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Il tarantismo o tarantolismo1

Il tarantismo o tarantolismo è considerato un fenomeno isterico convulsivo. In base a credenze


ampiamente diffuse in antichità nell'area mediterranea ed in epoca più recente nell'Italia
meridionale, sarebbe provocato dal morso di ragni.

Tarantata a Lizzano (TA) durante un rito di guarigione dal tarantismo, presso la masseria San Vito. (1950)

Tale quadro psico-patologico è caratterizzato da una condizione di malessere generale e da


una sintomatologia psichiatrica vagamente assimilabile all'epilessia o all'isteria. I sintomi
sarebbero offuscamento dello stato di coscienza e turbe emotive.

I ragni implicati

Femmina di Latrodectus tredecimguttatus

1
http://it.wikipedia.org/wiki/Tarantismo
Hogna radiata, Lycosidae affine al genere Lycosa

I ragni implicati nel fenomeno del tarantismo erano essenzialmente due, la malmignatta
(Latrodectus tredecimguttatus), dal morso quasi indolore ma molto pericoloso, causa
di latrodectismo, e la tarantola (Lycosa tarentula), dall’aspetto vistoso e dal morso doloroso ma
praticamente innocuo.[1]

Va notato che molte fonti riportano il nome Lycosa tarentula, sebbene il catalogo online di
Norman Platnick - che fa fede nella nomenclatura aracnologica - rechi il nomeLycosa
tarantula che è quindi quello scientificamente corretto.

Le vittime erano generalmente lavoratori agricoli che operavano negli habitat naturali di tali ragni.

Quadro generale del fenomeno


Il fenomeno del tarantismo è comunque iscritto in un sistema ideologico complesso e antico,
presente sino a pochi decenni fa in diverse regioni dell'Italia meridionale ed inSpagna, e
particolarmente in Puglia, forse estinto nelle sue forme storicamente riportate e comunque non
più attestato da molti anni.

In tali contesti l'evento del manifestarsi dei "sintomi" del tarantismo in un soggetto (di frequente
giovani nubili donne in età da matrimonio, ed in periodo estivo) trovava risposta nella
partecipazione di un gruppo di persone ad un complesso rito terapeutico domiciliare nel quale,
avvalendosi di uno specifico apparato ritmico, musicale, coreutico e cromatico, oltre che di oggetti
e ambientazioni rituali, si riusciva a ristabilire la guarigione e la reintegrazione di una persona
sofferente. Ciclicamente ogni anno, generalmente all'inizio dell'estate e per molti anni di seguito
sino a guarigione completa, il soggetto veniva colto da una specifica forma di grave malessere
interiore ed esteriore che poteva essere curata, anche se solo pro-anno, mediante tale rito.

Coloro i quali partecipavano a tale sistema ideologico definivano "tarantata" la persona


sofferente, nella convinzione che il male derivasse dal morso velenoso della "taranta", animale
simbolico e non zoologicamente identificabile con alcuna specie di aracnide o rettile realmente
esistente, come ha chiarito nel 1959 l'etnologo Ernesto de Martino nella famosissima monografia
etnografica "La Terra del Rimorso", testo fondamentale per inquadrare correttamente tale
fenomeno culturale e religioso.

Il tarantismo è un fenomeno con il quale si sono confrontate diverse scuole di pensiero e


discipline: etnologia, psicologia, storia delle religioni, mitologia, estetica, medicina, antropologia
culturale, etnomusicologia, zoologia, psichiatria. I tentativi di comprensione del complesso
fenomeno non possono comunque prescindere da un approccio fortemente multidisciplinare, che
non si esaurisca in una analisi medico-diagnostica che individua il carattere psicopatologico, né
che etichetti semplicemente il tarantismo come un frutto dell'ignoranza e della credulità popolare.

Leggenda
Secondo la leggenda la tarantola con il suo morso provocherebbe crisi isteriche. La tradizione
popolare ritiene che alcuni musicanti fossero in grado, con la musica, di guarire o almeno lenire lo
stato di "pizzicata". Attraverso una suonata, che poteva durare anche giorni, cercavano di trovare
la combinazione di vibrazioni con le note dei loro strumenti. Venivano utilizzati diversi strumenti in
particolare, il tamburello. Ancora oggi sono diffuse espressioni scherzose o di rimprovero del tipo
"Ti ha morso la tarantola?" rivolte soprattutto a bambini vivaci o persone particolarmente
irrequiete.

