Relatrice
Prof.ssa Lea Ferrari
Laureanda
Alessia Piazzini
Matricola 1233486
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Sommario
INTRODUZIONE ......................................................................................................................... 5
CONCLUSIONE....................................................................................................................... 111
BIBLIOGRAFIA....................................................................................................................... 116
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INTRODUZIONE
Il presente elaborato di Tesi di Laurea Magistrale nasce dalla mia curiosità e dalla
necessità di avere delle risposte ad alcuni interrogativi sul linguaggio della diversità. Il
dotato di significati all’interno di una società (Marotta & Monaco, 2016, p. 45). Tali segni
Esso ha la capacità di creare la realtà e plasmare il nostro pensiero diventando una lente
(Abbatecola, 2016, p. 139). Il linguaggio si intreccia nel tessuto dello spazio e del tempo
e, attraverso le sue varie forme, scritta, orale, grafica e sonora, simboleggia la realtà
Talvolta, come ci suggeriscono Ruspini e Perra (2016) il linguaggio può essere letto come
una realtà reificata, in quanto, essendo assimilato e condiviso all’interno di una cultura,
rischia di essere percepito come qualcosa di dato e immutabile. Ciò diventa problematico
linguaggio, infatti, può costruire ponti e legami ma, allo stesso tempo, vi è il rischio che
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Il testo si focalizza sul linguaggio della diversità, con un particolare occhio di riguardo
In particolare, nel Capitolo Primo si presentano la storia del linguaggio della disabilità e
gli errori, le retrocessioni, i progressi che si sono susseguiti nel corso del tempo nei
confronti delle persone con disabilità. Sono esposti, inoltre, i principali modelli di
Disability and Healt (ICF) e alcuni modelli proposti a partire dagli inizi del Novecento,
passando per le studiose e gli studiosi Montessori (1909), Goldfarb (1947), Klaber (1969),
Deno (1970) e Sen con il Capability Approach degli anni Ottanta. Il Capitolo Primo si
chiude, infine, con una presentazione dell’evoluzione dei diritti delle persone con
Il Capitolo Secondo propone una revisione della letteratura sulla diversità e il suo
occhio di riguardo nei confronti delle parole della disabilità. Vi saranno anche dei cenni
PRISMA, una linea guida a supporto della stesura di revisioni sistematiche e di metanalisi
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del razionale, degli obiettivi, delle strategie di ricerca e i criteri di selezione della revisione
il Capitolo Secondo espone gli scopi, le metodologie e i risultati degli articoli selezionati.
Nel Capitolo Terzo si prosegue con una discussione dei risultati ottenuti dalla revisione
articoli selezionati.
Infine, nel Capitolo Quarto si propone una descrizione di alcuni termini specifici come:
relazione tra i mass-media e il loro linguaggio e di come alcuni termini utilizzati nei
discorsi delle campagne elettorali possano influenzare o meno le scelte degli elettori.
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CAPITOLO PRIMO: la storia del linguaggio della disabilità e
dell’inclusione
La disabilità è radicata nella storia dell’essere umano sin dalle sue origini. I pregiudizi,
le pratiche sociali e gli stereotipi sono mutati in funzione del periodo storico e del contesto
socioculturale.
comprendere quanto il percorso sia stato impervio e ricco di difficoltà. Diversi sono stati
non dimenticare gli errori, le retrocessioni e i progressi che hanno portato, ad oggi, a
riconoscere alle persone con disabilità gli stessi diritti che sono garantiti a tutti.
Sin dalla comparsa delle prime forme di vita sulla terra, le probabilità di sopravvivenza
emarginazioni e addirittura la soppressione dei membri più deboli (Soresi, 2016, p. 19).
Ne è una testimonianza la città di Sparta: secondo quanto narrato dal celebre Plutarco,
nonostante l’assetto democratico della polis, i bambini nati con delle malformazioni
venivano abbandonati sul Monte Taigeto. Ad oggi, la veridicità di tale usanza è messa in
discussione, tuttavia, è noto come a Sparta i diritti politici fossero un privilegio destinato
alle sole persone con livelli adeguati di abilità produttive; coloro che avevano delle
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alimentare questa visione poco inclusiva della diversità ha contribuito il mito della forma,
dell’armonia e della bellezza radicato nella cultura e nei costumi dell’Antica Grecia.
L’integrità fisica e psichica, infatti, erano considerati segni della grazia divina. Al
una legge che impedisse di allevare i figli deformi. Allo stesso modo, secondo Platone
l’incarico della medicina e della giustizia era quello di curare solamente coloro che erano
sani nello spirito e nel corpo: “Quanto a quelli che non lo siano, i medici lasceranno
Nonostante la visione della società greca, la disabilità non è sempre stata vista come
ricorda Soresi (2016, p. 20), nell’antica Roma alle persone non vedenti, ad esempio, erano
associate delle abilità di premonizione e, per questo motivo, spesso ci si rivolgeva loro in
Per molti secoli, tuttavia, ha prevalso l’idea di una divinità in grado di definire le sorti
riscontro: vi era la credenza che le nascite con menomazioni evidenti fossero dovute a
donne che avevano avuto rapporti sessuali con il demonio e che dovevano essere punite.
È evidente come, in questo periodo storico, la diversità sia temuta e, accanto alla
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diffusione di principi di solidarietà e pietà tipici del cristianesimo, anche figure di spicco
come Papa Gregorio Magno dichiararono che “un’anima sana non troverà albergo in una
dimora malata” rimarcando il fatto che coloro che nascono con una menomazione portino
con sé il segno divino di un’anima con delle colpe da espiare. Proseguendo lungo un
percorso temporale, nel Medioevo si scontrano due visioni opposte; da un lato si sviluppa
l’obbligo della generosità e della carità nei confronti dei malati e delle persone con
superstizione promuovendo l’utilizzo della ragione, del pensiero critico e della scienza. Il
dibattito sulla disabilità è stato ripreso in chiave moderna con l’enciclopedismo, efficace
normalità e ha sostenuto con fermezza la sua avversità nei confronti della concezione
di normalità.
tipo agricolo e commerciale a uno industriale e la conseguente enfasi sul mito della
produttività hanno portato a considerare la non idoneità al lavoro e l’invalidità come dei
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limiti. In particolar modo, come sottolineato da Soresi (2016, p. 22), ciò ha contribuito a
creare una netta linea di demarcazione tra la popolazione in grado di apportare benessere
sono in grado di apportare benefici alla società. È in questi anni che inizia a diffondersi
l’idea e la necessità di costruire degli spazi appositamente dedicati alle persone con
menomazioni, come gli orfanotrofi, i manicomi e gli ospedali. Tali strutture sono
l’esplicazione e la concretizzazione del fatto che le persone con disabilità sono “malate”
La concezione che si è fatta strada durante il periodo della rivoluzione industriale (1760-
1840) si è amplificata e rafforzata con il darwinismo sociale nel XIX secolo. La teoria del
darwinismo sociale si sviluppa intorno al 1870 e, traendo fondamento dalle leggi naturali
postulate da Charles Darwin, sostiene che, anche all’interno della società umana, vi è una
lotta per la sopravvivenza e una selezione del più adatto. Coerentemente con questa linea
del razzismo e, riferendosi alla corrente di pensiero del XIX secolo, afferma che
all’una ciò che toglieva all’altra, innescava un circolo maledetto, e che la medesima
frontiera sarebbe servita costantemente a porre distanze fra gli stessi uomini e a
rivendicare, a favore delle minoranze sempre più ristrette, il privilegio di umanità” (Lévi-
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La competizione come presupposto per la sopravvivenza e un sistema incentrato sulla
come affermato da Schianchi (2012), trova la sua massima espressione nel nostro Paese
durante il periodo fascista. Infatti, tra il 1926 e il 1928 vennero rinchiusi più di
inferiori, di persone con disabilità fisica e mentale, sordi e ciechi. Sull’onda dello sdegno
per la ferocia e gli orrori commessi durante la Seconda guerra mondiale, si manifesta il
universale dei diritti umani, adottata nel 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni
Unite, afferma nel preambolo che «il disconoscimento ed il disprezzo dei diritti umani
hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità», e, per questo
motivo, è necessario che «i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole
evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la
Inizia una nuova pagina di storia impegnata sul fronte dell’inserimento, dell’integrazione
e dell’inclusione che porterà, nel 1978, alla legge n. 180 detta “Legge Basaglia”, la quale
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Italia. Si tratta di un passo importante che apre una strada a una psichiatria di comunità
con un particolare occhio di riguardo nei confronti di coloro che in precedenza erano
suo interno si assumono rispetto a specifici problemi, e quindi anche rispetto alle
disabilità (Buono & Zagaria, 2003, pp. 121-141). È necessario utilizzare linguaggi nuovi,
deriva e si genera dall’ambiente sociale e non deve essere intesa come difficoltà riferita
Tale percorso ha avuto inizio a partire dalla metà degli anni Settanta quando
provocate da una condizione di malattia; intorno agli anni Ottanta nasce il modello
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1.2.1 I modelli ICD e ICIDH
L’ICD considera in modo del tutto lineare e sequenziale le relazioni tra l’eziologia, la
tuttavia, sono emerse dopo poco tempo: la sequenza era ritenuta poco esaustiva
soprattutto in virtù del fatto che i pazienti che usufruivano del servizio sanitario erano
Per questo motivo, con l’obiettivo di colmare le lacune e le mancanze del modello
occhio di riguardo nei confronti delle conseguenze delle malattie. Inoltre, per la prima
volta, viene proposta una definizione del concetto di impairment (la menomazione), di
di un organo. Ad esempio, la perdita di un arto, anomalie dei tessuti o altre parti del corpo
a una menomazione) della capacità di svolgere un’attività nel modo o nei limiti ritenuti
normali per un essere umano” (Soresi, 2016, p. 43). Applicando la definizione dell’OMS,
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può originarsi a partire dalle conseguenze di una menomazione oppure dalla reazione
di svantaggio che non permette di rivestire le proprie funzioni in funzione del sesso,
non ha trovato un largo uso e, specialmente in Italia, è stato poco utilizzato se non del
tutto ignorato (Soresi, 1998, citato in Buono & Zagaria, 2003, p. 123). Le definizioni
proposte sono portatrici di idee e prospettive inedite che, se fossero state colte, avrebbero
stimolato una visione più completa e rispettosa della complessità umana. In particolar
percezione del singolo ha di sé stesso all’interno del contesto in cui è immerso. Inoltre, è
questa prospettiva è piuttosto limitata: ciascun individuo, al variare del contesto, può
mostrare delle abilità e allo stesso tempo delle difficoltà, senza essere necessariamente
definito “disabile”.
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Pertanto, le disabilità di un individuo si modificano in funzione delle richieste, dei
una serie di riflessioni e di problematiche sia a livello operativo che concettuale. Una
a ciò si aggiungono le numerose riforme in ambito sanitario verificatesi alla fine del
non è completo.
A fronte dei limiti dell’ICIDH, nel 1997 l’OMS ne propone una revisione che verrà
creare una classificazione che coinvolga sia gli aspetti positivi che negativi senza
paradigma che, attraverso l’importante ruolo del linguaggio, vuole cercare di modificare
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complessità. La partecipazione riguarda l’interazione tra le attività, la menomazione e i
fattori contestuali. È bene considerare che le tre dimensioni proposte dal modello ICIDH-
del modello presentato si influenzano tra loro e sono in forte interazione dinamica.
La bozza proposta dell’ICIDH verrà di fatto riconfermata e ampliata nel 2001 attraverso
di tipo cognitivo e mentale vengono messi sullo stesso piano rispetto alle patologie fisiche
disturbi mentali sino ad allora posti in secondo piano. La salute è un concetto ampio e
Pur traendo il suo fondamento dall’ICIDH, l’ICF non si basa sulle conseguenze lasciate
dalle malattie quanto piuttosto sulle varie componenti legate al concetto di salute. Questo
cambiamento non è irrilevante poiché, con l’avvento dell’ICF, non si ha più un focus
sull’impatto negativo lasciato dalla patologia e sulla relazione lineare tra la malattia, la
causale tra le dimensioni sopracitate e che non consideri anche l’importanza del contesto.
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Le quattro dimensioni implicate per il raggiungimento di una condizione di benessere
secondo l’ICF sono: la dimensione del corpo, la dimensione delle attività, la dimensione
alla sua salute, alle condizioni e alle funzioni corporee, alle attività che è in grado di
svolgere e ai fattori contestuali che le sono proprie (Soresi, 2016, p. 47). Infine, i fattori
contestuali intesi in senso lato coinvolgono diverse dimensioni come l’ambiente sociale
Differenti sono i limiti mossi nei confronti del modello ICF. Lo studioso Barnes (2012,
p. 14) individua due fattori che mostrano delle criticità per una effettiva applicazione del
ICF. In primo luogo, una carenza è rappresentata dall’utilizzo di criteri normativi che
sono direttamente ancorati ad una impostazione di tipo medico. In secondo luogo, pur
ICIDH del 1980), egli sostiene ci sia una sfocata definizione del ruolo dell’ambiente e
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Altre criticità sono state individuate da Ciambrone (2020, pp. 127-157) il quale afferma
che a fronte dell’applicazione del modello, diversi sono gli aspetti dell’ICF, non di
secondaria importanza, che non sono ancora stati chiariti e definiti. Talvolta, le figure
professionali che applicano tale modello come, ad esempio, il personale sanitario, sono
costrette ad attuare delle azioni intuitive sulla base della propria esperienza. Ne è un
a dei valori normativi standard che siano verificati. Inoltre, la suddivisione in quattro
dell’individuo stesso. Infine, lo studioso (2020, ibidem) riferisce che l’aspetto più
contempla solo ciò che è manifesto, l’aspetto fenomenologico, eliminando dalle proprie
Tuttavia, il modello ICF contiene anche una serie di vantaggi, consentendo di andare oltre
è più riferita ad un gruppo di minoranza la cui condizione pone fine allo stato di salute.
che l’ICF riguardi soltanto le persone con disabilità; in realtà, esso riguarda tutti. Gli stati
di salute e quelli ad essa correlati, associati a tutte le condizioni di salute possono trovare
la loro descrizione nell’ICF (OMS, 2001, p. 18). L’universalità del modello costituisce
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un vantaggio che consente di unificare il funzionamento umano senza attuare delle
categorizzazioni.
