Sommario
INTRODUZIONE................................................................................................................................................3
PALEOGRAFIA...................................................................................................................................................4
CAPITOLO I.......................................................................................................................................................4
La scrittura runica........................................................................................................................................4
CAPITOLO II......................................................................................................................................................8
Le scritture alfabetiche................................................................................................................................8
1. I Got.................................................................................................................................................8
2. Gli Anglosassoni..............................................................................................................................10
3. I Sassoni..........................................................................................................................................15
4. I Nordici..........................................................................................................................................15
CODICOLOGIA................................................................................................................................................16
CAPITOLO III...................................................................................................................................................16
La composizione materiale del libro medievale e le tecniche di esecuzione............................................16
1. Il libro manoscritto o codice............................................................................................................16
2. La struttura del codice....................................................................................................................16
3. Il materiale del codice.....................................................................................................................16
4. Gli strument usat per la scrittura del codice.................................................................................16
CAPITOLO IV...................................................................................................................................................16
Gli scriptoria e gli scribi..............................................................................................................................16
1. Gli scriptoria e l’organizzazione del lavoro degli scribi....................................................................16
CAPITOLO V....................................................................................................................................................16
La tradizione dei manoscrit.....................................................................................................................16
1. La copiatura....................................................................................................................................16
2. Dalla formazione degli errori casuali alle alterazioni intenzionali...................................................17
ECDOTICA.......................................................................................................................................................20
CAPITOLO VI...................................................................................................................................................20
La Recensio.................................................................................................................................................20
Le relazioni fra il testo e il codice............................................................................................................20
1. L’identficazione della tradizione.....................................................................................................21
L’esame della tradizione..........................................................................................................................23
2. La ricostruzione della tradizione.....................................................................................................23
La costtuzione dello stemma.................................................................................................................24
3. La resttuzione del testo (o sfoltmento della tradizione)................................................................33
3.1 La Examinato..................................................................................................................................34
INTRODUZIONE
Il manoscritto attraverso il quale un testo medievale viene trasmesso ha:
- Valore documentario
in quanto testmone di una specifica mentalità e di una determinata tradizione culturale
L’analisi critca alla quale viene sottoposto cerca di riportarlo alla propria:
- Integrità
mediante la ricostruzione dell’originale attraverso l’individuazione e la rimozione delle alterazioni
I principali referent oggetto d’indagine nella ricostruzione critca dei test medievali sono:
a. Il TESTO inteso come componimento d’autore, il quale si tramanda dalla copia d’autore di
discendenza in discendenza
Il primo referente rimanda all’elaborazione intellettuale dell’autore, la quale rappresenta una
singola manifestazione della realtà fenomenica, ma al contempo è l’unico mondo reale del
soggetto-artsta: il lettore-filologo ha il compito di recuperare e ricostruire questo mondo!
b. Il MANOSCRITTO inteso come supporto e vettore del testo, il quale ne consente la trasmissione
attraverso la circolazione e ne condiziona i modi di trascrizione e le circostanze di circolazione
Il secondo referente assume differenziazioni formali in rapporto al tempo e al luogo della sua
oggettivazione, le quali rappresentano tutte le restant manifestazioni della realtà fenomenica: il
lettore-filologo ha il compito di individuare ed isolare le variazioni intervenute sul testo nel suo
vettore di trasmissione, sia nei modi di trascrizione che nelle circostanze di conservazione!
L’analisi critca di un testo e della sua tradizione manoscritta porta all’incontro di due discipline distnguibili
in sede critca e di ricerca, ma inscindibili per il recupero storico del testo e per la sua completa
comprensione:
Paleografia
Consiste nello studio delle caratteristche e dell’evoluzione delle prime forme di scrittura.
La paleografia è una disciplina storica che studia le testmonianze scritte del passato, di qualsiasi
tpo ed epoca, e i contest socioculturali del loro uso, ricostruisce la storia delle forme grafiche, le
decodifica, le data e le localizza mediante lo studio delle tecniche esecutve e il confronto fra diversi
esempi, e quella di alcuni aspetti extragrafici delle testmonianze studiate (i sistemi abbreviatvi,
interpuntvi, i modi di impaginazione dei test, la diffusione sociale dell’uso della scrittura ecc).
Codicologia
Consiste nello studio dei manoscritti da un punto di vista materiale e concettuale.
La codicologia è una disciplina che studia il codice in testmonianza scritta e al contempo storico-
culturale, la quale non può prescindere dalla confluenza dei risultat conseguit in numerose altre
discipline che si servono del manoscritto per i loro fini specifici (la filologia, la paleografia, la storia
della miniatura, la storia delle biblioteche etc.). Essa si distngue in:
- Codicologia in senso stretto (archeologia del libro), quando essa studia con la forma, i support e le
procedure tecniche per la fabbricazione ed il confezionamento del libro.
- Codicologia in senso largo (storia del libro), quando essa studia la storia del libro approfondendo le
conoscenze relatve al suo pubblico, alla sua fortuna, alla sua conservazione etc.
Ecdotca
Consiste nell’attività di ricerca e di studio finalizzata a ricostruire l’integrità di un testo, ovvero a
riportarlo il più vicino possibile alla sua forma originaria, quella voluta dall’autore.
L’ecdotca è una disciplina filologica che si propone la ricostruzione in una forma quanto più
possibile vicina all’originale di un testo antco, attraverso lo studio e la comparazione dei suoi
testmoni (per lo più manoscritti), il cui risultato è la cosiddetta edizione critca, che dà conto non
solo dell’ipotesi di testo elaborata dal filologo, ma anche delle variant scartate. La ricostruzione
ecdotca è suddivisa in diverse fasi:
A. La recensio
1. Ricognizione della tradizione, ovvero il recupero di tutti i materiali atti alla ricostruzione del
testo, la quale si suddivide in diretta (manoscritti, stampe, bozze etc) e indiretta (comment,
citazioni, imitazioni, traduzioni etc.)
La tradizione è il complesso di testmonianze di un’opera distnte in dirette e indirette.
2. Collazione della tradizione diretta, ovvero il confronto delle varie lezioni per comporre lo
stemma codicum
La lezione è una porzione di testo attestata in un codice: è detta adiafora la lezione che, pur
discostandosi da quella originale, non inficia la correttezza formale del dettato e ha lo stesso
valore stemmatco delle lezioni riportate dagli altri testmoni; è detta caratteristca (o singularis)
la lezione che si discosta dalla tradizione e ricorre in un solo manoscritto perdendo ogni valore
stemmatco
3. Definizione dello stemma, ovvero la rappresentazione dei vari stadi di modifica del testo
avvenut durante la trasmissione
Lo stemma codicum è lo schema grafico che rappresenta le relazioni di filiazione fra i
manoscritti di una tradizione
4. Eliminazione delle copie, ovvero l’isolamento dei codici di cui è disponibile il capostpite dal
quale sono stat copiat
Il capostpite è un manoscritto, di solito ricostruito, cui risalgono o un gruppo di testmoni della
tradizione (definito famiglia, ovvero un insieme di manoscritti di una tradizione che risalgono ad
uno stesso manoscritto) o tutti i testmoni della tradizione stessa (il capostpite viene in questo
caso definito archetpo, ovvero un manoscritto ricostruito o esistente da cui deriva l’intera
tradizione di un testo e che si interpone fra i manoscritti derivat e l’originale): se il capostpite è
conservato, i testmoni che da lui derivano vengono ridotti alla condizione di descript
5. Costtuzione del testo, ovvero la composizione del testo tenendo conto dello stemma in modo
tale da arrivare quanto più vicini possibile all’archetpo della tradizione o all’originale, qualora
possibile
B) La Emendato
PALEOGRAFIA
(Costtuirsi delle tradizioni letterarie scritte nell’ambito delle comunità linguistche germaniche)
CAPITOLO I
La scrittura runica
La scrittura runica condivide con le scritture alfabetche tradizionali:
Il Futhark antco rappresenta la forma base dell’alfabeto runico, il quale era costtuito da 24 segni divisi in 3
serie da 8
Nome proto-
Runa IPA Significato
germanico
"uro" (o *ûram
/u(ː)/ ?*ūruz
"acqua/scorie"?)
/θ/,
?*þurisaz "il dio Thor, Joǫtunn"
/ð/
"ulcera"? (o *kenaz
/k/ ?*kaunan
"fiaccola"?)
Il Futhark antco si modifica a seconda delle aree geografiche prese in considerazione (contnentale, insulare
o settentrionale):
1. In Inghilterra, si ha la forma insulare o Futhorc, il quale si espande introducendo nuove rune per
differenziare graficamente alcune variant per un totale di 28 segni
ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ f u þ ą r k
ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ h n i a s
ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ t b m l ʀ
ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ f u þ ą r k
ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ h n i a s
ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ ᚠ t b m l ʀ
La scrittura runica non era destnata alla trasmissione della cultura letteraria, ma era sempre stata utlizzata
in ambito epigrafico e magico.
a. Scrittura epigrafica
Le modalità di scrittura runica sono analoghe a quelle delle iscrizioni classiche, per le quali si
adoperava uno scalpello (incisione a scalpello) o una punta metallica (incisione a sgraffio) per
effettuare l’incisione, la quale a sua volta era elaborata da un disegnatore, il quale organizzava il
testo con precisione, e poi incisa da un lapicida. La distnzione tra le due funzioni è ben evidente sia
nel linguaggio (uso di verbi ben specifici) usato nelle iscrizioni stesse: il rune-master era colui che
conosceva le rune, laddove il rune-grapher era colui che incideva o dipingeva le rune.
- In Uppland (XI sec) la pietra di Hillersjo conserva una sorta di testamento che stabiliva una
successione ereditaria insolita;
Eccezione!
- In Scozia (VIII sec) la croce di Ruthwell conserva un ampio passo del poema anglosassone The
dream of the Rod
b. Pratca magica
Le modalità di impiego della scrittura runica sono invece different a quelle della scrittura classica, in
quanto le rune venivano spesso utlizzate per la previsione del futuro o per l’esecuzione di un
sortlegio:
- In Tacito (Germania 10,1) le rune vengono incise su dei rametti di legno di alberi fruttiferi che
vengono sparpagliate su un telo bianco e poi tre di quest’ultme vengono sollevate ad una ad una e
interpretate da un sacerdote della tribù in caso di questoni pubbliche o dal padre di famiglia in caso
di questoni private;
- In Cesare (De Bello Gallico I 50, 4) le rune vengono interpretate dalle donne sposate che, attraverso
sortlegi e previsioni, decidono se sia il caso di dar battaglia o meno.
La sua conoscenza era riservata ad un ceto sociale specifico, ristretto e specializzato, come denota
l’etmologia della parola runa (germ. RUNO > got. Runa, an. Run, ai. Run, aat. Runa), la quale è un sostantvo
che aveva il significato di mistero o segreto. Essa non era conseguentemente in competzione con la
scrittura latna, con la quale si trovò a convivere a lungo: essere rimasta ai margini della cultura del libro le
permise di sopravvivere alla pressione dell’alfabetzzazione diffusa e di mantenere la funzione
memorizzatrice e gli spazi di utlizzazione passat. Secondo Musset (1965):
Eppure la scrittura latna si arricchisce di alcuni segni runici presso le popolazioni germaniche proprio per
poter indicare graficamente suoni peculiari delle lingue germaniche, segnalando non solo la diversità delle
proprie lingue, ma anche un tentatvo di recupero della propria identtà culturale.
CAPITOLO II
Le scritture alfabetiche
1. I Goti
1.1 La scrittura Gotca
I modelli scrittori ai quali si rifà Wulfila nella stesura della propria traduzione gotca della bibbia sono:
- La maiuscola biblica, la quale raggiunse la fase di massimo splendore e diffusione attorno al IV sec
Dalla maiuscola biblica riprende buona parte delle lettere e conseguentemente il duplice valore
fonetco e numerico (esclusi i simboli dei numeri 90 e 900, i quali sono privi di valore fonetco)
- L’onciale latna, la quale iniziò ad essere adottata nel IV sec e contnuò ad essere utlizzata fino al X
sec
Dalla onciale latna prende soltanto quei caratteri che permettono di ovviare alle ambiguità
scrittorie e di rendere le peculiarità fonetche, senza però rimanere del tutto passivo nella loro
adozione: in alcuni casi Wulfila rimodella formalmente alcuni caratteri, in altri li riadatta
fonetcamente.
Ex
Il carattere Ψ (psi) sta per þ (thorn), ovvero per la fricatva interdentale sorda
Il carattere Γ (gamma) sta per ᚠ (gebo), ovvero per l’occlusiva velare sonora, per la fricatva velare
sonora e per la nasale velare
Ex 2
Il carattere Δ (delta) viene sosttuito dalla D onciale che sta per ᚠ (dagaz), ovvero per l’occlusiva
alveolare sonora
Il carattere Ρ (rho) viene sosttuito dalla R onciale che sta per ᚠ (raido), ovvero per la vibrante dentale
Il carattere Φ (phi) viene sosttuito dalla F onciale che sta per ᚠ (feoh), ovvero per la fricatva
labiodentale sorda
Ex 3
Il carattere H onciale sta per ᚠ (hagalaz), ovvero per la fricatva velare sorda
- L’ambrosiano A contene nel corpo del testo le Homiliae di Ezechielem di Gregorio Magno, al di
sotto del quale si intravedono vari framment delle epistole paoline e di un calendario gotco
- L’ambrosiano B contene la Explanato in Isaiam di San Girolamo al di sotto del quale si intravede la
seconda lettera paolina Ad Corinthos e altri framment
- L’ambrosiano C contene un antco evangelario latno al di sotto del quale si intravedono vari
framment del vangelo di Matteo (cap. 25-27)
- L’ambrosiano D contene i framment di un commentario latno al Reges al di sotto del quale si
intravedono gli unici framment del vecchio testamento in gotco, in partcolare il libro di Neemia
(cap. 5-7)
5. Il CODEX TAURIANENSIS (vedi i Codex Ambrosiani), il quale era in origine parte dell’ambrosiano A
ed è conservato presso la biblioteca universitaria di Torino: il corpo del testo è occupato dalle
Homiliae ad Ezechielem al di sotto delle quali si intravedono vari framment delle lettere paoline Ad
Galatas e Ad Colossenses;
Digressione!
Nei manoscritti gotci sono present quelle che sembrano le due principali o uniche calligrafizzazioni
della scrittura gota, le quali sono tra loro ben distnguibili non solo per le differenze tra singole
lettere (ex. A, M e S), ma anche per l’aspetto generale della grafia (ex. la grafia con l’asse
perfettamente diritto dell’Argenteus, del Carolinus, del Gissensis e degli Ambrosiani A,D ed E e
quella con l’asse leggermente inclinato a destra degli Ambrosiani B e C)
Ex. Argenteus
Ex. Ambrosiano C
2. Gli Anglosassoni
La conversione alla scrittura alfabetca comportò, con l’assunzione dei simboli latni, anche l’incorporamento
e l’adattamento graduale dei segni runici che esprimevano suoni specificatamente anglosassoni. Dapprima il
criterio prevalente fu quello di rendere con artfici grafici i nomi non latni (fino alla metà del VIII sec), in
seguito quello di adottare le rune che rappresentavano quei suoni (dalla fine dell’VIII sec fino al XII sec).
Ex
Il digramma latno th viene sosttuito da þ (thorn) per indicare la fricatva interdentale sorda e da ð (eth)
per indicare la fricatva interdentale sonora
Il digramma latno uu/w viene sosttuito da ᚠ (wunjo) per indicare l’approssimante labiovelare
Ex
Il digramma latno ae, adattato del carattere runico ᚠ (aesh), viene sosttuito dalla vocale latna a (dal
VIII sec in poi la distnzione tra la vocale palatale e quella velare non è più graficamente riportata)
I testmoni più antchi dell’evoluzione delle convenzioni grafiche anglosassoni nell’alfabeto latno sono:
- Il MORE BEDE (o ms Kk v. i 16, University Library di Cambridge) risalente al VIII sec, il quale presenta
una trascrizione in anglosassone dell’inno di Caedmon vergato in minuscola anglosassone e apposto
al testo latno che impiega le convenzioni latne nella traduzione (foni th, u/w e d);
- Il GLOSSARIUS EPINAL (o ms Epinal 72, Biblioteque Municipale di Epinal), il quale presenta un
glossario alfabetco latno-anglosassone vergato in minuscola anglosassone con tracce di maiuscola
che impiega sporadicamente i simboli runici þ e ᚠ.