Storia
Il tarantismo si connotò come fenomeno storico religioso che caratterizzò l'Italia meridionale e in
particolare la Puglia fin dal Medioevo; visse un periodo felice fino al XVIII secolo, per subire
nel XIX secolo un lento ed inesorabile declino. Le vittime più frequenti del tarantismo erano le
donne, in quanto durante la stagione della mietitura, le raccoglitrici di grano erano maggiormente
esposte al rischio di essere morsicate da questo fantomatico ragno.

Attraverso la musica e la danza era però possibile dare guarigione ai tarantati, realizzando un
vero e proprio esorcismo a carattere musicale. Ogni volta che un tarantato esibiva i sintomi
associati al tarantismo, dei suonatori di tamburello, violino, organetto, armonica a bocca ed
altri strumenti musicali andavano nell'abitazione del tarantato oppure nella piazza principale del
paese. I musicisti cominciavano a suonare la pizzica, una musica dal ritmo sfrenato, e il tarantato
cominciava a danzare e cantare per lunghe ore sino allo sfinimento. La credenza voleva infatti,
che mentre si consumavano le proprie energie nella danza, anche la taranta si consumasse e
soffrisse sino ad essere annientata. Alla leggenda popolare può essere in realtà legata anche una
spiegazione strettamente scientifica: il ballo convulso, accelerando il battito cardiaco e stimolando
il rilascio di endorfine[1], favorisce l'eliminazione del veleno e contribuisce ad alleviare il dolore
provocato dal morso del ragno e di simili insetti. Non è quindi da escludere che il ballo venisse
utilizzato originariamente come vero e proprio rimedio medico, a cui solo in seguito sono stati
aggiunti connotati religiosi ed esoterici.

Come spesso accade per i rituali a carattere magico e superstizioso, anche a questa tradizione si
cercò di dare una "giustificazione" cristiana: così si spiega il ruolo di San Paolo, ritenuto il santo
protettore di coloro che sono stati "pizzicati" da un animale velenoso, capace di guarire per effetto
della sua grazia. La scelta del santo non è casuale poiché nel libro degli Atti degli Apostoli (At.
28:3-5) si narra come egli sia sopravvissuto al veleno di un serpente nell'isola di Malta.
Il tentativo di cristianizzazione del tarantismo non riuscì però completamente. Infatti, durante
la trance le donne tarantate esibivano dei comportamenti di natura considerata oscena, ad
esempio mimando rapporti sessuali oppure orinando sugli altari. Per questi motivi la chiesa di
San Paolo di Galatina (LE), dove i tarantati venivano condotti a bere l'acqua sacra del pozzo
della cappella, venne sconsacrata e San Paolo, da santo protettore degli avvelenati, cominciò ad
essere ricordato come il santo della sessualità.

Il fenomeno del tarantismo si è andato progressivamente estinguendo ed è sopravvissuto


esclusivamente in determinate zone del Salento. Esso era diffuso nelle province
di Lecce, Brindisi, Taranto e nel sud barese e nella provincia di Matera. Per quanto riguarda l'alto
Salento, pare che il culto di San Paolo non fosse molto diffuso, ma il tarantismo aveva conservato
maggiormente il carattere pagano. Quando la persona afflitta dal morso si riteneva guarita, si
usava fare un corteo chiamato tarantolesco: si tornava accompagnati dai musicisti sul posto dove
la persona riteneva di essere stata pizzicata e lì compiva l'ultimo ballo per quell'anno.

Il rituale
Il rituale del tarantismo coniuga alcuni elementi del paganesimo, caratteristici delle società
antiche, ad elementi della religione cattolica.

L'esorcismo inizia quando il tarantato avverte i primi sintomi del tarantismo e chiede che vengano
i musicisti a suonare la pizzica. Al suono della musica il tarantato comincia a scatenarsi in una
danza sfrenata che in questa fase del rito serve a determinare da quale tipo di taranta è stato
avvelenato (ad esempio, si distinguono la "taranta libertina", la "taranta triste e muta", la "taranta
tempestosa", la "taranta d'acqua").

La taranta poteva essere anche identificata con i serpenti o gli scorpioni. Dopo questa
fase diagnostica comincia una fase "cromatica" in cui il tarantato viene attratto dai vestiti delle
persone da cui è circondato (spesso dei fazzoletti), il cui colore dovrebbe corrispondere al colore
della taranta che ha iniettato il veleno. Tale attrazione viene manifestata a volte in modo violento
ed aggressivo. Il perimetro rituale non era solo circondato da fazzoletti colorati, ma anche da
cose richieste esclusivamente dalla persona tarantata, che potevano essere tini ricolmi d'acqua,
vasi di erbe aromatiche, funi, sedie, scale, spade e altro. Inizia quindi una fase coreutica in cui il
tarantato evidenzia dei sintomi di possessione che può essere di natura epilettoide, depressiva-
malinconica oppure pseudo-stuprosa. Durante questa fase l'ammalato si abbandona
aconvulsioni, assume delle posture particolari in cui si isola dall'ambiente circostante e può
assumere atteggiamenti con cui si identifica con la taranta stessa.