Il modello ICF, inoltre, fornisce una base scientifica atta alla comprensione e allo studio
delle condizioni e delle conseguenze implicate nel concetto di salute, rendendo possibile
un confronto tra le analisi e i dati raccolti in differenti discipline, periodi e Paesi. Infine,
stessi.
descrivere il tipo di supporto necessario e l’impatto che questa avrà sulla qualità della
vita. Per questo motivo, l’ICF consiglia durante la fase di valutazione dell’individuo di
riflettere in modo concreto sulla quantità e tipologia di supporto necessarie per affrontare
(SIS). La SIS è una scala multidimensionale che mira a offrire un aiuto ai servizi
esplicitato da Thompson e collaboratori come “l’insieme delle risorse e delle strategie che
promuovono l’interesse e il benessere delle persone e che hanno come conseguenza una
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di una società interdipendente, una integrazione più profonda all’interno della comunità
e/o una maggiore qualità di vita” (Thompson et al., 2002, pp. 390-405).
Per garantire la sua funzione, seguendo quanto proposto da Thompson, la SIS si compone
di tre differenti sezioni. Una prima sezione è dedicata alla Scala dei bisogni di sostegno;
di protezione e tutela legale; essa si impegna a garantire i propri diritti, la gestione del
denaro e a fornire aiuto dal punto di vista legale. Infine, l’ultima sezione è la Scala dei
bisogni di sostegno non ordinari di tipo medico e comportamentale. Proprio per la sua
natura pragmatica, nella SIS è consigliato indicare anche la frequenza e la durata del
In conclusione, passando in rassegna i diversi modelli proposti a partire dagli inizi degli
era sul rilevamento e sulla definizione della persona in base al deficit e agli aspetti
negativi che derivavano dalla sua condizione; con la revisione del ’97 si utilizzano termini
sull’individuo, proponendone una sociale che considera una complessa rete di interazioni
e di condizioni scaturite dall’ambiente sociale e dal contesto. Ciò consegue che per
risolvere le questioni relative alla disabilità sia di vitale importanza attuare interventi che
includano la società, promuovendo una piena inclusione delle persone con disabilità in
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1.3 I modelli della disabilità
Differenti sono i modelli che si sono susseguiti nel corso del tempo e che hanno portato
modello sociale, che considera la disabilità come “una restrizione delle attività praticate
a causa di una organizzazione sociale che non considera adeguatamente le persone che
hanno impedimenti fisici e che di fatto esclude dalla partecipazione sociale (Soresi, 2016,
p. 30). A partire da tale distinzione, alcuni studiosi (Montessori, 1909; Goldfarb, 1947;
Klaber, 1969; Deno, 1970; Sen, 1980) hanno proposto delle teorie, degli approcci e
condotto degli studi che analizzano il tema della disabilità da diversi punti di vista.
Nel modello medico la disabilità è una questione legata a una condizione di tipo fisico.
Esso considera le difficoltà incontrate dagli individui durante la loro quotidianità come
una conseguenza dovuta ad una mancanza di tipo organico. La disabilità, pertanto, è una
a livello fisico che, se non curato adeguatamente, porta ad una condizione di disabilità.
Dunque, il modello sostiene che la disabilità sia in grado di ridurre la qualità di vita
Sebbene sia comprovato, dal punto di vista antropologico, che la risposta della società
alle persone con menomazioni, o con problemi di salute di lungo periodo, cambi
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considerevolmente a seconda del tempo, della cultura e dei luoghi, il modello medico è
stato il punto di vista che ha dominato la società occidentale almeno dal tardo diciottesimo
Ancora oggi, diversi sono i segni lasciati dal modello medico: alcuni termini permangono
sanitario di trattare “la lesione spinale”. In questo caso vi è una depersonalizzazione del
Differente è la prospettiva adottata nel modello sociale. Come ci suggerisce Barnes (2008,
p. 90), nella seconda metà del XX secolo venne proposta una reinterpretazione
sociopolitica del fenomeno della disabilità, comunemente definita come “modello sociale
della disabilità”. Originariamente ideato dagli attivisti con disabilità in Gran Bretagna,
questo approccio deriva dalle esperienze di vita dirette delle persone con menomazioni
dall’individuo alle barriere sociali, che non permettono una degna partecipazione nella
società alle persone con disabilità. La responsabilità è traslata dall’individuo alla società.
In quest’ottica la disabilità non può essere percepita solo come un problema a livello
corporeo e biologico. Bensì si articola e varia in funzione delle limitazioni poste dalla
società che spesso non è in grado di prendere in carico in modo adeguato le persone con
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il coinvolgimento che la società ha nei confronti della menomazione. È bene considerare
che il modello sociale non si pone in una prospettiva di assoluta superiorità verso il
modello medico e gli interventi riabilitativi (Shakespeare & Watson, 2002, p.14). A tal
proposito, alcuni studiosi affermano che il modello sociale non intende sottovalutare
vuole denunciarne le finalità in quanto essi rimangono tesi, in ogni caso, all’inserimento
(ibidem). Da questa riflessione emerge come il modello medico vada ripensato integrando
anche il punto di vista sociale, cercando un nuovo equilibrio e punto di incontro tra le due
correnti di pensiero.
Per raggiungere questo intento, il modello biopsicosociale si propone come “una strategia
di approccio alla persona, che attribuisce il risultato della malattia, così come della salute,
(vd. paragrafo 1.2.2) il quale “oltre a mettere in relazione gli indici prettamente sanitari
con quelli sociali e psicologici ascrivibili, da un lato, alle caratteristiche degli ambienti di
vita e, dall’altro, alle condizioni personali, indica, al contempo, diversi e multipli focus
che devono essere considerati quanto si ritiene opportuno farsi carico e proporre adeguati
l’individuo piuttosto che la sua menomazione e, per fare ciò, il linguaggio può rivelarsi
un importante strumento.
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Il person-first language, infatti, pone la persona in primo piano e la descrive per ciò che
ha, non per ciò che è (Snow, 2016, p. 2). Un esempio di person-first language è
l’espressione “persona con disabilità”. Tale tipologia di linguaggio intende non scindere
la disabilità dalla persona, quanto piuttosto pensare alla disabilità come un tratto e una
Psychological Association (APA) per riferirsi alle persone con disabilità sia nella
comunicazione verbale che nella produzione scritta. Tuttavia, molteplici sono le critiche
mosse verso il person-first language, affermando che “implica sottilmente che ci sia
qualcosa di negativo nella disabilità e che l’utilizzo della locuzione “con disabilità”
dissoci inutilmente la persona dalla disabilità” (Dunn & Andrews, 2015, p. 257).
l’orientamento sessuale, anche la disabilità dovrebbe essere valutata e celebrata come una
parte dell’identità dell’uomo (Andrews et al. citato in Dunn & Andrews, 2015, p. 259). Il
aperto. Nel Capitolo Secondo si propone uno studio (Gernsbacher, 2017, pp. 859-861)
(1909), Goldfarb (1947), Klaber (1969) e Deno (1970) sul tema della disabilità.
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Maria Montessori, educatrice, pedagogista e filosofa, fu la prima a comprovare che
“anche i bambini con gravi forme di disabilità intellettiva (che ai suoi tempi venivano
considerati non educabili), potevano conseguire importanti risultati nella lettura, scrittura
e nelle abilità manuali” (Soresi, 2016, p. 25). Il metodo Montessori pone in rilievo la
stimolazione delle abilità cognitive dei bambini con disabilità sottolineando come la
cognizione e la disabilità possano essere due concetti conciliabili tra loro e non in antitesi.
Il suo pensiero innovativo è stato un primo passo verso l’inclusione sociale nel contesto
scolastico che subirà, purtroppo, un arresto durante gli scontri della Seconda Guerra
Mondiale.
studioso Goldfarb nel 1947 rilevò una marcata differenza tra i bambini cresciuti in
famiglie adottive e quelli che avevano passato la loro infanzia in un istituto: questi ultimi
povero e, infine, le loro prestazioni nei test di tipo psicologico erano inferiori. A fronte di
questi risultati, gli studi proseguirono incentrandosi sulle cause e sul perché i bambini
meno brillanti rispetto ai bambini adottati. Le prime risposte arrivano grazie a Thompson
nel 1977: lo studioso rileva un percentuale piuttosto esigua di tempo che gli operatori
dedicavano all’educazione degli ospiti dell’istituto. Si stima che solamente l’1.9% del
proprio orario lavorativo era dedicato alla crescita, allo sviluppo e all’educazione dei
bambini.
Un’attenta analisi degli istituti fu condotta da Klaber (1969, pp. 124-135) il quale mise a
confronto sei differenti strutture che ospitavano bambini in età scolare, concentrandosi
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sul livello di autonomia concesso loro durante la permanenza. L’autonomia veniva poi
autonomia sono più felici. Inoltre, una maggiore passività correlava con comportamenti
di tipo autistico.
Un modello nato verso la fine del Novecento è quello descritto da Deno (1970). La
struttura ideologica che sta alla base di tale modello sostiene e promuove l’accettazione
situazioni di difficoltà e aspirando a una vera e sincera interazione. Deno (1970) propone
studente a seconda della propria condizione. Il primo livello, quello meno “invasivo”
prevede la frequenza delle classi comuni da parte di bambini “eccezionali”, con o senza
l’aiuto di supporti (Deno, 1970, pp. 229-237). È il livello più inclusivo e coinvolge gli
studenti con disabilità all’interno delle classi regolari. Nel secondo livello è previsto un
supporto dello studente con disabilità all’interno della classe comune. Il terzo livello
inserisce alcuni interventi di tipo specializzato in un luogo differente rispetto alla classe
comune. Il quarto livello, invece, si caratterizza per la frequenza di una classe separata a
tempo pieno; solo in alcuni casi definiti, a seconda delle competenze raggiunte, è possibile
avere un contesto di interazione con i coetanei all’interno della classe comune. Il quinto
livello, concretamente realizzatosi negli anni Settanta, consiste nella frequenza di classi
speciali inserite nelle scuole pubbliche. Nel sesto livello gli studenti con disabilità
frequentano le lezioni in scuole separate e create ad hoc per i coetanei con le loro stesse
specifiche come l’ospedale, le case di cura o gli istituti. Come è possibile desumere dalla
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descrizione esposta, i livelli di inserimento proposti sono articolati secondo una
una attenta discussione e dettagliata analisi del singolo caso, cercando di promuovere i
critiche verso le reclusioni forzate e totali. Alcuni studiosi, infatti, proposero degli spunti
intervento nei confronti delle persone con malattie mentali. A Goffman (1961) va il
l’istituzionalizzazione sostenendo che era stata creata con il solo intento di separare le
persone sane da quelle malate. La sua idea venne in seguito concretizzata con la legge n.
180 del 1978, la legge Basaglia, che portò alla chiusura definitiva dei manicomi nel
contesto italiano, a normare il ricovero coatto in psichiatria e diede inizio a una nuova
La legge Basaglia può essere un primo passo che segna il passaggio da un modello
prettamente di tipo medico della disabilità a un modello sociale (vd. paragrafo 1.3.1).
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proprie convinzioni, con l’obiettivo di creare una nuova verità e un nuovo sapere, grazie
Questo passaggio è necessario per creare nuovi significati, più profondi e al passo con i
la visione del benessere, proponendo degli spunti interessanti per progettare interventi di
assistenziali. In primo luogo, l’individuo che riceve aiuto, di qualsiasi natura, non deve e
non può essere considerato come un recettore passivo ma come attore e agente attivo che
è in grado di definire le proprie priorità, bisogni e obiettivi. Per raggiungere tale intento
attribuiscono come, ad esempio, gli esiti conseguiti a livello intellettivo, nella salute, dal
punto di vista fisico e, in generale, in tutti i contesti con cui l’individuo si interfaccia. In
Sen, pertanto, i funzionamenti non si riferiscono unicamente a ciò che gli individui fanno,
ma anche a ciò che sono, e rappresentano, nel loro insieme e nella loro natura
essenzialmente dinamica, ciò che ogni individuo ritiene degno di fare o di essere (Soresi,
2016, p. 32).
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Per “capacità” si intende, invece, il potenziale dell’individuo ovvero l’abilità nell’essere
pertanto, ci aiuta ad andare oltre alcune ideologie e limiti che riguardano la disabilità,
concede nel fare le proprie scelte è intesa in modo positivo e non ha a che vedere con la
disabilità. Sen introduce il concetto di “libertà” per riuscire a cogliere l’importanza delle
libertà individuali, sia per la persona che per la struttura stessa delle disposizioni sociali
(Terzi, 2013, p. 28). Inoltre, il successo di una società può essere valutato, adottando la
prospettiva di Sen, secondo la sostanziale libertà di cui i membri della società godono.
riuscita ideale, l’insieme delle capacità rappresenta invece la sua libertà di riuscire, ovvero
le combinazioni alternative di funzionamenti fra cui essa può scegliere (Sen 1999; trad.
it. 2000, p. 80). Il modello di Sen non si limita ai concetti di funzionamento e di capacità:
coinvolge anche il costrutto dell’agency. L’agency è l’abilità nel far accadere le cose e
essere autori di sé stessi intervenendo sulla realtà, secondo una prospettiva in cui
l’individuo è agente causale di se stesso. Ciascun individuo dovrebbe essere posto nelle
condizioni per esercitare la propria agency, il controllo e avere potere verso i contesti in
cui è immerso.
Non è possibile definire in modo univoco una classifica in ordine di importanza relativa
alle capacità e ai funzionamenti da prediligere. Sen stesso afferma che essi variano in
funzione del contesto di riferimento e a seconda del singolo caso. Tuttavia, ci sono alcuni
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fattori che sono essenziali per poter condurre un’esistenza accettabile come: la capacità
Alla base del pensiero e del modello elaborato da Sen vi è la necessità di riconoscere la
È solamente a partire da tale consapevolezza che sarà possibile garantire degli standard
relazionale della disabilità, che deriva quindi dalla relazione e dal mutuo influenzarsi di
dovrebbero garantire agli individui. Sen ha lasciato questo aspetto del suo pensiero
deliberativa per il processo di scelta delle capabilities rilevanti (Terzi, 2013, p. 49).
