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L’ INTELLIGENZA DEL GIOCO: ALLA GENUINA SCOPERTA DEL MONDO

Pensiero primario= si tratta di un modo della mente di svolgere operazioni ludiche, immaginative che in età
adulta potrebbe trovare una sua legittimità espressiva. Una volta adulto sviluppa un pensiero secondario, e
non possono coesistere.

Il gioco infantile costituisce il fondamento dell’agire esplorativo e formativo del bambino che sperimenta
oggetti concreti e raziali dell’ambiente esterno.

Durante la libera manifestazione degli stati emotivo-effettivi auspica in alcune fasi della ricerca-azione è
sollecitata dall’emersione degli STATI IMMAGINATIVI mediante rappresentazioni cognitive del livello logico
delle fasi primarie del gioco (prime fasi di Piaget).

Attività LUDIFORME= attività immaginativa in grado di mantenere vive molte caratteristiche primarie della
mente infantile.

La riflessione pedagogica sulla condotta ludica strumento cognitivo-esplorativo ha bisogno di individuare


alcuni punti di riferimento che se da una parte consentono di differenziarla da altre esperienze dall’ altra
permettono di ricollegarla a un discorso più ampio. L’attività ludica è sempre stata accostata a temi come
l’intelligenza speculativa e la produzione culturale essendo considerata funzionale all’acquisizione di
scoperte ambientali e alla costruzione di competenze. In ambito etologico numerose ricerche hanno
confermato che l’esperienza ludica rappresenta un elemento essenziale del processo di sviluppo. Esiste un
legame molto stretto tra lo spazio legato al gioco e la capacità di apprendere. Uno studio condotto da
Bloom rileva che il talento ha sempre inizio con una prima fase in cui il carattere giocoso dell’esperienza
tende a prevalere seguito da una seconda fase di studio serio e accurato proiettato alla conquista della
competenza in una terza fase la componente ludica e creativa riaffiora accanto a quella tecnica. Il senso
generale del gioco è dunque polisemico denso di plurali e differenti significati, il gioco rimane però un
fenomeno indefinibile fino a che non sia esplicitamente contestualizzato spazio temporale e non sia
deliberatamente osservato da una specifica angolazione paradigmatico. Nel gioco si possono riscontrare
elementi di ritualizzazione in grado di connotare le basi di una vita adulta adeguatamente socializzata e
istituzionalizzata: il rituale è un mezzo con cui apprendere modelli interpretativi della cultura
d’appartenenza.

PARAGRAFO: l’intelligenza del gioco alla genuina scoperta del mondo. La parola intelligenza non è per caso
messa tra virgolette. Questo gioco ha una sua intelligenza, è IL gioco e ha una sua intelligenza, ha una sua
movenza intrinsecamente intellettiva che predispone di solito chi esercita il gioco e mette in atto processi
cognitivi articolati. L’intelligenza del gioco è l’introduzione alla possibilità dalla parte di chi svolge attività
ludiche di scoprire il mondo genuino; quindi, attraverso il gioco ci sarebbe la possibilità di interagire con il
mondo, che non è necessariamente esterno, ma anche interno. Quindi con il gioco vi è la possibilità dio
scoprire il mondo interno o esterno che sia. Con il termine di genuino si intende qualcosa di sano, senza
additivi, autentico, vero, naturale, che non ha eguali, non è stato modificato o alterato o reso artificiale. Il
pensiero scientifico agisce euristicamente per scoperta. Il termine scoprire deriva da coprire, significa
togliere la copertura come svelare vuol dire togliere il velo. Quindi con scoprire si intende mettere in luce
