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EDUCAZIONE E LIBERTA: IL DIRITTO DI NON AVERE PAURA

PARTE 1 EDUCAZIONE FUNZIONALE ED AMBIENTE SOCIALE

1.1 Educazione e socializzazione


L’educazione è l’arte pratica tramite la quale progredisce la natura umana.
Il suo fine è sviluppare le potenzialità dell’individuo, considerato sia nella sua unicità sia
nella sua dimensione sociale.
I due fattori, quello individuale e quello sociale sono intimamente legati. Esigenza
individuale ed esigenza sociale devono combinarsi, per sviluppare insieme senso di libertà
e senso di responsabilità
L’educazione non può quindi prescindere dalla sua funzione di socializzazione.
(La socializzazione comprende tutto quanto concorre all’inserimento dell’individuo nei gruppi
sociali. Comprende aspetti più informali e spontanei della trasmissione culturale. L’educazione può
essere intesa come l’insieme degli aspetti formalizzati e istituzionalizzati della socializzazione
(implica un rapporto formale tra che insegna e chi apprende, anche se si può parlare di
educazione formale, informale e non formale ))
Educazione e socializzazione hanno un fine pratico: concorrono a liberare l’uomo dal
comportamento istintivo consentendogli di assumere comportamenti individualmente e
socialmente UTILI
Uno dei caratteri costitutivi dell’educazione esprime la necessità che il bambino, alla
nascita dotato di istinti, emozioni e riflessi incondizionati, sia progressivamente trasformato
in un esser e sociale, che conosca i propri doveri e i propri diritti.
Socializzazione è quel processo tramite cui l'individuo diviene parte della società ed
interiorizza le norme, i valori e tutto il patrimonio culturale che la società gli trasmette,
garantendo così - la continuità tra le generazioni – l’adattamento ai mutamenti della
società.
Nel processo di socializzazione si possono distinguere due componenti che corrono
parallelamente:
Identificazione: il riconoscersi simili ad un determinato gruppo.
Individuazione: scoprire la propria specificità personale
Famiglia e scuola sono le principali agenzie di socializzazione.
Con socializzazione primaria ci si riferisce alla socializzazione che avviene nei primi anni
della vita di un individuo (fino ai 3 anni). Si tratta del processo attraverso cui il bambino,
all'interno dell'ambiente circoscritto di poche relazioni significative molto forti (famiglia)
inizia ad essere inserito nella piccola società.
Da qui in piccolo inizia a divenire consapevole della propria identità personale e a percepirsi
diverso dagli altri. Durante questo periodo la famiglia gli trasmette le competenze sociali di base,
cioè il linguaggio e la capacità di relazionarsi con gli altri.
Alla nascita, un bambino, è un essere dotato di grande plasticità entro i limiti posti dalle
caratteristiche biologiche della specie. Le modalità e gli esiti della prima fase di socializzazione
condizionano, ma non determinano le modalità e gli esiti delle fasi successive. L'esperienza della
prima socializzazione, determinerà il rapporto che il bambino crescendo poi manifesterà nei
confronti del mondo. Se la prima socializzazione risulta appagante, se l'attaccamento alla madre
viene ripagato con una buona interpretazione dei bisogni del bambino, egli svilupperà un
atteggiamento positivo nei confronti della vita. La stabilità affettiva, il frequente contatto fisico, sono
tutti fattori che creano nel bambino sicurezza e fiducia in se stesso e nel mondo che lo circonda.
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Tuttavia, il bambino non è solamente un essere che reagisce ai fattori esterni, ma è anche lui il
protagonista insieme ai genitori del rapporto che va formandosi. I genitori nell'educare il bambino
dispongono di una molteplicità di metodi di punizione/premio, la loro efficacia e la loro attuazione
determinerà una buona o una cattiva interiorizzazione delle regole da parte del neonato. Man
mano che l'individuo cresce, i suoi rapporti sociali si estendono dalla madre, alla famiglia, a gradi
sempre più elevati e diversificati.
La socializzazione secondaria è quella che interviene in una seconda fase della vita
degli individui, cioè quando il bambino entra in relazione con altre istituzioni esterne alla
famiglia.
La scuola, dopo la famiglia, è la prima agenzia di socializzazione, è la società intermedia
tra la famiglia e il mondo, serve ad educare il bambino, e poi il ragazzo, preparandolo alla
vita sociale adulta e ai suoi ruoli.
Ha il compito di garantire lo sviluppo di competenze specifiche legate a ruoli particolari. Ogni
individuo ricopre una pluralità di ruoli che si colloca tra loro in sfere separate. Dalla sfera dei ruoli
familiari a quelli professionali ecc. I ruoli cambiano e/o si evolvono nel tempo, inoltre sono tra loro
interdipendenti per cui una svolta nell'ambito di un ruolo può comportare cambiamenti e/o
assestamenti negli altri ruoli che il soggetto ha. La socializzazione secondaria è dunque un
processo continuo, che dura tutto l'arco della vita.
Al di là dei contenuti dell'insegnamento, il soggetto è innanzitutto indotto a socializzarsi
con gli altri attraverso una molteplicità di ruoli che si trova a interpretare di fronte
all'autorità dell'insegnante, la tendenza alla prestazione premiata, la competizione con i
compagni ma anche la cooperazione con i compagni stessi.
Il gruppo dei pari, cioè tra individui che sono formalmente sullo stesso piano e tra i quali
non esiste un rapporto sanzionato di autorità o di subordinazione (compagni di scuola.),
svolge un importante ruolo lungo il processo di socializzazione secondaria.
In particolare l’attività ludica con il gruppo dei pari assume valenza fondamentale per lo
sviluppo del bambino, per il passaggio da uno stato individuale, egocentrico, a uno
sociale, che comprenda l’esistenza e il rispetto dell’altro. Attraverso l’attività ludica e la
relazione con i pari il bambino giunge gradualmente al superamento del proprio
egocentrismo, al controllo delle proprie emozioni e delle proprie reazioni agli stimoli
esterni, alla canalizzazione delle proprie pulsioni istintive.
Nella scuola d’infanzia e primaria è quindi fondamentale integrare l’attività didattica con
l’attività ludica, inserendo giochi di imitazione, di collaborazione, di competizione.
Si tratta di attività da tarare e adeguare alle fasi di sviluppo “sociale” del bambino
(strettamente legate al suo sviluppo cognitivo e psicomotorio):
-il bambino fino a tre-quattro anni ha un comportamento a-sociale, egocentrico, non
interagisce e non si interessa particolarmente all’attività del suo compagno. Nella scuola
d’infanzia i giochi di gruppo hanno una durata che non va al di la dei 3-4 minuti.
(Collegamento Piaget: Superato l'egocentrismo radicale del periodo sensomotorio,0-2
anni, in cui l'ambiente esterno e il proprio corpo non sono compresi come entità diverse,
nello stadio preoperatorio, 2-6 anni, permane però un egocentrismo intellettuale, ovvero il
punto di vista delle altre persone non è differenziato dal proprio, il bambino cioè si
rappresenta le cose solo dal proprio punto di vista. )
- Tra i 4 e i 7 anni compare un comportamento pre-sociale, ma è solo a partire dai 7
anni, quindi nella scuola primaria che compare il comportamento sociale reale. I
gruppi in generale si costituiscono spontaneamente, ma anche su sollecitazione
dell’adulto, a scuola e fuori della scuola; la socializzazione mostra una notevole
evoluzione, nei gruppi si assiste alla Presenza del leader Divisione dei compiti Rispetto di

