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LO SVILUPPO DEL COUNSELING

E SUE APPLICAZIONI

Aggiornamenti e Ricerche
Aggiornamenti e Ricerche
n. 1

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING
E SUE APPLICAZIONI

Aggiornamenti e Ricerche
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Copyright: Centro Studi del Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi
Piazzale di Porta Pia, 121 - 00198 Roma
segreteria@centrostudicnop.it
www.centrostudicnop.it

Stampato nel mese di Novembre 2019


dalla Tipolitografia Morphema
Strada di Recentino, 41 - Terni

Fotocomposizione Morphema

ISBN: 978-88-31411-00-4

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INDICE
1 INTRODUZIONE 7
di F. Giardina

2 UN CONTRIBUTO ALLA CHIAREZZA SCIENTIFICA ED OPERATIVA 11


di D. Lazzari
1. Un'attività che diviene una professione? 11
2. Una più adeguata idea di salute 13
3. Counseling: un oggetto e una metodologia 16
4. Valorizzare il Counseling per rispondere ai nuovi bisogni 18
5. Il Counseling nei livelli essenziali di assistenza 19
6. Conclusioni 23
7. Bibliografia 23

3 IL COUNSELING OGGI: PROSPETTIVE E AMBITI APPLICATIVI 25


di G. Sarchielli
1. Introduzione 25
2. Punti di attenzione per comprendere lo status del Counseling 27
2.1 Persistenza di vincoli definitori e interpretativi 27
2.2 Cosa possiamo apprendere dalla situazione internazionale 31
2.3 Contrastare l'immagine stereotipata della psicologia 33
2.4 Riflettere sul Counseling entro i limiti normativi italiani 37
3. La necessità di parametri per connotare le azioni di Counseling 40
3.1 L'importanza delle finalità nelle azioni consulenziali di aiuto 41
3.2 Il Counseling è una funzione più che una professione 44
3.3 Modus operandi: gli effetti differenziali del contesto, 46
del tipo di utenti e delle metodologie
4. Specialità versus trasversalità della funzione di Counseling 51
5. Conclusioni 58
6. Bibliografia 60

4 LE SPECIFICITÀ DEL COUNSELING IN AMBITO CLINICO E DELLA SALUTE 63


di M. Fulcheri, D. Carrozzino, C. Patierno
1. La nascita e l'evoluzione del Counseling 63
1.1 Il Counseling in Italia 65
1.2 Ambiguità strutturali legate alla radice etimologica 66
del termine Counseling
1.3 Il Counseling come specifica relazione dell'aiuto psicologico 67
1.4 La funzione di Counseling in ambito sanitario 70
1.5 Il Counseling psicologico-clinico nei diversi contesti 72
di medicina generale
2. Conclusioni 76
3. Bibliografia 77

5
5 ESPERIENZE DI COUNSELING IN AMBITO ONCOLOGICO 79
di G. De Benedetta
1. Introduzione 79
2. Un modello di intervento in psico-oncologia 81
3. La comunicazione nel sistema familiare 84
4. Conclusioni 87
5. Bibliografia 87

6 ESPERIENZE DI COUNSELING NELL'OBESITÀ 89


di C. Pazzagli, C. Mazzeschi
1. Introduzione: in contesto dell'intervento 89
2. Fattori psicologici dell'obesità adulta e pediatrica 90
3. Il Counseling psicologico nell'obesità pediatrica e adulta 93
4. Bibliografia 97
5. Sitografia 99

7 IL COUNSELING IN OSPEDALE 101


di R. Deciantis, S. Petrini, S. Meloni, S. Bartoli
1. L'intervento psicologico in ospedale 102
2. Il centro d'ascolto psicologico 106
3. Bibliografia 112

8 IL COUNSELING DI ORIENTAMENTO PER LE SCELTE SCOLASTICHE 113


di R. Chiesa
1. L'orientamento scolastico e la formazione dell'identità 114
vocazionale tra ieri e oggi
2. Sfide emergenti per il Counseling di orientamento 116
rivolto agli adolescenti
1. L'incertezza e imprevedibilità del futuro 117
2. Il ruolo delle fmiglie nel processo di scelta dei figli 118
3. Bibliografia 119

9 ESPERIENZE DI COUNSELING CON STUDENTI UNIVERSITARI 121


FOCUS - PSI: IL SERVIZIO DI COUNSELING PSICOLOGICO
DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
di C. Mazzeschi, C. Pazzagli, G. Cenci

10 INTERNATIONAL COACHING FOR INTEGRAL FORMATION, 129


NEL CONTESTO DEL LAVORO
di J. F. Perez, V. D'Orsi
1. L'internazional coaching for integral formation (ic-if) 129
2. La capacità interculturale, oggi più necessaria che mai 132
3. Implementazione dell'international coaching for integral 134
formation in chiave pragmatica
4. Aspetti positivi dell'applicazione dell'ic-if: 137
il corporative management
5. Bibliografia 138

6
1 INTRODUZIONE
Il Consiglio Nazionale ha affrontato con impegno le problematiche
afferenti al counseling psicologico attraverso un lungo e produttivo
dibattito cui hanno partecipato con grande interesse molti psicologi e
psicoterapeuti.
Il Centro Studi del CNOP ha raccolto in questo quaderno gli interventi che
hanno caratterizzato il convegno “Lo sviluppo del counseling e sue
applicazioni”, Perugia 10 ottobre 2017, per dare un ulteriore contributo
alla comune riflessione non solo sull'attività di counseling, ma anche sulla
nuova missione sociale dello psicologo.
Del resto, la recente legge 3/2018 sul riordino delle professioni sanitarie
ha finalmente determinato una nuova, moderna, e definitiva identità per
gli psicologi italiani, collocandoli nell'alveo del Ministero della Salute quali
professionisti che tutelano il diritto alla salute fisica e psicologica di ogni
individuo (art. 32 della Costituzione), affidando proprio al CNOP la
funzione di organo sussidiario dello Stato per quanto concerne tutte le
problematiche afferenti la psicologia.
In altre parole, lo psicologo interviene, insieme e alla pari degli altri
professionisti della salute, in tutti quei processi mirati a quantificare e
qualificare i nuovi bisogni di salute, non più legati in via esclusiva alla
componente biologica.
Nel nostro paese è ormai consolidata una visione integrata della salute,
nella quale le componenti biologiche, psicologiche e sociali pongono al
centro l'individuo con la sua complessità e soggettività, e non più la
malattia (cosiddetto “modello bio-psico-sociale”).
È sempre più difficile, anche nell'ambito prettamente medico-biologico,

7
intervenire su uno specifico bisogno di salute senza prendere in
considerazione gli altri aspetti apparentemente meno determinanti.
Da tempo gli studi scientifici hanno dimostrato la stretta correlazione tra i
processi mentali e psicologici e quelli biologici, basti pensare all'azione
della psicoterapia su molti parametri vitali dell'essere umano.
Le evidenze scientifiche confermano questa interazione dinamica tra
mente e corpo, che determina livelli di benessere e di qualità della vita fino
a qualche anno impensabili.
Il modello di tutela della salute italiano è inserito in un welfare
universalistico e solidale perché la nostra Costituzione pone il diritto alla
salute di ogni individuo quale diritto universale non negoziabile,
nemmeno parzialmente.
Del resto, la definizione dei Nuovi Livelli Essenziali di Assistenza (NLEA),
cui ogni individuo ha diritto, chiarisce circa l'entità e la qualità degli
interventi sanitari necessari.
È opportuno precisare che questo modello di tutela sanitaria non è affatto
applicato in ogni paese, anzi in molti paesi evoluti il modello è
tendenzialmente privatistico.
Basti pensare che in Germania il sistema viene garantito e gestito dalle
Casse Mutue (organizzazioni di lavoratori che finanziano la loro tipologia
di prestazioni sanitarie) e negli USA vige il sistema gestionale delle
assicurazioni private, funzionale al maggiore o minore costo del premio
assicurativo e correlato all'incidenza delle tipologie di malattie per cui ci si
è assicurati.
Nel nostro paese, proprio in virtù del dettame costituzionale, lo Stato è
garante che le prestazioni sanitarie erogate corrispondano a criteri di
efficacia ed efficienza, siano garantite dal punto di vista qualitativo, e che i
professionisti sanitari siano obbligati ad un periodico aggiornamento
professionale (ECM).
Appare ben chiaro che nel nostro paese qualunque atto professionale
intercetti un bisogno di salute deve essere erogato da un professionista
sanitario abilitato ed iscritto in un Albo professionale afferente al
Ministero della Salute.

8
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

E, francamente, non è pensabile declinare tutti gli atti professionali mirati


a soddisfare un bisogno di salute solo tra quelli prettamente necessari e
indispensabili.
Non è assolutamente possibile immaginare che nel nostro paese ci
possano essere piani paralleli di prassi professionali nell'ambito della
tutela della salute.
La professione di psicologo nel corso degli anni si è declinata in vari
contesti applicativi, che di fatto presentano nuove, e, a volte differenti,
metodologie d'intervento, senza mai rinunciare ai due pilastri che
caratterizzano ogni intervento professionale: la relazione e l'ascolto.
Con queste motivazioni, per tutelare pienamente la salute di ogni
individuo, il CNOP considera l'attività di counseling quale atto tipico della
professione di psicologo.
Il counseling tuttavia caratterizza anche le prestazioni di altre professioni
nel momento in cui facilita e completa uno specifico intervento, ad
esempio in ambito medico, infermieristico, farmaceutico, e - perché no -
bancario, fiscale, ecc.
Buona lettura.

Il Presidente del Centro Studi del CNOP


Fulvio Giardina

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10
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

2 UN CONTRIBUTO ALLA CHIAREZZA SCIENTIFICA


ED OPERATIVA
di D.Lazzari
La pubblicazione del Centro Studi CNOP che avete in mano raccoglie gli
interventi di un convegno nazionale promosso dall'Ordine Psicologi
dell'Umbria in collaborazione con il CNOP in occasione della Giornata
Nazionale della Psicologia 2017 (“Lo sviluppo del counseling e sue
applicazioni” Perugia 10 ottobre 2017).

Il convegno venne proposto per dei motivi che ritengo tuttora più che mai
validi:
a) Fare chiarezza sul counseling e le sue applicazioni;
b) Fare chiarezza sul rapporto tra counseling e attività professionale;
c) Sviluppare l'applicazione del counseling nella professione
psicologica.

Poiché tali tematiche sono fortemente sentite a livello nazionale è


sembrato importante – tramite il Centro Studi CNOP - rendere disponibile
a tutta la Comunità professionale i contributi del convegno di Perugia.
Come si vede si tratta di lavori più generali, come quelli di Guido Sarchielli
e di Mario Fulcheri, e di altri più mirati all'applicazione del counseling in
contesti specifici.
Sono, ovviamente, contributi scientifici che contengono le opinioni dei
diversi studiosi e professionisti e non certo documenti ufficiali
dell'Ordine, anche se risultano in sintonia con le posizioni espresse dallo
stesso Ordine in materia nel tempo.

1. Un'attività che diviene una professione?


Il tema del counseling purtroppo è entrato nel nostro Paese in un modo
piuttosto infelice, finendo per gettare ombre e confusione sull'argomento,
che – distanza di tempo – ancora faticano a dissiparsi.
Piuttosto che essere sviluppato per arricchire l'ambito applicativo della
consulenza psicologica (come in parte pure è accaduto), il suo uso

11
maggiore è stato quello di implementare il menù formativo di molte realtà
che in genere svolgevano formazione in ambito psicologico-psicoterapico.
Al di là della legittimità e opportunità di questa azione1, il problema più
grande che ha prodotto è stato quello di far coincidere nell'immaginario
collettivo l'attività di counseling con quella di una nuova professione del
tutto diversa da quella psicologica, mentre storicamente il counseling
nasce in ambito psicologico e psicoterapico per opera di psicoterapeuti
che preferivano non utilizzare il termine “terapia” (si pensi a Carl Rogers)
per non dare alla loro attività una connotazione troppo “medica”.
Per giustificare questa operazione si portano ad esempio una variegata
casistica internazionale, da un lato, e l'evoluzione della pratica di
counseling dall'altro. Sulla casistica non è questa la sede per soffermarsi,
altri interventi lo faranno. Va però sottolineato che una confusione
nominalistica è possibile in quei Paesi dove la professione psicologica e
psicoterapica non sono compiutamente definite e regolate e volerlo fare in
Italia è una forzatura delle leggi vigenti a tutela dei professionisti e dei
cittadini. In Italia infatti la professione psicologica e l'attività
psicoterapica sono normate da leggi specifiche e la loro rilevanza per la
salute umana riconosciute da ultimo e compiutamente dalla legge 3/2018.
Per quanto invece concerne l'evoluzione del counseling va registrato che, in
sintonia con l'approccio diffuso sin dalle origini nella Psicologia
statunitense, esso è stato utilizzato in tutti gli ambiti applicativi della
Psicologia (sanità, scuola, lavoro, orientamento, servizi comunitari, ecc.) e
con finalità non solo “riparative” ma di promozione della salute e delle
risorse personali, relazionali e collettive.
In effetti con il definirsi degli standard della psicoterapia e delle sue
metodologie, sempre di più il termine “counseling”- senza ulteriori
aggettivazioni - è stato usato per connotare interventi brevi, focalizzati in
sostanza a fornire elementi di consapevolezza, empowerment (altro
termine sviluppato dalla Psicologia USA) e sviluppo di skills nei diversi
contesti della vita umana.

1
Le strutture accreditate al MIUR per la formazione di Psicoterapeuti non dovrebbero in alcun modo alimentare
iniziative che favoriscano l'abuso della professione psicologica e delle professioni sanitarie in generale.

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Tuttavia questo sviluppo non ha affatto allontanato il counseling dalla


professione psicologica, per due motivi evidenti:
a) l'approccio non focalizzato sulla patologia, non necessariamente
clinico, basato sul potenziamento del funzionamento umano, sulla
soluzione dei problemi è tipico e connaturato alla professione
psicologica, anzi è la principale motivazione per cui storicamente
nasce questa professione al di fuori del mondo medico.
b) tutta la Psicologia, nel suo complesso, segue questa strada di
spostamento del focus delle proprie ricerche e attività, perché è la
società in primis che esprime questi bisogni2.
L'idea di una Psicologo che si occupa peculiarmente e principalmente dei
disturbi mentali è infondata e non risponde né alla storia né all'attualità.

2. Una più adeguata idea di salute


Il definitivo riconoscimento dello Psicologo quale professione sanitaria,
ovvero professione le cui attività attengono in senso stretto alla tutela
della salute, è un passaggio che deve essere correttamente interpretato.
Un modo sbagliato di interpretarlo è quello di immaginare che con
l'ingresso dello Psicologo nell'ambito della salute sia venga a restringere il
campo d'azione della professione psicologica: non più un “attore” dello
sviluppo umano e delle sue potenzialità in tutti gli ambiti e campi della vita
umana, quanto piuttosto un “sanitario” che agisce in un campo più definito
e limitato.
Ma questa visione si scontra con le evidenze scientifiche, con la cultura
diffusa e con i bisogni sociali.

2
A titolo meramente esemplificativo vorrei citare un mio scritto di diversi anni fa.
“Le diverse discipline psicologiche mantengono un approccio omogeneo e peculiare al loro oggetto di studio, che
possiamo sintetizzare in due punti:
1) Partire dalla “normalità” per capire la “devianza dalla norma”, cioè dalla “fisiologia” per capire la “patologia”.
La psicologia non nasce infatti come studio dei fenomeni mentali o comportamentali devianti o patologici,
ma per capire le leggi che regolano il loro sviluppo naturale: è solo a partire dalla comprensione degli equili-
bri naturali che si può capire l'allontanamento e la compromissione di questi equilibri.
2) Non limitarsi a valutare e classificare degli aspetti della persona ma “comprendere” l'individuo . Solo così si
può illuminare la dimensione psichica individuale, che è il luogo dove fatti e situazioni si colorano di signifi-
cati (espliciti ed impliciti) e divengono “vissuti”, è nella rete di senso, di significati, di risonanze emotive, per-
sonali, che troviamo le coordinate della soggettività e possiamo coglierne le vicissitudini” (Lazzari 2005)

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I recenti progressi scientifici hanno messo in luce il rapporto tra le
traiettorie di vita, gli equilibri adattivi, i livelli di funzionamento della
persona, le condizioni del suo esistere (ben-essere) e la salute nel suo
complesso.
La salute è la risultante dinamica di un equilibrio tra molte componenti
dove la psiche e la soggettività gioca un ruolo cruciale, in particolare nella
modulazione tra gli eventi del contesto e quelli biologici dell'organismo.
Inoltre non esiste dicotomia tra ben-essere/salute e mal-essere/malattia,
come condizioni che si escludono a vicenda, bensì una pluralità di
dimensioni che coesistono.
Gli studi epidemiologici ci consegnano una realtà dove gli aspetti psicologici
non si limitano solo a direzionare la qualità della vita e del suo esplicarsi nei
diversi contesti dell'esistere e del relazionarsi ma – attraverso questo –
risultano in grado di incidere in modo significativo sui livelli di salute
psicologica e fisica (Lazzari 2019).
Basti pensare, solo per fare un esempio, che i principali fattori di rischio
per la malattie cardiovascolari, dopo fumo e diabete sono tutti fattori
psicologici (depressione, senso di solitudine, ansia, distress) e solo al
sesto posto troviamo il colesterolo.
La percezione sociale di tutto questo è aumentata e appare oggi quasi in
competizione con il modello medico che tradizionalmente ha orientato la
visione collettiva della salute e che si auspica possa aggiornarsi e aprirsi a
questa visione più integrata.
È indicativa a questo proposito l'opinione che hanno gli italiani sulle
competenze dello Psicologo: il 44% li vede come “promotori di ben-
essere”, il 42% come coloro che “aiutano le persone a vivere meglio”, il 39%
utili per “prevenire” e solo il 30% come coloro che “curano”. Alla domanda
di “quando serve lo Psicologo”, a parte le situazioni di violenza, le risposte
più gettonate sono “per aiutare le persone”, “per capirsi meglio”, “per
migliorare le relazioni”, “per raggiungere un proprio equilibrio”.
Il “supporto per malattia e lutti” o il “curare i disturbi psichici” hanno
meno risposte. (vedi tab. 1, Istituto Piepoli per CNOP 2018).

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Tab.1 - Come gli italiani vedono lo Psicologo


Di cosa si occupa?
Promuovere benessere psic
Aiutare le persone a vivere meglio
Prevenire disagio e disturbi
Curare i disturbi
Sostegno a scuola
Curare dipendenze
Sviluppare risorse
Sostegno malattia
Consulenza
Sostegno nel lavoro

0% 5% 10% 15% 20% 25% 30% 35% 40% 45% 50%

Quando serve
Fondamentali in caso violenza
Mezzo importante per aiutare le persone
Per capirsi meglio
Per migliorare le relazioni
Per raggiungere un proprio equilibrio
Supporto per malattia e lutti
Curare i disturbi psichici
Per migliorare le risorse

60% 65% 70% 75% 80% 85% 90%


Fonte: Ist. Piepoli per CNOP, 2018

In sostanza lo psicologo – secondo le aspettative dei cittadini – è


soprattutto un facilitatore di una buona vita e un promotore del
“potenziale umano”3 e ciò non toglie che la sua principale area di attività
sia considerata la salute (7 italiani su 10). Interessante dove gli italiani
vedono indispensabile lo psicologo: ospedali, servizi sociali e scuola sono
le indicazioni largamente prevalenti (91%, 89% e 87%), indicatori di una
visione dello psicologo come “professione-ponte” tra contesti di vita e
salute (Ist. Piepoli per CNOP 2018).
Quindi il riconoscimento dello psicologo come professione della salute
comporta un ampliamento del concetto di salute, che appare come una
condizione dinamica, un processo, che integra elementi biologici,
psicologici e ambientali in senso molto concreto e ormai ampiamente
documentato e non astratto e filosofico.
Un processo dove la realizzazione del “potenziale umano” soggettivo nella

3
Vedi Lazzari “Psicologia e Potenziale Umano” intervento al convegno CNOP del Trentennale, Roma 20-06-19.

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vita e la salute personale risultano come aspetti profondamente correlati.
Risulta quindi improponibile voler confinare lo psicologo in un recinto
“sanitario” visto in modo ormai superato e separare le funzioni di
promozione da quelle riparative come appartenenti a sfere di competenze
e di intervento completamente diverse.

3. Counseling: un oggetto e una metodologia


Il termine “counseling” si riferisce ad una attività di consultazione o
consulenza che presuppone un oggetto e una metodologia. Se prendiamo
la definizione delle associazioni internazionali del counseling (“il
counseling è una relazione professionale che mette in grado individui,
famiglie e gruppi di raggiungere obiettivi di salute mentale, benessere,
educativi e di carriera”, Kaplan et al. 2014) ci rendiamo conto sia
dell'aspetto di merito che di metodo.
Soffermiamoci sugli aspetti di merito, cioè l'oggetto della consultazione.
Oggi noi sappiamo che in diversi campi e per diversi aspetti si è sentito il
bisogno di disporre di “consulenze esperte” in grado di aiutare gli
individui, le organizzazioni o le comunità a fare delle scelte, raggiungere
degli obiettivi o superare delle difficoltà.
Nella complicata e complessa società moderna non è facile affidarsi solo
alle proprie conoscenze per affrontare situazioni o trovare soluzioni. Basti
pensare alla nostra esperienza di vita: dall'alimentazione all'attività fisica,
dalle pratiche fiscali ai problemi legali, dalla gestione della salute a quella
della nostra casa: sono mille le occasioni in cui abbiamo bisogno di
rivolgerci ad un esperto per una consulenza.
È chiaro quindi che l'oggetto della consultazione può riguardare un tema
specifico, di pertinenza di una specifica professione: possiamo consultare
un avvocato per chiarirci le idee e le procedure relative ad un problema da
affrontare, una transazione economica, un problema familiare e così via.
Se rimaniamo nel campo legale possiamo riflettere come, al di là di azioni
giudiziarie in senso stretto, le motivazioni per una consulenza legale in
campo civile, matrimoniale, familiare, penale, amministrativo, possono
essere davvero molte.
Un altro esempio che possiamo fare è quello dei commercialisti, ai quali

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

chiediamo spesso delle consulenze oltre che delle incombenze


amministrative da svolgere per nostro conto. Oppure i “consulenti del
lavoro”, che hanno una vocazione alla consulenza già nel titolo della
propria professione. È interessante l'esempio dei “promotori finanziari”,
professione deputata alla gestione e all'investimento del risparmio4.
Aiutare a capire il problema (noi Psicologi la chiameremmo analisi della
domanda o dei bisogni) e aiutare a trovare la soluzione personalizzata
sulla base delle opzioni possibili (che l'esperto conosce e ci può illustrare)
è una attività sempre più diffusa e generalizzata, che è divenuta un aspetto
rilevante o addirittura centrale di moltissime professioni.
Questo ha posto un problema metodologico sul quale, in verità, si è fatta
poca luce e pochi investimenti. È evidente infatti che fornire consulenza
nel proprio ambito di competenza richiede delle conoscenze
metodologiche di tipo psicologico (tecniche di analisi della domanda,
relazionali, di comunicazione, ecc.) che non rientrano normalmente nel
bagaglio formativo delle diverse professioni. È in questa direzione che
andrebbe fatto un importante investimento per mettere i medici in
condizione di fare il counseling medico nei diversi ambiti, gli infermieri
quello infermieristico, gli avvocati quello legale e così via. Questo si
configura come un ambito importante nel quale gli psicologi possono
portare il proprio apporto formativo.
A questo punto sorge spontanea la domanda: se il counseling ha sempre
un oggetto, qual è l'oggetto di coloro che si definiscono “counselor” senza
essere psicologi?
Se dal campo del counseling escludiamo i diversi professionisti – che come
detto fanno counseling nel loro specifico settore – cosa rimane? Una
persona che apre uno studio di “counselor” senza esercitare alcuna
professione che tipo di domanda riceverà? Appare evidente che – tolti gli
ambiti riconducibili ad un definito ambito professionale - rimangono in
realtà i problemi della vita, delle relazioni, delle scelte, delle difficoltà,
dello sviluppo delle risorse.

4
Il CNOP ha promosso nel maggio 2018 un evento sulla Psicologia Economica insieme con loro dove hanno spie-
gato di aver voluto cambiare denominazione in “consulenti finanziari”, poichè la loro prima attività è fornire con-
sulenza alle persone, aiutarle a capire le loro esigenze per poi guidarle alla scelta personalizzata degli investi-
menti.

17
Un counseling senza specificazioni, non a caso, è infatti un counseling di
ambito psicologico: può non essere un counseling clinico o
psicopatologico ma è psicologico.

4. Valorizzare il counseling per rispondere ai nuovi bisogni


C'è bisogno di counseling? La risposta è affermativa e vorrei fare due
riferimenti.
Il primo riguarda il mandato sociale della professione psicologica. Se
vediamo provvedimenti nazionali nei quali viene implicato il mandato e le
richieste che la società formula agli Psicologi (es: i nuovi Livelli Essenziali
di Assistenza e il Piano Nazionale Cronicità nel campo della salute; il
protocollo tra Ministero Istruzione e CNOP sulla Psicologia nella Scuola; il
protocollo tra i Comuni italiani (ANCI) e CNOP sui servizi alle Comunità
locali) si osserva chiaramente uno spostamento da ottiche meramente
“riparative”, ad ottiche di prevenzione e promozione, dai temi classici dei
“disturbi mentali” a quelli del benessere e del buon funzionamento
psicologico, delle scelte efficaci. Si comincia a comprendere il valore
consulenziale della Psicologia per lo sviluppo delle scelte e degli equilibri
personali, familiari, di gruppo ed organizzativi, a separare il lavoro dello
Psicologo da quello dello Psicoterapeuta.
D'altra parte le evidenze parlano un linguaggio chiaro: la migliore
strategia è promuovere le risorse individuali e del contesto, fornire
strumenti per sviluppare caratteristiche psicologiche positive e strategie
adattive efficaci e compensative anche nelle situazioni sfavorevoli.
Il secondo: la letteratura internazionale ha messo con enfasi l'accento
sulle potenzialità del counseling nei diversi contesti e ambiti in relazione
in particolare ai nuovi bisogni. Se guardiamo ai capitoli dell'Handbook of
Counseling Psychology (Brown & Lent 2008) troviamo le sue applicazioni
nei problemi di genere, della multiculturalità, dell'orientamento, dei
contesti lavorativi, nello sviluppo, nella salute, nelle dipendenze e nella
prevenzione.
Quest'ultima ha avuto una crescente importanza nell'ottica di una
psicologia che si prefigge obiettivi di promozione nell'ambito di ogni
intervento (vedi Linee Guida APA 2014) e trova nel counseling uno dei

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

suoi principali strumenti, al punto che la Società USA di Counseling che


coincide con la Divisione 17 della American Psychological Association ha
dedicato al tema una rivista ad hoc (Waldo & Schwartz 2008).

5. Il Counseling nei livelli essenziali di assistenza


Il riconoscimento dell'importanza dell'attività di counseling in campo
psicologico è ampiamente riconosciuta nell'ambito dei Livelli Essenziali
di Assistenza (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 gennaio
2017).
I LEA (Livelli essenziali di assistenza) sono le attività, servizi e prestazioni
che lo Stato ritiene debbano essere assicurate – gratuitamente o dietro
pagamento di un ticket – a tutti i cittadini tramite le modalità organizzative
del Servizio Sanitario Nazionale. Sono livelli essenziali di assistenza
sanitaria non livelli minimi, rappresentano cioè quegli ambiti di attività
che una società in relazione al livello sociale e culturale in cui si trova
considera cos importanti da non poter essere negati alla popolazione;
pertanto non possono essere fissati per sempre ma vanno modificati in
relazione alle nuove esigenze della società e alla stessa evoluzione
scientifica e tecnologica.
Sono inoltre livelli uniformi di assistenza sanitaria, ossia da fornire a tutti i
cittadini senza differenze di reddito, posizioni geografiche dalle città
metropolitane fino alle isole minori), religione, etnia, sesso o altro.
Le prestazioni sanitarie comprese nei LEA devono essere uguali in ogni
regione e contesto indipendentemente dalle scelte sull'organizzazione dei
servizi operate dalle diverse realtà regionali.
Il CNOP ha pubblicato nell'agosto 2018 il Quaderno “Ruolo della
Psicologia nei LEA” (disponibile sul sito del CNOP) che contiene un esame
dettagliato delle attività psicologiche che lo Stato si è impegnato a fornire
ai cittadini italiani.
Si tratta, come evidenziato nella citata pubblicazione, di un importante
riconoscimento dei bisogni psicologici della popolazione e del ruolo della
professione psicologica. Certamente i LEA riguardano in senso proprio i
temi della “salute” e non contengono tutte le attività e gli ambiti ove si
estrinseca la professione psicologica, ma costituiscono un esempio

19
paradigmatico di come – nei fatti – le Istituzioni ritengono fondamentali le
attività di counseling degli Psicologi.
Si è ritenuto di dover riportare per intero in questa sede gli articoli dei LEA
che richiamano direttamente il lavoro degli Psicologi (vedi sotto tabella 2)
anche se non si riferiscono tutti ad attività di counseling.
Come si nota:
• le prestazioni psicologiche e psicoterapiche sono sempre chiaramente
separate;
• il termine counseling o consulenza compare esplicitamente solo due
volte, anche se in modo molto significativo (es. “consulenza ed
assistenza psicologica per problemi individuali e di coppia” art.24
lettera k), perché pur da sola una previsione del genere comporta
garantire la consulenza (oltre all'assistenza) psicologica a tutti i
cittadini che ne hanno necessità;
• ci sono molte altre dizioni che si riferiscono ad attività psicologiche
(non strettamente psicoterapiche), ovvero “supporto”, “colloquio
clinico, di orientamento”, “intervento psicoeducativo” ecc., che in vario
modo richiamano o ricomprendono l'attività di counseling.

