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IL MONDO INTERPERSONALE DEL BAMBINO di DANIEL STERN

Daniel N. Stern (1934 a New York- 2012 Ginevra)

Laureato in Psicologia presso l’Harvard University (1956) e specializzatosi in Psichiatria all’Albert


Einstein College (1960). Impegnato nel campo della ricerca e della pratica clinica nell’ambito
dell’osservazione del comportamento infantile, avvia la sua prima osservazione negli anni’50
inspirandosi al lavoro sui cuccioli di gatto di Jay S. Rosenblatt presso l’American Museum of Natural
History (NY). Dall’osservazione del loro comportamento - i gattini fin dal primo giorno di vita si
dirigevano verso il capezzolo della propria madre - Stern inizia a volere dimostrare quanto sia
precoce e naturale l’apprendimento della funzione interattiva tra genitori e figli, lavorando alla
interrelazione tra psicologia dello sviluppo e psicoterapia psicodinamica.

INFANT RESEARCH: osservazione diretta

Stern, a differenza dei suoi predecessori, ha usato l'osservazione diretta dei bambini come modalità
principale del suo lavoro. Questo uso dell'osservazione diretta rappresenta ciò che Stern definì
il “bambino osservato”, opponendolo concettualmente al “bambino clinico”. In precedenza la
psicoanalisi si basava principalmente sulla clinica infantile per la costruzione della teoria. Il bambino
clinico è quel bambino che “viene alla luce” ricostruendo le esperienze dei pazienti adulti in
psicoanalisi. Stern propose invece di costruire la sua teoria a partire dall'osservazione reale e diretta
dei bambini.

Ha approfondito lo sviluppo del bambino nei primi anni di vita in riferimento alle sue competenze
e agli stili interattivi, alla esplorazione della vita intrapsichica e alle modalità di costruzione del
senso di Sè.

Ha individuato modalità di “dialogo interattivo”, configurato dall’apporto attivo di ciascun polo della
relazione. I risultati delle sue ricerche portano un contributo profondamente innovativo alle teorie
dello sviluppo infantile. Lui elabora una teoria della mente a partenza dall’osservazione, teoria che
riunisce in sé concezioni tradizionali dello sviluppo infantile, contributi dell’approccio cognitivo-
comportamentale e di quello psicodinamico-relazionale.

Privilegiando una prospettiva di studio intersoggettiva, l’assunto base di Daniel Stern configura lo
sviluppo infantile entro un contesto relazionale ove il bambino e il proprio caregiver primario si
orientano, fin dai primi momenti interattivi, mediante uno scambio emotivo-affettivo reciproco,
nonché costante sul piano fisico e psicologico; entro tale prospettiva, avvia una sfida alle teorie
sullo sviluppo infantile e sugli schemi evolutivi, per la scelta di un approccio normativo, piuttosto che
patomorfico, prospettico piuttosto che retrospettivo.

Focalizzandosi sul processo di riorganizzazione delle prospettive soggettive sul Sé e sull’altro, egli
delinea la progressiva maturazione dell’individuo rispetto ad un modello che si struttura lungo
quattro differenti tipologie e sensi del Sé (emergente, nucleare, soggettivo, narrativo), al cui interno
ogni esperienza nasce in un preciso momento evolutivo; le sue scoperte sui cambiamenti e sui
passaggi evolutivi avvengono attraversando gli stadi dello sviluppo del Sé e si configurano entro un
moving along, ovvero, un movimento evolutivo progressivo che comprende avvicinamenti,
frustrazioni, adattamenti e cambiamenti, che conduce al processo d’individuazione psichica.
Daniel Stern concentra la sua osservazione scientifica particolarmente sugli aspetti del mondo
rappresentazionale, piuttosto che sulle strutture mentali, non esperite e dunque slegate
dall’esperienza; contrariamente ad altre precedenti visioni psicoanalitiche, per le quali il neonato è
rappresentato simbioticamente con la figura di accudimento primario dalla quale gradualmente
impara a riconoscersi per raggiungere un’adeguata autonomia, egli ritiene invece che già dalla
nascita il bambino utilizzi come soggetto empatico le proprie capacità ed intenzionalità
intersoggettive, finalizzate all’incontro con l’altro. In tale ottica, egli concettualizza gli “schemi
dell’essere con”, che si configurano nell’interazione del bambino con il caregiver e si organizzano
entro un “modo di essere con” che fornisce la rappresentazione dell’esperienza interpersonale.