Con la cristanizzazione dell’isola non giunsero solo i missionari con tutto ciò che occorreva al culto e al
servizio della Chiesa, ma anche e soprattutto vari test religiosi scritti utlizzando diverse calligrafie.
I modelli scrittori latno che la scrittura insulare adotta e poi rivisita sono:
Un terzo modello scrittorio latno è da ricordare perché utlizzato nei ttoli o nei passaggi important di
alcuni test:
- La capitale rustca
La capitale rustca è una scrittura maiuscola libraria rappresentante il modello ideale della capitale
quadrata, la quale a sua volta è una scrittura maiuscola, ma epigrafica: è caratterizzata da lettere
sottili e strette e da linee curve.
L’influenza delle due principali scritture librarie romane nella formazione e nello sviluppo del sistema
scrittorio anglosassone è notevole, ma different sono i modi, le forme e gli ambit di tale influenza:
I testmoni dell’uso della onciale (e della semionciale) in Inghilterra (ma non in Irlanda, dove non fu mai
utlizzata) sono:
- Il VESPASIAN PSALTER (o ms Cotton Vespasian A. i, Britsh Library di Londra) risalente alla metà del
IX sec, il quale contene il testo di un salterio latno copiato un originale italiano e le illustrazioni di
un salterio greco trascritto in uno scriptorium di Canterbury e vergato in onciale inglese nel corpo
del testo e nella glossa in scripta contnua interlineare (dialetto mercico) e in capitale rustca
decoratva nei prolegomena;
- Il CODEX AMIATINUS (o ms Amiatnus 1, Abbazia di San Benedetto vicino al monte Amianta e poi
Biblioteca Medicea-Laurenziana di Firenze) risalente alla fine del VII o all’inizio dell’VIII sec, il quale
contene una copia della Bibbia destnata ad essere offerta al papa da Ceolfrith che morì prima di
giungere al suo cospetto e trascritta verosimilmente nello scriptorium di Wearmouth-Jarrow
assieme ad altre due grandi Bibbie (dette anche Pandectae) destnate a rimanere nel monastero e
sopravvissute in forma frammentaria.
Eccezione!
- Una donazione territoriale da parte di re Hlothhere del Kent all’abate Berthwald di Reculver (o ms
Cotton Augustus ii. 2) conservato nella Britsh Library di Londra è contenuto in un manoscritto latno
risalente al VII sec e scritto in onciale.
L’onciale non venne impiegata solo ed esclusivamente nella produzione libraria locale orientata verso la
copiatura di esemplari important per la religione, ma anche nella produzione burocratca di carte attestant
donazioni o privilegi destnat alla Chiesa.
Delle prime forme scrittorie insulari cominciano ad apparire attorno al VII secolo, la prima delle quali fu la
semionciale insulare che presenta forme molto simili alla contemporanea scrittura libraria irlandese, ma
non identca a quest’ultma. L’apparizione di una prima scrittura corsiva locale in Northumbria e poco dopo
di un’altra in Southumbria segnalò l’insorgenza di una coscienza culturale peculiarmente insulare, la quale si
manifesta in maniera inequivocabile nell’uso insistto delle forme grafiche irlandesi ed anglosassoni in tutto
il territorio contnentale investto dalle operazioni missionarie dei monaci insulari. Nonostante tutto la
stretta interazione culturale tra Irlanda ed Inghilterra si attenuò poco dopo sotto il regno di Alfredo il
Grande, il quale impose un sistema scrittorio prettamente anglosassone basato sul dialetto sassone
occidentale.
I più antchi manoscritti insulari costtuiscono un gruppo stlistcamente omogeneo che riconduce ad
un’eredità culturale comune sia nelle forme scrittorie, sia nello stle delle decorazioni e delle
ornamentazioni miniaturistche, sia nelle caratteristche stesse della produzione libraria.
Delle prime forme scrittorie insulari esistono due fasi evolutve di sviluppo:
Digressione!
Durante la seconda fase di rielaborazione della scrittura latna gli scribi anglosassoni elaborarono
una nuova convenzione grafica allo scopo di aumentare l’intuibilità della struttura testuale o meglio
del suo contenuto. L’innovazione anglosassone consiste nell’introduzione di una gerarchia delle
scritture nei test, ovvero di una differenziazione nell’uso delle forme scrittorie a seconda della
natura dell’opera, la quale spinge gli scribi a trascrivere in capitale rustca e in onciale i passaggi
tratti dai test religiosi antchi giunt in Inghilterra per via ecclesiastca o a utlizzare quest’ultme per
evidenziare i ttoli o i passaggi più important.
Eppure le due fasi sono contraddistnte internamente da due different direzioni seguite parallelamente:
La maiuscola o semionciale insulare è una scrittura bilineare dal carattere ibrido ma solenne, la quale ha la
funzione di maiuscola nonostante sia formata da lettere minuscole che assumono però proporzioni e
aspetto quasi maiuscoli: è caratterizzata dalla rotondità delle forme alquanto compresse, dalla pesantezza
del tratteggio e dalla limitatezza nello sviluppo delle aste ascendent e discendent e nei legament e nell’uso
delle abbreviazioni. Essa è realizzata con una penna d’oca o di cigno dal taglio dritto o squadrato.
L’alfabeto della scrittura maiuscola è compreso in un sistema formato da due linee parallele definito sistema
bilineare
- Il BOOK OF DURROW (o ms A. iv 5, Trinity College Library di Dublino) risalente alla seconda metà del
VII sec, il quale contene un evangelario (prima fase) scritto in latno in uno scriptorium
northumbrico da un copista irlandese o di scuola irlandese, Columba, e destnato ad essere usato
dai missionari durante i loro viaggi vista la ridotta dimensione del volume, il quale è lungo e stretto
- I LINDISFARNE GOSPELS (o ms Cotton Nero D. iv, Britsh Library di Londra) risalente alla fine del VII
sec, il quale contene un evangelario integro (seconda fase) scritto in latno dal copista Eadfrith,
vescovo di Lindisfarne, e rilegato da Aethilbald, suo successore, e decorato con pietre preziose
dall’anacoreta Billfrith e glossato in anglosassone da Aldred, il provosto che ha riportato in un
colofone i nomi di tutti gli altri, nello scrittorium di Lindisfarne.
- Il BOOK OF KELLS (o ms ?, Trinity College Library di Dublino) risalente all’VIII sec, il quale contene un
evangelario incompleto (seconda fase) scritto in latno in uno scriptorium o scozzese (quello di Iona
trasferitosi presso il monastero di Kells a causa delle incursioni vichinghe a partre dal 805) o inglese
(quello di Lindisfarne o di Wearmouth-Jarrow) e infuso di religiosità irlandese nella sua peculiare
mistura di vulgata e vetus latna e di artstcità northumbrica nel suo raffinato stle illustratvo e
decoratvo.
DA FINIRE!!!
La minuscola insulare è una scrittura quadrilineare, la quale fu adoperata per la scrittura di test religiosi,
letterari o documentari d’uso quotdiano o scolastco e divenne così la scrittura più comunemente impiegata
dalle popolazioni insulari. Essa è vergata con una penna d’oca o di cigno a taglio obliquo e sottile.
In Irlanda la minuscola insulare rimase in uso nei secoli seguent pur modificata dall’accentuazione delle
dimensioni e del suo tratteggio stlistco. In Inghilterra la minuscola insulare si artcolò in una prima fase che
distngue due tpi principali:
a. La corsiva ibrida, la quale tende a riprodurre la semionciale (ex la comune forma oc per la vocale a,
ma il peculiare taglio obliquo della penna)
b. La corsiva formata
c. La corsiva “base” (ex l’arco acuto per le varie lettere)
- Il BOOK OF CERNE (o ms Li. i. 10, University Library di Cambridge) risalente all’inizio del IX sec, il
quale venne trascritto nello scriptorium o di Lichfield o di Canterbury: esso contene una raccolta di
test devozionali.
- Il MOORE BEDE (o ms Kk. v. 16, University Library di Cambridge) risalente alla prima metà del’VIII
sec, il quale venne trascritto nello scriptorium di Wearmouth-Jarrow: esso contene una delle prime
copie della Historia Ecclesiastca di Beda e il testo in volgare dell’inno di Caedmon.
d. La corsiva currens
L’alfabeto della scrittura minuscola è compreso in un sistema formato da quattro linee parallele definito
sistema quadrilineare in quanto il corpo delle lettere è compreso nel sistema bilineare, ma non le aste
ascendent e discendent che occupano lo spazio delimitato da altre due linee parallele situate al disopra e
al disotto delle prime due.
3. La terza fase copre un periodo che va dal IX sec alla fine del XII sec
a. Minuscola ad archi acut
L’evoluzione della minuscola corsiva insulare favorì un passaggio ad una nuova scrittura corsiva dagli
archi sempre più acut.
- Il ms HATTON 20 (Bodleian Library, Oxford) risalente alla fine del IX sec, il quale è la più antca copia
della traduzione alfrediana della Cura Pastoralis di Gregorio Magno vergata in una minuscola
anglosassone dalle forme singolarmente appuntte e compresse.
b. Minuscola quadrata
La rapida evoluzione della minuscola ad archi acut provocò la nascita di un nuovo tpo di minuscola,
la quale presentava una calligrafia altamente stlizzata dalle aste ascendent e discendent sviluppate
in senso vertcale e dalle forme quadrate (ex. a, d, e, q). Essa rappresentò la scrittura anglosassone
tpica del X sec in quanto impiegata sia per gli scritti in volgare che per quelli in latno, sebbene subì
innumerevoli modificazioni che costtuirono delle forme evolutve intermedie artcolare in fasi
temporali cronologicamente ristrette. La differenziazione delle scritture in funzione della lingua
subentrò nella seconda metà del X sec e comportò un diverso impiego delle calligrafie:
La minuscola carolina di origine contnentale venne utlizzata negli scritti di lingua latna
La minuscola quadrata di origine insulare venne utlizzata negli scritti in lingua anglosassone
Secondo Dumville (1993), il sistema di apartheid alfabetca non possedeva inizialmente una
partcolare rigidità di applicazione tra le minuscole quadrata e carolina riscontrata successivamente
tra le minuscole quadrata ed anglo-carolina, eppure divenne estremamente popolare: essa
contribuì a specificare in senso tutto nazionale e insulare la scrittura e la cultura in Inghilterra.
La coesistenza con la variante anglo-carolina subentrò nella prima metà del XI sec e provocò una
serie di adattament reciprochi:
L’anglo-carolina acquisì delle nuove proporzioni, lunghe e strette, influenzate dalla scrittura
vernacolare
La minuscola quadrata acquisì delle nuove proporzioni, ampie e rotonde, influenzate dalla
scrittura anglo-carolina.
- il TOLLEMACHE o HEIMINGHAM OROSIUS (o ms Add. 47967, Britsh Library di Londra) risalente alla
prima metà del X sec, il quale è la più antca copia della traduzione anglosassone della Historiae
Adversus Paganos di Orosio trascritta nello scriptorium di Winchester dallo stesso scriba che si
occupò della trascrizione degli annali 892-924 del ms A della Cronaca Anglosassone;
- l’EXETER BOOK (o ms 3501, Cathedral Library di Exeter) risalente alla seconda metà del X sec, il
quale tramanda la raccolta più imponente di test poetci anglosassoni trascritta nello scriptorium di
Exeter durante la riforma benedettina della stessa abbazia e vergata in minuscola quadrata da una
sola mano.
Il codice ha una struttura complessa in quanto costtuita da tre distnt codicelli, i quali riflettono
paleograficamente e codicologicamente tre diversi periodi:
1. il più antco dei codicelli è il secondo, il quale sembrerebbe derivato da modelli contnentali e
comprende poemi di vario genere quali i narratvi Azarias e Juliana, gli elegiaci The Wanderer e
The Seafarer, gli allegorici The Phoenix e The Whale e l’encomiastco Widsith;
2. il codicello intermedio è il terzo, il quale comprende poemi religiosi quali gli omiletci Fragment
II e III, Soul and Body II, The Descent Into Hello, Judgement Day I ed indovinelli;
3. il più recente dei codicelli è il primo, il quale comprende altri poemi religiosi quali i salvifici
Christ I, II, III e Guthlac A e B.
- il NOWELL CODEX (o ms Cotton Vitellius A. xv, Britsh Library di Londra) risalente alla fine del X e
inizio del XI sec), il quale tramanda il Beowulf trascritta in uno scriptorium ignoto e vergata in un
tpo monumentale di minuscola quadrata dalle proporzioni attenuate dagli attribut carolini che
venne pratcata negli anni attorno al 1000 in Inghilterra (Dumville 1988) o piuttosto in minuscola
anglo-carolina dalla sporadica morfologia insulare che venne pratcata tra il X e XI sec in Inghilterra
(Boyle 1981) da due diverse mani che copiarono i primi tre test in prosa e i primi 1939 versi del
Beowulf (scriba A) e i restant versi del Beowulf (scriba B).
Il codice ha una struttura più complessa in quanto costtuita da 12 fascicoli da 4 bifolia e 2 fascicoli
da 5 bifolia e una trascrizione ancora più controversa intuita a causa di:
1. il numero irregolare di righe tracciate su alcuni fogli di alcuni fascicoli;
2. lo stato disastroso di conservazione ipotzzato per i fascicoli 12 e 13, i quali presentano
entrambi macchie d’acqua sulla parte superiore e solamente il 13 macchie di grasso sull’ultma
pagina e passaggio di una tarma sulla prima pagina.
Il codice non è un’originale, ma una copia del Beowulf, l’unica pervenuta, della quale non
conosciamo né l’origine né l’attendibilità. Il poema fu molto probabilmente composto in età
previchinga in un regno anglico tra il tardo VII e il IX sec e ricopiato nel X sec in un codice che naque
smembrato in più fascicoli, due dei quali vennero custodit da una persona alquanto disattenta, in
attesa della fine della trascrizione dei test da parte dello scriba A e la loro riunione, ma che lo scriba
A non riuscì a finire cadendo malato e morendo. Il codice venne inoltre gravemente danneggiato
nell’incendio del 1731, la quale compromise gran parte della collezione cottoniana: le parole iniziali
di molt fogli diventarono illegibili al punto che il tentatvo di trascrizione da parte dell’islandese
Geimur Jonsson Thorkelin e di un copista da lui selezionato nel 1787 non riuscì a recuperarle nelle
rispettive manoscritti Thorkelin B e A, i quali fornirono una seconda base per la edito princeps
curata dallo stesso Thorkelin nel 1815.
- Il VERCELLI BOOK (o ms CXVII, Biblioteca Capitolare di Vercelli) risalente al tardo X sec, il quale
tramanda un’ampia varietà di scritti omiletci e salvifici scelt fra quelli disponibili nel sud
dell’Inghilterra trascritte in uno scriptorium del Kent su esemplari provenient da Rochester (Scragg
1992) o da Canterbury e vergate in una minuscola quadrata da una sola mano.
Il codice ha una struttura peculiare in quanto organizzato come un florilegio ascetco, ovvero una
raccolta compilata da una persona di grande spiritualità per la propria personale meditazione come
dimostrano:
a. Le 23 omelie in prosa
b. I 6 poemi allitteratvi (Andreas incompleto e anonimo, The Fates Of The Apostles di Cynewulf e
altri)
c. Il frammento su un poema riguardante il dialogo fra anima e corpo
d. I 2 poemi religiosi The Dream Of The Rod e Elena di Cynewulf.
Il codice non venne scritto per essere portato sul contnente, ma venne usato come esemplare a
disposizione della biblioteca e relatvo scriptorium di un monastero: il suo copista rispettò
scrupolosamente i suoi esemplari in tutte le loro specificazioni linguistche senza intervent
normalizzat, ma apportò correzioni tali da rendere il senso di cert passi irrecuperabili.
- Il ms ROYAL 7 C. XII (Britsh Library, Londra) risalente al X sec, il quale è una copia della prima serie
dei Sermones Catholici di Aelfric trascritti nello scriptorium di Eynsham e vergat in una minuscola
quadrata da più mani, due delle quali scrissero i sermoni e quattro corressero il testo (una delle
quali identficata con quella di Aelfric stesso): la prima serie delle omelie è tramandata da 34
manoscritti mentre la seconda da altri 29, i quali vennero tutti redatti tra il X e il XII sec.
c. Minuscola carolina inglese
L’elevato livello di identtà culturale nazionale raggiunto dalla minuscola quadrata fu testmoniato
sia dall’uso generalizzato fino alla prima decade dell’IX sec (decade di transizione), sia dal notevole
contributo alla creazione della scrittura minuscola carolina inglese unitaria modellata sulla carolina
contnentale dalla terza decade dello stesso secolo in poi.