Tuttavia, alcuni dei concetti espressi dall’economista indiano sono stati ripresi, analizzati,
sviscerati e approfonditi da altri studiosi. Sulla stessa linea di pensiero di Sen, la filosofa
Martha Nussbaum propone alcune dimensioni fondamentali per una vita degna di essere
vita e la salute fisica, l’integrità fisica, la capacità di usare a pieno i propri sensi, avere
legami, provare emozioni, essere capaci di ridere, di soffrire, provare gratitudine, rabbia
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Al fine di promuovere e potenziare al meglio le capacità e i funzionamenti delle persone,
La disabilità è stata spesso associata alla salute e alle politiche di welfare; tuttavia, a
partire dalla Convenzione dell’ONU del 2006 si è delineata una nuova prospettiva, volta
a garantire un trattamento di pari opportunità tra gli individui e un pieno esercizio dei
che trae il suo fondamento dal fatto che a ciascun individuo, indipendentemente dalla sua
condizione, spettano dei diritti. Ad oggi, l’attenzione non è rivolta verso il riconoscimento
dei diritti alle persone con disabilità ma alla concreta applicazione e attuazione dei diritti
umani. È quindi importante promulgare delle normative che tutelino e garantiscano dei
diritti e degli obblighi nei confronti della disabilità ma, allo stesso tempo, i cambiamenti
legislativi devono essere seguiti da una concezione culturale e sociale che sia coerente
con quanto proposto. La disabilità, secondo un approccio di tipo sociale, infatti, non è più
essa deve orientarsi alla rimozione degli ostacoli fisici, sociali e culturali che non
permettono una piena partecipazione dell’individuo a tutti gli aspetti della quotidianità e
passare attraverso differenti modelli che si sono susseguiti nel corso degli anni. Ciascuno
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è fortemente ancorato alla cultura dominante, ai valori, al contesto sociale e all’approccio
disabilità è associata a una colpa da espiare, la volontà del divino di manifestare il proprio
corporea. A seguito del modello medico si sviluppa negli anni Settanta il modello sociale,
incentrato sul rapporto tra il soggetto e l’ambiente. Inoltre, partendo dalla constatazione
che sia il modello medico che quello sociale hanno delle componenti che non possono
non essere considerate, si propone il modello bio-psico-sociale. Infine, una delle più
recenti letture della disabilità, fondata sui costrutti dell’agency, delle capabilities e dei
funzionamenti, adotta una visione di tipo egualitario della disabilità: si tratta del
Ciascuno dei modelli presentati ha contribuito a creare una nuova consapevolezza e una
nuova sensibilità nei confronti della disabilità che si è ufficialmente concretizzata con
persone con disabilità (CRPD) nel 2006. Il testo è entrato ufficialmente in vigore a partire
dal 2008 e approvato dal Paese italiano nel 2009. Il segretario generale delle Nazioni
Unite, allora Kofi Annan, dichiarò che la Convenzione internazionale sui diritti delle
persone con disabilità (CRPD) è uno strumento volto a tutelare i diritti di oltre 650 milioni
di persone che hanno una disabilità e ha delle precise e definite finalità di tipo sociale e
politico.
È interessante notare come la CRPD non fornisce una definizione del termine disabilità:
la considera come un concetto che varia in continuazione, dettato dal delicato rapporto
33
tra le persone con delle menomazioni e le barriere poste dall’ambiente e dai
l’assetto.
Ogni Paese, inoltre, a seconda del contesto culturale, economico e sociale, ha una
differente percezione dei diritti umani delle persone con disabilità, una differente
condizione di pari opportunità. È per questo motivo che non è possibile fornire una
definizione statica e univoca del termine. L’articolo 1 della Convenzione, infatti, riguardo
alle persone con disabilità afferma che sono “coloro che presentano durature
diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società
Prosegue, poi, nel secondo articolo approfondendo il tema della discriminazione nei
restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o
altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico,
sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di
9).
Nel terzo articolo della Convenzione sono esplicitati i diritti che devono essere garantiti
anche alle persone con disabilità come, ad esempio, il rispetto per la dignità intrinseca,
34
l’autonomia e l’indipendenza, il diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della persona,
Per poter garantire un pieno rispetto e l’attuazione di tali diritti, la Convenzione istituisce
un Comitato che si deve riunire con una sessione ordinaria una volta all’anno nella città
da parte degli Stati che vi aderiscono. Ciascun Paese membro, durante la riunione, deve
esporre le proprie iniziative atte a garantire i diritti descritti nella Convenzione alle
persone con disabilità. Il Comitato esprime in seguito il proprio parere attraverso delle
osservazioni conclusive. La CRPD assegna delle nuove responsabilità sia agli Stati che
vi aderiscono che ai cittadini, al fine di garantire un pieno ed effettivo rispetto dei diritti
umani.
Si rinnova profondamente la tutela dei diritti nel campo delle convenzioni internazionali:
la responsabilità degli Stati si allarga non solo al rispetto dei diritti della persona, ma
include anche la responsabilità sulle condizioni che producono disabilità. Non si tratta
le riguardano, godendo dei loro diritti e delle libertà fondamentali (Terzi, 2013, p. 23).
Griffo (2007) afferma che da cittadini invisibili le persone con disabilità grazie alla
35
Inoltre, grazie alla Convenzione è stato possibile rimuovere la tendenza presente in alcuni
testi normativi a definire e riconoscere alcuni individui in base a delle etichette, come se
appartenessero a una condizione giuridica a sé stante (ad esempio: gli “invalidi” o i “non
autosufficienti”). Questi termini sono stati aboliti. Si aspira pertanto a un salto concettuale
che mira a interpretare la disabilità come una condizione che fa parte dell’essere umano
e, per questo motivo, la Convenzione si propone di andare oltre una visione frammentata
dei servizi e che etichetta i bisogni, promuovendo una prospettiva aperta alle necessità di
Tra i diversi meriti che vanno riconosciuti alla Convenzione ONU sui diritti delle persone
con disabilità vi è la particolare attenzione posta nei confronti della soggettività e dei
diritti delle donne con disabilità, a cui sono stati destinati diversi riferimenti. Diversi sono
i pregiudizi che ancora oggi investono le donne con disabilità, esse sono discriminate sia
in quanto appartenenti al genere femminile, sia in quanto persone con una disabilità. Lo
culturalismo radicale inteso come una esagerata e compiaciuta ostentazione della cultura
individui.
Il Feminist Disability Studies (FDS) è una disciplina di studio nata intorno alla metà degli
anni Ottanta con l’obiettivo di aprire tavoli di riflessione sul pensiero femminista e, al
contempo, sui Disability Studies (DS) con un approccio di tipo sociale. Sia il pensiero
femminista che i Disability Studies sono accusati per aver negato alle donne di far valere
le proprie idee e sentire la propria voce. A ciò ha conseguito l’emarginazione delle donne
36
con disabilità all’interno della vita sociale e a una assenza di pari opportunità nel campo
dell’istruzione. Diverse sono le ipotesi che hanno cercato di spiegare perché il movimento
femminista ad essere insensibile e noncurante nei confronti delle necessità delle donne
con disabilità: tra le più accreditate vi è il pensiero che la donna con disabilità, in
femminista rappresentano una minaccia per le battaglie portate avanti dalle femministe,
femministe non disabili le hanno separate dalla sorellanza, nel tentativo di far progredire
A fronte di ciò, pertanto, è possibile affermare che le stesse femministe perseguendo gli
sfumature di pensiero all’interno della stessa corrente, abbiamo come filo conduttore la
premessa che la disabilità sia una differenza con un significato che si manifesta anche,
consapevolezza, pertanto, il corpo non costituito dalla sola dimensione biologica, né dalla
37
La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità cerca di sviscerare il tema
sulle somiglianze e su ciò che accomuna gli individui in quanto appartenenti ad una unica
Il dibattito tra eguaglianza e differenza è ancora oggi caldo e non può essere superato e
La Convenzione, quindi riflette sul fatto che la soggettività disabile non può che portare
cittadinanza piena ed inclusiva ad individui che sono riconosciuti avere pari dignità
rispetto agli altri, in ragione e non a dispetto delle proprie differenze (Bernardini, 2011,
delle campagne di sensibilizzazione, ad esempio, attraverso degli studi che forniscano dei
legislativo n. 216 del 2003 che disciplina la parità di trattamento nell’occupazione e nelle
condizioni di lavoro, non offre una definizione specifica del termine “disabilità”; si
38
104/1992 che definisce la persona handicappata come “colui che presenta una minoranza
confronti delle persone con disabilità; utilizzare termini non appropriati e denigratori
su ciò che la persona non è in grado di fare piuttosto che sulle sue abilità e risorse.
Pertanto, essendo in questo caso la legge italiana meno rigorosa rispetto a quanto stabilito
dalla Comunità europea è stato avviato un procedimento di infrazione nei confronti del
nostro Paese. Durante la sentenza del 4 luglio 2013 l’Italia è stata condannata per non
In conclusione, a partire dagli anni Settanta la normativa italiana ha utilizzato per riferirsi
alle persone con disabilità dei termini obsoleti come ciechi, disabili o sordi. Alcuni
contesto, altri, invece, con una visione diagnostica e riduzionista fanno coincidere la
condizione clinica alla disabilità. Il tentativo di fondare un nuovo approccio basato sui
diritti umani non sembra trovare un effettivo risvolto nella prassi e nelle politiche italiane.
I passi in avanti e le innovazioni proposti sia a livello legislativo dalla Convenzione ONU
sui diritti delle persone con disabilità che dal modello ICF hanno trovato diversi ostacoli,
soprattutto a causa del pregnante modello medico che influenza a livello concettuale e
39
pragmatico la disabilità non considerandola come la risultante della complessa relazione
tra la società, l’individuo, l’accesso ai servizi, il lavoro, l’istruzione e altri fattori che sono
Negli anni Settanta grazie a una svolta culturale si assiste a una rivalutazione dello spazio
all’interno della società e a una attenta analisi degli aspetti spaziali, i quali sono generatori
di disuguaglianze sociali. Questi nuovi orientamenti hanno dato origine a diverse correnti
disciplinari, tra cui la geografia dei disabili che analizza la dimensione socio-spaziale
Pertanto, adottando tale prospettiva, lo spazio non è inteso come una semplice area in cui
ha luogo la vita degli esseri umani, ma assume una funzione cruciale all’interno delle
spazio sociale. In particolar modo, ad ogni organizzazione dello spazio è associata una
ben precisa disposizione della società. Seguendo tale ragionamento, allora, è possibile
affermare che all’esclusione spaziale si presuppone anche una esclusione di tipo sociale.
garantire ed assicurare il pieno rispetto dei diritti di tutti i cittadini, ivi comprese le
a una analisi dello spazio che è possibile comprendere le dinamiche sociali. Negli anni
40
Settanta, infatti, si sviluppa la geografia dei disabili. La disciplina è focalizzata sulla
dinamica relazione tra l’ambiente e le persone con disabilità, rendendo evidente come lo
spazio sia in grado di essere determinante nei rapporti sociali. Lo spazio è autore di
inclusione ma, se non ben gestito, anche di discriminazione diventando causa stessa di
disabilità.
Lo spazio sociale cui si fa riferimento è quello approfondito dal geografo francese Michel
Lussault che, nella sua opera “L’homme spatial”, il quale esamina la stretta relazione tra
spazio e società, mostrando come le due entità s’influenzano a vicenda e come lo spazio
Terzi, 2013, p. 135). È per mezzo dello spazio che la società, secondo un’ottica
prettamente di tipo sociale, rende una persona con una menomazione una persona con
disabilità. Ciò accade in quanto non è concessa a quest’ultima la partecipazione alla vita
sociale e non sono garantiti gli stessi diritti e opportunità. È in quest’ottica che lo spazio
sono escluse o meno determinate persone. Per far sì che l’ambiente e i luoghi fisici della
essendo la società a rendere disabile è essa che deve adattarsi alle persone e non il
Coerentemente con quanto espresso, gli Stati membri che hanno firmato nel dicembre del
2006 la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità si impegnano a garantire un
della Convenzione circa l’ambiente e lo spazio si afferma che “gli Stati devono
41
impegnarsi a prendere misure appropriate per assicurare alle persone con disabilità, su
all’informazione e alla comunicazione” (Art. 9 Convenzione sui diritti delle persone con
persone con una menomazione e le barriere sociali e fisiche che violano i diritti e le libertà
fondamentali. A fronte di ciò, è possibile affermare come uno spazio accessibile sia,
relazioni, stabilite dalla distanza, tra le diverse realtà” (Levy & Lussault, 2003, p. 325).
La società non è quindi pensabile senza la dimensione dello spazio. Lo spazio impregna
le nostre vite, è costruito sulla base delle nostre esigenze. Non si tratta di un mero riflesso
della società: esso ha un ruolo di primaria importanza nella sua organizzazione, sino ad
affermare che le differenze presenti all’interno dello spazio urbano sono in grado di creare
delle differenze a livello sociale. Per mezzo della socializzazione si origina lo spazio
geografico; man mano che si sviluppa la società, lo spazio crea la sua forma, plasmandosi
grazie all’azione concreta e diretta dell’uomo ma anche grazie alle tecniche sociali come
la scienza e la cultura.
Non si può pensare a uno spazio senza alcun aspetto sociale, così com’è impensabile una
società senza spazio, poiché mancherebbe la sua parte materiale. Esso rappresenta la parte
42
visibile della società, è grazie alla spazialità delle cose che essa diventa visibile (Lettieri,
2013, p. 133).