Gli incontri intersoggettivi sono di durata relativamente breve. Essi sono generati in uno o più
momenti presenti. Pertanto, il momento presente rimane una fondamentale unità del processo di
co-creazione della matrice intersoggettiva. Concludendo, la teoria intersoggettiva elaborata da
Daniel N. Stern, riferita allo studio del “mondo interpersonale del bambino” (1985), ha costituito e
ha individuato una innovativa configurazione dello sviluppo infantile, ove il bambino ed il proprio
caregiver primario si orientano, fin dai primi momenti interattivi, mediante uno scambio emotivo-
affettivo reciproco. Tale prospettiva, offrendo una valida alternativa ad altre concettualizzazioni
sull’infant research, ha assunto particolare importanza per gli studiosi ma è diventata di
fondamentale interesse per l’ampliarsi di ulteriori direzioni e gruppi di ricerca.

LA TEORIA DI DANIEL STERN

Ha osservato coppie mamma/bambino “sane” nelle loro case, nel periodo fra la nascita e i due anni
di età.

Cosa ha osservato?

Molteplici cose: espressioni faciali, movimenti, spazio interpersonale, attivazioni, stimolazioni


sensoriali e cognitive, eccessi o difetti….

Emerge subito che nel flusso continuo di interazione mamma/bambino (allattamento, pulizia,
gioco….) ci sono momenti di sospensione delle attività, che sono momenti fondamentali.

I comportamenti materni sono la materia prima proveniente dal mondo esterno, l’elemento principe
di interazione sociale per il neonato. La madre ha comportamenti particolari con il neonato, diversi
da quelli che tiene con bambini più grandi. Sono condotte indotte dalle caratteristiche fisiche e dai
tratti distintivi del neonato, sono prevedibili e stereotipate. È la risposta al Prototipo infantile di
Lorenz. Il neonato stimola questi tipi di comportamenti in tutti gli individui della specie, già dai 6 anni
di età (anche molto prima, per esperienza).

Da parte sua il neonato viene al mondo con una INNATA ATTITUDINE SOCIALE

• Sguardo. Nasce con una predisposizione ad interessarsi al volto umano, da subito è in


grado di mettere a fuoco ciò che è a circa 20 cm dai suoi occhi, non la tetta, ma il volto della
mamma che lo guarda. L’apparato visivo motorio è il più precoce a svilupparsi, così la visione
frontale indica contatto, la laterale ambivalenza, mentre l’ evitamento abbassando gli occhi
o girando la testa indica il desiderio di interrompere l’interazione sociale.
• Espressioni faciali così come il sorriso o il pianto causano proiezioni dell’adulto e si
trasformano presto in mezzo di comunicazione sociale.
• Innata capacità di attivarsi attraverso adeguati stimoli esterni.
Tutto questo per sottolineare che, secondo le osservazioni e la successiva teoria elaborata da Stern,
il neonato possiede meccanismi di messa in atto di interazione sociale cui corrispondono nelle madri
schemi innati integrati di risposta. Non c’è apprendimento, sono caratteristiche innate.

Un neonato molto diverso dal Prototipo, stimola molto meno nell’adulto, anche nella madre,
questo adeguato comportamento.

Un neonato che sia espressione del Prototipo Infantile (con tutte le differenze che ogni neonato
presenta rispetto ad un altro) stimola nella MADRE schemi comportamentali INNATI:

La madre, quindi ha delle risposte innate per interagire con il suo neonato. Quali?

• Espressioni facciali. Il volto inespressivo funge da segnale di evitamento della disponibilità


all’interazione, la sorpresa attiva
• Vocalizzi: tono, intensità, ritmo e sue modificazioni. Così si mantiene viva l’attenzione e si
modifica rispetto all’eccitazione indotta. Brevi discorsi cui seguono pause necessarie alla
elaborazione mentale del neonato. 300msec., il tempo “della risposta” e tutto questo
avviene spontaneamente se tutto sta andando bene. La vocalizzazione all’unisono avviene
quando l’interazione è particolarmente intensa.
• Lo sguardo: importantissimo. Il fissarsi della m e del piccolo ha tempi più lunghi che fra gli
adulti ed è a schema invertito. La m. parla e fissa, e quando tace lo fissa ad intervalli.
Nell’adulto chi ascolta fissa, e chi parla lo fa ad intervalli.
• Il simultaneo guardare e “parlare” è un forte invito al gioco sociale. Lo spazio
interpersonale di 60 cm circa normalmente, viene superato fino al contatto naso-naso.
• Grande rilevanza i comportamenti che chiudono l’interazione ai fini di una equilibrata
relazione: espressività neutra, silenzio, evitamento dello sguardo, allontanamento.