Con questa gradazione di funzioni ed interventi lo Stato ha riconosciuto


una ampia gamma di possibili attività psicologiche e psicoterapiche e
senza dubbio le potenzialità della consulenza psicologica e la necessità di
assicurarla ai cittadini, non solo per situazioni francamente patologiche
(vedi art. 25, 26, 27, 28, 29, 31, 32, 33, 35, 60) ma anche in situazioni di
rischio, di disagio o per prevenzione e promozione (vedi art. 4, 24, 59,
oppure 25 k, l, m; 26 p; 27 h, 28 j, m, n, o; 32 g; 33 g,f)

Tabella 2 - Gli interventi psicologici nei LEA


TITOLO n. art. e TESTO DECRETO
ARTICOLO comma
4a “adozione di comportamenti e stili di vita positivi per la salute”
4c “counseling per la gestione della malattia”
4e “controllo dello sviluppo psichico, individuazione precoce dei sospetti handicap psichici ed
individuazione precoce di problematiche anche sociosanitarie”
4g “prestazioni specialistiche incluse nel Nomenclatore”

Cure palliative 23 “prestazioni professionali di tipo psicologico”


domiciliari

20
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Assistenza 24 “Nell’ambito dell’assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio


sociosanitaria ai sanitario nazionale garantisce alle donne, ai minori, alle coppie e alle famiglie, le prestazioni,
minori, alle donne, anche domiciliari, psicologiche e psicoterapeutiche necessarie ed ap propriate “
alle coppie, alle
famiglie
“ 24 e “assistenza alla donna in stato di gravidanza e tutela della salute del nascituro anche ai fini della
prevenzione del correlato disagio psichico”
“ 24 h “supporto psicologico per l’interruzione volontaria della gravidanza”
“ 24 i “supporto psicologico per problemi di sterilità e infertilità e per procreazione medicalmente
assistita”
“ 24 j “supporto psicologico e assistenza per problemi correlati alla menopausa”
“ 24 k “consulenza ed assistenza psicologica per problemi individuali e di coppia”
“ 24 l “assistenza a favore degli adolescenti, anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche”
“ 24 m “supporto psicologico ai minori in situazione di disagio, in stato di abbandono o vittime di
maltrattamenti e abusi”
“ 24 n “psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo);”
“ 24 o “supporto psicologico a nuclei familiari in condizioni di disagio”
“ 24 p “valutazione e supporto psicologico a coppie e minori per l’affidamento familiare e l’adozione,
anche nella fase successiva all’inserimento del minore nel nucleo familiare”
Assistenza 25 “Nell’ambito dell’assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio
sociosanitaria ai sanitario nazionale garantisce ai minori con disturbi in ambito neuropsichiatrico, la presa in
minori con disturbi carico multidisciplinare e lo svolgimento di un programma terapeutico individualizzato
in ambito differenziato per intensità, complessità e durata, che include le prestazioni, anche domiciliari,
neuropsichiatrico psicologiche e psicoterapeutiche”
“ 25 “valutazione diagnostica multidisciplinare;”
“ 25 g “colloqui psicologico-clinici”
“ 25 h “psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo)”
“ 25 j “abilitazione e riabilitazione estensiva o intensiva (individuale e di gruppo) in relazione alla
compromissione delle funzioni cognitive e psichiche, finalizzate allo sviluppo, al recupero e al
mantenimento dell’autonomia personale, sociale e lavorativa, mediante l'impiego di metodi e
strumenti basati sulle avanzate evidenze scientifiche e le Linee guida”
“ 25 k “interventi psicoeducativi e di supporto alle autonomie e alle attività della vita quotidiana”
“ 25 l “attività di orientamento e formazione alla famiglia nella gestione del programma terapeutico e
abilitativo/riabilitativo personalizzato del minore”
25 m “gruppi di sostegno per i familiari”
Assistenza 26 “Nell’ambito dell’assistenza distrettuale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio
sociosanitaria alle sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi mentali, , la presa in carico
persone con multidisciplinare e lo svolgimento di un programma terapeutico indi vidualizzato, differenziato per
disturbi mentali intensità, complessità e durata, che include le prestazioni, anche domiciliari, psicologiche e
psicoterapeutiche necessarie e appropriate”
“ 26 c “valutazione diagnostica multidisciplinare”
“ 26 d “definizione, attuazione e verifica del programma terapeutico -riabilitativo e socio-riabilitativo
personalizzato da parte dell’équipe multiprofessionale in accordo con la persona e in
collaborazione con la famiglia;”
“ 26 g “colloqui psicologico-clinici”
“ 26 h “psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo);”
“ 26 p “interventi psicoeducativi rivolti alla persona e alla famiglia”
Assistenza 27 “Nell’ambito dell’assistenza distrettuale e territoriale ad accesso diretto, ilServiziosanitario
sociosanitaria alle nazionale garantisce alle persone con disabilità complesse, la presa in carico multidisciplinare e
persone con lo svolgimento di un programma terapeutico e riabilitativo individualizzato differenziato per
disabilità intensità, complessità e durata, che include le prestazioni, anche domiciliari, psicologiche e
psicoterapeutiche necessarie e appropriate”
“ 27 a “valutazione diagnostica multidisciplinare;”
“ 27 d “colloqui psicologico-clinici;”
“ 27 e “psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo);”
“ 27 h “interventi psico-educativi, e di supporto alle autonomie e alle attività della vita quotidiana”
Assistenza 28 “Nell’ambito dell’assistenza territoriale, domiciliare e territoriale ad accesso diretto, il Servizio
sociosanitaria alle sanitario nazionale garantisce alle persone con dipendenze patologiche, inclusa la dipendenza
persone con da gioco d’azzardo, o con comportamenti di abuso patologico di sostanze, ivi incluse le persone
dipendenze detenute o internate, la presa in carico multidisciplinare e lo svolgimento di un programma
patologiche terapeutico individualizzato che include le prestazioni psicologiche epsicoterapeutiche
necessarie e appropriate”
“ 28 b “valutazione diagnostica multidisciplinare”
“ 28 i “colloqui psicologico-clinici;”
“ 28 j “colloqui di orientamento e sostegno alla famiglia”

21
“ 28 l “psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo”
“ 28 m “interventi psico-educativi finalizzati al recupero dell’autonomia personale, sociale e
lavorativa;”
“ 28 n “promozione di gruppi di sostegno per soggetti affetti da dipendenza patologica”
“ 28 o “promozione di gruppi di sostegno per i familiari di soggetti affetti da dipendenza patologica”
Assistenza 29 - 1 “Il Servizio sanitario nazionale garantisce trattamenti residenziali intensivi di cura e
residenziale mantenimento funzionale, ad elevato impegno sanitario alle persone con patologie non acute
extraospedaliera ad che, presentando alto livello di complessità, instabilità clinica, sintomi d i difficile controllo,
elevato impegno necessità di supporto alle funzioni vitali e/o gravissima disabilità, richiedono continuità
sanitario assistenziale con pronta disponibilità medica e presenza infermieristica sulle 24 ore. I
trattamenti, non erogabili al domicilio o in altri setting assistenziali di minore intensità, sono
costituiti da prestazioni professionali di tipo medico, psicologico, riabilitativo, infermieristico”
Assistenza 31 “Il Servizio sanitario nazionale, nell’ambito della rete locale di cure palliative, garantisce alle
sociosanitaria persone nella fase terminale della vita affette da malattie progressive e in fase avanzata, a
residenziale alle rapida evoluzione e a prognosi infausta, il complesso integrato delle prestazioni psicologiche”
persone nella fase
terminale della vita
“ 31 “Gli Hospice dispongono di programmi formalizzati per l’informazione, la comunicazione e il
sostegno al paziente e alla famiglia, l’accompagnamento alla morte e l’assistenza al lutto ed il
sostegno psico-emotivo all’équipe.”
Assistenza 32 e “colloqui psicologico-clinici”
sociosanitaria
semiresidenziale e
residenziale ai
minori con
disturbi in ambito
neuropsichiatrico
“ 32 f “psicoterapia (individuale, familiare, di gruppo);”
“ 32 g “interventi psicoeducativi (individuali e di gruppo);”
“ 32 h “abilitazione e riabilitazione estensiva o intensiva (individuale e di gruppo) finalizzate allo
sviluppo dell’autonomia personale e sociale in relazione alla compromissione delle funzioni
cognitive e psichiche, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle avanzate evidenze
scientifiche e le Linee guida”
Assistenza 33 e “colloqui psicologico-clinici”
sociosanitaria
semiresidenziale e
residenziale alle
persone con
disturbi mentali
“ 33 f “psicoterapia (individuale, di coppia, familiare, di gruppo);”
“ 33 g “interventi psico-educativi finalizzati al recupero dell’autonomia personale, sociale e
lavorativa;”
Assistenza 35 d “colloqui psicologico-clinici;”
sociosanitaria
semiresidenziale e
residenziale alle
persone
con dipendenze
patologiche
“ 35 e “psicoterapia (individuale, familiare, di coppia, di gruppo);”
“ 35 f “interventi psico-educativi finalizzati al recupero dell’autonomia personale, sociale e
lavorativa;”
Assistenza 59 “Qualora emerga il sospetto di un disagio psicologico, è escluso dalla partecipazione al costo un
specialistica colloquio psicologico clinico con finalità diagnostiche.”
ambulatoriale per le
donne in stato di
gravidanza
e a tutela della
maternità.
Persone con 60 “prestazioni di diagnosi, cura e trattamento individualizzato mediante l’impiego di metodi e
disturbi dello strumenti basati sulle più avanzate evidenze scien tifiche”
spettro autistico
Prevenzione All.B Tutela della salute e sicurezza negli ambienti aperti e confinati
Collettiva e Sanità
Pubblica
“ All. C Tutela salute e sicurezza luoghi di lavoro
“ All. F Prevenzione malattie croniche, promozione stili di vita sani

22
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

6. Conclusioni
È necessario che – nell'interesse dell'utenza - si faccia chiarezza su questo
tema, così come su tutte quelle attività che, nate a livello internazionale su
ambiti ed obiettivi diversi e definiti, in Italia finiscono invece per essere
utilizzate in modo non pertinente e tale da creare ambiguità e
sovrapposizioni con le attività psicologiche (si pensi solo ad alcune
declinazioni del coaching).
È inoltre necessario che il riassetto della formazione psicologica – ormai
ineludibile anche alla luce della legge di professione sanitaria – consenta
di ridefinire i curricula universitari – teorici e pratici – sul counseling nel
percorso degli studi psicologici.
Il terzo auspicio è per l'utilizzo delle opportunità offerte dalla formazione
continua per sviluppare il più appropriato e diffuso utilizzo del counseling
tra i professionisti psicologi.

7. Bibliografia
American Psychological Association, Guidelines for Prevention in Psychology,
April 2014, vol.69, 3, American Psychologist.
Brown SD & Lent RW (eds) HANDBOOK OF COUNSELING PSYCHOLOGY 4th ed, John
Wiley & Sons, Inc 2008
Cnop (2018). La Psicologia nei Livelli Essenziali di Assistenza. Quaderni CNOP, 1.
Lazzari D (2005) Stress lavorativo e mobbing tra salute della persona, in Bacci,
Gargani, Lazzari, Sani, Il mobbing dalla prevenzione al risarcimento. Morlacchi,
Perugia.
Lazzari D. (2019) La psiche tra salute e malattia: evidenze ed epidemiologia, Edra
Milano
Vera EM (eds), The Oxford Handbook of Prevention in Counseling Psychology ,
Oxford University Press, 2012
Waldo M., Schwartz J., Prevention Perspective, Prevention in Counseling
Psychology, Vol.2, 1, 2008, pagg.3-5

23
24
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

3 IL COUNSELING OGGI: PROSPETTIVE E


AMBITI APPLICATIVI
di G. Sarchielli

1. Introduzione
Appare ormai elevato il consenso tra gli scienziati sociali nel riconoscere
come nei paesi occidentali ad elevato sviluppo stiano aumentando in ampi
strati della popolazione le difficoltà di costruire un'esistenza
soddisfacente rispetto alla formazione, al lavoro, alla famiglia e alle varie
forme di integrazione nella vita sociale.
La crescente complessità delle interazioni con il contesto sociale e il
conseguente eccesso di stimoli e di richieste ambientali rendono
particolarmente problematici momenti cruciali della vita personale
come: la gestione delle fasi di scelta educativa, formativa, occupazionale e
familiare, le transizioni fisiche e psicosociali a nuovi ambiti di vita, i
processi di progettazione delle carriere sociali e professionali (Guichard,
2016). Per di più è facile sperimentare delusioni e incomprensioni nel
rapporto con le istituzioni, la frustrazione derivante dall'invadente
proliferazione di regole e ingiunzioni burocratiche, la fatica del rapporto
con le nuove tecnologie che caratterizzano i vari contesti di vita
quotidiana, sentimenti solitudine e di isolamento sociale anche per la
scarsa disponibilità, accessibilità ed efficienza di servizi alle persone che
possano attenuare gli ostacoli sociali e le diseguaglianze di opportunità
nel progettare percorsi di vita soddisfacenti.
Del resto, l'incertezza, l'instabilità, l'eccessiva fluidità (Bauman, 2000) che
connotano la convivenza sociale odierna sono un fertile terreno per lo
sviluppo di percezioni di malessere, disorientamento e sfiducia verso il
futuro accentuate dalla perdurante crisi socio-economica e valoriale che
coinvolge anche il nostro paese. Al riguardo, non è secondario ricordare
alcuni dei segnali di crisi più volte evidenziati dalla ricerca sociale con
manifestazioni come: il disagio psicologico, il peggioramento delle
aspettative di riuscita personale, la riduzione dell'autostima, l'instabilità
nella regolazione delle emozioni, la perdita o l'impossibilità di ritorno al
lavoro che, non solo portano a minori risorse economiche, ma rischiano di

25
coartare le capacità progettuali della persona, di incidere negativamente
sullo sviluppo della sua identità e di attivare sentimenti di sconforto
pessimistici o addirittura ansioso-depressivi.
Data la prevalenza nella vita sociale e nelle stesse agenzie di
socializzazione (come ad esempio, i servizi alla persona o la scuola) di
relazioni e comunicazioni intersoggettive di carattere formalistico,
impersonale o solamente informative e performative che certo non
facilitano uno scambio significativo e simpatetico, coerente con i bisogni
degli attori e non stimolano un'attitudine auto-riflessiva sui significati
dell'esistenza personale e sui modi di affrontarla costruttivamente,
appare plausibile ritenere che le persone siano sempre più spesso alla
ricerca di forme di aiuto, solidarietà e protezione. Ciò significa, da un lato,
riconoscere il bisogno delle persone di fronteggiare le difficoltà e il
malessere prima che si trasformino in disagio conclamato, sofferenza e
disturbi psichici e, dall'altro, prendere atto del valore di prevenzione
sociale che possono avere forme di consulenza costruite per rispondere a
tali tipi di bisogno e finalizzate all'emancipazione della persona dalle
dipendenze situazionali e non alla semplice assistenza sociale.
Infatti, «a livello individuale, di fronte alle criticità incontrate e ai
cambiamenti assai incisivi dei loro contesti di vita, le persone sembrano
avere necessità di maggiori risorse cognitive ed emotive per fronteggiare la
situazione per cui cercano differenti forme di consulenza e aiuti
personalizzati nell'ambito sia delle istituzioni formative sia dei servizi
professionali educativi, socio-sanitari, per il lavoro, ecc.. In altri termini, le
persone attualmente, necessitando di un più ampio e articolato «capitale
sociale», cercano sostegni, chiarimenti, informazioni significative, advocacy
(non più solo nella cerchia familiare) per inserirsi in contesti sociali e di
lavoro estremamente complessi e flessibili, per affrontare le situazioni di
insicurezza e instabilità e riprogettare il proprio sviluppo personale»
(Uni.Co, 2014) o per fronteggiare meglio crisi esistenziali temporanee,
autoregolare con maggiore efficacia stati di disagio soggettivo, malessere
psicologico e sofferenza emotiva, potenziare le capacità di resilienza a
situazioni avverse.
Queste persistenti esigenze sociali, che solo in parte divengono esplicite

26
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

domande di aiuto professionale, hanno riattivato la riflessione sulla


natura e il significato del counseling anche in Italia (Soresi, Nota, Ginevra,
2015) dove questa pratica consulenziale è divenuta negli ultimi anni
oggetto di accesi dibattiti. Si tratta di una tendenza alla discussione
polemica più che scientifica sostenuta dal fatto che si sta configurando un
mercato delle professioni di aiuto che chiama in causa professionisti di
differente formazione i quali ambiscono a regolare a proprio vantaggio
l'incontro tra domanda e offerta dei servizi consulenziali alle persone o a
legittimarsi come detentori di competenze esclusive in tale ambito.

2. Punti di attenzione per comprendere lo status


del counseling
In generale, ma soprattutto in Italia, non è facile decifrare la complessa
fenomenologia del counseling dal momento che si intrecciano differenti
fattori di natura interpretativa, culturale-disciplinare e normativa che
complicano la possibilità di pervenire a un quadro ben delineato e stabile
entro il quale caratterizzare questa pratica professionale. Di seguito
cercheremo comunque di far emergere i punti essenziali che possono
essere d'aiuto nella comprensione dello status del counseling

2.1 Persistenza di vincoli definitori e interpretativi


Com'è noto, counseling è un termine usato da molti anni in numerosi
ambiti per denotare varie attività, come ad esempio: l'orientamento in
ambito scolastico e della formazione professionale o nei servizi per il
lavoro; la presa in carico e trattamenti brevi di cura in ambiti clinici;
l'informazione sulla prevenzione o sul perché di particolari tipi di
decisione o di trattamento in ambito medico/sanitario; il sostegno alla
compliance del paziente ai trattamenti medici soprattutto in situazioni di
cronicità; il sostegno e la compartecipazione emotiva in gravi situazioni di
crisi e disagio; la guida e l'allenamento in ambito sportivo; le delucidazioni,
i consigli e i suggerimenti in vari momenti decisionali come, ad esempio,
per la scelta degli studi o del lavoro o per la gestione del patrimonio in
ambito finanziario, ecc.
Appare quindi evidente la caratteristica di polisemia di questo termine

27
ovvero la compresenza di più di un significati (o accezioni) che non è facile
distinguere se non in base alla sua collocazione nel discorso e alla
combinazione con altri termini qualificativi che aiutino a delineare tale
significato cioè quale sia il reale valore informativo della parola usata. Si
passa in tal modo dal significato denotativo a quello connotativo che è
basato su altri elementi informativi che illustrano o arricchiscono il
significato iniziale, derivanti dal contesto, dalla cultura, dal gruppo sociale
che utilizza quella parola, dalla situazione concreta in cui l'enunciato
viene prodotto. Ciò comporta, ad esempio, che nella definizione del
counseling finalizzata a spiegare l'uso di questo concetto intervengono di
fatto molte sottolineature e accezioni corrispondenti a differenti valori,
modelli teorici, modelli mentali, stili professionali e punti di vista di
politica professionale degli utilizzatori.
Così, non è un caso che quasi tutti i contributi conoscitivi sul counseling
che si ritrovano nella letteratura scientifica e in quella divulgativa (o
presenti anche nel linguaggio comune) partono da uno sforzo del singolo
autore di esplicitare le coordinate utili a ridefinire - secondo il suo punto di
vista - tale termine.
Dunque, di fronte a tale variabilità soggettiva del significato connotativo del
termine counseling, il compito di pervenire a una definizione socialmente
condivisa risulta arduo senza una chiara stipulazione di accordi che fissino
in modo chiaro il senso e i confini di tale definizione. Tale esigenza di
chiarezza risulta accentuata nel passaggio da una lingua ad un'altra come
avviene appunto per il counseling. In tal caso il mantenimento del termine
in inglese sembra arricchire in modo del tutto arbitrario il contenuto e il
valore informativo della parola counseling facendo intravedere ai
potenziali utenti di questo servizio e a livello sociale contenuti e
caratteristiche aggiuntive e qualità attrattive che in realtà non
corrispondono al suo significato originario. Pertanto, dal punto di vista
culturale-disciplinare, oltre a evidenziare questo rischio di potenziale
distorsione o di inganno del consumatore, si deve rimarcare la persistenza
di effettive difficoltà interpretative della nozione di counseling derivabili
anche dalla duplice etimologia della parola (to counsel e consulere). I
termini italiani che più corrisponderebbero alla parola inglese counseling

28
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

sono consultazione e consulenza. Consultazione esprime il significato di


un'attività in cui si discutono problemi in vista di una scelta e presa di
decisione e in cui il professionista, che ha più esperienza metodologica,
aiuta ad esplorare possibili soluzioni lasciando al consultante la
responsabilità di decidere. Consulenza ha il significato di dare pareri e
consigli focalizzati almeno in partenza su un problema nell'ambito di una
fattiva relazione di ascolto e sostegno che può aprire ulteriori centri di
interesse e attenzione (in base all'accezione di «prendersi cura» presente
nell'etimologia di consulere). In entrambi i casi il mantenimento della
parola inglese sarebbe giustificato dalla convinzione che nelle parole
italiane corrispondenti si evidenzierebbe un atteggiamento passivo del
consultante rispetto alla posizione dominante del consulente esperto.
Ciò in realtà appare assai discutibile per due ragioni:
• la prima è di natura sostanziale nel senso che, seppure molte delle
relazioni informali (relazioni amicali, familiari, di vicinato, ecc.) di
una persona rivelino potenzialità di aiuto qui ci si sta riferendo ad
attività professionali tipiche delle professioni di aiuto svolte da un
professionista che, appunto, viene interpellato perché possiede
modelli teorici e tecniche operative indirizzate ad «aiutare la
persona ad aiutarsi» nella risoluzione dei problemi di partenza,
ma esercitate con buone probabilità di successo in ragione delle
effettive competenze possedute;
• la seconda è di carattere linguistico dal momento che la lingua
italiana ha numerosi aggettivi che potrebbero facilmente mettere
in risalto il grado di pro-attività di entrambi gli attori della
relazione consulenziale. Per di più il Dizionario Etimologico della
lingua italiana ci aiuta a cogliere ulteriori significati in genere
poco considerati nelle riflessioni sul counseling. Infatti vengono
associati al consiglio come prodotto tipico della consulenza verbi
assai indicativi della natura di una efficace relazione
consulenziale come: cum-silère («stare in silenzio insieme» che di
fatto riporta l'idea di sospendere la parola, creare uno spazio di
pensiero comune che faciliti lo scambio tra consulente e
consultante); cum-sedère («stare seduti insieme» che implica la

29
necessità di fermarsi un momento rispetto alle urgenze
situazionali per condividere spazio e tempo della relazione e poi
consultarsi per deliberare, ad esempio, un corso di azione) e cum-
salire («andare da qualche parte insieme» ovvero intraprendere
un percorso comune, verso una direzione che potrebbe essere
significativa se non risolutiva del problema di partenza).
In linea con questi richiami al valore distintivo della consulenza
nell'ambito delle professioni di aiuto, Fulcheri (2005) ha più volte
mostrato l'ambiguità e la polisemia della parola counseling (importata e
diffusa senza precauzioni nella lingua italiana) e illustrato (Patierno,
Carozzino e Fulcheri, 2017) come, nel contesto delle relazioni di aiuto, si
debba avere consapevolezza della distinta finalità delle azioni di
counseling tese, da un lato, a dare consiglio e sostegno focalizzati su un
problema o, dall'altro, più esplicitamente orientate al prendersi cura e
facilitare, anche affettivamente, i processi di cambiamento desiderati da
una persona in certe fasi importanti o critiche della sua vita.
Tuttavia, questa distinzione viene di frequente sottaciuta o reinterpretata
ad hoc nell'arena sociale ove interagiscono e si confrontano i gruppi
professionali consolidati (in particolare gli psicologi) e quelli che
vorrebbero legittimarsi.
Si passa così dal livello concettuale e scientifico a quello pratico,
caratterizzabile da alcune domande alle quali non è facile rispondere in
modo netto e che spesso sembrano stimolare prese di posizione
pregiudiziali e estremizzazioni interpretabili come esito del noto effetto di
«differenziazione intergruppi e di discriminazione» reciproca ben
studiato dalla psicologia sociale: chi sarebbe titolato a svolgere il
counseling (professioni psy versus altre professioni)? Su quali prerogative
dovrebbe basarsi questo insieme di azioni professionali (frame
concettuali e posizioni filosofiche versus metodi e tecniche)? Quali finalità
specifiche (trattamento terapeutico versus cambiamento e sviluppo
personale e professionale) dovrebbero connotare il counseling rispetto ad
altre modalità di azione professionale rintracciabili nell'ambito delle
professioni di aiuto?
Tali domande, essendo senza risposta univoca in Italia, sono alla base di

30
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

una situazione professionale confusa sia per gli operatori che per i
cittadini (gli utenti potenziali) e ricca di contrasti interprofessionali.
Cercheremo di riprenderle nei paragrafi successivi.

2.2 Cosa possiamo apprendere dalla situazione internazionale


Può essere utile comunque allontanarsi per un attimo dalla situazione
italiana per cogliere qualche indicazione di massima dalla letteratura
internazionale, proveniente da paesi che hanno una più ampia tradizione
nelle pratiche di counseling.
A un primo sguardo si può notare che anche nel mondo anglosassone e
nord-americano si sono cercate delle risposte a domande simili a quelle
esposte sopra.
Esse si presentano però come semplificazioni talvolta stereotipate su ciò
che caratterizza il counseling nei diversi ambiti disciplinari e contesti nei
quali viene praticato. Infatti ci si limita spesso a contrapporre un presunto
utilizzo generalizzato da parte degli psicologi di un «modello medico» (in
cui lo psicologo è l'esperto, guida l'intervento e si concentra principal-
mente sulla diagnosi e il trattamento terapeutico) inadatto a recepire
molti degli attuali bisogni dei cittadini a fronte invece della più netta atten-
zione dei social workers per i fattori contestuali e sistemici che possono
sostenere la persona in difficoltà. Inoltre, ciò su cui si insiste e che darebbe
identità e distintività professionale al counseling è il fatto che in questo
tipo di pratica è il cliente l'esperto, mentre il ruolo del consulente è quello
di facilitare l'auto-comprensione e il self-empowerment mediante una rela-
zione interpersonale accogliente, mirata a far affrontare meglio compiti di
sviluppo o crisi di non rilevanza patologica (Mellin, Hunt, Nichols, 2011).
In realtà, queste tradizionali distinzioni spesso troppo polarizzate si
stanno attenuando in favore di orientamenti che integrano i differenti
approcci ed è in corso nel counseling una evoluzione progressiva del suo
status e modus operandi che può essere presa come riferimento concet-
tuale e come suggerimento contenutistico anche se non direttamente
applicabili alla situazione italiana. Come sappiamo nel mondo nord-
americano l'enfasi del processo consulenziale era posta sin dall'inizio
sulla prevenzione e sull'autodeterminazione rispetto agli obiettivi da rag-

31
giungere, sull'aiutare le persone (prima i giovani in particolare nelle situa-
zioni di orientamento scolastico-professionale poi a tutte le età) ad evitare
di fare scelte sbagliate nella vita e a cercare significato, direzione e realiz-
zazione in ciò che facevano.
Questo tipo di counseling fortemente influenzato dalla Vocational e Gui-
dance psychology si è poi progressivamente orientato verso una direzione
clinico-terapeutica che è divenuta predominante (tanto è vero che le prin-
cipali associazioni scientifico-professionali tengono insieme il counseling
e la psychotherapy). Gli orientamenti concettuali, gli interessi e gli
approcci operativi del counseling hanno però continuato a modificarsi e
arricchirsi nel tempo integrandosi con nuovi contenuti concettuali e ope-
rativi, pertanto oggi sarebbe sbagliato darne una rappresentazione stati-
ca, mono-disciplinare e solamente clinica.
Attualmente questo tipo di consulenza comprende nella sua pratica,
svolta in diversi contesti, operatori che con un approccio clinico si concen-
trano ancora su come ridurre le difficoltà, sostenere emotivamente le per-
sone e porre rimedio a disagi e danni alla salute psicologica con metodolo-
gie contigue o addirittura sovrapposte alla psicoterapia.
Tuttavia, la pratica professionale del counseling non ha solo questa conno-
tazione chiaramente psicologico-clinica che, per altro, sempre più spesso,
al fine di assicurare una valida alleanza terapeutica, richiede adattamenti
tecnici alle conoscenze, aspettative, credenze, preferenze e linguaggio
della persona che chiede aiuto (McLeod, 2013). Infatti, si è fortemente spe-
cializzata sulle tematiche educative, autonomizzandosi, ad esempio, come
counseling scolastico.
Inoltre, la crescente focalizzazione sul benessere psicosociale, sulla cre-
scita personale e professionale, sulla consapevolezza delle persone nei
loro contesti di vita, sulla ricerca della significatività della loro esperienza
sono il segno distintivo del counseling moderno attuato non solamente in
un'ottica terapeutica a favore di individui, gruppi, coppie e famiglie nel
corso della vita.
Come si evince dalle principali riviste internazionali specializzate, il coun-
seling non costituisce un'entità rigida ed immutabile anche laddove ha
ormai una lunghissima tradizione, ma è destinato a modificarsi confron-

32
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

tandosi in modo permanente con una molteplicità di mutamenti sociali


che si riflettono sulla vita della persone.
In tal senso, il counseling ha ampliato i propri interessi conoscitivi e di
intervento professionale almeno in due modi:
a) arricchendo le proprie tecniche (si pensi, ad esempio, alle nuove
forme di interazione on-line diffuse anche per ragioni di maggiore
sostenibilità degli interventi e di facilità nella presa in carico di nuove
categorie di utenti);
b) orientandosi sulle nuove problematiche che appesantiscono e ren-
dono insoddisfacente la progettazione e gestione della vita delle per-
sone, ma che non necessariamente hanno a che fare - almeno in modo
diretto - con la salute o i trattamenti di cura in ambito sanitario come,
ad esempio: il ripetersi delle crisi transizionali connesse con la preca-
rietà del lavoro e i periodi di inoccupazione, la violenza nell'ambito
della comunità e dei contesti lavorativi, le difficoltà di integrazione
sociale degli immigrati, la gestione delle relazioni interculturali e inte-
retniche nei vari ambiti di vita dalla scuola al lavoro, la ricomparsa di
gravi forme di povertà e diseguaglianza di opportunità sociali, il
dover far fronte a discriminazioni (ad esempio, connesse con il gene-
re) e ingiustizie sociali, la necessità di advocacy in particolare per i
gruppi sociali più vulnerabili e a rischio di esclusione sociale anche in
ragione della loro diversità, ecc.
Problematiche complesse che fanno emergere anche nuove categorie di
utenti rispetto ai tradizionali fruitori dei servizi di tipo psicologico e che
interpellano con urgenza le comunità che si pongono l'obiettivo di promu-
overe forme sostenibili di equilibrio e inclusione sociale.
Questo trend evolutivo del counseling a livello internazionale può essere
utile, almeno in termini comparativi, anche per valutare la situazione ita-
liana.
Infatti tali problematiche sembrano richiedere agli operatori delle rela-
zioni di aiuto conoscenze e competenze di natura interdisciplinare e colla-
borazioni interprofessionali attuabili in concreto nell'ambito di un servi-
zio alle persone più che nella sola relazione tra il professionista che
assume la responsabilità consulenziale e il singolo consultante.

33
2.3 Contrastare l'immagine stereotipata della psicologia
Nelle discussioni sul counseling che contrappongono psicologi e altre pro-
fessioni (e che talvolta producono contrasti persino all'interno della
stessa categoria degli psicologi e degli studenti di psicologia) viene
assunta acriticamente una concezione stereotipata della psicologia come
fosse focalizzata pressoché esclusivamente sulla psicopatologia e la psico-
terapia. Del resto, anche nel linguaggio comune, è facile che per indicare
l'utilizzatore di servizi psicologici sia usato il termine paziente che appar-
tiene alla semantica medica suggerendo che vi sia sempre la necessità di:
a) una diagnosi; b) qualcosa da «trattare» terapeuticamente; c) un profes-
sionista (medico o psicologo) in una posizione di potere nella quale egli è
l'esperto che decide e fornisce un trattamento adeguato. Fortunatamente
si è diffuso anche il termine cliente più flessibile e adatto a connotare una
relazione di lavoro (non necessariamente una relazione terapeutica) in cui
la persona resta «esperta della propria vita», mantiene la sua autonomia
decisionale usufruendo dell'interazione e dell'accogliente partnership
con lo psicologo per chiarire le proprie problematiche emotive, cognitive e
comportamentali e ricevere aiuto nella fatica di orientarsi verso possibili
soluzioni. Tale rappresentazione schematica della psicologia appare oggi
sempre più riduttiva e tende a distorcere il campo di osservazione quando
prevalgono ragioni pragmatiche di autodifesa dei confini disciplinari e
non ci si rende conto degli effetti estremizzanti delle relazioni conflittuali
tra gruppi professionali. Purtroppo già Super (1977), uno dei padri della
vocational psychology (entro la quale il counseling è nato), aveva forse invo-
lontariamente sostenuto questa interpretazione polarizzata sottoline-
ando che la differenza tra counseling e psicologia clinica corrispondeva
alla differenza tra «aiuto allo sviluppo e «aiuto alla riparazione», tra istru-
zione/educazione e medicina, tra salute e malattia. Secondo tale visione
limitata, la psicologia si occuperebbe solo di esiti negativi dei processi
cognitivi, affettivi, comportamentali connessi con i cambiamenti interni o
con le interazione tra persona e ambiente e li interpreterebbe e affronte-
rebbe quasi esclusivamente come sindromi psicopatologiche o malattia.
Si tratta di un'evidente attribuzione sociale erronea dal momento che, da
tempo, si sono superate queste prospettive solo «defettologiche» e sono

34
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

ampiamente considerati i «punti di forza» per un buon funzionamento


psichico e le risorse psicosociali riattivabili che rendono possibile alle per-
sone superare gli ostacoli o i conflitti anche di natura esistenziale, trovare
significati positivi anche nelle avversità e potenziare la crescita personale
(Fulcheri, Savini, 2011). In tal senso, essendo stata di fatto assunta anche
in Italia una prospettiva di psicologia positiva, il lavoro dello psicologo, sia
nel momento diagnostico che di intervento e prognostico, assume
un'ottica di pro-attività e si qualifica sostanzialmente come «professione
della salute» (declinabile con finalità differenti come promozione del
benessere, prevenzione, sostegno, abilitazione, riabilitazione) prima
ancora che «professione sanitaria» nel senso formale del termine e
secondo la sola o prevalente connotazione di cura psicoterapeutica1.
La scarsa plausibilità di una definizione del counseling fatta senza consi-
derare i suoi fondamenti teorici e metodologici che si ritrovano in preva-
lenza nel dominio conoscitivo della psicologia e costruita in contrapposi-
zione alle conoscenze e pratiche psicologiche sembra farci capire il modo
con cui, almeno nel contesto nordamericano, si è pervenuti di recente a
una definizione consensuale del counseling (Kaplan, Tarvydas, Gladding,
2014). Dopo più di due anni di lavoro la maggior parte delle associazioni
scientifico-professionali di counseling ha deliberato una definizione
molto generale e sintetica di tale forma di consulenza, fondata non su
orientamenti teorici ma su valutazioni empiriche di testimoni significativi
operanti sul campo: «Counseling is a professional relationship that empo-
wers diverse individuals, families, and groups to accomplish mental health,
wellness, education, and career goals» (Kaplan, Tarvydas, Gladding, 2014,
p.368).
Essa ha espunto gli espliciti termini legati alla malattia presenti nelle
precedenti definizioni, ma risulta comunque così ampia da permettere: a)
di assorbire sia connotazioni di potenziamento dello sviluppo personale

1
Andrebbe evitato sul piano concettuale e rispetto all'immagine pubblica della psicologia professionale di con-
fondere il lavoro dello psicologo con quello di psicoterapeuta. E' noto infatti che in Italia la psicoterapia è una
delle diverse funzioni del lavoro psicologico che ha una propria regolamentazione. Infatti essa è di competenza
degli psicologi specialisti in psicoterapia che quindi rappresentano un ampio sottoinsieme delle professioni psi-
cologiche.

35
sia di cura e remedial b) di accogliere numerose varianti specialistiche
connesse con i contesti di applicazione di tale pratica (ad esempio, nella
scuola o nei servizi di salute mentale); c) di far coesistere orientamenti
culturali e preferenze professionali molto differenti tra loro (Ogunfowora,
Drapeau, 2008). Al di là delle intenzioni di trovare in tale definizione un
fondamento condiviso per l'identità professionale degli operatori di
counseling, va comunque segnalato che – anche nel contesto nord-
americano - i reali fattori di differenziazione del counseling rispetto alla
psicologia e, in parte, ad altre professioni di aiuto e della salute mentale
restano di natura extrascientifica (riguardano il percorso universitario e il
titolo di studio riservato al counseling e accreditato da organismi terzi, il
praticantato specifico, gli scopi della pratica professionale definiti dal
rilascio di apposita autorizzazione dei singoli stati). In altri termini, anche
in un contesto normativo del tutto diverso da quello italiano, è apparso
assai difficile e frutto solo di un compromesso politico definire un'effettiva
autonomia del counseling rispetto al mondo della psicologia soprattutto
quando essa è orientata al perseguimento del benessere personale e del
miglioramento del livello di qualità della vita e non solo al rimedio a
problematiche e ad esiti disfunzionali di natura patologica.
I riflessi europei di questi tentativi di determinare una separazione del
counseling dalla psicologia anche ai fini di rendere autonoma la
professione inerente il counseling sono riscontrabili in una serie di forti
critiche sintetizzate nel significativo contributo di Brady-Amoon e Keefe-
Cooperman (2017).
Le autrici sottolineano che la psicologia (e in particolare la Counseling
psycology2) e il counseling svolto nella pratica professionale sono a un
bivio.

