Sei sulla pagina 1di 10

Capitolo 27

Mediazione speciale e strategie didattiche

La pedagogia speciale nella prospettiva storica ed evolutiva


Itard, medico educatore francese, fu il primo a parlare di educabilità per tutti con il caso del
selvaggio dell'Aveyron. Itard si occupò del caso di un ragazzo di 12 anni ritrovato in una
foresta della Francia meridionale : viveva allo stato selvaggio, senza indumenti, non parlava
e non reagiva agli stimoli. I medici gli avevano attribuito una imbecillità costituzionale, ma
Itard provo a rieducarlo per dimostrare che il ritardo psicofisico era legato alla condizione di
abbandono in cui viveva. Il tentativo fallì, perché il ragazzo era ritardato congenitamente, ma
Itard ottenne di poterlo accogliere nella propria abitazione e riuscì ad insegnargli la lingua
dei segni, a dimostrazione del fatto che l'istruzione poteva migliorare la vita del giovane.
L'ottocento è l'epoca delle riforme scolastiche, l'approccio all'educazione cambia e deve
privilegiare la crescita interiore dell'allievo, l'apprendimento delle arti, della cultura
umanistica. I bisogni educativi speciali restano oggetto dell'area medica.
Alla fine dell'Ottocento si afferma con Dewey l'attivismo pedagogico, che pone l'interesse
sull'anno e sulle sue esigenze; compito del docente è quello di guidare il discente
nell'apprendimento, stimolando la socializzazione e al confronto, attraverso laboratori e
lavori di gruppo.
Maria Montessori, influenzata da questa impostazione propende per un approccio
pedagogico confrontato con l'osservazione scientifica inroducendo il concetto di pedagogia
scientifica.
Secondo la Montessori i bisogni educativi speciali necessitano anche di un approccio
pedagogico, non solo medico.
Nascono sotto la sua guida le prime scuole ortofreniche con orientamento emendativo per
curare la diversità.
Si afferma così la pedagogia emendativa, deputata all'educazione dell'infanzia minorata.
Iolanda cervellati afferma che la pedagogia emendativa si realizza nella didattica
differenziale. Il soggetto disagiato necessita di un ambiente dove possa trovare stimoli per lo
sviluppo delle sue potenzialità fisiche e mentali; Cervellati sottolinea l'importanza di
un'educazione senso-motoria, individualmente impartita con materiali sensoriali adatti ad
ogni caso, per realizzare il principio dell'auto-educazione. È importante la collaborazione dei
medici, ma anche il ruolo dell'insegnante, che deve servirsi di strumenti propri e svolgere
attività di osservazione, valutazione, emendazione, ma soprattutto deve mostrarsi capace di
umanità e affetto in relazioni e bisogni del soggetto.
Dalla pedagogia emendativa si passa poi alla pedagogia sociale, riferita a quei soggetti che
si discostano dalla norma, in particolare ai bambini con sviluppo limitato; ome la pedagogia
emendativa anch'essa mira a normalizzare, ma oltre ad essere adottata nelle scuole speciali
deve penetrare il più possibile nelle scuole comuni.
La pedagogia speciale utilizza strumenti, strategie e metodologie progettate per rispondere a
canali di ricezione diversi da quelli usati dalla maggior parte delle persone e si colloca nella
prospettiva dell'integrazione sociale.