In conclusione, tra i vari intenti dei Disability Studies vi è quello di mettere in luce
l’importanza dello spazio all’interno della società, adottando una prospettiva che consenta
una trasformazione di tipo spaziale e sociale per consentire una concreta attuazione dei
diritti umani. Sia l’Unione Europea che l’ONU hanno più volte sottolineato la necessità
di creare dei contesti e degli spazi fisici e sociali che siano il più possibile inclusivi.
talvolta considera le persone con disabilità come un gruppo di minoranza che necessita
43
CAPITOLO SECONDO: la diversità e il suo linguaggio in una
2.1 Introduzione
2.1.1 Il razionale
società. I suoni che lo compongono, infatti, non sono solo un mero strumento di
Berger e Brigitte Berger hanno definito il linguaggio come “l’istituzione sociale per
eccellenza, nella misura in cui esso si impone come modello regolatore per la condotta
individuale, sulla quale si fondano anche le istituzioni” (1975, citato in Marotta &
Il linguaggio, in quanto veicolo di valori e idee, assume un ruolo cruciale nel determinare
la modalità con cui le persone percepiscono e vivono la diversità in tutte le sue forme,
l’inclusione verso l’altro e gli stereotipi. Vista l’importanza che il linguaggio assume
all’interno della quotidianità di ogni individuo e i risvolti pratici che riveste, è doveroso
44
percezione sulla disabilità? Quale è il linguaggio più appropriato? Vi saranno anche dei
sulla disabilità. Diviene necessario, prima di procedere, fare una premessa. Gli articoli
sotto diversi aspetti, con un focus particolare sul tema della diversità. È importante e si
partendo dal presupposto che ogni individuo è unico e irripetibile in quanto tale e che “la
generalizzazioni nella formulazione dei giudizi sociali” (Prati & Rubini, 2015, p. 22).
Tra gli anni ’60 e ’80 del secolo scorso, infatti, si sono sviluppate le ricerche sull’analisi
distinzione noi (ingroup) vs. loro (outgroup), anche casuale, introduce una norma
I giudizi sugli altri tendono ad essere ancorati su categorizzazioni sociali dicotomiche che
generano una differenziazione tra noi e loro. Questa modalità socio-cognitiva può
favorire la discriminazione intergruppi ed avere effetti visibili nella vita quotidiana (Prati
45
2.2 I materiali e il metodo
Il PRISMA Statement, acronimo di Preferred Reporting Items for Systematic reviews and
suggeriscono come l’uso del PRISMA Statement sia associato a un reporting più
completo di revisioni sistematiche (Leclercq et al., 2019, p. 48). Ad oggi, circa 174 riviste
nel settore delle scienze della salute approvano il PRISMA Statement per la segnalazione
La ricerca del materiale è stata volta attraverso una revisione di alcuni articoli pubblicati
sino al 1 luglio 2021. Gli articoli pubblicati sono stati identificati grazie a differenti motori
di ricerca. In particolar modo sono stati utilizzati: PubMed, Psychinfo, Google Scholar,
PubMed è un motore di ricerca di letteratura scientifica biomedica che raccoglie dati dal
1949 ad oggi. È prodotto dal National Center for Biotechnology Information (NCBI)
bibliografici grazie ai 5300 periodici di riferimento da cui attinge. Le stringhe che sono
state inserite nel motore di ricerca sono “Language of disabilita”, “Language of diversity”
46
e “Disability /and language /and impact or influence on disability”: non è stato trovato
un totale di 428 risultati, sono stati scartati i titoli non idonei e letti circa 50 abstract.
dell’Università degli Studi di Padova. Psychinfo è una banca dati di abstract relativa alla
Psychinfo ha una copertura temporale che va dal 1887 ad oggi e comprende oltre 2.540
titoli di riviste sottoposte a revisione paritaria (il 78% del contenuto complessivo), capitoli
di libri (l’11% del database) e interi libri (circa il 4%). Le stringe che sono state inserite
language of disability”. Anche in questo caso non stati trovati articoli utili ai fini della
ricerca. In particolare, su un totale di 379 risultati, sono stati scartati i titoli non idonei e
Il terzo motore di ricerca è Google Scholar. Si tratta di un motore di ricerca nato nel 2004
e fruibile liberamente. Esso contiene sommari, revisioni, testi della letteratura accademica
relativi a tutti i settori della ricerca scientifica e tecnologica. In questo caso, inserendo le
stesse stringhe indicate in precedenza, sono stati selezionati 4 articoli, a partire da 1267
risultati dalla ricerca ed eseguendo una operazione di de-duplicazione con 1097 risultati,
47
umanistiche e le arti. Il servizio offerto ha una copertura multidisciplinare che va dal 1900
ad oggi e, nel 2017, Web of Science comprendeva ben 12.000 riviste ad alto impatto e
oltre 160.000 atti di conferenze. Grazie all’ampio materiale proposto da Web of Science,
inserendo le parole chiave citate precedentemente, sono stati trovati 617 risultati ed
eseguendo una operazione di de-duplicazione sono stati ridotti a 573. Dopo aver letto
particolarmente utile con Web of Science, considerando l’ingente mole di articoli che
contiene il motore di ricerca. L’acceso avviene grazie al log-in istituzionale per mezzo
Infine, l’ultimo database fruito è ScienceDirect. Il sito Web nasce nel 1997 e, tramite la
4.000 riviste accademiche e 34.000 e-book. Anche in questo caso non stati trovati articoli
In primo luogo, la lingua. Sono stati infatti inclusi, oltre alla lingua italiana, articoli in
lingua inglese. Il secondo criterio di inclusione è lo scopo. Gli articoli sono stati
selezionati in base alla loro pertinenza con l’obiettivo della ricerca. Il terzo criterio di
inclusione riguarda il metodo. Gli articoli inclusi sono di tipo sperimentale. In particolare,
48
per poter essere inclusi, gli articoli dovevano essere coerenti con l’obiettivo della ricerca
struttura di tipo empirico. Sono stati esclusi tutti gli articoli che riguardavano, ad esempio,
la dislessia.
È stato, tuttavia, inserito un articolo non sperimentale in quanto ritenuto coerente con la
articolo (Gernsbacher, 2017), infatti, pur non avendo una struttura di tipo empirico,
Tra i criteri di esclusione, non sono stati ammessi studi di tipo prettamente teorico o di
analisi temporale della storia della diversità. Numerosi sono gli articoli che inquadrano e
vista scientifico. Tali articoli sono stati esclusi. È infine stato escluso il materiale
antecedente all’anno 2000. Tale scelta ambisce ad avere delle informazioni il quanto più
di utilizzo di software e strumenti recenti per l’analisi dei dati. Infine, sono stati esclusi
tutti gli articoli non appartenenti alla categoria “Psychology area”, ad eccezione per
dati.
49
Banca dati Strategia di ricerca Articoli
identificati
50
2.3 I risultati
articoli ricavati dai database sulla base delle stringhe “Language of disability”,
In secondo luogo, durante la fase di screening è stato escluso il materiale non compatibile
con il tema della ricerca. Per questa fase è stato analizzato il titolo e successivamente
l’abstract. Nel caso in cui sia il titolo che l’abstract mostravano una coerenza con
La terza ed ultima fase è focalizzata sull’eleggibilità. Alcuni articoli, come specificato nei
criteri di esclusione, sono stati scartati in quanto caratterizzati da una esposizione teorica.
Sadowski.
3. “To be able, or disable, that is the question: A critical discussion on how language
affect the stigma and self-determination in people with parability” pubblicato nel
51
2020 e scritto da S. Bentolhoda Mousavi, Dusica Lecic-Tosevski, Hassan Khalili
e S. Zeinab Mousavi.
52
PubMed n = 428 Psychinfo n = 379 Google Scholar n = 1267
53
n° Autori e anno di Popolazione/campione Metodi e strumenti utilizzati Risultati rilevanti
pubblicazione
1 Kamenetsky, 204 studenti e studentesse: 44 Questionario: Il defiant self-naming evoca
Sadowski, (2020) uomini, 160 donne tra i 16 e i 24 identification maggiori emozioni positive,
anni. Campionamento non emotions identificazione, percezione di
statistico willingness to help capacità e propensione
willingness to include all’inclusione. Il linguaggio
perceptions of capabilities negativo evoca le percezioni più
perceptions of right negative
2 Miric (2015) 20 partecipanti: 11 uomini, 9 Questionario con 13 domande (8 a I risultati mostrano uno scarso
donne. 15 partecipanti con risposta chiusa, 5 domande aperte) riconoscimento dei diritti delle
disabilità. Campionamento non su: persone con disabilità e la
statistico. posizione delle persone con percezione della rilevanza del
disabilità nella società, termini più linguaggio nel trasmettere
adatti per definire la disabilità, discriminazione e disparità sociale.
contesti con percezione più Inoltre, sulla base delle risposte
negativa della disabilità, fornite i contesti percepiti come
percezione provvedimenti penali maggiormente discriminanti sono:
nel linguaggio discriminatorio l’ambiente lavorativo, scolastico e
sanitario
3 Mousavi et al. (2020) / Revisione narrativa sui modelli Gli autori suggeriscono che il
della disabilità e sull’influenza del termine “disabilità” aumenta la
linguaggio negli individui stigmatizzazione. Sulla base della
revisione propongono di sostituire
l’espressione “disabilità” con
“parabilità”
54
4 Gernsbacher (2017) / Revisione della letteratura: Web of L’utilizzo del person-first language
Science, PubMed, Google Scholar, nei testi scolastici potrebbe
Google NGram aumentare la stigmatizzazione
verso le persone con disabilità
5 Agaronnik (2019) 20 medici del Massachusetts Analisi qualitativa del linguaggio I partecipanti utilizzano un
General Hospital dei reparti di: con intervista non strutturata di 40 linguaggio culturalmente
reumatologia, neurologia, minuti. competente nei confronti della
ginecologia, medicina interna e disabilità, tuttavia, alcune
ortopedia espressioni sono datate, offensive e
ancorate al modello medico
6 Patev (2019) Studio 1: 308 partecipanti, età Questionario (Survey Website Le persone con un atteggiamento
media 18.75 (SD=1.25). 66% Qualtrics): definizione di TGNC, negativo verso gli individui TGNC
donne, 31% uomini, 2% non si attitude toward TGNC individual, percepiscono maggiore difficoltà
identifica in un genere, 1% political ideology, gender- nell’utilizzo del linguaggio di
preferisce non rispondere. inclusive language use, genere inclusivo
Studio 2: 186 partecipanti, età acqaintance with TGNC
media 20.12 (SD=2.24). 68% individual, perceptions of barriers
donne, 29% uomini, 3% non si to using gender-inclusive language.
identifica in un genere
7 Sato, Gygax (2013) 61 partecipanti di lingua francese, C-test (language proficiency) e Le persone bilingue costruiscono
età media 22 anni, (44 donne e 17 compito delle rappresentazioni mentali di
uomini) Sensibility Judgment Task genere associate alla lingua del
66 partecipanti di lingua inglese, compito in cui sono coinvolte,
età media 21 anni, (50 donne, 11 sostituendo le loro
uomini) rappresentazioni al variare della
lingua considerata
8 Lister et al. (2019) 15 studenti e studentesse della Metodologia qualitativa: focus Non è possibile identificare
Open University in Gran Bretagna group (12 sessioni) e workshop. un’unica preferenza linguistica
Linguaggio analizzato con il sulla disabilità: dipende dal
programma NVivo.
55
contesto in cui avviene la
comunicazione
SD: Standard Deviation
TGNC: Transgender e transgender non conforming
56
2.3.2 Gli scopi
Lo studio di Kamenetsky e Sadowski (2020, pp.82) esamina l’impatto creato dal tipo di
l’identificazione e la percezione di uguali diritti nei confronti della persona con disabilità
e il tipo di disabilità e il genere della persona presente nella fotografia interagiscono tra
Nello studio di Miric (2015, pp. 115) è stato condotto uno studio sugli atteggiamenti di
un campione di utenti del social network Facebook circa il linguaggio della disabilità e
della discriminazione utilizzato nei confronti delle persone con disabilità. Gli obiettivi
dello studio sono: determinare la misura con cui gli utenti del social network Facebook
e, infine, valutare la capacità degli utenti nell’individuare una lesione del principio di
L’articolo di Mousavi et al. (2020, pp. 424-430) esamina, attraverso una discussione
57
L’articolo di Gernsbacher (2017, pp. 859) è incentrato sul person-first language utilizzato
durante l’età scolare. Tale tipo di linguaggio è caratterizzato da una struttura lessicale in
cui il nome riferito ad una persona precede la frase attribuita alla disabilità. Esempi di
person-first language sono: persona con disabilità, persona con disabilità intellettiva,
adulto con dislessia, bambino con disturbo dello spettro autistico. Grazie a questo
linguaggio la persona è posta in primo piano rispetto alla disabilità ed è descritta per ciò
che ha piuttosto che per ciò che è. L’autore si chiede se il person-first language sia
utilizzato più frequentemente per riferirsi ai bambini con disabilità rispetto ai bambini
senza disabilità.
L’analisi qualitativa condotta da Agaronnik et al. (2019, pp. 403) indaga i problemi legati
scopo del lavoro è analizzare ed esplorare a livello qualitativo come un gruppo di medici
alle attuali nozioni di competenza culturale della disabilità. L’articolo nasce a seguito di
Research and Quality (2016). In particolar modo, in concomitanza alla carenza di studi
con persone con disabilità, sono state evidenziate una serie di preoccupazioni da parte di
persone con disabilità sulla qualità delle cure ricevute. Il razionale dello studio, pertanto,
si origina dal desiderio di colmare tale lacuna nella letteratura e indagare quanto
Lo studio sperimentale di Patev et al. (2019, p. 335) è incentrato sul linguaggio di genere.
Esso ambisce a dimostrare la relazione tra la percezione del linguaggio inclusivo di genere
58
e gli atteggiamenti che gli individui hanno nei confronti delle persone transgender e
americani sono: gli studenti che frequentano il college come percepiscono l’uso del
circa il linguaggio inclusivo di genere in relazione ai loro atteggiamenti con gli individui
genere differentemente in funzione della lingua nativa o della seconda lingua. Possedere
genere e la lingua utilizzata, quindi, possono influenzare le idee e gli stereotipi delle
persone?
