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EDUCARE AD UN MONDO FUTURO – SILVIA GUETTA

CAPITOLO 1 - DALL’INTEGRAZIONE ALL’ALLEANZA INTERCULTURALE


- è necessario educare i giovani ad una cultura di pace
- la pace è una modalità di stare nel mondo e in rapporto con l’altro
- la pace deve essere insegnata perché è vitale per la sopravvivenza del genere umano
- questo libro attraversa tre aspetti della cultura di pace: le progettualità interculturali, il
dialogo interreligioso, le problematiche educative necessarie per apprendere a vivere in
pace
- l’attenzione verso la tematica dell’intercultura si caratterizza e si definisce in Italia in
relazione e in risposta all’arrivo e alla presenza di persone immigrate che provengono da
contesti e zone di pericolo, di guerra, di carestia, di persecuzioni.
- l’intercultura è un obiettivo da raggiungere attraverso un condiviso impegno di
negoziazione, rispetto dei diritti umani, cooperazione e dialogo
- nelle scuole, a partire dagli anni 1990, si diffonde la tematica e il modello
dell’intercultura

Multicultura
- contesto in cui sono presenti più popoli o etnie che rimangono separati tra di loro,
ognuno nella propria zona fisica e culturale e che raramente entrano in contatto
- si creano nicchie etniche, piccoli ghetti in cui ciascuna cultura continua a esistere senza
essere sottoposta al vivificante incontro con l’alterità
- ogni etnia, gruppo religioso o culturale continua a pratica le proprie abitudini e le
proprie tradizioni senza considerare le altre comunità
- il modello multiculturale considera la coesistenza di gruppi, delle culture, delle
religioni, l’uno accanto all’altro, ma separati e senza necessità di riconoscimento
reciproco

Intercultura
- contesto relazionale in cui i vari gruppi linguistici e culturali stabiliscono tra di loro un
costante rapporto dialettico di arricchimento reciproco, fondato sul mutuo rispetto e
sull’interesse per ciò che l’altro rappresenta o può rappresentare
- l’intercultura oltrepassa la tolleranza e presuppone il confronto e lo scambio tra le
culture, considera le differenze culturali come un valore positivo
- la prospettiva interculturale presuppone che l’identità, per potersi arricchire e
sviluppare, necessita del confronto con l’alterità
- nel modello interculturale prevale l’interazione tra le persone portatrici di molteplici
riferimenti culturali e diversità

● nella scuola italiana, a partire dagli anni Novanta si sono succedute tre macrofasi che
caratterizzano il rapporto tra educazione e intercultura:
1. la scuola risponde all’emergenza e fa posto agli alunni stranieri. La scuola si
trova a vivere una situazione inaspettata alla quale gli insegnanti e lo stesso sistema
scolastico non erano preparati. In risposta alla presenza degli alunni stranieri c’è stato
un immediato tentativo di cercare di comprendere le problematiche e le difficoltà e di
rispondere alle nuove richieste sociali
- L’educazione interculturale viene riconosciuta come aspetto e impegno della scuola nel
1990 con la circolare ministeriale n. 205 che fornisce indicazioni operative per
l’inserimento degli alunni stranieri nelle scuole.
2. la scuola si organizza attivandosi per l’integrazione degli alunni stranieri.
Il tema dell’integrazione diventa sempre più centrale nelle pratiche scolastiche e nei
riferimenti legislativi. Il tema dell’integrazione diventa l’obiettivo finale del percorso
scolastico dei bambini stranieri per evitare successive forme di disagio e marginalità. La
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scuola deve favorire momenti di incontro e di collaborazione tra tutti i bambini. Ci sono
alcuni elementi di criticità che limitano il successo dei percorsi di integrazione: l’età
anagrafica del bambini straniero non corrisponde all’età della classe di riferimento; la
mancata organizzazione di corsi di lingua italiana al di fuori dell’orario scolastico; la
scarsa fiducia nelle possibilità scolastiche dei bambini stranieri; l’idea che la non
conoscenza della lingua italiana equivalga ad una mancanza di apprendimento. I buoni
risultati riguardo alla conoscenza della lingua italiana non determinano
automaticamente un adattamento positivo ed un successo scolastico.
3. la scuola elabora una nuova prospettiva interculturale nella prospettiva
dell’inclusione e dello stare insieme

Passare dall’integrazione all’inclusione


- Il modello di integrazione si collega al bisogno di rendere un po’ meno diversi gli
immigrati.
- l’idea di integrazione che considera i bambini stranieri come fuori dalla norma viene
gradualmente superata da interventi che spostano l’attenzione dal recupero dei bambini
stranieri visti come un “problema” da risolvere ad un coinvolgimento di tutta la classe
- l’integrazione deve coinvolgere tutti i partecipanti al cambiamento, aprendo gli spazi
per stare dentro il confronto, lo scambio, la scoperta, la sorpresa e la reciproca
conoscenza.
- tutti i bambini e le bambine devono essere accolti dando spazio ai loro bisogni,
aspettative e risorse in modo che possa essere vissuta un’ integrazione calda.
Un’integrazione capace di collegare tra loro espressioni e contatti di piacere, curiosità,
affetti e passioni per tutto
ciò che già è conosciuto e di nuovo viene appreso.
- l’inclusione guarda con una prospettiva molto ampia il processo di relazione scolastica,
educativa e formativa. Il principio che tutti i bambini hanno uguali diritti e devono avere
uguali opportunità dentro ogni ambiente educativo, si integra con l’obiettivo di lavorare
anche per la trasformazione delle condizioni e delle soluzioni educative per il
miglioramento della qualità delle relazioni e la sostenibilità degli apprendimenti.
- con l’educazione inclusiva possiamo notare che ogni bambino durante il processo di
apprendimento è un soggetto modificabile che può migliorare le capacità e le
competenze di apprendimento.
- la scuola dell’inclusione ha come obiettivi i successi negli apprendimenti e la diffusione
di una cultura dei diritti e della pace, del sapere vivere insieme attraverso la reciproca
conoscenza, la valorizzazione di tutti, la cooperazione e la partecipazione responsabile e
decisionale del gruppo classe.
- è importante individuare :
1. quali sono le barriere che limitano o impediscono la partecipazione e l’apprendimento,
sia individuale che collettivo
2. quali sono i bambini che per vari motivi hanno difficoltà a vivere le esperienze di
apprendimento
3. quale natura hanno gli ostacoli e come fornire ai bambini gli strumenti per costruire
strategie utili a superare gli ostacoli.