La condizione di svantaggio, il disadattamento e la pedagogia della differenza


Lo svantaggio deriva da un rapporto inadeguato tra individuo e il suo ambiente di vita.
Comportamenti anomali possono essere provocati da condizioni socio economiche difficili
oppure deprivazione culturale.
Lo svantaggio comporta disadattamento, causato dalla mancanza di relazioni con gli altri
coetanei e da insufficienti stimoli educativi; la scuola deve favorire e garantire il superamento
dello stato di emarginazione attraverso la socializzazione. L'ambiente familiare, gli stimoli
forniti dai genitori, influenzano lo sviluppo della personalità dei soggetti in età evolutiva.
Spesso le cause del disadattamento risiedono nella situazione familiare che si vive: la
povertà, la frammentazione del nucleo familiare, la posizione del figlio unico, genitore
tossicodipendenti o alcolisti, un fratellino non voluto. Queste situazioni possono generare
serie compromissioni dell'equilibrio e della qualità delle relazioni interfamiliari. Genitori iper
esigenti, iperprotettivi, iper indulgenti, incoerenti, provocano nei loro figli ansia, eccessiva
nocività, incubi, fobie, fuga dalla realtà, disobbedienza civile, scarsa fiducia in sé.
La scuola costituisce un'occasione per sperimentare nuove relazioni, deve operare nell'ottica
di un programma di decondizionamento, rivolto anche alla famiglia, che possa contribuire
alla ricostruzione dell'identità personale. La scuola inoltre, può svolgere un ruolo di
prevenzione, dove l'iniziativa didattica non può prescindere da alcuni elementi fondamentali,
quali un clima sociale positivo, il gioco, l'esplorazione ambientale, la ricerca.
Rosental si è interessato al disadattamento scolastico evidenziando l'incidenza del rapporto
madre figlio sull'emotività del soggetto. Madre rigida genera figlio timido e sottomesso;
madre protettiva - figlio immaturo; madre che punisce - figlio aggressivo e irrequieto; madre
incoerente - figlio litigioso .
Francesco Iesu ha invece sottolineato l'influenza dei fattori ambientali. Più rilevanti quelli
culturali ed economici, anche fattori affettivo-familiari, come figli illegittimi, genitori divorziati,
immorali, genitori con disturbi psichici, possono provocare disadattamento. L'estrema varietà
di situazioni rende necessaria la pedagogia della differenza da cui scaturisce la didattica
personalizzata.

L'azione sociale per i diversamente abili


Secondo l'CF le disabilità riguardano condizioni di salute. L’ handicap invece ha carattere
sociale, rappresenta il risultato dell'impatto tra disabilità e struttura sociale.
Il sistema sociale e culturale scuola, lavoro, vita associativa, deve fornire azioni e mediazioni
(educazione, riabilitazione, accompagnamento, stimoli) per favorire l'integrazione sociale
attraverso la rimozione degli ostacoli sociali.
In questo senso l'inserimento lavorativo rappresenta un elemento fondamentale per
migliorare la percezione di sé, modificare le relazioni familiari e stabilire nuovi rapporti
sociali.
Alla base della nostra Costituzione c'è il concetto di “non discriminazione”, anche se ad oggi
non sempre i diritti riconosciuti vengono attivati. Al di fuori della scuola, dove l'integrazione è
ormai garantita, sono richieste competenze e capacità spesso mancanti.
La strategia europea della disabilità 2010-2020, adottata dall'unione europea il 15 novembre
2010, intende promuovere le pari opportunità per le persone disabili, mettendole in
condizioni di esercitare i loro diritti e di beneficiare di una piena partecipazione alla società e
all'economia europea. Gli ambiti di azione sono: l'accessibilità, la partecipazione,
l'eguaglianza, l'occupazione, l'istruzione e formazione, la salute e le azioni esterne.

L'integrazione come processo intenzionale


L'integrazione si caratterizza come processo intenzionale mirato al recupero della diversità.
Perché vi sia integrazione bisogna che vi sia una programmazione coordinata che coinvolga
vari settori pubblici e privati (scuola, servizi sanitari, socio assistenziali) e il nucleo familiare
del disabile.
I programmi di azione devono rispondere ai seguenti principi:
 Principio di non discriminazione
 Principio delle pari opportunità (mirare all'eliminazione dello svantaggio)
 Principio delle maggiori gravità (azioni dirette verso i casi di gravissima disabilità)
 Principio della concreta integrazione (potenziamento controlli per garantire
attuazione leggi; azioni dirette in ogni settore per garantire la realizzazione di un
livello di vita integrata)

Anche il ruolo dei media può essere determinante, perché i media sono lo strumento per
formare un'opinione pubblica attenta e consapevole e per fornire un'immagine reale della
disabilità, che rappresenti le risorse e non solo le difficoltà.
Ci sono però ancora molti elementi critici che non consentono un'integrazione reale, come
gli ostacoli di tipo culturale, socio-economico e fisico, il difettoso funzionamento
dell'alternanza scuola-lavoro, l’ imperfetta applicazione delle norme vigenti. È necessario
quindi che tutte le parti (soggetti, enti, istituzioni,) attuino strategie coordinate ed adeguate,
svolgendo azioni di promozione e verifica della corretta applicazione delle leggi.