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regole Sottomissione dell’interesse individuale a quello collettivo Perseguimento di fini
immediati e duraturi Spirito di collaborazione e di squadra.
La scuola per adempiere alla sua funzione di socializzazione deve mettere il bambino al
centro dei programmi e dei metodi scolastici. Le fasi di sviluppo del bambino (considerato
nella sua globalità, come sviluppo fisico, cognitivo, affettivo) sono il bagaglio
imprescindibile nella formazione di e insegnati ed educatori che possano svolgere
un’azione efficace. Qualunque attività deve risultare opportunamente dosata, e adeguata
alle fasi di sviluppo, mai anticipata (può risultare dannosa) o ritardata (risulta inutile). No
improvvisazione.
Altre Agenzie di Socializzazione e conflitti (collegamento a bisogni educativi emergenti)
Le agenzie formali sono le tradizionali agenzie socializzatici (famiglia e scuola). Agenzie informali,
al contrario, sono quelle che non hanno come primo obiettivo quello di socializzare, ma attraverso
di esse l'individui si socializzano (mass media).
Tra gli agenti di socializzazione, ormai sono di primo piano anche i mezzi di comunicazione di
massa in quanto la loro influenza si sovrappone a quella degli altri agenti di socializzazione. È noto
infatti come i mass media e le nuove tecnologie telematiche possono svolgere un'attiva
concorrenza agli altri agenti di socializzazione, talvolta producendo anche dei conflitti di
socializzazione.
Gli agenti di socializzazione agiscono indipendentemente l'uno dall'altro per cui un individuo nel
corso della vita accumula delle esperienze di socializzazione tutt'altro che armoniche e lineari.
L'istituzione della scuola, ad esempio può produrre in un individuo degli effetti incoerenti quando
un insegnante sfiducia e un altro incoraggia uno stesso ragazzo. I mezzi di comunicazione di
massa sono altrettanto incoerenti e producono effetti di dispersione e eterogeneità di messaggi.