Integrazione
- riguarda soltanto gli alunni con una disabilità certificata
- interviene prima sul soggetto e poi sul contesto

Inclusione
- riguarda tutti gli alunni
- interviene prima sul contesto e poi sul soggetto
- ha come obiettivo la rimozione di tutte le barriere sociali, economiche e politiche che
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ostacolano il processo di apprendimento di tutti gli alunni

I criteri della mediazione di Feuerstein:


1. il criterio della mediazione del comportamento di condivisione. La
mediazione del comportamento di condivisione prepara il bambino a riconoscere il
bisogno, la necessità e l’importanza di cooperare con gli altri uscendo dal proprio sé ed
accettare, allo stesso tempo, che gli altri partecipino alle sue vicende. I bambini per
apprendere come si condivide, hanno bisogno di vivere l’esperienza e con qualcuno che
non si limiti a dire che bisogna imparare a condividere. Bisogna insegnare ai bambini
gli strumenti e i modi per sentirsi in sintonia e in armonia con gli altri
2. il criterio della mediazione dell’individualità e della differenza
psicologica. l’attenzione educativa è rivolta a dare modo ai bambini di sentirsi individui
distinti dagli altri. Questo comporta anche la necessità di prendersi cura, ascoltare,
credere in se stessi perché questo è il punto di partenza per trasferire ciò che di positivo è
nella propria persona agli altri. Per poter stare bene con gli altri è necessario quindi stare
bene con se stessi. Lo sviluppo di un sé articolato e separato dagli altri favorisce la
comprensione dell’unicità di
ogni singola persona e sottolinea l’importanza del riconoscimento delle differenze
individuali

Intercultura ed educazione di genere


- all'interno dei processi di inclusione, emergono sempre più scenari contraddittori e
complessi caratterizzati dalla diversità con la quale le bambine, le ragazze e le donne
hanno compiuto e stanno ancora compiendo il loro processo di crescita e il loro pieno
inserimento nel mondo culturale, sociale e professionale di accoglienza.
- da molti anni le riflessioni sulla pedagogia di genere e gli interventi sulle pari
opportunità si sono incontrati nell’ambito della pedagogica interculturale.
- inizialmente è stato studiato il fenomeno migratorio che ha caratterizzato il mondo
femminile, disegnando le traiettorie percorse, le origini culturali e le differenti modalità
di inserimento nel mondo del lavoro
- negli ultimi anni è stato studiato il contributo che la migrazione femminile ha dato al
rinnovamento e al pluralismo nei differenti ambiti della società.
- rimane ancora molto diffusa la rappresentazione della donna straniera lavoratrice
impegnata soprattutto nelle professioni di cura e di assistenza.
- sono ancora molto diffuse le forme di discriminazione nei confronti del genere
femminile, discriminazioni che si concretizzano in diverse forme di violenza culturale e
strutturale, praticate spesso fin dalla nascita con modalità e intensità differenti in
relazione ai contesti ed ai modelli culturali che le producono.
- la questione di genere mette in evidenza gli sforzi e le strategie orientati a promuovere
il diritto di tutti all’istruzione e volti a supportare in ogni contesto il diritto al benessere,
alla salute, al raggiungimento del successo personale e alla libertà di pensiero e di parola.
- intervenire per migliorare e garantire le opportunità di vita delle donne e il loro
successo personale
- affrontare con sistematicità e impegno quotidiano la decostruzione di stereotipi
maschili e femminili che condizionano le relazioni, le esperienze di crescita e i vissuti dei
bambini
- far acquisire una chiara consapevolezza sul problema della violenza tra le mura
domestiche, nel luogo di lavoro, per la strada, negli ambienti sportivi e nei luoghi
religiosi
- nell’incontro tra culture diverse è necessario riflettere sui diritti di libertà, di scelta e di
parola, sulle pari opportunità, sulla partecipazione, sul successo, sulla maternità
responsabile, sulla ricerca dell’autonomia, e dell’autorealizzazione di se stessi come
diritti fondamentali.
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- sono ancora presenti dei modelli culturali che mantengono in condizione subalterna e
di violenza culturale, fisica e psicologica le donne.
- problemi di violenza e discriminazione a danno delle donne sono ancora largamente
diffusi su tutto il pianeta. Esempi: il matrimonio precoce, lo sfruttamento sessuale, le
difficoltà ad accedere all’educazione formale, etc
- bisogna riflettere sugli stereotipi maschili e femminili che stanno dentro le quotidiane
azioni educative.
- le bambine, le ragazze e le donne sono spesso, ancora in molte zone del pianeta, le
prime ad essere sottoposte a forme di discriminazione, esclusione, abuso e sfruttamento