L’ asimmetria nella relazione educativa


La relazione educativa è asimmetrica, orientata all'apprendimento. L'insegnante ha il
compito di guidare il discente nell'apprendimento, ha il potere istituzionale di guidarlo;
l'alunno ha il dovere, anch'esso riconosciuto socialmente, di farsi guidare. In una relazione
educativa sana il potere è lo strumento che possiede l'insegnante per guidare verso
l'apprendimento, che è il fine. In una relazione educativa non sana mezzo e fine vengono
invertiti, in quanto l'apprendimento diventa strumento per legittimare il potere, che diventa il
fine dell'azione educativa. Un'insegnante che utilizza il proprio potere in maniera impropria,
concentrato su sè stesso, determina relazioni conflittuali con il gruppo classe.
La relazione educativa, come tutte le relazioni interpersonali, si sviluppa seguendo due step:
1) dopo una prima familiarizzazione 2) l'insegnante e la classe stabiliscono una dinamica
relazionale più o meno rigida e se il pattern, ovvero lo schema comportamentale, è negativo,
ciò diventa un problema perché si innescano dinamiche relazionali da cui è difficile uscire.
Un'insegnante che entra in classe, esige il silenzio, inizia ad urlare alla prima provocazione,
manifesta gli alunni disinteresse nei loro riguardi, verso i loro bisogni, e gli alunni si
accorgono che la relazione instaurata non è di cura come dovrebbe essere. Il concetto di
relazione di cura è alla base delle ultime riforme scolastiche, dove il ruolo dell'insegnante
subisce un decentramento; si insegna per accompagnare i discenti nello sviluppo delle loro
competenze e non per mostrare le proprie.

Rogers e la relazione assertiva

Secondo Rogers la relazione educativa necessita di tre atteggiamenti chiave:


 Autenticità e congruenza
 Considerazione positiva incondizionata
 Comprensione empatica

Per quanto riguarda l’ autenticità e congruenza va detto che l'insegnante deve assumere un
comportamento comprensivo autentico, cioè costante e coerente nel tempo, in modo da
produrre sicurezza emotiva. La capacità di ascolto e comprensione deve a sua volta
accompagnarsi all'attività educativa, all'autorevolezza.
L'insegnante deve essere autorevole, non autoritario, deve guidare con fermezza gli alunni
verso il soddisfacimento dei loro bisogni educativi. La fermezza è caratteristica del
comportamento assertivo, inteso come il punto di equilibrio tra aggressività e passività. Un
comportamento aggressivo e caratterizzato dal tentativo di prevaricare gli altri. Un
comportamento passivo invece denota incapacità di manifestare i propri bisogni e di agire
per il loro soddisfacimento. I comportamenti aggressivo (paura di sentirsi dire no) e passivo
(paura di dire di no) hanno in comune la paura del no. Il movente è l'insicurezza.
Un comportamento assertivo non teme il no, perché non vede nella diversità un pericolo per
il proprio equilibrio interiore. L'insegnante deve mirare all'esercizio di comportamenti
assertivi, ovvero far valere le proprie idee con fermezza, idee che diventano obiettivi
formativi e di apprendimento. La fermezza si esprime con l'autorevolezza, derivante dal fatto
che i discenti percepiscono che l'insegnante agisce per il loro bene, per questo le regole
vengono rispettate e gli impegni portati a termine serenamente.

La relazione educativa tra insegnante di sostegno e alunni disabili

Quanto detto finora sulla relazione educativa vale anche nel caso di alunni svantaggiati e
con bisogni educativi certificati, con la differenza che in questo caso bisogna privilegiare una
relazione diadica, che richiede la presenza di un'insegnante di sostegno. Gli alunni con
difficoltà sono talvolta incapaci di esprimere i propri bisogni, di parlare di sè stessi.
L'insegnante di sostegno deve facilitare la conoscenza del sé, attivando la comunicazione
diadica e deve favorire l'integrazione dell'alunno all'interno del gruppo classe. L'insegnante
di sostegno deve sviluppare una relazione empatica con l'intero gruppo classe, in modo da
creare un clima sereno e collaborativo, anche con i docenti di base. Il docente di sostegno
deve inoltre fungere da punto di riferimento per l'alunno e per tutti gli altri. Per questo va
sottolineata la contitolarità rispetto agli altri docenti del consiglio. E’ importante che il docente
di sostegno faccia da collante tra alunno disabile, gruppo classe e docenti di base, per
questo la sua presenza in aula è fondamentale anche se può comunque avvalersi di
momenti fuori dal contesto classe per favorire un potenziamento dell'apprendimento ed una
comunicazione empatica più profonda. Per l'insegnante di sostegno il focus è la relazione. In
alcuni casi il disabile rifiuta la figura del docente di sostegno perché rifiuta in realtà l'etichetta
assegnatagli istituzionalmente. In quel caso bisogna avere la pazienza di aspettare e intanto
stabilore relazioni con il resto della classe, affinché, di riflesso, possa poi essere accettato
anche dal disabile. Per quanto riguarda la programmazione didattica le attività devono
essere calibrate sulla base delle esigenze specifiche dell'alunno e pianificate di concerto con
il consiglio di classe. Durante l'anno scolastico vengono svolti sistematicamente incontri tra
 docente sostegno
 un docente della classe coordinatore
 il dirigente scolastico per casi difficili
 Equipe psicopedagogica
 Assistente materiale se del caso
 Assistenti alla comunicazione se del caso
 Operatore psicopedagogico esterno che segue l'alunno se del caso.