2
La Counseling psychology è un'area conoscitiva specifica, un sotto-insieme della psicologia che condivide gran
parte della tradizione e della storia della disciplina più ampia ed è caratterizzata sul piano pratico dagli inter-
venti di natura consulenziale. Nata nel Nord-America, trova le sue fondamenta nella Vocational psychology e
nella psicologia umanistica di K. Rogers con applicazioni di ricerca e intervento soprattutto in ambito educativo
e nel counseling di carriera. Come disciplina scientifica è presente anche in ambito europeo e si focalizza su pro-
blematiche dello sviluppo personale, delle transizioni di carriera, dell'adattamento a vari contesti sociali (scuo-
la, lavoro e comunità) e della prevenzione primaria. E' appena il caso di notare che in Italia la Psicologia del coun-
seling non è presente in modo esplicito nei vari Settori Scientifico-Disciplinari che classificano i differenti domini
conoscitivi della Psicologia.

36
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Il crescente orientamento internazionale per stabilire il counseling come


professione distinta o addirittura separata dalla psicologia nel suo
insieme e dalla counseling psychology in particolare è del tutto incoerente
con i fondamenti storici, i valori condivisi e le radici disciplinari di tutte e
tre le aree scientifico-professionali.
Infatti, si rischia di dimenticare il numero molto elevato di somiglianze
(basi teoriche, principi guida, scopi, metodi e tecniche) rispetto alle poche
differenze dovute per lo più alle normative dissimili sui percorsi formativi
formali e alle forme diverse di regolazione sociale dell'attività
professionale.
Anche le attuali sfide rappresentate dai nuovi tipi di bisogni sociali e delle
persone a cui intendono rispondere sono del tutto simili e ciò dovrebbe
spingere a cercare l'integrazione invece della differenziazione
professionale e a promuovere comunque, nell'ambito dei servizi di aiuto
alla persona, la cooperazione interdisciplinare.

2.4 Riflettere sul counseling entro i limiti normativi italiani


Come accennato all'inizio, l'espansione delle forme di consulenza
rappresenta un evento sempre più probabile in connessione con il
crescente disorientamento sociale delle persone e il loro bisogno di
trovare un sostegno personalizzato nell'affrontare i momenti più critici
dell'esistenza3 e nella ricerca di un significato per i propri progetti di vita a
lungo termine.
La forma consulenziale tipizzata nel counseling (come prototipo di
relazione professionale di aiuto costruita su base fiduciaria) sembra
essere una risposta significativa a tali esigenze di «personalizzazione» dei
servizi anche perché lo spazio psicologico che si viene a creare
nell'interazione consulenziale costituisce per la persona non solo un
occasione di contenimento delle emozioni che accompagnano il problema

3
Seguendo le indicazioni di Fulcheri e Savini (2011) va detto che questi momenti critici determinano modifica-
zione di un equilibrio precedentemente esistente e comprendono soprattutto le crisi evolutive legate alla crescita
di ogni individuo (adolescenza, maturità, menopausa, senescenza etc.) e le crisi accidentali (lutti, malattie gravi,
repentini sovvertimenti in campo familiare e di lavoro, ecc.). Vanno quindi tenuti nettamente distinti sul piano
concettuale e operativo dai possibili aspetti psicopatologici della crisi.

37
critico per cui cerca aiuto, ma un importante momento di apprendimento
e conoscenza di sé, funzionale all'arricchimento della sua struttura
cognitiva e al miglioramento dei processi di autoregolazione emotiva e
delle sue competenze relazionali.
Esigenze che, sul piano fenomenico, sono assai variegate e si declinano in
modo multiforme, ad esempio, come richieste più o meno chiare: a) di
sostegno e compartecipazione emotiva e affettiva, b) di aiuto (ascolto,
rassicurazione, cura), c) di accompagnamento, d) di chiarimento, e) di
advising, f) di informazioni significative, g) di potenziamento delle risorse
decisionali e realizzative della persona, h) di advocacy, ecc.
Sono solo pochi esempi della potenziale complessità della relazione
consulenziale entro la quale confluiscono desideri, aspettative, vissuti di
disagio, preoccupazioni e incertezze decisionali ovvero dimensioni di
natura psicologica che implicano nell'interlocutore professionista precise
responsabilità deontologiche accanto a conoscenze e competenze di
natura psicologica.
Ciò significa che i ragionamenti sul counseling, sulla sua natura e sul suo
modus operandi quando vengono svolti in Italia assumono di necessità
tratti peculiari. Infatti, a differenza del Nord-America e del mondo
anglosassone, vi è una stringente regolamentazione della professione di
psicologo e soprattutto della psicoterapia riservata a psicologi e medici. Le
leggi 56/1989 (art.1) e 170/2003 (art.1 quinquies) definiscono azioni
caratteristiche della professione di psicologo mostrando la loro
pertinenza ed equivalenza sostanziale con le varie definizioni di
counseling espresse in ambito accademico o dalle stesse associazioni
internazionali di counseling (prendiamo, solo come esempio, quella nord-
americana sopra riportata). Per essere ancora più espliciti il tema del
counseling come pratica professionale specifica è delimitato dai confini
normativi che proteggono il titolo di psicologo e la sua area di expertise (e
a maggior ragione la psicoterapia come una delle possibili aree di
competenza dello psicologo). Infatti, sono delineate dalle suddette leggi
categorie di azioni professionali declinabili anche in termini di counseling.
Ci si riferisce alle azioni relative a «prevenzione», «diagnosi», «sostegno»,
«trattamento», «abilitazione» e «riabilitazione» (riferite a individui,

38
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

gruppi, organizzazioni sociali e comunità) entro le quali sono specificabili


atti professionali tipici e riservati a protezione degli utenti in quanto
finalizzati al cambiamento migliorativo dell'assetto psicologico delle
persone e della loro salute. Un rilievo analogo può essere fatto per alcune
delle attività professionali previste dalla L. 170/2003 (si veda Tab. 1).

Tab. 1 - Esempi di attività professionali oggetto delle professioni


psicologiche previste dalla L.170, 2003, contigue al counseling
Settore delle tecniche psicologiche per i contesti Settore delle tecniche psicologiche per i servizi alla
sociali, organizzativi e del lavoro persona e alla comunità

1) Realizzazione di progetti formativi diretti a 1) Attuazione di interventi per la riabilitazi one,


promuovere lo sviluppo delle potenzialità di crescita rieducazione funzionale e integrazione sociale di
individuale e di integrazione sociale, a facilitare i soggetti con disabilità pratiche, con deficit
processi di comunicazione, a migliorare la gestione neuropsicologici, con disturbi psichiatrici o con
dello stress e la qualità della vita; dipendenza da sostanze;
2) Applicazione di protocolli per l'orientamento 2) Collaborazione con lo psicologo negli interventi
professionale, per l'analisi dei bisogni formativi, per psico-educativi e nelle attività di promozione della
la selezione e la valorizzazione delle risorse umane; salute, di modifica dei comportamenti a rischio, di
inserimento e partecipazione sociale

Pertanto, il processo di professionalizzazione del counseling (con


l'eventuale distinzione e interazione tra psicologia e counseling) come sta
avvenendo in altri paesi risulta in Italia poco plausibile e giustificabile e
richiederebbe uno specifico accordo, una convenzione sociale per poterlo
avviare. Questi dati di fatto non eliminano però l'esigenza di affrontare
costruttivamente (e non solo in termini di difesa giudiziaria della
professione di psicologo) il mercato dei servizi professionali di counseling
che sta formandosi in modo confuso e anomalo poiché: a) non sono
chiaramente definiti la natura e gli scopi delle prestazioni erogate sotto
questa etichetta; b) è l'offerta di servizi, spesso presentati in modo
enfatico4 anche se non ben validati sul piano delle evidenze scientifiche,
che sembra indurre acriticamente la domanda; c) esistono pressioni
europee (e la recente norma italiana sulle professioni non regolamentate)
alla liberalizzazione delle professioni nell'ipotesi che ciò faciliti

4
Tale offerta è promossa non solo da singoli professionisti ma da associazioni e sedi formative che naturalmente
hanno l'interesse di ampliare la loro platea di utenti. Da notare che persino nell'ambito del marketing di pro-
dotti di consumo viene usata una terminologia assimilabile a quella della consulenza alla persona.

39
l'occupazione e la valorizzazione del capitale umano (sviluppo delle
competenze personali); d) si intravedono bisogni potenziali e problemi
non risolti che sono oggi riconsiderati nell'ottica consulenziale dando
origine a una pletora di funzioni professionali a forte tasso relazionale
come avviene, ad esempio, anche nei contesti aziendali con il tutoring, il
coaching, il mentoring……); e) sono già presenti sulla scena sociale
relazioni conflittuali interprofessionali (psicologi/non psicologi).
Cercare di decifrare questa situazione avrebbe il merito di poter chiarire ai
cittadini, potenziali utenti dei servizi di counseling, la natura di questa
pratica, il tipo e livello di profondità e accuratezza delle risposte che essa
realisticamente può dare alle loro domande di aiuto, le qualità essenziali
che dovrebbero possedere gli operatori che svolgono tale funzione.

3. La necessità di parametri per connotare le azioni


di counseling
La riflessione sul counseling in Italia, pur essendo vincolata da precisi
limiti normativi, permette di configurare due principali connotazioni
professionali contigue e spesso sovrapposte: 1) il counseling come misura
correttiva, di sostegno e compartecipazione emotiva per aiutare le persone
a superare con maggiori probabilità di successo le difficoltà, le varie forme
di disagio psicologico compresi gli esiti di eventi critici o di malattie; ad
affrontare incertezze e malessere esistenziale connessi con la
frammentazione della società e alla perdita di senso; a compensare le
carenze personali aiutando a ripristinare le risorse necessarie per
risolvere problemi; 2) il counseling come misura preventiva e di
potenziamento delle risorse personali nelle diverse fasi del ciclo di vita tesa
cioè a sviluppare nelle persone competenze per plasmare la loro vita
autonomamente, a potenziare le capacità di progettazione e
autorealizzazione, a riconoscere le opportunità/vincoli al benessere
psicosociale nei differenti contesti di vita.
Si tratta, a ben vedere, di affermazioni ancora di ordine molto generale che
meritano di essere approfondite e specificate per avvicinarsi di più alla
pratica professionale e rendere possibile un linguaggio comprensibile per
gli stessi utenti/clienti.

40
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

A questo scopo abbiamo avanzato in più occasioni (Sarchielli, 2016, a;


2016, b) una proposta di riconsiderare il counseling sulla base di alcuni
parametri (aggiuntivi a quelli più classici concernenti la natura normativa,
deontologica e scientifica di questo insieme di attività) utili a connotarne
la sua specifica funzione: le finalità delle azioni di aiuto, la loro
articolazione definita dai contesti d'uso, dal tipo di utenti coinvolti e dalle
metodologie e strumenti adottati.

3.1 L'importanza delle finalità nelle azioni consulenziali di aiuto


Anche per superare gli approcci dicotomici utilizzati nel dibattito su cosa
sia il counseling ci pare opportuno rappresentare l'insieme delle finalità di
una relazione consulenziale di aiuto lungo un continuum presentato
sinteticamente nella Tab 2 e che di seguito illustriamo.
Tab. 2 - Continuum delle finalità delle azioni consulenziali di aiuto

Correzione/rimedio Miglioramento/
a punti di debolezza sviluppo punti di forza

•Sostegno e •Ricerca di significati •Chiarimenti


compartecipazione dell'esperienza; informativi;
emotiva al disagio •Superamento •Apprendimenti
psicologico; transizioni psicosociali e sociali;
•Gestione di life di carriera •Co-progettazione del
crisis; •Promozione benessere futuro;
•Trattamenti di psicosociale e resilienza •Sviluppo risorse e
remedial; •Promozione giustizia potenzialità personali
•Riabilitazione; sociale e riconoscimento e della comunità
•Compliance e diversità •Empowerment
aderenza alle cure; •Difesa e advocacy........ •Rimotivazione
•Gestione malattie... all'apprendimento...

Contesti prevalenti Contesti prevalenti


Sanità e servizi socio-sanitari Organizzazione, Servizi pubblici e privati di comunità, Sistemi
scolastici e formativi, Università, Servizi per il lavoro

Nel polo sinistro si concentrano le finalità di risposta: a esigenze di


remedial più direttamente connesse con la salute psicofisica (stati di
disagio psicologico, difficoltà nella gestione delle life crises come lutti,
separazioni, malattie, ecc.); a esigenze di riparazione, di trattamento,

41
(secondo i diversi modelli teorici disponibili e le loro varie applicazioni
tecniche) e di riabilitazione; a bisogni di sostegno e compartecipazione
emotiva in numerose condizioni di vulnerabilità psicologica e sociale, con
riguardo, ad esempio, a decisioni relative interventi di natura genetica o
chirurgica, ai correlati di malattie di varia eziologia, all'adesione a
complesse terapie farmacologiche, ecc.. Si ricorda che qui stiamo parlando
degli scopi del counseling e non della psicoterapia e, seguendo Fulcheri e
Accomazzo (1999, p.78), «con ciò si vuole porre l'accento sul fatto che il
counseling interviene sulla possibilità di identificare e di cercare possibili
soluzioni a specifiche realtà vissute come problematiche, non si rivolge alla
psicopatologia e va, quindi, distinto da ogni tipo di intervento
psicoterapeutico, comprese le terapie focali, le psicoterapie brevi, di
sostegno e gli interventi terapeutici nelle situazioni di crisi».
Nel polo destro (strenghts improvement) si fa esplicito riferimento alla
finalità di rispondere a bisogni di chiarimenti informativi; di
apprendimento sociale (ad esempio, nei contesti educativi e di
socializzazione primaria e secondaria); di sostegno alla progettazione del
futuro (si pensi ad esempio all'orientamento scolastico-professionale e
universitario); di crescita delle risorse e potenzialità personali (ad
esempio, in situazioni di sviluppo di carriera, di acquisizione di
competenze per nuove occupazioni o di gestione di nuove responsabilità);
di abilitazione ed empowerment; di promozione del benessere individuale
e collettivo; di promozione e sviluppo delle condotte salutari di pari passo
con lo sviluppo delle capacità relazionali (Richardson, 2012).
Nel continuum, in posizione intermedia, sono collocabili numerose altre
finalizzazioni dell'aiuto, di notevole rilevanza preventiva anche per la
salute e il benessere come, ad esempio: a) la ricerca da parte delle persone
di significati plausibili nelle esperienze scolastiche, nella formazione
professionale, nel lavoro, nella famiglia, nella comunità; b) il bisogno di
incrementare la «consapevolezza situazionale» in momenti decisionali
importanti; di migliorare l'adattamento alle varie circostanze di vita,
comprese quelle non previste; di accrescere la resilienza a condizioni
avverse; di superare con efficacia le transizioni psicosociali normative (i
developmental tasks, come il passaggio dall'adolescenza al mondo adulto)

42
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

e non normative (ad esempio, la perdita del lavoro); di esplorare soluzioni


alternative ai problemi concreti emergenti e di tradurle in risposte
comportamentali coerenti con quanto appreso su di sé e la realtà esterna;
c) le esigenze di promozione della giustizia sociale, di advocacy, di
riduzione delle diseguaglianze, di riconoscimento delle diversità come
parte dei processi di sviluppo, ecc. (Hage, Romano, Conyne, Kenny,
Matthews, Schwartz, Waldo, 2007).
Appare evidente che il riconoscere le differenti possibili finalizzazioni
delle prestazioni consulenziali:
A) aiuta a capire la differente natura delle azioni consulenziali e il loro
diverso «gradiente di connotazione psicologica» che può variare da
un massimo a un minimo. Infatti il counseling, in genere, è ritenuto
caratterizzarsi come gestione competente della relazione con l'altro,
ma non si tratta solo di facilitare una «buona comunicazione» tra due
persone. In realtà, tale relazione assume forme diverse poiché
acquista significato principalmente dalla concreta finalità per cui
viene attivata. Sostegno, compartecipazione emotiva, atteggiamenti
positivi di incoraggiamento e accompagnamento sono sicuramente
rilevanti per attivare un'intesa fiduciosa tra consulente e consultante.
Essa tuttavia non vale solo perché costituisce un generico ambiente
favorevole all'apertura e alla narrazione di sé e allo scambio
comunicativo, ma perché può divenire una vera e propria «alleanza di
lavoro» (ancorché temporanea, a breve termine) basata sulla
consapevolezza di entrambi gli attori di essere impegnati in uno
sforzo congiunto e di cooperare per obiettivi specifici e condivisi di
cambiamento e miglioramento. In altri termini, si tratta di un
processo di «interazione collaborativa» resa caratteristica dagli scopi
specifici che - come si intravede nel continuum sopra descritto –
coinvolgono dimensioni e problematiche psicologiche ben differenti
tra loro per profondità e incidenza sulla vita personale, che possono
essere rese salienti nella relazione;
B) aiuta pertanto a specificare sia il differente significato che la
consulenza può assumere sia quali tipi di atteggiamenti, conoscenze
e competenze sarebbero necessari per svolgerle in modo
appropriato;

43
C) serve infine a prendere le distanze da chi propone un counseling
generico, senza qualificazioni, «valido per tutte le stagioni» poiché
mostra una gamma molto articolata di bisogni (e di possibili risposte)
che suggeriscono un'analoga differenziazione e qualificazione
dell'azione consulenziale che può - a seconda delle situazioni -
privilegiare la cura e il sostegno emotivo oppure gli stimoli
all'autoconsapevolezza, all'arricchimento informativo e
all'apprendimento sociale, alla facilitazione nelle procedure
decisionali, ecc.

3.2 Il counseling è una funzione più che una professione


Tenere conto di tale continuum delle finalità dell'aiuto dà conto non solo
della molteplicità di possibili azioni di consulenza, ma anche della loro
specifica connotazione derivante dalla funzione attivatrice che esse
svolgono rispetto agli scopi verso cui sono indirizzate. In altri termini, il
counseling corrisponde ad un'ampia area di attività professionali di
consulenza orientate a diversi scopi di aiuto (e capaci di realizzarli con
strumenti e tecniche scientificamente fondati) e trova il suo fondamento
non in una definizione astratta di potenzialità, ma nella connessione
funzionale tra concrete azioni mirate allo scopo e risultati attesi.
Tale funzione si esplicita come assolvimento di un compito o di un insieme
di compiti specifici riconosciuti come significativi per raggiungere un
certo scopo all'interno dell'insieme più ampio delle finalità e delle attività
organizzate che configurano una professione di aiuto.
Ciò significa, ad esempio, che la professione di psicologo comprende
differenti attività (psicometriche, diagnostiche, promozionali, di
sostegno, abilitative, riabilitative, ecc.) ciascuna delle quali è necessaria e
funzionale al conseguimento di scopi distintivi, ma non è sufficiente per
rappresentare la professione nel suo insieme.
In tal senso il counseling svolto da un professionista psicologo è una
funzione particolare all'interno della gamma delle funzioni tipiche delle
professioni psicologiche, indirizzata al conseguimento di una o più
finalità, tra quelle rappresentate nel continuum illustrato sopra, tramite
metodologie di natura psicologica.

44
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Il counseling praticato da uno psicologo costituisce quindi un tipo


particolare di consulenza psicologica5 attuata in modo temporaneo o in
forma più sistematica e caratterizzata dall'utilizzo primario della
relazione interpersonale con il cliente/utente per facilitare l'auto-
esplorazione e la conoscenza di sé, accrescere la consapevolezza delle
proprie risorse e dei propri stili di azione, migliorare le strategie di coping
e i livelli di resilienza necessari per affrontare con realismo i problemi che
hanno avviato la consultazione.
Saper attuare questo tipo particolare di consulenza ovvero saper svolgere
la funzione di counseling non giustifica, da parte dello psicologo, la
necessità di autodefinirsi e di presentarsi agli utenti come counselor quasi
fosse una nuova professione indipendente e parallela a quella originaria.
Anzi, «da questo punto di vista appare utile chiedersi: è giustificato il
nascere di una nuova professione che selezioni ed isoli questa funzione di
aiuto assumendola come base identitaria o siamo di fronte a funzioni di una
professione esistente, da potenziare? Anche tenendo conto della legislazione
italiana e dei contenuti dell'agire professionale degli psicologi pare
plausibile rispondere che in realtà non è richiesto un nuovo «profilo
professionale» autonomo né si giustifica una nuova «qualifica
professionale» in senso stretto.
Infatti, nell'insieme delle attività caratteristiche dello psicologo sono
esplicitamente ricomprese le attività e gli obiettivi inerenti la funzione
counseling e, in generale, sembrerebbe assai poco sostenibile isolare una o
l'altra delle numerose attività tipiche dello psicologo per trasformarla in
professione autonoma (come sarebbe, ad esempio, se le attività di “testing”
fossero enucleate e trasformate nella figura del “testista”)» (Sarchielli, 2016,
a, p.4).
Pertanto si ritengono del tutto antistoriche, concettualmente infondate e
foriere di ulteriore confusione per i cittadini le iniziative che, ad esempio,

5
Con ciò si vuole sottolineare come sia del tutto riduttivo fare l'equivalenza tra consulenza psicologica e counse-
ling (come alcuni ancora ritengono). La consulenza psicologica è una categoria di intervento professionale assai
più ampia che qualifica una grande parte del lavoro di uno psicologo. Essa comprende, ad esempio, interventi di
consulenza esperta nei sistemi di comunicazione interpersonale, organizzativa e tecnologica; di consulenza di
processo nelle organizzazioni, in particolare nelle gestione delle risorse umane; di consulenza tecnica
nell'ambito della progettazione di servizi; di consulenza metodologica nella ricerca sociale, ecc.

45
nell'ambito degli assessorati alla formazione professionale di alcune
regioni, si sforzano di delineare a tavolino un profilo professionale
autonomo degli operatori di counseling (per di più con un livello di
qualifica estremamente basso) come pure quelle che sarebbero in corso
da parte dell'UNI (Ente Nazionale di Unificazione/normazione) per
normare la figura di un counselor generico, di assai incerto e discutibile
spessore professionale e con grande probabilità sovrapposto a contenuti e
prestazioni professionali di tipo psicologico.

3.3 Modus operandi: gli effetti differenziali del contesto, del tipo di
utenti e delle metodologie
L'attenzione alle finalità (e alle corrispondenti funzioni) delle azioni
professionali di aiuto permette anche di evidenziare la loro differente
connotazione sul piano tecnico-professionale.
Ciò è evidente in particolare nei due poli estremi del continuum citato che
prefigurano modi di azione professionale più facilmente distinguibili in
quanto corrispondono, nel polo di sinistra, al core della psicologia clinica
e, nel polo di destra, agli orientamenti culturali e alle pratiche che
valorizzano la prevenzione e la promozione del benessere, della crescita e
della migliore integrazione sociale delle persone.
Mentre il riferimento alle finalità mette in risalto la logica soggiacente alle
azioni di counseling, la loro coerenza e articolazione funzionale sono
connesse ad almeno tre fattori di differenziazione che, nel loro insieme,
contrastano l'idea di senso comune (o diffusa per ragioni di marketing)
che possa costituirsi un counseling general/generico, senza specificazioni
che rendano trasparente e comprensibile, agli occhi degli utilizzatori
potenziali, in cosa consiste una relazione consulenziale, come viene
attuata e quali potrebbero essere i vantaggi nell'intraprenderla.
È opportuno quindi sottolineare le diverse combinazioni dei seguenti
elementi che determinano le prestazioni professionali di counseling e la
loro differente modalità operativa e che richiedono distinte competenze
tecniche:
a) i diversi contesti sociali e organizzativi di azione implicano
differenti tipi di prestazione.

46
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Ci si riferisce ai tipi di intervento che si differenziano nettamente tra loro


quando riguardano un contesto educativo, le relazioni di coppia e in
famiglia, la scuola secondaria o l'università, i servizi di orientamento
scolastico, i percorsi di formazione professionale, i servizi sociali e di
comunità, i servizi sanitari, i reparti ospedalieri o le strutture di cure
palliative, le situazioni di emergenza (traumatismi, incidenti stradali,
catastrofi naturali, atti di terrorismo), ecc. Tali differenze nel modo di
attuare il counseling si evidenziano in ragione della probabilità di trovarsi
di fronte a categorie di problemi che sono tipicamente attivati dalla
convivenza in quei contesti. Così, ad esempio, se ci focalizziamo sui servizi
di orientamento sarà più probabile che la prestazione consulenziale
richiesta non sia di natura clinica in senso stretto bensì possa attuarsi nei
termini di un counseling orientativo o di orientamento e richieda in tal
senso conoscenze e competenze legate a tale contesto e aggiuntive
rispetto a quelle di natura psicologica. Parliamo ovviamente di probabilità
e ciò non esclude di trovare anche situazioni di grave incertezza
decisionale imputabili a scompensi di ordine psicologico connessi con la
crisi transizionale. Se invece ci riferiamo al contesto sanitario saranno
molto più probabili le esigenze e le modalità di consulenza psicologica di
natura clinica (espresse, ad esempio, nella parte sinistra del continuum
sopra delineato). A questo proposito è importante accennare al fatto che i
Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) di recente definiti in Italia prevedono
oltre una ventina di prestazioni su circa sessanta che si configurano
formalmente come «consulenza e supporto» ovvero richiamano
esplicitamente l'expertise degli psicologi nell'assicurare ai cittadini il
diritto di usufruire di assistenza psicologica (CNOP; 2018), attuabile con
modalità mono-professionali o in forma integrata con altri professionisti
sanitari o sociali.
b) i tipi di clienti/utenti esprimono categorie di esigenze
tendenzialmente differenziali.
In altri termini il tipo di azione consulenziale e l'eventuale programma di
counseling si precisano in relazione alle persone richiedenti aiuto e non
viceversa, come invece rischia di avvenire quando sono i servizi offerti
(enfaticamente pubblicizzati, ad esempio, in rete) che cercano di

47
influenzare e attirare la domanda. Sono le persone che esprimono
categorie di bisogni specifici di differente complessità e rilevanza
psicologica nelle diverse età, nelle differenti fasi del loro sviluppo e nelle
concrete situazioni di vita che stanno affrontando. Esse vanno intese
quindi come degli «organizzatori differenziali» delle azioni consulenziali
che aiutano anche a comprendere il diverso gradiente psicologico delle
prestazioni di counseling.
Di conseguenza diventa necessario un accurato assessment per poter
delineare la strategia e il tipo di counseling più appropriato da proporre
alla persona interessata in modo trasparente e con gli opportuni
chiarimenti sugli scopi e la metodologia più adeguata.
La gamma delle persone interessate al counseling sarebbe molto vasta
anche se per molti questo tipo di aiuto è poco familiare e quindi poco
accessibile. In ogni caso, nel considerare i potenziali utenti si ripresentano
le diversificazioni che avevamo delineato in precedenza nel descrivere il
continuum delle finalità del counseling. Si pensi, ad esempio, alla
potenziale diversità e varietà delle richieste provenienti da: persone con
varie forme di vulnerabilità psicosociale, persone che affrontano decisioni
di natura sanitaria, persone in condizioni di separazione e lutto,
immigrati, studenti dei vari cicli formativi con difficoltà di apprendimento
o di scelta degli studi successivi, drop-out della scuola, disoccupati in cerca
di lavoro, persone in mobilità, ma anche persone che vogliono
semplicemente migliorare la loro condizione di vita, che sentono di avere
delle potenzialità inespresse, che desiderano mettere in atto nuovi
progetti o che pensano a come sviluppare la loro carriera, ecc.;
c) le differenti tecniche e metodi convalidati scientificamente
diversificano la prestazione consulenziale.
Il counseling è una relazione interpersonale di aiuto che si differenzia però
da molte interazioni informali potenzialmente utili per una persona in
difficoltà per il fatto che si attua in un contesto di consulenza professionale
in cui le finalità orientano il modus operandi e soprattutto la scelta delle
metodologie appropriate alla concreta situazione.
In altri termini, i mezzi usati per consentire un efficace percorso di
esplorazione, approfondimento dell'esperienza, individuazione di piste di

48
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

soluzione dei problemi e di arricchimento delle risorse cognitive, affettive


e comportamentali costituiscono un ulteriore elemento di
differenziazione della pratica consulenziale che richiede agli operatori
specifiche competenze.
Per sottolineare tale fattore di differenziazione relativo ai mezzi si
possono ricordare le sperimentazioni di modalità di counseling che
integrano i tradizionali approcci individuali, face to face, con dispositivi di
gruppo e mediante interazioni on-line che costituiscono ulteriori
opportunità per interventi consulenziali sostenibili (rispetto ai costi e ai
tempi) e accessibili a ulteriori categorie di clienti (Fink e Barak, 2010).
Di ciò spesso non si tiene conto assumendo erroneamente che la funzione
consulenziale sia un semplice derivato degli studi e del titolo formale
posseduto dal consulente e che non sia invece necessario assicurare sia
specifiche competenze sia successive valutazioni di efficacia degli
interventi6.
Questa osservazione chiama in causa l'importanza delle competenze
generali e specifiche e delle microskills che differenziano nettamente il
tipo di consulenza che si intende prestare. Esse dovrebbero essere
padroneggiate a un livello di profondità corrispondente almeno ai master
universitari di secondo livello e andrebbero chiaramente esplicitate
affinché il potenziale utente ne sia consapevole.
In questo senso, per quanto riguarda le competenze generali, «la
proposta di Ridley et al. (2011) appare convincente quando sottolinea
l'importante funzione integratrice di “competenze sovra-ordinate” come: la
motivazione alla consulenza, la selection (saper scegliere in anticipo le
strategie da usare), il sequencing e il timing (ordine ragionevole delle azioni
e rispetto dei tempi di cambiamento della persona) e soprattutto la
purpousefulness (finalità e obiettivi dell'azione professionale). A questo
riguardo, infatti, si deve sottolineare che per dimostrare la padronanza di

6
A tale riguardo ci si dovrebbe cominciare a chiedere quale sia il grado di appropriatezza degli interventi di coun-
seling. È plausibile ipotizzare che un intervento professionale su/per le persone è appropriato quando viene pre-
scritto per finalità chiare alle persone che ne hanno effettivo bisogno, è di efficacia provata dalle evidenze di
ricerca, ha effetti imprevisti (negativi) molto inferiori rispetto ai benefici, risulta sostenibile (evitando disegua-
glianze sociali nell'accesso) ed è svolto da professionisti accreditati sul piano delle conoscenze e delle compe-
tenze e non solo dei titoli formali.

49
una competence in una data area di attività un operatore dovrà essere in
grado di integrare le competencies (skills e microskills) in relazione agli
scopi dell'azione professionale che svolge (ad esempio, scopi legati al
determinare, facilitare, valutare e sostenere gli esiti di migliore
fronteggiamento delle difficoltà; scopi di promozione e sviluppo; scopi di
advocacy e giustizia sociale; scopi di valorizzazione delle diversità, ecc.) e
alle specifiche caratteristiche della situazione/richiesta di aiuto che viene
affrontata» (Sarchielli, 2016, p.9).
Le competenze specifiche, riguardano la capacità di gestione della
relazione professionale come, indicato, ad esempio, dalla International
Association for Educational and Vocational Guidance (http://iaevg.net/):
Comprendere i principali fattori dello sviluppo personale e delle
dinamiche comportamentali, Dimostrare rispetto, empatia e relazioni
costruttive, Usare tecniche di counseling individuale e di gruppo,
Affrontare i bisogni dei soggetti a rischio, Assistere i clienti in vari tipi di
problemi (prevenzione, sviluppo personale, problem solving e decisioni
personali, identità sessuale, social skills, educazione alla salute e uso del
tempo libero), Aiutare a sviluppare piani personali di vita, Riconoscere
quando e se inviare a servizi specializzati.
Infine ricordiamo alcune microskills (in prevalenza di comunicazione
verbale e non verbale) che sono anch'esse in grado di differenziare la
natura e la qualità della prestazione di counseling al di là delle sole buone
intenzioni del consulente. Esse acquistano un senso non singolarmente,
ma in quanto «incastonate» in una competenza più ampia e indirizzate
sulle finalità della prestazione consulenziale. Ci si riferisce, ad esempio, a
skills inerenti a atteggiamenti di base (rispetto, congruenza,
considerazione positiva dell'altro, empatia, self-disclosure, autenticità,
confidenzialità, ecc.); a skills per avviare e mantenere relazione fiduciaria
(ad esempio, ascolto attivo, riformulazione, riflessione sui sentimenti,
rassicurazione, ecc.); a skills per migliorare il significato dell'interazione e
dell'«alleanza di lavoro» (ad esempio, osservare, fornire e ricevere
informazioni, focalizzarsi su un nucleo condiviso, stimolare una visione
d'insieme, riesaminare la situazione e il goal setting iniziale, stimolare le
risposte di coping, ecc); a skills per migliorare il coinvolgimento affettivo e

50
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

cognitivo (ad esempio, far domande non intrusive, esplorare insieme,


cercare conferme, dimostrare, ecc.) e a skills per facilitare chiarificazioni e
per fornire feed-back di rinforzo.