Digressione!
La scrittura carolina, la quale era apparsa tra la fine dell’VIII sec e l’inizio del IX nella maggior parte
dell’Europa contnentale e aveva soppiantato la minuscola anglosassone nei monasteri contnentali
apparve sull’isola durante la seconda metà del X sec.
L’origine non è ben chiara, ma hanno sicuramente contribuito al suo sviluppo sia la comparsa della
minuscola precarolina dei centri franchi e sia l’influenza della semionciale ritornata in uso assieme
all’onciale e alla capitale (rustca e quadrata) come imitazioni calligrafiche di carattere erudito.
Secondo Brown (1990) la scrittura carolina offre un’alternatva disciplinata alla pletora di scritture
classiche e nazionali e contribuisce a realizzare una parvenza di coesione fra i vari element
dell’impero carolingio in quanto parte di una campagna culturale volta a raggiungere la
standardizzazione dei test.
La scrittura carolina si presenta disciplinata più in generale, regolare e costante nel tratteggio e
rotonda nelle forme con una netta separazione delle lettere tra loro che le priva di legament e
abbreviazioni: essa è caratterizzata dalle peculiari forme delle variant per la a (la forma cc di tpo
merovingico e quella semionciale) e per la s (la forma di tpo merovingico con la curva superiore
ascendente più pronunciata e la discendente rotonda in fine di parola) e dei caratteri per la d (la d
onciale con l’asta fortemente inclinata a sinistra) e per la g (la g onciale).
Secondo Battelli (1936) la scrittura carolina appare una minuscola in tutti i suoi element, ma
contemporaneamente conserva la rotondità della semionciale.
Le fasi di penetrazione e diffusione della minuscola carolina in Inghilterra si intrecciano a quelle
della minuscola quadrata.
- Due primi esempi di minuscola carolina libraria sono nel ms COTTON TIBERIUS A. II (Britsh Library,
Londra) risalente alla prima metà del XI sec, il quale contene una copia di un poema di un
evangelario contnentale donato alla cattedrale di Canterbury dal re Aethelstan, e nel ms COTTON
CLAUDIUS A. I (Britsh Library, Londra) risalente anch’esso alla prima metà del XI sec, il quale
contene una copia del poema Breviloquium Uitae Sanct Wilfredi del monaco francese Frithegod.
- Due esempi di minuscola carolina documentaria sono nel ms COTTON AUGUSTUS II 41 (Britsh
Library, Londra) e nel ms COTTON AUGUSTUS II 39 (idem) risalent alla metà del XI sec, i quali
contengono due diplomi reali a favore del monastero di Abingdon.
La fase della diversificazione della minuscola carolina si registra invece alla vigilia della svolta del
movimento di riforma del monachesimo benedettino (e della successiva stesura della Regularis
Concordia) con l’istaurazione di legami di natura religiosa con i moviment riformatori contnentali di
Cluny, di Fleury e di Gent, i quali instaurarono rapport culturali fra le case ecclesiastche dell’isola e
del contnente.
Secondo Dumville (1993) i riformatori benedettini inglesi non poterono non notare che tutti i test
riformat importat dal contnente (specialmente quelli che contenevano test di importanza
ideologica per la loro causa e quelli che provenivano dalle case benedettine riformate) erano copiat
con quella calligrafia: lo sviluppo della anglo-carolina dovette essere coevo sia con le riforme
carolingie ecclesiastche da cui traevano ispirazione e sia con il distacco grafico dei nuovi test
riformat vergat in una minuscola carolina pressoché universale da quelli ereditat dalla tradizione
vergat in una minuscola quadrata già nazionale.
Essa si collega nello specifico all’opera di Aethelwold, di Oswald, di Osgar e di Dunstan e ai loro
legami con le sedi contnentali di Fleury e di Gent. Le scritture in voga presso le sedi contnentali
riformate sembrano essere i modelli contnentali delle due principali varietà insulari della minuscola
carolina o meglio dell’anglocarolina. Sebbene esse siano emerse in contemporanea e abbiano
convissuto insieme con la minuscola quadrata, la scrittura universale dell’Inghilterra anglosassone,
sino all’inizio del XI sec, le due anglocaroline sono caratteristche di different gruppi religiosi e
conseguentemente di different scriptoria. Esse si distnguono in:
dopo la sua conversione nel 604/5) e genealogie in volgare trascritte da un altro testo risalente
probabilmente all’XI sec (parte A) unito ad un cartolario in latno e volgare del priorato della
cattedrale di Rochester trascritte dallo stesso copista (parte B)
4. La quarta fase copre un periodo che va dalla fine del XII sec in poi.
L’introduzione della scrittura protogotca in Inghilterra, sia libraria che documentaria, chiuse l’epoca delle
scritture anglosassoni a forte caratterizzazione nazionale e locale e aprì l’epoca delle scritture a carattere
contnentale. La scrittura protogotca è caratterizzata dalla forma delle lettere non più rotonda ma ovale e
dal tratteggio appesantto dal taglio obliquo verso sinistra e dalla punta larga della penna. Le testmonianze
scribali offrono rappresentazioni della scrittura protogotca:
L’evoluzione della scrittura in gotca presentò alcune varietà nazionali e specificità locali, ma tese ad
accomunare l’Inghilterra e l’Europa a partre dal XII fino al XIV sec. La scrittura gotca usufruì di un sistema
che nella diversità dei tpi, tra i quali l’inglese e la francese furono i più influent, riunì saldamente il
contnente europeo con le sue isole eccezion fatta per l’Irlanda. La scrittura gotca consta di un sistema
complesso di scritture formali corsive gerarchicamente artcolate in categorie appropriate al testo che
veniva copiato (libri scolastci, liturgici etc) e adoperate in tutti i contest sociali (contest secolari, monastci
etc). Essa si caratterizza per:
a. Una scrittura libraria, la quale viene definita textualis o textura (littera minuscola gothica
textualis). Essa viene suddivisa a seconda della gerarchia d’uso in:
- Prescissa
- Quadrata
- Semi-quadrata
- Rotunda
Essa viene inoltre distnta a seconda dell’uso in glossularis, la quale viene riscontrata nelle
glosse, e noturalis, la quale viene riscontrata nelle note.
b. Una scrittura documentaria, la quale viene definita cursiva anglicana o documentaria (littera
gothica cursiva anglicana documentaria). Essa viene contaminata a tal punto da sviluppare
una serie di scritture ibride o bastarde:
- Bastarda, la quale è una peculiare commistone della textura con la cursiva
- Secretary, la quale è una speciale evoluzione della cursiva caratteristca sia
dell’Inghilterra che della Francia e della Germania
- Uno degli esempi di scrittura gotca è l’ex SALTERIO TENISON O ALPHONSO (o ms Additonal 24686,
Britsh Library di Londra), il quale venne trascritto tra la fine del XIII e l’inizio del XIV.
5. I Germani Occidentali
A differenza di quanto avviene nelle isole britanniche, nelle regioni contnentali che avevano fatto parte del
mondo romano l’influenza politco-amministratva e culturale dell’impero si esercitò in modo contnuato e
profondo nonostante le invasioni germaniche e la successiva fondazione dei vari regni visigotco, vandalico,
franco, ostrogoto e longobardo frantumarono con l’organizzazione politca e amministratva romana la
stessa unitaria tradizione culturale e grafica ma non la pratca del latno scritto in ogni sfera della società.
Accanto alle tradizionali scritture librarie romane quali l’onciale e la semionciale si diffusero a partre dal VI
sec nelle regioni romanizzate dell’Europa occidentale vari tpi di scrittura regionali che andavano
gradualmente acquisendo forme librarie per l’influenza congiunta della semionciale e della nuova minuscola
corsiva.
Secondo Petrucci (1989), il processo di minuscolizzazione affermatosi fra il II ed il III sec nelle scritture
librarie si trasferì alle scritture documentarie e amministratve: il lungo periodo di trasformazione portò alla
sosttuzione della capitale corsiva antca con la nuova minuscola corsiva, la quale venne impiegata nell’uso
privato così come in ambiente pubblico (cancellerie, uffici dell’Impero etc), e al successivo processo di
tpizzazione attorno al V sec, la quale rese la nuova calligrafia esageratamente allungata, diritta e ricca di
differenze dei moduli da lettera a lettera e di artfici ornamentali.
a. La minuscola visigotca in Spagna, la fusione meglio riuscita della corsiva nuova con le forme
semionciali, la quale è suddivisa in:
Variant mozarabiche;
Variant cattoliche.
b. La minuscola merovingica in Gallia, la quale è suddivisa in:
Scrittura documentaria o cancelleresca
Scrittura libraria, la quale è ulteriormente suddivisa in:
. la minuscola di Luxeuil;
. la minuscola di Corbie, la quale è definita ab per le forme caratteristche delle due lettere;
. la minuscola di Laon, la quale è definita az per le forme caratteristche delle due lettere.
c. La minuscola italiana nell’Italia settentrione, la quale suddivisa in una notevole varietà di tpi che
però presentano sostanzialmente forme simili.
d. La minuscola beneventana nell’Italia meridionale, la quale presenta due principali varietà:
Variante barese, la quale è caratterizzata dai moduli ampi dei caratteri dalla forma
arrotondata e dalle aste ridotte, dal tratteggio sottile e dalla presenza della nota troniana
per influsso di un tpo di minuscola greco;
Variante cassinese, la quale è caratterizzata dai tratti orizzontali, vertcali e obliqui verso
destra spessi e da quelli verso sinistra sottili e dal tratteggio fitto e angoloso.
Le missioni insulari
Verso la fine del VII sec e per tutto l’VIII l’impulso missionario della Chiesa irlandese e di quella
anglosassone si rivolse verso le popolazioni germaniche contnentali ancora pagane, in partcolare verso i
Frisoni e i Sassoni verso nord-ovest e verso gli Alamanni, i Bavari e i Turingi verso est: i missionari irlandesi e
anglosassoni coinvolt nella diffusione del vangelo portarono sul contnente non solo molte raccolte di libri,
ma anche la propria scrittura.
La scrittura insulare si diffuse capillarmente sul contnente, in partcolare quella anglosassone che
sopravvisse nei monasteri di fondazione insulare fin all’inizio del IX sec.
La situazione scrittoria dei Germani occidentali è sostanzialmente differente da quella dei germani insulari
nella messa per iscritto dei loro document: nonostante la stretta dipendenza dagli anglosassoni, i singoli
scriptoria riuscirono a imporre la loro scrittura locale di formazione libera e spontanea in aree di influenza
anche molto ampie.
La minuscola alamannica venne adottata tra la seconda metà dell’VIII sec e la prima metà del IX sec nei
territori di San Gallo, Reichenau e Costanza.
La minuscola di origine anglosassone venne adottata fino alla metà del IX sec nei territori di Fulda
Ma nessuna scrittura locale ebbe la valenza unitaria e nazionale delle scritture minuscole insulari prima e
delle minuscole anglosassoni poi in quanto nessuna servì in modo esclusivo alla registrazione della
documentazione in volgare.
DA FINIRE!!!
L’attività glossografica dei centri monastci insulari ebbe un ruolo primario nella produzione di quasi la metà
delle glosse altotedesche dell’VIII sec, le quali vennero influenzate o direttamente vergate in scrittura
insulare insulare.
Secondo Bergmann (1984) l’influenza anglosassone non è solo attestata nei manoscritti provenient dai
centri scrittori di Fulda, Echternach, Wurzburg tpicamente anglosassoni durante VIII sec, ma anche nei
codici redatti nei centri di Regensburg e di Frisinga confermando che le missioni anglosassoni non solo
comportarono un consistente flusso librario dall’Inghilterra, ma fissarono inoltre una pratca scrittoria
influenzata dalle consuetudini insulari.
Secondo Thoma (1958) l’impulso alla glossatura sistematca in lingua altotedesca dev’essere collocato
all’interno di un contesto culturale e scrittorio insulare confermato dalla presenza di glosse anglosassoni e
altotedesche nei manoscritti dell’VIII sec vergate in scrittura insulare anglossassone maiuscola e minuscola a
graffio con lo stlo o in scrittura insularizzata.
Dell’attività glossografica dei centri monastci di origine insulare sopravvivono circa 1500 manoscritti
attestant interpretamenta in altotedesco antco, tra i quali spiccano:
- Il cod. SANG. 911 (Stftbibliothek, San Gallo) risalente al VIII sec, il quale venne trascritto in uno
scriptorium del territorio alamannico sud-occidentale e vergato in precarolina minuscola e in
minuscola alemannica da più mano: esso contene la traduzione in volgare del Paternoster e del
Credo e la redazione più antca del glossario bilingue latno-tedesco ABROGANS (dalla prima parola
latna tradotta nel tedesco dheomodi), il quale sembra pensato per fornire la traduzione in latno di
termini libreschi ad uno scriba di lingua tedesca (uso erudito);
- Il cod. SANG. 913 (idem) risalente alla fine dell’VIII sec, il quale venne trascritto nello scriptorium
dell’abbazia di Murbach e vergato in semionciale anglosassone di tpo contnentale: esso contene la
redazione dall’altro glossario latno-tedesco HERMENEUMATA o VOCABOLARIUS SANCTI GALLI, il
quale sembra pensato invece per fornire la traduzione in tedesco di espressioni artcolate per
soggetto e pensate per la quotdianità ad un utlizzatore di lingua straniera (uso pratco).
Secondo Baesecke (1933), il codice sembra rimandare per il contenuto, per le caratteristche
scrittorie e per il formato tascabile ad un modello fuldense composto nel contesto della missione
anglosassone.
Essa arrivo a comprendere, tra l’VIII e il IX sec, anche l’interpretazione dell’Antco Testamento, dei Padri
della Chiesa e delle Vitae dei sant:
- Il cod. SANG. 916 (idem) risalente all’inizio del IX sec, il quale venne trascritto o nello scriptorium di
Reichenau o in quello di San Gallo e vergato in minuscola carolina di tpo alamannico con lettere
iniziali in onciale o capitale da più mani: esso contene la prima traduzione in volgare nella glossa
interlineare della Regula di San Benedetto.
La tradizione scrittoria anglosassone persistette sul contnente almeno fino alla metà del IX sec sia nelle aree
gravitant attorno agli scriptoria di Magonza, Wurzburg e Fulda, sia nelle sedi principali della
cristanizzazione sassone.
Il monastero di Fulda venne fondato nel 744 da Sturmi nell’ambito dell’attività missionaria anglosassone di
Bonifacio: esso conobbe un periodo di massimo splendore culturale durante la prima metà del IX sec per la
presenza nella famosa scuola monastca di personalità illustri quali quelle di Walafrido Strabone (tra l’824 e
l’827) e dell’abate Rabauno Mauro (tra l’822 e l’842).
Le testmonianze scribali risalent a questo periodo presentano non solo forme grafiche, ma anche errori
significatvi riconducibili alle consuetudini scrittorie insulari e alle connessioni culturali anglosassoni:
l’adozione generalizzata della minuscola anglosassone è generalizzata. Della produzione libraria dello
scriptorium di Fulda spiccano:
- Il cod. SANG. 56 (Stftsbibliothek, San Gallo) risalente alla metà del IX sec, il quale venne trascritto
ivi e vergato in una minuscola carolina calligrafica di diretta derivazione anglosassone da sei mani,
una delle quali sarebbe quella di Mauro (Baesecke 1948) e un’altra quella di Strambone (Schroter
1926): esso contene una versione latna dell’Armonia Evangelica o Diatessaron di Taziano correlata
da una traduzione indipendente in altotedesco.
- Il cod. THEOL. II 54 (Murhard’sche Bibliothek der Stadt und Landesbibliothek, Kassel) risalente allo
stesso periodo, il quale venne trascritto ivi e vergato in una minuscola carolina di reminiscenza
anglosassone da due mani locali di ascendenza anglosassone: esso contene l’unica copia mutla di
70 versi del poema eroico altotedesco Hildebrandslied, il quale venne aggiunto in un periodo
posteriore di uno o due decenni alla trascrizione del codice che lo contene.
- Il cod. 136 (Domsbibliothek, Merseburg) risalente alla prima metà del IX sec, il quale venne
trascritto ivi e vergato in minuscola anglosassone con alcune tracce della semionciale, dell’onciale e
della capitale rustca: esso contene framment provenient da 6 manoscritti diversi, i quali
conservano due rituali battesimali franco-renani (Frankisches Taufgelobnis), uno dei quali presenta
una interrogato sacerdots consistente in un insieme di domande e risposte, due formule magiche
(Die Merseburger Zauberspruche), una esegesi della Messa.