Costruire alleanze interculturali


- per costruire alleanze interculturali è necessari disporre di competenze interculturali
- le competenze interculturali, sono oggi necessarie per potersi relazionare in modo
attivo, consapevole, critico, partecipativo e costruttivo, nella relazione con le persone
provenienti da altri Stati
- le relazioni interculturali sono cariche di aspetti che si fondano sul rispetto reciproco,
pari responsabilità e diritti, coinvolgimento e interesse per il bene comune.
- la forza e l’impegno che grazie all’alleanza si attivano tra le persone o tra i gruppi sono
pensati come strumenti per la realizzazione di pratiche di coesistenza pacifica e
democratica
- nel patto di alleanza c’è sempre lo scambio di qualcosa che deve essere finalizzato a far
raggiungere a tutti gli obiettivi condivisi. Lo scambio implica che si prenda atto in modo
positivo ed attento delle diversità e delle risorse che solo con l’alleanza è possibile
sviluppare e arricchire.
- ci sono dei contenuti e degli aspetti operativi che ogni contesto deve trovare per
costruire alleanze interculturali. È necessario partire da un processo di sensibilizzazione
e di mediazione che permetta l’avvicinamento alla percezione del problema e al bisogno
di risolverlo attraverso forme di cooperazione, condivisione e partecipazione.
- l’alleanza ha bisogno di essere rinnovata e arricchita di nuovi interessi e significati: è
legata all’azione ed alla negoziazione
- L’alleanza permette un miglioramento delle condizioni di vita per tutti. Non solo di
condizioni economiche, ma anche di salute, lavoro, benessere, produzione, vita sociale.
- competenze interculturali: un complesso di abilità necessarie per favorire, realizzare e
sostenere interazioni possibili tra persone e gruppi linguisticamente e culturalmente
differenti
- L’UNESCO individua tre specifiche macro competenze necessarie per costruire positive
forme di incontro tra persone che esprimono riferimenti culturali diversi.
● macrocompetenze: l’ascolto, il dialogo, la richiesta a sé stessi
1. l’ascolto: entrare in risonanza con un’esperienza; l’ascolto empatico, attivo, reciproco,
partecipato
2. il dialogo apre, grazie all’ascolto, la possibilità di comprendere quale risonanza ha la
relazione con l’altro dentro di noi stessi e con coloro con i quali siamo in relazione
3. la richiesta a sé stessi: l’interrogarsi dentro, il domandarsi e l’essere curioso di ciò
che è l’altro

Pratiche interculturali e esperienze di progettazione


- il tema dell’intercultura rappresenta oggi un riferimento importante anche per lo
sviluppo della cooperazione internazionale, per le politiche di sviluppo sostenibile, per la
lotto contro l’analfabetismo e per la tutela dei patrimoni ambientali e culturali
- l’obiettivo dell’intercultura è rendere la realtà della vita di ogni essere umano,
produttiva e promotrice di sostenibilità, di cambiamento nel rispetto del benessere e del
successo individuale e comune
- nella prospettiva di una educazione alla pace e alla convivenza pacifica, è necessario
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comprendere anche le innumerevoli e complesse relazioni che gli esseri umani
stabiliscono in modo creativo e originale con i contesti culturali, formativi, spirituali,
ambientali economici e valoriali
- l’esperienza di cooperazione a livello locale, nazionale e internazionale mette in
evidenza l’esigenza di utilizzare delle buone pratiche di tipo interculturale. L’incontro di
mondi diversi, caratterizzato dalla complessità delle identità individuali e di gruppo che
orientano comportamenti, decisioni e attese, richiede abilità e competenze di
decentramento, pensiero flessibile, problem solving, creatività e umiltà

Le comunità di pratiche per creare alleanze interculturali


- una comunità di buone e trasferibili pratiche educative rappresenta uno spazio
d’incontro interessante, creativo e utile per dare conferma della qualità dei metodi e
dell’efficacia delle azioni svolte dagli operatori per lo sviluppo del dialogo interculturale
- la comunità di pratiche è un luogo dove le idee, le proposte e le esperienze realizzate
circolano liberamente con l’obiettivo di lasciare una testimonianza visibile delle
esperienze educative svolte e di far circolare e lanciare nuove idee e proposte in luoghi
lontani
- la comunità di pratiche è un contesto che permette lo scambio di esperienze e percorsi e
che attiva nuovi processi conoscitivi e formativi che rinforzano e qualificano il sapere
professionale
- la comunità di pratiche è un luogo di condivisione dei saperi e delle pratiche