1.2 IL BAMBINO: PERCORSI DI CRESCITA E TECNOLOGIE EDUCATIVE


La pedagogia ha ormai da tempo riconosciuto che lo sviluppo del bambino avviene per
fasi.
Fasi di sviluppo secondo DEBESSE:
 Dalla nascita ai tre anni- età della camera del bambino
 Dai 3-7 anni- età del piede di capra o di Pan (gioco)
 Dai 6-13 anni- età dello scolaro
 Dai 12-16 anni- età dell’inquietudine puberale
 Dai 16-20 – età dell’entusiasmo giovanile
I primi sei anni di vita del bambino sono caratterizzato dal gioco, giocando il fanciullo si trasforma,
impara a conoscere il mondo esterno che lo circonda per mezzo dell’esperienza sensoriale,
riconosce oggetti e persone e sa denominarli, diventa padrone di sé mediante il dominio del
proprio sistema motorio e si mette in comunicazione con gli altri individui per mezzo del linguaggio
e dell’azione; i progressi nelle capacità cognitive e linguistiche consentono di sperimentare
relazioni con il gruppo dei pari.
Dopo i sei anni il bambino passa dal gioco al lavoro scolastico, si affina l’attività sensomotoria che
rende possibile attività di coordinazione complessa come la scrittura, si sviluppa la memoria, la
capacità di conoscere per altre vie che non sono solo quelle sensoriali. Aumenta l’interazione, lo
spirito di gruppo, l’influenza esercitata dal gruppo dei pari.
Nell’adolescenza il fenomeno predominante è l’interiorizzazione: il giovane rielabora anche
criticamente ciò che riceve, mette in discussione i messaggi ricevuti dalle autorità tradizionali
(genitori, insegnanti), le relazioni con il gruppo dei pari diventano predominanti, si stringono legami
di amicizia che tendono a diventare più stretti piuttosto che ad aumentare quantitativamente.
Non si insiste mai abbastanza sul fatto che l’attività educativa deve essere appropriata alle
peculiarità delle fasi di sviluppo, sviluppo che va considerato in tutte le sue componenti,
cognitive, fisiche ed affettive.
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L’ingiustizia dell’adulto nasce il più delle volte dall’ignoranza profonda delle esigenze
fisiche e psichiche del bambino.
E’ compito dell’insegnante non solo conoscere i contenuti da trasmettere, ma i tempi
successione, gli strumenti più idonei, i modi.
L’insegnamento non è una trasmissione di conoscenze, non è un semplice passare
mattoni, e il bambino non è ne’ una tabula rasa da riempire, ne’ un adulto in miniatura, né
un essere incompleto, ma un individuo, un soggetto completo che agisce e reagisce
secondo modalità che sono propri della sua fase evolutiva e della sua specificità.
L’educatore deve avere una preparazione, ma questo non basta, nella pratica l’educazione è
un’arte che richiede non solo di saper fare, ma anche di saper essere.
Particolare attenzione va data alla componente emotiva, motore dell’apprendimento:
l’educatore deve possedere anche quelle competenze umane, che consentono di
osservare e comprendere il vissuto emotivo altrui e gestire il proprio. Instaurare una
relazione educativa positiva, basata su ascolto, accettazione, dialogo, empatia per evitare
blocchi dovuti all’ansia, alla paura, alla vergogna.
Anche gli atteggiamenti dell’educatore, la comunicazione non verbale trasmettono un messaggio
che può risultare dannoso o stimolante.
Ogni bambino cui l’educatore si rivolge è diverso, e diversa e personalizzata dev’essere
l’azione educativa, in modo da valorizzare le differenze, compensare le difficoltà, far
emergere i talenti.
E proprio a riguardo della personalizzazione dell’intervento didattico è necessario valutare le
possibilità offerte dalle nuove tecnologie informatiche.
Un’ulteriore sfida per l’intero sistema educativo è rappresentata dall’inserimento di nuove
tecnologie nel processo di insegnamento-apprendimento. I bambini sembrano avere una
naturale predisposizione all’utilizzo di queste tecnologie. L’educatore di oggi deve essere
padrone delle tecnologie, identificando sia le potenzialità che i rischi del loro impiego.
La scuola deve considerare le nuove tecnologie non come nemiche ma come valide alleati
della didattica.
I sussidi audiovisivi, il pc, la rete hanno un grande potenziale didattico, indispensabile con alunni
che presentano difficoltà, ma efficaci per tutti.
Con un filmato a parità di tempo si impara di più e si trattiene più a lungo. Gli audiovisivi possono
essere utilizzati dopo i quattro - 6 anni, quando l’attenzione visiva cresce, E’ bene ricordare che
quando il tema non è ricreativo ma logico la durata di attenzione massima è di 15 minuti,
I computer sono ottime macchine per insegnare e apprendere: i programmi informatici, hanno
caratteristiche di flessibilità e adattamento maggiori del classico libro di carta, comprendono
percorsi alternativi, esempi diversi, multimedialità, feedback continui che un singolo insegnante
non potrebbe garantire contemporaneamente ad una classe di 25 allievi (Skinner, psicologo
comportamentista, anni ’50, istruzione programmata e macchine per insegnare)
Nei casi di difficoltà di concentrazione o di coordinazione, liberare l’alunno dalla “esecuzione
manuale” del compito, dalla fatica di scrivere carta e penna permette loro di concentrare
l’attenzione sul procedimento logico del compito.
L’utilizzo delle tecnologie e dei mass media richiede comunque la guida e l’attenzione
dell’educatore, per abituare i bambini a vedere nei sussidi tecnologici un mezzo utile per imparare,
per ottenere informazioni, non solo per un uso ricreativo. Vedi bisogni educativi emergenti