- Il ms F III 15e (Universitatsbibliothek, Basilea) risalente alla metà dell’VIII sec, il quale venne
trascritto ivi e vergato in una minuscola insulare con alcune tracce della minuscola carolina da tre
mani: esso contene una copia del De Ordine Creaturarum di Isidoro di Siviglia e due prescrizioni
mediche (Die Basler Rezepte) contro l’epilessia e contro il cancro, le quali presentano un testo
corrotto da numerosi errori scribali sia a livello ortografico che morfologico dovut ad uno scriba
poco pratco con l’altotedesco
- Il ms CLM 22053 (Bayerische Staatsbibliothek, Monaco) risalente alla fine dell’VIII o all’inizio del IX
sec, il quale venne trascritto in uno scriptorium della diocesi di Ausburg (forse Staffelsee) e vergato
in una minuscola carolina caratterizzata dalle lettere chiare e arrotondate e dall’uso della nota
troniana per la congiunzione e della runa stellata per il prefisso ga: esso presenta una costtuzione
del codice tpicamente insulare nel tpo di pergamena usata (quella di vitello) e nel modo di
prepararla, ma contene un breve frammento sulla creazione scritto in dialetto bavarese, il
Wessobrunner Gebet.
Il primo monastero sassone venne fondato nel 817 da Adalhard di Corbie a Hetti e poi spostato nell’822 a
Corvey: esso divenne uno dei più important centri di produzione di codici liturgici. Della produzione libraria
dello scriptorium di Corvey resta:
- Il cod. CGM 25 (Staatsbibliothek, Monaco) risalente alla prima metà del IX sec, il quale venne
trascritto ivi e vergato in una minuscola carolina calligrafica: esso contene la copia più autorevole,
ma lacunosa del Heliand.
Altri codici contenent l’Heliand sono il ms COTTON CALIGULA A. VII (Britsh Library, Londra)
risalente alla seconda metà del X sec e il ms PAL. LAT. 1447 (Biblioteca Apostolica Vatcana) risalente
alla metà del IX sec, i quali si distnguono per il contenuto rispettivamente di una copia quasi integra
del poema e di un frammento dell’Heliand seguito da tre framment della Genesi sassone, ma si
somigliano per la grafia, ovvero per la presenza della runa ð per indicare la fricatva interdentale
sorda e sonora e del carattere ƀ per indicare la fricatva bilabiale sorda e sonora e della ligatura per
il nesso consolantco st (le quali sono registrate anche in un recente ritrovamento di alcuni
framment dello Heliand nella rilegatura di un altro testo che conserva anche alcune peculiarità
quali le due variant della d e la legatura per il nesso or).
La grande riforma benedettina dei monasteri anglosassoni sancita dal concilio sinodale di Winchester del
973 con la stesura della Regularis Concordia subì l’influsso dei famosi monasteri riformat contnentali di
Gent e di Fleury.
Digressione!
La riforma benedettina o riforma monastca fu un movimento religioso e intellettuale avvenuto nel Regno
d'Inghilterra durante il tardo periodo anglosassone: i riformatori cercarono di affidare la gestone dei
monasteri solo ed esclusivamente al clero regolare, ovvero ai monaci celibi seguaci della Regola di San
Benedetto, essendo quasi tutti i monasteri gestt da clero secolare, spesso sposato, alla metà del X sec. Il
movimento venne ispirato dalle riforme monastche europee e guidato dalle figure di Dunstan, arcivescovo
di Canterbury, Æthelwold, vescovo di Winchester e Oswald, arcivescovo di York. Tra il settimo e l'ottavo
secolo la maggior parte dei monasteri inglesi era benedettina, ma durante il IX secolo il monachesimo era in
una fase di declino tale da esser deplorata da Alfredo il Grande (871-899), il quale cercò di invertre tale
tendenza: durante il regno di Aetelstan (924-939), il primo re di tutta l'Inghilterra, i futuri riformatori
Dunstan e Æthelwold entrarono in contatto con esponent contnentali del monachesimo benedettino, ma il
movimento acquisì forza durante il regno di re Edgar (959-975), il quale sostenne apertamente l'espulsione
del clero secolare dai monasteri e dalle cattedrali e la loro sosttuzione con il clero regolare. Il movimento si
limitò al sud del Regno e nelle Midlands, essendo la corona non sufficientemente forte nelle regioni del
nord tanto da riuscire a confiscare i beni delle classi dominant locali e creare monasteri benedettini, ma
diminuì di intensità con la morte di tutti i suoi esponent alla fine del X secolo.
La Regularis Concordia fu il più importante documento prodotto dalla riforma benedettina dal Concilio di
Winchester, il quale fu convocato per stabilire una regola comune da estendere a tutti i monasteri: esso fu
compilato da Aethelwold, il quale fu aiutato da diversi monaci contnentali.
Non solo il monastero di Gent era stato riformato da Gerardo di Brogne nel 936, ma anche quello di Fleury
da Odone di Cluny nel 930. Le cause dell’influenza lotaringia sulla riforma benedettina inglese così come
della minuscola carolina su quelle anglosassoni furono sia la permanenza dell’abate Dunstan durante il suo
esilio nel 957 presso l’abbazia di Blandinium, il monastero regio di Arnoldo (figlio maggiore di Baldovino II e
di Aelfrith), sia l’educazione del vescovo di Worchester prima e arcivescovo di York poi Oswald presso il
monastero di Fleury.
- Un esempio del legame tra il monastero riformato di Fleury e quello di Ramsey è il RAMSEY PSALTER
(o ms Harley 2904, Britsh Library di Londra) risalente al X sec, il quale venne trascritto nello
scriptorium di Winchester e vergato in minuscola carolina da una mano che aveva lavorato
all’evangelario di Boulogne etc.
- Un esempio invece del legame politco tra l’Inghilterra e il contnente è la versione latna della
Cronaca Anglosassone.
- L’HARLEY PSALTER (o ms Harley 603, Britsh Library di Londra) risalente all’inizio dell’XI sec, il quale
contene un facsimile modernizzato dell’Ultrech Psalter (o ms 32, Bibliotheek der Rijksuniversiteit di
Ultrech).
- I CARMINA CANTABRIGIENSIA (o ms Gg. V. 35, University Library di Canterbury) risalente alla metà
dell’XI sec, il quale venne trascritto nello scriptorium di St. Augustne e vergato in parte in una
minuscola carolina dal tratteggio insulare e in parte in una minuscola anglosassone: esso contene
49 carmina, uno dei quali è un carme rimato di 27 versi bilingue latno-tedesco, il De Heinrico.
Il lento ma progressivo abbandono delle forme scrittorie anglosassoni anche nei centri monastci di origine
anglosassone coincise con la rapida ascesa della minuscola carolina agli inizi del IX sec: tutti i document
letterari in altotedesco furono redatti nella nuova scrittura comune, la cui disseminazione coinvolse anche la
documentazione della cancelleria reale di Ludovico il Germanico e dei suoi successori tra la metà del IX sec
e il X sec.
Attorno all’anno 100 la carolina raggiunse una consapevole stlizzazione calligrafica caratterizzata da una
coerente e regolare forma a ovale inclinata (Schrabovaler Stl) che sarebbe durata fino a tutto il XII sec.
La rimalmezzo (rima interna) consiste nella rispondenza delle rime fra la fine del primo e la fine del secondo
emistchio in ciascun verso.
Il monastero di San Gallo venne fondato nel 612 dal monaco irlandese san Gallo, discepolo e compagno di
san Colombano, ma venne abbandonato dopo la sua morte e rifondato nel 719 dal monaco alamanno
Otmar su invito del conte di Waltram di Turgovia: esso conobbe un periodo di massimo splendore culturale
durante la metà del IX sec con la reggenza dell’abate Grimald, cancelliere di Ludovico il Germanico.
Le testmonianze scribali risalent a questo periodo presentano una tpizzazione della minuscola precarolina
e carolina ancora arcaica nell’attività del monaco Winithar, il quale aveva sviluppato uno stle semplice e
lineare durante la reggenza del vescovo-abate Giovanni II, e più matura nell’attività del prevosto e abate poi
recluso Hartmut, dell’abate Notker III Labeo o Teutonicus e del monaco Herimannus.
All’epoca dell’Abate Grimald l’espansione della minuscola carolina è tale da essere impiegata nella
trascrizione di grandi corpora quali le Enarratones di sant’Agostno e i Commentaria In Psalmos di
Cassiodoro e dei salteri decorat.
Risalente all’epoca dell’abate di San Gallo e poi vescovo di Costanza Salomon III, la minuscola di Hartmut è
caratterizzata dall’evoluzione in senso decoratvo della calligrafia dal modulo non più rigidamente regolare e
sfoltto delle forme doppie d/d e u/v.
- Un esempio della minuscola di Hatmut è il SALTERIO AUREO o GOLDENER PSALTER (o cod. Sang. 22,
idem) risalente al X sec, il quale venne trascritto ivi e vergato nella minuscola carolina di Hartmut:
esso contene i salmi con le loro illustrazioni.
Risalente all’epoca dell’abate Purchart II prima e Notker III poi, il quale può essere considerato il creatore
della cultura letteraria latno-altotedesca essendosi dedicato all’interpretazione commentata e alla
traduzione di test latni in altotedesco, la minuscola di Notker è caratterizzata dall’evoluzione della
minuscola contraddistnta dalle forme appuntte delle lettere ad archi acut. I codici che tramandano le sue
principali traduzioni sono:
- Il cod. SANG. 825 (Stftsbibliothek, San Gallo) risalente al XI sec, il quale venne trascritto ivi e
vergato nella minuscola carolina di Notker da una sola mano: esso comprende 3 codici diversi legat
insieme, il primo dei quali contene una copia della traduzione in volgare della De Consolatone
Philosophiae di Severuno Boezio scritta da Notker ma non sempre correlata delle direttive grafiche
nortkeriane.
- Il cod. SANG. 872 (idem) risalente allo stesso secolo, il quale venne trascritto ivi e vergato nello
stesso tpo di minuscola da più mani: esso comprende 2 codici diversi legat insieme, il primo dei
quali contene l’unica copia della traduzione in volgare del De Nuptis Philologiae di Marziano
Capella scritta da Notker e correlata delle direttive grafiche nortkeriane (accento circonflesso sulle
vocali lunghe toniche e acuto sulle vocali brevi toniche)
- Il cod. SANG. 21 (idem) risalente al XII sec, il quale venne trascritto nello scriptorium di Einsiedeln e
vergato in una minuscola protogotca: esso contene una copia della traduzione integrale dei Salmi
scritta da Notker.
- Un esempio della minuscola di Herimannus è il cod. SANG. 615 (idem) risalente al XIII sec, il quale
venne trascritto ivi in una minuscola pregotca dal disegno angoloso e dal modulo uniforme in un
susseguirsi di lettere accostate l’una all’altra e talvolta sovrapposte (quando presentano due curve
contgue, una convessa e una concava): esso contene la più antca trascrizione del Casus S. Galli
iniziato da Ratpert nel 884 ed ampliato da 5 Contnuatones fino al 1203.
Le manifestazioni della scrittura protogotca nei numerosi scriptoria diffusi nei territori alto e basso-tedeschi
alla fine del XI sec concluse l’epoca delle scritture caroline e alamanniche, la seconda delle quali
contemplava una predilezione per le forme ovali e compresse, talvolta angolose, delle lettere ripresa dalla
scrittura protogotca e sviluppata da quella gotca assieme ad altre caratteristche quali la tendenza alla
spezzatura delle curve e alla sovrapposizione delle lettere e l’identco trattamento delle aste vertcali che
poggiano sul rigo.
In alcune scuole della Baviera meridionale i mutament introdotti nella scrittura furono pochi,
alquanto incert ed incostant;
In altre scuole come quella di Treviri i mutament introdotti nella scrittura furono accolt e rispettat
sempre più rigorosamente.
c. Una scrittura libraria diritta, la quale viene definita textualis o textura (littera minuscola
gothica textualis). Essa viene suddivisa a seconda della gerarchia d’uso in:
- Prescissa
- Quadrata
- Semi-quadrata
- Rotunda, la quale è una variazione locale italiana della scrittura gotca basata della
minuscola carolina e caratterizzata da:
Essa viene inoltre distnta a seconda dell’uso in glossularis, la quale viene riscontrata nelle
glosse, e noturalis, la quale viene riscontrata nelle note.
d. Una scrittura documentaria corsiva, la quale viene definita cursiva o documentaria (littera
gothica cursiva documentaria). Essa viene contaminata a tal punto da sviluppare una serie
di scritture ibride o bastarde:
- Bastarda, la quale è una peculiare commistone della textura con la cursiva
- Cancelleresca
- Mercantesca
La transizione alla scrittura gotca usata per i test, la textura, assunse entro il XIII sec tutte le sue forme
caratterizzant con una spiccata ornamentalità amplificata da:
Il termine textura deriva dalla struttura complessiva della pagina scritta, ovvero dall’impaginato, il quale
assume un aspetto simile ad una tessitura per l'intreccio di forme tpico della scrittura gotca.
Le variant più important del periodo sono la textura quadrata e la rotunda, adoperate nella produzione di
libri liturgici conseguente alla diffusione dei nuovi ordini religiosi. Eppure, la maggior parte della produzione
in volgare è conservata in minuscola gotca corsiva, impiegata sia come scrittura documentaria che come
scrittura libraria insieme alla minuscola bastarda, contraddistnta da una compostezza da renderla
facilmente leggibile.
6. I Nordici
La diffusione fra le popolazioni germaniche settentrionali della capacità di leggere e scrivere, la loro
consuetudine con la natura e la circolazione dei prodotti letterari della civiltà del libro, la loro conseguente
adozione del sistema alfabetco latno di scrittura poi modificato secondo l’uso anglosassone furono tutte
esperienze riconducibili alla loro lenta conversione al cristanesimo: anche se esse erano entrate in contatto
con la religione e la cultura cristana alla fine dell’VIII sec attraverso le incursioni vichinghe e i commerci, il
processo di conversione che le coinvolse assunse forme sistematche soltanto tra il IX ed il XII sec.
Per quanto riguarda i danesi, l’unica documentazione precedente al XII sec pervenuta riguarda le iscrizioni
epigrafiche eseguite mediante l’uso del futhark. Dal XII sec la documentazione libraria in latno comincia a
comparire:
Tra il XII ed il XIII sec la documentazione libraria aumenta sempre più, adottando la scrittura protogotca
come calligrafia:
Per quanto riguarda gli svedesi, la documentazione precedente al XIII pervenuta riguarda le iscrizioni
epigrafiche runiche. Dal XIII sec la documentazione documentaria in latno comincia a comparire:
Per quanto riguarda i norvegesi, nessuna documentazione rimasta è anteriore al XII sec nonostante la
produzione islandese attest l’esistenza di una più antca tradizione letteraria norvegese alla quale attinsero.
- Due omelari provenient dalla Norvegia (ms AM 619) e dall’Islanda (ms Sthm Perg. 15, Kungliga
Biblioteket di Stoccolma), i quali conservano un gruppo di undici omelie vergate da 4 copist
norvegesi orientali (Trondheim) e occidentali (Rogaland) attorno al 1200 e da 10 copist islandesi
più o meno durante lo stesso periodo.
La scrittura alfabetca appare diversificata nei document più antchi, i quali sono influenzat dalla zona di
provenienza in:
Per quanto riguarda gli islandesi, la documentazione è ancor più complessa a causa degli stretti legami con i
norvegesi
DA FINIRE!!!
CODICOLOGIA
CAPITOLO III
La composizione materiale del libro medievale e le tecniche di
esecuzione
1. Il libro manoscritto o codice
La grande trasformazione culturale che aveva segnato il passaggio dal rotolo di papiro al codice di
pergamena quale forma principale di conservare e trasmettere i test della tradizione scritturistca poteva
considerarsi ormai definitvamente compiuto nel periodo in cui furono prodotti gli unici manufatti che
conservano le testmonianze gotche (V-VI sec), le più antche del mondo germanico. Essa era ancora in
corso quando Wulfila approntò la traduzione della Bibbia nel IV sec: tra l’originaria elaborazione e l’effettiva
trascrizione del testo intercorse un intervallo di quasi due secoli.
Secondo Cavallo (1975), la rottura con la tradizione del rotolo e la cultura ufficiale che esso rappresentava
costtuisce la più grande rivoluzione nella storia del libro prima della stampa:
il codice, ovvero il libro non ufficiale, era usuale a vedersi in quanto era preferito dai cristani e più in
generale dalla società emarginata perché era il mezzo più economico di comunicazione scritta e il
più adatto alla circolazione della letteratura popolare cristana e non.