Il rituale finisce quando il tarantato calpesta simbolicamente la taranta per sottolineare la


sua guarigione dalla malattia.

Il tarantismo oggi
Istantanea di due ballerini di pizzica durante il concerto dei Taricata

La tradizione del tarantismo è in qualche modo sopravvissuta sino ai nostri giorni con la messa-
esorcismo del 29 giugno nella chiesa di San Paolo di Galatina. Tuttavia sono andati
progressivamente scomparendo i momenti di partecipazione collettiva e diminuisce sempre di più
il numero di persone che si recano alla chiesa per dare luogo al rituale. Il contesto in cui avviene
l'esorcismo del resto è radicalmente cambiato: non più la comunità contadina riunita a
condividere la stessa esperienza culturale ma solo una folla di curiosi e visitatori lontani
dall'atmosfera culturale del rito.

Negli ultimi anni ha preso piede la rappresentazione teatralizzata e rievocativa della danza delle
tarantate, da parte di alcuni gruppi musicali e associazioni culturali. Negli anni
1990 e 2000 tradizioni musicali appartenenti al genere della tarantella, in particolare la pizzica,
sono tornate alla ribalta ottenendo un grande seguito. Tale riutilizzo di antichi tratti culturali inseriti
in contesti completamente differenti e con significati profondamente mutati è un classico esempio
di "revival folklorico", fortunata definizione dell'antropologo Tullio Seppilli. Grazie a questa
riproposta culturale, il fenomeno del tarantismo ha raggiunto un vasto pubblico anche fuori dai
confini del Salento.

Poesia sul tarantismo nel Salento

 TARANTA di Salvatore Fischetti[2]


[1] Poesia nel dialetto salentino di Lizzano (Ta).

Taránta

Malincunía : tammúrru cupu cupu,


cicóra t’amaróri ntra llu cori,
nturnísciu ti sutóri, rággia ‘n cuérpu.

Tu, Lena ti “scupétta” cantatríci,


ué’ scázzichi šta chiánca e bbatti a ssuénu
la péddi ti tammúrru e nnonci štracchi.

Šta pparla lu tammúrru senza voci,


cu llu sua tunghi-tunghi, tunghi-tunghi,
‘n capu a cci teni fami ti lu gghiúštu :
“Nnu túmmunu a mmé’, nnu túmmunu a tté’, massaru Miché !
Nnu túmmunu a mmé’, nnu túmmunu a tté’, massaru Miché !
Nnu túmmunu a mmé’, nnu túmmunu a tté’, massáru Miché !…”.

Intr’alla štrata totta nzulagnáta


lu uécchi fissu ti la tarantáta
šta spetta cu lla pongi lu culóri
ti la taránta ca l’é pizzicáta.

Ttacca, viulínu, tágghia cu llu suénu,


tagghiénti comu filu ti rasúlu,
la tantazzióni e lla malincunía !
A šta carósa mia talli rifína,
falla bballá’ cu ccáccia fuécu e rrággia !

“A mmari vani tuni, a mmari vegnu…”,


a ccuddu mari ci ti tesi amóri,
a ccuddu mari ci ti feci amára ;
“ci vecu ca ti ffuéchi, mi ni tornu,
ci vecu ca ti ffuéchi, mi ni tornu”.

Ah, soli, soli ca šta ardi ‘n ciélu,


štrazza li ggiúrni ti li spini amári,
nducíšci šti sciurnáti ti chiatróri,
am piéttu a šta carósa minti priésciu !

Ci mó ti cantu, tu rispúnni a mméi,


rispúnni comu aciéddu cantatóri
ca ntra lla cággia si senti šcattári.
A ddó ti pizzicóu la tarantélla,
a ddá cu bballu e ssuénu vani tuni,
a ddó lu fumu ti cicóu li uécchi,
a ddó la fantasía si ni vulóu…

A bballa, bbédda, comu mai facíšti,


no tti ppuggiári, bballa, bballa, bballa !
Ddurmíšci la taránta tantatríci,
a ccantu e ssuénu, bballa, bballa, bballa !