4. Specificità versus trasversalità della funzione


di counseling
Gli psicologi, per il tipo di conoscenze sul funzionamento della persona e
per l'expertise acquisita nella gestione delle dinamiche cognitive, emotive
e comportamentali a livello individuale e di gruppo sono in una condizione
elettiva e privilegiata per lo svolgimento della funzione di counseling.
Naturalmente, senza tener conto per un momento delle prescrizioni e
riserve normative di cui alle leggi citate in precedenza sulla professione di
psicologo, sono da soddisfare alcune condizioni soggettive che paiono più
sostanziali per tradurre in pratica tale prerogativa consulenziale. Ci si
riferisce al fatto che gli psicologi intendano o possano effettivamente:
• ritenere le prestazioni di counseling coerenti con le loro aspettative
professionali (e ciò non va dato sempre per scontato se si
considerano i limiti degli attuali processi di formazione universitaria
in tema di counseling e la tendenza a bypassare questa forma
particolare di consulenza psicologica facendo prevalere la scelta più
classica di svolgere attività cliniche di tipo psicoterapico);
• essere in grado di costruire la relazione consulenziale (alleanza di
lavoro) calibrata sulle specifiche finalità che abbiamo cercato in
precedenza di articolare;
• essere consapevoli delle competenze necessarie per organizzare un
intervento consulenziale (ad esempio, seguendo lo schema delle
competenze Europsy: specificazione degli obiettivi, assessment,
pianificazione, implementazione dell'intervento, valutazione) e per
specificarlo in funzione dei clienti/utenti, dei contesti e dei metodi e
strumenti prioritari;
• avere acquisito la padronanza di risorse concettuali specifiche per la
consulenza, adattate ai differenti contesti d'uso, oltre alle risorse
personali di tipo cognitivo/affettivo (come atteggiamenti,
motivazioni, valori) e a quelle comportamentali specifiche, come le

51
microskills, utili per lo svolgimento delle prestazioni consulenziali
(ciò evidentemente chiama in causa il sistemi di formazione
universitaria degli psicologi a livello di laurea magistrale e di master
assai carenti sulle problematiche del counseling);
• rendere esplicito - come importante modalità di autoregolazione
professionale - il fatto che essi adottano modelli concettuali e
strumenti propri della psicologia e fanno uso primario nella loro
pratica della relazione psicologica e della gestione delle emozioni
secondo gli standard deontologici della professione psicologica.
Di fatto, gli psicologi sono nella condizione di svolgere la funzione di
counseling in due differenti modi:
a) come caratteristica specifica primaria dell'azione professionale
attuata privatamente o in servizi di natura psicologica e lungo tutte le
dimensioni del continuum sopra illustrato (esempi tipici i consultori
o altri servizi sanitari territoriali, gli ospedali, ecc.);
b) come componente specifica, ma complementare rispetto ad altre
funzioni primarie attribuite e svolte dallo stesso psicologo che lavora
in qualità di consulente o dipendente in servizi non di natura
psicologica (assunto ad esempio, in qualità di operatore nei Servizi
per l'impiego, nell'Orientamento, negli Uffici risorse umane, nei
Servizi educativi, nei Servizi sociali o nelle comunità residenziali).
Esempi di interventi con possibili applicazioni del counseling (con il
coinvolgimento degli psicologi, da soli o in stretta collaborazione con altre
professioni) sono numerosi anche se spesso non sono adeguatamente
conosciuti dal grande pubblico, non valorizzati dagli stessi psicologi né
valutati nella loro efficacia (si veda la tab. 3).

52
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Tab. 3 - Esempi di applicazione del counseling

Contesti d’uso Attività consulenziali che coinvolgono psicologi

Reparti ospedalieri Consulenza per stati emotivi di disagio soggettivo, per malessere psicologico e
sofferenza emotiva connessa a esperienza di malattia acuta o di preparazione a
interventi chirurgici, a traumatismi, a patologie organiche con prognosi infausta o a
malattie insidiose ad andamento cronico; per disturbi con trattamenti in cui è
fondamentale la compliance, ecc.
Servizi socio-sanitari Consulenze in ambiti consultoriali relative a varie situazioni di complessità
territoriali e Servizi decisionale dall’adolescenza alla vita adulta; alla mediazione famigliare e agli affidi;
sociali di comunità alle attività di assistenza sociale a varie categorie di svantaggiati, di poveri, di
immigrati, ecc.
Scuola e servizi di Consulenze negli «sportelli di ascolto»; consulenza orientativa e di guidance;
orientamento consulenze per la promozione di stili di vita salutari, per la rimotivazione allo
scolastico studio, per la definizione di progetti di inclusione sociale di disabili, per
l’assessment e la gestioned ei bisogni educativi speciali; consulenze per la
prevenzione degli insuccessi e abbandoni scolastici, delle condotte aggressive, delle
dipendenze, per la creazione di classi meglio funzionanti, ecc. con utenti
adolescenti, giovani e insegnanti.
Servizi di Aiuti personalizzati per la scelta iniziale, le scelte successive e le deci sioni post-
orientamento lauream; consulenza per la costruzione di progetti a lungo termine; consulenze e
universitario sostegni per rischi di disadattamento e scompenso emotivo durante gli studi, ecc.
Servizi per l’impiego Consulenza orientativa, bilancio di competenze, consulenze di accompagnamento
occupazionale, Career counseling, consulenze e sostegno psicologico in situazioni
di perdita del lavoro, ecc.
Formazione Interventi consulenziali per rimotivare le persone e riavviare processi di
professionale e autoconsapevolezza sugli obiettivi personali, per attivare l’apprendimento degli
educazione degli adulti, per il recupero formativo, ecc.
adulti
Gestione delle Consulenza all’inserimento lavorativo, alla socializzazione e on-boarding,
risorse umane all’analisi del potenziale; consulenza di carriera, ecc
Associazioni e Consulenza al miglioramento psicofisico e dell’auto-efficacia dei praticanti lo sport
società sportive (professionistico, dilettantistico, giovanile); consulenze per la gestione dello stress;
consulenze di supporto e facilitazione alla coesione di gruppi e squadre; consulenze
alla formazione di operatori dello sport, ecc.

Ma è sempre lo stesso tipo di counseling?


Ci pare di dover rispondere negativamente e poiché non è plausibile un
counseling general/generico sempre uguale a se stesso nelle diverse
situazioni esemplificate né è realistico immaginare un operatore
«tuttologo» capace di recepire istanze di aiuto così diversificate, il
counseling va specificato con un'espressione qualificativa che renda
trasparenti e comprensibili agli utenti/clienti la tipologia di counseling da
loro utilizzabile.
È opportuno sottolineare che, dal punto di vista dei contenuti del lavoro
svolto, quanto più ci si attesta sulla parte sinistra del continuum delle

53
finalità del counseling descritto in precedenza tanto più è plausibile la
tipicità di atti professionali riservati agli psicologi per fronteggiare il
disagio psicologico e trattamenti di sostegno e cura. Si tratta del counseling
psicologico-clinico (i suoi tratti essenziali sono riassunti nei Quadri 1 e 2)
in senso stretto che ha ormai mostrato un ampio ventaglio di outcomes
positivi espressi sia dall'attenuazione del disagio sia, soprattutto,
dall'attivazione della persona che soffre nella direzione di un migliore
adattamento funzionale e benessere (si pensi, ad esempio, alla ricerca di
una positiva adesione e cooperazione rispetto ai vari trattamenti medici
ricevuti; Patierno, Carrozzino, Fulcheri, 2017).

Quadro 1 - Il counseling psicologico in sintesi

• È una relazione professionale di aiuto che persegue differenti finalità adattive


considerate o percepite come rilevanti dal cliente/utente: a) cercare di risolvere i
problemi salienti connessi «alle tappe dello sviluppo, all'ambito vocazionale,
all'evoluzione e alla crescita professionale, alla dimensione personale e relazionale
all'interno del contesto ambientale in cui l'individuo risulta collocato» (Di Fabio,
Sirigatti, 2005); b) fronteggiare situazioni di disagio, di ambivalenza, di confusione e di
crisi evolutive o accidentali e ad aumentare la resilienza alle avversità, c) riprogettare
percorsi di vita, promuovere l'autonomia personale e l'autodeterminazione,
sviluppare e attuare le potenzialità della persona in ambito formativo, lavorativo,
familiare e della comunità.
• Non costituisce una nuova professione bensì una funzione professionale tipica nel
quadro delle altre funzioni del lavoro dello psicologo.
• In particolare, rappresenta una specifica forma di consulenza psicologica
(individuale o di gruppo) contraddistinta dalle altre modalità di consulenza attuate
dallo psicologo per il fatto che prevede non solo l'aiuto per identificare possibili
soluzioni ai problemi che causano disagio, ma lo scambio cognitivo e affettivo
reciproco tra consulente e cliente, la ricostruzione condivisa e la comprensione dei
significati dell'esperienza secondo un'ottica prospettica e progettuale tesa: a) a
facilitare la personale presa in carico delle proprie problematiche; b) ad attivare un
cambiamento migliorativo in persone che, pur cercando un aiuto, risultano
funzionalmente integrate.
• È opportuno qualificare il counseling con l'aggettivo psicologico (o
psicologico/clinico) sia per rendere evidente la pluralità degli interventi
consulenziali inerenti alle suddette finalità sia per differenziarlo dai diversi tipi di
psicoterapia e da altre forme plausibili di consulenza (psico-educativa, educativa,
pedagogico-didattica, informativa, ecc.).

54
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Nella parte centrale e destra del continuum, invece, la funzione di


counseling non è indirizzata su persone a forte rischio di diventare
«pazienti» e non si caratterizza per una prevalente ottica clinica e di
remedial. Pertanto, in questo caso, tale funzione deve sicuramente
coinvolgere, in prima battuta, gli psicologi in grado di offrire una
consulenza psicologica, ma può interessare anche altri professionisti, in
numerosi ambiti ove si realizzano pratiche professionali ad alto tasso
relazionale.
Al riguardo, è importante ribadire la necessità di usare denominazioni
chiare che qualifichino e facciano capire ciò che legittimamente è
definibile come counseling psicologico-clinico o counseling psicologico
distinguendoli da alcune prestazioni di counseling che hanno una
connotazione non solo psicologica (e non corrispondono a nuove
professioni autonome) ovvero hanno componenti rilevanti di
interdisciplinarietà come ad esempio: la consulenza orientativa o di
orientamento, la consulenza di carriera (che riguarda l'ampia tradizione di
ricerca e intervento del career counseling), la consulenza di
accompagnamento al placement, la consulenza psico-educativa, la
consulenza educativa (o pedagogica), la consulenza sportiva, la consulenza
nei servizi universitari, la consulenza economica, la consulenza genetica,
ecc..

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Quadro 2 - Modus operandi nel counseling psicologico

• Il counseling è un intervento professionale di durata limitata nel tempo, basato


sull'uso primario della relazione interpersonale con il cliente/utente, sulla
compartecipazione emotiva e sulle modalità di comunicazione efficace per creare
un'alleanza di lavoro che possa facilitare la conoscenza di sé, il potenziamento e la
mobilitazione delle risorse personali per sperimentare nuove soluzioni di
adattamento attivo all'ambiente di vita.
• È sostenuto da modelli teorici e metodi di tipo psicologico (in particolare, il
colloquio di consulenza, di comprensione, autobiografico/narrativo, gli esercizi di
attivazione e riflessività, ecc.) che devono essere padroneggiati per consentire
un'efficace analisi della domanda, un valido percorso di esplorazione di sé, di
comprensione dei propri atteggiamenti e sentimenti, di approfondimento
dell'esperienza, di ricognizione e individuazione di piste condivise di soluzione dei
problemi e di arricchimento delle risorse cognitive, affettive e comportamentali.
• È rappresentabile come un dialogo strutturato e pianificato che ha un
andamento processuale e prevede in genere, al di là delle differenze di approccio
teorico-metodologico adottato dal consulente, differenti fasi:
a) Avvio/costruzione della relazione (sviluppo della fiducia e costruzione di un'alleanza
di lavoro focalizzata sul coinvolgimento della persona nel farsi carico della sua
situazione).
b) Ricognizione del problema (sviluppo della comprensione del cliente, assessment,
autovalutazione e identificazione dei punti di forza della persona).
c) Definizione degli obiettivi (goal setting e accordo sugli obiettivi specifici desiderati;
strategie per raggiungerli).
d) Lavoro di implementazione (utilizzo di risorse interne ed esterne, di varie tecniche
come esercizi di riflessività, problem solving, ecc.).
e) Chiusura e follow-up (valutazione della “prontezza” alla chiusura e verifica del
mantenimento dei progressi ottenuti)

Anche in questi ultimi casi la presenza degli psicologi è ampiamente


giustificata, ma non tanto sulla base di una riserva normativa, quanto
piuttosto del possesso di un mix di competenze pregiate di carattere
psicologico e di conoscenze e competenze aggiuntive legate al contesto di
azione (la scuola, i servizi di orientamento, i servizi per il lavoro, i servizi
sociali, le aziende, ecc.).
Tale mix può rappresentare una carta vincente sul mercato dei servizi alla
persona in quanto è applicabile con efficacia e si traduce concretamente in
attività di natura psicosociale (come: assessment, guidance, promozione,
progettazione, empowerment, sviluppo professionale, valutazione dei

56
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

risultati a breve termine e di impatto) di notevole rilevanza e attrattività


per i contesti di lavoro.
In generale, anche se l'espletamento della funzione di counseling
presuppone sempre un'expertise psicologica (e il possesso di specifiche
skills e microskills di natura comunicativa) essa può però essere
diversamente declinata, con «dosaggi» differenti e metodi appropriati
anche in contesti professionali relativamente distanti da quelli
primariamente psicologici.
Ciò nel senso che diverse professioni non psicologiche che già si
caratterizzano per relazioni di consulenza con utenti individuali e
collettivi possono avvalersi di un nucleo di conoscenze psicologiche e
competenze di base di counseling per integrare, arricchire e qualificare la
loro professionalità primaria mostrando così una sorta di trasversalità
della funzione di counseling.
In altri termini, un insegnante, un educatore, un orientatore, un medico di
medicina generale o uno specialista, un genetista, un infermiere, un
tecnico della riabilitazione, un assistente sociale, un avvocato, un
allenatore sportivo, un professionista finanziario (esiste l'albo dei
professionisti abilitati alla consulenza finanziaria), ecc. possono acquisire
conoscenze psicologiche, abilità relazionali e comunicative focalizzate sul
miglioramento delle loro prestazioni primarie e così soddisfare meglio le
esigenze dei loro utenti.
In questi casi le competenze di counseling sono un valore aggiunto per
professioni che hanno una chiara configurazione sul piano delle
conoscenze e delle pratiche ovvero questi professionisti non psicologi
offriranno un servizio migliore senza dover «cambiar mestiere» né
entrare in territori conoscitivi che non dominano per assumere un
fantomatico profilo di counselor con cui presentarsi in modo artificioso
all'utente/cliente.
Per facilitare una diagnosi identificativa del tipo di counseling che si
intende valutare o realizzare suggeriamo di rispondere alle domande del
check-up in tab. 4.

57
Tab. 4 - Un possibile check-up per distinguere i vari tipi di
intervento di counseling
Dimensioni Domande critiche
La natura/finalità Per quale finalità viene attuato l’intervento? Si tratta cioè di finalità rilevanti
delle prestazioni per l’assetto psicologico di una persona (Riferirsi al continuum delle finali tà di
erogate remedial o sviluppo personale descritto in precedenza ) o di altri tipi di finalità
prevalente (ad esempio, educative, pedagogiche, informative, di orientamento,
ecc.)?
Approcci concettuali Sono usati modelli e teorie psicologiche di riferimento per l’intervento? Ci si
di riferimento riferisce ad altri approcci teorici? Quali?
Indicazioni d’uso Sono specificate le situazioni e il tipo di persone per cui l’intervento è
considerato appropriato? Sono esplicitabili le evidenze scientifiche a favore
della pratica prescelta?
Metodi/tecniche Sono usati strumenti e tecniche propri della psicologia nelle diverse fasi
prevalenti dell’intervento cioè della relazione di consulenza (dall’assessment, alla presa in
carico, alla co-progettazione, realizzazione e valutazione dell’intervento)? Di
quali si tratta? Sono invece usati altri tipi di strumenti e tecniche??
Accountability Sono indicate in modo trasparente le ragioni dell’intervento? Che grado di
corresponsabilità del professionista per i risultati conseguiti? Il professionista
ha esplicitato il suo modus operandi e la sua specifica formazione?
Deontologia Quali standard deontologici vengono dichiarati e seguiti nell’intervento?
Denominazione finale In sintesi: Tenendo conto delle dimensioni esplorate con quale aggettivo (o
espressione qualificativa) si potrebbe denominare l’interven to di counseling
considerato?

5. Conclusioni
Queste ultime osservazioni mettono in evidenza una possibile
«trasversalità del counseling» che andrebbe analizzata e approfondita
meglio con la ricerca scientifica dal momento che sembra rappresentare
uno dei modi con cui le professioni di aiuto stanno cambiando il loro volto
tradizionale aumentando il loro tasso di interdisciplinarietà e di
cooperazione interprofessionale. Anche da questo si deduce l'inutilità di
nuove figure autonome di operatori di counseling (generico o con
aggettivazioni qualificative di tipo evocativo e confusivo come
«esistenziale», «relazionale», «olistico» che in realtà mascherano con altri
nomi dimensioni di tipo psicologico) a favore invece di aggiornamenti e
arricchimenti delle professioni esistenti con l'innesto nel loro solido
dominio conoscitivo e operativo di nuove competenze di tipo
consulenziale. Questo trend di neo-professionalismo (che – come afferma
Bosio (2011) - consiste nel fatto che da un sapere scientifico possono
generarsi più professioni; ma anche che una professione può rifarsi a più
saperi scientifici) non riguarda solo le professioni non psicologiche

58
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

quando cercano di acquisire conoscenze e skill psicologiche per operare


meglio, senza però «rubare il mestiere a nessuno», ma gli stessi psicologi.
Infatti, molti di essi già ora, per necessità occupazionali, costruiscono la
loro professionalità tramite un mosaico di esperienze diverse di natura
psicosociale che di fatto allargano i confini e lo spessore del loro ruolo
tradizionale.
Assumendo questa prospettiva di maggiore apertura professionale essi
possono non solo potenziare la loro expertise nel counseling psicologico
classico, ma aprirsi a nuovi saperi e a nuove competenze e collaborazioni
interdisciplinari che li mettano in grado di offrire servizi consulenziali
multiscopo, sostenibili e accessibili a nuove categorie di utenti anche
grazie al supporto delle nuove tecnologie di comunicazione on-line.
Possiamo quindi concludere segnalando tre possibili «fuochi di
attenzione» della psicologia del counseling:
a) la rivendicazione della priorità e della riserva normativa per gli
interventi consulenziali di tipo psicologico-clinico e psicologico
nell'ambito dei servizi socio-sanitari, educativi e di comunità (in gran
parte esemplificati nella parte sinistra del continuum delle finalità
degli interventi di aiuto che abbiamo descritto e sollecitati anche da
quanto previsto dai nuovi Livelli Essenziali di Assistenza);
b) la rilevanza e centralità dell'expertise psicologica per interventi
consulenziali anche non esclusivamente psicologici in cui comunque
gli psicologi possono far valere la qualità delle loro competenze
quando si integrano con le conoscenze di contesto necessarie per
gestire le problematiche tipiche delle situazioni di orientamento, di
transizione psicosociale, di sviluppo di carriera, di apprendimento
sociale, di promozione della resilienza, dell'advocacy come in
precedenza descritto nella parte centrale e destra del continuum;
c) l'opportunità, da un lato, di arricchire il curriculum formativo degli
psicologi (ad esempio con attività teorico-pratiche post-lauream a
livello di master dedicate alle metodologie di counseling) e, dall'altro
lato, offrire con decisione un contributo psicologico alla formazione e
aggiornamento di altre professioni interessate a pratiche di counseling
integrative della loro professionalità primaria.

59
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Super, D. E. (1977). The identity crisis of counseling psychologists, The Counseling
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R e t r i e v e d f r o m : h t t p : / / l a r i o s . p s y. u n i p d . i t / i t / w p -
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62
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

4 LE SPECIFICITÀ DEL COUNSELING IN AMBITO


CLINICO E DELLA SALUTE
di M. Fulcheri, D. Carrozzino, C. Patierno

1. La nascita e l'evoluzione del counseling


La nascita e l'evoluzione del counseling inteso come intervento
professionale di aiuto, distinto dalla psicoterapia, sono legate a diverse
componenti, quali l'ibridazione connessa al trasferimento negli Stati Uniti
dei principali esponenti (Viennesi e non) delle scienze mediche e
psicologiche e il loro sviluppo all'interno del sistema educativo e nel
settore del volontariato. Nello specifico, il counseling inizia a
caratterizzarsi come peculiare forma di intervento di aiuto, condotto da
professionisti dell'ambito sociale e sanitario, a partire dai primi anni '40
negli Stati Uniti. Il primo specifico riferimento sul tema risale al 1939,
anno in cui Rollo May pubblica un suo testo dal titolo “L'arte del
counseling”, frutto dell'esperienza maturata in qualità di consulente
“psicologo non medico”, presso l'Università del Michigan. Tale incarico
prevedeva, oltre allo svolgimento di specifiche attività di “insegnamento”,
anche l'effettuazione di un servizio di consulenza psicologico-clinica,
rivolto agli studenti che ne facevano richiesta, unitamente ad attività di
supervisione.
Tuttavia, l'input decisamente più importante e significativo che ha portato
allo sviluppo della pratica di counseling si deve all'elaborazione, nel 1942,
da parte di Carl Rogers, delle prime tecniche non direttive del counseling,
inteso come specifica applicazione di principi e metodi, desunti dalla
clinica, in contesti educativi (“educazione terapeutica”), attraverso il
volume: “Psicoterapia di Consultazione”, successivamente rielaborata
dapprima nella “terapia centrata sul cliente” e, in seguito, nella “terapia
centrata sulla persona”. In questo senso, il counseling assume la
connotazione iniziale di “intervento psicoterapeutico di superficie” volto
ad affrontare, nell'ambito del rapporto interpersonale che si viene a
creare nel corso della relazione di aiuto, prevalentemente le
problematiche inerenti momenti critici “esistenziali”. Successivamente,
peraltro, pur avendo esercitato un'influenza fondamentale sulle tecniche

63
non direttive di counseling attraverso l'elaborazione della sua terapia
centrata sul cliente, per la quale il processo terapeutico consisteva
essenzialmente nell'indurre una crescente presa di coscienza delle
proprie potenzialità, Rogers stesso finì con il fare confluire il counseling in
una particolare forma di psicoterapia.
In questo contesto, un ulteriore contributo allo sviluppo e alla
sedimentazione del counseling può essere ricondotto ad Alfred Adler,
relativamente all'importanza attribuita ai contesti relazionali ed educativi
più importanti, vale a dire la scuola e la famiglia, considerati luoghi
primari all'interno dei quali si sviluppa e struttura la personalità di ogni
individuo. È proprio nella costruzione della personalità e dello “stile di
vita”, infatti, che si riscontra l'elemento cardine del pensiero adleriano,
oltre al concetto di Sentimento Sociale-Comunitario, che ha contribuito
all'ulteriore sviluppo applicativo del counseling.
Un altro studioso che in quel periodo ha svolto un ruolo rilevante per lo
sviluppo del counseling è stato certamente Rudolf Dreikurs, medico e
psicologo viennese, transfugo docente di Psichiatria presso la stessa sede
universitaria dove operava Rogers, particolarmente impegnato nel
diffondere il pensiero di Adler (di cui era stato allievo a Vienna) negli Stati
Uniti. Dreikurs, infatti, riteneva, già all'epoca, che il trattamento di
counseling dovesse essere rivolto unicamente a persone in difficoltà per
problemi correnti, per aiutare la chiarificazione e il superamento delle
loro difficoltà, ribadendo con fermezza la differenza con interventi
specificatamente psicoterapeutici, gli unici strumenti utili nei confronti
dei soggetti affetti da veri e propri disturbi psichici; in quest'ultimo
contesto, l'obiettivo principale era quello di favorire la revisione dello stile
di vita, intesa come ristrutturazione della personalità. Tuttavia, solo
intorno alla fine degli anni '50, il counseling, così strutturato, farà
ufficialmente la sua comparsa in Europa, e in particolare in Gran Bretagna;
inizialmente questo tipo d'intervento, promosso soprattutto da agenzie
territoriali, come centri ambulatoriali, consultori e agenzie per i giovani,
veniva utilizzato allo scopo di modificare i crescenti comportamenti
considerati a rischio (fumo, alcool, eccessi alimentari ecc..) o socialmente
discutibili (maltrattatori e maltrattati, genitori con carenti capacità

64
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

accuditive ed educative ecc…). Gradualmente, l'intervento di counseling


ha iniziato a “coprire” diverse altre aree con problematiche esistenziali, in
particolare quelle riguardanti la salute, la scuola, il lavoro, la vita di coppia,
e molte altre ancora. A partire dalla fine degli anni '60, si assiste alla prima
imponente diffusione di agenzie di counseling intese come servizi previsti
in relazione alle campagne preventive di educazione demografica,
peraltro con un'impronta eminentemente medico-terapeutica. Ed è
appunto in questo periodo che si procede, in Gran Bretagna,
all'ufficializzazione della pratica professionale del counseling, attraverso
la costituzione dello Standing Council for the Advancement of Counseling
(SCAC) nel 1971, successivamente (1976) ridefinito come British
Association for Counseling (BAC).

1.1 Il counseling in Italia


In Italia lo sviluppo del counseling è avvenuto con ulteriore ritardo
rispetto ai paesi anglosassoni; ciò pare determinato soprattutto dal
contesto socio-politico e culturale che, fin verso la fine degli anni '60, ha
reso difficile una riflessione in questo ambito. Al riguardo, uno dei primi
settori in cui si è ritrovato l'uso indifferenziato del termine counseling è
stato, senza dubbio, il campo sociosanitario. In tal senso, infatti,
l'evoluzione del concetto di salute e dei servizi socio-sanitari ha
comportato il sorgere di “istituzioni nuove per nuovi bisogni”, tra le quali i
Consultori Familiari. A mantenere, nell'esercizio delle prime e
indifferenziate funzioni di counseling che caratterizzano gli inizi degli
anni '70 nel nostro paese, una significativa “confusività”, va sottolineata la
scarsa attenzione su questa pratica da parte della neonata Psicologia
Italiana. Il primo corso di Laurea in Psicologia, infatti, nasce a Roma e poco
dopo a Padova nel 1971, per cui i primi laureati in Psicologia risalgono al
1975, in un contesto formativo con finalità più tradizionali,
marginalmente cliniche e quasi sempre mancanti di obiettivi didattico-
formativo-professionalizzanti inerenti il counseling. Qualche anno dopo, a
partire dai primi anni '80, l'attività di counseling viene indirizzata verso la
gestione dei problemi derivanti dalle profonde ripercussioni che l'AIDS ha
provocato sulla psicologia dei pazienti e dei loro familiari. Ciò ha

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comportato, da parte del Piano Nazionale di Formazione per Operatori
socio-sanitari per la lotta alle infezioni da HIV (PFH), approvato nel 1989,
l'Istituzione di specifici corsi centrati sul counseling per operatori con
diverse professionalità (medici infettivologi, assistenti sociali, infermieri,
operatori delle associazioni di volontariato), permanendo marginale la
componente specificatamente psicologica.

1.2 Ambiguità strutturali legate alla radice etimologica


del termine counseling
A rendere molto problematica una accurata e univoca ridefinizione del
counseling, vanno menzionate, da un lato le difficoltà semantiche insite
nei molteplici significati a cui tale termine rimanda e, dall'altro le
problematiche indotte dalla sedimentazione, nel tempo, di pratiche
“professionali” di varia natura.
La questione più rilevante è certamente legata alla confusione che risiede
nel termine counseling, in quanto derivato dalla lingua anglosassone: il
riferimento al “dare consigli” e la particolare accezione fornita dal termine
“to counsel”, inteso come “to urge the adoption of”, cioé un “far premura o
pressione”, un collaborare all'adozione della forma appropriata o
adeguata di comportamento in una determinata situazione, spesso ma
non sempre operativa o professionale, ha comportato ambigue
utilizzazioni nell'ambito delle relazioni d'aiuto. Inoltre, a proposito dei
differenti tentativi di tradurre il termine counseling, l'Oxford Dictionary
scrive: “consiglio da un consigliere-consulente”, definizione che appare
poco condivisibile considerata la confusività che genera riguardo alle
tante professionalità che rispondono a questo obiettivo durante la loro
quotidiana attività. Infine, il ricorso, come “radice etimologica”, al verbo
latino “consulere” (da cui deriva anche il termine “consulenza”), può
ulteriormente favorire accostamenti disorientativi. A questo riguardo, va
ricordata la sottolineatura, da parte di Pagani, sulla ingannevole similarità
linguistica tra il termine “counseling” e quello di “consiglio”; l'autore
propone di risolvere tale ambiguità etimologica attuando un confronto
che consenta di cogliere appieno le differenze tra i due termini, laddove
per “consiglio” si intende un rapporto paritario tra due individui che sono

66
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

in accordo su un tema comune e in cui vengono suggerite delle scelte da


compiere, a differenza del “counseling” che si basa su una relazione
professionale con un esperto volta ad individuare una strategia finalizzata
a rendere possibili scelte più adattive e modifiche funzionali nello stile di
vita.
Sulla possibile “accettazione” della componente “consiglio” compresa nel
termine counseling, invece, si ritiene particolarmente suggestiva la
considerazione proposta da Adolfo Pazzagli, in occasione del Primo
Congresso Nazionale sul Counseling Universitario (Torino, 7-8/02/02),
relativa al detto comune: “la notte porta consiglio”. Secondo questo
studioso, il counseling potrebbe, infatti, attraverso le componenti di
chiarificazione e riflessione, facilitare un processo maturativo individuale,
spesso inconscio, capace di consentire il superamento di momenti critici
attraverso la “creazione” di nuove visioni delle problematiche esistenziali
con la conseguente “inaspettata scoperta” di modalità idonee alla
risoluzione delle difficoltà.
L'attività di counseling psicologico-clinico presuppone una specifica
relazione di aiuto “asimmetrica”, attraverso un peculiare rapporto
interpersonale tra un soggetto che chiede aiuto e che versa in un
cosiddetto momento critico dell'esistenza (caratterizzato da disagio,
malessere e/o sofferenza) e un esperto/professionista, debitamente
formato; l'esercizio di tale “funzione” psicologica, volta a promuovere e
incoraggiare la ripresa di un processo di crescita (decisionale, di recupero,
di fronteggiamento delle difficoltà, di coping), necessita l'acquisizione di
un bagaglio di conoscenze, abilità, capacità, attitudini e competenze
finalizzate all'attivazione e alla riorganizzazione delle risorse individuali
(fiducia, benessere, senso di coerenza, autostima), con l'obiettivo di
favorire scelte e cambiamenti adattivi (stile di vita).

1.3 Il counseling come specifica relazione dell'aiuto psicologico


Allo scopo di cercare di offrire, nello scenario attuale che caratterizza le
complesse declinazioni del counseling, un'immagine di chiarezza e
coerenza, pare indispensabile definire le differenze di maggior rilievo
rintracciabili fra tutte quelle professioni che “implicano l'aiuto” nei

67
confronti delle specifiche attività professionali “che si basano sull'aiuto.
Le professioni che implicano l'aiuto (che non hanno cioè come prioritario
l'obiettivo di fornire uno specifico intervento di aiuto psicologico), pur
attribuendo un ruolo decisamente importante alla relazione, alla
comunicazione e all'aiuto “generico”, si differenziano da tutte quelle
specifiche professioni (basate sulle funzioni di counseling o di
psicoterapia) il cui elemento caratterizzante è costituito dalle varie
modalità di aiuto psicologico, connesse tanto alle problematiche relative
all'intervento sul malessere e sul disagio, quanto agli scompensi
psicopatologico-clinici.
Per counseling psicologico-clinico si intende quella peculiare relazione
professionale, basata sulla comunicazione e sulla compartecipazione
emotiva all'interno di un clima relazionale cooperativo, il cui obiettivo
prioritario consiste nel fornire uno specifico intervento improntato
sull'aiuto psicologico in momenti critici dell'esistenza, caratterizzati da
disagio e malessere, causa di sofferenza. Per poter esercitare in maniera
competente tale relazione professionale, che si distingue da una generica
relazione che implica l'aiuto psicologico, un percorso formativo
“complesso”, nel senso di multidimensionale, può essere declinato
attraverso l'acquisizione di “tre saperi”, ovvero il sapere, il saper fare e il
saper essere. Il “sapere”, vale a dire la necessità di una costante
preparazione personale e di un continuo apprendimento di conoscenze
teoriche, nozioni e informazioni; il “saper fare”, inteso come insieme di
abilità pratiche (dal latino habilis, vale a dire maneggevole, a voler
intendere il maneggiare con consapevolezza una funzione puramente
tecnica); il “saper essere”, che presuppone “l'integrazione” dei due
“saperi” precedenti, in armonia con le “attitudini personali” (dotazioni
settoriali nell'ambito delle funzioni cognitive ed emotivo-affettive e
insieme di caratteristiche aiutative tanto innate quanto acquisite versus
relazioni improntate alla cooperazione); ciò attraverso l'acquisizione di
specifiche capacità (dal latino capacitas, derivato a sua volta da capax, che
significa atto, adatto a contenere, a voler intendere la funzione connessa al
contenimento, nel senso di offrire accoglimento e disponibilità a ricevere,
comprendendo i bisogni altrui).