In questi incontri viene esaminato il caso, il profilo funzionale, le osservazioni presentate


dalla famiglia, dai soggetti presenti, ed in base a quanto emerso si decide se aderire ad una
programmazione di classe con obiettivi minimi o differenziata e quali strategie - metodologie
individualizzate adottare. Su questa base l’ insegnante di sostegno redige il PEI, che sarà
sottoscritto dal consiglio di classe e dalla famiglia. Il PEI è il documento ufficiale esposto agli
atti insieme a diagnosi funzionale e profilo dinamico funzionale. Viene completato a fine
anno scolastico con una relazione finale contenente i traguardi educativi e di apprendimento
raggiunti.

Relazioni disfunzionali secondo l'analisi transazionale

La teoria psicologica elaborata da Eric berne, detta analisi transazionale, ha individuato


alcuni tipi di relazioni educative e disfunzionali
 La relazione simbiotica
La relazione simbiotica può essere funzionale o disfunzionale. Nel primo caso si tratta di una
relazione d'aiuto che nasce dalla constatazione che l'altro è incapace di autosostenersi;
esempi sono la relazione tra adulto e bambino, medico e paziente, insegnante ed alunno. Si
tratta di relazioni che sono guidate dal senso di responsabilità, affetto; si basano sui bisogni
reali, nascono all'insorgere del problema e non in forma preventiva, cessano alla fine del
bisogno.
La relazione simbiotica disfunzionale invece si realizza in forma preventiva e sulla presunta
incapacità di una delle parti di essere autonoma. L'aspetto preventivo impedisce al soggetto
ritenuto incapace, di mettersi in gioco, per cui la relazione si cristallizza in un permanente
bisogno dell'intervento dell'altro. La relazione disfunzionale nasce da:
 svalutazione di sè del soggetto aiutato
 il soccorritore viene visto come l’unico in grado di aiutare
 mancato tentativo di fare da soli
 bisogno del soccorritore di sentirsi utile all’altro
 tendenza del soccorritore ad alimentare nell’altro la convinzione di essere incapace a
portare a termine un compito.
Esiste,in questo tipo di relazione, un tacito accordo tra le parti che riconoscono il proprio
ruolo e quello dell'altro, senza tentare di modificarlo. Entrambi non si mettono in gioco: il
soggetto aiutato ha paura del fallimento, crede di essere in una situazione di svantaggio
esistenziale, teme la reazione emotiva dell'altro. Il soccorritore si convince di essere
indispensabile e teme inconsciamente di non poter vivere senza assolvere al ruolo di
sostenere l'altro e sostituirsi a lui. E’ una situazione conflittuale senza soluzione, il soggetto
aiutato pretende l'aiuto e il soccorritore offre disponibilità incondizionata. Per riuscire a
smascherare una relazione disfunzionale e cercare di riportarla sul piano della funzionalità
bisogna fare un lavoro di autoanalisi, riconoscere le parti in causa, i ruoli che esercitano e
metterli in discussione.
Secondo l'interpretazione di Cartman la relazione disfunzionale può produrre diverse
tipologie di pattern:
1) persecutore/vittima 2) salvatore/vittima 3) entrambi persecutori o vittime o salvatori
Per sottrarsi ad una relazione simbiotica bisogna dissimulare gli atteggiamenti deleganti,
mettersi in gioco, rafforzare la propria autostima, imparare ad affrontare i problemi sul piano
relazionale
 I pregiudizi educativi
Bern ha individuato 5 modalità critiche nella relazione docente/allievo che derivano da
messaggi appresi durante l’infanzia e che diventano degli ordini interiori, pregiudizi, che
portano il soggetto ad anteporre tali ordini all’azione: “compiaci! Sii perfetto! Sii forte!
Spicciati! Tenta disperatamente!”.
Tali ordini vengono interiorizzati per compiacere i genitori, costituiscono imperativi ipotetici
che una volta interiorizzati diventano categorici ( è giusto compiacere, è giusto essere
perfetti ...) La relazione adulto-bambino, educatore-discente, è una relazione asimmetrica,
