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PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO


Giacomo ZAMPELLA

La psicologia dello sviluppo è una disciplina scientifica interessata al


comportamento durante tutte le fasi della vita. Essa studia i cambiamenti che si verificano
nel comportamento e nelle funzioni psicologiche degli esseri umani, in funzione del
tempo e i processi che causano questi cambiamenti. Il concetto principale intorno al quale
ruotano le ricerche e le elaborazioni teoriche è legato alla parola sviluppo, il termine fa
riferimento alla dimensione qualitativa del cambiamento che porta a una crescente
complessità del sistema vivente attraverso processi di sempre maggiore differenziazione
e organizzazione.

Le principali teorie all’interno della psicologia dello sviluppo


È l’ambiente, ovvero l’esperienza, a determinare lo sviluppo? Oppure la
personalità, i tratti che si distinguono, sono plasmati principalmente da forze biologiche?
In ambito psicologico le spiegazioni deterministiche si sono riversate in due poli opposti:
da una parte la causa del comportamento e dello sviluppo è stata ricercata nell’ambiente
e dall’altra nei fattori biologici. I due orientamenti che hanno contribuito al diffondersi di
tali modelli sono state da una parte il comportamentismo e dall’altra la psicoanalisi con
una visione deterministica uni causale e lineare del comportamento umano. Le ricerche
in campo evolutivo hanno permesso una conoscenza maggiore dei bisogni delle persone
in età evolutiva e l’obiettivo è quello di contribuire al benessere e al rispetto del bambino.
La psicologia dello sviluppo affonda le sue origini nella psicologia dell’età evolutiva,
ossia nello studio scientifico dello sviluppo dalla nascita fino all’adolescenza, ma al suo
interno confluiscono anche lo studio dei fenomeni e dei cambiamenti che avvengono
durante l’età adulta fino ai processi di invecchiamento.
In questa sede saranno presentate le tradizionali e grandiose teorie dello
sviluppo, che ancora oggi rappresentano un punto di partenza ed uno stimolo per la
ricerca scientifica.

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TEORIA DEGLI STADI COGNITIVI DI PIAGET
La teoria di Jean Piaget resta, ad oggi, ancora una delle teorie dello sviluppo
cognitivo più ampiamente conosciute. La sua influenza si è diffusa in tutte le aree della
psicologia e anche in altre discipline, come l’educazione e la filosofia. Il suo pensiero,
rivoluzionario per l’epoca, è riconducibile alla concezione “strutturalista” in base alla
quale le persone “costruiscono” le conoscenze, nel senso che prendono parte attiva al
processo del conoscere e contribuiscono anche alla forma che prende la conoscenza.

Approccio stadiale
Forse l’innovazione maggiore apportata dall’elaborazione teorica dell’autore è
proprio l’idea che lo sviluppo cognitivo passa attraverso una serie di stadi. Lo stadio è
un periodo di tempo in cui il pensiero e il comportamento del bambino in una varietà
di situazioni riflettono un tipo particolare di struttura mentale. La teoria stadiale di
Piaget possiede alcune caratteristiche salienti:
1. Uno STADIO è una totalità strutturata in uno stato di equilibrio. Gli
schemi o le operazioni dello stadio formano una totalità organizzata di pensiero e
comportamento. Il passaggio da uno stadio ad un altro comporta cambiamenti
qualitativi (più che quantitativi) della struttura.
2. Ogni stadio deriva dallo stadio precedente, lo incorpora e lo trasforma.
Quindi quando il bambino arriva ad uno stadio successivo non dispone più di
quello precedente.
3. Gli stadi seguono una sequenza invariante. Nessuno stadio può essere
saltato, la sequenza è obbligatoria.
4. Gli stadi sono universali. Essi valgono per tutti gli uomini
universalmente anche se il tempo del divenire degli stadi varia da individuo a
individuo.
5. Ciascuno stadio include una preparazione ad essere un essere e un
essere vero e proprio. All’inizio lo stadio è instabile

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Descrizione degli stadi
Ogni stadio eredita i frutti dello stadio precedente e contiene i semi per quello
successivo.
1. Periodo sensomotorio (0-24 mesi): conoscenza ottenuta dal
bambino tramite le operazioni fisiche esercitate sul mondo.
Il bambino ha innata la configurazione fisica consistente in una serie di
riflessi per acquisire la conoscenza del mondo, non conosce niente del mondo, ma
in lui c’è la potenzialità di conoscere ogni cosa. Il bambino apprende i concetti di
“categorie a priori”: spazio, tempo, causa, oggetto che secondo Kant danno forma
all’esperienza, concetti quindi che non sono innati.
Piaget a questo riguardo non era soddisfatto né della visione empirista né di quella
innatista.
Stadio 1 – Modificazione dei Riflessi (0-1 mese). Per Piaget i bambini alla nascita
sono in possesso solo dei riflessi che vengono esercitati secondo degli schemi (sequenza
organizzata di operazioni). I riflessi sono risposte fisse attivate da muscoli particolari.
Dopo essere stati stimolati molte volte, cominceranno a modificarsi ed a perfezionarsi
conformandosi meglio agli stimoli permettendo anche una maggiore discriminazione
degli oggetti. I riflessi sono autoalimentati dalle abilità del bambino che esercita i propri
schemi (p.e. succhiare) ad una gamma svariata di oggetti rafforzando, generalizzando e
differenziando comportamenti.
Gli schemi sono di tipo riflesso o volontario: il bambino che succhia il seno della
madre opera uno schema riflesso mentre quello che succhia un oggetto per “conoscerlo”
opera uno schema di tipo volontario.
Tipico del bambino di questa età è di operare secondo una modalità circolare.
Modalità circolare: azione che provoca piacere che a sua volta provoca l’azione.
Piaget ne identifica 3 tipi:
1 – modalità circolare primaria: esercitata sul proprio corpo
2 – modalità circolare secondaria: esercitata su oggetti esterni al corpo
3 – modalità circolare terziaria: combinazioni di schemi con intensità viariata non
a caso
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Stadio 2 – Reazioni Circolari Primarie (1-4 mesi). Il bambino opera diverse
operazioni circolari primarie (su o intorno al suo corpo e non su altri oggetti) e si verifica
uno sviluppo diffuso e rapido.
Stadio 3 – Reazioni Circolari Secondarie (4-8 mesi). Secondarie perché centrate
su oggetti esterni al proprio corpo. Il bambino agisce casualmente su un oggetto e ne
studia l’effetto, generalizza un’azione che ha provocato in precedenza un effetto
interessante su altri oggetti (“procedimenti per far durare spettacoli interessanti”).
Stadio 4 – Coordinazione degli Schemi Secondari (8-12 mesi). Combina gli
schemi in modo complesso usando pianificazione ed intenzionalità in comportamenti
strumentali (usa oggetti come mezzi) e comportamenti finalizzati (fini). Differenzia i
mezzi dai fini. Si applica a situazioni nuove.
Stadio 5 – Reazioni Circolari Terziarie (12-18 mesi). Intervento sugli oggetti
programmato variando l’intensità di un’azione e valutandone gli effetti ottenuti (come
uno scienziato), tentativi per prove ed errori: ripetizione con variazione. È la scoperta di
mezzi nuovi attraverso la sperimentazione attiva.
Stadio 6 – Invenzione di mezzi nuovi mediante Operazioni Mentali (18-24 mesi).
Il pensiero del bambino comincia a non essere più manifesto; può ora usare simboli
mentali per rappresentarsi oggetti ed eventi.
– Interrompe il procedimento di prove ed errori
– Trova soluzioni nuove sul momento
– Manipola immagini mentali che corrispondono ad eventi esterni: gioco
simbolico (funzione semiotica).

Caratteristiche generali del periodo sensomotorio


Sono caratteristiche generali di tutti e 4 i periodi:
1) Il bambino apprende le proprietà degli oggetti e le loro relazioni
2) Coordina gli schemi e li applica per risolvere situazioni nuove
3) Differenzia il mezzo dal fine, inventa nuovi mezzi applicandoli in situazioni
nuove
4) Il sé gradualmente si differenzia dall’ambiente
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Viene acquisito il concetto di oggetto permanente: l’oggetto continua ad esistere
anche se il bambino non può più vederlo.
Stadio 1-2 (0-4 mesi) - se l’oggetto esce dal campo visivo del bambino, egli non
lo cerca più: “fuori dalla vista, fuori dalla mente”.
Stadio 3 (4-8 mesi) - cerca l’oggetto se a) nascosto solo parzialmente, b) stava
operando su di esso. Si arrende facilmente.
Stadio 4 (8-12 mesi) - cerca l’oggetto, ma sempre ripetendo la stessa sequenza dei
luoghi in cui aveva cercato precedentemente.
Stadio 5 (12-18 mesi) - cerca l’oggetto in diversi posti purché abbia assistito a tutti
gli spostamenti.
Stadio 6 (18-24 mesi) - cerca l’oggetto ovunque perché sa che deve essere da
qualche parte in quanto riesce a rappresentarsi l’oggetto mentalmente.