1.3 EDUCAZIONE E SVILUPPO DELLE POTENZIALITÀ DEL BAMBINO

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Il bambino non è ne’ una tabula rasa da riempire, ne’ un adulto in miniatura, né un essere
incompleto, ma un individuo, un soggetto completo che agisce e reagisce secondo
modalità che sono propri della sua fase evolutiva e della sua specificità (studi di Piaget)
Lo sviluppo del bambino è un insieme complesso di fattori genetici e ambientali, fisici e
psicologici, cognitivi ed emotivi strettamente interconnessi
In ogni fase della crescita maturano specifiche capacità ed è in relazione alle fasi di
sviluppo che possono essere proposte determinate attività. Ogni età ha i suoi bisogni, le
sue motivazioni, le sue energie psico-fisiche.
Sviluppo cognitivo: Certi meccanismi di pensiero, propri dell’adulto, non sono presenti nel
bambino, che ad esempio, prima dei sette anni (prima della fase delle operazioni concrete definita
da Piaget) non possiede la nozione di classe, di numero, di seriazione (ordinare mentalmente gli
oggetti secondo dimensioni astratte come grandezza o peso), di reversibilità, di conservazione
(comprendere che un oggetto non cambia di quantità anche se cambia la sua forma o disposizione
nello spazio)
Sviluppo emotivo: sino ai sei anni il bambino è in uno stato di dipendenza affettiva, solo in
seguito acquista indipendenza, e autonomia, capacità di essere cosciente dei propri sentimenti,
connotandoli positivamente o negativamente. E’ tra i sei e gli undici anni che conquista la
progressiva abilità di contenere impulsi e reazioni.
Sviluppo sociale: i progressi nelle capacità cognitive e linguistiche consentono di sperimentare
relazioni con glia altri, ma solo dopo i sei anni lo sviluppo emotivo permette al bambino di
riconoscere emotivamente l’altro, di superare la visione totalmente egocentrica che caratterizza la
prima infanzia. Si nota osservando il gioco: a tre-4 anni il bambino gioca da solo, poi vicino a
qualcun altro ma il vero gioco collettivo è possibile solo quando riesce stabilmente a mettersi nei
panni dell’altro. Solo dopo gli otto anni è possibile partecipare a giochi competitivi con regole, a
giochi di squadra con ruoli.
Considerazioni essenziali:
Qualunque attività deve risultare opportunamente dosata, e adeguata alle fasi di
sviluppo, mai anticipata (può risultare dannosa) o ritardata (risulta inutile).
 Ogni stadio dello sviluppo dipende da quello precedente e incide su quello
successivo.
 Tra i diversi aspetti dello sviluppo c’è una stretta interdipendenza (es lo sviluppo
motorio influenza lo sviluppo del pensiero, lo sviluppo cognitivo è strettamente
collegato all’acquisizione del linguaggio, lo sviluppo linguistico permette lo sviluppo
delle relazioni sociali e delle competenze emotive, così come un ritardo nello
sviluppo motorio può provocare conseguenze negative nella sfera cognitiva, sociale
ed emotiva)
 le esperienze educative, affettive e sociali che il bambino compie non sono mai
circoscritte solo nel presente, ma hanno una risonanza importante sul futuro
dell’individuo.
DOMAN (fisioterapista americano che negli anni 50 inizia a lavorare in un istituto per il recupero di
bambini celebrolesi. Molti dei bambini in cura da Doman riescono a superare in capacità i loro
coetanei considerati normodotati. Riflettendo su questo, lo studioso inizia a pensare che
l’educazione a cui si sottopongono i bambini non sia sufficiente a stimolarli e a tirare fuori le loro
reali potenzialità.)
Tutte le teorie pedagogiche sottolineano l’importanza dei primi anni di vita nel processo di
sviluppo e di apprendimento.
Glenn Doman sottolinea come un bambino di 8 anni è in grado di svolgere tutte le
funzioni propriamente “umane”: cammina in posizione eretta, identifica oggetti attraverso il
solo esercizio del tatto, utilizza e comprende un linguaggio simbolico astratto (parla,
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scrive, legge). Tutta la vita dell’uomo adulto dipende da queste funzioni che si sviluppano
nei primi otto anni. Doman cita il comportamentista Watson, che aveva affermato ”datemi
un bambino per i primi otto anni della sua vita e dopo si potrà fare di lui ciò che si vuole”.
I bambini in età prescolare, da 1 a 5 anni, assorbono un’immensa quantità di
informazioni e ad una velocità straordinaria, hanno un’enorme quantità di energia e un
enorme desiderio di imparare. Il cervello è in questo periodo una porta aperta a tutte le
informazioni, che assorbe tutto il possibile senza fare sforzi. Questi anni sono i più indicati
per l’istruzione, è in questo periodo che dovrebbe imparare a leggere e scrivere, cosa che
si apprende con molta più difficoltà dopo i 6 anni. Secondo Doman i bambini di 3 anni
possono, vogliono, debbono leggere.
L’idea di Doman si basa sulla teoria della neuroplasticità, ossia la capacità intrinseca del
cervello di crescere sia funzionalmente che anatomicamente se opportunamente
stimolata.
La teorie di Doman rivoluzionerebbero l’intera impostazione educativa, mostrando come
l’impostazione attuale non sia adeguata, anzi limiti e ostacoli la libertà e la capacità di
apprendere in un periodo cruciale per lo sviluppo.
Si tratta di teorie che destano perplessità dal punto di vista scientifico e pedagogico (non
mancano le critiche a questo approccio dell’apprendimento precoce che, anticipando le
tappe finirebbe per danneggiare lo sviluppo armonico della personalità), ma che
contribuiscono a risvegliare interesse sull’importanza delle esperienze nei primi anni di
vita.
Il primo anno è vitale. Il bambino dovrebbe avere larghe opportunità di movimento per
l’esplorazione dell’ambiente fisico, pochi genitori si rendono conto di quanto sia dannoso il
recinto: l’intelligenza del bambino (come sostiene anche Piaget) nei primi due anni è di
tipo sensomotoria: contenendo fisicamente il piccolo si limitano i movimenti e le
esperienze, quindi si ostacola lo sviluppo sensomotorio e cognitivo proprio in un’età
particolarmente idonea a tale sviluppo.
Quindi:
- si ribadisce come l’apprendimento sia un complesso processo di interazione tra fattori biologici,
psicologici, stimoli socio-ambientali.
- le prime conoscenze sono senso-motorie quindi l’esercizio fisico e motorio, fin dalla primissima
infanzia, va considerato come fattore determinante e interagente con ogni altra sfera dello sviluppo
mentale, affettivo-emotivo, sociale. (collegamento con psicomotricità)

