ripercuotono negativamente anche
nella terapia;
 tendenze all’ipergeneralizzazione: una particolare difficoltà di discriminazione è chiamata
ipergeneralizzazione. L’uomo oltre ad essere dotato biologicamente della facoltà di
organizzare le sue percezioni in generalizzazioni, è dotato anche della capacità negativa di
ipergeneralizzare. Ciò comporta il fatto che egli tenderà a formulare facilmente
ipergeneralizzazione anche sui principi terapeutici sabotando il processo di guarigione;
 tendenza all’apprendimento lento: molte persone tendono ad apprendere molto
lentamente (in molti casi ciò sembra dovuto a fattori biologici) danneggiandosi da soli e
sembra che esse tendano anche a opporre resistenza a un rapido cambiamento
terapeutico;
 avventatezza e impulsività eccessiva: l’avventatezza sembra possedere componenti
biologiche (altre quelle acquisite socialmente) ed è quasi certo che questi aspetti biologici
portano l’individuo a cacciarsi in una situazione prima di aver esaminato la possibilità di
correre rischi. Questa impulsività può contribuire anche a rallentare il progresso
terapeutico;
 ritardo percettivo: in molti aspetti della nostra vita c’è un ritardo tra le nostre percezioni e
le nostre risposte nonché un ritardo di comprensione (tra i pensieri e le emozioni
dell’individuo). A causa di questi ritardi risulta chiaro che tendiamo facilmente a
comportarci in maniera autolesiva e abbiamo grandi difficoltà a eliminare questo auto
sabotaggio nevrotico;

17
 facilità di sopravvivenza con i disturbi emotivi : dato che molte volte per l’uomo è facile
sopravvivere con le sue limitazioni nevrotiche e ottenere vantaggi dai propri sintomi, è
chiaro perché molte persone acquisiscono una sintomatologia nevrotica e non compiono
sforzi per eliminarla. La disinvoltura (fondata su fattori biologici) con la quale riescono a
farlo è una motivazione più importante del loro rimanere emotivamente disturbati;
 malessere fisico: molti individui sono affetti da ogni tipo di malessere fisico che li rende
inclini alla depressione, a stati di panico, ostilità e altri disturbi emotivi. Spesso quando
soffrono di una malattia gli individui non si sentono sufficientemente in forze per affrontare
problemi psicologici per cui ogni tentativo psicoterapeutico che possono compire in quel
momento può essere sabotato;
 difficoltà di sottoporsi a una disciplina prolungata : anche se a volte l’accetta con piacere,
l’uomo crede che la disciplina prolungata risulti monotona e interferisca con la sua libertà e
spontaneità. Infatti, proprio come è difficile per l’individuo essere a lungo autodisciplinato
e rimanere esente da nevrosi, è difficile per lui sottostare a una disciplina costante quando
tenta di superare i suoi disturbi nevrotici;
 gestione terapeutica delle tendenze biologiche del comportamento irrazionale: se esistono
quindi queste tendenze innate a pensare e agire irrazionalmente quali soluzioni possiamo
suggerire?
1 Cambiare la natura umana: nonostante potrebbe essere vantaggioso per l’uomo eliminare,
con interventi di manipolazione genetica, le caratteristiche “negative”, come la psicosi e la
deficienza mentale, non c’è prova che diventeremmo migliori eliminando tutte le tendenze
nevrotiche. Questa soluzione non è al momento chiara e possibile;
2 Acquisire una filosofia di vita benefica che ci consenta (anche se con molti sforzi) di vivere
bene malgrado i nostri limiti intrinseci. Ciò implica che:
 L’individuo dovrebbe capire le influenze esercitate dall’ambiente nella sua vita e fare
del suo meglio per attenuarle
 L’individuo dovrebbe comprendere le influenze biologiche della sua vita e fare del suo
meglio per attenuarle.
La RET si prefigge di non contestare ma mettere in discussione i pensieri e i comportamenti
irrazionali dell’individuo e accettare senza sensi di colpa l‘esistenza delle “normali” tendenze
innate all’irrazionalità e combatterle lucidamente in modo da far divenire l’individuo più razionale.
La RET non crede che sia probabile che l’uomo diventi perfettamente in grado di rispondere alle
sue funzioni e ai suoi compiti, ma è fiducioso che egli diventi più logico di quanto è normalmente
portato a essere.

18

Potrebbero piacerti anche