quello che inizialmente non appare e non è manifesto, evidente. Nel momento in cui c’è lo svelamento e la
scoperta c’è un togliere la corazza protettiva che rende apparente l’oggetto e lo rende veritiero. Noi siamo
abituati alla facile ipocrites: cioè ipocriti. L’attore di teatro ai tempi metteva una maschera che rendeva
diverso il suo essere agli occhi degli interlocutori e del pubblico quando si trattava cdi una rappresentazione
teatrale. Quindi scoprire significa andare al di là delle apparenze e andare a caccia della verità. Il gioco
infantile costituisce le fondamenta dell’agire esplorativo e formativo del bambino, che in modo attivo
sperimenta gli oggetti concreti e relazionali dell’ambiente esterno. Oltre alla scoperta del mondo l’attività
ludica consente al piccolo (si parla quindi di un bambino che gioca) di indagare sulla natura oggettuale e
processuale delle sue esperienze cognitive, relazionali e di verificarne la fattualità operativa, funzionale e
adattativa. Il gioco infantile costituisce le fondamenta dell’agire esplorativo e formativo del bambino, che in
modo attivo sperimenta gli oggetti concreti e relazionali dell’ambiente esterno SPIEGAZIONE: Il gioco
infantile: senza il gioco il bambino non può svilupparsi, il gioco è uno strumento evolutivo fondante
l’esistenza stessa dell’umanità. Costituisce le fondamenta dell’agire esplorativo. I più importanti istinti
infantili secondo Dewey, è convinto che il bambino piccolo deve soddisfare 4 istinti base, che sono: 1)
istinto sociale 2) istinto dell’indagine: che sarebbe l’istinto esplorativo di cui stiamo parlando 3) istinto
creativo espressivo 4) istinto …. ISTINTO ESPLORATIVO: non c’è bambino che non sia curioso, che non voglia
conoscere il mondo, che non voglia scrutare concetti meno evidenti e meno chiari alla sua vista e alla sua
mente. quindi fa di tutto per agire in termini esplorativi e lo fa indagando sul mondo. È un piccolo
ricercatore, ed è un ricercatore che ha molte caratteristiche del vero ricercatore scientifico perché non solo
si chiede, ma agisce sul campo concretamente nel tentativo di verificare cosa esiste al di la di ciò che la sua
mente non riesce a cogliere, affinché possa coglierla e per poterla cogliere deve muoversi, deve mettersi in
azione, deve agire in qualche modo e agisce in modo concreto, fattuale. E questo agire esplorativo ha una
forza potentemente formativa. Ma che cosa si intende con formare? Formare: è un concetto ben diverso
della semplice educazione. Educazione deriva da ‘ex ducere’ che vuol dire tirare fuori ciò che è presente
nella struttura mentale del soggetto verso cui si agisce educazionalmente, è una sorta di maieutica
socratica. La formazione è qualcosa di più. L’azione educativa tocca le corde profonde della struttura
psicosomatica del discente al punto di trasformarne l’ossatura. Quindi il processo formativo è trasformativo
e metamorfico: ne trasforma le caratteristiche formali, essenziali. Per esempio, dopo una lezione dal
carattere formativo se ne esce diversi, quindi l’io discente iniziale sarà diverso in seguito a un
destrutturante e ristrutturante processo formativo. La formazione è trasformazione dell’intera struttura di
personalità del soggetto in fase di apprendimento, e non è un apprendimento meccanico, ma un
apprendimento Batesoniano (Gregory Bateson parla di diversi tipi di apprendimento e parla in modo
specifico del deutero apprendimento, che è un apprendimento che è qualcosa di più e di diverso del
semplice apprendimento meccanico, è invece un apprendimento significativo, è una serie di informazioni
formative, trasforma profondamente l’animo ma anche la struttura corporea del soggetto che apprende.