CAPITOLO 2 - DIALOGO INTERRELIGIOSO COME CONTRIBUTO ALLA


RECIPROCA CONOSCENZA

Dialogo interreligioso fuori dal religioso


- Spesso la religione è stata strumentalizza al fine di giustificare radicalizzazioni,
fondamentalismi, emarginazioni, discriminazioni e annientamenti. Le guerre di religione
hanno messo gli uni contro gli altri, legittimando i conflitti tra etnie e culture
- salvaguardare in ogni contesto sociale umano, anche nelle comunità religiose, i diritti
umani, lo sviluppo e il miglioramento della democrazia e la promozione dei valori di
fondamentali come pace, educazione alla libertà, dialogo e solidarietà.
- La pace tra le religioni è un elemento importante e fondamentale per la pace tra i
popoli.
- L’UNESCO considera il programma per lo sviluppo e la diffusione del dialogo
interreligioso una componente essenziale del dialogo interculturale.
- dialogo interreligioso: è orientato alla ricerca di incontro, interazione, scambio e
cooperazione tra persone appartenenti alle differenti religioni. Il dialogo interreligioso
vuole dare modo di esplorare quali motivazioni, domande, inquietudini, ricerche stanno
dentro le credenze, le convinzioni e i fatti religiosi.
- dialogo interculturale: è orientato alla ricerca di incontro, interazione, scambio e
cooperazione tra persone appartenenti a culture diverse; promuove lo scambio di
prospettiva e la reciproca comprensione tra le diversità e le specificità delle varie culture.
Il dialogo interculturale promuove lo sviluppo della cittadinanza democratica e
partecipata e apre alla capacità di realizzazione di forme di governance per una
cittadinanza laica e inclusiva.
- Gli aspetti del religioso sono comunque implicitamente presenti, con forme e intensità
differenti, anche nei saperi culturali. All’interno delle appartenenze culturali, i
riferimenti alla tradizioni religiose possono essere diverse.
- le organizzazioni internazionali, interessate alla pace e alla educazione nonviolenta,
arrivano, negli anni Novanta, a definire le azioni da attuare in favore del dialogo
interreligioso.
- programma UNESCO per lo sviluppo del dialogo tra le religioni e le fedi (1996)
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- Nel 2001 viene approvata la Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale e si apre
la decade a sostegno della Cultura di pace e della non violenza per i bambini del mondo
- promuovere le ricerche e gli studi per facilitare la reciproca comprensione tra differenti
religioni, dare impulso allo scambio di interessi comuni, condividere la necessità di dare
risposte significative per realizzare concretamente delle azioni di aiuto, sostegno e
sviluppo alla cultura di pace.
- Le molteplici tradizioni religiose possono offrire diverse prospettive attraverso cui
esplorare il senso dell’umano e dell’umanità, le potenzialità e le debolezze della
quotidiana esperienza di vita, il modo con cui gli esseri umani cercano di sentirsi parte di
un tutto
- L’UNESCO ha cercato di promuovere la reciproca interazione tra tradizioni religiose e
spirituali da una parte e, dall’altra, il bisogno di promuovere la reciproca comprensione
sfidando e combattendo i pregiudizi che spesso alimentano forme di esclusione,
espulsione e violenza nei confronti di chi appartiene a tradizioni diverse
- Oltre al tema della tolleranza e della coesione sociale, è importante considerare come, e
se, all’interno degli Stati, la religione entra nel curriculum scolastico e a quale livello. Il
caso italiano è esplicativo della mancata applicazione delle indicazioni europee, perché
all’interno del sistema scolastico italiano la presenza della religione cattolica genera
forme di discriminazione e di non parità dei diritti, sia per gli insegnanti che per gli
alunni, e produce confusione intellettuale e culturale quando, nell’intento di voler
cogliere i processi di trasformazione in atto nella società multiculturale, tenta spesso di
dare una conoscenza anche delle altre tradizioni religiose.
- L’imposizione di una sola religione dentro il panorama scolastico, può essere un
elemento di conflitto e non di sostegno alla pluralità e alla diversità.
- i bambini hanno il diritto di essere educati in modo olistico, dove lo sviluppo spirituale,
si accompagna e si accorda con lo sviluppo cognitivo, affettivo e fisico, in funzione del
raggiungimento di un benessere che comprenda la dimensione morale sociale e culturale
- gli Stati e le comunità locali devono impegnarsi nei riguardi delle differenti credenze e
appartenenze religiose dei bambini
- È ancora difficile, in particolare sul piano educativo, comprendere e dialogare con i
piani della spiritualità senza doverla necessariamente collegare a qualche fede.
Spiritualità come esperienza creativa, capace di aiutare a sviluppare competenze
importanti della mente umana come l’immaginazione, la creatività e i sogni. Avvicinare il
bambino alla spiritualità, può aiutarlo a comprendere il mondo che lo circonda, ad
interagire con questo, imparando a rispettarlo.
- spiritualità e religione non esprimono la stessa cosa, non sono sinonimi e talvolta
entrano in contrasto tra loro soprattutto quando le pratiche del religioso non sanno
riconoscere il senso della ricerca interiore che non si risolve nell’adeguamento a pratiche
e comportamenti, ma che guarda alla connessione diretta e continua tra l’essere umano e
l’universo. Qualcosa che porta oltre ciò che siamo e che viviamo nel presente, ciò che va
al di là dei fenomeni che sperimentiamo. È la possibilità di percepire altro, pur
rimanendo sintonizzati con la realtà e sentendoci parte del genere umano e dell’universo.
È la possibilità di utilizzare approcci proattivi piuttosto che reattivi avendo la capacità di
andare oltre alla risposta che lo stimolo potrebbe indurre a fare immediatamente.
- spiritualità: la spiritualità riguarda il nostro rapporto personale con “vita spirituale”,
cioè il nostro essere che si rapporta con la non materia, il pensiero che va oltre la
fisicità conosciuta, un rapporto con lo spirito e non necessariamente riconducibile alla
sfera religiosa o al credo di una fede
- religione: le religioni hanno tutte lo stesso principio, quello di credenza e adorazione
di Dio, con delle regole (comandamenti in quella cristiana) e osservanze, e tutta una serie
di riti con lo scopo di rapportarci con Dio.