La prima ipotesi si ancora su una premessa che trova fondamento nello studio di Gygax
et al. (2008, p. 143). Lo studio citato mostra che la comprensione che l’individuo ha di
uno specifico pattern, può cambiare se si considera un conversatore di una lingua con una
“grammatica di genere” piuttosto che un conversatore con una “lingua senza distinzione
di genere”. È necessario, infatti, identificare due grandi categorie di lingue. Nelle lingue
esempio, può riferirsi sia a un uomo che ad una donna. Nel caso della lingua inglese,
59
pertanto, il lettore attribuisce il genere alla frase letta in funzione della sua conoscenza
della realtà e in funzione degli stereotipi. Differente è la situazione per le lingue con una
Tale premessa è stata necessaria per poter comprendere la prima ipotesi dello studio. Lo
gruppo di studenti madrelingua inglesi (L1). Nel primo caso, l’inglese è la seconda lingua
(L2), mentre per gli inglesi la lingua non nativa è il francese (L2). La prima ipotesi postula
che ci sarà una dominante rappresentazione della realtà rispetto al genere maschile per gli
studenti di lingua francese e, coerentemente con le caratteristiche della lingua stessa, una
rappresentazione in linea con gli stereotipi di genere per gli studenti di lingua inglese.
individuo (la lingua inglese per i francesi e la lingua francese per gli inglesi) vi sia una
Infine, nella terza ipotesi si prevede che l’inversione della rappresentazione della realtà
sia modulata dall’efficienza e dal livello di conoscenza della lingua non nativa.
linguaggio prediletto dagli studenti con disabilità nel discutere le necessità e i bisogni
legati alla disabilità. Spesso gli studenti con disabilità riportano di non sentirsi a proprio
agio nelle definizioni e negli appellativi utilizzati per riferirsi alla loro condizione
all’interno dei servizi accademici. Talvolta, si sentono patologizzati e definiti con termini
60
che non sentono propri. Questo studio si pone l’obiettivo di ascoltare e indagare le
necessità e le preferenze del linguaggio espresse dagli studenti con disabilità al fine di
2.3.3 Le metodologie
In tutti gli 8 articoli proposti, viene analizzata la relazione tra la diversità e il suo
linguaggio con un particolare focus sul tema della disabilità. Infatti, 6 articoli riguardano
l’impatto del linguaggio sulla percezione della disabilità e 2 articoli analizzano il rapporto
I metodi degli studi descritti sono molteplici consentendo di ampliare le prospettive per
risorsa per poter osservare da diversi punti di vista la relazione tra il linguaggio e la
Inoltre, alcuni degli studi descritti hanno previsto delle ricompense ai soggetti
partecipanti; in alcuni casi attraverso dei crediti universitari o una implementazione del
punteggio finale dell’esame, in altri casi con una somma di denaro definita e specificata
Nello studio di Kamenetsky e Sadowski (2020, pp. 83-86) hanno partecipato 204 studenti
del primo anno di psicologia:160 ragazze e 44 ragazzi con un’età compresa tra i 16 e i 24
raffiguranti persone con disabilità. Le variabili implicate nelle immagini sono: il genere
61
immagini raffiguranti persone con disabilità uditiva e 6 immagini raffiguranti persone
termini “persona con disabilità”; questo linguaggio cerca di superare la possibilità che la
disabilità della persona riceva più attenzioni rispetto all’individuo stesso. Una seconda
con una connotazione positiva, ad esempio, diversamente abile. Tale approccio parte dal
presupposto che ciascun individuo sia unico e diverso e che ognuno possieda dei punti di
forza e di criticità. Sia il person-first naming che l’apologetic naming sono un linguaggio
esempio “il sordo”. L’impairment naming si focalizza sulla menomazione, sul “deficit” e
Tale approccio restituisce un’immagine negativa della disabilità ed è basato sul modello
medico. La didascalia con il negative naming utilizza termini offensivi i quali, spesso,
portano a stereotipi negativi e all’esclusione delle persone con disabilità nei contesti della
“Siccome non posso vederti, non ti giudico superficialmente. Ti giudico in base a cosa
valutare sei differenti costrutti ed erano espresse con una scala da 1 (per niente) a 7
62
disponibilità all’inclusione, la percezione di capacità (abilità nel fare amicizia, nel
prendersi cura di se stessi, capacità di sposarsi o essere assunti) e la percezione dei diritti.
Ad esempio, una domanda sull’emozione della gioia è: “in che misura ti senti felice
particolar modo, in questo caso, le variabili in gioco sono: genere maschile, linguaggio
Figura 1. Disability Image Portraying Pity: Photograph of the Artist Adam Reynolds by
63
Lo studio di Miric (2015, pp. 115-116) coinvolge un campione di 20 soggetti, 11 uomini
pubblicato a inizio 2015 sul social network Facebook. In particolar modo, il sondaggio è
stato divulgato su alcuni gruppi online dedicati alle persone con disabilità ed era infatti
destinato ad utenti del social network con disabilità (15); tuttavia, anche persone senza
La partecipazione allo studio è anonima e volontaria e, dopo aver indicato il sesso, l’età
seguito alcune domande poste ai soggetti partecipanti nello studio di Miric (2015, p. 120):
2. In che misura il modo in cui le persone con disabilità sono etichettate influisce
3. Quale termine, secondo te, è più adatto per identificare le persone con qualche
tipo di disabilità?
disabilità?
5. Una etichetta inadeguata delle persone con disabilità può costituire un atto
64
La revisione narrativa proposta da Mousavi et al. (2020, pp. 424-430) propone una
riflessione sull’evoluzione dei modelli che nel corso del tempo hanno descritto la
(Goffman, 2009, citato in Mousavi et al., 2020, p. 424). Coloro che sono stigmatizzati
sono ritenuti con delle caratteristiche differenti rispetto agli altri. Secondo la teoria
dell’identità sociale di Tajfel e Turner degli anni Settanta gli individui tendono ad
del proprio gruppo (ingroup) come superiore rispetto all’altro gruppo (outgroup);
particolare, il modo in cui gli individui esprimono le proprie aspettative agli altri
influenza la percezione che gli studenti hanno delle proprie abilità. In uno studio di
associati ai risultati degli studenti. Secondo Mousavi, (2020), nonostante non sia
corpo docente e le loro aspettative nei confronti degli alunni. Le persone comunicano
la scelta del linguaggio ha un impatto sulla strada e sulle scelte che le persone
65
intraprendono durante la loro vita. Come afferma Skutnabb-Kangas (1996, pp. 124-
pertanto, nella sua creazione. Partendo da tale consapevolezza e dalla revisione della
propone un termine che, secondo il punto di vista dell’autore stesso, potrebbe portare
a una de-stigmatizzazione delle persone con disabilità. Tale termine verrà specificato
language all’interno del contesto scolastico. L’autore propone una analisi multipla di
consiste nell’analisi del materiale scientifico della letteratura con il fine di rispondere
in contatto durante la loro attività lavorativa con persone con disabilità. L’analisi
gestione delle persone con disabilità. L’ipotesi postula che determinati fattori
66
stato designato per captare la prospettiva dei medici circa la disabilità.
che apportano dati sul linguaggio e sul comportamento dei medici verso le persone
l’analisi dei contenuti. Grazie alla trascrizione delle interviste, un team di lavoro si è
Lo studio di Patev et al. (2019, pp. 336-339) coinvolge due campioni. Il primo di 308
studenti universitari con un’età media di 18.75 anni e con il 66% di donne, 31%
studenti universitari con una media di 20.12 anni di cui il 68% è di donne, il 29% di
(TGNC). I due campioni derivano dalla necessità di creare due studi diversi che d’ora
67
Cisgender è un individuo la cui identità di genere coincide con l’aspettativa
è un individuo che nasce nel corpo di una donna ma che si identifica e vive come un
inclusivo
inclusivo.
68
I primi tre item, infine, sono stati raggruppati nella categoria “difficoltà di utilizzo”. Una
volta completate le domande gli studenti hanno avuto un dettagliato rapporto sullo studio
appena svolto.
Allo studio di Sato e Gygax (2013, pp. 14-19) hanno preso parte 60 studenti e studentesse
Il design dello studio prevede che al candidato siano presentate due coppie di frasi. Nella
prima parte della frase vi è un soggetto con un ruolo stereotipico femminile (ad esempio
l’assistente sociale), o un ruolo stereotipico maschile (il chirurgo) e uno ruolo neutro
(musicista) nella forma plurale maschile francese e nella forma plurale maschile inglese.
È bene specificare che la forma maschile plurale francese, come nella lingua italiana, può
essere intesa sia in modo generico (insieme di uomini e donne) oppure come prettamente
Esempio di frase con soggetto neutro in un ruolo stereotipico: “The social workers were
riferimento a un gruppo di uomini piuttosto che a un gruppo di donne alludendo alla prima
proposizione.
Esempio di frase con soggetto femminile esplicitato: “At the end of the day the majority
Esempio di frase con soggetto maschile esplicitato: “At the end of the day the majority of
69
Quindi, unendo la prima e la seconda proposizione, la frase potrà essere composta in uno
dei seguenti modi: “The social workers were walking through the station, at the end of
the day the majority of the women seemed to want to go home” oppure “The social
workers were walking through the station, at the end of the day the majority of the men
di uomini, può essere una conferma oppure essere incompatibile rispetto al ruolo
stereotipico di genere della prima proposizione. I generi neutri sono gli unici che vengono
interpretati in base al contesto della frase. Sono state create una serie di frasi stereotipate
e divise in due liste per ogni lingua, per un totale di 4 liste. Ciascun partecipante legge
solo le frasi della prima lista oppure solo della seconda lista. Per ogni lingua sono state
create 6 proposizioni con ruoli di genere stereotipici femminili, 6 proposizioni con ruoli
di genere stereotipi maschili e 6 proposizioni con ruoli neutri. Ciascun partecipante legge
ruolo francese è seguito da una proposizione con un ruolo di tipo maschile, allora,
nell’altra lista la seconda proposizione avrà un ruolo femminile. Discorso analogo per la
lingua inglese. La creazione delle liste, nonostante possa sembrare confusionale, consente
di testare i partecipanti in entrambe le lingue senza presentare più di una volta lo stesso
soggetto e quindi non incorrere in ripetizioni. Metà dei partecipanti inizia la prova
70
1. L’incompatibilità tra la prima e la seconda proposizione. Ad esempio, “Nannies
were waiting on a bench, because of the cloudy weather one of the graphic
Ad esempio, “The flourists were waiting in the rain, since sunny weather was
“The chambermaids were crossing the hall, due to the bad weather the majority
comparivano le varie proposizioni, connesso a due tasti: uno per esprimere il “sì”,
l’altro per il “no”. Per non creare un bias il tasto “sì” era sempre associato alla mano
dominante.
un problema. Molti studenti riferiscono di non sentirsi a proprio agio con la parola
71
di linguaggio utilizzate dagli studenti con disabilità per discutere circa la propria
2.3.4 I risultati
e il tipo di linguaggio. Allo stesso modo, non è stato trovato un effetto significativo tra il
registrato i livelli più alti di tristezza. Gli effetti del linguaggio nell’identificazione e la
rispetto alle altre tipologie di linguaggio ha registrato gli effetti più significativi. Sono
stati riscontrati degli effetti significativi del linguaggio anche nella percezione delle
naming ha registrato gli effetti più significativi nella “capacità di fare amicizia”; al
contempo, il linguaggio negative mostra la percezione più bassa delle capacità rispetto
alle altre tipologie di linguaggio. Non è stato trovato alcun effetto significativo tra la
suscita una minore disponibilità all’aiuto rispetto alla disabilità fisica e visiva.
72
Significativo è anche l’effetto della tipologia di disabilità e la percezione di capacità e
uguali diritti. La disabilità uditiva suscita una maggiore percezione di capacità rispetto
alla disabilità fisica e visiva. Infine, l’interazione più significativa nella sfera della
I risultati dello studio di Miric (2015, pp. 121-123) si basano sulle risposte fornite dai
posizione delle persone con disabilità nella società?” 6 intervistati hanno risposto “molto
“in che misura il modo in cui le persone con disabilità sono etichettate influisce sulla loro
partecipante esprime di non avere una posizione in merito. Tra i termini emersi nella
domanda 3 “quale termine, secondo te, è più adatto per identificare le persone con qualche
tipo di disabilità?” emergono: disabile, persona con disabilità, persona che necessita di
le persone con disabilità?” mira a determinare quale sia il ruolo del linguaggio nel
fiducia in sé stessi, 5 intervistati non hanno una propria idea e 6 non ritengono ci sia una
etichetta inadeguata delle persone con disabilità può costituire un atto denunciabile
73
considerano punibile. Infine, sulla base delle risposte alla domanda 6 “in quali sfere del
sono quelli con una classificazione più negativa delle persone con disabilità.
Mousavi et al. (2020, p. 428) nella loro revisione narrativa sostengono che il termine
mostrate dalla letteratura, pertanto, gli autori suggeriscono un nuovo approccio di de-
espresso nel Official Website of the Paralympic Movement (2012) la parola “paralimpico”
deriva dalla preposizione greca “para”, che significa “accanto”. Il concetto che si
I risultati dello studio di Gernsbacher (2017, pp. 859-860) mostrano che analizzando i
titoli di Web of Science, Google Scholar, gli abstract di PubMed e i libri di Google
NGram, il linguaggio person-first è utilizzato con una maggiore frequenza per riferirsi ai
bambini con una disabilità rispetto ai bambini senza disabilità. In particolare, 100 volte
in più sul motore di ricerca PubMed e NGram, 200 volte in più su Google Scholar e 700
in riferimento ai bambini con disabilità mentre l’identity-first language tra i bambini con
uno sviluppo tipico. Ad esempio, solamente l’11% degli abstract rilevati su PubMed
utilizza il linguaggio person-first sia per i bambini con disabilità che per quelli con uno
74
sviluppo tipico. Allo stesso modo, solamente il 10% utilizza il linguaggio identity-first
sia per i bambini disabili che per quelli con uno sviluppo tipico. Circa 8 abstract su 10
fanno uso del linguaggio person-first per nominare i bambini con disabilità e del
linguaggio identity-first per i bambini con sviluppo tipico. Infine, i risultati emersi grazie
ai motori di ricerca sopra citati mostrano che il linguaggio person-first è utilizzato più
frequentemente per riferirsi ai bambini con le disabilità più stigmatizzate, come l’autismo
o le disabilità intellettive.