2. Periodo preoperazionale (2-6 anni): introduzione dei simboli (parole, gesti,


immagini mentali) e loro organizzazione sempre più complessa.
Sforzo di trasferire le nozioni di oggetto, relazione, causalità, tempo, spazio…
nella rappresentazione mentale ed in una struttura più altamente organizzata.
Funzione Semiotica: immaginare un oggetto (p.e. nel gioco simbolico) o un
evento al posto di un altro. Un significante evoca un significato. Ci sono 2 tipi di
significanti:
a) simboli: comportano una qualche somiglianza con l’oggetto o l’evento che
sostituiscono (p.e. nel gioco simbolico)
b) segni: necessitano di una relazione arbitraria posta fra la parola e l’oggetto che
essa rappresenta (p.e. parola tavola = oggetto con quattro gambe sopra al quale si
mangia). Piaget ritiene che il pensiero rappresentativo non derivi dall’abilità di usare le
parole, ma proprio il contrario. Il linguaggio è un modo per esprimere il pensiero ed esso
può aiutare lo sviluppo cognitivo.
I bambini non hanno ancora acquisito le operazioni mentali reversibili, ma sono
caratterizzati da:
A) Egocentrismo:
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1) differenziazione incompleta di sé e del mondo;
2) tendenza a capire ed interpretare il mondo dal proprio punto di vista (non
comprensibile il punto di vista di un’altra persona come p.e. la prospettiva diversa di una
persona che guarda lo stesso oggetto da un punto prospettico diverso e considerare gli
altri già al corrente di ciò che egli pensa).
Nel gruppo i bambini parlano come separatamente senza preoccuparsi di mettere
in relazione il proprio pensiero con quanto sta dicendo un altro (monologo collettivo). In
seguito l’egocentrismo si affievolirà, ma non sparirà mai completamente.

B) Rigidità di pensiero: il pensiero è statico, congelato e capace di cogliere solo


una certa caratteristica considerata saliente per un oggetto trascurando le altre (=
centrazione). Centrazione ed egocentrismo sono simili perché non consentono una
visione generale e forniscono una visione distorta del mondo. Il bambino si focalizza
sugli stati trascurando le trasformazioni, considera solo il “prima” e il “dopo”: mancanza
di reversibilità (p.e. riversare il liquido mentalmente nel contenitore precedente).
Ma verso la fine del periodo preoperazionale, il bambino comincia a liberarsi da
queste impossibilità e sviluppa:
1) funzione ovvero la capacità di porre in relazione 2 fattori in relazione di causa-
effetto (p.e. nella carrucola se tiro una corda l’altra si accorcia);
2) regolazione ovvero la capacità di valutare una grandezza in funzione di un’altra
(p.e. quantità d’acqua presente in un contenitore considerandone il livello o la larghezza
del contenitore);
3) identità ovvero la possibilità che un oggetto cambi la sua apparenza senza
cambiare la sua identità (p.e. maschera della strega che non fa diventare effettivamente
streghe).

C) Ragionamento semi-logico: tentativo da parte del bambino di spiegare


fenomeni a lui ancora sconosciuti mediante pensieri slegati che evocano modelli che gli
sono familiari (p.e. la luna è viva, la neve esiste per giocarci…).

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D) Cognizione sociale limitata:
a) difficoltà di porsi in relazione con la società (ruoli e comunicazione) a causa
dell’egocentrismo;
b) confondere eventi umani con eventi naturali;
c) trascurare fattori interni quali p.e. l’intenzionalità di una colpa commessa (è più
colpevole il bambino che rompe 15 bicchieri nel cercare di aiutare la mamma piuttosto di
quello che ne rompe uno cercando di rubare un biscotto dalla credenza).

3. Periodo delle operazioni concrete (7-11 anni): operazioni mentali, azioni


interiorizzate che possono essere reversibili pensate come manipolazione di oggetti.
Operazioni: azioni interiorizzate che fanno parte di una struttura organizzata e
capaci di porre in relazione dinamiche fra gli eventi. Piaget spiega mediante la nozione
di conservazione:
a) la sostanza non varia la sua quantità (reversibilità);
b) il livello è più alto, ma il bicchiere è più sottile (compensazione);
c) non è stata né aggiunta sostanza né tolta (addizione-sottrazione).
Altre operazioni sono le operazioni matematiche (moltiplicare, dividere, ordinare,
equivalere) e il concetto di inclusione di classe: le parti e l’intero sono reversibili (p.e. se
si hanno 20 perle di legno di cui 17 sono marroni e 3 sono bianche, il bambino
preoperazionale afferma che si avrà una collana più lunga con le perle marroni anziché
con le perle di legno).
Il bambino operazionale a differenza di quello preoperazionale è capace di
ragionare con le relazioni (p.e. proprietà transitiva); lavora correttamente con le
rappresentazioni spazio- temporali (p.e. non cade nell’errore di rappresentare una
bottiglia obliqua con il livello del liquido contenuto parallelo alla base della bottiglia
disegnandolo correttamente orizzontale). Ha una maggiore, seppur non completa,
concezione della sfera sociale (p.e. considera le intenzioni).

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Le varie nozioni non si sviluppano contemporaneamente e necessitano di un certo
quantitativo di tempo. Il pensiero diviene dinamico, decentrato e reversibile, ma
considera le cose concrete, tangibili manifestando difficoltà a manipolare concetti astratti
ed ipotetici.

4. Periodo delle operazioni formali (11-15 anni: adolescenza): operazioni


mentali applicate anche ad affermazioni puramente verbali o logiche, ipotetiche e astratte.
Il pensiero è diventato veramente logico, astratto e ipotetico: “concettualmente
possibile”.
È capace di porre ipotesi e verificarle nella realtà (p.e. problema del pendolo:
l’adolescente considera le varianti, le mette in relazione, modifica i valori e scopre
relazioni). Isola in modo sistematico i fattori critici e tratta con proposizioni al posto di
oggetti.
Altri problemi usati da Piaget:
a) mescolanza di liquidi incolori e ottenimento del colore giallo;
b) quali variabili fanno sì che un bastone sospeso sull’acqua lo fanno piegare e
toccare l’acqua;
c) scoprire le leggi dell’angolazione di una palla di bigliardo;
d) risolvere problemi geometrici;
e) scoprire le relazioni proporzionali;
f) valutare sillogismi;
Il pensiero formale si acquisisce nella vita quotidiana e non è necessario un
insegnamento diretto.
Piaget identifica un sistema di 16 operazioni binarie esistenti nell’organizzazione
cognitiva dell’adolescente che pone in correlazione secondo modelli logico-matematici.
Sono acquisite tutte le capacità astratte necessarie per affrontare temi inerenti i
ruoli sociali, la morale, ecc. L’egocentrismo comporta l’idealizzazione del potere del
pensiero e il sottovalutare gli aspetti pratici che non consentono il raggiungimento di
utopie sociali. Solitamente questa fase termina con l’acquisizione di un lavoro fisso.

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L’adolescente è capace di riflettere sul proprio pensiero (p.e. “lui pensa che io
penso che lui sta pensando a lei”).
Sono completate le strutture cognitive.

Visione d’insieme
Una volta percorsa tutta la teoria può essere utile evidenziare alcuni processi
mentali fondamentali per la comprensione della realtà, in relazione alle differenti età.

Cognizione dell’oggetto nei vari periodi


Periodo sensomotorio
Semplice stimolo che alimenta un riflesso campo d’operazione su cui agire
esiste indipendentemente dall’osservatore.
Periodo preoperazionale
Validità semiotica (simula un altro oggetto), conserva la sua identità (e quantità)
anche se può cambiare aspetto, classificabile assieme ad altri oggetti dello stesso tipo.
Periodo delle operazioni concrete
Rappresentazione dell’oggetto manipolata mentalmente: i cambiamenti sono
reversibili, l’oggetto è inseribile in una classe di ordinamento secondo una certa variabile.
Periodo delle operazioni formali
Tutte le possibilità dell’oggetto possono essere esaminate in maniera scientifica.

Percezione
Si sviluppa in maniera quantitativa. Piaget distingue la percezione dalla
cognizione: la percezione arriva fino alle operazioni semi-reversibili (periodo
preoperazionale) mentre la cognizione permette di raggiungere le operazioni reversibili
(periodo operazionale). La percezione è approssimativa e non dà certezza ed è un
sottosistema delle strutture intellettuali che la condizionano.