La pergamena, ovvero la materia libraria umile, era scelta in quanto adatta per conservare e
trasmettere la parola di Dio
La Chiesa si pose dalla parte degli emarginat privilegiando la forma e il supporto dei loro libri: il CODICE
divenne la forma testuale cristana per eccellenza così come la PERGAMENA divenne la materia scrittoria
per eccellenza.
Alla rottura con la tradizione del rotolo contribuirono due event storici:
- Le grandi trasformazioni economico-sociali dell’età diocleziana (284-305 dC) connesse con la crisi
economica generale,
- Il mutato atteggiamento dell’imperatore verso il cristanesimo nella successiva età costantniana
(306-337 dC), il quale passa dall’essere una setta perseguitata a culto ufficiale.
Ex. Gli unici esempi di uso del papiro presso le popolazioni germaniche sono due document latni risalent
alla metà del IV sec e provvist di sottoscrizioni gotche.
Dalla fine del IV sec cominciarono ad apparire codici biblici pergamenacei monumentali affiancat da quelli
più umili destnat alla catechesi. Il codice assume quindi una duplice caratterizzazione in rapporto a:
- La committenza
Presso la corte gota, la tendenza allo sfarzo nell’elaborazione dei codici sconfinava in una vera e
propria ostentazione di ricchezza forse dovuta alla ricerca di un’esteriore visualizzazione della
grandezza della parola divina o forse di attribut imperiali: l’eccezionale sontuosità del CODEX
BRIXIANUS (o bibbia Queriniana) e del CODEX ARGENTEUS (o bibbia di Wulfila) rimanda ad una
destnazione connessa con l’aristocrazia della corte gotca o dell’autorità della chiesa.
- L’utlizzazione
Presso la popolazione gota, il tentatvo di diffusione del messaggio cristano portava a riutlizzare i
codici ritenut inutli per ricavarne palinsest da mettere a disposizione di un pubblico né esigenze né
facoltoso: la scarsa qualità tecnica dei numerosissimi palinsest di Bobbio (così come la ormai
eretca natura del credo ariano al tramonto dell’età teodericiana) giustfica la loro riutlizzazione.
La forma del libro non mutò, anzi si conservò per tutto il medioevo in quanto forma legittimata dalla chiesa,
ma cambiarono i meccanismi della sua produzione, la quale rimase solo ed esclusivamente nelle mani degli
scriptoria vescovili e monastci in quanto unici depositari delle tecniche di esecuzione e composizioni
librarie tra il tramonto della epoca teodericiana, quando ancora l’alfabetzzazione dei germani dell’occidente
e del settentrione non era cominciata, e delle sue botteghe laiche e la rinascita carolina.
Tutta la produzione letteraria germanica religiosa e laica si espresse nell’unico esempio di libro disponibile, il
codice pergamenaceo fatto di pelli di animali.
Un primo aspetto della composizione del codice riguarda la meccanica di piegatura dei fogli. A seconda del
numero di bifolia impiegat, essi si distnguono principalmente in:
- Binione, il quale era formato di due bifolia e ottenuto dalla duplice pienatura (in quarto) della pelle
di animale disposta in posizione testa-coda vertcale:
1. la prima piegatura avveniva in senso orizzontale (perpendicolare alla colonna vertebrale)
2. la seconda piegatura in senso vertcale.
- Ternione, il quale era formato da tre bifolia e ottenuto dalla triplice piegatura (in sesto) della pelle
- Quaternione, il quale era formato da quattro bifolia e ottenuto dalla molteplice piegatura (in ottavo)
della pelle di animale che poteva avvenire nei seguent modi:
a. Una pelle in posizione testa-coda vertcale veniva ripiegata due volte (in quarto) in senso
orizzontale e poi vertcale: il bifolia così ottenuto veniva affiancato e accorpato ad un altro
ricavato allo stesso modo da un’altra pelle
b. Due pelli in posizione testa-coda vertcale venivano sovrapposte e piegate insieme due volte (in
quarto) in senso orizzontale e poi vertcale
c. Una pelle in posizione testa-coda orizzontale veniva piegata tre volte (in ottavo) in senso
orizzontale e poi due volte vertcale oppure in senso alternato (vertcale, orizzontale e poi
ancora vertcale).
Eppure, alcuni manoscritti erano format da fascicoli di configurazione diversa e addirittura irregolare sia per
l’ampiezza del testo trascritto, sia per la costtuzione del libro. La diversa dimensione era spesso
determinata dalla diversa natura del testo, il quale poteva consentre la momentanea rimozione dei singoli
fascicoli, i quali erano quindi strutturat in maniera autonoma e indipendente, senza nuocere alla
configurazione generale.
Un secondo aspetto della composizione del codice riguarda la meccanica di disposizione dei fogli. Le due
facce dei fogli di pergamena presentavano solitamente una differenza relatvamente marcata di colore:
La prassi tardoantca constava dell’organizzare i codici in modo tale che la pagina di sinistra presentasse un
aspetto simile a quella di destra in qualunque punto li si aprisse. Difatti la successiva pratca vis a vis (o
regola di Gregory, 1885) basata sulla precedente consisteva nel disporre il lato della carne all’esterno del
fascicolo e di organizzare poi i fogli secondo una successione a coppia, lato del pelo di fronte al lato del pelo
e il lato della carne di fronte al lato della carne.
In area contnentale, l’alternanza a coppia di pagine di colore chiaro e di quelle scure era quasi
sempre osservata: i fascicoli, fatti di membrane sottili in consistenza e buone di qualità (dipendente
dall’età dell’animale, dal tpo e dalla cura nella preparazione), venivano assemblat iniziando dal lato
della carne (soprattutto fino al VI sec);
In area insulare, l’alternanza a coppie non era osservata in quanto le pergamene risultavano
partcolarmente rigide e spesse e ruvide (quasi pelose) al tatto e indistntamente grigiastre: i
fascicoli venivano piegat in modo tale che, aprendo il fascicolo, il lato del pelo risultasse contguo a
quello della carne essendo il contrasto tra le facce impercettibile.
I fascicoli venivano solitamente piegat rispettando il senso della membrana, ma dovevano essere piegat
perpendicolarmente alla colonna vertebrale affinché le pagine si girassero agevolmente e il manoscritto
rimanesse aperto senza esercitare una pressione contnua.
Un terzo aspetto della composizione del codice riguarda la pratca di ritaglio dei fogli. Nonostante siano
attestate varie procedure che presuppongono la presenza parziale o addirittura l’assenza di un ritaglio
preventvo, il ritaglio veniva eseguito dal copista o prima di iniziare o durante o dopo aver finito la
trascrizione del testo
Un quarto aspetto della composizione del codice riguarda la pratca di foratura e rigatura dei fogli, la quale
serviva a guidare l’amanuense nella trascrizione del testo e nella fissazione dell’impaginazione.
I fascicoli venivano solitamente forat mediante il punctorium, il quale era uno strumento ben affilato simile
ad un compasso provvisto solo e unicamente di punte metalliche che producevano sulla pergamena una
serie di forellini perfettamente visibili e allineat in modo tale da segnalare la giusta distanza tra le righe
oppure da organizzare la disposizione interna della carpet-page. Difatti la foratura non aveva solo e
unicamente fini pratci di rigatura e squadratura dell’area di scrittura, ma anche fini estetci di
armonizzazione delle linee delle miniature. I fascicoli potevano anche essere ‘forat’ con una punta metallica
o di legno a secco, a piombo e infine ad inchiostro (XII sec in poi).
Ex. Due esempi di organizzazione della pagina rispettivamente completo e incompleto sono il ms COTTON
VITELLIUS C III (Britsh Library, Londra) e il ms HATTON 76 (Bodleian Library, Oxford): il primo fu scritto
presso Christ Church, a Canterbury, tra il 1020 e il 1040 e miniato sistematcamente, mentre il secondo fu
scritto presso Worchester attorno l’anno 1000 e lasciato vuoto negli spazi destnat ad accogliere le
miniature progettate ma mai eseguite.
vs
Ex. Un esempio di calcolo matematco e geometrico dell’impaginazione è la pagina 94 del ms COTTON NERO
D IV o Lindisfarne Gospels (Britsh Library, Londra), il quale fu trascritto a Lindisfarne attorno al 700: la
carpet-page si trova sul verso del foglio finale di un fascicolo irregolare e presenta il disegno di un rosone a
volute intrecciare, il quale venne molto probabilmente costruito su una griglia realizzata sulla base di precisi
calcoli e con l’apporto di specifici strument.
La pergamena venne prediletta per la trasmissione dei test letterari, laddove le tavolette e il papiro vennero
confinat ad usi estemporanei
a. Le tavolette cerate
Le tavolette (deltoi) erano largamente utlizzate nell’antchità come materiale scrittorio e vennero
perpetrate nel medioevo.
Esse potevano essere composte da assicelle di legno duro o talvolta di avorio che
presentavano nella parte centrale un incavo spalmato di cera o gommalacca fusa, sulla
quale si scriveva a sgraffio con lo stlus, uno strumento a punta dura. Più che scritte, esse
venivano incise. Esse venivano ripulite dalla cera quando il testo inciso non era più di alcuna
utlità e ricoperte con un nuovo strato da incidere.
Ex. le tavolette delle paludi di Springmount sono un esempio del primo tpo di deltoi, le
quali conservano alcuni estratti dei Salmi vergat in una primitva scrittura insulare.
Esse potevano anche essere composte unicamente da assicelle di legno, sulle quali si
scriveva con l’inchiostro.
Ex. le tavolette di Vindolanda sono un esempio del secondo tpo di deltoi, le quali vennero
utlizzate durante la dominazione romana della Britannia e riscoperte lungo la linea della
frontera pre-adrianea, la Stanegate line.
Le tavolette erano solitamente riunite insieme da lacci di cuoio o di stoffa oppure da anelli metallici,
disponendole a due a due e formando un dittico, a tre a tre (trittico) oppure in numero maggiore
(polittico) in modo tale da assumere la forma di un codice. Difatti, le origini del codice
pergamenaceo possono essere rintracciate proprio nella pratca di scrivere su tavolette di legno
legate insieme come se fossero dei fogli di pergamena.
Ex. La Vita Karoli Magni imperatoris di Eginaldo testmonia che Carlo Magno in persona era solito
fare esercizi di scrittura su dei codicilli, ovvero l’insieme di più tabulae, le tavolette, tenute insieme
da fermagli metallici in modo tale da formare una sorta di codice.
b. Il papiro
Il papiro era largamente usato in antchità come materiale scrittorio, ma sempre meno nel
medioevo. Esso veniva ricavato da un giungo palestre, il cyperus papyrus, il quale cresceva
abitualmente lungo gli acquitrini del delta del Nilo in Egitto e poi anche in Sicilia, dove venne
esportato dagli arabi e impiegato in tutta la penisola (gli ultmi papiri di Roma e Ravenna erano
probabilmente prodotti dall’industria del papiro palermitana). Esso era composto dallo stelo della
pianta privata della corteccia prima e divisa in strisce vertcali sottili e lunghe o phylirae, le quali
venivano adagiate su un ripiano rigido, affiancate sino a formare uno strato contnuo e ricoperte
perpendicolarmente da un secondo strato contnuo altre strisce ottenute nello stesso modo in
modo da ottenere una sorta di retcolato compatto o plagula, il quale veniva martellato con un
mazzuolo di legno per far aderire i due strat, lasciato al sole ad essiccare e infine levigato con pietre
pomice sino a rendere il foglio liscio e flessibile. I fogli di papiro erano solitamente riunit insieme in
un rotolo o volumen, il quale era costtuito da fogli affiancat e incollat lungo le congiunture o
kolleseis che erano sottoposte ad ulteriore levigatura per eliminare il dislivello ma dispost in modo
tale che la parte interna presentasse le fibre disposte nel senso della lunghezza e ospitasse il testo
scritto, e quella esterna, le fibre disposte nel senso dell’altezza eccezion fatta per il primo e l’ultmo
foglio o protocollon che non erano destnat alla scrittura ma alla protezione del testo. Il rotolo
veniva avvolto a cilindro e legato con le fibre estratte dalla corteccia del giunco, le quali venivano
sigillate con la cera.
Ex. L’esempio più tardo di codice letterario papiraceo è quello di Luxeuil risalente al VII o VIII sec.
c. La pergamena
La pergamena divenne una umile alternatva scrittoria al più raffinato papiro non appena cominciò
ad essere impiegata sia precedentemente nella stesura di test religiosi, sia successivamente in
quella di test letterari e documentari (dal IV sec in poi). Secondo Plinio il vecchio, la pergamena
venne scoperta dal re di Pergamo Eumene. Essa veniva ricavata dalle pelli di animali, in partcolare
da:
La pelle di ovini quali pecore e capre (pergamena in senso stretto), la quale era più usata in
area contnentale;
La pelle di vitelli (vello), la quale era più usata in area insulare.
Essa era ricavata solitamente dalla pelle di animali non ancora nat (pergamene verginee o uterine),
di animali nat mort o uccisi entro i tre mesi di età e raramente da pelli di animali adult in quanto
non solo erano più rigide e spesse, ma anche più difficili da trattare (ad esempio rimuovere il grasso
richiedeva trattament complessi e prolungat).
I procediment usat per la conciatura delle pelli e la preparazione della pergamena erano
demandat al parcamenarius o pergamentarius, il quale poteva essere un monaco o un laico
preposto a tale ruolo all’interno dell’officina monastca:
In area contnentale, l’animale ucciso veniva dapprima spurgato dal sangue e dagli umori e
poi scuoiato: la pelle ricavata veniva dapprima immersa in un bagno di ossido di calcio per
alcuni giorni, raschiata e levigata su entrambi i lat per eliminare ogni residuo di carne e ogni
traccia di pelo o lana, trattata con allume e gesso e tesa su un apposito telaio, raschiata e
levigata una seconda volta e infine messa a essiccare in modo da garantre la conservazione
permanente e irreversibile della pelle.
In area insulare, la pelle ricavata riceveva un’ulteriore levigatura finale con pietra pomice e
gesso su entrambi i lat in modo da ridurne la rigidità e da aumentarne l’uniformità del
colore.
Ex. Un esempio di pergamentarius al lavoro è quello di una miniatura contenuta al foglio 1 del ms
PATR. 5 (Staatsbibliothek, Bamberga): essa raffigura un frate intento a raschiare la pelle posta in
trazione su un telaio mediante il lunellum, un coltello a lama ricurva.
I cost della produzione della pergamena erano partcolarmente elevat. Secondo Ryan (1987), ogni
pelle di vitello di circa tre mesi poteva fornire non più di due bifolia congiunt per codici di
dimensioni ridotte, laddove per codici di grandi dimensioni ogni pelle di vitello non poteva fornire
più di un bifolium
Ex. Due esempi pratci delle possibili implicazioni economiche di un codice sono il CODEX
AMIANTINUS, il quale è costtuito da 1030 fogli per produrre i quali servirono oltre 500 pelli di
pecora, e il COTTON NERO D IV, il quale è costtuito da 258 fogli per produrre i quali servirono
invece 130 pelli di vitello.
Essa veniva frequentemente riutlizzata per produrre manoscritti riutlizzabili o addirittura per
rilegarne degli altri non solo per risparmiare sulla produzione di un nuovo testo, ma anche per
sfruttare appieno la sua resistenza e versatlità. Quando il contenuto di un codice non era più di
alcun valore perché superato o rigettato, allora esso poteva essere usato:
Per produrre PALINSESTI, ovvero manoscritti opportunamente raschiat in modo da essere
liberat dalla scrittura sottostante e da essere riscritti.
Un vecchio manoscritto era in parte o del tutto smembrato: esso veniva dapprima immerso
nel latte per un giorno in modo tale da eliminare l’inchiostro, poi ricoperto di farina e
pressato e infine raschiato e levigato con la pietra pomice.
Ex. un esempio di palinsesto è il ms LOBKOWITZ 434 (Statni Knihovna, Praga), il quale ha
permesso di recuperare una versione abbreviata del glossario Abrogans.
Per offrire RILEGATURE, ovvero support delle segnature e della coperta dei primi codici a
stampa tardo-medievali.
Un vecchio manoscritto veniva in parte o del tutto smembrato: esso veniva inserito nei
punt di cucitura delle segnature per limitare la sfascicolazione del nuovo manoscritto
durante l’uso oppure incollat insieme per interporre una protezione tra la copertna in
legno o in pelle e il frontespizio.