I risultati dello studio di Agaronnik et al. (2020, pp. 405-408) hanno mostrato che la
maggior parte dei medici definisce la disabilità ancorandosi a concetti medici (modello
medico) piuttosto che a concetti che riconoscono l’influenza dei fattori sociali (modello
limitazioni: “La disabilità è un limite nelle attività della vita quotidiana”. Oppure, il
medico neurologo parla di “una limitazione di una abilità emotiva o fisica che non
permette alle persone di essere competitive nella società e in ogni aspetto della vita”. È
necessaria e onerosa una riflessione circa questa ultima definizione che verrà argomentata
durante le discussioni del presente lavoro. Per quanto riguarda le scelte linguistiche, è
bene sottolineare che quasi tutti i medici hanno utilizzato un linguaggio culturalmente
competente nei confronti della disabilità in alcuni tratti dell’intervista. Tuttavia, alcuni
partecipanti hanno applicato un linguaggio che non può essere considerato accettabile
come i termini “handicappato”, “destinato alla sedia a rotelle”, “affetto da” oppure
terzo dominio indagato nello studio è il comportamento nei confronti delle persone con
disabilità. I temi affrontati sono: la difficoltà percepita dai medici nella gestione dei
75
errate circa la disabilità. Per quanto riguarda il primo tema, i medici, in generale,
particolar modo nei pazienti con una malattia mentale. Il medico reumatologo afferma
che “gli specialisti non sono entusiasti soprattutto perché la visita impiegherà
interviste relative alla disabilità sono differenti. Alcuni parlano di “orribile schizofrenia”,
Infine, alcuni medici riconoscono degli errori nel loro operato. Il medico neurologo, ad
Nello studio di Patev et al. (2019, pp. 339-344) sono state trovate delle correlazioni forti,
sia nello studio 1 che nello studio 2, tra le percezioni 1, 2 e 3. In particolare, si mostrano
danneggia i miei discorsi e i miei scritti” e percezione 3 “quando sono sotto pressione ho
76
correlata con l’atteggiamento verso individui TGNC. Non sono state riscontrate, invece,
mostrano che gli individui con una ideologia politica conservatrice manifestano più
del linguaggio. Infatti, maggiori sono gli atteggiamenti negativi e maggiore è la difficoltà
Questo scoperta suggerisce che gli atteggiamenti individuali verso le persone TGNC sono
risultati dello studio 2 replicano quelli dello studio 1. In una seconda regressione, la
inclusivo se ci fossero delle semplici regole su come e quando usarlo” non è relata
percezioni positive e sono d’accordo nel trovare delle regole comuni per usare il
77
i dati dello studio 1. L’unica differenza rilevata nello studio 2 è la non significatività della
I risultati di Sato e Gygax (2013, pp. 19-26) sono stati condotti per mezzo di una analisi
di genere associate alla lingua del compito in cui sono coinvolte, sostituendo le loro
lingua francese, le rappresentazioni maschili sono dominanti mentre, nella lingua inglese,
sono basate sugli stereotipi. Inoltre, i risultati mostrano anche che l’estensione con cui le
partecipante della lingua non nativa; un partecipante esperto nella lingua non nativa ha
una rappresentazione più simile alla lingua nativa, mentre un partecipante con una
conoscenza meno efficiente della lingua non nativa è influenzato maggiormente dalla
propria lingua nativa. In conclusione, le ipotesi 1 e 2 dello studio sono state confermate.
La prima ipotesi postulava una dominante rappresentazione della realtà rispetto al genere
maschile per gli studenti di lingua francese e, coerentemente con le caratteristiche della
lingua stessa, una rappresentazione in linea con gli stereotipi di genere per gli studenti di
lingua inglese.
78
Nella seconda ipotesi, considerando la seconda lingua di ciascun individuo (la lingua
inglese per i francesi e la lingua francese per gli inglesi) ci si aspettava una inversione
Infine, nella terza ipotesi si prevedeva che l’inversione della rappresentazione della realtà
fosse modulata dall’efficienza e dal livello di conoscenza della lingua non nativa.
Contrariamente alle aspettative degli studiosi, l’ipotesi numero 3 è stata smentita. Non
sono stati, infatti, trovati dei risultati significativi tra l’effetto dello stereotipo femminile
I risultati dello studio di Lister et al. (2019, pp. 1448-1451) mostrano che, circa il modello
linguistico privilegiato dagli studenti, non è possibile identificare una unica preferenza.
Infatti, secondo quanto rilevato dai partecipanti, la preferenza del linguaggio dipende dal
tipo di linguaggio. Questo dimostra che non è possibile identificare un unico modello
quanto riguarda il linguaggio, il termine “studente disabile” raccoglie il numero più basso
di consensi. Ciò è in contraddizione e in contrasto con le linee guida portate avanti dalla
maggior parte degli istituti della Gran Bretagna che fanno uso di tale termine come prassi.
La preferenza manifestata dagli studenti riguarda l’utilizzo di frasi che non si riferiscono
oppure “condizioni che influiscono sullo studio”. È interessante notare come siano state
registrate delle differenze in funzione del genere e del tipo di disabilità. Infatti, gli uomini
e le persone con delle disabilità motorie non mostrano particolari problemi con il
79
linguaggio del contesto accademico e si trovano a loro agio anche con il termine
80
CAPITOLO TERZO: le conclusioni
Nel Capitolo Secondo sono stati presentati 8 articoli descrivendone gli scopi, le
metodologie, le procedure e i risultati. Nel presente capitolo saranno proposti i loro limiti,
Grazie allo studio di Kamenetsky e Sadowski (2020, pp. 94-97) è stato chiarito che i
riferimenti e i termini negativi nei confronti di persone con disabilità portano ad una
percezione più negativa delle stesse. Inoltre, rispetto a quello negativo, altre tipologie di
linguaggio suscitano una maggiore percezione delle capacità, una maggiore propensione
notare come il linguaggio positivo come il person-first naming non sia associato
positivamente e in modo significativo ad una percezione più positiva delle persone con
disabilità. Il defiant-self naming è associato a una percezione più positiva delle persone
risultato è in linea con le ipotesi iniziali e indica che il defiant-self naming incoraggia e
negativo al fine di incoraggiare e rafforzare le persone con una disabilità ad essere fieri
di ciò che sono. Tuttavia, osservando i risultati del presente studio, emerge che le
81
differenze tra tutte le percezioni riscontrate nei diversi linguaggi testati sono piuttosto
esigue. Purtroppo, è piuttosto difficile cambiare le percezioni e le idee nei confronti delle
persone con disabilità a partire dal linguaggio positivo. In letteratura diversi sono gli
studiosi che sostengono l’esistenza di una cultura della disabilità e una tendenza a
considerare una distinzione tra i suoi “membri” e “gli altri” allo stesso modo con cui si
Inoltre, lo stesso studio è stato riproposto da Kamentsky et al. (2016, pp. 1-21) con un
conseguenza, che il ruolo del linguaggio e il suo impatto siano affini anche tra culture e
modi di pensare diversi. Per quanto concerne la relazione tra il linguaggio e il tipo di
disabilità (fisica, visiva e uditiva), le persone con una disabilità uditiva sono percepite
più abili e con meno necessità di supporto rispetto a quelle con una disabilità visiva. È
risaputo che, le percezioni stereotipate sono legate alla tipologia di disabilità che
l’individuo ha (Yuker, 1994). Questi stereotipi sono invalidanti e spesso non coincidono
linguaggio e le politiche educative create appositamente per ridurre le idee infondate nate
disabilità, è importante andare oltre gli stereotipi legati alla tipologia di disabilità ed è
necessario considerare diversi fattori come l’eziologia, la natura, la gravità della disabilità
forniti ai lavoratori per svolgere le varie attività richieste. Diversi sono i limiti riscontrati
nello studio di Kamenetsky (2020, p. 96). In primo luogo, le sei tipologie di didascalie
82
lunghezza della didascalia, sia il linguaggio person-first naming che il defiant-first
naming avrebbero dei risultati simili. I risultati, invece, mostrano un effetto significativo
nello studio raffigura una tipologia differente di supporto (sedia a rotelle, bastone per non
vedenti) e, a differenza della disabilità motoria, nel caso della disabilità uditiva e visiva
è negato il contatto visivo con l’osservatore. L’assenza di contatto visivo potrebbe aver
influenzato i risultati. Uno studio di Amalfitano e Kalt (1977, pp. 46-48) mostra che il
implicazioni che derivano dallo studio di Kamenetsky (2020, p. 97) suggeriscono che
l’uso di un linguaggio positivo non induce a una società più inclusiva e con meno
sulla percezione delle persone con disabilità. Infatti, il linguaggio negativo è legato alle
di capacità. È inoltre bene riflettere sul fatto che le relazioni emerse nello studio siano
livello empirico non ciò non abbia un riscontro effettivo è alquanto singolare.
Lo studio di Miric (2015, pp. 111-126) mette in luce come la discriminazione nei
confronti delle persone con disabilità sia un problema che investe la società e che richiede
interdisciplinare che, per essere risolto, esige l’intervento e il lavoro di diversi esperti.
Tuttavia, non solamente gli esperti sono implicati nella riduzione della discriminazione
83
Le persone con disabilità spesso sono vittime di atti che violano il principio di
uguaglianza. Tuttavia, le conseguenze a livello penale sono piuttosto rare. La legge serba,
una legge adeguata e più severa potrebbe contribuire a tutelare maggiormente le persone
generalizzare i dati e i risultati ottenuti. Inoltre, la maggior parte dei partecipanti ha una
disabilità; ciò non consente di analizzare il punto di vista di coloro che spesso attuano
delle discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità. Infine, la pubblicazione
del questionario su un gruppo Facebook ha eliminato una parte di popolazione che non è
solita utilizzare tale social network, in particolar modo le persone più anziane. Infatti,
di vista delle persone meno giovani. Lo studio di Miric (2020, p.123), in conclusione, è
uno spunto interessante per approfondire il tema del linguaggio della disabilità come
analisi con un campione più ampio e che sia definito con delle caratteristiche omogenee.
“parabilità” piuttosto che il termine “disabilità”, con il fine di ridurre gli stereotipi e la
stigmatizzazione. Tale termine è in linea con quanto portato avanti dal modello ICF (vd.
paragrafo 1.2.2) e propone di osservare la condizione delle persone con parabilità sotto
una nuova luce grazie a un cambio di paradigma che si focalizza non sulla “mancanza”
quanto sulla “variazione”. Tale approccio consiglia di concentrarsi sulle abilità e sulle
capacità piuttosto che sulla menomazione intesa come fattore che non consente di
84
esprimere il proprio potenziale. Modificare l’assetto corrente della disabilità potrebbe
paradigma descritto non è quello di ignorare le difficoltà che le persone incontrano nella
società e le necessità mediche e riabilitative; l’intento è non far prevalere un aspetto della
Nonostante la parola “disabilità” sia sempre meno accettata tra le persone con “parabilità”
teoriche potrebbe essere una ragione per cui questi tentativi non hanno ancora oggi
ricevuto le attenzioni necessarie (Mousavi et al., 2020, pp. 428-429). Gli autori
sostengono, in conclusione, che i nomi trasmessi siano rilevanti nella definizione dei
valori. Ciò potrebbe essere una occasione per costruire un atteggiamento propositivo, di
sperimentato dagli atleti paralimpici in quanto definiti come “persone con parabilità”,
focalizzandosi sulla soddisfazione della vita e su come tale denominazione influisca sulla
formazione del concetto di sé. Un limite dello studio di Mousavi et al. (2020) potrebbe
presentate.
Nello studio di Gernsbacher (2017, pp. 859-861) si analizza come l’uso del person-first
language tra i testi scolastici possa accentuare lo stigma verso gli alunni con disabilità.
In particolare, attraverso un’analisi dei termini sulla disabilità comparsi sui testi scolastici
ricavati da alcuni database, l’autore mostra come il person-first language sia riferito
85
maggiormente ai bambini con disabilità rispetto a quelli con uno sviluppo tipico.
Tuttavia, uno degli obiettivi del person-first language dovrebbe essere quello di garantire
alle persone con disabilità lo stesso trattamento linguistico riservato a quelle con uno
sviluppo tipico.
Inoltre, in uno studio (Andrews et al., 2013, pp. 233-244) diversi studenti e studentesse
rispetto al proprio intento, restituendo un senso di vergogna piuttosto che una vera e
sincera uguaglianza. Pertanto, “potrebbe rinforzare l’idea che sia “negativo” avere una
disabilità” (La Forge, 1991, pp. 1-24). Si ricorda che, come espresso anche in precedenza,
stereotipi e i pregiudizi. Sulla base dei risultati ottenuti il person-first language sembra
modo, i bambini con una disabilità dello sviluppo. Per cercare di ridurre tali bias
linguistici è importante che gli autori siano consapevoli e aggiornati circa le motivazioni
che supportano il person-first language. In conclusione, gli autori del presente articolo
suggeriscono un approccio identity-first language sia per le persone con disabilità che
per quelle senza disabilità. Alcuni studenti sostengono tale tipologia di linguaggio con il
disabilità.
Alla luce dei risultati dello studio di Agaronnik et al. (2020, pp. 408-410), la maggior
parte dei partecipanti definisce la disabilità ancorandosi a concetti tipici del modello
86
medico. Pochi riconoscono gli effetti della stigmatizzazione e i limiti creati dalla società
applicando, pertanto, una riflessione tipica del modello sociale. Esemplificativo di questo
“la disabilità è una limitazione di una abilità emotiva o fisica che non permette alle
persone di essere competitive nella società e in ogni aspetto della vita”. Tale definizione
rappresenta il pregnante approccio medico e allo stesso tempo mostra come sia la società
stessa ad abilitare o disabilitare i membri che via fanno parte. Non è fondando la società
sui principi della competizione che si potrà raggiungere una piena ed effettiva parità e
inclusione.
precetti perseguiti dal modello sociale. Il linguaggio utilizzato dai medici partecipanti
spesso non è culturalmente competente e include termini quali “handicap”, “destinato alla
sedia a rotelle”, “affetto da”. “Handicap” necessità di una sostituzione con la parola
assumono che i pazienti con una disabilità intellettuale non siano in grado di prendere
decisioni circa la propria salute. I limiti dello studio riguardano la generalizzazione dei
della disabilità potrebbe variare in funzione della zona geografica considerata. Inoltre, il
87
campione di 20 partecipanti è esiguo e non permette di poter generalizzare i risultati
la persona che ha effettuato l’intervista, nonostante essi affermino di non avere più
contatti da diversi anni con la stessa. Tuttavia, tale bias non è particolarmente pregnante
limiti descritti, i risultati dello studio sono coerenti con quanto espresso dai pazienti con
studio ha permesso di identificare una serie di problemi correlati alle competenze culturali
culturalmente competente; ciò potrebbe migliorare la qualità della vita, garantire la parità
dei diritti e avere delle cure che rispecchino le aspettative e le necessità delle persone con
disabilità.