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Piaget si concentra su illusioni visive, stima della lunghezza delle linee o
dimensione degli oggetti: alcuni degli errori dovuti alla centrazione su alcuni aspetti
vengono in periodo successivo corretti da una più attenta e varia analisi degli stimoli. I
lavori inerenti la percezione sono presentati in modo rigoroso e preciso. Ciò rappresenta
un’eccezione.

Memoria
Rappresenta il punto più critico della teoria. Famoso l’esperimento con i
bastoncini di grandezza diversa mostrati a gruppi di bambini di età diverse. Dopo una
settimana agli stessi bambini si chiese di effettuare un disegno dei bastoncini:
3-4 anni: bastoncini in fila e tutti della stessa altezza;
5-6 anni: alcuni bastoncini disegnati con altezza diversa; 7 anni: disegno corretto.
Si può dedurre che il bambino può ricordare l’ordinamento della fila solo quando
ha colto completamente il concetto di ordine.
6 mesi più tardi richiese agli stessi bambini di rieffettuare il disegno: il 75% dei
bambini disegnò una serie di bastoncini cognitivamente più avanzata rispetto a 6 mesi
prima. Si può dedurre che attraverso il cambiamento delle strutture cognitive avviene
anche una riorganizzazione della memoria. Tutto ciò è contrario al normale senso comune
dell’oblio mnestico.

Considerazioni conclusive
Quando Piaget pubblicò i suoi primi scritti sui bambini, rimase sbalordito dal fatto
che venivano considerati come affermazioni conclusive su alcuni problemi cognitivi,
piuttosto che come tentativi o proposte di soluzione. Infatti egli stesso lavorò alla sua
teoria sottoponendola a modifiche, espansioni e rielaborazioni fino all’età di ottant’anni
circa. In sintesi i maggiori punti di forza e debolezza della sua teoria.
Punti di forza della teoria:
 Riconoscimento del ruolo centrale svolto dalla cognizione
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Mentre il comportamentismo degli anni ’50 era entrato in crisi poiché non dava
risposte soddisfacenti riguardo alla nozione di pulsione, allo sviluppo del linguaggio, alla
pratica e rinforzo, alla costruzione della teoria di Hull che invece richiedono spiegazioni
di tipo cognitivo, Piaget mutava il corso della psicologia dello sviluppo ponendo domande
nuove e tracciando una modalità nuova di ricerca nell’ambito della psicologia (p.e. prima
il comportamento dei bambini veniva quasi esclusivamente studiato in laboratorio ovvero
negli istituti).
Dagli anni ’60 (viene tradotto in inglese) i suoi concetti hanno un grande successo
e vengono estesi anche ai campi dello sviluppo sociale, della psicologia clinica e
dell’educazione.
Piaget ricercava le cause del comportamento e non le caratteristiche manifestate
esteriormente che rappresentavano l’oggetto degli studi dei comportamentisti.

 Valore della teoria come integrativa ed euristica


La teoria di Piaget postula una continuità (gli stadi) e un’organizzazione (gli
invarianti funzionali) sottostanti un’ampia gamma di comportamenti apparentemente non
connessi.
Il valore euristico viene assunto da concetti quali: “il bambino costruisce la sua
conoscenza in maniera attiva” (ricerche nei campi della memoria, dell’attenzione,
dell’apprendimento, del linguaggio e della percezione sociale) e “lo sviluppo segue una
sequenza invariante” (indagini per ricercare sottostanti abilità nei bambini).

 La scoperta di caratteristiche sorprendenti nel pensiero dei bambini


La teoria di Piaget ha fornito una grande ricchezza descrittiva, fenomeni evolutivi
nuovi e contrari al senso comune (p.e. “i bambini non si aspettano che gli oggetti siano
permanenti” , “i bambini non considerano l’intenzionalità di una colpa”) dove le abilità
del bambino vengono evidenziate anche in stadi precedenti alla maturazione ed in cui
queste si manifestano in modo eccentrico. I bambini pensano a tantissime cose ed hanno
una loro logica.

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 L’ampia portata della teoria
La teoria tenta di spiegare sia gli stati cognitivi che le transizioni da stato a stato.
Si esprime in merito anche ad altre discipline (epistemologia, filosofia, scienza ed
educazione) ed ha implicazioni dei campi dello sviluppo sociale, dello sviluppo emotivo,
e dell’apprendimento.
 Validità ecologica
La teoria ci parla del mondo reale in cui il bambino vive (non da istituto), è
focalizzata sull’adattamento del bambino al mondo che incontra giorno dopo giorno,
descrive il comportamento in atto e quotidiano.

Punti di debolezza della teoria


 Mancanza di chiarezza nei legami tra costrutti e comportamento
Ci sono termini cruciali quali per esempio assimilazione, accomodamento,
equilibrazione e stadio che sono definiti solo vagamente.
Come si può con certezza affermare che un bambino si trova o non si trova in una
di queste fasi?
Attualmente il modello strutturale è troppo lontano dai dati.

 Supporto inadeguato alla nozione di stadio


Quali comportamenti potrebbero dimostrare in modo preciso la presenza o
l’assenza di ogni aggruppamento logico-matematico?
Come evidenziare le strutture esistenti fra gli aggruppamenti?

Incongruenze
a) La modalità di apprendimento cambia a seconda dei materiali usati con i
bambini (decalage orizzontale).
b) La conservazione della sostanza si sviluppa prima della conservazione del
peso.
c) Non esiste un’omogeneità indiscutibile tra i compiti e la struttura sottostante.

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d) Alcuni bambini prodigio hanno uno spiccato sviluppo solo di una parte del
pensiero (p.e. matematica)

Critiche di Flavell
a) I cambiamenti qualitativi potrebbero essere causati da cambiamenti quantitativi
(maggiore attenzione, maggiore stabilità e generalità dei concetti)
b) La piena maturità funzionale viene raggiunta solo dopo che lo stadio è
ufficialmente chiuso?
c) C’è asincronia di sviluppo delle varie abilità. Esistono interazioni anche su stadi
diversi?
d) Com’è possibile che certi elementi cognitivi di uno stadio possano integrarsi se
sono asincroni?
e) L’ambiente di verifica condiziona i processi cognitivi?

 Spiegazione inadeguata dei meccanismi di sviluppo


Servono definizioni più accurate per l’organizzazione degli stadi e le transizioni
da stadio a stadio.
Nel processo di equilibrazione, come il bambino risolve le contraddizioni?
Occorre più ricerca longitudinale (fatta da Piaget molta ricerca trasversale).

 Necessità di una teoria della performance


Manca una teoria che spieghi come la conoscenza del bambino determini un
particolare comportamento. Vengono solitamente considerate memoria, attenzione,
comprensione verbale.

 Scarsa attenzione allo sviluppo ed emotivo socioculturali e storiche sul


comportamento.

 Inadeguatezze metodologiche e stilistiche

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La maggior parte delle osservazioni di Piaget è stata fatta sui suoi 3 figli. Gli stessi
test sono stati fatti in condizioni e modalità diverse. Il metodo clinico può condizionare il
bambino e segue un iter sempre diverso, inoltre non è detto che il bambino abbia già una
capacità senza saperla esprimere. Piaget cercava di evitare gli errori positivi mentre gli
psicologi anglosassoni faceva il contrario.

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LA TEORIA PSICOANALITICA DI FREUD

Si può dire che la teoria psicoanalitica e la teoria piagetiana sono i giganti delle
teorie dello sviluppo. Nonostante le ramificazioni delle teorie di origine psicoanalitiche e
le numerose rielaborazioni operate dallo stesso Freud in primis, l’approccio generale è
rimasto costante. Secondo il pensiero del padre della psicoanalisi, l’uomo genera al suo
interno una energia nervosa crescente che secondo i principi della fisica deve scaricarsi
(trasformarsi).
L’energia psichica compie un lavoro psicologico che può avere manifestazioni di
varia natura. Tale energia viene prodotta da 2 istinti (pulsioni biologiche) relati a qualche
organo del corpo e che creano nella mente un bisogno: Eros (sesso, amore, unità e
conservazione) e Istinto di distruzione (odio, aggressione, morte, separazione).
Anche la teoria psicoanalitica freudiana ha un approccio strutturale, infatti le
pulsioni non conducono direttamente al comportamento, ma si costruisce un’architettura
della mente entro la quale si svolgono i processi mentali. Le strutture principali sono 3:
– Es: parte oscura e inaccessibile della personalità, sede dei desideri innati, fonte
principale dell’energia psichica. Si traduce in azioni o immagini mentali per il
soddisfacimento della pulsione (processo di pensiero primario). Opera per tutta la vita e
soprattutto nei sogni, nell’immaginazione e nei comportamenti impulsivi, autocentrati,
piacere-amore.
– Io: guida il pensiero razionale (pensiero del processo secondario), necessario per
la sopravvivenza fisica e psicologica. Coordina le percezioni, il pensiero logico, la
soluzione di problemi, memoria… Media le richieste di Es, Superio e il mondo fisico, tra
impulsi interni e richieste del mondo esterno. Rapporto Io – Es come quello fra cavaliere
e cavallo.
Io accompagnato da sentimenti come l’angoscia che avverte pericolo. Se
l’angoscia è troppo persistente, entrano in gioco i meccanismi di difesa: processi mentali
che scaricano parzialmente l’energia accumulata provocando però distorsioni della realtà:

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- rimozione (negare o dimenticare il pericolo);
- formazione reattiva (agire in modo opposto a quanto si
prova);
- proiezione (attribuire ad altri i propri impulsi inaccettabili);
- regressione (ritornare ad una forma più primitiva di
comportamento);
- fissazione (non progredire psicologicamente).