PARTE 2: FINALITA’ EDUCATIVE ATTRAVERSO UNA


VISIONE STORICA DELLA PEDAGOGIA

2.1 FONDAMENTI STORICI, FILOSOFICI E PEDAGOGICI: STRUMENTI DI AIUTO


DELL’INSEGNANTE
Protagonisti dell’educazione sono i bambini e i loro educatori. Non si sottolinea mai
abbastanza come la variabile fondamentale che più incide nel determinare la qualità del
processo di insegnamento-apprendimento sia la preparazione dell’insegnante, cioè di
colui che mette in pratica l’arte di educare. I fondamenti storici e filosofici sono essenziali
nel bagaglio culturale dell’educatore, non si tratta di teoria astratta, ma di strumenti
intellettuali che permettono di affrontare i problemi della prassi educativa con maggiore
consapevolezza.

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Dewey: la pedagogia è un’arte pratica, che si avvale di diverse fonti, compresa la filosofia
che è sempre anche filosofia dell’educazione. La storia dell’educazione è una storia
culturale che non può prescindere da una prospettiva filosofica.

L’educazione precede la scrittura, sicuramente l’insegnamento aveva importanza già nel


paleolitico.
Le prime scuole (private o con sede nei templi) compaiono nell’antico Egitto già nel 3000
ac, erano le scuole degli scribi, e sono espressione di una civiltà raffinata nella letteratura,
nella matematica, nell’astronomia.
Ma è nella Grecia arcaica ed ellenistica che si assiste a uno sviluppo filosofico dell’idea
di educazione.
- I poemi di Omero (8°-9° sec ac). Già in età arcaica, attraverso i poemi di Omero, la
Grecia giunge ad elaborare una precisa idea educativa incentrata sulla nozione di aretè
(virtù), di cui coglie la duplice dimensione «fisica» ed «intellettuale», (che influenzerà gli
obiettivi dell’educazione greca successiva). I poemi omerici propongono l’imitazione di
modelli ideali, incentrati sulle figure degli eroi, che incarnano le espressioni più elevate
della forza e dell‘intelligenza. Dall’eroe dell’Iliade, Achille, a quello dell’Odissea, Ulisse,
l‘areté del guerriero si dilata fino ad includere qualità intellettuali ed aspetti della
personalità in cui la forza non sempre occupa necessariamente una posizione di rilievo.
- L’educazione nella polis: Sparta e Atene. La polis spartana conserva l‘ideale
dell‘areté eroica dell’epos omerico, ma essa non designa più la forza, il coraggio del
singolo «eroe», ma assume significato sociale e patriottico. A Sparta lo Stato si
impossessa del fanciullo all‘età di sette anni e provvede direttamente alla sua formazione
in un’ottica prettamente militare di obbedienza e dedizione incondizionata.
Nella polis ateniese, meno guerriera e più commerciale, prevale l‘aspetto civile e
l‘educazione si arricchisce dell’arte dell’oratoria e della filosofia. E’ nell’Atene democratica
che l’educazione diventa non solo educazione del cittadino, ma educazione dell‘uomo.
E’ qui che nel 4-5° secolo si sviluppo il massimo sistema educativo (e filosofico)
dell’antichità, con )
Si tratta di un sistema educativo di una società comunque aristocratica, gerarchica, dove
l’istruzione è riservata ai maschi aristocratici (Platone divide la popolazione in tre
categorie: quelli plasmati con l'oro (i governanti), quelli plasmati con l'argento (i soldati) e
quelli plasmati con metalli ―vili‖ quali il ferro o il rame (gli artigiani e il popolo); (per
Aristotele le donne devono essere soggette alla volontà dell’uomo).
Se Platone aveva espresso l‘opposizione irriducibile di anima e corpo, Aristotele
ricompone l’unità dell’uomo nella complessità delle sue dimensioni corporea e razionale,
affettiva e volontaria, in un umanesimo che rimane la cifra della visione filosofica e
pedagogica del mondo classico.
La massima istituzione culturale ellenistica era la Biblioteca di Alessandria d’Egitto, che
nel 1 sec ac contava 700.000 volumi e fu definitivamente distrutta nel 600 dc.
La Roma repubblicana e imperiale incorpora, rielaborandole, l’educazione e la cultura
ellenistica. L’insegnamento si struttura nelle arti del trivio (grammatica, retorica,
logica/filosofia) e del quadrivio (aritmetica, geometria, astronomia e musica), che insieme
saranno le 7 arti liberali che costituirono il piano di studi nell’educazione medievale
europea.
Nel periodo di transizione verso Medioevo europeo la Chiesa cattolica fu l’unica
istituzione sociale ad assumere il controllo nell’educazione, secondo il modello monastico.