68
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

L'insieme di conoscenze, abilità, capacità e attitudini costituisce il bagaglio


delle necessarie competenze, sia di base sia avanzate, per esercitare una
vera e propria relazione dell'aiuto psicologico-clinico.
A tale scopo, si sottolinea, da un lato, la necessità di un costante apprendi-
mento teorico-pratico di nuove competenze, e dall'altro l'utilità di conti-
nui aggiornamenti professionali.
Tale “complessa” articolazione formativa pare possibile attraverso la
ricerca di un cosiddetto “core curriculum”. Nello specifico, con questo ter-
mine anglo-latino, si intende il complesso di contenuti essenziali (cono-
scenze, abilità, attitudini, capacità e competenze) che tutti i professionisti
della salute mentale devono aver acquisito in modo completo e stabile per
l'esercizio competente della loro professione.
A tal riguardo, si può fare riferimento alle linee guida elaborate, a livello
internazionale, dal “Consiglio per l'Accreditamento del Counseling” (Co-
uncil for Accreditation of Counseling and Related Educational Programs –
CACREP), che ha sviluppato una lista di competenze, peculiarmente rile-
vanti per l'esercizio del counseling psicologico-clinico, così riportate in
maniera sintetica:
1. stabilire e facilitare relazioni costruttive e sicure con i pazienti,
vale a dire saper attivare un processo fiduciario con
l'utente/cliente nell'ambito di una alleanza di aiuto che veicoli
non tanto una modalità di adherence e/o compliance passiva,
quanto una autentica e reciproca concordance;
2. saper promuovere e comunicare nella relazione rispetto, incorag-
giamento, considerazione positiva dell'altro, compartecipazione
emotivo-affettiva, autenticità e apertura all'imperfezione e al dub-
bio;
3. saper garantire un ascolto attivo, così come rassicurazione e
sostegno emotivo;
4. saper migliorare la qualità delle relazioni interpersonali, poten-
ziando, parallelamente, i livelli individuali di benessere psicologi-
co;
5. pianificare l'intervento e implementare il trattamento attraverso
programmi di valutazione (sia di screening, sia diagnostica);

69
6. mantenere e preservare adeguati comportamenti etici, legali e
professionali con la propria utenza.

1.4 La funzione di counseling in ambito sanitario


Il recente epocale riconoscimento della figura dello psicologo, in
particolare dello psicologo clinico, nell'ambito delle professioni sanitarie
(Decreto legge n. 3 dell'11 Gennaio 2018, conversione del DDL Lorenzin),
ha imposto a livello didattico-formativo-professionalizzante una specifica
ridefinizione delle funzioni del counseling in Sanità. Rispetto all'ambito
sanitario, un intervento di counseling psicologico-clinico potrebbe
trovare valida, ampia e consistente applicazione in diversi contesti
ospedalieri e in pazienti che stanno vivendo un particolare “momento
critico dell'esistenza” caratterizzato da uno stato emotivo di sofferenza
individuale (dolore mentale), disagio emotivo, malessere e/o distress
psicologico.
Il counseling psicologico-clinico può, infatti, configurarsi come specifica
relazione d'aiuto rivolta a tutti i pazienti affetti da una patologia medico-
internistica, che stanno sperimentando una sofferenza non solo fisica, ma
anche e soprattutto mentale. L'obiettivo, in questo ambito, potrebbe
essere sia quello di favorire una accettazione coraggiosa della propria
condizione clinica, incentivando comportamenti più adattivi e stili di vita
più funzionali, sia di promuovere, parallelamente, uno stato di salute e
benessere psicologici anche dinanzi a condizioni di evidente precarietà
sia fisica sia psichica.
Le principali problematiche connesse alla richiesta di intervento di
consulenza-consultazione psicologico-clinica sembrano essere: il disagio
e il malessere che accompagna ogni esperienza di malattie e/o traumi; la
sofferenza emotiva di pazienti con gravi patologie organiche, croniche o
con prognosi infausta; gli effetti di queste esperienze su familiari e
operatori, sanitari e non, coinvolti; la realizzazione di protocolli di
intervento, finalizzati all'assistenza e alla terapia psicologica, integrati con
altri interventi specialistici.
Un intervento di counseling psicologico-clinico specificatamente mirato
sia ad esaminare tali potenziali problematiche sia a facilitare la

70
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

comunicazione nella relazione di cura con il paziente, affiancando,


accompagnando e supportando a livello non solo gnosico ma soprattutto
pratico la persona sofferente, compartecipando emotivamente con la sua
esperienza soggettiva (illness experience) di malattia, aiuterà tanto il
paziente a non viversi come oggetto passivo di attenzione medica
(diagnostica e terapeutica), quanto il medico curante ad arricchire con la
propria umanità (emotività) l'intervento che si appresta ad eseguire. In
questo senso, come sottolineato in termini diversi da Jaspers nel 1913, il
medico e il malato si troveranno uniti da un legame non solo medico-
scientifico, ma, al contrario, prevalentemente umano, in cui al dialogo
razionale si accompagna inevitabilmente la dimensione emotiva della
sofferenza individuale. Quanto più l'operatore clinico è percepito dal
paziente come una persona compartecipativa a livello affettivo, sensibile,
professionalmente capace e competente, tanto più quest'ultimo riuscirà a
ottenere la collaborazione necessaria per fornire l'aiuto richiesto.
Nel 1984, Luborsky sottolineava a tal riguardo l'importanza rivestita
dall'uso del “noi”, termine che facilita nel paziente la consapevolezza del
suo ruolo attivo nel processo di cambiamento e al tempo stesso gli
rimanda l'idea di avere un alleato in questo compito.
Mostrare interesse alla persona nella sua complessità e non soltanto alle
manifestazioni del disagio o del malessere, chiarire e ricordare
ripetutamente gli scopi dell'intervento, nell'ambito di una collaborazione
paritaria (pur ovviamente nella consapevolezza reciproca di un rapporto
asimmetrico), sollecitare l'impegno attivo del proprio paziente, fornire un
ambiente di sostegno e accettazione (dove si sottolinea costantemente e
anche in maniera implicita il valore del soggetto in quanto essere umano)
rappresentano fondamenti operativi irrinunciabili nella pratica clinica.
Pertanto, proprio a partire dalla comunicazione della diagnosi è
necessario monitorare costantemente l'andamento della relazione
clinica, ricordando che, così come in Medicina quando il medico prescrive
un farmaco o una qualsiasi altra forma di trattamento, “prescrive se
stesso”, allo stesso modo gli interventi di counseling psicologico-clinico
necessitano di procedure, metodi e strumenti in un continuum trasversale
clinico centrato sulla dimensione interpersonale.

71
1.5 Il counseling psicologico-clinico nei diversi contesti
di medicina generale
Il counseling psicologico-clinico, inteso come specifica relazione profes-
sionale di aiuto fondata su una peculiare “funzione” eminentemente
psicologica e finalizzato a intervenire sulle condizioni di disagio, crisi,
sofferenza e malessere che accompagnano ogni esperienza di malattia,
attraverso processi di analisi e accoglimento del problema, chiarificazio-
ne, confrontazione e successiva risoluzione, è un intervento che possiede
rilevanti potenzialità applicative all'interno dell'ambito sanitario. Con
l'obiettivo di evidenziare ulteriormente la rilevanza clinica di un interven-
to di counseling psicologico-clinico in ambito sanitario, si riportano, di
seguito, le più significative potenzialità applicative di tale strumento nei
principali contesti di medicina generale:
- Partendo dal settore medico-internistico della pediatria, lo specifico
obiettivo dell'intervento di counseling è finalizzato a garantire un
adeguato e, soprattutto, costante supporto emotivo e incoraggiamento
al bambino, favorendo il coinvolgimento delle figure genitoriali. In
questo contesto, infatti, è necessario che il lo psicologo-counselor
clinico sia in grado di predisporre modalità di preparazione del
bambino alle procedure diagnostiche e/o terapeutiche cui deve essere
sottoposto.
- Nel reparto di ostetricia e ginecologia, invece, le più significative
potenzialità applicative di un intervento di counseling psicologico-
clinico si traducono nella gestione delle complesse dinamiche emotive
dinanzi a problematiche di natura medica, quali interruzione di
gravidanza, aborti, nascite premature, morte del feto, e/o di natura
psicologico-clinica, come, ad esempio, la negazione di uno stato di
gravidanza, dispercezione dei movimenti fetali, sospetta depressione
post-partum.
- In oncologia, gli interventi di counseling psicologico-clinico sono
mirati al supporto e alla gestione delle emozioni negative e delle
reazioni più comuni (sensazione/vissuto soggettivo di mancanza di
aiuto e di speranza) vissute dal paziente affetto da una patologia
tumorale. Tali interventi, allo stesso tempo, hanno l'obiettivo, non solo

72
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

di facilitare l'elaborazione di emozioni e sentimenti negativi come la


paura di morire, ma anche quello di incoraggiare un costante senso di
speranza e di fiducia nel paziente oncologico, incentivando e favoren-
do sentimenti e pensieri positivi unitamente alla promozione di
meccanismi di difesa adattivi al fine di promuovere un livello soggetti-
vamente accettabile di qualità della vita.
- Nel settore medico-internistico della nefrologia, il focus
dell'intervento è incentrato sulle reazioni psicologiche, quali ansia,
stress, rabbia, aggressività, regressione, comuni in pazienti affetti da
una patologia altamente invalidante e sottoposti ad un trattamento di
dialisi, promuovendo una piena accettazione della malattia.
- Un reparto in cui appare centrale il ruolo del counseling psicologico-
clinico per la gestione della malattia è quello di trapianti d'organo, in
cui l'obiettivo primario dello psicologo-counselor clinico che opera in
ambito sanitario è quello di gestire paure, ansie e aspettative, talvolta
irrazionali, sia sulla donazione sia sul prelievo, favorendo
l'accettazione, il contenimento e l'accoglimento di un organo con
considerevole valenza emotiva.
- Lo psicologo-counselor clinico che si trova ad intervenire, invece,
all'interno del reparto di urologia, ha il compito di promuovere il
processo di elaborazione delle emozioni connesse alla frequente
concomitante “co-diagnosi” di disfunzione sessuale secondaria
(interventi prostatici, etc.) e favorire la gestione delle reazioni psicolo-
giche che ne conseguono (problematiche di coppia, diminuzione del
desiderio sessuale).
- Un ulteriore settore medico-internistico in cui si evidenzia il sostanzia-
le contributo di tale strumento psicologico clinico è quello neurologi-
co. La funzione dello psicologo-counselorclinico è, in questo senso,
rivolta alla gestione ed elaborazione adattiva delle principali proble-
matiche psicologico-cliniche (ansia, demoralizzazione, depressione,
somatizzazione) in comorbidità alla diagnosi di patologia neurodege-
nerativa, quali la malattia di Parkinson, la demenza di Alzheimer, la
sclerosi multipla. In questo ambito, inoltre, lo psicologo ha il delicato
compito di affrontare la sofferenza psicologica e il dolore mentale di

73
pazienti adolescenti e/o in età adulta affetti da patologia epilettica
primaria o secondaria.
- Nell'ambito della medicina interna, il principale contributo di un
intervento di counseling psicologico-clinico in questo specifico
contesto si traduce in un'attività clinica finalizzata alla gestione,
valutazione e intervento sui più significativi sintomi psicologici
sottosoglia e sub-sindromici che influenzano il decorso di patologie
medico-internistiche (somatizzazione persistente, conversione,
comportamento abnorme di malattia, negazione di malattia, amplifi-
cazione somatosensoriale, ecc…).
- In gastroenterologia, obiettivi specifici dell'intervento di counseling
psicologico-clinico sono quelli di sensibilizzazione focalizzati sulla
identificazione e corretta gestione di specifiche problematiche
emotive e psicologico-cliniche (alessitimia, inibizione emotiva,
disregolazione emotiva, somatizzazione, disturbi dell'umore, sintomi
ansiosi, ecc…) in pazienti con disturbi funzionali come l'irritable bowel
syndrome (sindrome del colon irritabile).
- Nel reparto medico-internistico di infettivologia, lo psicologo-
counselor clinico ha il compito di favorire, in pazienti affetti da gravi
patologie, quali l'AIDS, il processo di comprensione ed elaborazione
delle emozioni e reazioni psicologiche connesse alla malattia. In
questo senso, i protocolli di intervento sono finalizzati non solo al
sostegno e all'assistenza di coloro che soffrono di una patologia
infettiva, ma anche dei loro familiari e degli operatori sanitari (medici,
infermieri, psicologi) chiamati ad interagire con questi pazienti.
- Anche nell'ambito della genetica medica, lo psicologo-counselor
clinico è chiamato ad intervenire a due livelli d'azione: da un lato
promuovendo una gestione adattiva e funzionale degli stati emotivo-
affettivi (umore irritabile, rabbia, tristezza, demoralizzazione) che
insorgono alla notizia di diagnosi di malattia genetica; dall'altro,
proponendo piani informativi e formativi per la promozione di idonee
competenze comunicazionali e relazionali rivolti ai professionisti
chiamati a comunicare il rischio genetico di una grave patologia.
- In endocrinologia, l'obiettivo di un intervento di counseling psicologi-

74
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

co-clinico è quello di incoraggiare stati affettivi positivi in pazienti


affetti da una condizione di patologia cronica come iper- o ipo-
tiroidismo che stanno vivendo un particolare stato di sofferenza
emotiva, in tutela di migliori livelli di qualità della vita e benessere
psicologico.
- Lo psicologo-counselor clinico che lavora, in ambito sanitario, nello
specifico settore medico-internistico della geriatria, ha l'obiettivo di
gestire emozioni e reazioni psicologico-cliniche negative associate
all'invecchiamento (tristezza, rabbia, lamentosità, isolamento,
depressione mascherata, ecc…) attraverso interventi di empowerment
e potenziamento di un autentico life-long learning (apprendimento
continuo), sia promuovendo pensieri e sentimenti positivi (fiducia
negli altri, affidamento e cooperazione, diritto alla rabbia, sentimento
sociale) sia incoraggiando alla creatività (invecchiamento attivo e di
successo).
- In dermatologia, gli interventi di counseling psicologico-clinico sono
rivolti prevalentemente a pazienti con patologie dermatologiche
croniche, quali la psoriasi, le dermatiti, il lichen, con lo scopo di
affrontare le emozioni negative e il distress psicologico connessi alla
malattia, coinvolgendo anche l'equipe curante con l'obiettivo di
sensibilizzare i clinici circa la rilevanza di specifici fattori psicopatolo-
gico-clinici (alessitimia, disregolazione emotiva, ansia somatica,
somatizzazione e disturbi da sintomi somatici) che si manifestano in
comorbidità con gran parte delle malattie dermatologiche.
- In oftalmolgia, lo psicologo-counselor clinico ha l'obiettivo di promuo-
vere processi di accettazione dei vissuti emotivi più comuni (negazio-
ne di malattia, umore irritabile, comportamento abnorme di malattia)
associati alla diagnosi di una malattia oculistica cronica come la
retinopatia o la degenerazione maculare.
- Facendo riferimento al delicato settore della chirurgia, lo specifico
obiettivo di un intervento di counseling psicologico-clinico sarà quello
di preparare emotivamente il paziente in fase pre-operatoria mediante
tecniche di incoraggiamento e promozione di pensieri e sentimenti
positivi di fiducia e speranza.

75
- Infine, sempre nell'ambito della cronicità, in riferimento sia alle
patologie croniche cardiovascolari, sia alle problematiche connesse al
contesto della oncoematologia pediatrica, sia ancora al paziente con
diabete in età evolutiva, particolare rilievo assume il documento
recentemente proposto dal Consiglio Nazionale dell'Ordine degli
Psicologi (CNOP), a cura del Gruppo di lavoro “Lo Psicologo
nell'attuazione del piano Nazionale Cronicità”, coordinato da David
Lazzari, a cui si rimanda per ulteriori specifici approfondimenti.

2. Conclusioni
Le specificità del counseling in ambito clinico e della salute non possono
prescindere dal concetto di funzione di counseling che comprende al suo
interno un insieme complesso e variegato, ma allo stesso tempo
intrecciato, di specifiche competenze professionali. A scopo didattico,
all'interno della Tabella 1, viene sinteticamente riportato un prospetto
schematico relativo alle principali e più significative specificità del
counseling-psicologico-clinico:

Tabella 1

Ascoltare – osservare – intuire - restituire

Utilizzare un linguaggio comprensibile all'interlocutore

Rielaborare il disagio come problema

Se il problema è “generale” favorire la scomposizione in


problemi particolari; se si presenta come “particolare”
incoraggiare verso la ricerca di una visione più globale

Elaborare ipotesi (da rielaborare quando non riscontrate)

Progettare e descrivere l'itinerario dell'intervento


(rispettando l'eventuale diritto al rifiuto)

Descrivere gli elementi necessari per ogni singola attività dell'itinerario

Ascoltare – osservare – intuire - restituire

76
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

3. Bibliografia
1. Fulcheri M., Accomazzo R. (1999). Il counseling: un Giano bifronte. Rivista di
Psicologia Individuale, 27(45), 57-83.
2. Fulcheri M., Torre E.M. (2001). La relazione d'aiuto e il counseling. In: Luci e
ombre nelle relazioni di aiuto. Stampa artigiana S. Giuseppe Lavoratore:
Vercelli
3. Fulcheri M., Bellino S., Zizza M., Sandri M., Bogetto F. (2002). Il counseling e la
psicologia clinica di collegamento. Psichiatria di Consultazione, 2, 111-115.
4. Fulcheri M. (2005). Le attuali frontiere della psicologia clinica. Edi-Ermes:
Milano.
5. Patierno C., Carrozzino D., Fulcheri M. (2017). Le complesse declinazioni
applicative del counseling psicologico-clinico in ambito sanitario. Giornale
Italiano di Ricerca e Applicazioni, 10(1), doi: 10.14605/CS1011705.
6. Sarchielli G. (2016). Le competenze per svolgere in modo appropriato la
funzione di counseling: alcuni rilievi comparativi. Counseling. Giornale
Italiano di Ricerca e Applicazioni, 9(2), doi: 10.14605/CS921612.
7. Sperry, Len. Core competencies in counseling and psychotherapy: Becoming a
highly competent and effective therapist. Routledge, 2011.

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78
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

5 ESPERIENZE DI COUNSELING IN AMBITO


ONCOLOGICO
di G. De Benedetta

1. Introduzione
La malattia oncologica è accompagnata, oltre che da un disagio di tipo
fisico, correlato alla neoplasia e ai trattamenti, da uno stato di sofferenza
globale, di tipo spirituale e psicologico, che coinvolge, oltre al paziente,
anche il nucleo familiare e quello delle relazioni amicali e sociali più
strette. Non a caso, negli ultimi anni, l'approccio al malato oncologico ha
incluso una sempre crescente attenzione agli aspetti psicologici e
sociofamiliari della malattia, allo scopo di favorire il raggiungimento della
migliore qualità di vita possibile per i pazienti e le loro famiglie.
Le famiglie si confrontano con una realtà che, seppure molto diffusa, è
dissimulata da metafore e silenzi. Il cancro diventa “un brutto male”,
l'alopecia dovuta alla chemioterapia è guardata con pietà o compassione
per un destino crudele. La malattia cancerosa è invalidante, cronica e
coinvolge tutti gli aspetti della vita della persona, da quelli intrapsichici a
quelli relazionali. Tutte le malattie spaventano l'uomo in quanto vissute
come limitazione, impotenza, ipotesi di morte, ma in particolare alla
parola “cancro” è stata sempre associata la parola “morte” e questa
associazione è ancora molto forte nonostante i notevoli progressi in
campo medico-scientifico.
Il cancro è, dunque, una malattia multisistemica perché coinvolge
contemporaneamente più livelli interdipendenti: il corporeo, il mentale,
l'emozionale, il familiare, il sociale, il culturale. Il pensiero sistemico
sottolinea l'importanza di una visione unitaria dei processi che
intervengono nella genesi e nello sviluppo della patologia neoplastica. La
psico-oncologia si occupa delle conseguenze emotive, psicologiche e
relazionali di chi si ammala di cancro e di chi se ne prende cura. Il
counseling in oncologia è competenza dello psico-oncologo che deve
avere una formazione di base che comprenda laurea in psicologia e
specializzazione in psicoterapia, oltre ad una formazione specifica nel
lavoro con i pazienti oncologici. La prospettiva psicosociale in oncologia
nasce negli Stati Uniti con il costituirsi delle prime associazioni di pazienti

79
laringectomizzati, colostomizzati e di donne operate al seno, negli anni 50.
Negli stessi anni, presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New
York, nasce il primo Servizio autonomo finalizzato all'assistenza
psicologica del paziente oncologico. Mentre in Europa sarà il movimento
degli Hospices che porterà a focalizzare l'attenzione sulla qualità della vita
e sul controllo dei sintomi nel paziente che muore.
Negli anni è sempre maggiore l'interesse per la qualità della vita dei
pazienti ed aumentano studi e ricerche che testimoniano sulla reazione
alla diagnosi, sulle fasi di adattamento alla malattia, sul coping ecc.
Nel 1986 viene costituita la European Society of Psychosocial Oncology,
allo scopo di accrescere le conoscenze in questo campo attraverso
conferenze e rapporti di collaborazione. Negli Stati Uniti il proposito di
creare una rete tra i professionisti del settore porta nel 1984 alla
costituzione della International Psycho-Oncology Society (IPOS). In Italia
il primo Servizio di Psicologia orientato specificamente all'assistenza al
paziente oncologico viene costituito nel 1980 presso l'Istituto Nazionale
per la Ricerca sul Cancro di Genova. E, nel 1985, a Milano, viene fondata la
Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO) che nasce come associazione
integrante le figure professionali (psicologi, medici, in particolare
oncologi e psichiatri, e altri operatori sanitari) che lavorano nell'ambito
dell'oncologia e dell'assistenza alle persone malate di cancro e alle loro
famiglie. Tra gli scopi prioritari della disciplina psico-oncologica, e quindi
della SIPO come società scientifica, vi è pertanto l'impegno affinché ogni
dimensione della malattia oncologica, e in particolare gli aspetti
psicologici, sociali e spirituali, siano tenuti nella dovuta considerazione.
Questo per garantire ai malati ed ai loro familiari un'assistenza più attenta
e una migliore qualità di vita durante tutto il percorso di malattia.
Nel corso degli anni l'applicazione dell'intervento di counseling con i
pazienti oncologici e le loro famiglie si è declinato in contesti e con
modalità differenti. Ad esempio, in ambito ospedaliero lo psico-oncologo
può operare come consulente chiamato ad intervenire in un momento
specifico del percorso di cura oppure essere dedicato ad un unico reparto
di cui è parte integrante dell'equipe, ossia prende in carico il paziente dal
suo ingresso in reparto e lo segue per tutta la durata del percorso di cura e,
ove necessario, anche in seguito.

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

2. Un modello di intervento in psico-oncologia


Il modello di lavoro che si utilizza nel Dipartimento di Ematologia
Oncologica della Fondazione Pascale di Napoli è un modello complesso
che integra i costrutti dell'assistenza sanitaria con il modello sistemico
relazionale.
In pratica, lo psico-oncologo fa parte dell'equipe curante e condivide il
percorso di cura degli ammalati con medici e infermieri. La presenza dello
psico-oncologo consente ai curanti di relazionarsi in modo idoneo con i
pazienti, scegliendo la strategia gestionale più efficace ed offrendo un
supporto emotivo agli inevitabili dispiaceri legati alle storie dei pazienti.
Dunque lo psico-oncologo non viene chiamato per una consulenza ma vive
l'attività del reparto quotidianamente. Questo, oltre ad essere
estremamente utile all'équipe curante, ha una finalità specifica nel
supporto psicologico ai pazienti ed ai loro familiari.
Quando c'è il sospetto di una malattia oncologica si generano una serie di
fantasie catastrofiche sia nel paziente che nei familiari. Lo spettro di
sofferenza e di morte, la paura, l'angoscia, caricano di emotività ogni
azione e l'ingresso in ospedale è vissuto spesso come l'inizio della fine.
Pertanto il primo intervento dello psico-oncologo è quello
dell'accoglienza, l'inizio di una presa in carico molto delicata.
Accogliere paziente e familiari significa farli sentire meno soli, meno persi
e stabilire un contatto empatico che possa costituire per loro un punto di
riferimento durante tutto il percorso. Nel primo ricovero il paziente deve
affrontare una serie di esami diagnostici prima di poter avere la
comunicazione della diagnosi. In questa fase è importante contenere i
vissuti di ansia e di depressione, e contemporaneamente esplorare la
struttura famigliare e individuare le risorse esistenti per poterle attivare o
potenziare.
Contenere subito le fantasie catastrofiche aiuta la persona ad affrontare
con meno patema la fase diagnostica, quella maggiormente carica d'ansia
in quanto si sa di avere una malattia potenzialmente mortale ma non se ne
conoscono né la gravità né il percorso terapeutico. A volte le fantasie
nascono da presupposti sbagliati, da conoscenze errate o da associazioni
emotive legate all'esperienza passata.
Ad esempio, un ragazzo di vent'anni ricoverato con un sospetto linfoma, a

81
cui era stato detto che aveva una massa posizionata a livello del torace e
doveva fare degli accertamenti, era convinto che sarebbe morto perché
esattamente una settimana prima si erano svolti i funerali del padre morto
per un carcinoma del polmone. Immediata l'associazione tra la morte del
padre, la sua massa polmonare e quindi la sua morte. È stato necessario in
questo caso fare gli opportuni distinguo fra il carcinoma del polmone e un
linfoma posizionato a livello del mediastino e questo ha aiutato il paziente
e la famiglia ad affrontare l'iter diagnostico con maggiore consapevolezza
e serenità.
La fase di accompagnamento del paziente e della famiglia durante tutto il
percorso diagnostico si conclude con un colloquio informativo in cui il
medico comunica la diagnosi, il percorso terapeutico e gli effetti collaterali
attesi. La partecipazione dello psico-oncologo al colloquio di diagnosi ha
più motivazioni: sostenere il medico durante una comunicazione difficile,
a sua volta essere ben informato sulla condizione clinica e rinsaldare il
legame con il paziente. Il sostegno e l'assistenza del paziente e dei familiari
continua durante tutto l'iter di cura. In alcuni momenti si mettono in atto
interventi psicoterapeutici più specifici per redimere la crisi in atto. Le
criticità possono derivare sia da difficoltà del percorso curativo quali ad
esempio una mancata risposta terapeutica con tutto quello che comporta
a livello psicoemotivo, sia da difficoltà inerenti la personalità del paziente.
Il setting in cui si lavora non è convenzionale, è molto elastico, si adegua ai
bisogni del paziente e deve essere in sincronia con i tempi del percorso
terapeutico. Potremmo dire che il setting non c'è più, non c'è una struttura
esterna che contenga ma c'è un setting interiorizzato che consente di
muoversi su labili confini.
Un altro aspetto del lavoro dello psiconcologo è quello di facilitare la
comunicazione tra paziente e personale curante.
Questo significa condividere spazi e momenti terapeutici con medici e
infermieri, significa riuscire a creare armonia e integrazione negli
interventi, significa quindi conoscere il lavoro dell'altro e condividerne le
emozioni. Ciò determina una proficua contaminazione dei saperi. È bene
precisare che gli psicologi non devono diventare medici e che i medici non
devono diventare psicologi, ma la condivisione dei saperi consente di
lavorare in maniera più armonica nell'interesse del paziente.

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Condividere spazi di lavoro significa che gli psico-oncologi partecipano


alle riunioni multidisciplinari, al giro visite che fanno i medici ed ai
colloqui. Oltre al colloquio di diagnosi, ci possono essere colloqui di
progressione di malattia, di recidiva, di passaggio alla fase palliativa ecc.
Partecipare a questi colloqui medici rende più agevole l'intervento di
contenimento e di elaborazione che viene fatto con il paziente in un
secondo momento.
Partecipare alle riunioni in cui c'è la programmazione medica è utile per
essere ben informati rispetto a quello che i pazienti dovranno affrontare e
per poter mettere a disposizione dei medici alcune conoscenze peculiari
dello psicologo.
Partecipare al giro visite, invece, dà la possibilità di cogliere il momento in
cui il paziente riceve un'informazione poco rassicurante oppure può
consentire di intervenire nella relazione medico-paziente sfumandone le
criticità. Ad esempio, se il paziente è spaventato perché i medici parlano
tra di loro di lui ma con termini assolutamente incomprensibili, si può
intervenire rivolgendosi al paziente dicendo qualcosa del tipo: “non si
preoccupi, li lasci consultare, adesso traducono anche per noi”. Questo
tipo di intervento rassicura il paziente e dà la possibilità al medico di
virare la direzione e modificare il suo comportamento; allo stesso tempo
la relazione medico-paziente non è screditata ma rinforzata.
Il modello di lavoro che si sta descrivendo è in un'ottica sistemico
relazionale. È un modello che prevede una complessità dell'intervento che
si svolge a più livelli: bisogna considerare la relazione del paziente con la
sua malattia, la relazione del paziente con l'equipe curante, le relazioni
all'interno dell'equipe curante, le relazioni del paziente con la sua
famiglia, le relazioni della famiglia con l'equipe curante; un intreccio e una
complessità dalla quale non si può assolutamente prescindere.
All'interno di questa complessità merita un approfondimento la relazione
genitori-figli. L'età di insorgenza dei tumori si è decisamente abbassata
negli ultimi tempi e sempre più spesso ci sono pazienti che al momento
della diagnosi hanno figli minorenni. La relazione con i propri figli è
qualcosa di veramente particolare e non paragonabile alle altre relazioni,
ed è dimostrato che avere o non avere figli conviventi influenza
notevolmente le scelte terapeutiche dei pazienti.

83
3. La comunicazione nel sistema familiare
Nel reparto di Ematologia Oncologica della Fondazione Pascale di Napoli è
in vigore un progetto che vede protagonisti proprio i figli dei pazienti.
Il progetto nasce da alcune considerazioni scaturite dalle richieste d'aiuto
dei pazienti.
Uno dei primi pensieri del genitore cui viene diagnosticata una malattia
potenzialmente mortale è proteggere i propri figli da una realtà che
appare emotivamente ingestibile e troppo angosciante. Il silenzio, a volte,
sembra l'unica soluzione praticabile. Purtroppo però coloro che non
informano i figli si ritrovano poi ad affrontare una difficoltà ancora
maggiore. Infatti, molti bambini tenuti all'oscuro della malattia,
manifestano chiari segni di malessere, a volte anche con sintomatologia
patologica, che rendono necessario un intervento specifico.
Anche i pazienti che vorrebbero informare i figli vivono la grande difficoltà
di gestire una comunicazione delicata e che li coinvolge in prima persona.
Trovare le giuste parole e non farsi sopraffare dalle emozioni è un compito
veramente arduo per chi sta già affrontando il marasma di emozioni che
accompagna la diagnosi di neoplasia.
In entrambi i casi i figli vengono vissuti come un ulteriore problema da
gestire.
L'obiettivo proposto con questo progetto è stato quello di trasformare i
figli da problema a risorsa per i loro genitori/pazienti. Il dover mantenere
il segreto su una cosa che sta trasformando la vita e che incide anche sulle
abitudini quotidiane è un peso emotivo molto grande che si va ad
aggiungere agli altri pesi determinati dalla malattia. Il rischio è che il
paziente ne sia totalmente sopraffatto. Quando, invece, si riesce a dire la
verità sulla presenza della malattia non solo questo peso scompare, ma
lascia spazio per momenti di leggerezza e divertimento da vivere con i figli.
Come dice Hillman “Le emozioni circolano libere all'interno della famiglia
e vanno dall'uno all'altro a volte trasformandosi per strada in qualcosa di
diverso. Possiamo far finta che non esistano e lasciare che compiano i loro
misfatti nelle tenebre, oppure possiamo dargli voce e visibilità e lasciare
che riempiano i vuoti dell'esistenza con il loro potere di avvicinarci a chi
amiamo.” E allora molto meglio dar voce alle emozioni e lasciare che
genitori e figli si riavvicinino.