B. – Superio: si sviluppa per ultimo, composto da due parti


coscienza e Io ideale. Coscienza: proibizioni dei genitori che causano
sensi di colpa, autopunizioni, vita da camicia di forza con ideali morali
idealistici e non realistici.
Io ideale: sentimenti di autostima, il “bravo”
dei genitori rievocato. Il Superio ricompensa e
punisce, mira all’ordine sociale.
Secondo Freud i primissimi anni di vita sono i più importanti per la
formazione della personalità e il comportamento sia normale che quello anormale
hanno le loro radici proprio in quegli anni. Lo sviluppo del bambino avviene per stadi,
ma uno stadio successivo non sostituisce mai completamente quello precedente,
infatti in condizioni di particolare stress la persona può regredire, ovvero accedere
ad una modalità di funzionamento tipica di una fase precedente.
Ogni stadio presenta nuovi bisogni che devono essere manovrati dalle
strutture mentali: la soddisfazione o meno di questi bisogni determina la personalità
del bambino nei propri confronti e nelle relazioni interpersonali. Conflitti non risolti
in ogni stadio possono inseguire la persona lungo tutto il corso della sua vita.

In sintesi, lo sviluppo avviene attraverso 4 stadi:


1. Stadio Orale (0-1 anni): è la bocca ad essere la protagonista ed è con
questa che il bambino soddisfa i propri bisogni. Se il bisogno non viene
soddisfatto, si genera uno stato di frustrazione che può ingenerare angoscia (paura

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dell’abbandono della madre). Frustrazioni possono insorgere anche quando i
genitori impongo lo svezzamento: abbandono del seno materno, divieto di
succhiare oggetti sporchi o pericolosi… Deve essere raggiunto un certo equilibrio
fra proibizione e concessione in quanto il praticare solo una o l’altra può causare
o frustrazione regressione. Sono sempre i genitori che insegnano al bambino
come scaricare l’energia delle proprie pulsioni in modo accettabile per la società.
In questa fase si instaura l’attaccamento alla madre, fondamentale per tutte le
relazioni amorose future in entrambi i sessi. Da questo il bambino acquisisce
sicurezza.

2. Stadio Anale (1-3 anni): aggiunta di una nuova serie di bisogni che
segnano nuovi conflitti fra il bambino e il mondo. La defecazione produce piacere
nel bambino, ma rappresenta un potenziale di frustrazione se il bambino non
riesce a tenersi pulito e teme di essere rifiutato dai genitori. È importante che il
bambino non riceva un training di pulizia personale autoritario e rigido.
Gratificare il bambino lodandolo nelle sue funzioni organiche significa rafforzare
in lui il senso di fiducia, autostima e generosità. Anche la modalità con cui viene
espletata la defecazione indica il carattere del bambino.

3. Stadio fallico (3-5 anni): è più intenso nei maschi, ma viene vissuto
anche dalle bambine a causa della loro invidia del pene. Il bambino quando
orienta la sua carica sessuale verso la madre soffre di gelosia nei confronti del
padre (complesso di Edipo) al quale tenta quindi di assomigliare (il padre è
accettato dalla madre) cercando di sostituirlo (lo interiorizza). Al contempo teme
il padre che pensa lo voglia castrare. Le bambine colpevolizzano la madre per non
averle dotate del pene e ciò causa un inferiore livello di interiorizzazione.
Piuttosto lega più con il padre dal quale non ha ragioni di temere di essere castrata.
In ragione del fatto che Freud identifica nelle persone sia componenti maschili
sia femminili, il complesso di Edipo riguarda entrambi i sessi e verso entrambi i
genitori.

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4. Periodo di latenza (5-pubertà): periodo di calma sessuale relativa,
vengono migliorate le abilità cognitive, i valori culturali, gli interessi sociali ed i
meccanismi di difesa inibenti la sessualità.

5. Stadio genitale (adolescenza): periodo in cui la maturazione fisica


produce forti impulsi sessuali che focalizzano l’attenzione verso i coetanei di
sesso opposto ai fini procreativi. L’amore diventa maggiormente altruistico. La
scelta del partner ovviamente non è casuale ma risente pesantemente delle
esperienze maturate durante l’infanzia. L’equilibrio viene raggiunto solitamente
con il primo lavoro fisso in cui amore e lavoro si compensano reciprocamente.

Considerazioni conclusive
Come possiamo constatare da questa breve sintesi, la natura umana per
Freud è piena di contrasti: l’uomo è spinto dalle passioni e a queste risponde
cercando di imporre uno stato di equilibrio. Anche la società esterna contribuisce
a modificare la manifestazione delle pulsioni. La totalità dell’essere è vagamente
organizzata (quanto è il contributo di Es, Io e Superio), ma capace di
autoregolazione. L’uomo è sia passivo sia attivo.

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TEORIA DELLO SVILUPPO DELLA PERCEZIONE DI GIBSON

La percezione ha un ruolo fondamentale per l’apprendimento, necessario


all’adattamento dell’uomo e quindi alla sua sopravvivenza nel mondo naturale.
Secondo Eleonor Gibson i bambini diventano progressivamente sempre più
consapevoli delle informazioni presenti nel mondo cogliendo attraverso la percezione
dati sempre più differenziati, salienti e precisi.

La teoria, limitata all’apprendimento ed allo sviluppo della percezione, si basa


su 5 concetti chiave:
1. Gli esseri umani sono percettori attivi: l’uomo è un organismo attivo che
esplora ed opera nel tentativo di conoscere il mondo. La conoscenza deriva dalla
dimestichezza che i bambini hanno con le forme e gli oggetti. Non tutte le
informazioni vengono colte subito e in una volta, ma progressivamente con
l’esperienza vengono conosciuti aspetti sempre più differenziati, precisi e
accurati. Inoltre vengono colti e controllati gli aspetti più utili per una certa
circostanza.

2. L’informazione è specifica dello stimolo: l’oggetto che viene percepito


fornisce stimoli che contengono già tutte le informazioni distintive e salienti
comprese quelle relative alle dimensioni spazio-tempo (non statiche). Questi
insiemi di informazioni costituiscono unità relazionali complesse.
Esistono però molti livelli di informazioni che vengono acquisiti man
mano che il bambino impara a riconoscerli.
Si pensi all’ascolto ripetuto di una sinfonia: le volte successive si
scorgeranno aspetti diversi sempre più dettagliati e significativi.

3. L’importanza dell’ecologia nella percezione umana: il comportamento


può essere compreso solo nel suo manifestarsi nell’ambiente che gli è tipico e che

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l’ha provocato. Le unità relazionali complesse devono essere percepite
sufficientemente in tutti quegli aspetti che consentono all’individuo di soddisfare
le sue esigenze. L’ambiente mette a disposizione informazioni caratteristiche per
poter essere manipolato e conosciuto: le affordances.

4. Una componente basilare dello sviluppo percettivo è l’apprendimento


della percezione: il processo di conoscenza è simile sia nei bambini che negli
adulti. Ciò che cambia a volte è l’efficienza in quanto gli adulti in base
all’esperienza sono in grado di adottare strategie più efficienti. Ma non sempre.

5. I metodi sperimentali devono prevedere la simulazione di ambienti


naturali: l’aumento della validità ecologica nella situazione sperimentale accresce
l’affidabilità dell’esperimento e ne migliora la comprensione dei fenomeni.