Punto importante che pone Stern in contraddizione con la Mahler: il neonato non tende affatto
all’omeostasi, ma è disponibile all’eccitazione; va però esposto a stimoli ben calibrati rispetto alle
sue capacità recettive.

Una stimolazione equilibrata è necessaria per la maturazione dei suoi apparati percettivi, motori,
cognitivi e la capacità del neonato di attivarsi per effetto degli stimoli esterni è innata.

Come deve essere lo STIMOLO? Intensità adeguata che mantiene attiva l’attenzione, quindi
complessità e novità.

Stern ha osservato che se lo stimolo inizialmente adeguato si ripete identico a se stesso per più di 6
volte, fa cadere l’attenzione. Ma se le variazioni sono eccessive, disturbano il bambino.

Quando lo stimolo si ripete, si crea nel bambino uno SCHEMA MENTALE, e se le modificazioni non
sono troppo intense, l’attenzione rimane alta e crea nel piccolo una sorta di previsione, basandosi
sullo schema mentale che si è andato formando grazie a stimoli simili precedenti.

L’eccitazione per mezzo degli stimoli esterni determina il livello di attenzione.

Il processo prevede: Eccitamento- stimolazione - attenzione (e viceversa).


Se lo stimolo è troppo alto o troppo basso subentrano manovre di estinzione dell’attenzione e ciò
avviene in cooperazione con la madre.

L’eccitamento, dapprima legato a stimolazioni sensoriali, viene poi attivato da stimolazioni cognitive
legate alla “previsione” e quindi a esperienze cognitive di tipo affettivo. L’obiettivo fondamentale dei
comportamenti sociali fra m e b è il divertimento..

M e b cooperano nel regolare la qualità, la quantità e la durata degli stimoli per mantenere
interesse e divertimento. Modulazioni continue, reciproche, in un feed-bak in cui m e b tendono a
raggiungere insieme lo stesso obiettivo, con livelli ottimali di attenzione, interesse, divertimento.
Reciproco equilibrio con modificazioni progressive e continue dei livelli assoluti di tolleranza che si
fanno sempre più ampi. Questa è la DANZA fra m e b di cui parla Stern

Continue trasgressioni al limite di tollerabilità costituiscono frustrazioni ottimali e costringono il


bambino ad affrontare nuovi adattamenti. Se una m. non affronta il rischio di queste trasgressioni,
limiterà la capacità di adattamento del bambino, ma se esagera, potrà ugualmente provocare
danno in tal senso.

Il momento ludico per essere efficace ha bisogno di alcune caratteristiche:

• Interruzione di ogni altra attività


• Faccia a faccia
• Saluto
• Fase attiva (canto, cullamento, toccatine, tipico di ogni coppia mamma/bambino, regolare
con piccole variazioni)
• Fase passiva ( subentra il silenzio, l’interruzione del contatto visivo e il faccia a faccia, e si
conclude)

Il bambino è fornito di segnatempo innati che gli consentono di valutare i ritmi, fare previsioni,
elaborare aspettative; la m. mette in atto istintivamente comportamenti ritmici con giusti
intervalli e variazioni che stimolano le capacità cognitive del bambino

Si vanno formando nel bambino schemi mentali, frutto dell’esperienza senso-motoria e senso-
percettiva con gli oggetti, ma con l’oggetto VIVO si associa l’esperienza eccitatorio-affettiva. Il
bambino, quindi elabora RAPPRESENTAZIONI che sono il frutto dell’esperienza senso-motoria,
senso-percettiva, eccitatorio-affettiva, e che la madre favorisce col suo comportamento.

Da queste rappresentazioni che sono le tracce mnestiche di integrazione dei tre tipi di esperienza
vissuta, si crea un RAPPORTO.