Quindi il processo formativo è trasformazione: non si è più uguali a quelli che si era prima dell’avvento del
processo formativo. Il gioco ha questo potere trasformativo, è un modo per fare indagine, per conoscere il
mondo ed è un modo per rivoluzionare il proprio ‘modus vivendi’. Quindi il bambino in modo attivo, infatti
non è passivo e subisce il gioco. È un’azione e qualcosa che il bambino mette in atto autonomamente,
sollecitato da un interesse vibrante che lo muove dalla testa ai piedi e in questo modo sperimenti gli oggetti
concreti e relazionali. Non sono quindi fenomeni astratti, parole che toccano la sfera intellettuale,
relazionale dell’essere, ma c’è un interagire materico con la realtà dei fenomeni circostanziali. Quello che è
intorno al bambino è oggetto di attiva manipolazione della sua mente e del suo corpo. Quindi c’è un’azione
sperimentale con gli oggetti che entrano in relazione transattiva con il suo ego: cioè l’ego viene trasformato
da un’esperienza confusivo con l’oggetto ludico. TRANSAZIONE: concetto che viene sviluppato da Dewey
nel 1949 nel testo conoscenza e transazione. È un testo rivoluzionario nonostante l’età avanzata dell’autore
(Dewey), nonostante ciò, ha una mente ancora vivace e scrive questo testo rivoluzionario rispetto al suo
precedente pensiero. Voleva che fosse fondamentale del processo di conoscenza il processo interattivo,
invece ora il processo diventa transattivo. La differenza tra il concetto di interazione e il concetto di
transazione è che l’interazione mantiene distinti i 2 elementi della conoscenza: l’io conoscente e l’oggetto
cognitivo, che rimangono ognuno ‘al proprio postò . invece la transazione comporta il processo transattivo,
confusivo tra la mente conoscente e l’oggetto della conoscenza, infatti alla fine di questo processo non si
può osservare una reale distinzione tra i 2 fenomeni, la conoscenza infatti si fa unitaria e fusiva, per cui
l’oggetto conoscente e l’oggetto cognitivo diventano una cosa unica, una unica realtà, allo stesso modo il
bambino diventa il cavallo che pensa di essere, pensando di essere un cavallo diventa realmente un cavallo,
non rimane distinto dalla sua mente il simbolo del cavallo, il cavallo simbolo si fa fusivo con la sua mente
che visualizza, rappresenta, l’immagine di un cavallo. Non è più una sola immagine ma è una
trasformazione dell’io cognitivo del bambino nell’io immaginifico del cavallo. È una rappresentazione che si
fa vera, il bambino diventa cavallo realmente, in quel momento è cavallo e si deve fare una distinzione tra
normalità psichica e psicopatologia, se si pensa di essere un cavallo e sono pienamente convinto 24/24 h e
non riesco a uscire da questo ruolo autorappresentato, in quel caso vi può essere un problema psichico o
psichiatrico. Se invece sono consapevole (come fa l’attore) che sto ‘indossando’ dei panni attoriali e sto
immaginando un'altra cosa da se, un qualcos’altro diverso da se, si sta semplicemente ‘giocando’ al cavallo,
o a qualcos’altro, detto anche ‘gioco di finzione’ o ‘gioco simbolico’ del bambino. Il bambino si fa cavallo e
in quel momento è realmente tale, c’è una transazione tra la sua immagine e l’immagine reale del cavallo,
che si realizza attraverso la sua azione ludica. Oltre alla scoperta del mondo l’attività ludica consente al
piccolo di indagare sulla natura oggettuale e processuale delle sue esperienze cognitive, relazionali e di
verificarne la fattualità operativa, funzionale e adattativa. SPIEGAZIONE: non c’è solo una scoperta del