21
Tendenze evolutive dell’apprendimento percettivo
Nei cambiamenti percettivi apparentemente diversi che avvengono durante la
fanciullezza Gibson identifica tre tendenze di tipo evolutivo:
1. Aumento della specificità della percezione: con il maturare dell’età e
dell’esperienza, il bambino acquisisce la capacità di cogliere informazioni
sempre più precise, specifiche e dettagliate. È stato constatato un aumento delle
differenziazione delle forme nell’età compresa fra i 4 e gli 8 anni.
2. Ottimizzazione dell’attenzione: l’uso efficiente dell’attenzione permette
di cogliere un numero maggiore di informazioni relative agli stimoli e quindi di
accrescere il valore percettivo. Gibson ha proposto 3 fasi di sviluppo attentivo:
Prima fase (0-4 mesi) – attenzione del bambino per i movimenti
percepibili nel suo campo visivo. Proprietà elementari degli oggetti: profondità,
unità degli oggetti, relazioni causa tra gli eventi. Guardare assieme ad ascoltare e
tastare.
Seconda fase (4-7 mesi) – attenzione per le affordances degli oggetti. Le
aumentate capacità motorie possono evidenziare negli oggetti esplorati nuove
caratteristiche.
Terza fase (8-12 mesi) – con la deambulazione la sua attenzione si allarga
a contesti più vasti: spazialità, prospettive degli oggetti, gli oggetti possono essere
trasportati.
Maggiore efficienza dell’attenzione in senso:
–uso più intensivo (maggiore attenzione prestata)
– uso più economico (identificazione del tipo di attenzione più utile da
prestare)
– uso più efficiente (migliore strategia)
– uso più saggio (più esperienza)
3. Aumento dell’economia nella raccolta delle informazioni: l’aumento di
efficienza nell’identificazione delle caratteristiche salienti deriva da:
A – caratteristiche distintive: cosa cogliere per identificare e
contraddistinguere l’oggetto;
22
B – invarianti: comprensione delle caratteristiche che rimangono
inalterate nel tempo e nello spazio;
C – unità di struttura: comprensione più generale delle strutture delle
informazioni (suoni, parole, scrittura…). Secondo l’autore lo sviluppo della
percezione è determinato da 3 meccanismi:
1. Astrazione: rilevazione delle caratteristiche distintive;
2. Filtraggio: eliminazione delle caratteristiche irrilevanti;
3. Meccanismi periferici dell’attenzione: coordinamento
sensomotorio.

L’apprendimento deriva da un processo di 3 fasi: Attività esplorativa -


Estrazione di invarianti - Osservazione delle conseguenze.

Considerazioni conclusive

La teoria di Gibson è la meno ambiziosa tra quelle esposte poiché ha limitato


il campo di ricerca all’area dell’apprendimento percettivo. In ogni caso ha fortemente
influenzato tutta la ricerca in questo campo, che si è focalizzata soprattutto sulla
raccolta di informazioni descrittive sulle capacità percettive dei bambini,
specialmente neonati.

23
LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO DI JOHN BOWLBY

L’etologia è lo studio del comportamento di una specie nel suo ambiente naturale
che risulti significativo dal punto di vista evoluzionistico. Pone l’uomo nel sistema
dell’intero mondo vivente selezionato dall’evoluzione. L’essere umano è solo una piccola
parte del vasto regno animale in evoluzione. Dal punto di vista dell’evoluzione, l’uomo è
un esperimento della natura.
Lo studio dell’etologia è basato su 4 concetti principali
1. I comportamenti innati sono come gli organi del corpo e si accomunano
agli esemplari della stessa specie (specie-specifici) per: uguaglianza, ereditarietà,
tipologia adattiva.
Il comportamento è innato se:
A – riproduce una serie sempre uguale di
azioni,
B – presente senza un precedente
apprendimento,
C – presente in tutti i membri della specie,
D – non modificabile sostanzialmente dall’apprendimento e
dall’esperienza.

Esistono 3 tipi di comportamenti innati:


1– Riflessi: risposte automatiche agli stimoli;
2– Tattismi: orientamento dell’organismo in una particolare direzione;
3 – Azioni a schema fisso: sequenza di azioni geneticamente
programmata che necessita di un’energia specifica e che viene attivata da uno
stimolo segnale (p.e. zecca e acido butirrico). In assenza di uno stimolo segnale,
l’energia specifica può essere scaricata sopra un altro target (= Freud).

2. La prospettiva dell’evoluzione.

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Gli attuali comportamenti sociali sono il frutto di una lunga selezione
evolutiva ed hanno permesso la sopravvivenza in modo maggiore rispetto ad altri.
Inoltre la mutazione ha generato nuove forme di comportamento.

3. Le predisposizioni ad apprendere
Esistono periodi particolari (periodi di sensibilità o periodi critici)
in cui l’organismo è predisposto a certi apprendimenti.

4. La metodologia etologica
Per l’etologia è importante studiare l’insieme dei comportamenti che sono
strategici alla conservazione della specie.

La teoria dell’attaccamento di Bowlby costituisce un importante punto di partenza


per la comprensione dello sviluppo umano, della personalità e delle relazioni.
Appoggiandosi e rifacendosi alla psicoanalisi e all’etologia, Bowlby fu in grado
di elaborare una teoria del tutto originale, da molti definita una teoria di tipo spaziale. Essa
infatti prevede che un soggetto si senta bene quando si trova vicino a chi ama, e si senta
invece ansioso, triste e solo quando si trova lontano dai propri oggetti d’amore.
Con la teoria dell’attaccamento Bowlby propone un modello di sviluppo
dell’individuo svincolato dal concetto di fase, proprio delle altre elaborazioni teoriche più
diffuse. E’ un modello che viene da lui denominato epigenetico, esso prevede che per ogni
individuo siano possibili più linee di sviluppo, il cui risultato finale dipende
dall’interazione dell’organismo con il proprio ambiente.
La teoria di Bowlby si colloca invece in un modello della mente di tipo relazionale
(Ammaniti, Stern, 1992)
Diventa infatti centrale la qualità dell’accudimento, intesa come disponibilità e
capacità di risposta materna.
Rifacendosi agli studi etologici e creando un parallelo tra questi e la psicoanalisi
Bowlby ha potuto definire:

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- Il comportamento di attaccamento:
 come quel comportamento che ha la duplice funzione di assicurare la
vicinanza a una figura di attaccamento e proteggere il piccolo dal pericolo;
 pur avendo carattere pulsionale, è per sua natura interazionale, ossia spinge
a ricercare con l’altro un’interazione e non semplicemente un contatto per ottenere
gratificazioni o per canalizzare le pulsioni;
 ha una motivazione propria e non deriva dai sistemi che favoriscono
l’accoppiamento e la nutrizione (gli studi etologici hanno infatti portato Bowlby a
considerare il comportamento di attaccamento come determinato da istinti svincolati
dalla nutrizione).
viene innescato dalla separazione o dalla minaccia di separazione dalla figura
di attaccamento, e può essere eliminato o mitigato per mezzo della vicinanza (che
può variare dal semplice essere in vista, alla vicinanza fisica senza contatto ma
accompagnata da parole di conforto, fino all’essere tenuti stretti e coccolati
 può manifestarsi in circostanze diverse e nei confronti di individui diversi.
Il bambino infatti possiede delle gerarchie di preferenza, per cui se nel momento di
necessità la figura di attaccamento privilegiata (generalmente la madre) non è
disponibile, egli può ripiegare su altri individui cui è legato, fino a giungere ad
affidarsi e aggrapparsi a persone sconosciute ma adulte e quindi con una potenziale
funzione rassicurante.
La conseguenza e il fine del comportamento di attaccamento è la relazione di
attaccamento può essere definita dalla presenza di tre caratteristiche:
1. Ricerca di vicinanza a una figura preferita.
Inizialmente Bowlby spiegò questo fenomeno facendo un’analogia con il
fenomeno dell’imprinting, per cui giovani uccelli si attaccano ad ogni figura mobile alla
quale vengono esposti nel “periodo sensibile” del loro sviluppo. Tuttavia, studi successivi
hanno dimostrato che l’imprinting non avviene in egual modo nei primati, esso non è un
fenomeno di “tutto o nulla”, si sviluppa come risultato di un processo graduale di sviluppo
programmato geneticamente e di apprendimento sociale.

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2. L’effetto “base sicura”.
Nel 1940, prima di incontrare e conoscere Bowlby, Mary Ainsworth aveva già
usato nella sua tesi di laurea l’espressione “base sicura” per descrivere l’atmosfera creata
dalla figura di attaccamento per la persona che le si attacca.
L’essenza della base sicura è che essa crea un trampolino per la curiosità e
l’esplorazione. Il comportamento di attaccamento non è confinato ai soli bambini, ma si
riferisce anche a chi fornisce l’accudimento. Si pensi all’ansia provata da certe madri
quando sono lontane dai loro bambini, anche quando questi sono affidati
temporaneamente a persone di fiducia.
Dove non esiste una base sicura, l’individuo fa ricorso a manovre di protezione
per minimizzare la sofferenza ed eventualmente manipolare la relazione per ottenere
sostegno a scapito di una interazione realmente reciproca.
3. La protesta per la separazione.
Bowlby identificò la protesta come la risposta primaria provocata nei bambini dalla
separazione dai genitori. Pianto, urla, morsi, calci sono reazioni normali ed hanno la
doppia funzione di riparare il legame di attaccamento la cui rottura è minacciata dalla
separazione, e di punire chi si cura del bambino per evitare ulteriori separazioni.
Una interessante caratteristica dei legami di attaccamento è la loro resistenza.
Essi persistono nonostante maltrattamenti e punizioni severe e non adeguate al contesto.