Šta mbrógghia, Lena comu voli e ssapi


cuddu latuérnu ca pi edda é’ ppani ;
sona Pascáli, senti, nonci veti,
pi nna taránta nfama, traditóra,
ca li štutóu la luci ti lu soli.

Allu círchiu, nna bbotta, e allu tampágnu :


“No é’ ttaránta ca t’é pizzicáta,
cuštu é’ llu tiáulu ci ‘n capu t’á misu…
cuštu é’ llu tiáulu ci ‘n capu t’á misu”,
pi qquédda spica ca tu no ccugghjíšti,
pi ccuddu soli ca tu no vvitíšti.

“Amóri, amóri, cce mm’á fattu fari ?…” :


lu cori allécru mia mó é’ nnu scuróri,
tinía nna bbedda voci, mó é’ bbrucáta,
ticía bbeddi palóri, mó no cchiúni !
“Amóri, amóri, cce mm’á fattu fari ?
Ti quínnici-anni m’á fatta mpaccéri !”.

A bballa, bbedda, comu mai facíšti,


no tti ppuggiári, bballa, bballa, bballa !
Ddurmíšci la taránta tantatríci,
a ccantu e ssuénu, bballa, bballa, bballa !

E quannu ponni la malincunía,


quannu nnu jéntu finu comu seta
ti ccúccia ntra nnu liéttu ti rifína,
oi bbedda mia, ripígghjiti li ggiúrni !
Fešta, uttisciána, sempri allu scampíštru,
lu cori fallu bbáttiri, šciuntári !…
Ca lu sunágghiu ti nna bbona cera
scázzica si faci a rrimmuddári
quédda taránta pronta a pizzicári,
spuntánnu allu pizzúlu ti la štrata.

TARANTOLA (traduzione-guida)

Malinconia: tamburo disperato,


amarezza opprimente dentro il cuore,
turbinio di sudore, rabbia dentro.

Tu, Lena di “scupètta” cantatrice,


vuoi rimuovere questo peso e percuoti ritmicamente
la pelle del tamburo senza sosta .

Si esprime il tamburo senza voce,


con il suo tunghi-tunghi, tunghi-tunghi,
nella mente di chi ha fame di giustizia:

«Un tòmolo [di grano] a me, un tòmolo a te, massaro Michè!


Un tòmolo a me, un tòmolo a te, massaro Michè!
Un tòmolo a me, un tòmolo a te, massaro Michè!…».

Nella strada completamente assolata


l’occhio fisso della tarantata
attende che la morda il colore
della tarantola che l’ha pizzicata.
Violino, attacca, taglia con il tuo sibilo,
tagliente come filo di rasoio,
la tentazione e la malinconia!

A 'sta ragazza mia ridona pace,


falla ballar perché espella fuoco e rabbia!

«Al mare vai tu, al mare io vengo…»,


a quel mare che ti donò l'amore,
a quel mare che ti rese infelice;
«Se vedo che anneghi, me ne torno,
se vedo che anneghi, me ne torno».

Ah, sole, sole che ardi nel cielo,


squarta i giorni delle spine amare,
mìtiga queste giornate di ghiaccio,
nel petto di questa ragazza metti gioia!

Se ora io ti canto, tu rispondi a me,


rispondi come uccello cantatore
che nella gabbia si sente morire.

Dove ti morsicò la tarantola,


là con ballo e suono rècati,
laddove il fumo ti accecò gli occhi,
dove la fantasia prese il volo…

Balla, mia bella, come mai facesti,


non ti fermare, balla, balla, balla!
Addormenta la tarantola tentatrice,
al canto e al ritmo, balla, balla, balla!

Intona, Lena, come vuole e sa fare,


l'antico lamento che per lei è pane;
suona, Pasquale [il cieco suonatore], sente, ma non vede,
a causa di una “tarantola” infame, traditrice,
che lo privò della luce del sole.

Al cerchio, un colpo, e al coperchio:


«Non è la tarantola che ti ha morso,
questo è il demonio che ti sei messo in testa…
questo è il demonio che ti sei messo in testa»,
per una spiga che tu non cogliesti,
per quel sole che tu non vedesti.

«Amore, amore, che mi hai fatto fare?…»:


il cuore allegro mio ora è malinconico,
avevo una bella voce, adesso è rauca,
dicevo dolci parole, ora non più!
«Amore, amore, che mi hai fatto fare?
A quindici anni mi hai fatta impazzire!».