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Con la diffusione del volgare la Chiesa continuava a preservare il latino come lingua della
liturgia, della teologia, della cultura. Gli ecclesiastici dovevano sapere leggere
(interpretare il linguaggio della Bibbia) e scrivere e fare di conto (stabilire le festività
liturgiche, i calcoli matematici per definire la data della Pasqua, il moderno calendario). Nei
monasteri venivano copiati e conservati i manoscritti greci e latini. I monasteri e le
Cattedrali divenivano centri culturali e istituzioni educative (aperte anche ai laici, la scuola
del coro). L’aristocrazia, come il popolo, era spesso illetterata e ricorreva agli ecclesiastici
per leggere e scrivere.
Lo stesso Carlo Magno, re dei Franchi e primo Imperatore del Sacro Romano Impero
nell’800, era essenzialmente un illetterato. Ma affascinato dalla cultura. Con la rinascita
carolingia si afferma una maggiore necessità di sostenere e diffondere la cultura, rivolta
sia ai chierici che ai laici («rinascita carolingia, protagonista Alcuino, importanza della
retorica per applicazione pratica anche nelle questioni civili, di diritto, per ragioni politiche e
amministrative, necessità di «quadri» per la Chiesa e per l‘Impero).
Medioevo: dall11 sec: crescita demografica, ripresa della vita cittadina, nuovi ceti sociali,
il mercante (il futuro borghese) richiede una cultura nuova (una cultura mercantile!), una
cultura utile, che gli dia competenze di ordine pratico, che non può coincidere con quella
impartita dalle scuole episcopali e monastiche.
Nascono nuove istituzioni educative, alle scuole monastiche e alle scuole cattedrali si
aggiungono le scuole delle corporazioni dei mestieri e quelle comunali, che offrivano
un insegnamento laico e un’opportunità di istruzione anche alle classi sociali più povere.
Gli studi matematici hanno un forte impulso, si sviluppa la scienza della misurazione del
tempo e dello spazio. Alla fine del 13 sec viene inventato l’orologio meccanico, si
diffondono le mappe geografiche che mostrano il mondo diviso secondo latitudine e
longitudine.
Il culmine dell’istruzione nel medioevo fu la nascita delle Università. il primo Ateneo
ufficiale dell’Occidente nasce a Bologna nel 11 sec. Seguono Oxford, Cambridge, Parigi
(la Sorbona), Napoli (la prima università statale italiana fondata da Federico II. Facoltà
medievali: le facoltà: Arti, Diritto, Medicina, Teologia. L‘insegnamento si basa sulla lectio
(lettura dei testi) dell’insegnante e sulla disputatio, analisi e interpretazione cui prendono
parte anche gli alunni.
Le Università diventano centri di potere, spesso in conflitto con il ptere imperiale o
ecclesiastico, rivendicando una propria autonomia. Si apre la strada a una nuova cultura e
a una nuova educazione, che si avvia con l’Umanesimo e prosegue con il Rinascimento
portandoci nell’età moderna.
Nel Medioevo: la cultura si presentava come un organismo unitario e ordinato
gerarchicamente secondo il principio agostiniano della reductio artium ad theologiam. La
cultura classica non vi era assente, ma vi occupava la posizione strumentale di un insieme
di discipline e di conoscenze utili ai fini della comprensione delle Scritture. L‘idea
pedagogica vedeva il momento religioso come momento culminante dell’itinerario
culturale. All‘ideale educativo del saggio, che era stato proprio del mondo classico, veniva
sostituito l‘ideale del santo.
Con l‘Umanesimo, a partire dal Quattrocento, nell‘ordinato sistema culturale del
Medioevo viene introdotto un elemento di forte rottura rappresentato dalla scoperta
dell‘autonomia dell‘arte. Si guarda ora alle opere classiche non più dal punto di vista
cristiano, come mezzi per una comprensione più approfondita dei testi sacri; ma le opere
classiche vengono apprezzate per se stesse, in forza della loro intrinseca bellezza e del
loro contenuto di umanità. E l‘arte viene considerata come creazione umana che ha il
proprio fine in se stessa, nella bellezza che essa introduce nel mondo.
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Con il Rinascimento, a partire dal Cinquecento si accentua progressivamente il
processo di disgregazione, già avviato dall‘Umanesimo, dell‘unità del sistema culturale
medievale, portando ad un’autonomia delle scienze. Così, come aveva tatto in
precedenza l‘arte, ora la politica, l‘economia, la filosofia, la scienza abbandonano la casa
comune, retta dall‘etica e dalla teologia, e provvedono a mettere su casa in proprio,
ognuna fondandosi su un proprio distinto valore: l‘utile (la politica), il profitto (l‘economia),
la verità della ragione (la filosofia), la spiegazione razionale dell‘ordine della natura (la
scienza). È la nascita delle scienze moderne e del progressivo trionfo della ragione
umana; dopo l’uomo saggio e l’uomo santo l‘idea pedagogica avanza una prospettiva
incentrata sull‘homo faber fortunae suae, su un uomo che si colloca saldamente al centro
dell‘universo, signore del proprio destino e agente di cambiamento del suo mondo.
Nuove idee sviluppate in Occidente attraverso l’innegabile ruolo di mediazione della
cultura arabo-islamica, che ha portato al Rinascimento in un momento in cui gli europei,
ignorando la ricchezza intellettuale e scientifica dei Greci, avevano perso ogni contatto con
il loro pensiero
2.2 Note storiche sulle teorie dell’educazione
Le matrici filosofiche nelle varie epoche hanno determinato diverse concezioni dell’uomo,
incidendo in modo sostanziale anche sui modelli educativi.
In particolare sull’Umanesimo segna un passaggio importante per lo sviluppo dei moderni
metodi didattici, per aver ridato centralità all’uomo nella sua interezza come sintesi di
anima e corpo, superando visioni dualistiche, per aver affermato la responsabilità civile
dell’educazione (un dovere che spetta sia alla famiglia che alla scuola in un’ottica
complementare), per aver spostato l’attenzione sull’educando.
A partire dal 1300 nuovo interesse per i classici, che vengono ora riscoperti nel loro valore
originario e non filtrato dalla visione cristiana.
- UMANESIMO rinascimentale si rifà all’umanismo classico, tornando
all’antropocentrismo di Socrate e Protagora (l’uomo misura di tutte le cose),
Diversi tipi di umanesimo, laico, mondano, cristiano, neoplatonico
Un’intensa attività filologica e di ricerca consente di riscoprire autori e opere dimenticate,
come il de rerum natura di Lucrezio, le lettere di Cicerone, l’Institutio Oratoria di
Quintiliano, che aveva evidenziato la centralità dell’alunno e la necessità di adeguare gli
insegnamenti agli interessi, alle capacità, allo sviluppo dell’alunno.
Principi fatti propri dalla pedagogia umanista.
L’umanesimo nasce come movimento pedagogico (umanista era l’insegnante)
-Vittorino da Feltre (1373-1446), è stato un umanista ed educatore italiano. Fondò a
Mantova, presso una villa dei Gonzaga, una scuola elementare, la Giocosa, scuola per
eccellenza del 15 sec. Fu la prima scuola realizzatrice degli ideali umanistici fusi con lo
spirito cristiano, posta presso un lago, circondata da splendidi panorami, dove accedevano
studenti poveri e figli di signori secondo principi di uguaglianza, di rispetto della
personalità, di fraternità. Punizioni corporali abolite, il castigo rarissimo,
L'insegnamento si basava ancora sulle arti del trivio e quadrivio, ma l'esercizio mentale si
alternava alle pratiche ginniche. Proprio in questo sta uno dei meriti più grandi di Vittorino:
essere stato uno dei primi a realizzare un tentativo di armonico sviluppo mentale e
corporeo.
-Sturm (1500, Germania) pedagogo tedesco che influenzò il sistema scolastico
dell'educazione secondaria o del ginnasio. Sturm è considerato come il più grande