dove l'adulto educatore ha il ruolo di guida; perché tale relazione sia sana il focus deve
essere l'apprendente, non l'adulto. L'attivazione degli ordini inferiori si presenta quando
l'adulto sposta il focus su sè stesso, sul bisogno di essere ubbidito. In questo modo i
bambini retrocedono, conservano desideri nascosti perché credono che sia giusto mettere a
tacere i propri bisogni, dando precedenza a quelli dell'altro. L'interiorizzazione degli ordini
porta all'interiorizzazione di un ruolo di subalternità e porterà ad un adulto volto al sacrificio e
ad anteporre le richieste degli altri ai propri bisogni che non meritano di essere ascoltati,
soddisfatti, conducendo una vita di frustrazioni insoddisfazioni. L'insegnante deve prestare
attenzione alla presenza di queste dinamiche, seppur non sia uno psicologo, svolge un ruolo
importante nel processo di sviluppo e di personalità autonome, equilibrate. Deve educare gli
alunni ad ascoltare sè stessi e riconoscere i propri bisogni.
 I giochi psicologici
Disagi irrisolti possono portare ad una relazione disfunzionale perpetuata nel tempo che non
si spezza ma non si risolve. Secondo Berne le relazioni disfunzionali si assestano su schemi
relazionali ripetitivi, dove ogni giocatore segue il proprio copione. Spesso l'incapacità di
trovare benessere ed equilibrio in una relazione non sempre porta alla rinuncia della
relazione, ma può condurre a mantenere salda la relazione per infliggere sofferenza
nell'altro.
Per berne esistono tre livelli di gioco :
1. Può compromettere il rapporto fino a spezzarlo;
2. porta a fare ricorso all'avvocato (vedi i divorzi)-;
3. può portare all'ospedale o obitorio.
Esempi di giochi psicologici
L'aiuto e il suo rifiuto : gioco psicologico tra bambino e adulto, ad esempio. Il bambino
bisognoso d'aiuto chiede aiuto ad un adulto (obiettivo dichiarato); quando l'adulto
soccorritore offre il suo aiuto, il bambino lo delegittima, svalutando l'efficacia del suo
intervento (obiettivo nascosto). Per spezzare tale relazione bisogna sottrarsi al ruolo di
soccorritore inefficace.
Io non sono capace: colui che originariamente è stato accusato di inabilità trasforma l'offesa
in vantaggio. Si dichiara incapace di agire e per questo si rifiuta di assumersi qualsiasi
responsabilità, pretendendo che chi l'ha accusato agisca per lui. L'obiettivo dichiarato è farsi
aiutare, l'obiettivo nascosto è evitare di mettersi in gioco per essere ancora giudicato.
Questo gioco psicologico scatta spesso nei disabili, in quei casi in cui a causa dei genitori
iperprotettivi i figli imparano ad adagiarsi sulla propria disabilità, chiedendo agli altri di essere
aiutati anche se non necessario.
L'insegnante di sostegno non deve accettare il ricatto e con assertività deve chiarire il suo
ruolo di guida verso lo sviluppo di autonomia.
La mediazione didattica a servizio dell'integrazione

La mediazione didattica rappresenta le diverse modalità adottate dal docente per la


presentazione dei contenuti, definiti appunto mediatori didattic. Secondo Elio Damiano
esistono quattro tipologie di mediatori:
Mediatori attivi : promuovono l'esperienza diretta, per esempio attraverso esperimenti in
laboratorio
Mediatore analogici :apprendimento attraverso il gioco e la simulazione creando situazioni
reali .
Mediatori simbolici: lezioni frontali, le meno efficaci.
Mediazione tra pari: la partecipazione diretta aumenta la motivazione degli studenti, migliora
l'apprendimento.
Secondo Ausubel bisogna superare il concetto secondo cui l'apprendimento significativo è
solo quello avvenuto per scoperta, mentre quello per ricezione è meccanico; può infatti
essere significativo anche l'apprendimento che avviene attraverso una lezione verbale,
purché sia garantita l'interazione tra i nuovi saperi offerti dall'insegnante e quelli di cui
l'allievo è già in possesso.