mondo esterno, ma c’è un indagare all’interno della propria dimensione cognitiva e relazionale. Il bambino
deve sviluppare l’istinto sociale e attraverso il gioco, socializza, è un tipo di gioco cooperativo, che avviene
attraverso operazioni di gruppo, possono essere 2 o + bambini ma riuscirà comunque a cooperare con gli
altri. Così facendo si accorta su alcuni parametri necessari per sviluppare una certa attività ludica. Il gioco
deve essere inteso come processualità, è un processo (=procede: andare avanti). Il bambino attraverso il
gioco verifica la fattualità cooperativa, verifica se il gioco è operabile, processabile, se si può effettivamente
svolgere, se è operativo, funzionale e adattativo. Operativo: se si può fare, io posso essere un cavallo? Si lo
so sono, nel momento in cui inizio a galoppare lo sono, portando sulle spalle un amico Funzionale: deve
funzionare, deve essere un gioco che ha un senso e che funziona. Adattiva: funzione principale, il bambino
che gioca meno o che addirittura non giocano hanno dei gravi ritardi dello sviluppo. Quindi il bambino per
svilupparsi e adattarsi ai cambiamenti della vita deve giocare. Infatti, non esiste un ambiente che negli anni
rimane sempre uguale. L’unica realtà che non è mai destinata a cambiare è il cambiamento. Per il resto
tutto cambia, si modifica. Ma, nonostante ciò, il cervello è perfettamente adattabile soprattutto nell’età
compresa tra i 2 e i 7 anni di vita, sì le strutture neurali del cervello, soprattutto quelle neo-sinaptiche, sono
sempre sottoposte al cambiamento e mutazione, ma mai come in questa fascia di età. Il cervello è in
trasformazione continua. I principali apprendimenti avvengono tra i 2-3, 7-8 anni di età, quindi, bisogna
fare attenzione quindi si è a contatto con bambini di questa età, bisogna tenere assolutamente conto delle
proprietà del cervello in questa età perché poi una volta che sono stati fatti certi apprendimenti è difficile
che essi possano trasformarsi profondamente nel corso restante della vita, il compito dell’educatore nei
confronti di bambini di questa età è estremamente delicato. Il bambino avendo questo enorme potenziale
si adatta ai mutamenti e il gioco è uno strumento essenziale per affrontare le difficoltà che normalmente
comporta il cambiamento e le mutazioni che avvengono durante il corso della vita, cambiamenti che
possono esterni o interni. Possono essere cambiamenti relazionali, organici, fisiologici, genitoriali,
famigliari, scolastici, sociali, culturali, ecc i cambiamenti si possono avere a qualsiasi livello. Il bambino
attraverso la plasticità dell’esperienza ludica riesce a adattarsi ai cambiamenti non subendo particolari
colpi/traumi/problemi. Quanto + è propenso a giocare tanto + questo processo gli sarà utile e funzionale
per il suo benessere adattivo. La purezza della mente infantile è ancora poco o per niente contaminata
dalle convenzioni socioculturali dell’ambiente vitale del piccolo e poco distratta dagli stereotipi culturali e
popolari, consente al bambino di indagare la realtà oggettuale in modo genuino e autentico con un fare
potenzialmente ludico. SPIEGAZIONE Purezza infantile: si rifà alla genuità, non contaminata. La mente del
bambino è ancora pura, purtroppo gli adulti la contaminano con sostante nocive, involontariamente, per a
nostra volta, educazione ricevuta. È una sorta di catena del passaggio di purità da una generazione all’altra,
che è difficile da interrompere. La mente del bambino è contaminata, ma da che cosa?? E in che modo??