Ex. un esempio di rilegatura è il ms CLM. 14098 (Bayerische Staatbibliothek, Monaco), il
quale ha permesso di recuperare l’unica versione mutla del Muspilli.
d. La carta
La carta divenne un’economica alternatva scrittoria alla costosa pergamena non appena cominciò
ad essere prodotta in area romanza dalla metà del XII sec, anche se in area germanica subentrò tra il
XII ed il XIV sec. Essa veniva ricavata da stracci soprattutto di lino, i quali erano sottopost dapprima
a fermentazione, a bollitura con soluzione lisciviante e infine a purificazione per lavaggio in acqua:
la trasformazione dei materiali fibrosi in pasta era effettuata dapprima in vasche di pietra con clave
di legno o pestelli a mano, poi in molini a mano e infine in pile a ruota idraulica. I fogli di carta
venivano invece ricavat dalla pasta disponendola in una forma a telaio con staccio a fili metallici, il
quale era sottoposto a rapido scuotmento in modo da feltrare le fibre e da ottenere uno spessore
uniforme e costante su tutta la superficie del foglio che era pressato fra feltri per eliminare l’acqua
residua, collato in una colla animale, asciugato al sole e satnato sino ad ottenere una superficie
piana e liscia.
Lo stlo
Lo stlo era una sorta di astcciola di ferro o di bronzo o più raramente di avorio o di argento,
il quale terminava da una parte con una punta metallica e dall’altra con una spatola
triangolare in modo tale da poter raschiare il testo scritto in caso di errore. Esso veniva
impiegato dapprima per la scrittura a sgraffio, ovvero per la scrittura eseguita senza
inchiostro, la quale contraddistngueva molte delle glosse ritrovate sui manoscritti dei centri
monastci di fondazione insulare (scratched glossae o griffelglossen), in seguito per
effettuare la foratura e la rigatura o addirittura delle illustrazioni a secco.
Ex. Un esempio di illustrazioni a sgraffio è il ms COTTON CLAUDIUS B IV (Britsh Library,
Londra), il quale venne eseguito presso il St Augustne, a Canterbury, e arricchito di
miniature che mostrano gli stadi di esecuzione dai disegni a punta metallica al ripasso con
l’inchiostro.
Calamo
Il calamo era una canna di giunco, la quale si presentava vuota all’interno e aguzza in punta.
Esso poteva avere una punta con un taglio dritto, più adatto alla scrittura semionciale con la
sua punta tagliata a 70 gradi, o una punta con un taglio inclinato, più adatto alla scrittura
maiuscola carolina con la sua punta a 90 gradi (come con la penna)
Penna
La penna era una piuma di uccello, la quale terminava da una parte con la punta intagliata e
dall’altra con la base della piuma tagliata via o addirittura senza. Essa veniva ricavata dalle
piume degli uccelli, ma né da quelle appena strappate o da quelle trovate sulle spiagge
perché troppo flessibili: per essere rese più rigide, le piume venivano lasciate a seccarsi per
qualche mese oppure venivano bagnate in acqua e spente in vaschette piene di sabbia
incandescente per qualche minuto in modo tale che la grassa pellicola esterna al fusto ed il
midollo interno potessero essere facilmente eliminat lasciando il tubo trasparente e vuoto,
il quale veniva affilato da entrambi i lat mediante un coltello affilato e infine ammorbidito
fra le mani. Essa veniva distnta in:
1. Penna a taglio dritto o straight pen, la quale aveva il pennino ampio tagliato in
modo da formare degli angoli acut con la base dell’asta
La scrittura di questa penna era formale, caratterizzata dai tratti d’attacco delle
lettere sempre dritti e da trattini di completamento all’estremità delle aste
orizzontali piuttosto filiformi: è la scrittura della onciale e semionciale insulari.
2. Penna a taglio obliquo o slanted pen, la quale aveva il pennino tagliato in modo da
formare angoli retti con la base dell’asta.
La scrittura di questa penna era informale, caratterizzata da tratti d’attacco delle
lettere sempre obliqui e da trattini di completamento all’estremità delle aste
orizzontali filiformi: è la scrittura delle minuscole insulari pre e post alfrediane e poi
della scrittura gotca.
Tuttavia, l’attività del copista non richiedeva solo gli strument di scrittura vera e propria, ma anche un
insieme di attrezzi quali:
Inchiostro
I principali tpi di inchiostro erano:
L’inchiostro nero ricavato da nerofumo, un tpo di carbone, e gomma;
L’inchiostro nero ricavato da noci di galla e metallo, i quali erano lavorat in una
soluzione di acido tannico e solfato di ferro e poi mescolat con la gomma come additvo
per ottenere un colore nero e una consistenza adesiva;
L’inchiostro rosso ricavato da solfat di mercurio, i quali erano trasformat in inchiostro
rosso mediante frantumazione e mescolamento con chiari d’uovo e gomma arabica;
L’inchiostro rosso ricavato dalla scorza del brasile o verzino, la quale era infusa in aceto
e mischiata con gomma arabica.
Le raffigurazioni medievali spesso mostrano due corni contenent inchiostro sulla destra del
tavolo: il primo contenitore era destnato all’inchiostro nero, il secondo contenitore
all’inchiostro rosso. Gli inchiostri neri vennero usat durante tutto il medioevo, sebbene le
loro origini fossero molto più antche: l’inchiostro di nerofumo era adoperato già
dall’antchità, mentre l’inchiostro di noce di galla era conosciuto e usato almeno dal III
secolo. Per quanto riguarda il primo tpo di inchiostro, il nerofumo è un pigmento, prodotto
dalla combustone incompleta di prodotti petroliferi pesant quali catrame di carbon fossile,
o di grassi ed oli vegetali; la gomma arabica è invece una resina prodotta dall’acacia, la
quale viene lasciata ad essiccare al sole. Per quanto riguarda il secondo tpo di inchiostro, la
noce di galla è invece una formazione tumorale rotonda che cresce sui rametti e sulle foglie
della quercia: si forma quando all’interno del germoglio una vespa depone le sue uova che
vengono circondate da una sfera soffice di colore verde pallido che si raggrinzisce se viene
raccolta troppo presto, ma che si preserva rigida se raccolta dopo che gli insetti l’hanno
lasciata vuota. Essa viene frantumata e lasciata in infusione con acqua piovana o con aceto
o ancora con vino bianco sotto il sole o vicino al fuoco; il solfato di ferro o vetriolo è invece
un residuo dell’evaporazione dell’acqua nei terreni ferrosi o una soluzione ottenuta
versando acido solforico su vecchi chiodi, filtrando il liquido così ottenuto e mischiandolo
con l’alcool (ciò potrebbe spiegare l’acidità degli inchiostri post-medievali). L’unione dei due
ingrediente in un’unica soluzione passava da un marrone pallido al nero, alla quale veniva
infine aggiunta la gomma arabica non tanto per aumentarne le capacità adesive quanto per
incrementarne la densità. Gli inchiostri rossi vennero usat anch’essi per tutto il medioevo,
ma la loro origine e uso erano più recent (V sec). Per quanto riguarda gli inchiostri rossi,
essi erano usat correntemente per ttoli, sottottoli e rubriche (da cui la parola stessa) e
saltuariamente per le correzioni nei manoscritti e per i giorni marcat con lettere rosse nei
calendari.
Ex. un esempio di uso dell’inchiostro rosso per scrivere un manoscritto è il ms HARLEY 2795
(Britsh Library, Londra).
L’inchiostro dorato
Ex. Un esempio di manoscritto scritto completamente in inchiostro dorato è il ms A. 135
o CODEX AUREUS (Kungliga Biblioteket, Stoccolma).
L’inchiostro argentato
Ex. Un esempio di manoscritto scritto quasi completamente in argento eccezion fatta
per alcuni insert dorat è il ms DG I o CODEX ARGENTEUS (Universitatetsbiblioteket,
Uppsala)
Pigment
La varietà di colori a disposizione del decoratore di manoscritti medievali era
sorprendentemente vasta:
Il rosso era ottenuto dall’unione di cinabro e di solfato di mercurio;
Il vermiglio era ottenuto dal riscaldamento di mercurio misto a zolfo, dalla raccolta e poi
dalla triturazione degli accumuli creatsi con il vapore durante la fase di riscaldamento.
Il blu era ottenuto dall’azzurrite, una roccia blu ricca di rame, ma quello di maggior
pregio era il blu ultramarino, ottenuto dai lapislazzuli, una pietra preziosa.
Ex. Un esempio di uso del lapislazzuli è il ms EGERTON 1139 o salterio di Winchester
(Britsh Library, Londra) risalente al XIII sec, dal quale venne raschiato il pigmento in
modo da poterlo riutlizzare.
L’Indaco era ottenuto dai semi di un girasole.
Il verde era ottenuto dalla malachite, un minerale di rame, dal verderame, un pigmento
ottenuto dall’acetato di rame
Il giallo era ottenuto dallo zafferano e da alcune pietre vulcaniche
CAPITOLO IV
Gli scriptoria e gli scribi
1. Gli scriptoria e l’organizzazione del lavoro degli scribi
Il processo di copiatura ha un’importanza fondamentale nella storia della trasmissione dei test, ma esso
indissolubilmente legato alle condizioni oggettive di lavoro degli scribi. Sino al V sec si occupavano della
copiatura:
- Le officine laiche autonome, le quali erano scelte dalla corte e l’aristocrazia intellettuale e cristana
per il confezionamento dei codici
- Ex. la corte di Ravenna si servì delle officine laiche per la produzione dei codici sacri più preziosi di
tutto il medioevo germanico
- Gli scriptoria ecclesiastci annessi alle biblioteche cristane, i quali si distnguevano ulteriormente in:
a. Scriptoria episcopali, i quali divennero i nuovi centri culturali presso i quali venivano educat sia
coloro che volevano prendere gli ordini, sia coloro che volevano solo studiare
Ex. Il monastero di San Gallo possedeva una doppia scuola, la seconda delle quali era stata
isttuita nell’anno 850 ad uso esterno: il monaco irlandese Moengal si occupò della scuola di
clausura, il monaco Iso di quella esterna.
b. Scriptoria monastci
La situazione mutò con la scomparsa delle classi aristocratche pagane, le quali avevano sostenuto da
committent e da acquirent la produzione libraria dell’artgianato laico: la pratca della copiatura diventò
un’esclusiva degli scriptoria religiosi. L’influenza egemonizzante della Chiesa sulla società condizionò
profondamente la nuova cultura, della quale i principali protagonist furono per lo più uomini di chiesa.
Il funzionamento degli scriptoria e delle relatve scuole dipendeva in gran parte dai libri possedut dalle
annesse biblioteche, le quale erano completamente different da quelle moderne: i libri erano solitamente
conservat in apposit armadia o arca libraria e classificat secondo le varie necessità monastche (libri per lo
studio, quelli per le funzioni e quelli per la lettura) in modo tale da provvedere alla preparazione religiosa e
culturale dei monaci e al supporto delle attività connesse con la vita conventuale. Il patrimonio librario delle
biblioteche doveva essere contnuamente arricchito mediante nuove acquisizioni di opere non solo
devozionali e ascetche ma anche profane e secolare, le quale divennero così una delle principali
preoccupazioni di vescovi e abat e uno dei loro maggiori merit. Esso poteva attingere da:
- Donazioni, le quali potevano essere state ricevute da altri centri ecclesiastci o da personalità
influent oppure fornite dalle collezioni dei missionari;
- Copiature, le quali erano prodotte negli scriptoria dei monasteri stessi;
Il compito principale che si svolgeva all’interno dello scriptorium era la copiatura dei libri necessari
alla vita della comunità, da quelli in uso per i servizi religiosi a quelli per l’educazione dei giovani e
per l’arricchimento della biblioteca. I libri mancant venivano chiest in prestto ad altre sedi, talvolta
dietro pagamento di un deposito: ottenut gli esemplari da copiare, i monaci cominciavano a
confezionare i loro libri che all’occorrenza costtuivano i modelli per una successiva produzione
libraria.
Ex. Un esempio della necessità di libri e non solo è la corrispondenza di San Bonifacio, il quale spedì
molte lettere di ringraziamento per i libri ricevut o sollecitazioni ad inviare libri important e
materiale scrittorio ad Eadburga, badessa di Minster, e ad altre personalità di spicco del clero.
Un altro compito era la copiatura dei libri su commissioni per committent esterni, i quali potevano
essere missionari, monaci e pret secolari, student e addirittura vescovi, re ed imperatori.
Ex. Un esempio della produzione di codici monumentali per personalità di spicco è la BIBBIA DI
MORDRAMMO (o ms 6-7, 9, 11-12, Bibliotheque Municipale di Amiens e ms Lat. 13174,
Bibliotheque Natonale di Parigi), il quale fu trascritto a Corbie e decorato in maniera eccellente e
soprattutto sfarzosa.
- Acquist, i quali dovevano essere stat piuttosto esigui per gli elevat cost.
L’organizzazione del lavoro variava poi da scriptorium a scriptorium e spesso all’interno dello stesso in
rapporto al codice che occorreva riprodurre. Essa era regolata e diretta dal capo scrivano.
Il copista svolgeva un ruolo fondamentale non solo nella società secolare illetterata, ma anche
all’interno della stessa comunità religiosa: alcuni scribi divennero sant, vescovi e profet, altri
divennero copist di successo ricollegabili a rilevant event religiosi e culturali e a preziose copie
manoscritte. Esso era demandato ben più che alla semplice copiatura di un libro: esso doveva
spesso selezionare l’esemplare di copiatura e reperirlo (qualora non fosse disponibile nello
scriptorium) e poi organizzare la mise en page della copia e correggere il testo copiato. Secondo
Froger (1968), il lavoro dello scriba, che parrebbe pure semplice, è assai complesso nel suo intreccio
di attività sia fisiche che psicologiche.
Il copista era solito sedere su una sedia dallo schienale alto e dritto e scrivere su un piano di
scrittura più o meno inclinato munito di due calamai per l’inchiostro nero e rosso e di alcune penne.
Esso era inoltre solito stringere la penna fra il pollice, l’indice e il medio della mano destra e
impugnare un coltello a lama corta ricurva nella mano sinistra per tenere fermi i fogli del codice e
correggere gli errori senza mai poggiare le mani sul foglio, le quali sfruttavano la forza artcolatorie
di tutto il braccio invece.
Eppure, l’esecuzione del codice non poteva prescindere dal lavoro di diversi espert ed artst quali:
Il correttore, il quale revisionava il lavoro del copista ed emendava gli errori commessi pratcando la
cancellatura tramite raschiatura e successiva riscrittura del testo corretto, l’espunzione di parole
errate o ripetute mediante una serie di puntni sotto il testo e l’inserimento ai margini di eventuali
omissioni richiamate nel testo con alcuni segni convenzionali.
Il rilegatore;
Il glossatore, il quale trascriveva in interlinea la traduzione in volgare di test latni;
Il miniaturista, il quale si occupava del disegno e del colore delle miniature, ma non delle decisioni
sulla gerarchia di quest’ultme, né sulla loro quanttà e qualità delle miniature, né sulla loro
ampiezza e disposizione, le quali erano stabilite e fissate prima ancora che gli venisse affidato il
lavoro: esse venivano infatti concordate dal committente e dal copista (o da colui che lo
rappresentava) eliminando così ogni possibilità di innovazione da parte del miniaturista.
Ex. Un esempio delle operazioni del glossatore è quello dei LINDISFARNE GOSPELS, nei quali la
glossa contnua interlineare in volgare è trascritta da Aldred, un prete secolare e copista, il quale
menziona 4 persone quali esecutori del codice: Eadfrith, il vescovo di Lindisfarne, copiò ed illustrò il
libro; Ethelwald, suo successore, lo rilegò; Billfrith, l’anacoreta, lo decorò.
La situazione mutò ancora una volta con la comparsa delle università (metà del XIII sec), le quali richiesero
una produzione libraria più ampia e meno costosa di quella dei monasteri tale da coprire la sempre
maggiore richiesta di libri da parte degli student, degli studiosi e così via. La concezione del lavoro nelle
botteghe non cambiò rispetto a quella degli scriptoria: un gruppo di di artgiani specializzat – copist,
correttori e miniaturist- si dedicavano per mestere alla preparazione rapida di libri su commissione
mediante il sistema della pecia nei nuovi ateliers diretti da una sorta di librario/editore specializzato, lo
statonarius.