Lo studio di Patev (2019, pp. 329-352) esplora la percezione del linguaggio di genere
l’atteggiamento nei confronti di perone TGNC. Quindi, i partecipanti che hanno degli
nell’utilizzare il linguaggio di genere inclusivo, credono sarebbe più semplice avere delle
regole per guidare il proprio linguaggio e, infine, non hanno conoscenti che applicano un
88
linguaggio di genere inclusivo. Il sotto-studio 2 conferma parzialmente quanto ricavato
bene sottolineare che il linguaggio, come ad esempio la lingua italiana è ancorata a una
cultura maschilista. Un gruppo di donne al cui interno è incluso un uomo viene etichettato
con termini maschili. Pertanto, è possibile che gli studenti non si identifichino in un
Inoltre, lo studio è stato condotto in una zona rurale del Sud della Virginia. Si tratta di
un’area geografica particolarmente conservatrice e, per tale motivo, è possibile che gli
studenti non abbiano avuto interazione e contatti con persone TGNC e di conseguenza
non abbiano mai applicato un linguaggio di genere inclusivo. Alla luce dei risultati
comportamenti verso le persone TGNC. Infatti, individui con degli atteggiamenti negativi
genere inclusivo. L’analisi è particolarmente importante perché trattasi del primo studio
che si occupa del linguaggio in relazione alle persone TGNC. Un limite dello studio
durante lo studio stesso; è possibile che alcuni partecipanti non siano a conoscenza del
termine e di come questo sia applicato nella quotidianità. Inoltre, non è specificato se per
tempo per riflettere su ciò che sta scrivendo, facendo delle scelte più appropriate. Questo
rapidità. Un terzo limite riguarda l’utilizzo del linguaggio inclusivo nella quotidianità.
89
Infatti, tale fattore viene determinato in base a una autovalutazione fornita dagli studenti
che potrebbe non coincidere con la realtà oggettiva. Lo stesso limite può essere riscontrato
due sotto-studi utilizzano un campione di convenienza di studenti dell’area rurale del Sud
Virginia. Ciò comporta che gli studenti più giovani siano probabilmente più liberali e
abbiano comportamenti più positivi verso le persone TGNC rispetto a quelli più adulti. I
risultati dello studio potrebbero, quindi, essere diversi se condotti in un altro territorio con
delle credenze più liberali e meno tradizionaliste. Le implicazioni per le ricerche future
che emergono dallo studio di Patev et al. sono molteplici. In primo luogo, i risultati
percezioni del linguaggio inclusivo al fine di creare degli interventi che ne promuovano
l’utilizzo. Alcuni studiosi hanno dimostrato che l’uso del linguaggio di genere inclusivo
Lo studio di Sato e Gygax (2013, pp. 1-48) esplora il genere inteso a livello grammaticale
e gli stereotipi di genere nelle persone bilingue. Le lingue considerate, inglese e francese,
genere neutrale, mentre la seconda applica una grammatica con un genere definito e che
predilige il genere maschile. Nei risultati emerge che gli studenti nativi inglesi si
appoggiano alle informazioni stereotipiche per fare delle inferenze rispetto agli stereotipi
di genere, mentre gli studenti nativi francesi sono più inclini a inferire la forma maschile
quanto emerso da studi precedenti (Gygax et al., 2008, pp. 143-151) mostrando che gli
90
indizi morfosintattici e la grammatica di genere sono in grado di influenzare il modo con
cui le inferenze di genere sono implicate nelle rappresentazioni del genere dei protagonisti
inferenza maschile nella lingua francese (L2), mentre, i partecipanti francesi mostrano un
declino della costruzione dominante maschile nella lingua inglese (L2) e una maggiore
fiducia negli stereotipi per fare inferenze. Pertanto, cambiando lingua varia anche il modo
con cui le persone rappresentano il genere e le sue inferenze; ciò avviene in funzione della
struttura e delle regole grammaticali della lingua (maggiori stereotipi per la lingua inglese
della lingua non nativa, l’età, la motivazione e l’ambiente. Gli studenti con un livello più
basso di inglese come seconda lingua hanno una maggiore tendenza verso le inferenze
maschili per gli stereotipi maschili e femminili; tuttavia, la preferenza per le inferenze di
genere maschile non è stata osservata tra gli stereotipi femminili negli studenti con un
livello elevato di conoscenza della lingua (piuttosto che il contrario). I risultati degli
studenti nativi inglesi non hanno prodotto alcun effetto, a differenza di quanto riscontrato
per gli studenti francesi. Un’ipotesi che spiega tale incongruenza e possibile limite
francesi, i quali utilizzano spesso la lingua inglese durante la loro quotidianità. Ciò
potrebbe contribuire a dare un vantaggio agli studenti e alle studentesse francesi rispetto
agli studenti e alle studentesse di lingua inglese. Un punto di forza del presente studio
consiste nell’utilizzo del C-test per misurare il livello di efficienza nella seconda lingua.
Gli studiosi, infatti, hanno deciso di non affidarsi a misure self-report. Il test è una risorsa
91
altamente affidabile nella misurazione oggettiva del grado di efficienza di una lingua
(Eckes & Gotjahn, 2006, pp. 290-325; Grotjahn, Klein-Braley & Ratatz, 2002, pp. 93-
114; Klein-Braley & Raatz, 1984, pp. 134-146). Esso richiede ai partecipanti di inserire
negli spazi vuoti di un testo le lettere mancanti. Il numero di riempimenti corretti indica
lo studio di Sato e Gygax non può essere considerato sufficiente per inferire la diretta
influenza della lingua sulle rappresentazioni cognitive; tuttavia, suggerisce che alcune
A seguiti dei risultati dello studio di Lister et al. (2019, pp. 1448-1450) è possibile
approccio di tipo prettamente esperienziale del progetto potrebbe risultare un limite alla
rigorosità e scientificità del progetto. Tuttavia, come affermato dagli autori, il confronto
emerso tra i partecipanti dello studio ha avuto un prezioso valore esperienziale che è stato
Gli studiosi hanno riflettuto su come trasformare quanto emerso a livello teorico in azioni
di una guida scritta, breve, immediata e che possa essere consultata grazie alla sua
praticità nei contesti lavorativi. La guida è stata in seguito disaminata con un workshop
composto da studenti con disabilità, i quali hanno annotato i punti di forza ed eventuali
modifiche e consigli. Il gruppo era composto da oltre 150 studenti; ciò è indice del
92
riconoscimento del ruolo cruciale che il linguaggio svolge all’interno del contesto
scolastico.
motivazione per la quale l’università utilizza le parole della diversità, l’importanza del
dell’ascolto e alcuni consigli pratici su come iniziare una conversazione con studenti con
disabilità.
data/uploads/2019/10/practioner-guidelines-FINAL.pdf
93
In conclusione, il progetto descritto sottolinea l’importanza del linguaggio utilizzato nei
confronti degli studenti con disabilità e, grazie ai risultati ottenuti, emerge una
complessità e una varietà delle modalità con cui gli studenti percepiscono se stessi, le
adottato. Ciò, secondo gli autori, è un valore incalcolabile del progetto, il quale si è
rivelato un’esperienza positiva per la squadra di ricerca. Essere reclutati come esperti per
la stesura della guida pratica ha contribuito a sollevare dei problemi e delle perplessità
che, probabilmente, non sarebbero emersi attraverso una ricerca fine a se stessa.
94
CAPITOLO QUARTO: le parole e i loro significati
Le parole possono essere muri o ponti. Possono creare distanza o aiutare la comprensione
dei problemi. Le stesse parole usate in contesti diversi possono essere appropriate,
Comunicare implica possedere una consapevolezza e una precisione delle parole, del loro
peso e del loro significato. Le parole grossolane, vaghe, grezze, indelicate e incivili non
Abbiamo bisogno di parole, altre, che ci aiutino a rompere le barre della prigione mentale
non solo l’essere umano, ma l’essere umano nella sua stretta relazione con altri esseri
umani, con altri esseri viventi, con le diverse forme di vita, per delineare nuove forme di
valore personale, una frequenza, un’immagine. Infatti, le parole esprimono una parte della
propria identità, la propria storia e possono avere delle conseguenze sugli ascoltatori. A
causa dell’immagine che ciascun individuo disegna di se stesso a seconda del linguaggio
utilizzato e in base agli effetti che le parole creano verso gli altri, è auspicabile scegliere
con cura i termini del proprio linguaggio. Parlare in modo corretto e consapevole,
responsabili della formazione del linguaggio popolare, del linguaggio comune e, tanto più
95
grezzo e grossolano è il linguaggio narrato dal popolo, tanto minore sono i ragionamenti,
Un popolo rozzo può essere, ovviamente, più facilmente dominato se non altro perché per
complessi, non aver perso la capacità e il gusto di indicare cose diverse con nomi diversi,
Quindi, il linguaggio assume un ruolo cruciale per trasmettere valori e significati da non
rinforzare stereotipi negativi e innalzare barriere (Soresi, 2020). L’unica modalità che
avere uno spirito critico nei confronti della realtà e della quotidianità. L’educazione è,
negativa. Il prefisso dis, infatti, sottolinea una mancanza e toglie valore alla condizione
96
umana. Disabile, in linea generale, è un termine generico e accettabile che trova un
definizione di “persone con disabilità” fornita dalla Convenzione dell’ONU sui diritti
delle persone con disabilità approvata nel 2006 (vd. Capitolo Primo, sezione 1.4) afferma
che: “per persone con disabilità si intendono coloro che presentano durature
diversa natura possono ostacolare la loro piena ed effettiva partecipazione nella società
prima denominazione è più corretta rispetto alla seconda: il focus sulla “persona” è neutro
solamente una parte della propria persona come, per esempio, la parola “sordo” per
della persona non sono implicate nel processo di esclusione. Inoltre, non ha senso parlare
di “normodotati”, definizione che contiene un giudizio fra chi può essere considerato
normale e chi no. La persona dotata di normalità non esiste perché il criterio di normalità
L’espressione “diversamente abile” è tra le più contestate e discusse nel campo della
che punta ad enfatizzare l’abilità piuttosto che la disabilità. L’espressione trova la sua
origine negli anni Ottanta per mano del Democratic National Committee, negli Stati Uniti.
97
scrittore con disabilità. Secondo Imprudente l’espressione “è capace di cambiare
dibattiti; nonostante questa parola contenga in sé una piccola ipocrisia, che tende a
mettere completamente in secondo piano il deficit, credo resti ancora fondamentale con
il sensi per cui è nata: una semplice provocazione che ci mette in grado di aprirci a
di negatività. Spesso, per superare ciò, si tende ad utilizzare una comunicazione con valori
afferma che “quando si arriva a ritenere che la disabilità sia quasi una terza abilità, cioè
una capacità speciale rispetto alla cosiddetta normalità, vuol dire che si deve ricorrere a
parole, come ad esempio “diversamente abile”, porta a percepire le persone con disabilità
Il termine “handicap” deriva dall’inglese hand in cap, un gioco d’azzardo della Gran
prendere delle monete contenute nello stesso. Per questo motivo hand in cap, ovvero la
mano nel cappello. La parola handicap si diffonde, in seguito, nel contesto ippico;
l’handicap, infatti, era il supplemento di peso destinato al cavallo più forte per gareggiare
in una condizione di parità rispetto agli altri equini. Nel corso degli anni si è assistito ad
98
handicap si intende “lo svantaggio rappresentato da minorazioni di tipo motorio o
svantaggio che trae la sua origine da un deficit. Spesso si tende a confondere l’handicap
con il deficit. Si tratta, in realtà, di due concetti differenti e non intercambiabili. Il primo
nasce e si sviluppa dal contesto, il secondo si riferisce alla persona e alla sua mancanza
(motoria, psichica o sensoriale). Il termine “deficit” deriva dal verbo latino deficere che
non indica la malattia, quanto piuttosto il danno a livello biologico arrecato dalla malattia
stessa. Si riportano le interessanti parole del giornalista Bomprezzi che gettano luce su
quanto descritto “Vi faccio un esempio: io che sono su una carrozzina, entro in un bar e
incontro all’entrata tre gradini. In questo caso il mio deficit resta invariato, mentre il mio
handicap aumenta. Se invece di fronte al bar trovo una rampa, il mio deficit resta sempre
uguale a differenza del mio handicap, che diminuisce. Ma c’è dell’altro. Quando entro
nel bar, tutti si girano a guardarmi con gli occhi pieni di curiosità. Anche in questo caso
il mio deficit resta invariato, ma ora vi chiedo: l’handicap di chi è? Solo di chi guarda,
che non sa come rapportarsi con me e il mio deficit. Tutto ciò apre una riflessione
interessante: il deficit è solo mio, l’handicap coinvolte tutto il contesto intorno a me”.