Ad esempio, una mamma che sta insegnando al bambino che il fuoco lo può accedere solo il papà, così
facendo si inculca uno stereotipo nella mente del bambino, sono convenzioni socioculturali. (Convenzione:
convenire, venire incontro) che sono verbalizzate da un contesto comunitario, c’è un accordo implicito. Le
convenzioni sono utili perché permettono di capire subito quello che intendo dire con un gesto, è come se
fosse una sintesi informativa che preclude una precedente conoscenza. Come i famosi acronimi ‘bn’ cm’
‘nn’ ‘dsa’ ‘puf’ che aiutano a livello linguistico gli esperti di una medesima area di conoscenza, senza dire
‘bisogni educativi speciali’ si può sintetizzare con ‘bes’ e tutti capiscono a cosa ci si riferisce. Le convenzioni
si aiutano e sono delle grandi sintesi che accordano le persone interagendo, però allo stesso tempo
compromettono certe forze genuine che sono naturali, spontanee compromettendone l’espressività. antico
cinese sostiene che il bambino guarda le cose tutto il giorno senza essere strabico e sgranare gli occhi. Ciò
avviene perché i suoi occhi non si focalizzano su nessun oggetto in particolare, egli va senza sapere dove sta
andando e si ferma sapere quel che sta facendo, egli si immerge in quanto gli circonda e va insieme con
esso. Questi sono i principi dell’igiene mentale il bambino guarda le cose tutto il giorno senza essere
strabico e sgranare gli occhi SPIEGAZIONE: il bambino guarda le cose con occhi limpidi, aperti sul mondo,
l’occhio è il testimone dell’anima. Questo avviene perché ha una visione multifocalizzata nei confronti della
realtà progettuale del mondo, ha un’attenzione multifocale: orientata contemporaneamente in tutti i punti
possibili dello spazio che è intorno a lui, non è monofocalizzato (devo studiare, devo studiare, devo studiare
 focalizzazione di tipo ossessivo) c’è un’ossessività che indirizza in un'unica direzione l’attenzione. bisogna
fare quindi come i bambini: non dirigere l’attenzione verso nessun punto focale ma liberarla. I bambini
appaiono distratti, ignoranti, ma non sono assolutamente niente di questo,sono esattamente il contrario,
semplicemente parlano e si esprimono con un linguaggio completamente diverso rispetto al nostro modo
di vedere le cose e di esprimersi. Se noi ascoltassimo ciò che ci dice …. Rispetto ai bambini non saremmo
soli nei confronti della realtà dei bambini e potremmo ascoltarli così come dovrebbero essere ascoltati
immergendosi nel loro mondo personale e sapremmo comunicare direttamente con loro perché saremmo
capaci di usare un linguaggio autentico e diretto ma soprattutto se si parla con un bambino che abbia
compiuto 8 giorni di vita il bambino sarà in grado di capire perfettamente ciò che gli stiamo dicendo. Ma
noi siamo ipocriti nei confronti di noi stessi, non sappiamo più neanche quello che sentiamo e quello che
vorremmo trasmettere nell’ambiente esterno e dire onestamente al bambino perché ci lasciamo
condizionare dal mondo esterno. Dovremmo veramente fare come il bambino e non focalizzare
l’attenzione su un punto preciso. Realtà sensoriale a 360° e questo consente una visione allargata dei
fenomeni vitali che non sono più ristretti a un campo di coscienza limitato ma sono estesi a una moltitudine
di potenzialità fantacognitive. Il bambino gioca sempre, anche quando soddisfa i suoi bisogni come
mangiare (un boccone a me uno a te, uno a me uno a te). Tutto quello che il bambino fa sarebbe ludico se
non ci fosse l’intromissione del genitore. Ma se il bambino è lasciato libero di agire spontaneamente tutto
quello che fa viene trasformato in gioco. Egli va senza sapere dove sta andando: la sua azione è autotelica,
si dirige dove sente di doversi recare in quel momento, senza una programmazione direzionale. Non sa
dove deve andare, semplicemente va dove lo porta il cuore E si ferma senza sapere quello che sta facendo:
si ferma: promotore della pratica dello stopping: qualsiasi cosa si stia facendo nel momento attuale ci si
deve fermare. Agiamo per automatismi sociali, per convenzioni, stereotipi, invece il fatto di bloccarci
indurrebbe la mente su quello che stavamo facendo. Quando ci dicono STOP i pensieri di fermano, il corpo
si ferma, l’attività sensoriale viene bloccata e possiamo riflettere su noi stessi, quindi auto riflettere per
renderli conto di quello che stavamo facendo e rendendoci conto che spesso stavamo agendo in modo
abitudinario e automatico. Mentre il bambino si ferma facendo stopping senza che nessuno glielo abbia
insegnato e senza sapere quello che sta facendo. Fa qualcosa che non sa di saperlo fare, perché c’è una
consapevolezza inconscia e profonda nel bambino Molti artisti contemporanei si ispirano attraverso
all’opera spontanea grafico artistica del bambino. Per es Picasso + volte avrebbe confessato che si ispirava
al mondo infantile per tornare a disegnare ‘come un bambino’ perché già a 8 anni disegnava come
Raffaello, infatti nei disegni che faceva da molto piccolo sono sorprendentemente molto evoluti, maturi.