CAPITOLO V
La tradizione dei manoscritti
1. La copiatura
La fase più delicata della produzione libraria medievale è rappresentata dalla copiatura: il processo di
trascrizione rappresenta il momento del raccordo fra le component esterne del manoscritto (materiali,
strument usat per selezionare ed inscrivere il testo) e quelle interne (il testo da riprodurre).
La copiatura da parte di copist è riconosciuta come la causa principale degli errori di varia natura ed enttà
present all’interno dei manoscritti. Alcuni dei primi element da prendere in considerazione sono la
posizione dello scriba durante la trascrizione e la modalità di esecuzione della trascrizione, ovvero se il
codice di riferimento venisse copiato visivamente (copiatura diretta) o trascritto sotto dettatura (copiatura
indiretta). L’epoca medievale è molto diversa da quella antca per quanto concerne la posizione dello scriba
e la modalità di trascrizione: lo scriba era solito sedere su una sedia dallo schienale dritto ed alto e poggiare
il codice da copiare su un leggio dinnanzi a sé mentre tene la copia su un tavolo inclinato assieme a tutta la
strumentazione necessaria. Tuttavia, la copiatura in epoca medievale consiste essenzialmente in due
modalità di trascrizione:
a. La dettatura a se stesso
b. La dettatura di un’altra persona
a. Che lo scriba che copia autonomamente ha modo di esaminare il modello per comprenderne il
significato o di soffermarsi su alcune part per modificarne il contenuto, non essendo vincolato dai
tempi della dettatura ed essendo possibile osservare ancora e ancora le righe del codice da copiare.
Ex. il copista del VERCELLI BOOK (o ms CXVII), conservato nella biblioteca capitolare di Vercelli, era
invece molto meccanico nella copiatura: il copista riprodusse così com’era la grafia, le abbreviazioni
e quasi tutto il resto, a parte alcune corruttele precedent e molt errori da lui stesso prodotti che
corregge al fine di migliorare la copia.
b. Che lo scriba che trascrive sotto dettatura dipende totalmente dall’assistente che legge il codice da
copiare ad alta voce e da quello che riesce a cogliere in quel momento, non avendo modo e tempo
di esaminare il modello e nemmeno di capirlo, ma solo di modificarlo a seconda della propria
esperienza pregressa.
Ex. il lettore-dettatore del CODEX MEDICEUS (o ms Plut. LXIII 19), conservato nella biblioteca
Medicea-Laurenziana di Firenze, era molto probabilmente balbuziente: il copista riportò
l’espressione rerepente in obsonium invece della corretta repente inops omnium.
Ex. il lettore-dettatore del CODEX DONAUESCHINGENSIS (o ms 18), conservato nella biblioteca di
Donaueschingen, era molto probabilmente in difficoltà: il copista riportò arminia et postquam
arminii postquam non rendendosi conto dell’errore e dell’immediata rettifica del lettore-dettatore o
dimentcandosi di contrassegnare graficamente l’errore.
Ex. il copista del MS Add. 47967, conservato nella Britsh Library di Londra, era molto probabilmente
condizionato dalla propria lingua e dalle relatve convenzioni grafiche di quest’ultmo: il copista
commise errori fonetci nella grafia dei nomi propri ed errori grafici usando i caratteri runici þ e ᚠ.
L’epoca medievale è dominata dalla copiatura autonoma da parte dello scriba, la quale è quindi la
procedura usuale e generalizzata, e soltanto saltuariamente affiancata dalla copiatura vincolata dalla
dettatura. Eppure, gli scriptoria monastci tentarono produzioni più consistent attraverso la distribuzione di
fascicoli fra più scribi affinché ciascuno copiasse una parte del codice ottenendo così una copia in tempo
breve ma di bassa qualità. Le due modalità di copiatura monastca dei codici negli scriptoria furono molto
più efficacemente affiancat, nella seconda metà di quest’epoca, dalla produzione laica, quasi “di massa”,
della stato, ovvero di una bottega specializzata nella riproduzione rapida di exemplaria, ovvero di test
scolastci:
L’epoca medievale sperimenta così una piccola rivoluzione libraria, la quale permette una più rapida
riproduzione del libro e conseguentemente una più rapida diffusione.
h. Errori dovut ad erronea comprensione di una parola del modello e sosttuzione con un’altra
simile
i. Errori dovut alla mancata comprensione di un’abbreviazione o di un’annotazione
j. Errori dovut ad erronea trasposizione dell’ordine delle parole o TRASPOSIZIONI
Gli errori legat allo spostamento di passi contgui sono affatto ricorrent, ma facilmente
riscontrabili:
ex. il ms CORPUS CHRISTI COLLEGE 162 presenta nell’omelia In Letania Maiore l’inversione delle
parole di una frase, dalla quale risulta la errata memorizzazzione della pericope e altrettanto
erronea trascrizione dell’espressione an God syndon al posto della corretta syndon an ece God.
In un secondo momento il copista cercava il punto al quale era giunto con la copiatura e riprendeva
la lettura di una nuova pericope, la quale poteva portare ad ulteriori errori:
k. Errori dovut ad erronea ripresa dell’ultma parola copiata, la quale poteva riportare il copista ad
una precedente occorrenza della parola copiata e a copiare nuovamente la pericope
(duplicazione per omeoteleuto) o poteva portare il copista ad una successiva occorrenza di una
parola e a saltare la pericope compresa tra le due occorrenze (omissione per omeoteleuto).
Le alterazioni al testo
Una parte notevole delle modificazioni alle quali i test furono soggetti durante la loro revisione
consiste in:
Aggiunte e amplificazioni
Riduzioni e tagli
Adattament e rimaneggiament
La tendenza a manipolare le opere altrui è una caratteristca del medioevo, o meglio una
disposizione ideologica generale dovuta alla compresenza di:
La innovatva cultura scritta che si basava sulla stabilità del testo elaborato e messo
definitvamente per iscritto, favorendo la loro diffusione e conseguentemente la
crescente alfabetzzazione;
la tradizionale cultura orale che si fondava sulla fluidità del testo memorizzato e
contnuamente ricreato.
per il pubblico o per i patroni, dall’altra è altrettanto testmoniato che alcuni versificatori furono
in grado di trascrivere le proprie composizioni secondo le tecniche scrittorie.
Ex. I tre manoscritti del King Horn, conservat in ms HARLEY 2253 (Britsh Library, London), in ms
LAUD. MISC 108 (Bodleian Library, Oxford) e in ms GG IV 27. 2 (University Library, Cambridge)
derivano alcune delle loro lezioni dalla trascrizione o diretta o mnemonica da copist che
rivelano possedere alcune abilità proprie dei versificatori.
Per tutto il medioevo i metodi di trasmissione orale e scritta coesistettero l’uno accanto all’altro,
sovrapponendosi e incrociandosi reciprocamente: molte delle anomalie riscontrate nei rapport
fra alcuni test o nelle variae lectones della tradizione di alcune opere siano dovute alle
contaminazioni risultant dalle interferenze della trasmissione orale su quella scritta. Infatti, la
tradizione orale soccombe perché è quella scritta che si impone e rende quasi estranea alla
società la precedente senza però eliminarla del tutto: essa contnuò a trasmettere alcuni test
messi per iscritto e a sopravvivere tuttora in certe versioni variant sottoforma di interferenze.
Digressione!
Nelle Quaestones de perfectone evangelica, San Bonaventura da Bagnoreggio distnse lo
scrittore medievale in:
Scriptor, il quale trascrive le parole altrui, senza aggiungere o cambiare nulla;
Compilator, il quale trascrive le parole altrui aggiungendo quelle di altri;
Commentator, il quale metteva le parole altrui in primo piano e quelle proprie in
secondo piano per spiegarle;
(Traductor, il quale traduceva le parole altrui da una lingua all’altra)
Auctor, il quale metteva le proprie parole in primo piano e quelle altrui in secondo
piano per supportarle;
San Bonaventura stabilì che gli unici veri auctores erano gli scrittori latni della classicità.
Una seconda difficoltà consiste, invece, nello stabilire l’origine delle variant e la loro natura per
poterne comprendere la cronologia e causa. Per quando concerne le origini delle variant, esse
si distnguono in:
a. Variant redazionali (dell’autore) quando le alterazioni pervenute rappresentano deliberat atti
di revisione sul testo da parte dell’autore
Ex. i tre manoscritti dei Sermones Cattolici di Aelfric, conservate nel ms ROYAL 7 C XII, nel ms GG
III.28 e nel ms CORPUS CHRISTI COLLEGE 118, sono delle variant redazionali in quanto ognuna
di esse presenta i segni della revisione dell’autore stesso. Le tre copie esistent conservano un
insolito numero di aggiunte e correzioni contemporanee, sia in interlinea che sui margini,
attribuite in parte ai copist/revisori e in parte all’autore stesso come le annotazioni al margine
del f.105 del ROYAL (Sisam 1953)
Ex. le due versioni esistent del prologo della Legend of the Good Women di Chaucer sono
redazionali così come l’ordinamento dei raccont, mentre la raccolta dei Canterbury Tales era o
una brutta copia rivista dall’autore o un insieme di autografi, le cui variant redazionali vennero
scelte o scartate dai copist del suo capolavoro.
b. Variant compositve (dello scriba) quando le alterazioni rappresentano atti di manomissione
avvenut durante la trascrizione del testo o la sua trasmissione
Ex. una traduzione in volgare della vita di San Guthlac, conservata nel ms COTTON VESPASIAN D
XXI, un frammento in prosa, conservato nel VERCELLI BOOK, e due poemi in versi allitteratvi,
conservat nell’EXETER BOOK, sono delle variant compositve in quanto ognuna di esse rivela
un grado di dipendenza più o meno maggiore dalla fonte a seconda del tpo di intervento del
copista: la prima versione in traduzione dimostra una notevole indipendenza dal modello latno
per le sue aggiunte e rielaborazioni a differenza della seconda versione in prosa, la quale mostra
una significatva dipendenza dal modello.
Ex. le due versioni esistent di un passo del poema omiletco Soul and Body, conservat nel
VERCELLI BOOK e nell’EXETER BOOK, sono anch’esse delle variant compositve in quanto
ognuna di essa rivela un grado di libertà più o meno maggiore di alterazione della fonte a
seconda dell’attitudine del copista.
Tuttavia, il fenomeno della manipolazione rende in alcuni casi difficile, se non impossibile, la
valutazione delle variant: esse sono modificazioni indipendent di un comune antenato
perduto, non destnate a sosttuirsi le une alle altre perché prodotte in tempi e luoghi different,
oppure sono alterazioni redazionali o scribali, volute dai copist che le producono in tempi
successivi l’una all’altra?
Ex. le tre versioni principali del Nibelungenlied, conservate nel ms CGM 34 (Bayerische
Staatsbibliothek, Monaco di Baviera), nel cod. SANG 857 (Stftbibliothek, San Gallo) e nel ms 61
(Furstlich Furstenbergische Hofbibliothek, Donaueschingen) risalent al XIII sec., rappresentano
tre redazioni indipendent, le quali paiono difficilmente riconducibili al semplice coinvolgimento
scribale durante la loro trascrizione poiché le loro specifiche variant sono di natura sostanziale
e ricompositva: le tre redazioni sembrerebbero costtuire moment diversi e indipendent di
ricreazione e ricomposizione testuale (Batts 1971)
2. MODIFICAZIONI EX LIBRO
Se il correttore decideva di rivedere la propria copia sulla scorta del suo o di un altro esemplare
di copiatura, allora le modificazioni vengono classificate o come variazioni o come
contaminazioni (modificazioni ex libro). Nel primo caso la revisione effettuata non determinava
alcuna alterazione nel testo originale, introducendo solo e soltanto variazioni vertcali: se
l’errore veniva corretto, il correttore ripristnava il testo genuino; se l’errore non veniva corretto,
egli lasciava invariata la situazione. Nel secondo caso la revisione effettuata determinava la
contaminazione del testo originale, introducendo variazioni orizzontali o collaterali (come nel
caso delle modificazioni ex ingegno): se l’errore veniva corretto, il correttore inseriva element
estranei all’originale.
Nel trascrivere un codice, il copista può servirsi di due o più esemplari del testo possedut dallo
stesso scriptorium e appartenent a tradizioni diverse: così esso crea un testo ibrido o
contaminato, il quale mescola materiali diversi in un unico scritto nel tentatvo o di adattare
l’esemplare alle proprie convinzioni o di ottenere un miglioramento o di integrare un esemplare
incompleto. Il risultato è un testo ricco di element spurii che si intrecciano a quelli originali o
rimpiazzandoli o accumulandoli in modo così inestricabile da rendere problematco
l’eliminazione di tali element per il rischio di coinvolgere anche quelli originali.
Secondo Greg (1927) la condizione tpica della contaminazione è la tendenza a saltare da un
esemplare all’altro.
Secondo Segre (1961) le contaminazioni possono distnguersi a seconda della modalità di
collazione testuale in:
1. Collazione semplice, quando il copista esegue una sola collazione con un solo esemplare;
2. Collazione frazionata, quando il copista opera più collazioni con un solo esemplare;
3. Collazione multpla, quando il copista esegue una o più collazioni con più esemplari.
Esse possono essere ulteriormente differenziate a seconda dell’intensità della collazione stessa
in:
1. Collazione sporadica;
2. Collazione fitta;
3. Collazione completa.
Eppure, la distnzione adottata dai filologi è quella eseguita sulla base della quanttà di testo
contaminato in:
esemplari potrebbero essere trascrizioni di una copia olografa o di una copia autorizzata e/o
corretta dall’autore stesso, laddove il terzo sembrerebbe una trascrizione approntata per
facilitare l’ulteriore copiatura del testo in caso di richiesta, dalla quale venne ricavata una copia,
il ms ADD. 24194 (Britsh Library, Londra), trascritta un famoso copista londinese che
inizialmente non si accorse di aver ricopiato un esemplare mancante di un intero fascicolo che
venne integrato con lo spezzone di una diversa traduzione.
Ex. l’edizione combinata della Genesi anglosassone, conservata nel ms JUNIUS 11 (Bodleian
Library, Oxford), è un altro esempio di contaminazione di esemplari: la prima parte era la
trascrizione di un manoscritto (Genesi A), il quale presentava una significatva lacuna
corrispondente alla storia biblica della caduta, laddove la seconda era la translitterazione di una
versione antco sassone contenente lo stesso materiale poetco, il quale conservava la parte
mancante che venne così inserita nel testo (Genesi B).
ECDOTICA
(Configurazione del testo scritto all’interno delle comunità linguistche germaniche e nel corso del tempo in
rapporto sia al codice che lo tramanda e sia al copista che lo trascrive e talvolta riscrive)
Ogni testo ha subito nel corso della sua circolazione e trasmissione innumerevoli mutament che ne hanno
alterato in tutto o in parte la forma originaria. Il compito della critca testuale è quello di resttuire un testo
purgato di tutte le incrostazioni accumulatesi nel corso del tempo ad opera dei copist e riportato il più
vicino possibile all’originale perduto: il metodo ricostruttivo che la critca adotta cerca di recuperare
l’oggettiva forma e storia del testo limitando solo ai casi di comprovata necessità l’emendazione soggettiva
del filologo.
1. La RECENSIO, la quale:
l. Raccoglie e analizza la tradizione manoscritta,
m. Ricostruisce le vicissitudini della tradizione stessa,
n. Resttuisce il testo che è o può essere considerato originale sulla scorta dello stemma codicum
(ope codicum);
2. La EMENDATIO, la quale:
o. Ricostruisce il testo mediante correzioni congetturali (ope ingenii) laddove la recensio è risultata
insufficiente a sanare gli errori, le anomalie e corruttele che, introdottesi nel testo durante la
trasmissione, sono servit a stabilire i rapport genealogici fra i codici.
CAPITOLO VI
La Recensio
Le relazioni fra il testo e il codice
La simbiosi tra testo e codice è fondamentale per la critca della tradizione dei test. Difatti la ricostruzione di
un testo non può prescindere né dalle sue modalità di propagazione mediante il codice, dalla più antca
redazione accertabile fino alla sua forma finale, né dall’insieme delle modificazioni subite dal testo, dal
momento in cui fu messo per iscritto la prima volta fino alla sua ultma versione. La simbiosi è ancor più
stringente se prendiamo in considerazione due dei fattori preminent nella tradizione letteraria germanica:
Secondo Boyle (1988) il modo in cui un testo è fisicamente trasmesso può essere importante tanto per la
tradizione del testo quanto per la qualità del testo in un dato codice: un’indagine che includa
contemporaneamente l’analisi del codice e del testo (della sua disposizione sulla pagina, della sua
correlazione di rubriche e note marginali e/o interlineari e decorazioni etc.) è l’unico modo per recuperare e
ripercorrere la sua storia.