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Numerose ricerche dimostrano che i figli dei pazienti affetti da neoplasia


possono sviluppare sia durante che dopo l'iter diagnostico-terapeutico
del genitore una serie di sintomi. Questi sintomi variano ovviamente in
base all'età del bambino, la configurazione familiare, la durata dell'iter
diagnostico terapeutico, lo scarso adattamento del genitore. In una ricerca
di Kroll et al. si è dimostrato che il disagio dei bambini è particolarmente
accentuato nel caso in cui non ci sia una buona comunicazione all'interno
della famiglia.
In una ricerca svolta nel reparto di Ematologia della Fondazione Pascale, è
stato somministrato a tutti i pazienti in ingresso un questionario in cui si
chiedeva se i loro figli erano stati informati della diagnosi, da chi erano
stati informati e con quale modalità. Il campione è di 150 pazienti, da una
prima analisi i risultati sembrano confortanti, il 51% informa i figli, il 24%
li informa anche se solo in parte e soltanto il 25% non li informa. In realtà
andando a fare altre indagini è stata evidente la difficoltà di questi pazienti
perché chi ha informato quasi sempre lo ha fatto perché è stato costretto,
in quanto i figli hanno ascoltato qualche accenno alla malattia ed hanno
chiesto spiegazioni, o perché non sapevano come giustificare malesseri e
assenze da casa, o altro. Anche chi ha informato in parte, l'ha fatto perché è
stato costretto dalle stesse motivazioni. Da ciò è emersa quindi la
necessità di un sostegno che li guidasse nella gestione della relazione. In
questa situazione la comunicazione può facilmente fallire in quanto le
emozioni del genitore determinano il modo in cui si esprime; se prova
ansia, insicurezza, angoscia o paura trasmetterà anche queste emozioni al
figlio.
In base alla ricerca sembra che i genitori non informino i figli perché sono
piccoli; ed anche nel colloquio emerge che cercano di proteggere i figli da
una realtà che a loro stessi appare ingestibile, relativamente alla quale non
si sentono preparati a fornire ai figli risposte adeguate. Nei figli, in assenza
di spiegazioni, si alimentano fantasie catastrofiche, si sviluppano
incertezza e confusione accompagnati da sensi di colpa. Spesso ci sono
manifestazioni di rabbia e di rifiuto del genitore malato.
I bambini comprendono che qualcosa sta accadendo, notano i
cambiamenti e sentono le emozioni che circolano in casa. Per proteggerli
bisogna coinvolgerli, permettendogli di dare un senso a ciò che sta

85
succedendo. Creando uno spazio in cui possano esprimere dubbi e
pensieri, fare domande e sentirsi partecipi. Potranno così sentire accolti i
loro bisogni e sentirsi rassicurati dagli adulti di riferimento.
Il lavoro con la coppia genitoriale mira a sfatare il mito del silenzio come
forma di protezione e ad aiutare i genitori nella ricerca della modalità più
adatta per parlare con i bambini e rispondere serenamente alle domande
sulla loro malattia.
Una strategia, tra le varie possibili che vengono suggerite ai genitori, è
quella di prendere tempo dicendo apertamente ai figli di non conoscere
tutte le risposte, quindi proporre di parlare al medico ed ascoltare insieme
le risposte. Questa strategia funziona, ma ritenendo che i genitori avessero
bisogno di un aiuto diverso, qualcosa che li rendesse capaci di spiegare la
malattia e gli effetti collaterali della terapia, si è pensato di costruire uno
strumento, una favola per loro ed i loro bambini. Una favola che in maniera
delicata aiuta gli adulti a raccontare e spiegare ai bambini la malattia e gli
effetti collaterali della chemioterapia.
Leggendo la favola il genitore non deve sforzarsi di trovare le parole in
quanto le informazioni fluiscono assieme al racconto e le immagini che lo
accompagnano rendono la comprensione ancora più immediata. Dopo la
lettura del libro sarà naturale fare parallelismi tra la storia raccontata e ciò
che sta accadendo in famiglia. Il racconto apre al dialogo, la comunicazione
avviene in un contesto familiare, ed il paziente si riscopre competente nel
proprio ruolo genitoriale precedentemente minato dal cancro.
Nella favola si parla della malattia ma soprattutto degli effetti collaterali
della chemioterapia. Questi ultimi sono la grande incongruenza di tutta la
vicenda. Se il genitore va in ospedale per curarsi come mai dopo le cure
non sta bene, si sente stanco e deve proteggersi dalle infezioni?
Un bambino poco informato potrebbe pensare che queste siano
conseguenze della malattia e che quindi le cure non stanno funzionando.
È molto importante che il bambino sappia, ad esempio, che i capelli
cadono a causa delle medicine e non perché la malattia è tanto grave da
farli cadere e che poi ricresceranno.
Quindi essere a conoscenza degli effetti collaterali delle terapie è
rassicurante rispetto alla assenza di conoscenza.
Per i figli piccoli, in età pre-scolare il libro diventa un oggetto che il

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

bambino utilizza grazie alle immagini. Molti bimbi lo portano all'asilo e lo


utilizzano per spiegare ai compagni ciò che sta accadendo alla loro
mamma o al loro papà. Riescono a usufruirne da soli, proprio grazie alla
presenza delle immagini. Le illustrazioni di Sergio Staino danno volto e
vita alle cellule del corpo umano, rendendole comprensibili e familiari non
solo ai bambini ma anche ai grandi di ogni età. Le immagini arrivano ben
oltre le parole e rimangono impresse nella mente anche quando tutto il
resto scompare. Citando Chesterton “le fiabe non insegnano ai bambini
che i draghi esistono, loro lo sanno già, le fiabe insegnano ai bambini che i
draghi si possono sconfiggere”.
Il libro “mamma uovo: la malattia spiegata a mio figlio” e la sua
controparte maschile “papà uovo” sono scritti da Gabriella De Benedetta,
Silvia D'Ovidio, Antonello Pinto, editi da Marotta&Cafiero Editori.
Dal libro è stato tratto un cartone animato visibile sul sito
www.lamalattiaspiegataamiofiglio.com

4. Conclusioni
Colui che riceve una diagnosi di malattia oncologica si trova ad affrontare
una serie di difficoltà emotive e pratiche che non appartengono a
nessun'altra situazione di vita. Per tale motivo necessitano di un supporto
fornito da professionisti adeguatamente preparati.
Purtroppo, ancora oggi, c'è un'enorme carenza di psicologi all'interno
degli ospedali e la richiesta di aiuto di molti pazienti resta disattesa.
Nonostante la crescita esponenziale che si è vista dagli anni 80 in poi in
Italia, c'è ancora tantissima strada da fare per promuovere la cultura della
psico-oncologia. Ancora troppe persone ritengono che la sofferenza ed il
sacrificio debbano necessariamente far parte della malattia organica,
senza comprendere che certe sofferenze si possono alleviare e che avere
una malattia importante non deve determinare tutti gli aspetti della vita.

5. Bibliografia
De Benedetta G, Ruggiero G, Pinto A, “Genitori e figli: il 'parenting' nei pazienti
oncologici. Un aspetto ancora poco considerato nella gestione delle malattie
neoplastiche”, Recenti Progressi in Medicina, 99:19 – 26, 2008

87
De Benedetta G, Ruggiero G, “L'ansia nella famiglia del paziente oncologico”, in
“L'ansia nascosta” a cura di De Falco F, Ruggiero G, De Benedetta G, Percorsi editoriali
di Carocci editore, Roma, 2010
De Benedetta G., D'Ovidio S., Pinto A., “Mamma Uovo. La malattia spiegata a mio
figlio.”, Marotta&Cafiero, Napoli, 2015
De Benedetta G., D'Ovidio S., Pinto A., . “Papà Uovo. La malattia spiegata a mio
figlio.”, Marotta&Cafiero, Napoli, 2018
Good B.J. "Narrare la Malattia" Edizioni di Comunità, Torino, 1999.
Hillman J. “Le storie che curano. Freud, Jung, Adler”, Raffaello Cortina Editore,
Milano, 1984
Kroll L., Barnes J., Jones AL, Stein A., “Cancer in parents: telling children. Sensitive
communication can reduce psychological problems.”, BMJ; 316:880. 1998
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Cancer Control and Population Sciences, Office of Cancer Survivorship. Bethesda:
1993
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adolescents: a systematic review.”, Psyconchology, Feb;16(2): 101-26. 2007
Semple C.J., McCande T., “Parent's Experience of Cancer Who Have Young Children.
A Literature Review.”, Cancer Nursing, vol. 33, n°2. 2010
Yellen SB, Cella DF, “Someone to live for: social well-being, parenthood status, and
decision-making in oncology”, J. Clin Oncol, May; 13(5): 1225-64. 1995

88
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

6 ESPERIENZE DI COUNSELING NELL'OBESITÀ


di C. Pazzagli, C. Mazzeschi

1. Introduzione: il contesto dell'intervento


L'aumento del tasso di obesità è tra le più rilevanti e preoccupanti
tendenze connesse alla salute. L'obesità costituisce un problema
ampiamente denunciato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS), che ha raggiunto nella popolazione proporzioni considerevoli sia
in età adulta sia in età evolutiva. In Umbria, i dati ISTAT sui tassi di obesità
nella popolazione sopra i 18 anni nel 2016 indicano che gli adulti in
sovrappeso sono il 37,6% e il 10,8% con obesità. Per l'età evolutiva, i
risultati dell'indagine 2016 di OKkio alla SALUTE indicano che i bambini
in sovrappeso sono il 20,4% e quelli con obesità 9,2%, compresi i bambini
gravemente obesi che rappresentano il 2,1%.
L'obesità e il sovrappeso comportano seri rischi non solo per la salute,
aumentando la probabilità di mortalità precoce, ma anche da un punto di
vista psicologico per la bassa qualità della vita, espressione, tra i vari
fattori, di una bassa stima di sé, della presenza di maggiori disturbi
psicologici, disturbi somatici e di maggiori difficoltà psicosociali associate
al peso ed alla discriminazione (Tyler et al., 2007; Anderson et al., 2001;
Zeller & Modi, 2006).
Scopo dell'intervento è presentare l'azione di counseling psicologico
svolto presso l'Università degli Studi di Perugia al C.U.R.I.A.Mo (Centro
Universitario Ricerca Interdipartimentale Attività Motorie), ora centro di
ricerca e intervento regionale, con utenti con obesità in età adulta ed
evolutiva (età: 5/6-17 anni). In base ad una convenzione tra l'Università
degli Studi di Perugia, l'Assessorato alla Salute della Regione Umbria e
l'Azienda Ospedaliera di Perugia, il C.U.R.I.A.Mo, nato nel 2010, mette a
disposizione dei cittadini un pacchetto di prestazioni multidisciplinari
finalizzate al miglioramento delle condizioni psico-fisiche.
La modalità di intervento nel trattamento dell'obesità adottata dal centro
è di tipo team approach, che prevede la presenza e l'integrazione del
lavoro di differenti figure professionali.
Tale modello di intervento multidisciplinare è in linea con una lettura

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dell'eziopatogenesi del disagio e della patologia come bio-psico-sociale, in
cui interagiscono cioè fattori biologici, psicologici e ambientali (De Feo et
al., 2011). Il Centro propone infatti un intervento life style per il
cambiamento degli stili di vita. Il percorso clinico prevede, in linee
generali, dopo una prima visita medica/pediatrica (a seconda se si tratti di
obesità in età adulta o evolutiva), una fase intensiva, di circa quattro mesi
per gli adulti e di sei mesi nell'età evolutiva, durante la quale sono previsti:
un intervento nutrizionale; un programma di attività fisica in piccoli
gruppi con attività indoor e outdoor; il counseling psicologico, che prevede
anche una valutazione nell'income, nel process e nell'outcome con follow
up successivi a sei e dodici mesi. Sono, inoltre, previste attività nel fine
settimana, sempre in gruppo, ritenendo la dimensione gruppale
particolarmente efficace nel perseguire l'obiettivo dell'intervento ovvero
incidere sugli stili di vita disadattivi.
L'obiettivo del C.U.R.I.A.Mo di modificare gli stili di vita, più ampio rispetto
al mero obiettivo di perdere peso, richiede inevitabilmente di tenere in
considerazione le ragioni sottostanti alle abitudini non salutari che hanno
portato all'obesità.
Al fine di descrivere l'azione di counseling psicologico ed il modello
adottato, delineeremo dapprima le caratteristiche dell'utenza ed i bisogni
psicologici a cui tale azione è chiamata a rispondere. Date le diversità delle
caratteristiche psicologiche e di intervento presenti nelle diverse fasi del
ciclo di vita, l'intervento psicologico all'interno del Centro distingue due
modalità di intervento per l'età adulta e per l'età evolutiva, che saranno di
seguito riportate.

2. Fattori psicologici dell'obesità adulta e pediatrica


Da un punto di vista diagnostico l'obesità è definita come un eccesso di
accumulo di grasso corporeo valutato in termini di Indice di Massa
Corporea (IMC o Body Mass Index - BMI) risultante da uno squilibrio
energetico tra quantità di calorie in entrata e in uscita. Tuttavia, le attuali
conoscenze scientifiche in tema sia di salute che di obesità impongono di
ampliare la sua diagnosi e considerarla più di un “semplice problema di
BMI”. Tali considerazioni ruotano intorno a due grandi aree:

90
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

l'ampliamento del concetto di salute e la multi-fattorialità e comorbilità


nell'obesità.
L'ampliamento del concetto di salute operato nel 1949 da WHO che la
definisce come uno stato di (completo) benessere fisico, sociale e mentale, e
non soltanto assenza di malattia, ed i successivi ampliamenti di tale
concettualizzazione, hanno portato in primo piano anche il ruolo degli
aspetti psicologici e la necessità di considerare la molteplicità dei fattori in
gioco all'interno di un modello bio-psico-sociale, ponendo così al centro
dell'attenzione la persona (con obesità) e non più la malattia.
Nell'obesità - accanto ai fattori metabolici – gli studi hanno inoltre
approfondito il ruolo dei fattori psicologici, quali aspetti co-occorrenti sia
per l'eziologia, sia per l'efficacia dei trattamenti a breve e a lungo termine.
Il rapporto tra obesità e psico(pato)logia è complesso (Devlin, 2007;
Walsh, 2009). A seguito del lungo dibattito scientifico che ha condotto
dalla revisione del DSM-IV-TR all'attuale DSM 5 (Manuale Diagnostico
Statistico dei Disturbi Mentali – APA, 2013 - 2015), l'obesità non rientra
tra i Disturbi della Nutrizione dell'Alimentazione se non quando risulta
associata ad altri disturbi come il Binge Eating. Pur tuttavia, numerose
ricerche hanno rilevato come, considerando anche solo una popolazione
circoscritta e delimitata come quella delle persone con obesità treatment
seeking, nel 10-20% siano presenti problemi psico-sociali clinicamente
rilevanti (Friedman et al., 2002; Cuzzolaro et al., 2008). Tra questi, le
problematiche più frequenti riguardano gli aspetti ansiosi (ansia sociale),
l'insoddisfazione per la propria immagine corporea e depressione.
L'associazione tra obesità e depressione, ad esempio, è stata
ripetutamente confermata anche da revisioni sistematiche e meta-analisi
che hanno indagato il rapporto longitudinale tra depressione, sovrappeso
e obesità (Pereira-Miranda et al., 2017; De Wit et al., 2010).
La letteratura scientifica ha inoltre messo in evidenza come i fattori
psicologici siano importanti anche ai fini della compliance e dell'efficacia
del trattamento. Vari studi hanno ad esempio rilevato come alti livelli di
depressione costituiscano un forte fattore di rischio per l'efficacia del
trattamento, aumentando significativamente la probabilità che le persone
con obesità e depressione abbandonino (attrition) l'intervento (Pazzagli

91
et al., 2013; Mazzeschi et al., 2012; Fabricatore et al., 2009). Il rischio che i
sintomi depressivi influenzino l'aderenza agli interventi è risultato così
significativo che nella verifica empirica dell'efficacia di alcuni trial è stato
deciso di escludere i soggetti a forte rischio depressivo al fine di non
influenzare la generalizzabilità dei risultati sull'efficacia dell'intervento
(Somerset et al., 2011).
Anche nell'obesità pediatrica sono numerosi i fattori psicologici rilevati
dalla letteratura. In un'ottica multi-fattoriale, viene considerata come un
intreccio complesso tra fattori organici, socio-ambientali e psicologici-
psicosociali (Monasta, 2010). Tra quest'ultimi, grande rilievo assumono le
variabili familiari sia sul versante etiopatogenetico sia sul versante degli
interventi (es. Stein et al., 2005; Mazzeschi et al., 2013). Nell'ultimo
decennio, si è assistito infatti ad un progressivo spostamento dal
considerare l'obesità un problema del bambino (cibo mangiato, tempo
speso davanti al computer = fattori individuali), ad un problema che si
inserisce e nasce nel contesto familiare, in quanto mediatore di
comportamenti potenzialmente disfunzionali per la salute del figlio. In
generale, la letteratura riconosce tra le variabili familiari-parentali
connesse all'obesità (Gicevic et al., 2016): l'esistenza di una
psicopatologia genitoriale, in particolare un'alta frequenza di depressione
materna; una genitorialità inefficace, caratterizzata da una compromessa
comunicazione familiare, incapacità di riconoscere i bisogni del figlio, una
frequente presenza di pattern di attaccamento insicuri nei genitori
(Mazzeschi et al., 2014); un clima e funzionamento familiari disfunzionali,
in cui è presente una non modulata espressione degli affetti, un eccessivo
controllo e iper-coinvolgimento emotivo. Mentre la ricerca si attesta
sull'importanza delle variabili familiari e parentali nell'eziologia e nel
mantenimento dell'obesità in età evolutiva, tuttavia rimangono aperte
diverse questioni sul contributo dei differenti domini del sistema famiglia
e genitoriale (es. Berge, 2009; 2011). Tra queste, la necessità di
identificare aspetti sempre più specifici di tali domini in grado di
identificare specifiche determinanti; la necessità di utilizzo di misure
validate anche di tipo osservativo; la necessità di superare il limite del
singolo informant (quasi sempre la madre) per contrastare la

92
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

individualistic fallacy (Bulcroft e White, 1997); la comprensione del ruolo


del padre (quasi completamente assente dalle ricerche), recentemente
definito il forgotten parent negli studi sull'obesità infantile (Davison et al.,
2016)
Sul versante degli interventi, la letteratura si attesta sempre più su modelli
family based ed i dati di ricerca indicano una loro maggiore efficacia (es.
Kitzman et al., 2018).
Tali interventi infatti mostrano non solo gli effetti più forti, ma anche quelli
più duraturi nel tempo grazie al ruolo che i genitori hanno sia nel
riconoscimento del problema obesità (e per come certe loro
caratteristiche personali, psico(pato)logiche e relazionali si legano al
problema o a certi suoi aspetti), sia nel ruolo di mediare corretti stili
alimentari/di vita e, più ampiamente, dello stato di benessere psicologico
(e psicofisico del figlio/a) (salute)

3. Il counseling psicologico nell'obesità Pediatrica e adulta


Delineato il contesto in cui lavoriamo, le caratteristiche dell'utenza ed i
bisogni psicologici a cui siamo chiamati a rispondere, ci soffermiamo ora
sul modello di counseling adottato all'interno del C.U.R.I.A.Mo, partendo
dall'intervento in età evolutiva.
Alla luce della letteratura scientifica, l'intervento in età evolutiva è stato
centrato sul bambino per quanto riguarda l'attività motoria e la visita
pediatrica, mentre il counseling psicologico si è focalizzato sul
coinvolgimento dei genitori. Riteniamo infatti che coinvolgere i genitori
costituisca di per sé anche un obiettivo dell'intervento (almeno all'inizio).
Nell'obesità in età evolutiva, infatti, le famiglie arrivano spesso
segnalando il figlio come unico paziente (o l'indicazione per l'intervento)
spesso per un problema considerato “unicamente” medico (bio).
Pertanto, un intervento che coinvolge i genitori propone un ribaltamento
del punto di vista: una persona che si sentiva estranea al problema si trova
a poter diventare da accompagnatore a co-protagonista dell'intervento.
In questa direzione vanno anche i dati di ricerca che hanno rilevato come
tra i diversi tipi di intervento volti alla riduzione del peso dei bambini
siano maggiormente efficaci quelli che prevedono un coinvolgimento dei

93
genitori, anche quando quest'ultimo è limitato alla sola compilazione di
questionari pre e post intervento (Yackobovitch-Gavan et al., 2009).
Il modello di counseling psicologico family based proposto ha quindi come
obiettivi:
• coinvolgere attivamente i soggetti (genitori e minore)
nell'individuazione del problema;
• massimizzare la partecipazione attiva della famiglia al programma di
intervento già dal primo momento;
• massimizzare il potenziale trasformativo presente nell'intervento;
• garantire la personalizzazione dell'assessement e dell'intervento, alla
luce della estrema eterogeneità dell'oggetto “obesità evolutiva”
Al fine di raggiungere gli obiettivi sopra delineati, l'intervento di
counseling psicologico prevede un assessment in cui gli strumenti di
valutazione vengono utilizzati con una modalità collaborativa, che
permette un progressivo coinvolgimento da parte dei genitori (Tharinger
et al., 2008; Finn e Tonsager, 1997).
L'assessment è basato sull'utilizzo di strumenti che esplorano l'ambito
familiare, genitoriale e del bambino a differenti livelli. Un primo livello
riguarda i self report, che esplorano un aspetto maggiormente
consapevole sul dominio indagato.
Il livello successivo riguarda l'utilizzo di narrative centrate sulla propria
relazione col figlio, in cui il narrare su qualcuno può portare a ripensare a
ciò che la persona sa o pensa di sapere. Un ultimo livello di indagine, infine,
riguarda l'utilizzo di un proiettivo sull'attaccamento, che indaga un livello
meno consapevole dei precedenti.
Le tre tipologie di strumenti impiegate permettono al clinico la raccolta – e
la successiva restituzione - di informazioni di livello diverso da parte di
entrambi i genitori.
Affiancati all'utilizzo di questi strumenti, al fine di focalizzare l'intervento
sul dominio specifico famiglia/genitori-area alimentare, viene svolta
un'osservazione e video-registrazione del momento del pasto nell'ambito
familiare (famiglia a tavola a casa) e una restituzione di quanto osservato,
mediante la tecnica del video-feedback.
Le registrazioni vengono utilizzate negli incontri di counseling attraverso

94
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

il metodo del video feedback. Tale strumento costituisce un metodo


sempre più diffuso nell'area degli interventi rivolti alla
genitorialità/parenting. In letteratura, è stato descritto con frasi
pregnanti, quali: Cosa le parole non possono dire (What words cannot say)
e Osservarsi dall'esterno (Looking from the outside in) (Juffe e Slade, 2014;
Steele et al., 2014). Il feedback immediato che il genitore riceve dalla
visione delle sequenze video incrementa la consapevolezza dei propri
comportamenti interattivi e degli effetti sul proprio bambino. Studi hanno
evidenziato come sia in grado di promuovere nei genitori maggiore
sensibilità e capacità di comprendere i bisogni del figlio (Fukkink, 2008).
Obiettivo dell'utilizzo del video-feedback nel counseling nell'obesità
evolutiva è aumentare la consapevolezza dei propri comportamenti
interattivi, degli effetti che hanno sul bambino e anche promuovere una
maggiore sensibilità nel comprendere i bisogni del figlio.
Attraverso il colloquio, l'utilizzo di strumenti che esplorano livelli
differenti di funzionamento e l'attualità dell'osservazione, convergono,
emergono e si integrano gli elementi della storia, del funzionamento
riferito, dell'attualità dell'intervento rispetto al problema obesità e ai suoi
correlati, permettendo una focalizzazione nel counseling psicologico
sull'obesità del bambino, che tiene in considerazione l'esperienza nel
programma di intervento del C.U.R.I.A.Mo insieme alle dinamiche
familiari raccontate e osservate.
Nell'ambito dell'obesità in età adulta, gli interventi tradizionali, quali
quelli farmacologici, o centrati sulla dieta (nutrizionale), o solo
sull'attività motoria o di chirurgia bariatrica, sono focalizzati solo su
alcuni aspetti singoli dell'obesità. L'efficacia dell'intervento,
conseguentemente, si basa sulla riduzione del peso e di altri valori fisici
Diversamente, interventi finalizzati al cambiamento degli stili di vita,
come quello proposto all'interno del C.U.R.I.A.Mo, basandosi su una
visione più complessa della problematica in un'ottica multi-disciplinare,
richiedono, anche ai fini della loro efficacia, un adattamento “su misura”
(taylor) dell'intervento, che tenga conto delle motivazione e degli aspetti
facilitanti/di ostacolo per il cambiamento.
Al fine di un adattamento dell'intervento alle specificità dell'utente,

95
oggetto dunque dell'intervento del counseling psicologico nell'obesità in
età adulta sono la percezione della persona dell'intervento e la relazione
col cibo e con l'esercizio fisico; le ragioni sottostanti alle abitudini non
salutari, tenendo in considerazione il punto di vista della persona sul
proprio stile non salutare; la comprensione degli aspetti soggettivi e delle
ragioni sottostanti la motivazione al cambiamento del proprio stile di vita.
Questa concezione del counseling psicologico ha l'obiettivo di agire su aree
specifiche del funzionamento individuale che possono, in taluni casi,
costituire un ostacolo all'efficacia dell'intervento. Come abbiamo
precedentemente riportato, i fattori psicologici in gioco nell'obesità
contribuiscono a causarla, ma sono anche considerati alle volte fonte di
attrition nella partecipazione ai programmi di intervento, essendo spesso
causa di drop-out; per quest'ultimo motivo, alcuni utenti possono venire
esclusi dai trial clinici.
Diversamente, nel modello di counseling psicologico proposto, i fattori
psicologici sono centrali in quanto fattori co-occorrenti e di mediazione
per il cambiamento degli stili di vita.
All'interno dell'intervento del C.U.R.I.A.Mo, inoltre, che si basa come detto
su una partecipazione gruppale, il counseling psicologico può
rappresentare un'occasione di condivisione in un rapporto duale di quei
fattori di attrition che emergono nell'esperienza gruppale dell'intervento
e che possono portarlo al fallimento. Focalizzandosi, quindi, anche sulle
risonanze individuali nel percorso di cambiamento.
Per concludere, potremmo dire che il counseling psicologico può avere
l'indubbio vantaggio di agire sulle aree specifiche che possono in taluni casi
costituire un ostacolo all'efficacia dell'intervento, agendo come promotore
di un processo di facilitazione per affrontare in modo efficace una
particolare situazione di disagio (obesità e modificazione degli stili di
vita). Allo stesso tempo, è importante avere sempre presenti i limiti del
counseling psicologico e possedere adeguate competenze psicologiche
cliniche-dinamiche per comprendere il funzionamento dell'utente, ai fini
anche di una buona azione diagnostica. Quest'ultima, infatti, permette al
clinico di individuare al contempo le potenzialità di cambiamento
presenti nella persona che chiede aiuto e di valutare l'eventuale necessità

96
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

di avvalersi di altri tipi di intervento nelle situazioni in cui le


problematiche presenti non possono essere adeguatamente affrontate nei
limiti circoscritti del counseling psicologico.

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

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99
100
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

7 IL COUNSELING IN OSPEDALE
di R. Deciantis, S. Petrini, S. Meloni, S. Bartoli
La professione psicologica ha subito e subisce costantemente profonde
trasformazioni. Negli ultimi vent'anni i professionisti psicologi hanno
sempre più spesso dovuto rimodellare i propri strumenti di intervento
ridefinendo spesso la loro stessa identità professionale.
Da una scienza che affondava le proprie radici su presupposti umanistici e
filosofici, la psicologia è oggi una professione sanitaria a tutti gli effetti.
Questo lungo percorso evolutivo della psicologia e dello psicologo ha por-
tato un profondo cambiamento anche nell'opinione pubblica e nei poten-
ziali pazienti/clienti dello psicologo.
E' sempre più lontana ed anacronistica la sovrapposizione tra la profes-
sione dello psicologo e quella dello psichiatra, è sempre più chiaro che un
percorso psicologico si distingue nettamente e chiaramente da un per-
corso psicoterapeutico.
In maniera del tutto circolare, i cambiamenti sociali, l'aumento di richieste
e l'elevato livello di stress caratterizzato dalla necessità di fornire perfor-
mance sempre maggiori ha fatto emergere nuovi bisogni sia sociali che
individuali. Il disagio psicologico che accompagna spesso difficoltà di rag-
giungere obiettivi e soddisfazioni ha creato nuovi bisogni in cui la persona
riconosce sempre di più la necessità di potenziare le proprie risorse.
A queste necessità il counseling quale strumento di analisi e potenzia-
mento delle strategie risolutive può dare una risposta.
La destabilizzazione causata da eventi di vita fisiologici ( costruzioni di
una nuova famiglia, svincolo dei figli ecc.) o imprevedibili ed avversi come
una malattia, necessitano spesso di un lavoro di ricognizione delle risorse
e definizione di nuove strategie con tempi rapidi e limitati ma altrettanto
importanti e utili perché la persona possa riattivarsi e riprendere i propri
progetti e il proprio percorso di vita. Il counseling permette pertanto di
riattivare risorse e strategie in tempi relativamente rapidi la dove non sus-
sistono disturbi psicologici che richiedano interventi psicoterapeutici più
lunghi e complessi.
A differenza del passato dove l'intervento psicologico era diretto verso
forme riconosciute e diagnosticate di patologia psichica, i cambiamenti

101
sociali portano le persone a lavorare su di se per reperire nuove risorse,
interne ed esterne, a riflettere sulle proprie strategie di problem solving e
ad abbassare il livello di stress.
Da qui lo sviluppo di una psicologia della salute che lavora sulla parte sana
e non su quella malata ma anche la nascita di nuove professioni che hanno
tentato di scindere le due parti ( sana e malata) perdendo però di vista
l'unicità dell'individuo. Ancora di più in questo momento storico dove è
necessario distinguere una reazione psicologica “sana” ad un evento, da
una reazione di tipo psicopatologico, gli strumenti di analisi delle strate-
gie, come del contesto in cui si sviluppano è competenza dello psicologo.
L'analisi della domanda, fondamentale nel poter offrire una adeguata e
pertinente risposta psicologica, oggi comprende la capacità di analizzare
correttamente i nuovi bisogni, i cambiamenti sistemici, sociali e familiari,
le aspettative individuali sempre più elevate perché stimolate spesso da
modelli eccessivi e competitivi. Questa analisi è insita nella professione
psicologica e non è scissa dalla risposta che la persona da ai suoi dubbi e
problemi.
La conoscenza dell'individuo, del suo sviluppo psicologico in termini indi-
viduali e sistemici è unica ed esclusiva competenza dello psicologo. Va da
se che la possibilità di maturare nuove scelte e modificare strategie com-
portamentali non funzionali in alcuni momenti di vita, non passa dal “con-
siglio” piuttosto che dall'enfasi dell'autodeterminazione ma dalla possibi-
lità di riflettere sulle dinamiche interne attraverso il confronto con gli stru-
menti di lettura che lo psicologo può offrire.
“Ciò su cui si insiste e che darebbe identità e distintività professionale al
counseling è il fatto che in questo tipo di pratica è il cliente l'esperto, men-
tre il ruolo del consulente è quello di facilitare l'auto-comprensione e il
self-empowerment mediante una relazione interpersonale accogliente
mirata a far affrontare meglio compiti di sviluppo o crisi di non rilevanza
patologica” ( Mellin,Hunt,Nichols, 2011).

1. L'intervento psicologico in ospedale


L'intervento psicologico nel contesto ospedaliero si inquadra in un'ottica
bio-psico-sociale. Il concetto di “persona al centro del sistema” viene

102
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

sostanziato da una presa in carico globale della persona relativamente ai


suoi bisogni di salute fisica, di sicurezza e di risorse finalizzate al raggiun-
gimento di un vero stato di salute.
La definizione di salute sposata dall'OMS infatti ribadisce il diritto inalie-
nabile di ogni individuo a vivere la propria vita nella tutela dei bisogni pri-
mari e fondamentali ma anche di poter ridefinire e potenziare le proprie
capacità di far fronte agli eventi avversi della vita.
La malattia fisica rappresenta un evento avverso che si verifica durante il
percorso di vita.
Sia che questa sia per se o per un proprio congiunto, sconvolge relazioni,
ridefinisce obiettivi e spesso richiede una analisi delle possibili risorse
necessarie a proseguire il proprio percorso di vita.
L'intervento psicologico in pazienti con patologia organica richiede una
prima importante distinzione del disagio di cui il paziente è portatore. Più
spesso infatti è necessario parlare di reazione psicologica disfunzionale
piuttosto che di disturbo psicologico reattivo o sindrome da stress post
traumatico.
E' citato in letteratura che una malattia fisica importante quale ad esempio
il cancro modifica profondamente e spesso definitivamente l'identità del
paziente ristrutturandola secondo modalità e meccanisti definiti e defini-
tivi. Ciò fa si che lo psicologo ospedaliero debba innanzi tutto far riferi-
mento a quella che è una sana, seppure disfunzionale reazione, al rischio
di vita o di disabilità per se o per altri significativi.
Possiamo dire pertanto che nella malattia la persona resta “esperta della
propria vita”, sa esprimere chiaramente allo psicologo le proprie difficoltà
e paure, porta allo psicologo una lettura fondamentale della sua storia che
rimane la base su cui istaurare nuove risorse ed ipotesi per affrontare il
percorso di malattia.
Nel lavoro psicologico in ospedale quindi la persona porta, nel confronto
con il professionista dei bisogni concreti ai quali le strategie fin li utilizzate
non risultano più efficaci.
Il concetto di counseling come attività in cui si discutono problemi in vista
di una scelta e presa di decisione in cui il professionista mette a disposi-
zione i propri strumenti conoscitivi delle dinamiche psichiche, ma è la per-

103
sona a stabilire quali possibili soluzioni le sono più idonee, è sicuramente
applicabile al contesto ospedaliero.
Lo psicologo ospedaliero è per eccellenza un professionista della salute,
per lui il counseling rappresenta anche un efficace strumento di attiva-
zione delle risorse che il paziente sta già utilizzando, facendo un'utile
distinzione nella presa in carico rispetto a pazienti che necessitano un per-
corso psicoterapeutico.
I tempi dell'ospedale non sono spesso rispettosi dei bisogni psicologici dei
pazienti. I tempi dettati dalle indagini cliniche, sia in senso eccessivo che
riduttivo, non rispettano i bisogni psicologici della persona.
Nell'intervento psicologico in ospedale ci si trova spesso a dover interve-
nire in emergenza pertanto il counseling facilita la ricognizione delle
risorse attivabili ( esterne ed interne) e la possibilità di immaginare fin da
subito strategie di gestione delle condizioni fisiche e psicologiche.
Tale lavoro molto attento e certosino non può prescindere da una prepara-
zione clinica e psicoterapeutica del professionista che sa adeguatamente
distinguere la parte sana da quella malata. Un professionista psicologo che
non rischi di attivare e stimolare risorse non utili causando così una rot-
tura di difese psicologiche indispensabili.
La possibilità di lavorare sulle risorse della persona e del suo sistema
dando per scontato che siamo in una condizione di fisiologia e non di pato-
logia, la possibilità di immaginare nuove strategie risolutive fanno parte
integrante del concetto di counseling e sono di esclusiva competenza dello
psicologo.
Al di la della specificità di ogni individuo nella reazione all'evento malattia,
la possibilità di spazi di ascolto e di riflessione al momento della diagnosi o
nella fase di indagine medico-clinica rappresentano un intervento di pre-
venzione e di attivazione di risorse psicologiche utili ad affrontare il per-
corso medico in un'ottica di sinergia mente-corpo.
Un buon counseling psicologico in ospedale non può inoltre trascurare il
vissuto e le necessità dei caregivers. E' infatti importante che anche il fami-
liare possa usufruire di spazi di ascolto psicologico e consulenza per poter
affrontare sia in termini emotivi che concreti il percorso del proprio fami-
liare.