Società laica e pluralismo religioso


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- Più le tradizioni religiose sono riconosciute, garantite dalle leggi dello Stato,
considerate per il loro contributo culturale, coinvolte nella crescita del benessere sociale,
più si ha garanzia che la società in cui esse sono presenti sia una società laica.
- Più viene dato pari riconoscimento giuridico alle differenti espressioni di fede, evitando
rapporti privilegiati con alcune piuttosto che con altre, e maggiore è l’esperienza
concreta di democrazia che può essere realizzata
- Lo sviluppo del dialogo interreligioso ha preso avvio all’interno del mondo cristiano con
il Concilio Vaticano II (1962 - 1965)
- con il concilio vaticano II il cristianesimo inizia a riconoscere come possibili
interlocutori sul piano della fede anche le altre religioni
- Laicità come pluralismo e valorizzazione dell’inclusione e delle diversità e delle
appartenenze
- Le religioni presentano dei riferimenti etici importanti per la riflessione sulla
convivenza, sulla natura degli esseri umani e sul senso del sacro e del rapporto con la
natura
- l’educazione sta cercando di individuare quali scelte sono più coerenti ad un sistema
democratico per garantire, ai cittadini appartenenti alle differenti tradizioni religiose,
uguale riconoscimento e parità dei diritti di fronte alla legge.
- Fino a quando le culture e le tradizioni religiose, le differenti dimensioni dello
spirituale e del vivere democraticamente si oppongono e si percepiscono estranee e
lontane, percorrendo la strada del conflitto per affermare la propria forza, potenza e
superiorità, il traguardo del benessere comune sarà sempre di più lontano e
irraggiungibile.
- Vi è la necessità di costruire progetti per il dialogo interreligioso dentro la dimensione
laica e interdisciplinare dei saperi formali della scuola, senza quindi lasciare o delegare
agli insegnanti di religione, la lettura della complessità che l’argomento richiede.
- la presenza dell’ora di religione cattolica nella scuola pubblica italiana conferma la
disparità di trattamento tra gli alunni e gli insegnanti
- in Italia manca una legge capace di garantire la libertà religiosa e di promuovere il
dibattito a sostegno della crescita della società civile che deve investire nel pluralismo
- Ogni tradizione religiosa si colloca all’interno della storia e della cultura generale. Non
darne visibilità significa limitare la costruzione di strumenti cognitivi necessari a poter
cogliere la complessità sociale.
- introdurre, fin dalla prima infanzia, percorsi educativi che aprano alla reciproca
conoscenza dei valori condivisi e contenuti nel messaggio che le tradizioni religiose e
spirituali hanno elaborato nel corso dei secoli.
- Il rapporto di Delors, che nel 1996 venne presentato per l’UNESCO, aveva lo scopo di
individuare le migliori strategie educative da realizzare nel nuovo millennio.
- In questo rapporto vengono definiti i 4 pilastri dell’educazione: learning to live
together, learning to know, learning to do, learning to be
- Learning to live together è il pilastro più significativo per la formazione al dialogo e alla
convivenza pacifica.
- Learning to live together fa riferimento alle nuove sfide sociali e culturali, ma anche
economiche e ambientali, prodotte dalle trasformazioni planetarie e dalla circolazione di
saperi, di etnie, culture e religioni differenti.
- Nel rapporto di Delors viene espressa con chiarezza la necessità di utilizzare approcci e
metodi cooperativi e partecipativi per educare le persone a saper lavorare insieme su
progetti che possano essere di interesse comune.

CAPITOLO 3 - EDUCARE ALLA CULTURA DI PACE

L’impegno internazionale per l’educazione alla pace


- dopo la seconda guerra mondiale, nascono l’ONU (1945) e l’UNESCO (1948)
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- l’ONU è un’organizzazione internazionale orientata a garantire la giustizia
sovranazionale tra gli stati
- l’UNESCO è un’organizzazione internazionale orientata a garantire una nuova cultura
dell’educazione e delle scienze per sviluppare la pace tra i popoli
- lo scopo delle nuove organizzazione internazionale è quello di impegnare gli Stati
membri a nuove politiche capaci di risolvere i conflitti attraverso le vie della diplomazia e
della mediazione, piuttosto che il conflitto armato
- L’entusiasmo per una sperata convivenza pacifica del pianeta si spense presto di fronte
alle nuove ondate di conflitti che iniziarono nei differenti continenti

Dichiarazione di Siviglia sulla Violenza (1989)