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educatore collegato alla Chiesa riformata. La scuola da lui diretta e la sua arte di
insegnare furono un modello umanistico per l’Europa settentrionale.
Critiche alla Chiesa e all’educazione medievale:
-Erasmo da Rotterdam, (olanda 1500) teologo, umanista, filosofo. È considerato il
maggiore esponente del movimento dell'Umanesimo cristiano.
-François Rabelais (1500) è stato uno scrittore e umanista francese. onsiderato uno dei
più importanti protagonisti del Rinascimento francese, Rabelais è noto soprattutto per il
Pantagruel e il Gargantua
- La Riforma protestante avviata da Lutero nel 1517 ebbe importantissime
implicazioni pedagogiche: e ogni cristiano ha diritto di interpretare le sacre scritture
bisogna che ciascuno sia capace di leggerle: l’istruzione diventa un dovere religioso,
l’ignoranza è nemica della fede.
Si diffonde l’alfabetizzazione di massa.
- 1700-1800: Espansione economica e diffusione della scolarizzazione e introduzione
delle discipline professionali, sempre più indispensabili nella rivoluzione meccanico-
industriale
Scienza invenzioni, urbanesimo, aumento richiesta formazione e specializzazione.
Parallelamente condizioni di vita sempre più difficili per il proletariato urbano e contadino
(Dickens)
Due nuovi messaggi educativi:
-Filantropia, sostegno e carità per i figli dei poveri, bisognosi anche di insegnamento
(Inghilterra, Poor Schools)
- maggiore attenzione per la preparazione professionale
- Il tentativo di rivoluzione metodologica dell’insegnamento e dell’educazione prese le
mosse da Rousseau (1700), che col suo romanzo pedagogico, l’Emilio, una riflessione
che avrà influenze determinanti. Inaugura una pedagogia egualitaria, rivolta a tutti, senza
distinzioni di classi sociali, e introduce nel piano di studi le arti manuali, senza distinzioni
tra percorso “umanistico” per aristocratici e percorso “professionale”, manuale per i più
poveri.
Seguendo il principio della bontà originaria dell’uomo, Rousseau introdusse nella
pedagogia il sentimento, gli affetti, la Natura. L’educazione naturale significa "sviluppo
spontaneo". L’educatore non si deve imporre, né deve imporre leggi e regole, deve solo
permettere che il corso della natura dell’educando si possa compiere secondo il naturale
cammino e l’esperienza delle cose.
Le teorie pedagogiche di Rousseau favorirono metodi educativi più permissivi e più attenti
all'aspetto psicologico dell'educando, esercitando un profondo influsso su riformatori come
lo svizzero Pestalozzi e sul futuro attivismo pedagogico (dewey, Montessori)
- Pestalozzi, pedagogo svizzero protestante (1700-1800), rilesse Russeau, convinto che i
ragazzi potessero apprendere le materie accademiche essenziali mentre imparavano arti
pratiche come l’agricoltura o l’artigianato. Non vedeva alcuna contraddizione tra attività
manuali e conoscenza. Come per Russeau l’esperienza è la vera maestra. Precursore
attivismo.
Pestalozzi ha avvertito l’importanza del lavoro e della formazione dei giovani in comunità e
non in solitudine, perché la vita della scuola si svolga in armonia con quella della famiglia
e della società.