La mediazione speciale
La didattica dell'integrazione pone al centro del processo di insegnamento-apprendimento lo
stimolo utilizzabile per gli alunni, non i contenuti.
Fondamentale è la creazione di un clima inclusivo, dove il disabile sia accolto ed accettato.
Secondo gli studiosi Andrich e Miato per un clima inclusivo è necessario che il disabile
rimanga in classe più tempo possibile; deve fare le cose che fanno i compagni il più
possibile; deve essere posto, per quanto possibile, nello stesse condizioni formative degli
altri; i migliori insegnanti di sostegno sono i suoi compagni; gli spazi di un'aula inclusiva
devono essere ampi.
Dopo aver posto le condizioni ideali bisogna attuare strategie di intervento finalizzate
all'integrazione; queste consistono nell'adattare gli obiettivi del gruppo alle esigenze del
singolo, semplificare i materiali di studio, differenziare la mediazione didattica, in quanto per i
soggetti con difficoltà bisogna attuare una mediazione speciale. Il processo di sviluppo di
una persona con disabilità procede a piccoli passi, potendo durare anche per l'intero arco di
vita. I risultati raggiunti non sono visibili nell'immediato. Per questo il contesto educativo
deve essere flessibile e gli obiettivi educativi e cognitivi devono essere duttili. Il risultato va
sempre considerato in base agli obiettivi prefissati, è importante la costante riprogettazione
in corso d'opera, la gradualità, è quindi necessario porre degli obiettivi intermedi.
Come illustrato da Margherita Miele, il docente deve scegliere il livello di semplificazione
degli obiettivi che reputa più idonei per l'alunno; è importante, come già detto
precedentemente, che il disabile faccia il più possibile quello che fanno i compagni, questo
vuol dire, laddove non sia possibile seguire la programmazione della classe, adattare il più
possibile gli obiettivi a quelli della classe. La classe può programmare attività che vadano
incontro al disabile favorrendone l'integrazione:
-ripasso frequente degli argomenti di studio per andare incontro alle esigenze del compagno
e non solo, spesso in classe non sono pochi gli alunni che hanno necessità di ripetere parti
del programma non assimilate
-creatività estesa a tutte le discipline, non solo a quelle tecniche o artistiche; le attività
pratiche vanno incontro al bisogno di concretezza del disabile e sono d'aiuto agli studenti
che vivono la scuola come un male necessario.
-Lavoro sulle abilità di studio: evidenziare concetti chiave, sottolineare le parti più importanti.
La presenza di un alunno disabile può essere un'occasione di cambiamento a favore
dell'intera comunità scolastica, che a sua volta fu contribuire all'integrazione, a patto che si
realizzino le seguenti condizioni:
-costruzione di un itinerario didattico integrato con quello della classe
-sensibilizzazione e coinvolgimento di tutte le parti che si interessano a vario titolo al disabile
-nuovo concetto di diversità, che superi la distinzione tra abili e disabili, uguali e diversi.