Balla, mia bella, come mai facesti,


non ti fermare, balla, balla, balla!
Addormenta la tarantola tentatrice,
al canto e al ritmo della musica, balla, balla, balla!

E quando tramonta la malinconia,


quando un vento fine come seta
ti protegge nel suo giaciglio di pace,
o bella mia, riappropriati dei giorni!
Nei dì di festa e in quelli feriali, sempre liberamente,
il cuore fallo battere, esplodere!…
Ché il sonaglio del buon aspetto
si tramuta in musica che stordisce
e annulla quella tarantola sempre pronta a rimordere,
spuntando all’angolo della strada.

Note

1. ^ a b Gianluca Di Sario; Luca Lodi. Ragni velenosi del Salento e Danze di guarigione. URL consultato il

12-05-2010.

2. ^ Cfr. Salvatore Fischetti, Scardi (Versi in vernacolo lizzanese), presentazione di Rosario Jurlaro,

disegni di Giovanni Pisconti, Fasano di Puglia, Schena editore, 1982, pp. 100, con 11 foto in b/n e

glossario alle pagine 87-97.

Voci correlate

 Pizzica
 Tarantella
 Il ragno nel folklore e nella mitologia
 Ballo di San Vito
 Morsicatura di ragno

Bibliografia

 Ernesto De Martino, Sud e Magia, Feltrinelli, Milano, 1959


 G.L. Di Mitri, Orfani di Orfeo, in G. LAPASSADE, Intervista sul tarantismo, Maglie, Le
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 G.L. Di Mitri, La terra del rimosso. Tarantismo e medicina nell’area galatinese in età
moderna in “Bollettino Storico di Terra d’Otranto”, 5, 1995, pp. 221-229
 G.L. Di Mitri, Le radici orfiche e l’innesto paolino sul tronco del tarantismo. Ipotesi e indizi
per un’archeologia del sapere in PAONE M. (ed.), Scritti di storia pugliese in onore di
Feliciano Argentina, 2 voll. (I), Galatina, Editrice Salentina, 1996, pp. 9-28
 G.L. Di Mitri, Un inedito di Swedenborg sul tarantismo da Vallerius in “Bollettino Storico di
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 G.L. Di Mitri, Una applicazione settecentesca della musicoterapia in campo psichiatrico: il
‘ragionamento’ di Luigi Desbout (1780), in «History and Philosophy of the Life Sciences»,
19, 1997, pp. 237-256
 G.L. Di Mitri, Eros e il ragno di Senofonte, in “Il Titano”, suppl. a “Il Galatino”, Galatina 27
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 G.L. Di Mitri, Il caso clinico di Settimia Tedeschi in “Nuova Civiltà delle Macchine”, XVI, n°
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 George Mora, Il male pugliese. Etnopsichiatria storica del tarantismo, Besa Editrice,
Nardò, 1998 ISBN 88-497-0030-X
 G.L. Di Mitri, Il bacio dell’uomo-ragno. Nuovi contributi per una decifrazione del
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 G.L. Di Mitri, Mitografia, danza e dramma sacramentale alle origini del
tarantismo Quarant’anni dopo de Martino. Il tarantismo, Atti del Convegno Internazionale di
Studi (Galatina 24-25 ottobre 1998), 2 voll. (I), Nardò, Besa Editrice, 2000, I, pp. 69-99
 L. Chiriatti, M. Nocera - Immagini del tarantismo - Galatina:il luogo del culto , Capone
Editore - Lecce, 2002 ISBN 8883490428
 Ernesto De Martino, La terra del rimorso, Il Saggiatore, Milano, 2002 ISBN 51520282002
 Gino L. Di Mitri, "Storia Biomedica del Tarantismo nel XVIII Secolo" - Leo S. Olschki
Editore - Firenze, 2006 ISBN 978-88-222-5508-2
 Brizio Montinaro, "Salento povero" - Longo Editore - Ravenna, 1977
 Brizio Montinaro, "Danzare col ragno" - Argo - Lecce 2007

Collegamenti esterni

 Cronologia essenziale degli studi sul tarantismo


 Aracnofilia.org Ricerche del Professor Giorgio Di Lecce sulla storia del tarantismo
 Anura.it Tarantola e Malmignatta: storia di un equivoco
 Pizzica - Raccolta di canti popolari
 [2] Esibizione di danza liturgica da parte di Marta Abatematteo sulla "Tarantata" del
Canzoniere Popolare Grottagliese
 [3] Registrazione Ambientale del 29/06/1976 di alcune tarantate mentre sono intente a
chiedere la grazia a san Paolo di Galatina

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