Quindi ha dovuto modificare la sua logica artistica e rifarsi a quella tipica della mente infantile. Il bambino si
immerge in quanto gli circonda e non fa ‘le cose a metà’. Non si sta facendo altro ma si è immersi
completamente a ciò che si sta facendo ‘qui e ora’. Se fossimo nella mente dei bambini saremmo
veramente qui, senza sapere chi siamo, cosa facciamo, dove stiamo andando e perché lo stiamo facendo.
Semplicemente si fa automaticamente, si autoproduce, si produce un’esperienza autopoietica, (poiesi: far
liberare) siamo i costruttori della nostra esistenza. Questi sono i principi dell’igiene mentale: igiene non è
solo fisica come pulirsi, ma è anche mentale, la purezza, per creare uno stato di igiene mentale
bisognerebbe depurarsi mentalmente e alcuni autori hanno scritto a tale proposito sostenendo che
bisognerebbe eliminare gli stereotipi scolastici perché altrimenti ci condizionerebbero per tutto il resto
della vita. Per depurare l’igiene mentale è necessaria una ‘escoriazione’, non fisica ma psicologica,
eliminare quindi i condizionamenti. Sono concetti che vengono assemblati nel concetto freudiano del
SUPER-IO: scorza che si va ad accumulare sopra intorno all’istanza dell’ego/all’io. Per liberarci dovremo
liberarci dai condizionamenti che la società educante ha in qualche modo immesso nelle nostre menti fin
da piccoli. I bambini se sono sani sono tutti vibranti, vibranti di gioia, di socialità, di gioco. Non solo i
bambini si trovano in questa condizione esplorativa in modo del tutto naturale, ma in certi casi anche
l’adulto ci si trova tornando ad uno stato mentale di purezza e spensieratezza. Com’è possibile regredire al
bambinello che è ancora in noi? Quali sono le tecniche per addentrarci in questa dimensione ludica?
DIVERTIMENTO: se ci si diverte si è sulla scia della patologia, se proviamo piacere invece vi è una condizione
invece di benessere. Il divertimento deriva dal concetto di ‘perdere, è un allontanamento da noi stessi, è un
modo di allontanare e compensare le nostre problematiche interiori come può succedere con droghe,
sostanze chimiche, alcoliche provenienti dall’esterno che altera se stessi. Divertere è ben diverso da
provare piacere. I bambini infatti non si divertono ma provano piacere. E se volessimo continuare a giocare
come facevamo da bambini dovremmo uscire dal concetto di divertimento e continuare a rimanere
nell’esperienza del piacere. L’adulto facendo questo riesce a ritrovare il ‘bambino dimenticato’ che
nonostante fosse dimenticato, è eterno ed è una realtà vivente e vibrante che continua a esistere dentro di
ognuno di noi. Tornare a questo bambinello significa ritornare al piacere di essere. Nisargadatta Maharaj
scrisse ‘io sono quello’ . quello è un indeterminativo neutro, quello che sono. Quindi l’essere non è mai
specificabile in un essere specifico. L’essere è e non può essere qualcos’altro rispetto a quello che è,
Nietzsche invece diceva che in bisognava diventare ciò che si è. I bambini quando giocano sono seri a
differenza degli adulti che non lo sono quasi mai perché ‘svogliati’ , mentre i bambini talmente coinvolti e
credono veramente in quello che stanno facendo che sono totalmente seri e molto di più di quanto lo
possa essere un avvocato o un professore. Gli adulti sono poco seri perché sono decentrati’ fuori da se’ al
contrario dei bambini che sono molto concentrati. → Maria Montessori scrive ‘ il bambino è il maestro’ . i
bambini fanno e imparano da soli, sempre con la supervisione dell’adulto, ma imparano facendo da loro