Adattamento degli obiettivi curricolari e dei materiali didattici


Come già detto in precedenza, per realizzare una didattica inclusiva è fondamentale
l'adeguamento degli obiettivi curricolari, che può essere perseguito con diverse strategie:
 Sostituzione: l'obiettivo non viene semplificato, ma si utilizzano altre modalità di
input output per facilitarne il raggiungimento
 facilitazione: si stimola un apprendimento significativo attraverso tecnologie
motivanti e contesti partecipativi in modo da ridurre le difficoltà derivanti dal
contesto.
 Semplificazione: obiettivo semplificato in merito a comprensione, elaborazione,
risposta. Si può ricorrere a strumenti dispensativi o compensativi
 Scomposizione in nuclei fondanti: l'obiettivo viene modificato per renderlo più
accessibile
 Partecipazione: l'obiettivo è più sociale che cognitivo, si mira a facilitare
l'interazione e l'inclusione.,
Altro elemento importante nella didattica dell'inclusione è la scelta dei libri di testo; quando
questi non sono adatti all'alunno disabile il docente deve scegliere se utilizzare materiali
strutturati, come test specializzati o mezzi informatici, oppure materiali non strutturati, come i
cartelloni, adattamenti dei libri di testo.
Secondo Scataglini e Giustini trattamento dei libri di testo prevede le seguenti operazioni:
Analisi delle modalità percettive del disabile, dello stile cognitivo, del grado di motivazione ed
interesse; analisi del testo da semplificare.
Fatto ciò, la semplificazione può essere effettuata utilizzando tre livelli a seconda della
gravità del deficit deficit.
 I livello di semplificazione: Si rivolge ad alunni che seguono il ritmo della classe, ma
hanno difficoltà percettive nell'approccio dei testi ( tipico né DSA ). La semplificazione
consiste nell'e estrapolare concetti chiave evidenziandoli, in modo che L'alunno possa
utilizzare lo stesso libro dei compagni.
 II livello di semplificazione: Rivolto ad alunni medio gravi; consiste nella
ristrutturazione del testo, eliminando parti non essenziali, semplificando il testo,
ingrandendo Il carattere ed evidenziando parole chiave.
 III livello di semplificazione: rivolto da alunni gravi, che necessitano di una massima
riduzione degli stimoli linguistici, lasciando spazio alle immagini.

I livelli di semplificazione non bastano però per l'organizzazione dei concetti; secondo
Hausbel uno strumento utile sono gli organizzatori anticipati, ovvero strategie didattiche che
mettono in relazione le nuove conoscenze con quelle già possedute. Perché gli organizzatori
anticipati siano efficaci è necessario che vengano rilevate le conoscenze preesistenti dell’
alunno, venga realizzata una sequenza organizzata delle nuove conoscenze in modo da
poterle mettere in relazione a quelle possedute. Si definiscono anticipati perché i materiali
vengono forniti prima dello stimolo per facilitare la comprensione delle relazioni. Tra i più
efficaci ricordiamo:
o diagramma causa effetto apro (per comprendere il nesso causale tra elementi)
o diagrammi di confronto (per comprendere differenze e somiglianze)
o diagrammi di struttura (mostrano l'organizzazione di strutture complesse in termini
gerarchici)
o mappe concettuali (per individuare idee principali e relazioni)

Adattare gli obiettivi e le attività: le materie di studio


Spesso l'alunno disabile può incontrare difficoltà nel conseguire competenze e svolgere
determinate attività previste all'interno di alcuni curricoli scolastici relativi alle materie di
studio, portando all'esclusione.
In alcuni casi, come per lo studio di materie come storia, geografia, scienze, può essere utile
organizzare laboratori con gruppi cooperativi, utilizzando la metodologia della scoperta
(porsi domande e trovare soluzioni). Anche nel caso in cui si pensa che determinati
contenuti siano inaccessibili, l'utilizzo di opportuni strategie, materiali e tempi può consentire
lo sviluppo di un livello sufficiente di interazione nel gruppo classe. Per esempio, per
l'italiano, nello svolgimento dell'analisi grammaticale, al disabile possono essere proposte
immagini raffiguranti le varie parti della frase e con domande guidate si può condurre il
soggetto a comprendere soggetto predicato e complemento.
Per i concetti matematici invece si può partire dalla comprensione di rapporti spaziali e
temporali tra oggetti, per passare poi al confronto tra determinate caratteristiche, per arrivare
poi alla seriazione (ordinare più oggetti sulla base di intensità con cui una caratteristica è
presente, come la lunghezza) e poi alla numerazione. Nell'ambito matematico è di grande
aiuto l'esperienza concreta, ludica, di manipolazione (per esempio in palestra, si può
chiedere agli alunni di verificare le caratteristiche strutturali di vari oggetti e poi, ritornati in
classe, gli si chiede di rappresentare sul quaderno la classificazione degli oggetti all'interno
di insiemi).
Per l'italiano è utile In molti casi semplificare i testi. L'insegnante deve fare un lavoro di
rielaborazione dei testi da sottoporre all'alunno disabile, avendo cura di scegliere un lessico
che possa essere facilmente compreso, ma non risulti banale.