- La Dichiarazione di Siviglia sulla Violenza mostra come i falsi luoghi comuni o le
affermazioni pseudoscientifiche sulla natura violenta dell’essere umano non abbiano
alcun senso.
- La Dichiarazione mette in evidenza la consapevolezza della non neutralità della scienza,
della cultura e dell’educazione nei confronti dello sviluppo della cultura della guerra.
- le pratiche di giustificazione della guerra hanno sempre fatto ricorso all’uso improprio e
strumentalizzato di teorie, scoperte e dati; oggi non è più possibile accettare,
assecondare e giustificare tali pratiche
- la responsabilità di ogni progettazione e azione di guerra non sta nel conflitto, ma nella
cultura e quindi negli esseri umani stessi che sono i produttori della cultura
● Per confutare le costruzioni pseudoscientifiche sostenitrici di una giustificazione della
guerra come espressione naturale dell’aggressività umana, la Dichiarazione di Siviglia
presenta chiaramente cinque enunciati che cercano di chiarire e di rispondere anche al
problema sulla natura violenta dell’essere umano:
1. gli esseri umani non hanno ereditato dagli animali la tendenza a fare la guerra. Ogni
azione di guerra è un prodotto culturale e non una azione mossa dall’istinto di difesa.
2. la natura umana non è programmata per un comportamento violento. Le
caratteristiche genetiche delle persone, a meno che non si presentino situazioni
patologiche, non sono predisposte alle azioni violente
3. Il terzo enunciato confuta l’assunto che, nel corso della storia dell’umanità, il
comportamento aggressivo abbia avuto maggiori rinforzi rispetto ad altri e per tale
motivo se ne sono giustificati la presenza e il mantenimento. Il comportamento degli
animali dimostra che nel gruppo si può creare anche cooperazione, cosa che invece viene
poco valutata, o esclusa da coloro che danno valore al solo elemento di violenza perché
considerato un comportamento simile a quello degli esseri animali. Il porre scarsa
attenzione alle pratiche di cooperazione e collaborazione è una precisa scelta culturale.
4. gli esseri umani non hanno un cervello violento. Se è vero che l’apparato neuronale
può reagire in modo violento a degli stimoli, questo non vuol dire che sia stato
programmato per un comportamento sempre distruttivo
5. la guerra non è causata dall’istinto o da una specifica motivazione. La guerra richiede
una preparazione razionale, tecnica, operativa, che viene sostenuta dall’organizzazione
degli apparati istituzionali e dal sistema che lo sostiene.

I processi che portano alla cultura di pace


- la pace è più che assenza di guerra. La pace non è necessariamente legata alla
conclusioni di azioni belliche e non dipende da queste.
- pace significa trovare le forme per garantire a tutte le persone giustizia, equità e diritti.
- Promuovere la cultura di pace significa riflettere e soffermarsi sull’impegno che gli
esseri umani hanno messo in atto per cambiare i modelli e i sistemi educativi,
comunicativi, relazionali che per secoli hanno continuato a tramandare la cultura della
guerra.
- le buone pratiche della pace e della non violenza devono essere insegnate in tutti gli
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ambiti educativi ed in ogni contesto sociale
- Il concetto di cultura di pace viene formulato nel 1989 facendo riferimento alla
Dichiarazione di Siviglia sulla Violenza
• Una cultura di pace è un insieme di valori, attitudini, tradizioni e modi di
comportamento e sistemi di vita basati sul:
a. rispetto per la vita, sulla cessazione della violenza e sulla promozione e la pratica della
non violenza;
b. sul pieno rispetto dei principi di sovranità, integrità territoriale e indipendenza
politica degli Stati e sul non intervento in quelle questioni che rientrano essenzialmente
nell’ambito della giurisdizione nazionale di uno Stato;
c. sul pieno rispetto e sul progresso di tutti i diritti umani e di tutte le libertà;
d. sull’impegno in favore di una soluzione pacifica dei conflitti;
e. sugli sforzi per soddisfare le esigenze inerenti allo sviluppo e all’ambiente delle
generazioni presenti e future;
f. sul rispetto e sulla promozione del diritto allo sviluppo;
g. sul rispetto e sulla promozione dell’uguaglianza di diritti e opportunità per donne e
uomini;
h. sul rispetto e sulla promozione del diritto di ognuno alla libertà di espressione, di
opinione e di informazione;
i. sull’adesione ai principi di libertà, giustizia, democrazia, tolleranza, solidarietà,
cooperazione, pluralismo, diversità culturale, dialogo e comprensione a tutti i livelli della
società, e fra le nazioni;
- Costruire una cultura di pace significa individuare quali sono e come si articolano le
forme di svantaggio, esclusione, discriminazione presenti nella società.
- l’accesso all’istruzione, all’educazione di qualità e alle differenti forme di
apprendimento è la condizione necessaria, ma non sufficiente, per garantire la cultura di
pace.
- I metodi educativi devono rifarsi a modelli partecipativi, creativi e cooperativi capaci
prevenire le varie forme di intolleranza, pregiudizio, discriminazione, esclusione e
razzismo. L’educazione alla pace si basa su relazioni interpersonali amichevoli,
partecipate, fondate sui diritti, la democrazia, la tolleranza e il sostegno all’intercultura e
al dialogo interreligioso e di diversità linguistica, culturale, fisica e mentale.
- È necessario considerare, integrato al tema della pace, anche quello della Human
Security, dello Sviluppo Umano e della Sostenibilità dell’Ambiente.

Programma UNESCO «Decade internazionale per la cultura di pace e per la


non violenza» (2000 - 2010)
Il programma proposto otto campi d'azione nei quali è possibile lavorare per la
promozione della cultura della Pace:
- Rinforzare una cultura di pace attraverso l'educazione.
- Promuovere lo sviluppo economico e sociale durevole.
- Promuovere il rispetto di tutti i diritti dell'uomo.
- Assicurare l'uguaglianza tra le donne e gli uomini.
- Favorire la partecipazione democratica.
- Sviluppare la comprensione, la tolleranza e la solidarietà.
- Sostenere la comunicazione partecipativa e la libera circolazione dell'informazione e
delle conoscenze.
- Promuovere la pace e la sicurezza internazionali.