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Per molto tempo ancora, quasi tutto il secolo XIX, la scuola rimase in gran parte estranea
al movimento attivista, legata alla tradizione, ispirata a rigidi schemi didattici.
- Con Herbart (filosofo e pedagogista tedesco 1800) la pedagogia esce dallo
spontaneismo e dalla improvvisazione e si avvia ad acquisire lo statuto di scienza
autonoma.
Herbert individua i criteri metodologici fondamentali per ogni tappa d'insegnamento, i
cosiddetti, che divennero per parecchie generazioni i precetti della preparazione
dell’insegnante, i “gradi herbartiani”, 5 gradi formali dell’insegnamento 1) la preparazione
(richiamare quanto già appreso e indicare l'aggancio con le nuove nozioni); 2)
presentazione (avvio di un nuovo apprendimento mediante la concatenazione tra più
nozioni); 3) associazione (sistemare le nuove nozioni all'interno del tessuto cognitivo già
acquisito); 4) generalizzazione (formazione di regole generali per astrazione dal materiale
appreso); 5) applicazione (esercizi di verifica e di consolidamento del sapere).
-Dewey (USA, 1900): critiche ad Herbart: l’insegnamento herbartiano focalizza sul
maestro e sulla materia, tralasciando la psicologia del fanciullo.
Dewey fu il vero e proprio fondatore dell'"attivismo pedagogico".
Al centro della riflessione di Dewey c'è il concetto di esperienza che deriva da una
visione in cui uomo, natura e società risultano strettamente legati. La vita dell’uomo è
interazione con l’ambiente: l'uomo è essenzialmente azione, mediante la quale egli si
adatta alle richieste dell'ambiente mettendo a punto una serie di strumenti che devono
risultare funzionali
Dewey propone la centralità dell'attività del fanciullo che, guidato dall'insegnante,
apprende attraverso il fare, un programma che tiene presenti gli interessi, i bisogni e lo
sviluppo fisico e psicologico dell'alunno, che non consideri il sapere fisso e definito, ma
qualcosa che si arricchisce e modifica progressivamente grazie all'esperienza. Con una
simile impostazione la scuola, non può che essere scuola attiva.
Dewey (rispondendo ai gradi herbertiani dell’insegnamento con una riflessione sulle fasi
del pensare attraverso cui si sviluppa l’apprendimento) propone agli insegnanti di
permettere ai loro studenti di seguire essenzialmente il metodo scientifico nella
risoluzione dei problemi.
Le fasi del metodo sono cinque: 1) partire dagli interessi infantili e da una reale attività
d'esperienza; 2) porre l'alunno in una oggettiva situazione problematica, perché venga
stimolato il pensiero; 3) fornirgli il materiale informativo per consentirgli le opportune
ricerche e indagini; 4) stimolare nell'alunno lo sviluppo organico delle ipotesi che è in
grado di formulare spontaneamente; 5) metterlo in grado di verificare le sue idee per
mezzo dell'applicazione.
Dewey introduce nella scuola “attiva” il lavoro sotto forma di laboratori in cui svolgere
quelle attività quotidiane (tessere, cucire, fare il pane, lavorare il legno o altri materiali
ecc.). Il lavoro scolastico consente un'educazione democratica destinata a tutti. La scuola
è prima di tutto un'istituzione sociale e ha il compito di promuovere la democrazia nella
vita comune.

Parentesi su russeau (da internet)


Russeau (francia 1700) filosofo, considerato per alcuni versi un illuminista, ebbe influenze
importanti nel determinare certi aspetti dell'ideologia egualitaria e anti-assolutistica che fu
alla base della Rivoluzione francese; anticipa elementi del Romanticismo, autore del

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romanzo pedagogico l’Emilio, che segnò profondamente la riflessione pedagogica
successiva.
La pedagogia in R. si costruisce poi attorno ad alcuni punti fermi:
1) Occorre osservare i bambini nella loro specificità, perché l’infanzia non è
semplicemente un’età preparatoria al mondo degli adulti.
2) Si deve rispettare l’infanzia nella sua gradualità: essa attraversa stadi evolutivi
successivi.
3) La conoscenza della mente dell’uomo e delle sue “disposizioni primitive” (il senso –
l’utilità – la ragione) è fondamentale per l’azione pedagogica.
4) Lo scopo dell’educazione è di formare l’uomo e non di limitarsi solo a sviluppare abilità
5) L’educazione concorre a costituire una nuova società di uomini liberi, che vivono
secondo natura, in pace con se stessi e gli altri
6) La formazione del giovane non può avvenire senza la contemporanea auto e co-
formazione dell’adulto che è coinvolto nel processo educativo.
7) L’affermazione della centralità del concetto di Libertà di contro ad Autorità.
8) Educazione non come processo intellettualistico, ma come esperienza concreta:
Il tema centrale è l’EDUCAZIONE INDIRETTA: l’adulto deve creare le condizioni per la
relazione del bambino con le cose, predisporre contesti e lasciare che il bambino
sperimenti da solo, in autonomia. L’esperienza del mondo è la vera maestra. Compito
dell’educatore è garantire che il bambino compia esperienze adeguate alle capacità delle
sue facoltà nel rispetto della sua natura e della natura delle cose (da questo punto di vista
vi sono molte connessioni con le future teorie dell’Attivismo).

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