104
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Non da meno, nel processo di counseling in ospedale è la possibilità di sta-


bilire un contratto terapeutico di fiducia con la struttura sanitaria e con il
personale medico. Sempre più spesso assistiamo alla demonizzazione di
una sanità pubblica che purtroppo fatica a rispondere alle necessità del
cittadino malato causando così un disinvestimento se non un rifiuto del
sistema stesso, con grave discapito per il paziente. E' pertanto importante
creare degli spazi e dei contesti che rappresentino quanto più possibile
accoglienza e ascolto da parte di un sistema di cura sia in termini di spazi
che di professionalità. All'interno di una cornice di counselig psicologico
in ospedale è la consulenza a reparto. Lo psicologo ospedaliero si trova
infatti ad effettuare visite di consulenza per pazienti in regime di ricovero
o in emergenza come nel caso del Pronto Soccorso o del Reparto di Riani-
mazione. La richiesta, effettuata dal medico di reparto come ogni altra con-
sulenza, viene evasa in tempi rapidi ( 24/48 ore), secondo, appunto, le esi-
genze non sempre del paziente, ma spesso del reparto stesso. Lo psicologo
si colloca infatti tra una serie di altre indagini e consulenze che il paziente
deve fare e deve “rispettare” i tempi di degenza e dimissione. Questa moda-
lità di intervento contraddistingue anche il ruolo dello psicologo ospeda-
liero per la necessità di ridefinire i tempi della seduta e il concetto di set-
ting terpeutico. Il counseling a reparto presenta numerose criticità, tra le
prime l'impossibilità di muoversi del paziente che condivide la stanza
almeno con un'altra persona e la mancanza di spazi dedicati al colloquio
psicologico. Il lavoro è pertanto basato sulla raccolta e potenziamento
delle risorse in attesa di poter proseguire un'eventuale psicoterapia.
L'intervento di counseling ospedaliero prevede inoltre la strutturazione di
protocollo di intervento psicologico in contesti particolarmente “sensibi-
li” e rivolti a pazienti con patologia cronica o acuta. E d'esempio fra tutti il
protocollo per pazienti oncologici e nella Brest Unit dove lo psicologo è
presente anche all'interno del Gom.
E' infatti questo un esempio di come attraverso il counseling si realizzi un
intervento di prevenzione del disagio psicologico e la persona possa
quanto prima porre l'accento sulle proprie condizioni psicologiche e sulle
reazioni attivate dalla malattia.
La presa in carico precoce infatti facilita la compliance e migliora la qualità

105
della vita durante la cura, attivando risorse individuali quale patrimonio
inestimabile. Il counseling nei pazienti ospedalizzati, cosi come nei caregi-
vers, svolge un importante ruolo preventivo e individua precocemente le
strategie più funzionali per affrontare traumi e malattie. Accade così per-
tanto nel protocollo “Rianimazione” dove è previsto, ad esempio, un collo-
quio con i caregivers al momento dell'accesso in reparto.
Sempre in un'ottica di prevenzione e sensibilizzazione psicologica, il coun-
seling è rivolto anche al personale medico e sanitario con il quale si condi-
vide un percorso terapeutico a 360 gradi econ il quale si individuano le
criticità sia relative alla gestione del malato che delle proprie necessità
professionali. Il counseling psicologico è infatti rivolto allo stesso perso-
nale sanitario con l'obiettivo di elaborare il vissuto e diminuire il rischio di
burn-out. Il counseling in ospedale è pertanto contraddistinto da un'ottica
di tipo preventivo e di incremento della qualità della vita all'interno del
contesto ospedaliero stesso.
Per questo è nato anche il Centro d'Ascolto Psicologico quale unico esem-
pio di counseling ospedaliero in tempo reale.

2. Il centro d'ascolto psicologico


Il Centro di Ascolto Psicologico è una delle attività del Servizio di Psicolo-
gia dell'Ospedale S.Maria di Terni nasce nel 2015 per offrire consulenza,
orientamento e una prima risposta di aiuto a quei pazienti, familiari e
accompagnatori che, di fronte a malattie e cure spesso impegnative, si tro-
vano ad attraversare momenti di difficoltà e disagio psicologico.
Tale Progetto, in ambito ospedaliero, ha rappresentato un'esperienza
pilota per il Sistema Sanitario Nazionale. Il carattere di innovatività è stato
dato dal fatto che, negli orari di apertura, è possibile accedere senza
appuntamento e senza impegnativa in maniera anonima.
Il senso di questa scelta è andato nella direzione di offrire una prima
ampia apertura dell'assistenza psicologica ospedaliera alle persone che,
per diversi motivi, potessero transitare all'interno dell'ospedale, abbat-
tendo il più possibile eventuali filtri ed aspetti burocratici che potessero
rappresentare un ostacolo o alimentare resistenze ad una rilevazione pre-
coce delle diverse forme di disagio psicologico della popolazione.

106
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Il Centro d'Ascolto Psicologico rientra completamente nel paradigma


dell'Umanizzazione delle cure, ponendo la persona al centro di un sistema
di assistenza costruito sulla sua rappresentazione di malattia, sui suoi vis-
suti, bisogni, aspettative e credenze.
Da un punto di vista scientifico, il Centro d'Ascolto Psicologico si inserisce
nel filone della Psicologia della Salute e della Psicologia Clinica applicata ai
contesti di salute. Sempre maggiori sono infatti le evidenze scientifiche
dell'impatto dei fattori psicologici sull'andamento delle situazioni acute di
malattia e sulla autogestione/aderenza alle terapia nelle condizioni di
patologia cronica, così come sono sempre più precise le dimostrazioni
dell'impatto positivo di interventi psicologici mirati rispetto agli outcome
clinici, l'aderenza alle cure ed il risparmio della spesa sanitaria.
Da un punto di vista metodologico, l'attività del Centro d'Ascolto si confi-
gura come un esempio di prestazione specialistica di counseling psicologi-
co. La persona che si rivolge al CAP viene infatti accolta da uno psicologo
tirocinante, che ha il compito di metterla a proprio agio e compilare una
scheda anagrafica anonima con lo scopo statistico di monitorare le carat-
teristiche degli utenti del Servizio. Nel caso la persona porti una richiesta
congrua rispetto alle funzioni del CAP, viene chiamato uno psicoterapeuta
del Servizio che la incontra subito in una stanza riservata ed apposita-
mente arredata in maniera accogliente. Lo psicoterapeuta effettua una
prima consulenza psicologica, che si compone di analisi della domanda,
anamnesi psicologica, valutazione psicologica e del contesto relazionale
della persona. Qualora vi sia una comorbilità fisica, viene ricostruita la
storia di malattia recente ed eventuali malattie fisiche pregresse, analiz-
zandone gli stili di coping, la resilienza, l'eventuale sviluppo di sintomi
psicopatologici concomitanti; vengono inoltre identificati i referenti delle
cure mediche. L'analisi delle schede anagrafiche documenta come sola-
mente il 42,8% delle persone si siano rivolte al CAP per la presenza di una
patologia organica concomitante (figura 1), evidenziando quindi una con-
sistente richiesta di assistenza psicologica da parte di persone che, benché
si siano rivolte ad un Servizio ospedaliero, non sono personalmente porta-
trici di un problema fisico. A riprova di questo, solo il 41,8% delle persone
era seguita da qualcuno dei Servizi dell'Ospedale, mentre il 57,4% delle

107
persone si sono rivolti al CAP per motivi indipendenti dall'essere già assi-
stiti dall'Azienda Ospedaliera di Terni.

MOTIVAZIONE DELLA RICHIESTA


56,2 57,4

60,0 42,8 60,0 41,8

50,0 50,0

40,0 40,0

30,0 30,0

20,0 20,0

10,0 10,0

0,0 0,0
Patologia non organica Patologia organica nessun servizio ospedaliero di riferimento servizio ospedaliero

Figura 1: Motivazione della richiesta al CAP

Questo dato si precisa ulteriormente analizzando più approfonditamente


le motivazioni delle richieste di consulenza al CAP (figura 2), da cui risulta
che il 40,6% delle persone esprimono difficoltà relative alla gestione della
propria patologia, ma esiste una quota di persone (1,7%) che fa richiesta
di assistenza psicologica per il carico di stress derivante non tanto dalla
patologia, quanto dall'impegno e dagli effetti delle cure stesse.

SOTTOSCALE MOTIVAZIONE
44,3 40,6
50,0
40,0
30,0 12,4
20,0 1,7
10,0
0,0
Disagio psicorelazionale Disturbi psicologici
Richiesta gestione patologica Stress da cure invasive

Figura 2: Distribuzione delle richieste secondo quattro sottoscale


motivazionali

108
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Come si evince dall'istogramma, un numero consistente di persone si


rivolgono al CAP per disturbi psicologici non correlati a comorbilità fisica
(44,3%) o a forme di disagio psicorelazionale (12,4%). Per tutti loro il CAP,
pur essendo un Servizio di Psicologia Ospedaliera, è stata l'occasione per
accedere all'assistenza psicologica fornita dal Servizio Sanitario
Nazionale, da una delle sue porte di accesso.
Il CAP mira, infatti, a tradurre nella prassi l'ottica di rete che connota a più
livelli i proclami delle politiche sanitarie ed a tale scopo il Servizio di
Psicologia ha effettuato una mappatura dei Servizi di assistenza
psicologica e delle offerte socioculturali e ricreative presenti sul territorio.
L'ultimo atto della consulenza psicologica consiste proprio in una
restituzione della valutazione psicologica dello specialista ed in un
momento di orientamento della persona verso la/e proposta/e ritenuta
più appropriata per il bisogno di cui è portatore.
Considerando la tipologia di richieste che abbiamo visto in precedenza,
l'esito più frequente della consulenza è la presa in carico da parte del
Servizio di Psicologia Ospedaliera (57,4%) per un approfondimento
diagnostico e l'eventuale inserimento in percorsi psicoterapeutici
individuali o di gruppo (figura 3).

ESITO
57,4

60,0
50,0
40,0 25,0
30,0 16,6

20,0
10,0
0,0
Counseling Invio servizi territoriali Invio SPO

Figura 3: Esiti della consulenza

Nel 16,6% dei casi si è ritenuto necessario inviare la persona verso Servizi
territoriali con competenze più specifiche per il disagio psicologico
rilevato, fornendogli recapiti ed indicazioni o, nei casi in cui se ne è

109
ravvisata la necessità, stabilendo un contatto diretto con i referenti del
Servizio di riferimento e prevenendo che le persone più fragili possano
perdersi tra le maglie della rete dei Servizi. Un quarto delle richieste
(25%) sono state gestite unicamente con la consulenza presso il CAP. Si è
trattato per lo più di persone con lievi forme di disagio reattive o collegate
a momenti del ciclo di vita che non si configuravano come disturbi di tipo
psicopatologico ed hanno beneficiato di una rilettura psicologica
qualificata che gli desse senso o di una psicoeducazione che le orientasse
verso le offerte socioculturali, sportive e ricreative non specificatamente
terapeutiche proposte dalle associazioni presenti sul territorio.
Proprio nell'ottica di creare sinergie virtuose tra il Centro di Ascolto
Psicologico dell'Azienda Ospedaliera, le eccellenze del territorio ed il
mondo dell'associazionismo, sono state realizzate numerose iniziative di
Promozione della Salute. Tra le altre, possiamo accennare al Corso di
Formazione sulla Comunicazione per i Volontari operanti presso l'Azienda
Ospedaliera, l'iniziativa della “Biblioteca in Ospedale”, un servizio di
prestito libri per pazienti ricoverati e caregivers realizzato grazie alla
collaborazione con la bibliomediateca del Comune di Terni e
l'organizzazione di un concerto “Musica e Salute: Concerto di primavera”
che ha visto esibirsi, presso la sala conferenze dell'Azienda Ospedaliera
“Santa Maria”, oltre centocinquanta ragazzi componenti il coro e
l'orchestra del Liceo Musicale “F. Angeloni” di Terni e il coro della sezione
Arte e Musica del Liceo Classico “G.C.Tacito”. In quest'occasione tutti i
pazienti ricoverati o in visita ambulatoriale ed i loro familiari hanno
potuto seguire sui propri tablet e cellulari la diretta streaming dell'evento,
o attraverso schermi posizionati in zone strategiche dell'Ospedale. La
voce dei ragazzi e la musica è entrata così per due ore in tutti i locali
dell'Ospedale ed è arrivata come un grande abbraccio a tutti i pazienti. Il
pubblico presente in sala, le scuole, le centinaia di famiglie coinvolte, i tanti
cittadini (associazioni culturali, di volontariato, di malati) che hanno
seguito l'evento dal vivo o mediante la rete, dimostrano quanto sia sentita
necessaria ed apprezzata dalla popolazione la proposta di un Ospedale più
umano e più sensibile ai diversi bisogni della Persona.
Da gennaio 2017 il Centro d'Ascolto Psicologico ha effettuato 404 visite,

110
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

con una forte preponderanza di donne (72%) rispetto agli uomini (28%)
e di richieste effettuate per un disagio personale (78,5%). Rilevante è
stata, tuttavia anche la quantità di persone (71,5%) che hanno segnalato il
disagio di un proprio familiare.

Genere 78,5

Maschi Femmine
80,0
70,7
60,0
50,0 21,3
28% 40,0
30,0
20,0
72% 10,0
0,0
altro se stesso

Figura 4: Distribuzione delle ricerche di consulenza

Per tutte queste persone, effettuare un incontro di circa un'ora di


counseling psicologico specialistico con uno psicologo psicoterapeuta ha
rappresentato la possibilità di comprendere in maniera più approfondita
la natura del proprio disagio psicologico, orientarsi in modo più efficace
rispetto all'offerta di assistenza psicologica ospedaliera e territoriale,
conoscere alcune risorse del territorio per la promozione del proprio
benessere e la prevenzione di ulteriori forme di disagio psicologico.
Per i professionisti è stata la concreta realizzazione di un primo passo
nella direzione dell'integrazione Ospedale/territorio tra i diversi Servizi
di assistenza psicologica e della costruzione di una rete di comunicazione
ed integrazione multidisciplinare tra il Servizio di Psicologia e gli altri
Dipartimenti dell'Azienda Ospedaliera.

111
3. Bibliografia
Belar CD, Deardoff WW (2009) Clinical Health Psychology in Medicical Setting:
A Practitioner's Guidebook, APA
Bottaccioli F. (2005),“Psiconeuroimmunologia” , Red Edizioni, Milano.
Christensen A.J., Antoni M.H. (2002) Chronic physical disorders: Behavioral
medicine's prerspective. Blackwell, Oxford UK
CnAMC (2010) IX Rapporto Malattie croniche e diritti, www.cittadinanzattiva.it
FISSP, AIPCP, SIPLES, SIPNEI, SIPSA, SIPSOT, PSISA, AUPI (2013) Documento di
Consenso Italiano Sulla Psicologia Ospedaliera
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Psicologia Individuale,45,57-84.
Fulcvheri M., Savini,G. (2011). Limiti e potenzialità del counseling come relazione
d'aiuto, Rivista di sessuologia, 35,1,12-21.
Fulcheri M. Le attuali frontiere della psicologia clinica. Torino: Centro Scientifico
Editore.
Patierno C. Carrozzino D. Fulcheri M. (2017). Le complesse declinazioni
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Lazzari D. (2007) Mente & Salute. Evidenze, ricerche e modelli per l'integrazione.
Milano: Franco Angeli.
Lazzari D.(2011) Psicologia Sanitaria e malattia cronica: interventi evidence-
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Ministero della Salute – Direzione statistica (2013), Personale delle ASL e degli
istituti di cura pubblici – Anno 2010 – Ministero Salute Roma
Ministero della Salute (2017) Livelli Essenziali di Assistenza– GU n.65 – suppl.
Ordinarip n.15 –
Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (2015) Documento finale “ La
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medical conditions. Curr Opin Psychiatry 2007;20:163-7
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osteoarthritis'. Journal of Rheumatology, vol 35, no 2, pp 335–42
Sederer LI, Silver L, McVeigh KH, Levy J (2006). 'Integrating care for medical and
mental illnesses'. Preventing Chronic Disease, vol 3, no 2, pp 1–3

112
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

8 IL COUNSELING DI ORIENTAMENTO PER LE


SCELTE SCOLASTICHE
di R. Chiesa
Il presente capitolo intende presentare le nuove sfide che si pongono alla
pratica del counseling rispetto ad un contesto classico di applicazione
come quello dell'orientamento scolastico.
Infatti, se da un lato l'orientamento scolastico rappresenta un ambito in
cui la pratica del counseling si è radicata, dimostrando la sua efficacia,
dall'altro i rapidi cambiamenti del contesto economico-sociale pongono
diversi interrogativi sulla funzione stessa di orientamento e, di
conseguenza, su come il counseling possa rispondere ai bisogni delle
generazioni che si apprestano a costruire il proprio percorso
professionale.
Un punto fermo è che le scelte da compiere al termine della scuola
secondaria di primo e di secondo grado siano il primo vero e proprio
banco di prova per esercitare la propria capacità di orientarsi rispetto ad
un numero elevato di alternative, scegliendo un indirizzo di studio che nel
breve periodo risponda ai propri interessi e sia in linea con le proprie
capacità, e nel lungo periodo risulti coerente con le proprie aspirazioni
vocazionali.
Questo processo già di per sé complesso ha visto negli ultimi anni crescere
l'incertezza e l'imprevedibilità dello scenario all'interno del quale
avviene. Se da un lato alcuni cambiamenti avvenuto hanno aumentato le
risorse potenzialmente disponibili per fare la scelta (si pensi a quanto le
nuove tecnologie favoriscano l'accesso alle informazioni), dall'altro la
velocità con cui questi cambiamenti avvengono rende sempre più difficile
prevedere come sarà il mondo del lavoro futuro e quindi rende difficile
focalizzare un quadro all'interno del quale progettare un percorso di
sviluppo professionale.
Il capitolo affronterà quindi un'analisi dei principali cambiamenti che
riguardano lo sviluppo vocazionale in adolescenza, delineando come il
counseling di orientamento debba interrogarsi per rispondere ai bisogni
emergenti.

113
1. L'orientamento scolastico e la formazione dell'identità
vocazionale tra ieri e oggi
È opinione comune tra gli studiosi e gli addetti ai lavori che il termine
“orientamento scolastico” debba essere superato in quanto
l'orientamento si riferisce ad un processo evolutivo che coinvolge la
persona lungo tutto l'arco della sua esperienza di vita e si sviluppa
attraverso un continuum di scelte formative e lavorative e di transizioni
psicosociali, le quali, seppure assumono caratteristiche peculiari nelle
diverse fasi della storia personale, sono legate da una ricerca di coerenza e
continuità nel tempo, in termini di identità personale, sociale e
professionale. In questo senso, attualmente l'etichetta “scolastico”
permane più che altro per indicare il contesto all'interno del quale il
processo di orientamento avviene. L'orientamento è una funzione
centrale del sistema scolastico, tuttavia non è obiettivo di questo capitolo
affrontare l'ampio tema dell'orientamento a scuola, bensì si intende
inquadrare la pratica del counseling rispetto ai bisogni di uno specifico
target, che è quello degli adolescenti impegnati nelle scelte scolastiche e
pre-professionalizzanti.
Seppure, come detto, l'orientamento sia un processo permanente,
l'adolescenza essendo un periodo cruciale per lo sviluppo dell'identità
personale è di conseguenza una tappa fondamentale anche per lo sviluppo
dell'identità vocazionale, il quale riguarda la definizione di un'immagine
chiara e stabile dei propri obiettivi di carriera, dei propri interessi, e della
propria personalità e la conoscenza delle proprie qualità. L'approccio
evolutivo all'orientamento descrive il processo attraverso il quale si
delinea l'identità vocazionale in adolescenza come il passaggio da un
senso generale di operosità e da una rappresentazione stereotipica del
mondo del lavoro maturati durante l'infanzia ad un'immagine più
specifica e realistica di sé al lavoro (Porfeli & Lee, 2012). Questo passaggio
avviene attraverso l'esplorazione, l'impegno e la riconsiderazione delle
alternative di carriera. Porfeli & Lee (2012) definiscono l'esplorazione
come un processo di conoscenza di sé e delle opportunità lavorative più
adatte alle proprie caratteristiche, il quale comprende la fase di
ricognizione diffusa delle possibili identità vocazionali e la fase di analisi

114
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

approfondita degli aspetti caratterizzanti il proprio sé (valori, interessi,


obiettivi…) in relazione ad opportunità lavorative che si percepiscono più
idonee alle proprie peculiarità.
Nel processo di consolidamento dell'identità vocazionale, l'esplorazione è
seguita dall'impegno verso un percorso. L'impegno comprende sia la
presa di decisione sia l'identificazione con la propria scelta ed influenza a
lungo termine le prestazioni ed i risultati ottenuti. Ovviamente gli effetti
dell'impegno saranno massimamente positivi quando la fase
dell'impegno verso una specifica scelta è stato preceduta da
un'esplorazione efficace, altrimenti si rischia la chiusura su un'alternativa
che può rivelarsi frustrante, perché troppo difficile o poco affine ai propri
interessi.
La fase di riconsiderazione della propria scelta riguarda un processo
sistematico di verifica dell'adeguatezza della direzione scelta e vaglio di
nuove opportunità e non va quindi intesa solo in maniera negativa, ovvero
come legata a decisioni che non si rivelano soddisfacenti. Secondo Porfeli
& Lee (2012) la riconsiderazione delle proprie scelte è sempre più
richiesta visto l'attuale mondo del lavoro e determina una maggiore
flessibilità nel proprio sviluppo professionale.
Dunque l'importanza riconosciuta alla “cristallizzazione della scelta” si
riduce sempre più rispetto al passato, mentre nel tentativo di spiegare
cosa permette di compiere scelte realistiche e motiva a perseguirle in uno
scenario incerto come quello dell'attuale mondo del lavoro l'attenzione si
sposta verso nuovi costrutti, ad esempio l'adattabilità di carriera.
L'adattabilità di carriera è stata definita come “la prontezza ad affrontare
sia i compiti prevedibili relativi alla preparazione e partecipazione ad un
ruolo lavorativo sia gli aggiustamenti imprevedibili richiesti dai
cambiamenti del lavoro e delle condizioni di lavoro” (Savickas, 1997; p.
254). Tale prontezza appare sostenuta da alcune risorse psicosociali che
sono state descritte in letteratura come: l'orientamento e le attese positive
verso il futuro; il controllo percepito su di sé e l'ambiente; la curiosità
nell'esplorare differenti contesti ed opportunità e la fiducia verso le
proprie capacità di costruire il proprio futuro superando eventuali
ostacoli (Savickas & Porfeli, 2012).

115
In generale, le risorse personali e il loro utilizzo appaiono molto
importanti dato il ruolo di principale protagonista del proprio sviluppo
professionale riconosciuto alla persona lungo tutto l'arco di vita, e le
pratiche professionali di orientamento sono sempre meno indirizzate a
definire cosa la persona farà e sempre di più focalizzate ad aiutare la
riflessione su come è possibile interagire con l'ambiente circostante al fine
di realizzare i propri obiettivi. In questo senso l'intervento di counseling si
propone come uno spazio adeguato per sviluppare le capacità di
riflessione, progettazione e realizzazione che sono alla base della
costruzione e della gestione della propria esperienza formativa e
professionale. Tuttavia, occorre interrogarsi su alcuni aspetti dell'attuale
contesto socio-produttivo possano impattare sulla sua efficacia.

2. Sfide emergenti per il counseling di orientamento


rivolto agli adolescenti
L'azione di counseling in ambito orientativo si riferisce ad un intervento
rivolto principalmente a sostenere la ridefinizione di sé e del proprio
sviluppo progettuale che prevede la ricostruzione del pregresso, la
valorizzazione delle risorse personali e di contesto e la facilitazione dei
processi decisionali in una prospettiva olistica rispetto allo sviluppo
umano. In questo scenario, l'elaborazione del proprio progetto
professionale avviene sia a livello soggettivo in coerenza con l'identità
personale e socio-professionale, sia a livello oggettivo attraverso la ricerca
di informazioni e la verifica empirica della fattibilità delle alternative, e
matura attraverso la narrazione della persona e la competenza del
consulente nell'identificare eventuali fattori ricorrenti (comportamenti,
atteggiamenti, vissuti emotivi) ed eventi critici che hanno segnato lo
sviluppo dell'esperienza formativa e lavorativa passata.
Tradizionalmente si usa distinguere con il termine specifico di counseling
di orientamento l'azione rivolta ad un utenza giovanile impegnata nella
definizione di una progettualità di lungo periodo, caratterizzata da una
prospettiva temporale dilatata e da un processo identitario in costruzione,
mentre per indicare la gestione di una progettualità adulta a breve/medio
termine che intreccia esigenze di stabilità e cambiamento sia a livello

116
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

personale che professionale si utilizza il termine counseling di carriera.


Nel caso specifico in cui il counseling di orientamento si rivolga ad una
utenza di adolescenti o preadolescenti impegnati in un percorso
scolastico, il fuoco principale dell'intervento riguarda prevalentemente i
processi decisionali che interessano sia i momenti naturali di evoluzione
dell'esperienza formativa, ovvero il termine della scuola secondaria di
primo e secondo grado, sia situazioni di riprogettazione di percorsi
individuali problematici, che possono comportare il passaggio a indirizzi
di studio differenti o a canali diversi di assolvimento dell'obbligo
formativo. In ogni caso affronta il compito orientativo considerando gli
intrecci con gli altri compiti di sviluppo relativi all'istruzione/educazione
e alla sfera personale e sociale. Come è già stato detto scegliere è un
compito complesso, infatti richiede risorse, tempo e capacità per vagliare
un vasto numero di opzioni, analizzando molteplici informazioni relative a
ciascuna di esse, e comporta la necessità di confrontarsi con la
consapevolezza delle proprie caratteristiche personali e la non sempre
chiara prevedibilità circa le proprie preferenze per il futuro. Oggi gli
adolescenti devono fare i conti con una complessità crescente
determinata da alcuni cambiamenti sociali ed economici rispetto ai quali
occorre interrogarsi per verificare come i mutamenti nei bisogni
orientativi possano trovare risposte adeguate nella pratica consulenziale.
Di seguito si è scelto di focalizzarsi su due aspetti attualmente in
evoluzione che possono essere compresi nell'azione di counseling:
l'incertezza e imprevedibilità del futuro e il ruolo delle famiglie nel
processo di scelta dei figli.

1. L'incertezza e imprevedibilità del futuro


Tradizionalmente l'adolescenza è considerato un periodo in cui, rispetto
all'infanzia, l'emergente capacità di ragionamento astratto e altri
fenomeni di sviluppo neurologico forniscono la capacità di pensare in
modo più complesso e di orientarsi al futuro. Allo sviluppo neurobiologico
si aggiungono istanze sociali che richiedono agli adolescenti di investire
tempo e risorse nel progettare il proprio futuro, anche attraverso le scelte
scolastiche. La recente crisi economica e la flessibilizzazione del mercato,

117
e più in generale i fenomeni di globalizzazione e relativizzazione, rendono
però il futuro sempre più incerto, e spesso pongono l'accento più sulla
dimensione di futuro minaccioso piuttosto che sul futuro come speranza.
Questo ovviamente può riflettersi sulla poca motivazione dei ragazzi e
ragazze ad investire in un progetto che offre così scarse possibilità di
controllo e realizzazione. Per recuperare motivazione, il counseling di
orientamento può offrire uno spazio per ricostruire la pensabilità positiva
del futuro, ma non solo. In termini di prospettiva temporale, infatti, diversi
studi hanno dimostrato che nei più giovani, soprattutto nella fase tra
preadolescenza e adolescenza, non solo la prospettiva temporale futura è
limitata, ma anche il passato non ha molta importanza. La loro attenzione
si appiattisce sul qui ed ora, con preoccupanti effetti sulla motivazione: se
non esiste memoria di ciò che è avvenuto in passato e come questo abbia
condizionato la situazione presente, è difficile capire come le azioni attuali
possano avere effetti sul futuro, di conseguenza se il futuro non è in nessun
modo anticipabile e governabile, tanto vale focalizzarsi sulle gratificazioni
che si possono ottenere nel presente. La narrazione all'interno del
percorso di counseling può fornire l'occasione per ripristinare il senso di
continuità della propria esperienza e la fiducia nella propria capacità di
influenzare gli eventi ed indirizzare il proprio futuro verso obiettivi
desiderati.

2. Il ruolo delle fmiglie nel processo di scelta dei figli


Le ricerche dimostrano che, almeno a parole, oggi la maggior parte dei
genitori si dichiara coinvolta ma non direttiva rispetto alle scelte dei
propri figli. Al di là dell'influenza della desiderabilità sociale su questo tipo
di risposte, è comunque importante, oltre che necessario vista la minore
età del cliente/utente, che il consulente coinvolga la famiglia nel processo
di scelta. Il ruolo del counsellor è quello di fornire strategie e informazioni
ai genitori, o agli adulti di riferimento, affinché siano capaci di svolgere un
ruolo di facilitatori rispetto allo sviluppo vocazionale del/la proprio/a
figlio/a. Ciò significa innanzitutto aumentare la loro consapevolezza
dell'influenza esercitata sulle scelte dei figli, infatti gli adulti significativi
sono modelli di ruolo nel momento in cui l'adolescente progetta il proprio

118
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

futuro. Naturalmente è auspicabile che questo ruolo non venga né


rifiutato né esercitato con direttività dall'adulto. Il counsellor dovrebbe
incoraggiare il coinvolgimento nel processo di esplorazione sia di sé
(esplicitare “come mi vedono i miei genitori” può essere uno spunto di
riflessione importante per l'adolescente), così come nell'esplorazione
delle opportunità del contesto, che dovrebbe avvenire come una vera e
propria co-costruzione di significato insieme al/la proprio/a figlio/a,
evitando l'atteggiamento dell'adulto che dall'alto della sua “conoscenza
del mondo” guida il figlio verso la soluzione più appropriata. Solo un reale
coinvolgimento del genitore nella fase processuale può garantire che
questo non si senta scavalcato dall'intervento del counsellor ma diventi
invece parte attiva nel piano di realizzazione degli obiettivi individuati
dall'adolescente.

3. Bibliografia
Porfeli, E. J. & Lee, B. (2012). Career development during childhood and
adolescence. New Directions for Youth Development, 134, 11-22.
Savickas, M. (1997). Career adaptability: An integrative construct for life-span,
life-space theory. The Career Development Quarterly, 45, 247-259.
Savickas, M. L., & Porfeli, E. J. (2012). Career Adapt-Abilities Scale: Construction,
reliability, and measurement equivalence across 13 countries. Journal of
Vocational Behavior, 80, 661-673.