Human Security
- l’interesse per la sicurezza umana
- il concetto di Human Security è strettamente collegato con i concetti di diritti umani e
di sviluppo umano
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- il concetto di sicurezza è in stretta connessione ai processi di sviluppo: non ci può
essere sicurezza se non c’è sviluppo e viceversa
- porre attenzione al problema della sicurezza delle persone dalle croniche minacce che
danneggiano i loro diritti, indeboliscono la capacità di scelte e di azioni autonome e
condannano alla dipendenza di forme di violenza e di potere
- Le forme croniche di minaccia possono essere identificate nella fame, nella diffusione
di malattie, di devastazioni ambientali, nell’insicurezza abitativa, nel rischio di povertà,
nell’impossibilità di soddisfare i bisogni di sopravvivenza umana
- situazioni di stress, paure, condizioni di povertà sono cause di conflitto e di violenza
oltre che di dipendenza, sfruttamento e abuso
- La sicurezza umana si rivolge alla dignità e al senso di autostima delle persone; la
sicurezza umana considera anche la necessità di proteggersi da ogni forma di egemonia
che può essere
agita da governi, istituzioni, organismi o singole persone
- La Human Security è un obiettivo delle politiche della globalizzazione e una condizione
necessaria per garantire la sostenibilità del benessere e dello sviluppo umano.
- Le maggiori forme di insicurezza trovano origine nella quotidianità delle persone: la
mancanza di lavoro, la continua paura della povertà e la condizione di povertà stessa
dovuta a fattori che non sono casuali ma piuttosto l’effetto di precise volontà di scelte
economiche, sociali e politiche che vanno poi a ricadere sulla parte più debole della
popolazione.
- La Human Security, come la pace, non deve più essere dipendente dai risultati finali
delle guerre. La cultura della guerra ha sempre sostenuto che la sicurezza delle persone e
dei popoli è garantita solo attraverso l’eliminazione del nemico

Sviluppo Umano
- lo sviluppo umano riguarda il fornire un maggiore accesso alla conoscenza, alla
padronanza del know how e delle competenze partecipative e decisionali. Fattori che
permettono di aumentare o di creare un sostanziale miglioramento delle condizioni di
vita locali e globali. Un miglioramento che tuttavia deve essere garantito attraverso lo
sviluppo dei saperi e delle conoscenze locali delle persone e la loro integrazione con
saperi nuovi che ne innalzano la qualità e l’operabilità.
- Uno dei principali obiettivi dello Human Development è quello di sostenere la
costruzione condivisa di un ambiente di benessere per le persone e di garantire a tutti un
continuo miglioramento delle conoscenze e della qualità di vita, prolungando le
aspettative di vita

Sviluppo sostenibile
- sostenibilità è il modo con il quale gli esseri umani scelgono di vivere la propria vita in
quanto gli indirizzi presi avranno anche in futuro delle conseguenze per la vita delle
future generazioni
- a partire dagli anni ’90, si è fatta sempre più presente la necessità di costruire e
praticare uno sviluppo partendo dalla gestione sostenibile delle risorse locali, dalla lotta
radicale contro le forme di inquinamento e dalla gestione pacifica delle diversità umane
presenti sul territorio
- l’educazione allo sviluppo sostenibile contribuisce alla costruzione di conoscenze e
competenze necessarie per preservare, difendere e migliorare il mondo di oggi come
eredità da dare alle nuove e future generazioni
- lo sviluppo sostenibili riguarda lo studio dei problemi che riguardano il pianeta terra
nel suo insieme e la ricerca continua di soluzioni creative e alternative ai problemi attuali
e alle questioni di domani
- tematiche specifiche dello sviluppo sostenibile: il cambiamento climatico, la riduzione
del rischio delle catastrofi, la comprensione e l’arricchimento dato dalle biodiversità, il
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mantenimento del patrimonio ambientale e culturale, la salvaguardia delle fonti
energetiche e un cambiamento del rapporto tra gli esseri umani e l’ambiente.
- il tema dello sviluppo sostenibile deve entrare nella quotidianità dell’educazione ed
attraversarla nei differenti campi
- Le questioni inerenti la natura e l’evoluzione delle biodiversità, le risorse necessarie e le
risposte alternative ai bisogni ed ai cambiamenti ambientali
- In genere, il tema dell’ambiente ha interessato, in particolare, la ricerca in ambito
tecnologico e scientifico, ma poco è stato esplorato, per ciò che riguarda l’attenzione e la
comprensione per le pratiche culturali
- garantire il rispetto, oltre che per gli esseri umani, anche per la natura, gli animali e
l’ambiente nel suo complesso, in considerazione del fatto che la terra appartiene
all’intera umanità
- È importante avere una visione planetaria dell’ambiente che si presenta come un
sistema complesso e elementi strutturali, in interazione
- È necessario comprendere che le soluzioni ai problemi ambientali, per quanto possano
apparire limitate e locali, devono essere sempre valutate attraverso una prospettiva
planetaria

Pratiche di educazione alla pace e costruzione di competenze sociali


- Le pratiche educative possono rivelarsi distruttive, nel senso che acuiscono i contrasti,
gli stereotipi, aumentano il senso di paura, dell’insicurezza e del bisogno di difesa
attraverso la forma violenta piuttosto che quelle dell’esplorazione delle possibili
differenti soluzioni
- È necessario comprendere in quale modo, perché e quanto l’educazione è implicata nel
verificarsi dei conflitti e dell’uso di forme di violenza
- bisogna considerare che cosa è necessario fare, attraverso l’educazione, per prevenire la
presenza della violenza e dei conflitti tra gruppi e tra Stati.
- Intervenire nella comprensione di quali aspetti del curriculum scolastico possono
aggravare il conflitto ed intervenire per rimuoverli con una precisa volontà di
cambiamento e di rinnovo, viene considerata una delle prime forme di intervento per
avviare un processo di integrazione tra sistema scolastico e sistema sociale