Lo sviluppo del sistema di attaccamento


L’ontogenesi del sistema di attaccamento può essere utilmente suddivisa in tre
fasi.
Prima fase: 0-6 mesi. Orientamento e pattern di riconoscimento.
I bambini appena nati non sono in grado di distinguere una persona dall’altra, ma
reagiscono intensamente al contatto umano.
Verso la quarta settimana rispondono con un sorriso al volto umano, evocando
negli altri un sorriso di rispecchiamento, per cui quanto più la madre risponde con un

27
sorriso tanto più il bambino continuerà a sorridere. Stern (1985) considera lo sguardo
reciproco tra madre e bambino come l’elemento chiave nello sviluppo del mondo interno
del bambino. L’invariabilità del viso della madre dà al bambino un senso primitivo di
“storia”, di continuità attraverso il tempo che è indispensabile per la costruzione del senso
del sé. Oltre al guardare è anche importante il tenere. A questo proposito Bowlby fa un
esplicito riferimento al concetto di holding elaborato da Winnicott (1971) il quale
intendeva connotare con questo non solo il sostegno fisico, ma anche l’intero sistema
psicofisiologico di protezione, sostegno, cura e contenimento che circonda il bambino e
senza il quale egli non sopravvivrebbe né fisicamente, né emotivamente.
Intorno al terzo mese diventa evidente come abbia inizio una relazione di
attaccamento: il bambino discrimina di più mentre guarda, ascolta e reagisce
differentemente alla voce di sua madre, piange in modo diverso se lei se ne va o se si
allontanano altre persone, la saluta differentemente e comincia ad alzare le braccia verso di
lei per essere preso in braccio. La madre ovviamente risponde a questi segnali e si
stabilisce così un sistema reciproco di feedback e di omeostasi, che porta ad una reciproca
conoscenza, elemento centrale per una relazione di tipo sicuro.

Seconda fase: 6 mesi-3 anni. Attaccamento “set-goal” (scopo programmato)


Verso i 7-8 mesi il bambino comincia a mostrare “l’ansia per l’estraneo” (Spitz,
1958), facendosi silenzioso e aggrappandosi alla madre in presenza di un estraneo.
Bowlby descrive l’attaccamento di questo periodo come basato su set-goal. Il set goal per
il bambino è mantenersi abbastanza vicino alla madre: usarla come base sicura per le
esplorazioni (questo è il periodo in cui inizia la locomozione) quando la minaccia
ambientale è al minimo, ed esibire proteste per la separazione o segnali di pericolo quando
ce n’è bisogno. Il sistema è ovviamente a feedback, il comportamento di attaccamento è
una relazione reciproca, crea modelli operativi interni che rappresentano la collocazione
del sé e della figura di attaccamento.

28
Terza fase: dai 3 anni in poi. La formazione di una relazione reciproca
Con l’avvento del linguaggio sorge un pattern molto più complesso che non può
essere descritto in termini di semplice comportamento. Il bambino può ora cominciare a
pensare ai genitori come a persone separate con propri scopi e progetti, ed escogitare modi
per influenzarli. Attaccamento e dipendenza rimangono attivi lungo tutto il ciclo di vita,
sebbene nella vita adulta non siano evidenti allo stesso modo che nei bambini piccoli.
Bowlby vedeva nel matrimonio la manifestazione adulta dell’attaccamento. Egli
evidenzia infatti come il rapporto tra coniugi costituisca una base sicura cui entrambi
possono attingere nei momenti di difficoltà, e che consente ad entrambi di realizzarsi, anche
promuovendo e lasciando spazio all’esplorazione, individuale e comune.

I modelli operativi interni


l bambino in fase di sviluppo costruisce una certa quantità di modelli di se stesso
e degli altri basati su pattern ripetuti di esperienze interattive, si tratta di modelli
rappresentazionali relativamente fissi, stabili e duraturi che il bambino usa per predire il
mondo e mettersi in relazione con esso, e che persistono anche nell’età adulta, poiché non
sono facilmente modificabili dalle esperienze successive.
Il termine operativo suggerisce che la rappresentazione è un processo dinamico
e il termine modello suggerisce che la struttura delle rappresentazioni è relazionale e
riproduce la relazione - struttura del mondo reale.
I modelli operativi interni hanno la funzione di pianificare, prendere decisioni,
interpretare. Le aspettative di risposta delle figure di accudimento hanno dunque una
notevole importanza. Esse permettono al bambino, e poi all’adulto, di prevedere il
comportamento dell’altro e guidano le risposte individuali, specie in situazioni di ansia
e di bisogno. Nei primi anni di sviluppo i modelli operativi sono relativamente aperti al
cambiamento. Ne deriva che i bambini possono sviluppare separati e indipendenti modelli
di attaccamento, in relazione al mutare della qualità degli scambi con le figure
d’attaccamento. Nell’infanzia i modelli iniziano a solidificarsi e si gerarchizzano fino a
diventare caratteristiche della personalità del soggetto più che caratteristiche della

29
relazione. I teorici dell’attaccamento postulano una relativa stabilità dei modelli di
attaccamento nel corso della vita, tuttavia un cambiamento nello stile di attaccamento è
possibile anche nella vita adulta, ciò non toglie che nel corso del cambiamento, o a
cambiamento avvenuto, in fasi di particolare stress non si ricorra ai vecchi modelli di
riferimento. L’adattamento individuale così come lo vede Bowlby è un processo continuo
e attivo nel quale una persona reagisce e modella il proprio ambiente interpersonale.

Modelli Operativi Interni Difettosi.


A suo parere l’esclusione difensiva riveste un ruolo determinante nelle relazioni di
attaccamento non soddisfacenti. Egli ritiene che essa non sia altro che un caso speciale
della più generale esclusione selettiva, la quale viene attuata in condizioni di normalità per
poter prestare attenzione esclusivamente agli stimoli più rilevanti. Gli studi sulla
elaborazione delle informazioni illustrano come una persona esposta a due messaggi
differenti (portati separatamente ad ogni orecchio con delle cuffie) sia in grado di
controllare uno solo dei messaggi in arrivo. Le ricerche mostrano che i soggetti diventano
immediatamente coscienti del secondo messaggio qualora questo contenga il loro nome
proprio.
Possiamo dunque dire che il materiale escluso influenza effettivamente i processi
di pensiero e può emergere in modo incontrollato in determinate circostanze.
Secondo Bowlby lo stesso avviene nelle relazioni di attaccamento non
soddisfacenti in cui l’individuo sviluppa un modello operativo scisso del Sé in relazione
alla figura di attaccamento. Un modello sarà accessibile alla coscienza (e sarà quello che
valuta il Sé come cattivo, così da giustificare la figura di attaccamento che lo rifiuta), e
l’altro verrà difensivamente escluso. Quest’ultimo, che si trova quindi al di fuori della
consapevolezza, è capace di influenzare direttamente i processi di pensiero. Esso
rappresenta la figura di attaccamento come cattiva e il Sé come fondamentalmente
buono. Tale scissione avviene generalmente quando il bambino ha sperimentato una
situazione altamente traumatica di cui ha ricevuto una spiegazione ingenua, accompagnata
da una sorta di tabù nelle successive discussioni.
I bambini tendono a risolvere il conflitto mentale che ne risulta escludendo
30
difensivamente dalla consapevolezza (rimuovendo) la propria visione dell’evento
traumatico e restando consapevoli soltanto dell’interpretazione genitoriale.
Secondo l’autore le tre situazioni che possono spingere un bambino ad operare una
esclusione difensiva sono le situazioni:
- di cui i genitori non vogliono che i bambini vengano a conoscenza, sebbene
questi ultimi ne siano testimoni;
- in cui il comportamento manifestato dai genitori è per i bambini assolutamente
insopportabile anche solo da pensare;
- ed infine le situazioni in cui i bambini hanno fatto o pensato di fare qualcosa di
cui si vergognano profondamente.