99
4.3 Inserimento, integrazione e inclusione
dell’inserimento, generalmente, ritiene che gli oggetti debbano rimanere dove sono stati
collocati, soprattutto in virtù del dispendio energetico richiesto. Nelle scienze sociali, in
nella società (Soresi, 2020, p. 24). Tra i sinonimi dell’inserimento vi sono le parole:
innestare, immettere, collocare. Per quanto concerne i contrari si può fare riferimento a:
rigettare, eliminare, non ammettere. Alcune possibili motivazioni che potrebbero indurre
a non accettare l’inserimento sono: la percezione di minacce da parte del gruppo estraneo
(outgroup) sia a livello oggettivo come l’appartenenza culturale o linguistica, che a livello
sistema non ancora completo, riconoscendo l’esistenza di altri fattori ed elementi che
100
essa propone il rispetto di accordi prestabiliti con l’obiettivo di raggiungere un bene
lavorativi delle persone con disabilità, l’integrazione richiede delle operazioni preliminari
opportunità per coloro che sono direttamente interessati e coinvolti nel processo di
integrazione e, allo stesso tempo, arricchisce i contesti rendendoli più integranti. Come
contesto, pur mantenendo un certo occhio di riguardo nei confronti delle situazioni
Per normalizzazione si intende l’insieme delle operazioni attuate al fine di ripristinare una
situazione di pregressa normalità. Il rispetto dei confini è la misura utilizzata per rilevare
ambienti che dovrebbero essere in grado di consentire a tutti una partecipazione attiva e
un livello soddisfacente di vita” (Soresi, 2020, p. 33). Il contesto è una delle variabili
rispetto delle differenze, stanno alla base di un contesto inclusivo. L’inclusione aspira a
un cambiamento dei contesti comuni e dei suoi criteri di valutazione, spesso impregnati
di pregiudizi e stereotipi.
101
Secondo Striano et al. (2017, p. 26) l’inclusione è il paradigma della collaborazione che
riconosce la rilevanza della piena partecipazione alla vita scolastica, e non solo, di tutti.
L’inclusione è ciò che avviene quanto ognuno sente di essere apprezzato e che la sua
pluralista e, questo, non solo perché riconosce e rispetta tutte le culture, ma perché
aspira ai valori dell’onestà, della fiducia, dei diritti universali, della sostenibilità, della
Talvolta, i termini espressi nei confronti della disabilità sono scorretti e, in alcuni casi,
102
L’unicità costringe a pensare che ciascun individuo, in quanto tale, è irripetibile,
Partendo dal presupposto che ciascuno sia unico, tuttavia, viene meno la necessità di
classificare e differenziare.
accogliere e si farà probabilmente più strada l’idea di contesti e ambienti comuni (Soresi,
sociale, è immerso in un contesto che comprende anche altre persone. La storia di ognuno
occuparsi della qualità delle relazioni implicate nei vari contesti di vita.
mentre procus significa “avanti”. Unendo le due espressioni il significato che emerge è
“ciò che va e che torna vicendevolmente, assieme”, trasmettendo l’idea di una relazione
tra due o più persone con uno scambio in cui a ciò che viene ricevuto corrisponde, allo
103
In assenza di reciprocità i rapporti sarebbero sottomessi al potere e alla dominanza, non
permettendo un pieno sviluppo del legame di interdipendenza che sta alla base
dell’inclusione.
concepito come un aggregato organico e strutturato di parti tra loro interagenti, in base
quello dei singoli costituenti, dipendendo dal modo in cui essi interagiscono”. Tale
gli elementi del sistema stesso. Cercare di cogliere la complessità significa adottare delle
professionisti capaci di andare oltre gli steccati della propria disciplina e saper ascoltare
linguaggi diversi con i quali l’infinita variabilità delle esperienze di vita si può presentare.
e potrebbe avere dei risvolti anche sul piano economico, infatti, come afferma Giacomarra
(2014) essa potrebbe annullare il legame tradizionale esistente tra proprietà e utilizzo di
un prodotto. È noto come nelle società occidentali i prodotti vengano venduti a chi ne ha
bisogno e ha modo di utilizzarli: il fatto di condividerne uno fra diversi utenti ne riduce
104
la domanda e fa così diminuire il numero di persone intenzionate all’acquisto, ma lo stesso
fatto è in grado di offrire vantaggi sia sul piano economico che su quello ambientale […]
sino ad arrivare addirittura all’economia del dono che potrebbe svolgere un ruolo
costrutti impegnativi, che richiedono tempo e risorse per essere attuati e rispettati;
tuttavia, rappresentano un punto cardine per creare una società aperta nei confronti della
individuo.
quotidianità di ciascun individuo; talvolta, tuttavia, aprono numerosi dibattiti circa la loro
funzione, gli effetti e le ricadute che possono avere sulle persone. Diversi sono gli studiosi
che hanno indagato il ruolo dei mass media e del suo linguaggio nell’informare,
messaggi di propaganda politica (Kuang, 2018, pp. 87-98). In particolare, l’abilità politica
dei leader politici è stata oggetto di analisi meticolose da parte di psicologi, linguisti,
105
Gli studiosi Steffens e Haslam (2013) e Lindgren (2014) hanno approfondito e indagato
il ruolo del linguaggio e il suo potere durante le campagne elettorali. In entrambi i casi il
supporto dei cittadini. Tali studi verranno approfonditi nel seguente paragrafo.
Lo studio di Steffens e Haslam (2013) indaga l’importanza della parola “noi” durante le
campagne elettorali come fattore predittivo della vittoria nelle elezioni politiche. Tale
studio trae il suo fondamento dalla teoria dell’identità sociale di Tajfel e Turner (1979)
secondo la quale gli individui sono in grado di pensare non solamente in termini di identità
personale (io, me) ma anche in termini di una identità sociale (noi). Inoltre, quando le
persone percepiscono se stesse e gli altri come un’identità sociale condivisa, si creano le
Evidenze empiriche mostrano che l’espressione di una maggiore identità sociale da parte
dei leader (e quindi il grado con cui essi interiorizzano la collettività come una parte della
ascoltatori (Van Dick et al., 2007, pp. 133-150; Kraus et al., 2012, pp. 162-178; Wieseke
Lo studio di Steffens e Haslam (2013) analizza i discorsi della campagna elettorale dei
candidati alla carica di Primo Ministro dei due principali partiti di 43 elezioni australiane
a partire dall’indipendenza britannica del 1901 sino al 2010. Tali discorsi sono
riportato dai media, in cui i candidati leader presentano le proprie idee ai cittadini. Il
campione include 84 discorsi. Per ogni discorso sono stati distinti i candidati vincenti da
106
quelli perdenti in relazione all’utilizzo della prima persona singolare (io, me) e della
prima persona plurale (noi). L’analisi è stata condotta attraverso una regressione mirata
“me” e i pronomi collettivi sia o meno una variabile in grado di predire la vittoria alle
elezioni. I risultati non mostrano un effetto significativo relativo alla lunghezza del
significativo nell’utilizzo del pronome collettivo “noi”. Come mostrato nella figura 3 (fig.
3) nell’80% delle elezioni i candidati vincenti utilizzano maggiormente nei loro discorsi
Figura 3: utilizzo dei pronomi collettivi dai candidati alla carica di Primo Ministro australiano
durante i discorsi della campagna elettorale in relazione al loro successo. doi:
10.1371/journal.pone.0077952.g001
107
In conclusione, sulla base dei risultati ottenuti nello studio di Steffens e Haslam (2013)
l’utilizzo da parte dei candidati nei discorsi di campagna elettorale dei pronomi collettivi,
candidato stesso. Il linguaggio e i termini utilizzati, pertanto, non sono fattori casuali o
Ciò implica che i leader che pensano ed agiscono in funzione della collettività siano
maggiormente in grado di ottenere supporto (Steffens & Haslam, 2013, p. 5). Tra i punti
di forza dello studio si evidenzia il numero piuttosto elevato di discorsi esaminati (84)
rispetto ad altre analisi che si sono concentrate su una selezione limitata di testi (ibidem).
Tuttavia, tra i limiti del presente studio si sottolinea come, nonostante la ricerca di
archivio consenta di avere a disposizione una copiosa quantità di dati, non è stato possibile
parole vaghe e con una carica emotiva nell’interpretazione delle intenzioni dei candidati
utilizzano termini generici con una componente emotiva, quali, ad esempio, le espressioni
“libertà” o “uguaglianza”, per attirare l’attenzione e ottenere il supporto degli elettori. Per
parole vaghe e con una carica emotiva si intendono quei termini spesso associati a dei
valori, generalmente astratti e che possono essere applicati a diversi contesti. In tal caso,
l’ascoltatore interpreta le espressioni sulla base della propria esperienza (ad esempio
libertà, opportunità, uguaglianza). Le tre ipotesi postulate nello studio di Lindgren (2014)
108
sono: le parole vaghe e con una carica emotiva influenzano l’interpretazione delle
intenzioni politiche percepite dagli elettori rispetto a quanto esposto dai candidati; le
parole vaghe e con una carica emotiva possono influenzare la percezione che l’individuo
ha relativamente al fatto che un determinato pensiero sia di destra piuttosto che di sinistra;
infine, l’interpretazione degli elettori media gli effetti delle parole vaghe e con una carica
emotiva a seconda che la proposta politica sia gradita o meno dall’individuo. Il campione
dello studio coinvolge 320 partecipanti adulti reclutati nella stazione svedese di
a rendere la richiesta realistica, nonostante la campagna fosse fittizia. Gli stimoli proposti
nel questionario possono essere di quattro differenti tipologie. Le prime tre tipologie
includono termini vaghi e con una carica emotiva: nel primo caso le parole sono associate
secondo caso le parole sono associate ad una ideologia politica di destra come, ad
esempio, i termini “libertà” o “individualismo”; nel terzo caso le parole vaghe ed emotive
non hanno alcun riferimento politico come, ad esempio “garantire giuste condizioni agli
studenti”. Il quarto ed ultimo caso funge da controllo e, per questo motivo, non comprende
parole vaghe e con una carica emotiva. A ciascun partecipante è assegnata casualmente
una delle quattro tipologie. Si specifica, inoltre, che i termini riferiti all’ideologia politica
sondaggio. Non sono stati pertanto stabiliti arbitrariamente. I partecipanti, quindi, dopo
aver letto delle frasi sul sistema scolastico contenenti le differenti tipologie di parole
109
del candidato, indicare su una scala da 1 a 10 il grado di apprezzamento della proposta e
che di sinistra. I risultati dello studio mostrano che l’inserimento di parole vaghe e con
una carica emotiva all’interno del testo della proposta elettorale influenza sia la
percezione che i partecipanti hanno dei termini in sé, sia l’interpretazione delle intenzioni
I termini emotivi hanno un effetto esiguo o non hanno affatto alcun effetto diretto in base
scolastico. In particolare, tra i partecipanti con una frase con un orientamento politico di
della proposta; mente, i partecipanti con una frase con termini di un orientamento politico
ipotesi. La terza ipotesi, che supportava un effetto diretto delle parole vaghe e con una
carica emotiva in base all’apprezzamento della proposta, non è stata confermata. Infatti,
l’interpretazione degli elettori mediata dagli effetti dei termini emotivi a seconda che la
110
CONCLUSIONE
L’obiettivo del presente elaborato di tesi è volto a trovare delle risposte ad alcuni
Il linguaggio, in quanto veicolo di valori e idee, assume un ruolo cruciale nel determinare
la modalità con cui le persone percepiscono e vivono la diversità in tutte le sue forme,
l’inclusione verso l’altro e gli stereotipi. Vista l’importanza che il linguaggio assume
all’interno della quotidianità di ogni individuo e i risvolti pratici che riveste, la revisione
sulla storia della disabilità e sui modelli di interpretazione delle menomazioni che si sono
susseguiti nel corso del tempo, gli otto studi selezionati nella revisione della letteratura
In primo luogo, è possibile notare come sia piuttosto difficile cambiare le percezioni e le
idee nei confronti delle persone con disabilità a partire dal linguaggio positivo. Piuttosto,
l’eliminazione di un linguaggio negativo può avere effetti più positivi sulla percezione
delle persone con disabilità. Inoltre, i risultati degli studi proposti mostrano come il
positivamente e in modo significativo ad una percezione più positiva delle persone con
111
In secondo luogo, la revisione mostra che i contesti percepiti come maggiormente
culturalmente competente nei confronti della disabilità, alcune espressioni sono datate,
Inoltre, a fronte di quanto ricavato dalla presente revisione non è stato possibile
riferirsi alla disabilità stessa. Infatti, a seconda del contesto in cui avviene la
In terzo luogo, spostando il focus sul linguaggio di genere emerge che le persone con un
riferimento. Diversi studi necessitano di un campione più ampio e vario per consentire
una maggiore generalizzazione dei risultati ottenuti. Una raccomandazione per ulteriori
ricerche future, pertanto, potrebbe essere quella di prestare particolare attenzione alla
tipologia e ampiezza del campione e provare a condurre degli studi in Paesi con culture
dominante.
diffusione di un linguaggio positivo nei confronti della diversità: una risorsa e uno
112
strumento che consentirebbe di limitare e provare a piegare la diffusione di termini errati
è l’educazione. Essa dovrebbe mirare a fornire degli strumenti adeguati che permettano
di conoscere, sperimentare, imparare e avere uno spirito critico nei confronti della realtà
la società attuale.
113
RINGRAZIAMENTI
accordatami, per gli interessanti spunti proposti e per il modo con cu ha saputo indicarmi
Ringrazio gli studiosi che hanno accolto la richiesta di condivisione del loro sapere e dei
loro elaborati. In particolar modo, Dana Dunn, Professore e Direttore del Dipartimento di
Vorrei ringraziare la mia famiglia che mi è sempre stata accanto e non mi ha mai fatto
mancare il suo sostegno durante gli anni accademici e non solo. Grazie per avermi
insegnato che la cultura è libertà e la strada da seguire per poter diventare chiunque si
voglia.
Ringrazio i nonni Sandro e Marisa, giovani e al passo con i tempi. Grazie per la vostra
freschezza, per il vostro affetto e per aver creduto in me. Grazie per le belle chiacchierate.
Ringrazio i parenti, in particolar modo, le zie per aver gioito dei miei traguardi come se
fossero vostri.
Grazie a Gabriele per la gioia che mi trasmetti, per supportarmi, per esserci e per la
pazienza che porti. Grazie anche alla sua famiglia, sempre pronta ad accogliermi a braccia
aperte.
114
Ringrazio le mie compagne di squadra per le risate, per i momenti di spensieratezza
Un grazie anche alla coinquilina Sara, essenza di leggerezza. Grazie per aver condiviso
115
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