119
120
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

9 ESPERIENZE DI COUNSELING CON STUDENTI


UNIVERSITARI
FOCUS – PSI: IL SERVIZIO DI COUNSELLING PSICOLOGICO
DELL'UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PERUGIA
di C. Mazzeschi, C. Pazzagli, G. Cenci
Il periodo dell'università rappresenta un importante momento di
passaggio, riconosciuto dalla letteratura come una fase di transizione e, a
volte, anche come una vera e propria sfida (McMillan 2014, Scalon et al.,
2007).
Il giovane è, infatti, chiamato a confrontarsi con il contesto universitario,
un nuovo ambiente sociale e di apprendimento che richiede approcci
maggiormente autonomi e indipendenti rispetto a quelli precedenti
(Christie et al. 2013).
Inoltre, la persona è ora impegnata nell'esplorare e ridefinire il proprio Sé,
confrontandosi in diversi ambiti della vita come il lavoro, lo studio, la vita
affettiva, la visione del mondo, la costruzione di un proprio progetto di vita
(Arnett, 2000). Gli anni dell'università si configurano come un punto
d'intersezione tra l'adolescenza e l'età adulta, un turningpoint (Di Palma
et al., 2014; Bruner, 1991), che in quanto tale richiede al giovane di
fronteggiare nuove sfide connesse alla crescita e al cambiamento
(Graber& Brooks-Gunn, 1996).
Nel suo famoso articolo “Emerging Adulthood: A Theory of Development
from the Late Teens Through the Twenties”, Arnett (2000) introduce il
termine “Emerging adulthood” per indicare quella fase di vita che si
sviluppa dalla tarda adolescenza fino ai 29 anni circa. Il periodo tra i 18 e i
25 anni, in particolare, è caratterizzato «…dall'abbandono della
dipendenza dall'infanzia e dall'adolescenza e dal non aver ancora assunto le
durevoli responsabilità che sono caratteristiche dell'età adulta…>> (Arnett,
2000, p. 469). Questi sono gli anni in cui i giovani si trovano a fronteggiare
nuovi compiti evolutivi, costruire obiettivi, motivazioni, valori e un
proprio progetto di vita (Arnett, 2000).
La letteratura ha evidenziato come questo momento di transizione possa
essere percepito da molti giovani come difficile, portando alcuni ad

121
esprimere il proprio vissuto di disagio attraverso differenti espressioni
sintomatiche (Reinherz et al., 2003; Schulenberg & Maggs, 2002).
In questa transizione, l'università rappresenta un contesto importante,
che se da un lato offre opportunità di crescita, sperimentazione e
realizzazione (Conlon, 2002), dall'altro lato può essere percepita da alcuni
giovani come un "ambiente alieno" e rappresentare un life event
stressogeno, con un possibile impatto sul loro benessere psicologico
(Askham, 2008). Le ricerche evidenziano, infatti, come gli studenti
universitari riportino alti livelli di distress e scarso benessere psicologico
(Beiter et al., 2015; Deasy et al., 2014; Eisenberg et al., 2013), soprattutto a
livello di sintomi ansiosi e depressivi (Preti et al., 2011).
Per aiutare e supportare gli studenti universitari ad affrontare eventuali
momenti di crisi connessi e/o spesso attivati dalla complessità e dalla
novità del periodo universitario, l'Università degli Studi di Perugia dal
2015 ha istituito FOCUS-Psi, un Servizio di Counselling psicologico. La
letteratura ha, infatti, evidenziato come i servizi psicologi universitari
rappresentino un importante strumento per promuovere interventi
precoci di supporto e di promozione del benessere in una popolazione,
quella universitaria, ad alta vulnerabilità psicopatologica (Gallagher,
2012).
Il servizio FOCUS-Psi è stato pensato come uno spazio di ascolto aperto a
tutti gli studenti dell'Ateneo per aiutarli a far fronte alle sfide della vita e ai
fattori di stress, nonché a migliorare il loro benessere psicologico e le
performance accademiche.
Riconoscendo lo stretto e complesso legame tra aspetti emotivi, cognitivi,
approccio allo studio e successo accademico durante gli anni
dell'università (Postareff et al., 2017), FOCUS-Psi è nato insieme ad
un'altra serie di servizi che l'Ateneo ha attivato per i suoi studenti, tra cui il
Servizio di Counselling Pedagogico-Didattico specificamente orientato al
sostegno didattico nello studio.
La metodologia di cui si avvale il Servizio FOCUS-Psi è quella del
counseling psicologico quale forma di intervento psicologico limitato nel
tempo «finalizzato a migliorare il benessere individuale e a incrementare le
abilità personali per aumentare il funzionamento adattativo dell'individuo

122
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

sia a livello personale che interpersonale, perfezionando e implementando


la qualità della sua vita” (Di Fabio, 2005, pag. 49).
La consultazione è condotta da Psicologi-Psicoterapeuti (uno psicologo a
contratto, esterno all'Università e docenti della cattedra di Psicologia
Dinamica del Dipartimento FISSUF). Il Servizio è ad accesso gratuito e
collocato in spazi idonei e dedicati per garantire la privacy della persona.
L'intervento di counseling psicologico, limitato nel tempo, si svolge in
cinque colloqui individuali a cui lo studente accede tramite auto-
segnalazione via e-mail. Il percorso di consultazione si articola in un
primo incontro di accoglienza e successivi colloqui di chiarificazione e
consultazione psicologica. In particolare, nel primo appuntamento, previa
lettura e accettazione del consenso informato, si svolge un colloquio
clinico volto all'analisi della domanda ed alla compilazione di un
questionario anagrafico e di alcuni strumenti self-report per aiutare il
clinico nella comprensione delle motivazioni che hanno portato lo
studente alla richiesta di aiuto. Per indagare l'eventuale presenza di
sintomi e gli aspetti psicopatologici sono utilizzati i seguenti self-report: la
Symptom Checklist-90-R (SCL-90, Derogatis et al., 1973) e la Scala di
valutazione dei sintomi trasversali di livello 1 autosomministrata (DSM 5,
APA, 2013) per la rilevazione della sintomatologia; il Personality
Assessment Inventory (Morey, 1991, 2007; adattamento italiano di
Zennaro, Lis, Mazzeschi, Fulcheri, Di Nuovo, 2015) per la valutazione
clinica della personalità. Dopo il primo incontro, seguono cinque colloqui
di consultazione finalizzati a far emergere il problema segnalato, una
maggior chiarificazione delle difficoltà e attivazione delle risorse
personali per fronteggiare le difficoltà emerse. Al termine della
consultazione, sono riproposti alcuni questionari volti alla rilevazione di
eventuali modificazioni sintomatologiche e un questionario di
soddisfazione per la valutazione della soddisfazione del servizio (Client
Satisfaction Questionnaire, CSQ-8; Attkisson, 2012). A 6 mesi dalla fine
della consultazione lo studente viene ricontattato ed è proposto un
colloquio di follow-up.
Il modello alla base di FOCUS-Psi è quello dell'Approccio Collaborativo
(Finn, 2009; Mazzeschi et al., 2011), un paradigma sviluppato negli anni

123
'80 da Fischer (Fischer, 1985) e che in questi ultimi dieci anni ha prodotto
un significativo movimento teorico-clinico (Fischer e Finn, 2012). I
principi su cui si basa l'approccio collaborativo sono la collaborazione tra
psicologo e cliente, l'individualizzazione delle procedure di conoscenza
del problema segnalato e la flessibilità. Infatti, nell'approccio
collaborativo alla consultazione lo studente è coinvolto in tutte le fasi
dell'intervento, dalla valutazione alla costruzione stessa del percorso di
intervento. L'uso di strumenti psicologici che sottende la valutazione
psicologica va oltre la semplice raccolta di informazioni ed è teso a rendere
il momento dell'assessment un'esperienza positiva e costruttiva di senso.
Lo studente viene, infatti, “ingaggiato” a lavorare insieme al clinico per
sviluppare delle conoscenze utili e produttive, trasformative di per sé e
per il Sé (Finn, 2007). L'intervento di counseling psicologico costituisce in
questo modo un incontro potenzialmente trasformativo attraverso
l'ampliamento della conoscenza di se stessi. L'adozione dell''Approccio
Collaborativo, come linea guida del counseling psicologico all'interno del
servizio di FOCUS-Psi, è legata alle evidenze empiriche che hanno
mostrato l'efficacia di tale approccio. In particolare, dati di ricerca hanno
mostrato: effetti psicologici di tale approccio misurabili in termini di livelli
di stress, motivazione, autostima ed efficacia dell'intervento (Fischer &
Finn, 2012); incremento nella stima di sé, riduzione dei sentimenti di
isolamento, aumento di sentimenti positivi, diminuzione della
sintomatologia riferita e una maggiore comprensione e consapevolezza di
se stessi (Finn, 1996, 2006). L'approccio collaboraritivo,inoltre, consente
di attivare forme di intervento nell'ottica dei principi dell'EPA (Evidenced
Based Psychology - APA, 2006; Bornstein, 2017). Tali principi sono la
cornice teorica per rispondere allo specifico mandato del servizio di
counseling psicologico universitario rivolto a giovani adulti. Infatti, il
percorso di consultazione mira a rendere lo studente protagonista attivo
del proprio processo di cambiamento, coinvolgendolo dalla fase di
accesso a quella di follow up, al fine di offrire un percorso individualizzato
e ritagliato sulle specificità della domanda portata dallo studente, ma
anche sulle sue difficoltà e risorse individuali. In accordo con Finn (2007),
nel Servizio FOCUS-Psi viene posta particolare attenzione al

124
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

coinvolgimento dello studentegià nella fase di assessment che «sebbene


sia un'interazione clinica di breve periodo, […] ha il potenziale per influire
direttamente sul sistema del Sè del cliente. Assumendo i clienti come
osservatori partecipanti nel proprio assessment e discutendo in modo
collaborativo le ipotesi e le informazioni ricavate dai test, il nostro obiettivo
è aiutarli a modificare le storie che raccontano a se stessi su se stessi.... In
modo che possano padroneggiare più efficacemente il mondo (Finn, 2007;
p. 24).
Le dinamiche psicologiche proprie del periodo evolutivo che lo studente
sta vivendo vengono dunque poste al centro dell'intervento, considerando
la persona come attore attivo del processo di cambiamento. In questo
senso, lo studente è invitato a individuare e gli obiettivi dell'intervento in
modo collaborativo con lo psicologo, contribuendo così - già nella
modalità stessa del suo dispiegarsi – a una partecipazione diretta e attiva ,
riducendo l'ansia del colloquio e rinforzando, per quanto possibile, il suo
senso di efficacia e di padronanza.
Pur proponendo un percorso di consultazione flessibile, ma relativamente
strutturato, FOCUS-Psi è attento alla complessità delle situazioni cliniche
che si presentano e per questo volto alla gestione di ogni singolo caso,
anche in termini di gravità e di urgenza. Per questa ragione il Servizio ha
attivato il necessario dialogo con i servizi del territorio al fine di affrontare
– qualora necessario – quelle situazioni di disagio (e psicopatologia) che
non possono essere gestite (o gestite completamente) all'interno di tale
percorso. In questo senso la presenza dello psicologo garantisce la
necessaria competenza per il riconoscimento – là dove presente – di
psicopatologia e/o problematiche tali da identificare la necessità di un
invio al Centro di Salute Mentale di competenza (es.: esordio psicotico,
situazioni gravi che richiedono l'uso di farmaci, scompensi psicotici, DCA,
tossicodipendenza) e/o l'eventuale indicazione per un intervento
psicoterapeutico, qualora lo specialisti valuti che le problematiche
esistenti non siano affrontabili nei limiti circoscritti del counseling
psicologico.
All'interno del Servizio FOCUS-Psi particolare attenzione è inoltre
dedicata agli studenti universitari con disabilità e con Disturbi Specifici

125
dell'Apprendimento (DSA) che spesso, oltre a problematiche connesse
allo studio, si trovano a doversi confrontare anche con alcune difficoltà
psicologiche legate ai possibili effetti del disturbo che dall'infanzia
permane in adolescenza e giovane età adulta.
La ricerca sui DSA, in particolare, si è maggiormente concentrata su
aspetti diagnostici-riabilitativi nelle diverse fasi di vita (Gennaro, 2017),
mettendo in secondo piano come la presenza di un DSA possa incidere sul
benessere psicologico e sulla costruzione del proprio progetto di vita e sul
percorso universitario della persona.
Infatti, nonostante la compensazione funzionale del disturbo che lo
studente con DSA può presentare negli anni universitari, l'ingresso nel
nuovo contesto richiede alla persona un confronto con la propria identità
e con le proprie abilità, ricercando una compensazione psicologica, in cui
si deve gestire l'eventuale stigma e le potenziali esperienze fallimentari
che influiscono sull'autostima (McNulty, 2003; Palombo, 2001). Inoltre,
recenti studi evidenziano come studenti universitari con dislessia
tendono a presentare maggiori lamentale somatiche, difficoltà sociali e
attentive rispetto a studenti senza DSA (Ghisi e coll, 2016), oppure come la
presenza di DSA possa rappresentare un fattore di rischio per lo sviluppo
di una sintomatologia internalizzante (Mugnaini et al., 2009).
Linee guida sulla Progettazione Universale per l'Apprendimento 2.0.
sviluppate nel 2011 Center for Applied Special Technology, (CAST, 2011),
sottolineano come nella progettazione di curricula efficaci sia importante
porre attenzione non solo sugli aspetti neurocognitivi e didattici, ma
anche su quei bisogni della persona che sono maggiormente legati allo
sviluppo di alcune dimensioni del Sé come l'autodeterminazione,
l'autoconsapevolezza e l'autostima (CAST, 2011). Alla luce delle recenti
evidenze scientifiche e conformemente ai principi del CAST, il Servizio
FOCUS – Psi rivolto agli studenti con DSA lavora su dimensioni specifiche
del funzionamento della persona (autostima, autonomia,
autoconsapevolezza e resilienza) per promuovere un azione sul Sé della
persona nella sua globalità.
FOCUS-Psi, con il suo approccio collaborativo e l'uso di strumenti
standardizzati, rappresenta anche un importante contesto di ricerca, in

126
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

cui il momento della consultazione si configura anche come uno spazio di


rilevazione dello “stato di salute” del giovane adulto nel contesto
universitario. L'approccio Evidenced Based Psychology permette, infatti,
di individuare eventuali manifestazioni sintomatologiche, di esplorare
aspetti legati alla personalità e di indagare come questi si intersechino e
contribuiscano a determinare il benessere psicologico in questa specifica
fase di transizione, tra fattori di rischio (es.: essere fuori sede) e fattori di
protezione (es: autostima), verso differenti esiti evolutivi che FOCUS-Psi si
propone di rendere il più possibile (e per quanto possibile) adattivi?.
Lungo questa direzione FOCUS-Psi sta dialogando anche con
“l'Osservatorio sui bisogni psicologici e sulla salute Umbria”,
configurandosi come spazio intermedio tra un contesto attento alle
potenzialità evolutive del giovane (l'Università!) e un organismo attento
allo stato di salute delle differenti categorie della sua popolazione.
Inoltre, il lavoro di intervento con studenti con DSA e quello con studenti
con disabilità poggia su un progetto di ricerca attivato dall'Ateneo di
Perugia volto ad esplorare i bisogni e gli aspetti psicologici, in termini di
risorse e di difficoltà, di tali studenti che – volontariamente – vi hanno dato
adesione.
In particolare gli obiettivi specifici dello studio sono esaminare il processo
di costruzione del Sé nel giovane adulto con DSA, valutando i profili di
funzionamento degli studenti in termini di autostima, autonomia,
autoconsapevolezza, resilienza e progettualità futura.
La metodologia adottata segue un approccio multi-method (Waszak e
Sines, 2003) che coniuga uno studio quantitativo - attraverso la
somministrazione di strumenti self-report - e uno studio qualitativo
condotto mediante l'intervista Life StoryInterview (McAdams, 2001,
2012). che permette allo studente l'espressione del proprio Sé attraverso
la narrazione, di quella “... storia interiorizzata e in continua evoluzione...”
che è la propria storia, quella storia che “... spiega come si è arrivati ad
essere la persona che si sta diventando” (McAdams e McLean, 2013), tra
difficoltà e risorse. Riflettere sul proprio percorso universitario e sulla
propria storia di vita invita la persona a costruire una narrazione più coesa
di Sé, in cui i momenti negativi e le sfide incontrate nella propria storia,

127
possono rappresentare dei punti di svolta e maturazione. Narrando la
propria storia si stimola lo studente ad una condivisione e pensabilità di
tale esperienza, talvolta ad una vera e propria risignificazione del proprio
vissuto, con una maggiore centratura rispetto al proprio progetto di vita.
Il lavoro sul Sé, svolto in termini di consultazione e ricerca, permette di
comprendere, integrare e ampliare la diagnosi (sia clinica che funzionale)
al fine di valorizzare i profili di funzionamento degli studenti nell'ottica
della promozione del loro benessere psicologico (well-being), quale
aspetto di esito di un intervento di counseling efficace. Anche in tal modo,
l'Università può farsi promotore attivo di un processo di cambiamento
positivo, di sostegno e di empowerment degli studenti, che possono
sentirsi supportati durante il processo di definizione della propria
identità e del proprio progetto di vita.

In conclusione, il servizio di counseling psicologico rappresenta una


forma di intervento breve volto a fornire un supporto limitato nel tempo
che pone al centro della propria attenzione l'analisi della situazione
problematica attuale portata dal soggetto e che aiuta la persona,
attraverso sia strumenti psicometrici che colloqui psicologici, a
individuare le risorse necessarie per farvi fronte e che si basa su:
• Psicologo come operatore del servizio
• Modello centrato sul Sé e sulle sue potenzialità evolutive
• Legame con la ricerca per l'offerta di servizi sempre più mirati e tailored
sulle specificità delle domande e sui bisogni degli studenti

128
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

10. INTERNATIONAL COACHING FOR INTEGRAL


FORMATION, NEL CONTESTO DEL LAVORO
di J. F. Perez, V. D'Orsi
Questo articolo presenta un quadro di sintesi relativo al manifestarsi dei
fenomeni del “burnout” e dell' “alessitimia collettiva” all'interno delle
imprese, illustrando alcune delle possibili cause scatenanti.
Viene quindi data evidenza alla necessità dell' International Coaching for
Integral Formation, comprendendo fra gli strumenti necessari al
riequilibrio personale ed aziendale anche lo sviluppo dell'intelligenza
emotiva.
Sviluppo che può avvenire, naturalmente, solo considerando il contesto
cross-culturale ed il mercato globale nel quale si sta sviluppando tutto il
mondo del lavoro.
Anche gli aspetti pragmatici hanno una particolare rilevanza, in quanto
costituiscono un approccio diretto per le imprese e per gli operatori del
settore, per creare un clima maggiormente confacente alle esigenze dei
professionisti nelle aziende.
Quali benefici si celano dietro l'utilizzo dell'International Coaching for
Integral Formation? Certamente un processo di “change management”
dell'impresa, che si trasformerà in una “learning organization”, pronta a
raccogliere le sfide dell'Industry 4.0, dell'Artificial Intelligence e della
Robotica, grazie ad un management edotto sui nuovi modelli
partecipativi e collaborativi (Cooperative Management).

1. L'international coaching for integral formation (ic-if)


a. La complessità dello scenario di riferimento: dal burnout all'alessitimia
collettiva.
I continui mutamenti del mercato globale, la delocalizzazione delle
imprese (in termini di risorse strumentali e professionali), la
variabilità -o volatilità -del valore dei prodotti, ha determinato
l'estensione del concetto di "stress da lavoro correlato" anche a
categorie finora non comprese in questo ambito patologico.
L'European Agency for Safety and Health at Work ha adottato la

129
seguente definizione: «lo stress da lavoro correlato o burnout viene
esperito nel momento in cui le richieste provenienti dall'ambiente
lavorativo eccedono le capacità dell'individuo nel fronteggiare tali
richieste».
La definizione stessa nasconde al suo interno le insidie della sua
diffusione.
Se infatti fino a pochi anni fa (prima della recente crisi economica
mondiale) tale espressione era caratteristica di tutte le professioni
d'aiuto, in particolare medici e altre professioni sanitarie, quali
psicologi, psichiatri, assistenti sociali, counsellor, ma anche sacerdoti e
religiosi, poliziotti e vigili del fuoco, fino agli insegnanti, gli educatori in
genere, gli avvocati ed i ricercatori (soprattutto in ambito medico
scientifico), oggi si può ben dire che il fenomeno del "burnout" si sia
esteso anche ad una categoria inaspettata: i manager (in particolare il
c.d. "middle management").
Perché? Nelle imprese, la proprietà o comunque il top management (il
Chief Executive Officer ed i suoi primi riporti) definiscono la linea
strategica dell'impresa stessa. Non è dato sapere se, date le condizioni
del mercato di riferimento, tale indirizzo sia sempre percorribile o
meno. Questo può valere per imprese private, ma anche per imprese
pubbliche, laddove l'indirizzo politico delle stesse può non trovare
riscontro nella realtà.
Chi deve tradurre la linea di indirizzo in linea operativa, con impatti
effettivi sul resto del personale, è il middle management (i c.d. quadri
aziendali). Ed è così che si verifica una «condizione che può essere
accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o
sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in
grado di corrispondere alle richieste o aspettative riposte in loro».
Ma cosa succede se lo stimolo e la sollecitazione diventano pressoché
costanti? Si pensi ad esempio al costante flusso di dati derivante
dall'utilizzo costante dei nuovi mezzi di comunicazione.
L'individuo si troverà in uno stato di tensione muscolare continuo, in
circuiti cerebrali costantemente pronti ad assimilare tutte le

130
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

informazioni circostanti, fino al sovraccarico cognitivo. Ecco dunque


che vasopressina, cortisolo e aldosterone vanno ad agire
complessivamente sul sistema umano, con rilascio di adrenalina e
noradrenalina, ed il manifestarsi di condizioni ritenute tipiche dello
stato di stress: aumento e variabilità del battito cardiaco, aumento
della frequenza respiratoria, ecc.
È quindi naturale il manifestarsi di un costante stato psicofisico
dell'ansia, e la possibilità che si presentino di attacchi di panico.
Inoltre, recenti studi illustrano come la tensione accumulata e mai
scaricata possa determinare la fibromialgia. Da un punto di vista
emotivo, si inizia a parlare di alessitimia collettiva, quale fenomeno
psicosociale di mancanza di riconoscimento delle emozioni proprie e
di quelle altrui.
Impossibile individuare un rimedio che sia universalmente efficace
contro il presentarsi di tutti questi eventi. È chiaro che una presa di
coscienza di ordine psicologico può comunque avere l'effetto di porre
l'individuo di fronte alla realtà vissuta, analizzandola con un certo
distacco, ma non basta. Non potendo cambiare la realtà circostante, un
approccio di tipo olistico, o bioenergetico, che adotta tecniche
specifiche (dal training autogeno all'agopuntura, alla meditazione)
può essere un valido supporto all'individuo in difficoltà.

b. Perché la necessità dell'International Coaching for Integral Formation?


Le imprese, piccole o grandi, richiedono professionisti in grado di
identificare e gestire le emozioni proprie e altrui, con capacità di
adattarsi alle varie situazioni.
Lo sviluppo dell'intelligenza emotiva, finalizzata alla formazione
integrale del professionista, è importante nella gestione delle imprese
e delle organizzazioni, ancor più nel contesto attuale di
internazionalizzazione del lavoro e di intensi rapporti interculturali. I
dipartimenti per le risorse umane richiedono professionisti che oltre
ad avere conoscenze solide siano in grado di usare le proprie capacità
emotive per sviluppare il loro lavoro.

131
Si tratta dunque di interagire, come diceva Goleman, tenendo ben
conto dei sentimenti, e “ingloba capacità come il controllo degli impulsi,
l'autocoscienza, la motivazione, l'entusiasmo, la perseveranza,
l'empatia e l'agilità mentale. Configura tratti di carattere come
l'autodisciplina, la compassione o l'altruismo, indispensabili per un
adattamento sociale positivo e creativo”.
In definitiva, i lavoratori con intelligenza emotiva e apertura alle altre
culture godono di un buon livello di motivazione, e per questo sono in
grado di motivare gli altri. Questa qualità trasversale potenzia la
capacità di persuasione, di lavoro in squadra e di apertura alla diversità
e alla cooperazione (Cooperative Management) in un mondo
caratterizzato dal costante cambiamento a grande velocità.

2. La capacità interculturale, oggi più necessaria che mai


In un mondo che cambia costantemente e a una velocità sempre superiore,
in cui la tecnologia ha messo tutti noi in contatto con gli altri,
indipendentemente da lingua, razza o origine geopolitica, sarà sempre
necessaria la continua riflessione sulle grandi opportunità che ci offre la
diversità di culture per la crescita nella vita personale e professionale.
Quando l'essere umano è al centro delle riflessioni, la crescita è etica e
sostenibile. La cultura è una programmazione collettiva nella mente delle
persone che distingue i membri di un gruppo o di una categoria da quelli di
un'altra, e va al di là della razza o del Paese in cui si nasce.
Al giorno d'oggi bisogna sviluppare una serie di capacità per avere una
carriera internazionale. L'intelligenza culturale è uno strumento molto
utile per spiccare nel mondo professionale globale. Cross Cultural
Management Challenges e Cross Cultural Intelligence sono due capacità
necessarie nel contesto lavorativo attuale. Vediamo di cosa si tratta.

a. La teoria dell'intelligenza culturale


L'importanza delle capacità interculturali è innegabile, perché la
comunicazione mondiale non si limita più a certe industrie e agli alti
funzionari.

132
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

Anche se le differenze culturali superficiali possono scomparire con la


globalizzazione, i valori sociali soggiacenti si mantengono.
Quando ci sono affari a livello internazionale, le capacità culturali sono
fondamentali per avere successo. Le abilità pratiche – la capacità di
analizzare i malintesi e di correggerli, e anche di poterli evitare fin
dall'inizio – sono le più difficili da acquisire nell'apprendimento
multiculturale.

b. Fattori umani che aiutano a identificare le caratteristiche culturali


Per identificare gli standard culturali di ogni gruppo, Hofstede ha
sviluppato il cosiddetto Modello delle 5 dimensioni, assai utile nella
comunicazione interculturale.
Queste cinque dimensioni servono per studiare e comprendere
ciascuna cultura a livello mondiale, per poter capire meglio i tratti
culturali che predominano nelle varie zone del mondo e adattarvisi. Il
successo della comunicazione interculturale dipenderà dal nostro
grado di comprensione e accettazione dell'altra cultura, e dalla
conoscenza dei propri tratti culturali che possono risultare attraenti
per l'altra cultura.

Ecco le cinque dimensioni sottolineate da Hofstede:


1. Distanza dal potere
Il grado in cui c'è più disuguaglianza, in cui ci sono più livelli gerarchici,
è anche il grado in cui i membri di una società accettano che il potere
venga distribuito in modo diseguale. I Paesi con elevata distanza dal
potere sono in genere più violenti. Il contrario riflette la prospettiva
per cui la gente deve avere uguali diritti.

2. Individualismo-Collettivismo
Individualismo: Le persone fanno molta attenzione a sé. Nelle culture
individualiste ci si identifica in primo luogo con se stessi, e il compito
educativo è proprio incontrare se stessi e sostenersi con le proprie
gambe, senza dipendere dal gruppo di appartenenza.

133
Collettivismo: Le persone appartengono a gruppi, clan, organizzazioni,
famiglie, ecc., che hanno il controllo su di loro e a cui devono lealtà. In
primo luogo si prova lealtà e ci si identifica con il gruppo, poi con se
stessi.
L'individualismo è contrastato dal collettivismo e si riferisce al grado in
cui la gente spera di fare da sola o in alternativa di agire principalmente
come membro di un gruppo o di un'organizzazione. Gli Stati Uniti sono
la società più individualista.

3. Mascolinità-Femminilità
Questo fattore indica se in una determinata cultura ci sono molte
differenze nel modo in cui bisogna comportarsi in base al sesso.

4. Evitare l'incertezza
Ha a che vedere con il modo in cui si affronta l'incertezza del futuro.
Molte persone si trovano a proprio agio in situazioni sconosciute, ad
esempio quando vanno in altri Paesi, mentre altre non si sentono a
proprio agio quando non conoscono la situazione in cui si trovano.
Questa dimensione segna il grado in cui le persone si sentono
minacciate dall'incertezza e cercano di evitarla.

5. Orientamento a lungo termine


Si intende il grado in cui una cultura si orienta a breve o a lungo termine
e si riferisce all'importanza che si dà in una cultura alla pianificazione
della vita a lungo termine rispetto alle preoccupazioni immediate.
Le culture con un punteggio alto promuovono la visione a lungo
termine per ottenere ricompense future, risparmiare, resistere e
adattarsi alle circostanze mutevoli.
Le culture con un punteggio basso promuovono ciò che è collegato al
passato e al presente, l'orgoglio nazionale e il rispetto della tradizione.

134
LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

3. Implementazione dell'international coaching for integral


formation in chiave pragmatica
La chiave per il trattamento efficace della sindrome di burnout, se non
anche l'alessitimia collettiva nell'impresa, è individuare la manifestazione
di questi fenomeni nelle prime fasi, attraverso un percorso di assessment
del personale e del clima aziendale: prima si lavorerà sul problema (a
seguito dell'effettiva identificazione), prima si sarà in grado di tenerlo
sotto controllo.
L'iniziativa attinente al trattamento può provenire sia dal lavoratore che
dall'impresa o istituzione per la quale lavora, per cui è importante che ci
sia una buona comunicazione tra le parti e che si stabiliscano i meccanismi
necessari per individuare questo tipo di casistiche fin nelle prime fasi,
senza dimenticare che il miglior criterio per trattare questo tipo di
sindromi è eliminarlo andando alle cause di fondo, senza limitarsi al
miglioramento dei soli sintomi negativi riscontrati.
La maggior parte delle cause è collegata alla cattiva organizzazione
interna da parte dell'impresa e soprattutto ai modelli non corretti da parte
dell'organizzazione in relazione alla gestione dei collaboratori.
In sintesi, si tratta di problemi sia di contenuto (lavoro eccessivo,
disorganizzazione…) che di forma (modo di comunicare con le persone).
Chiarito questo, possiamo vedere alcuni punti efficaci per trattare i
sintomi esteriori del burnout.
1. Tecniche di rilassamento
In primo luogo, le tecniche di rilassamento come le meditazioni
guidate o l'ascolto di musica rilassante hanno dimostrato ampiamente
la propria efficacia per ridurre l'ansia e migliorare il modo in cui i
lavoratori affrontano la sindrome di burnout. Questo tipo di pratiche
farà sì che il lavoratore affronti i problemi in modo molto più positivo e
produttivo.

2. Stretching
In secondo luogo, non bisogna dimenticare l'aspetto fisico del
problema.

135
Lo stress e il burnout tendono a generare tensione muscolare in
determinate zone del corpo, come le spalle o il collo, il che a medio e
lungo termine può portare alla comparsa di contratture muscolari,
ernie del disco e altri tipi di lesioni, aggravando la situazione. Per
questo è importante svolgere determinati stiramenti ed esercizi
antistress come parte della routine quotidiana (e se possibile anche
della routine lavorativa).

3. Sport
In terzo luogo, la pratica abituale di qualche sport (sempre adattato
alle condizioni fisiche del lavoratore) ha dimostrato di riuscire a
ridurre notevolmente gli effetti dello stress sull'organismo. Lo sport ci
mantiene attivi, migliorando la salute del nostro cuore, dei muscoli e
delle ossa, oltre ad aiutare a staccarci dai problemi mentre lo si pratica.

4. Assertività
In quarto luogo, conoscere e utilizzare strategie assertive può essere
un modo eccellente per combattere e prevenire il burnout.
L'assertività è una condotta intermedia tra la passività e l'aggressività
(caratteristiche tipiche nei casi di burnout), concentrata su una
corretta gestione delle emozioni e sulla comunicazione con gli altri.
Alcuni esempi di strategie assertive sono:
• Trattare se stessi e gli altri con rispetto
• Essere educati ma fermi
• Essere diretti e onesti con gli altri
• Saper esprimere ciò che ci preoccupa o non ci è gradito di fronte agli
altri con educazione
• Saper parlare e ascoltare senza annoiarsi
• Essere capaci di controllare le nostre emozioni
• Considerare le critiche altrui come un'opportunità per migliorare

5. Il coaching professionale
In quinto luogo, non possiamo dimenticare gli enormi benefici che può

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

offrirci l'aiuto professionale offerto da chi gode delle competenze ed è


autorizzato per offrire questo tipo di supporto.
In questo modo il coaching nel contesto del lavoro, individuale o di
gruppo, può far sì che il lavoratore sviluppi meccanismi efficaci per
affrontare le situazioni che provocano ansia e mancanza di rendimento
e qualità della vita.

4. Aspetti positivi dell'applicazione dell'ic-if:


il cooperative management
L'applicazione dell'IC-IF in un'impresa, sia a livello individuale che di
gruppo, in seguito ad un assessment del personale, può indubbiamente
essere di stimolo per il change management dell'azienda, affinché la
stessa si muova verso nuovi paradigmi. È fondamentale infatti, per la
sopravvivenza delle imprese nel nuovo “ecosistema” del mercato globale,
che vengano maturate nuove competenze (Digital Trasformation,
Artificial Intelligence, Industry 4.0). Questo può avvenire soltanto
stimolando e motivando i gruppi interni allo sviluppo di nuove
metodologie, che consentano di imparare dai propri errori (deutero
learning) o dalle best practices nascoste (modello di Nonaka), ovvero
dallo sviluppo del pensiero “divergente” che integri il processo di “insight”
individuale in un percorso aziendale. Da questo punto di vista, si può
immaginare l'International Coaching for Integral Formation come una
funzione che applicata all'Azienda, porti ad una condizione di equilibrio, in
cui si configura un nuovo stile manageriale: il Cooperative Management.

IC-IF(organization) → Cooperative Management

Gli elementi (assiomi) del Cooperative Management sono:


- Condivisione di una vision: gestione etica delle persone, delle risorse
strumentali ed energetiche; disseminazione della psicologia positiva
quale strumento di dialogo fra gli stakeholder;
- Attivazione di ciascun nucleo operativo [interno, esterno] all'impresa,
in competizione costruttiva;

137
- Integrazione dei sistemi e delle conoscenze all'interno del «multi
gruppo» (non solo nel boarding);
- Creazione di modelli replicabili (ovunque, su scala glo-cale).
Si tratta fondamentalmente di un modello umanistico, supportato dalla
tecnologia: è il modello di una comunità scientifica, di organizzazione
aperta.

5. Bibliografia
Fiz Pèrez, Falasco, Margaritelli: “Stress lavoro-correlato”. Editore Paolo Emilio
Persiani 2013, ISBN 978-88-96013
Angiolino, Fiz Perez, Ippoliti, Giovarruscio: “Homo Sapiens Digitale, il male oscuro
del technostress”, Nep Edizioni 2016
Fiz Perez, Javier: “Introduction to the art of Communication”, NeP Edizioni, Maggio
2017, ISBN 9878899259914
D'Orsi, Vittorio: “Quattro Anni, sei ore”, LaFeltrinelli, ISBN 9788892337138
D'Orsi, Vittorio: “USCIRE DALLA CRISI. Capitale Umano e Capitale Sociale: il modello
delle Varianze Cooperative e l'Apprendimento Organizzativo”, LaFeltrinelli, Aprile
2013, ISBN 9788891044198
D'Orsi, Vittorio: “Cybernetic Learning Model & Network Learning”, LaFeltrinelli,
Dicembre 2011, ISBN 9788891003164
Hofstede, Minkov: “Culture e Organizzazioni. Valori e strategie per operare in
contesti internazionali”, Franco Angeli, 2014

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LO SVILUPPO DEL COUNSELING E SUE APPLICAZIONI

NOTE

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ISBN: 978-88-31411-00-4 9 788831 411004

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