Educazione alla pace


- L’educazione alla pace comprende la formazione di competenze costruite in primo
luogo sui principi dei diritti umani e dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. La
formazione deve essere accompagnata da competenze e abilità capaci di riconoscere ed
intervenire con soluzioni di mediazione creative ai conflitti intra e interpersonali
- l’educazione alla pace non si riferisce a particolari proposte di contenuti scolastici da
svolgere nelle scuole e a problematiche che riguardano i paesi dove sono presenti
conflitti armati. L’educazione alla pace considera che il conflitto e la violenza non
risiedano solo nelle azioni belliche, ma siano intrinseci in ogni società, in ogni gruppo
come pure in una dimensione sia pubblica che privata. La manifestazione di questa
violenza è visibile attraverso le forme di esclusione, di sfruttamento, di abuso e di
mancato rispetto dei diritti umani.
- L’educazione alla pace è la vera e concreta prevenzione ai conflitti violenti che i
bambini esprimono ed agiscono anche nelle strutture scolastiche. Essa richiede un
impegno continuo e profondo per la ricerca costante di espressioni alternative alla
violenza
- L’educazione alla pace passa prima dall’ essere, poi da fare e infine dal dire
- Il punto di partenza è quanto gli insegnanti e la scuola stessa siano consapevoli della
natura delle strutture educative e quali siano gli stereotipi e i pregiudizi che vengono
manifestati ai bambini. L’essere nella disponibilità di cambiare e di approfondire la
comunicazione e il dialogo sono aspetti costruttivi dell’educazione alla pace. Il fare rende
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esplicito il percorso interiore e l’autenticità del messaggio che vuole essere trasmesso. Il
fare significa anche costruire insieme gli strumenti della pace, della convivenza pacifica,
secondo il processo che sostiene il learning to live together
- L’educazione alla pace richiede una costruzione continua di modelli e strumenti da
adattare alle situazioni e alle questioni da affrontare nella quotidianità, spiegando bene
come la pace sia un processo che non ha fine, che deve coinvolgere tutti e che può essere
sempre messo in discussione
- La pace non è una conseguenza della guerra, o l’assenza di questa. La pace non trova la
sua origine nella giustificazione della guerra, così come la guerra non può giustificare la
pace
- l’educazione alla pace entra con difficoltà nelle proposte formative scolastiche
- non è sufficiente inserire nei curricula scolastici i contenuti ed i riferimenti
all’educazione alla pace se questa non si trasforma in azioni di pace concrete
- la gerarchizzazione, le relazioni asimmetriche, il controllo e il giudizio sono forme di
violenza presente nelle strutture scolastiche ed educative
- Le prove di fine percorso scolastico o il sistema di verifica, come il sistema di
antagonismo o di competizione, oltre che l’incapacità di un ascolto attivo e partecipato
sono tutte forme che annullano ogni contenuto di educazione alla pace.
- litigare è un diritto dei bambini. È attraverso il litigio che è possibile comprendere i
conflitti e sperimentare i limiti della propria e dell’altrui capacità di stare nella relazione.
Evitare o impedire che si presentino queste forme di scambio e di reciproca conoscenza,
è porre un limite allo sviluppo degli apprendimenti

Vivere la pace facendo sport con i nemici


- Lo sport è visto dall’UNESCO come un prezioso supporto per lo sviluppo dell’etica, del
fisico, del benessere generale, dell’autostima, del senso di unione e collaborazione. Lo
sport può essere uno strumento di pace. Lo sport, quando non è caratterizzato dalla
violenza e dall’antagonismo, ha gli strumenti per promuovere la cultura di pace
- Ambiente e sport sono dei buoni alleati per promuovere esperienze di educazione alla
pace perché coinvolgono direttamente i giovani e le comunità di appartenenza, in azioni
di incontro, scambio e reciproca conoscenza. Lo sport è importante per promuovere la
costruzione di competenze sociali di squadra, di gruppo, di condivisione, ma anche di
leader partecipativo, di impegno, perseveranza, autostima e rispetto dell’altro
- lo sport può essere lo spazio per la sperimentazione significativa e profonda
dell’incontro concreto tra persone che vivono il conflitto.
- Lo sport sostiene la formazione di uno spirito di partecipazione di positiva e reciproca
tolleranza.
- Il Centro Peres per la Pace (Israele) è una organizzazione no profit che si adopera per
la promozione della peacebuilding tra gli israeliani, gli arabi e i palestinesi
- per le esperienze di educazione alla pace, vengono utilizzate attività e giochi dove
vengono sperimentati i valori della tolleranza, della convivenza della comprensione
reciproca, del rispetto e della costruzione del lavoro di squadra

Terra-Patria
- Terra-Patria: ogni persona è nata nel pianeta Terra e quindi la Terra è la sua patria
- è necessario pensare e agire tenendo conto della sostenibilità ambientale delle nostre
azioni perché la Terra è la patria di ogni persona
- nella società della globalizzazione appartenere ad un territorio non è più un fattore
importante per determinare l’identità di una persona. Bisogna andare oltre il concetto di
appartenenza e ripensare insieme il concetto di identità e differenza.

Trascendenza nella cultura della pace


- le nostre azioni abbiano delle conseguenze non solo nell’immediato presente, ma anche
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nel futuro
- la capacità di trascendere il qui ed ora tipici di un pensiero rigido e autoreferenziale

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