stessi. Essendo che l’adulto non crede in questo concetto e per questo l’adulto tende sempre a intervenire
infastidendo l’attività ludica naturale del bambino, interrompendo sempre il gioco, anche quando sta
facendo ‘cose serie’ il bambino viene interrotto perché l’adulto non comprende la serietà di quello che sta
facendo il bambino. Il bambino è sempre serio, anche quando gioca. Il LUDICO e il SERIO vanno di pari
passo, ma noi adulti abbiamo una visione dualista di questi 2 concetti e realtà e non riusciamo e possiamo
tenerli assieme: quando lavoriamo non giochiamo e quando giochiamo non lavoriamo. Siamo liberi di
scegliere per esempio il lavoro e solitamente si sceglie tocca maggiormente e che ci piace. Per cui siamo
maggiormente predisposti a scegliere il piacere, facciamo quello che ci possa rendere felici. I più depressi
sono coloro che ricercano la felicità attraverso il divertimento I bambini non hanno bisogno di tutto questo
perché non sanno cosa stanno facendo e non sanno dove stanno andando, ma soprattutto a loro interessa
perché lo fanno. È autodeterminativo perché sa benissimo quello che fa e quello che intende fare ma ‘lo sa
senza saperlo’ non sono consapevoli È una pedagogia del ‘non fare’ lasciar fare le cose, è un educare
montessoriano, il bambino sa perfettamente quello che sta facendo e quello verso cui sta andando.
Dobbiamo solo saperlo osservare eventualmente aiutarlo, ma non dobbiamo mai intrometterci e metterci
al posto del bambino. DESIDERIO: i sogni sono desideri. De-siderio. De: nominativo siderio: mondo
celestiale. È fallimento nei confronti dell’avvicinamento del mondo stellare, è una perdita della stella. È
qualcosa che manca (stella) che si vorrebbe toccare. Il desiderare, quindi, è colmare una mancanza. Se ci
sono mancanze abbiamo desideri, se invece non abbiamo desideri è perché o si è depressi o perché
soddisfatti e non abbiamo mancanze, quindi chi desidera molto è un eterno insoddisfatto. I bambini sono
mai desiderosi perché mentre giocano si stanno auto soddisfacendo, quindi sono già pieni per quello che
fanno. Assimilabile l’atteggiamento ludico tipico del bambino dovrebbe essere quello del ricercatore
scientifico, soprattutto in alcuni ambiti della ricerca, come quando è strutturata secondo un dispositivo
metodologico, si può fare il caso della necessaria riabilitazione delle primarie fasi del gioco quali condizioni
determinante il modello di ricercazione. RICERCAZIONE: modello di ricerca studiato oggi in campo
pedagogico educativo per cui è necessario un certo atteggiamento mentale del ricercatore docente. È un
metodo di ricerca usato frequentante nei contesti di classe dal docente che si fa ricercatore o
accompagnato da un pedagogista ricercatore, ma spesso le 2 figure coincidono. Per svolgere questo
metodo di ricerca in classe bisogna sapersi spogliare di quelle caratteristiche di adultità e tornare bambini,
a quando si vivevano le primarie fasi del gioco, tornare a essere spogli da qualsiasi condizionamento vissuto
e percorso dalla propria vita adulta e adolescente e sprizzare invece di purezza e ingenuità. Per fare
ricercazione bisogna mettere insieme e creare ina sinergia tra le teorie e la pratica e creare un’educazione
laboratoriale. Il laboratorio così com’è inteso da Dewey, la conoscenza si scopre grazie all’esperienza diretta
del progetto cognitivo, non avviene attraverso l’elaborazione di concetti astratti, metafisici, ma al contrario
‘facendo si impara’. E così dovremmo fare anche quando svolgiamo operazioni di ricercazione.

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