Gli stili di attaccamento


Una prima classificazione degli stili di attaccamento è stata formulata da Mary
Ainsworth attraverso la Strange Situation (1978), una innovativa tecnica di osservazione
della relazione madre-bambino, ottimo strumento diagnostico, oltreché di ricerca,
attualmente ancora molto utilizzato. La Strange Situation è stata messa a punto per
illustrare il funzionamento del sistema comportamentale di attaccamento nei bambini di
un anno, esponendoli a situazioni combinate di lieve pericolo (in un ambiente sconosciuto,
dal quale la madre si allontana per un breve tempo).
La Strange Situation consiste in una sequenza standard di episodi della durata di
tre minuti in un laboratorio attrezzato per il gioco in cui il genitore lascia due volte il
bambino (una volta in compagnia di un estraneo e una volta da solo) per poi ritornare.
Ainsworth ha sviluppato un sistema di classificazione suddiviso in tre categorie (A,B,C)
per descrivere il modello di risposta del bambino al genitore insieme al quale è osservato.
L’autrice ha riscontrato uno stretto legame tra la modalità di risposta del bambino alla
separazione e alla riunione con la madre durante il test, e l’interazione madre-figlio nella
situazione domestica.
I bambini le cui madri si erano dimostrate sensibili ai loro segnali durante gli
episodi di alimentazione, di pianto, di sostegno e di interazione faccia a faccia a casa

31
durante i primi tre mesi di vita, accoglievano con gioia il ritorno delle loro madri dopo una
breve separazione nella Strange Situation. Le avvicinavano cercando l’interazione o il
contatto stretto, si tranquillizzavano abbastanza rapidamente e tornavano poi a giocare.
Questi bambini venivano classificati come sicuri (gruppo B).
I bambini delle madri insensibili ai loro segnali durante le interazioni quotidiane
evitavano la madre al suo ritorno rimproverandola, guardando lontano, voltandosi o
allontanandosi, oppure rifiutavano le offerte di interazione (insicuri-evitanti o gruppo A).
Altri bambini rispondevano in maniera ambivalente quando la madre tornava:
essi cercavano il contatto fisico ravvicinato, ma mostravano anche comportamenti di
rabbia e resistenza. I bambini classificati in questo gruppo, detto insicuro-ambivalente
(gruppo C), volevano essere presi in braccio, ma erano troppo stressati per avvicinarsi
alla madre.
Esiste poi un quarto gruppo di bambini chiamati insicuri-disorganizzati (gruppo
D) il cui comportamento non corrisponde a nessuna delle tre categorie individuate dalla
Ainsworth.
Va notato comunque che, sebbene la sensibilità della madre possa giocare un ruolo
fondamentale nello stabilire il tono iniziale della relazione, una volta che particolari modelli
di comunicazione si sono stabiliti in una diade, essi tendono ad essere mantenuti da
entrambi i partner. Così:
le madri dei bambini che erano stati evitanti nella Strange Situation desideravano
giocare con i propri figli, purché essi stessero esplorando i giochi con piacere; viceversa
si allontanavano quando i bambini mostravano sentimenti negativi.
D’altra parte gli stessi bambini evitanti non tendevano a comunicare con i loro
genitori o a cercare il contatto fisico con loro nei momenti di disagio dovuti alla
separazione.
I bambini sicuri, al contrario, non stavano mai lontani dai genitori quando si
sentivano infelici.
Le loro madri li guardavano tranquillamente giocare tenendosi da parte finché i
bambini non avevano bisogno di loro; in tal caso, ai primi segni di disagio, si univano a
loro sostenendoli. Inge Bretherton suggerisce che le distorsioni dei modelli di
32
comunicazione possono cominciare molto presto, anche molto prima che il bambino
acquisisca il linguaggio.

Privazione, separazione, perdita


“La propensione ad esperire l’angoscia per la separazione e il dolore per la perdita
sono i risultati ineluttabili di una relazione d’amore, del fatto di voler bene a qualcuno”
(Bowlby, 1973).
Per la salute mentale del bambino è necessario che egli venga allevato e cresciuto
in un’atmosfera calda, e sia unito alla propria madre (o alla persona che ne fa le veci) da
un legame intimo e costante, fonte per entrambi di soddisfazione e di gioia. È questo
l’elemento preventivo per eccellenza, l’aspetto basilare che consente all’individuo un
normale sviluppo fisico, intellettivo e di personalità.
Bowlby definisce dunque con il termine ‘carenza di cure materne’ tutte le svariate
situazioni in cui il bambino non gode di un legame affettivo di questo tipo.
Le ripercussioni della privazione di cure materne variano in funzione
dell’intensità di quest’ultima. Se parziale la privazione può provocare emozioni e impulsi
violenti e incontrollabili da parte del bambino il quale, è fisiologicamente e
psicologicamente immaturo, può subire alterazioni della struttura psichica e manifestare
reazioni varie ad effetto spesso cumulativo o ripetitivo, suscettibili di produrre sintomi
nevrotici ed instabilità del carattere.
La carenza totale di cure materne provoca ripercussioni ancora più lontane sullo
sviluppo del carattere e può compromettere definitivamente la facoltà di stabilire contatti
affettivi. I danni che una privazione può causare non sempre sono visibili ad una
osservazione superficiale, tuttavia molti studi hanno mostrato come essa si rifletta
variamente sulle diverse zone della funzionalità umana.
Nell’infanzia una privazione colpisce allo stesso tempo tanti processi psicologici
da far apparire il bambino irrimediabilmente ritardato. Tuttavia è ormai assodato che a
seconda dell’età in cui si instaura, la privazione determina sia le funzioni che saranno
colpite sia la gravità del fenomeno. Tra le funzioni dell’intelletto sembra che le più colpite
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siano il linguaggio (ed in special modo la facoltà di espressione verbale, più che quella di
comprensione) e la capacità di astrazione. Tra i processi attinenti alla personalità invece
sembrano più vulnerabili quelli che determinano la capacità di mantenere e stabilire solidi
e significativi rapporti con gli altri o di controllare l’impulsività in vista di scopi più
lontani.
Attingendo da una vasta letteratura Bowlby è in grado di descrivere le
caratteristiche del bambino privo delle cure materne: egli appare apatico, silenzioso,
infelice e indifferente al sorriso e alle voci. Altre caratteristiche sono: apprensione e
tristezza, fuga dalla realtà (che può arrivare ad un rifiuto completo di essa), insonnia,
mancanza di appetito, diminuzione di peso e predisposizione alle infezioni (che diventano
ricorrenti). Non vi è alcun tentativo di contatto interpersonale e il bambino rimane spesso
“seduto o sdraiato in uno stato di ebete stupore” (Bowlby J., 1953). Questa sindrome è
caratteristica solo di quei bambini che hanno avuto un legame armonioso con la madre fino
a sei-nove mesi, prima di essere separati da essa, e che non hanno potuto in seguito
usufruire di un adeguato sostituto materno. Infatti, i bambini che prima della separazione
avevano avuto con la madre un rapporto infelice non presentano la sindrome sopra
descritta (secondo Bowlby in quanto già lesi nello sviluppo e danneggiati da tempo nella
loro capacità di amare).
La vulnerabilità dei bambini alla carenza di cure materne è considerevole ancora
tra i tre e i cinque anni, ma la sua intensità decresce progressivamente. Il cambiamento
più consistente è determinato dall’acquisizione progressiva da parte del bambino del senso
del tempo, per cui a partire dai tre anni circa, il piccolo non vive più solo nel presente, ma
inizia ad essere in grado di capire che esiste un tempo in cui la madre ritornerà.
L’acquisizione del linguaggio poi consente al bambino non solo di ricevere informazioni
e spiegazioni, ma anche di manifestare e comunicare il proprio disagio. La situazione
diventa maggiormente gestibile sia per lui che per gli adulti che lo circondano.
Dopo i cinque anni la vulnerabilità diminuisce ancora. Esistono, tuttavia, bambini
che a cinque e anche sette anni non sono capaci di adattarsi in modo soddisfacente alle
separazioni, soprattutto se queste sono improvvise.
Contrariamente a quanto abbiamo potuto constatare nel caso di bambini più piccoli,
34
i bambini dai cinque agli otto anni sopportano più facilmente la separazione quanto più
hanno goduto di buoni rapporti con la propria madre. Un bambino felice, fiducioso
nell’amore che gli reca la madre, non diventa patologicamente ansioso; è il bambino in
stato d’insicurezza, incerto sui sentimenti che la madre nutre verso di lui, che può facilmente
mal interpretare l’avvenimento della separazione.

La separazione del bambino dalla madre.


Dalle osservazioni compiute in ospedale, Bowlby e Robertson hanno potuto
individuare tre fasi con caratteristiche specifiche:

La protesta:
In questa fase i bambini piangevano ed invocavano amaramente i loro genitori e
rifiutavano ogni aiuto proveniente dallo staff medico che tentava di distrarli. La protesta
riemergeva anche quando questi bambini venivano riuniti ai genitori, i quali divenivano
oggetto di un misto di sentimenti e comportamenti, che andavano dal rifiuto (che poteva
giungere fino all’incapacità dei bambini di riconoscere i loro genitori), agli attacchi adirati,
agli abbracci stretti e prolungati.