Il rapporto non è altro che un processo caratterizzato da una storia che influenza l’evoluzione della
storia stessa. (rapporto buono-madre buona; rapporto cattivo-madre cattiva). Il rapporto cattivo
deriva da “passi sbagliati di danza di uno dei due danzatori” Ad esempio, una m invadente,
eccessiva, aggressiva, dà un eccesso di stimolo, una madre depressa una carenza di stimolo, una m
ambivalente, spesso assente, con troppe figure vicarianti dà una stimolazione senza ritmo,
disturbante.
STERN: la sua ipotesi sulla crescita del bambino attraverso modalità relazionali
Lo sviluppo del bambino avviene in un lasso di tempo che si può anche suddividere in fasi, ma pone
soprattutto l’accento sull’importanza del SENSO SOGGETTIVO DEL SE’ come organizzatore primario
dello sviluppo.

Elabora una teoria sistematica circa l’evoluzione delle prospettive soggettive organizzanti il senso
di sé e il senso di sé con l’altro. Ciò avviene principalmente nel periodo PREVERBALE, 0-2 anni, e
succede man mano emergono nuove capacità, nuove funzioni, nuovi comportamenti, come i dati di
osservazione testimoniano.

L’osservazione è la linea guida sia per la Mahler che per Stern, ma con angoli di visuale differenti.

L’emergenza di differenti sensi di sé e di differenti modalità di esperienza intersoggettiva


determina la comparsa di nuovi CAMPI RELAZIONALI che rimangono attivi tutta la vita, anche se il
periodo sensibile (0-2 anni) è particolarmente importante perché tutto avvenga in modo tale da
comportare uno sviluppo armonico.

Contrariamente agli psicoanalisti di prima generazione, Daniel Stern ha stipulato l'esistenza di un


senso emergente del sé a partire dalla nascita.
Nel suo libro, “Il mondo interpersonale del bambino”, descrive lo sviluppo di quattro sensi del sé
interrelati.
Questi sensi del sé si sviluppano per tutta la vita, ma compiono importanti passi evolutivi durante
periodi delicati, come ad esempio i primi due anni di vita.
La madre o altre figure di attaccamento primarie svolgono un ruolo fondamentale nell'aiutare il
bambino in questo processo di sviluppo.
Queste non sono fasi di sviluppo separate: l'organizzazione del sé procede per tappe sovrapposte.
Verranno adesso analizzate più nel dettaglio.
Present momenti: questi possono essere descritti come momenti di relazione emotiva intersoggettiva
necessari per una crescita positiva.
Il cervello del bambino si sviluppa effettivamente (le connessioni tra i neuroni vengono create) dalla
nascita in poi, attraverso esperienze intersoggettive, come la condivisione dell'affetto e il focus
dell'attenzione.
Nel corso della vita, la relazione emotiva intersoggettiva consentirà di riparare i traumi relazionali
passati ed i legami di attaccamento spezzati e nel processo verranno create nuove connessioni
neurali.

Il senso soggettivo del sé è l’organizzatore primario dello sviluppo, cui si aggiunge il senso di sé con
l’Altro che si va formando nel corso del periodo preverbale ( 0 – 2 anni)
Compaiono sempre più complessi sensi di sé cui corrispondono esperienze interpersonali diverse e
quindi modalità relazionali diverse; la crescita avviene per modalità relazionali: a diverse modalità
relazionali corrispondono campi relazionali diversi che si aprono con la crescita.

LA CRESCITA AVVIENE PER MODALITA’ RELAZIONALI e i campi relazionali sono aperti tutta la vita.

Da 0 a 2 anni, periodo sensibile, la crescita avviene con la formazione dei 4 principali Sensi di sé,
attraverso le modalità precedentemente descritte, cui corrispondono modalità relazionali diverse e
quindi apertura di campi relazionali diversi.

Per STERN i passaggi sono sfumati, non ci sono netti e subitanei cambiamenti e che la formazione
dei vari sensi di sé, indispensabili per la crescita psicologica e mentale del bambino, è ottimale nel
periodo sensibile, ma i canali perché i sensi di sé si possano creare, rimangono aperti tutta la vita.