La programmazione individualizzata
Per realizzare l’integrazione non si può prescindere dall’ individualizzazione. La scuola ha il
dovere di porre ogni alunno nella condizione di dare Il meglio di sé, deve equilibrare la
condizione di svantaggio.
L'insegnante di sostegno si colloca a pieno titolo all'interno del Corpo Docente e insieme
sono impegnati nella costruzione di un progetto formativo coerente ed unitario. Il docente di
sostegno deve costituire l'elemento chiave nel progetto di integrazione. Deve sì, mirare ad
un intervento personalizzato, che però non deve essere disgiunto dalla socializzazione.
Prima di tutto la scuola deve favorire le relazioni sociali. Il docente di sostegno deve aiutare i
colleghi a comprendere le potenzialità della loro disabile, deve diventare il promotore di una
scuola in integrante. Nella sua formazione dovrà acquisire il sapere (conoscenze teoriche), il
saper fare (campo pratico produttivo) e il saper essere (campo di comportamenti socio
emotivi). Deve esercitare la dote dell'equilibrio di personalità e raffinare quella di esperto di
umanità, deve essere empatico. Alla base dell'integrazione vi è la necessità di una
programmazione integrata, di concerto tra insegnante di sostegno e corpo docenti. Non si
può parlare di integrazione se gli alunni in difficoltà fanno cose diverse dal resto della classe,
o peggio ancora, se vengono portati fuori dalla classe. L’individualizzazione deve essere
funzionale all'integrazione e a questo scopo è utile la didattica integrata, che usa i contenuti
scolastici come stimolo percepibile ed utilizzabile da tutti . Bisogna considerare la diversità
come occasione e non come incidente: la diversità ci fa capire che la realtà non è uniforme,
la normalità è costituita da plurime diversità.
Secondo Domenico Oresico la personalizzazione indica la necessità di inserire nel
curriculum obiettivi e contenuti in relazione ai bisogni di ciascuno, che potranno essere simili
o differenti rispetto agli altri , personalizzati .
L'istruzione individualizzata invece consiste nell'adeguare insegnamento alle caratteristiche
individuali degli alunni (ritmi di apprendimento, capacità linguistiche) cercando di conseguire
individualmente obiettivi di apprendimento comuni al resto della classe.

L'acquisizione delle autonomie nella scuola secondaria: esperienze di operatività


Essere autonomo risponde ad una competenza sociale che si realizza con la cura del sé,
l'uso del denaro, la capacità di spostarsi in un ambiente noto. I docenti hanno il compito di
condurre l'alunno all'acquisizione di un minimo livello di autonomia, attraverso la proposta di
attività all'interno dei curricoli.
Nel caso del ragazzo diversamente abile il docente non deve sostituirsi nelle esecuzione di
azioni, ma deve facilitare l'esecuzione autonoma per migliorare autostima ed autoefficacia
dell'allievo. Gli obiettivi da proporre al gruppo classe possono essere relativi alla cura della
persona (principali norme igieniche, ma anche rispetto di norme concernenti salute e
malattia, per esempio come mantenersi in forma, come percepire i segnali di disagio); cura
degli ambienti (spazi scolastici); riconoscimento dei soldi, loro utilizzo; conoscenza del
tempo e transazioni sociali (uso del telefono, Social). Tali attività si prestano a lavori
cooperativi da svolgere in gruppo.
Il ruolo dell'insegnante di sostegno nella presa in carico dell'allunno diversamente
abile
L'insegnante di sostegno contitolare della classe in cui opera, ha gli stessi compiti degli altri
insegnanti. Un insegnante di sostegno che prende servizio per la prima volta in un istituto
può chiedere di visionare il fascicolo dell'alunno, dove potrà consultare tutti i documenti utili
ad una conoscenza approfondita della sua situazione. Insieme ai colleghi è tenuto a redigere
PDF e PEI. Spesso ci si trova di fronte ad un alunno mortificato dalla sua diversità, con
scarsa autostima e fiducia di sé; i molti casi la famiglia vive la sua diversità come
marchiante, come una vera e propria sciagura. L'insegnante deve prima di tutto condurre
una concreta valutazione dell'alunno, sia sul piano relazionale della socialità che su quello
della relazione che il soggetto stabilisce con sè stesso. Bisogna individuare le priorità di
intervento, considerando le caratteristiche individuali, riconoscere gli aspetti critici, i punti di
forza e le aree di debolezza, interpretare i bisogni scolastici, sociali, relazionali e
comunicativi.
L'impegno del docente deve essere proteso a rendere autonomo l'alunno per migliorare la
sua autostima, che è la cosa di cui avrà più bisogno nella vita. L'obiettivo ultimo è il migliore
utilizzo possibile, da parte della alunno, delle sue risorse per realizzare sè stesso come
persona.

Potrebbero piacerti anche