Il ritiro in sé stessi:
I bambini osservati in questa fase si isolavano dai coetanei, fissavano immobili il
vuoto, giocando e mangiando molto poco. Dopo la protesta, dunque, subentravano noia ed
apatia.

Il distacco. I bambini tornavano ad essere attivi dando così l’impressione di essere


guariti. Tuttavia, se l’ospedalizzazione era prolungata, le loro relazioni (con adulti e
coetanei) si mostravano superficiali e autocentrate, se paragonate a prima. Il distacco
emotivo dei bambini verso le persone che li circondano è la caratteristica fondamentale di
questa fase.

35
Considerazioni conclusive
La teoria dell’attaccamento offre una cornice di riferimento fondamentale sia per
lo studio della prima infanzia e delle relazioni madre-padre-bambino, che per ambiti come
quello educativo e formativo. Vengono introdotti il costrutto dell’attaccamento; l’utilizzo
della strange situation e le correlazioni tra pattern di attaccamento nel bambino e
nell’adulto. Gli effetti di una “base sicura” o al contrario della trascuratezza,
deprivazione, maltrattamento, abuso, sono visti sia alla luce dello sviluppo neuropsichico
e relazionale del bambino, sia in funzione della comprensione della psicopatologia
dell’infanzia. Il contributo allo studio della relazione adulto di riferimento-bambino ha
determinato lo sviluppo di modalità di intervento centrate su un approccio non neutrale,
di sostegno all’accudimento e allo sviluppo di relazioni empatiche.

36
TEORIA DI VYGOTSKIJ E I CONTESTUALISTI

Nella psicologia tradizionalmente il singolo individuo e la società sono due entità


distinte anche se interagenti, ma per Vygotskij e i contestualisti l’individuo è parte
integrante della società; il suo comportamento va compreso nel mondo in cui vive, nel
suo contesto (lo affermano anche la teoria evoluzionista e Gibson) o contesto-specifico
(neopiagetiani).

A.Vengono estese le idee di Marx ed Engels: Gli uomini trasformano


se stessi con il lavoro e l’uso di strumenti (condizioni di lavoro, relazioni
professionali, strumenti professionali e psicologici come il linguaggio),
modificano il loro modo di pensare.

B. La collettività sociale deve condividere non solo le risorse materiali


ma anche le sue conoscenze per offrire a tutti lo sviluppo cognitivo.

C. Secondo la natura dialettica del cambiamento, si verificano conflitti


che condizionano lo sviluppo.

Il bambino-attivo-in-un-contesto è la più piccola unità di studio significativa. Il


contesto socio- storico-culturale definisce e plasma ogni bambino e la sua esperienza.
Ma anche il bambino esercita un’influenza sul contesto: i suoi obiettivi e le sue
esigenze coinvolgono l’ambiente. La cultura è in gran parte la risposta di un gruppo al
proprio contesto ecologico e fisico. I contesti culturali sono classificabili secondo 4
livelli:
1. Microsistema: modello di attività tipo faccia a faccia (casa, scuola,
gruppo coetanei);

2. Mesosistema: insieme dei collegamenti fra due o più situazioni che


coinvolgono il bambino;

3. Esosistema: insieme dei collegamenti fra due o più situazioni di


cui uno non coinvolge il bambino (famiglie + ambiente di lavoro del
padre);

37
4. Macrosistema: modello comprendente i primi 3.

La cultura influenza il bambino in situazioni quali:


a) Ciò che i bambini pensano e in quali campi apprendono determinate
capacità (scuola, sport…);

b)La modalità di ottenere informazioni (da altri bambini, da adulti,


verbalmente…)

c) I tempi in cui i bambini vengono ammessi a partecipare a certe attività


(lavoro, sesso, …)

d)Possibilità di partecipare a certe attività (solo maschi o femmine,


classi sociali, …)

I fattori che influenzano la cultura sono per esempio: il clima, l’habitat,


l’ambiente urbano o rurale, densità della popolazione, igiene, rischi fisici.

Scaffolding e zona di sviluppo prossimale


La zona di sviluppo prossimale è definita da Vygotskij come la distanza di
apprendimento che intercorre fra il problem-solving autonomo ed il livello più alto di
“sviluppo potenziale” individuato da una persona di riferimento nell’educazione.
L’educatore deve presentare attività che richiedono un livello leggermente superiore
rispetto a quanto già pienamente maturato dal bambino. L’unico “buon apprendimento”
è quello in anticipo allo sviluppo. Piaget considerava l’apprendimento del bambino
formato da una serie di stadi, il raggiungimento dello stadio successivo avviene per
maturazione cognitiva e superamento di quello precedente.
Vygotskij, al contrario, considerava il bambino come dotato di un potenziale
che gli permette di acquisire nuove conoscenze nel momento in cui entra in contatto
con soggetti aventi una maturazione cognitiva e una cultura maggiore di quella
presentata dal bambino stesso. Questo scambio di competenze avviene nella zona di
sviluppo prossimale e l’aiuto e il supporto fornito al bambino da un adulto (genitore
o tutor) prende il nome di scaffolding. Il termine scaffolding deriva dalla parola

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inglese scaffold, che, letteralmente, indica “impalcatura” o “ponteggio”, ovvero
attrezzi usati dagli operai per svolgere un lavoro di costruzione. Quindi, così come gli
operai costruiscono una casa, l’adulto o il tutor aiuta il bambino a costruire le proprie
competenze cognitive. Il termine scaffolding è quindi usato per indicare l’aiuto, il
sostegno, dato da una persona competente a un’altra, per apprendere nuove nozioni o
abilità (Wood, Bruner, & Ross, 1976).
Questo termine fu utilizzato per la prima volta in un articolo scritto da Wood,
Bruner e Ross pubblicato dal Journal of Child Psychology and Psychiatry in cui si
presentavano i risultati ottenuti da uno studio in cui si osservavano un tutor e un
bambino impegnati nella costruzione di una piramide tridimensionale con blocchi di
legno.
I risultati evidenziarono che quando il bambino era supportato e sostenuto dal
tutor era in grado di implementare e arricchire al meglio le sue capacità cognitive.
Questa posizione deriva dall’assunto che ognuno possiede un potenziale cognitivo che
può essere arricchito e corredato per mezzo dell’interazione con una persona più
competente. Lo spazio dell’interazione, zona di sviluppo prossimale, costituisce una
area di apprendimento in cui le capacità cognitive del bambino aumentano e possono
essere sviluppate delle nuove forme di conoscenza.
Inoltre, nell’articolo, gli autori evidenziano che il sostegno dato dal tutor al
bambino deve essere un processo in divenire perché adattato ai progressi dell’allievo.
Quindi, è un supporto costante e sempre in evoluzione che porta il bambino
all’attuazione delle competenze acquisite in piena autonomia. Lo scaffolding è usato
anche attualmente quando uno studente è in difficoltà nell’ambito dell’acquisizione
di nuove nozioni in ambito scolastico.

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Considerazioni conclusive
L’assimilazione del lavoro di Vygotskij a quello della psicologia dello sviluppo
contemporanea fornisce un esempio interessante per lo studio delle influenze socio-
culturali sulla scienza.
I punti di forza dell’approccio contestualista sono la sua attenzione per il contesto
socio-culturale dell’evoluzione, l’integrazione degli apprendimenti quotidiani nello
sviluppo e la sensibilità alla varietà dell’evoluzione. Inoltre, come abbiamo visto, il
concetto di zona di sviluppo prossimale ha promosso l’elaborazione di studi e ricerche
che oggi hanno consentito di mettere a punto raffinate ed efficaci modalità di facilitazione
degli apprendimenti come lo scaffolding e il fading.

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BIBLIOGRAFIA

Attili G., Attaccamento e Amore, Il Mulino, Bologna 2004

Bruner J. S., Prime fasi dello sviluppo cognitivo, Armando Editore, Roma 1991

Lucangeli D., 10° Convegno Internazionale “La Qualità dell’integrazione scolastica


e sociale”, Erickson, Trento 2015.

Miller P.H., Teorie dello sviluppo psicologico, Il Mulino, Bologna 2019

Siegel Daniel J., Hartzell Mary, Errori da non ripetere. Come la conoscenza della
propria storia aiuta a essere genitori. Raffaello Cortina Editore, Firenze 2016

Vygotskij L. S., Il processo cognitivo, Bollati Boringhieri, Torino 1980

Winnicott D. W., Gioco e realtà, Armando Editore, Roma 2005

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