1. Nascita-> 1° mese: senso di sé EMERGENTE (relazione Emergente e campo relazionale


emergente)
2. 2°-> 4° mese: senso di sé NUCLEARE( relazione nucleare e campo relazionale Nucleare)
3. 5°-> 9° mese: senso di sé SOGGETTIVO(relazione Intersoggettiva e campo relazionale
intersoggettivo)
4. 10° -> 18° mese: senso di sé VERBALE (relazione verbale e campo relazionale verbale)

1. Il CORPO è il regolatore del senso di SE’ EMERGENTE. Il sè non deriva da una


indifferenziazione rispetto alla madre (come ipotizzava Mahler), ma da una sorta di prima
esperienza di ESSERE attraverso la scoperta che l’Altro è influenzato dal proprio modo di
essere: un pianto crea uno stimolo alla madre che si comporterà di conseguenza.

Punto di partenza è il corpo. Al ripetersi di una risposta esterna a sé, il neonato si fa una
sorta di schema mentale. Se c’è una componente affettiva, di divertimento, allora si ha la
“danza” mamma/bambino La capacità innata del neonato di PERCEZIONE AMODALE è
fondamentale: è la capacità di trasferire la percezione da una modalità sensoriale a un’altra

Es: in che modo la percezione amodale può contribuire a formare il senso di sé emergente e
di un Altro emergente?

Il seno della madre: c’è un seno succhiato e un seno visto. Stern afferma che il seno emerge
come una esperienza già integrata nell’accoppiamento delle sensazioni visive e tattili, ed è
altro da sé, fa parte del fuori. Ciò avviene perché l’esperienza presente corrisponde ad un
esperienza già fatta, una sorta di dèja vu.

Insieme a questa caratteristica innata, ce n’è un’altra, sempre innata, o meglio, avviene e
non si sa perché, che è la capacità del neonato di percepire gli AFFETTI VITALI, che non sono
sentimenti che fanno parte dei normali rabbia-disgusto-tristezza-gioia, ma sensazioni
cinetiche, ad esempio come la mamma cambia il pannolino, piega la coperta, come prepara
il letto…come, cioè modi che trasmettono sentimenti, stati d’animo. Ne deriva una
esperienza che fa nascere la percezione dell’Altro.
2. LA MEMORIA è l’organizzatore del senso di SE’ NUCLEARE. L’aver sperimentato la costanza
dei suoi vissuti e la costanza del comportamento materno in risposta, l’aver cioè
sperimentato la presenza di un ALTRO, REGOLATORE DEL SE’.

Cosa viene regolato? Il tono affettivo, la costanza nel senso di coesione del sé, l’esistere in
base alla propria storia. Si forma una sorta di Rappresentazione Interattiva Generalizzata, un
prototipo, ossia il concetto che ritorna alla mente di una esperienza già vissuta, una sorta di
astrazione. Così si crea il compagno evocato, la percezione di essere con un Altro, regolatore
del sé, anche in sua assenza: un lattante di 2-4 mesi riesce a prendere il suo sonaglio, e quel
sonaglio è stato tramite di una attivazione di eccitazione, aiutato dalla mamma; anche in
assenza della mamma riesce a prenderlo, l’eccitazione è molto elevata, come se la m ci
fosse: rivive la stessa sensazione, non è solo, ha il compagno evocato. È l’inizio della
possibilità di vivere separati.

3. E si schiude la possibilità della relazione INTERSOGGETTIVA ( SE’ SOGGETTIVO). In questo


periodo il lattante scopre che l’Altro e lui stesso hanno una mente e quindi si può
condividere. Si condividono ATTENZIONE – INTENZIONI – STATI AFFETTIVI (punta il dito,
espressioni faciali simili, gesti, postura…). Ci sono COMUNI SIGNIFICATI fra sé e l’Altro da sé.
C’è SINTONIZZAZIONE DEGLI AFFETTI. Es. il bambino piange, la m mostra tristezza. Le
sintonizzazioni possono essere perfette imperfette dissonanti. Le dissonanti sono le più
inquietanti per il bambino, quelle imperfette volute, portano invece a capacità adattive utili
per il bambino.

4. È sulla base della SINTONIZZAZIONE che si crea il SE’ VERBALE. La parola in effetti è l’unione
di due menti. Il parlare sociale segue il parlare interpersonale, fatto prima di suoni e
messaggi che sono specifici di quel bambino e della sua mamma, un suono condiviso, poi
diventa un parlare che si apre al mondo esterno. Nel bambino prima esiste il pensiero e la
rappresentazione, poi la parola nasce per rafforzare l’essere con l’altro.

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