La ricostruzione critca della tradizione dei test deve dunque trovare risposta a due interrogatvi riguardant
le modalità e le circostanze caratteristche della produzione e della trasmissione di un testo prima ancora di
elaborare l’informazione in esso contenuta.
La tradizione può essere classificata in base ad alcuni criteri esterni (tpologia e numero di testmoni) e ad
altri invece interni (tpologia di trasmissione).
r. Tradizione diretta, quando il testo è conservato da uno o più codici indipendentemente dal fatto
che sia integro o lacunoso oppure da eventuali edizioni a stampa
La storia dell’opera viene indagata sia attraverso il codice che la conserva, sia attraverso il testo vero
e proprio.
s. Tradizione indiretta, quando il testo è recuperabile da testmonianze e riferiment di altri autori
oppure da traduzioni in altre lingue per via mediata
La storia dell’opera viene dedotta da tutte quelle testmonianze che hanno solitamente una propria
tradizione manoscritta diretta e una funzione ausiliaria (che diventa fondamentale in mancanza di
altro).
Digressione!
Le tradizioni letterarie germaniche si sono servite da principio dei test antchi, che fossero religiosi
o meno, scritti in latno come nessun’altra non solo per la straordinaria attività glossatoria
preservata (esistenza di numerosi glossari, spesso bilingue), ma anche per la cospicua attività di
traduzione e di commento pervenuta. Nello specifico, le traduzioni in volgare forniscono un aiuto
prezioso per la ricostruzione ed interpretazione della realtà culturale alla quale appartenevano e
della quale erano espressione (contnuità dalla traduzione della Bibbia in gotco del IV sec alle
traduzioni norrene del XII-XIV sec) e per il recupero del testo storico (reperibilità di font e/o lezioni
altriment sconosciute alla tradizione diretta del testo tradotto). Le tradizioni letterarie germaniche
hanno però ricoperto una posizione collaterale, o meglio periferica, nella preservazione di queste
opere, la quale non esclude a priori la possibilità di recuperare lezioni test genuini e lezioni
autentche: i modelli latni non si dispersero, ma si spostarono in Italia dai vecchi centri, le cort e le
botteghe, ai nuovi, i monasteri, dai quali giunsero in Inghilterra attraverso le missioni
evangelizzatrici partte da Roma per volontà di papà Gregorio Magno e poi dall’Inghilterra
nuovamente sul contnente europeo, nei territori occupat dalle popolazioni germaniche, e sulle
penisole nordiche, occupate dalle popolazioni vichinghe.
Ex. La Karlamagnus saga, ovvero la traduzione norvegese della Chanson de Roland, assume una
posizione di assoluto rilievo nella ricostruzione della tradizione del testo per la funzione intermedia
che riveste nel gruppo di testmonianze.
t. Tradizione a codice unico, quando un’opera è pervenuta in un solo manoscritto (codex unicum)
e la sua tradizione rappresentata da un unico superstte che rende l’esame sistematco del testo
com’è trasmesso dal codice, pagina dopo pagina, l’unica modalità di recupero della sua storia,
della sua composizione e del suo contenuto
Digressione!
Le tradizioni letterarie germaniche si sono salvate in copia unica, ovvero tramandate da un solo
manoscritto, che in più copie: le tradizioni più ricche sono attestate soltanto per i test o gli autori
più famosi e important fino al XII sec, in seguito al quale si moltplicano con l’irruzione delle
università e delle botteghe finalizzate produzione libraria sulla scena storico-culturale.
Ex. Il Beowulf è stato analizzato più volte dal punto di vista sia paleografico, sia codicologico al fine
di stabilire il luogo e la data d’origine, ma la questone rimane irrisolta a causa di una quanttà
troppo esigua di informazioni extra-testuali reperibili.
u. Tradizione a più codici, quando un’opera è tramandata da più manoscritti (codices plurimi) e la
sua tradizione rappresentata da una pluralità di testmoni che offrono, proprio in rapporto alle
diverse modalità e circostanze della produzione e della trasmissione, un quadro artcolato e
complesso della storia, della composizione e della sua artcolazione.
La conoscenza della produzione e della trasmissione di un testo è ampliata e approfondita nelle tradizioni a
più codici, ma non è necessariamente migliore di quella delle tradizioni a codice unico.
Secondo Pascali (1952), la recensione può essere definita aperta o chiusa in base ai risultat dell’analisi
interna, ovvero in base ai rapport individuat fra i codici.
v. Tradizione a recensione chiusa, quando un testo presenta corruttele meccaniche dovute alla sua
trasmissione vertcale, ma non rimaneggiament scribali e neppure congetture filologiche
w. Tradizione a recensione aperta, quando un testo risulta rimaneggiato e/o contaminato in più
punt a causa degli intervent scribali o delle interferenze orali sulla tradizione scritta e
conseguentemente trasmesso per vie collaterali e trasversali.
La tradizione è classificata quindi secondo criteri di tpo alternatvo che escludono l’una o l’altra possibilità
(un testo può essere definito o diretto o indiretto oppure può avere un solo o più testmoni, ma mai
entrambe le cose) ad eccezione della recensione, la quale come criterio può essere adottato nelle sue due
variant all’interno di una sola tradizione.
Il metodo più seguito è quello ricostruttivo o anche detto genealogico, il quale fu definito da Lachmann nel
suo Novum Testamentum attorno al 1830 e poi corretto e ridefinito da Giorgio Pasquali dal 1934 in poi. Esso
consiste nella ricostruzione delle varie fasi dell’evoluzione del testo ottenibile identficando tutte le
variazioni e le deformazioni trasmesse in comune dai testmoni esistent, ovvero l’insieme degli errori
testuali e delle alterazioni prodotte dagli amanuensi e/o dovute a motvi meccanici (la perdita di interi fogli
o di alcune loro part, lo smembramento e dispersione di fascicoli o ancora l’inserimento di fogli singoli). Il
metodo consta di due operazioni:
x. La comparazione fra tutte le variant testuali pervenute nei codici (collato codicum)
Questa prima operazione permette non solo l’identficazione della tradizione, ma anche la
ricostruzione delle modalità di trasmissione del testo nel o nei codici che lo preservano, pagina
dopo pagina, con tutte le sue caratteristche;
y. La valutazione delle innovazioni comuni per individuare gli errori che servono a costtuire la
genealogia del testo
Questa seconda operazione permette lo studio del testo nei suoi rapport con tutti i suoi codici,
confrontando fra loro tutti i testmoni disponibili per ricostruire le fasi della composizione del testo
e per valutarne la tradizione nel suo complesso.
Esso resttuisce il testo nella sua forma più vicina all’originale dopo averlo purgato di tutti gli errori testuali e
le corruttele scribali e meccaniche, il quale diventa così il capostpite della tradizione.
Le prime due operazioni della collato, le quali esigono da parte del filologo un’estrema precisione e
accuratezza supportate oggigiorno dall’uso del computer), prevedono:
In questa prima fase il testo viene riprodotto esattamente ed integralmente nel modo in cui è
conservato (con tutte le sue cancellature, integrazioni, lacune, glosse e annotazioni e via di seguito):
la registrazione dei dat richiede l’obiettività del filologo in quanto più eviterà il coinvolgimento
personale, più sarà affidabile la trascrizione eseguita;
aa. Comparazione del testo di collazione con i test della tradizione
In questa seconda fase il testo viene integrato di tutte le variazioni che intercorrono fra i codici, di
qualsiasi natura esse siano: l’annotazione dei dat richiede ancora una volta l’imparzialità del
filologo nel riportare tutto quel che non è trasmesso in comune dai testmoni.
I restant procediment della collato, i quali riprendono gli esit delle precedent fasi di collazione e li
approfondiscono, prevedono:
bb. Distribuzione delle innovazioni sia del codice che del testo;
cc. Rilevazione dei luoghi in cui le innovazioni compaiono;
dd. Definizione dei rapport di parentela e filiazione fra i manoscritti attraverso l’analisi del tpo e del
valore delle innovazioni.
a. le lezioni conservate in tutti i testmoni ed ereditate dal testo più antco, ovvero quello originale,
b. le variazioni comuni alla maggior parte dei testmoni,
c. le variazioni comuni alla minor parte dei testmoni,
d. le variazioni proprie di un solo testmone
Secondo Boyle (1988) si parla ancora di variazioni e non di errori comuni in quanto il primo termine esclude
la soggettività presente nel secondo potendo così includere sia le variazioni interne sia quelle esterne
relatve al danneggiamento fisico del codice e del relatvo testo: le variazioni non sono (e non devono
essere) definite né giuste, né sbagliate durante la collazione.
Lo stemma codicum assolve sia una funzione storica in quanto consente di ricostruire in uno schema
riassuntvo genealogicamente ordinato le vicende della trasmissione di un testo nei suoi moment nodali
mediante gli errori progressivamente accumulatesi, sia una funzione filologica in quanto consente di
recuperare il testo.
Ancora secondo Froger gli errori comuni sono l’effetto e il riflesso delle relazioni genealogiche dei
manoscritti.
L’indagine sui rapport di parentela dei manoscritti evidenziat dalla collazione deve accertare la distanza dei
discendent nei confront del capostpite comune alla base delle loro reciproche affinità e diversità per
determinate caratteristche atte a garantre la validità delle parentele, le quali consistono nelle variazioni di
sostanza e non di forma che a loro volta portano alla tpizzazione dei manoscritti derivat dall’antenato.
Eppure non tutte le variazioni comuni contraddistnguono un gruppo di codici e conseguentemente
garantscono i rapport di parentela: le uniche variazioni comuni considerate significatve in tutti i codici che
le contengono sono gli errori direttivi o errori-guida commessi durante la trascrizione.
Nella Textkritk di Maas (1950) gli errori-guida (leitfehler) sono considerat significatvi perché imprescindibili
al fine di trarre conseguenze utli alla costtuzione dello stemma: il rapporto che viene a costtuirsi fra i
codici in dipendenza da quest errori stabilisce le posizioni dei testmoni all’interno dell’albero genealogico.
Essi si suddividono in:
Il criterio probabilistco sta alla base della ricostruzione della tradizione: così come è improbabile che due o
più copist introducano in un testo le medesime deformazioni negli stessi punt se essi operano
indipendentemente l’uno dall’altro, è altrettanto possibile che le deformazioni comuni a due o più
manoscritti non offrano la conferma di discendenza da un antenato comune.
gg. Considerare gli errori come effetti ultmi di cause anteriori da identficare
L’errore stabilisce con la causa per la quale si è originato un rapporto di assoluta necessità: l’errore
senza la sua causa non ha significato. Un errore identco assume un significato diverso a seconda
della causa: se l’errore è riconducibile ad un origine psicologica oppure se è dovuto a
contaminazione/poligenesi oppure se è connesso con l’attività correttrice di un copista non può
essere considerato significatvo in quanto non offre garanzie di sufficient di derivazione da un
modello comune; se l’errore è invece riconducibile alla trasmissione meccanica del testo può essere
considerato significatvo in quanto supportano l’identficazione del modello d’origine.
hh. Distnguere gli errori in significat e non, ovvero in errori derivat da un modello perduto e
possibilmente dovut ad un modello o meno, attraverso la loro comparazione
a. L’accordo generale delle conservazioni così come le innovazioni isolate in quanto la prima indica
solo l’eredità comune di ciò che è trasmesso inalterato dal più antco ascendente ai discendent
e non i rapport tra quest’ultmi e le seconde riportano le peculiarità non condivise di un solo
testmone;
b. La cronologia in quanto l’ascendente non può contenere le innovazioni accumulatesi nel corso
della trasmissione nei discendent.
L’archetpo (dal greco archè, principio o origine, e tupos, tpo o immagine) si colloca idealmente
al posto più alto della tradizione, subito dopo l’originale: esso è il codice interposto tra
l’originale e i testmoni contenent un’opera che ad esso rimandano. Eppure, il significato di
archetpo varia a seconda della tradizione presa in considerazione:
- nella tradizione dei test classici, i manoscritti greci dipendono da trascrizioni
(archetpo) atte a tradurle dalla maiuscola alla minuscola e a corredarle di accent e
spirit per via mediata laddove quelli latni dall’originale per via diretta;
- nella tradizione medievale dei test classici, i manoscritti latni proseguono l’edizione
antca (archetpo) correlata da principio di variant tra le quali lo scriba sceglie;
Secondo Pasquali (1950) e poi Albert (1979), per la tradizione antca e medievale dei
test classici si deve parlare di EDIZIONE intesa come scelta tra una massa di variant
intrecciatesi in modo tale da rendere inadeguato il concetto di archetpo e inutle la
ricostruzione di uno stemma.
- nella tradizione medievale dei test volgari, i manoscritti germanici non hanno subito né
le interruzioni derivant dal passaggio dal rotolo al codice e né i fenomeni di
translitterazione da un tpo di scrittura all’altro e non sono stat trasmessi da
un’edizione in senso pasqualiano: la tradizione volgare si svolge senza interruzioni che
non siano quelle provocate dalle inevitabili corruttele materiali o dal volontario
emendamento scribale;
Secondo Dain (1975), per la tradizione in volgare si deve parlare di ARCHETIPO-
PROTOTIPO inteso come unico manoscritto ufficiale conservato in una biblioteca e
arricchito dall’apporto di variant o di correzioni pervenute da altri esemplari, fra le
quali lo scriba poteva scegliere o meglio come collettore di variant.
La tradizione con archetpo si dimostra complicata da:
la contaminazione, la quale incide significatvamente sulla tradizione germanica in
volgare indipendentemente dal fatto che sia dovuta ad altri codici non appartenent alla
stessa famiglia (ex libro) o alle congetture del copista/correttore (ex ingenii) o ancora
alla tradizione orale (ex ori)
la cronologia, la quale complica la tradizione germanica in volgare nella misura in cui
alcune tradizioni si sono sviluppate in archi di tempo ridotti: l’archetpo risulta così
relatvamente vicino alla data di composizione del testo o addirittura completamente a
ridosso di quest’ultma
ex. il poema franco-renano Ludwigslied (ms 150, Biblioteca municipale di Valenciennes),
il quale venne composto tra la vittoria di Ludovico contro i vichinghi nell’anno 880 e la
sua morte nell’anno 882, trascritto nel tardo IX sec in un codice e trascritto nello stesso
periodo sui fogli finali del contemporaneo ms 150.
Secondo Varvaro (1970) non bisogna dimentcare che l’archetpo è pur sempre un’enttà
ipotetca se non nella sua esistenza nei suoi caratteri: in una situazione testuale complessa e
fluida l’archetpo manifesta la sua intrinseca dubbiosità, ma la sua validità funzionale all’interno
dello stemma non dev’essere intaccata affinché l’ambiguità che ne consegue trascinerebbe via
con sé i rapport tra i testmoni nello specifico e la ricostruzione stessa del testo in generale.
Ex. Un esempio di tradizione con archetpo è quella che ha trasmesso il poema anglosassone
Soul and Body, il quale è pervenuto in due dei manoscritti insulari più important, il VERCELLI
BOOK (o ms 118, seconda metà X sec, Biblioteca capitolare di Vercelli) ed l’EXETER BOOK (o ms
3501, idem, Cathedral Library di Exeter). Il rapporto tra i codici è molto più complesso di quello
rappresentabile da uno stemma, tuttavia è stato possibile stabilire che nessuno dei due
testmoni è l’esemplare dell’altro per la presenza di alcuni errori separatvi e che entrambi sono
discendent di un esemplare comune per la presenza di lezioni comuni e di alcune corruttele
condivise. Eppure, la presenza in uno dei testmoni di un episodio relatvo all’anima umana
omesso nell’altro arricchisce la ricostruzione dello stemma: esso potrebbe essere un’aggiunta di
V o del suo esemplare X oppure una lezione presente nell’archetpo Y o addirittura nell’originale
Z e pervenuto solo nel testmone V perché meglio preservato di E (Moffat 1990).
Z
Y (codex archetpus)
X (codex interpositus)
E (xeter) V (ercelli)
Ex. Un altro esempio di tradizione con archetpo è quella che ha trasmesso l’omelia Lecto Sanct
Evangelii di Wulfstan, la quale è pervenuta in due manoscritti, il Corpus Christ College ms 201
(tardo XI sec), Cambridge, e la Bodleian Library ms Hatton 113 (fine XI sec), Oxford. Il rapporto
tra i codici stabilisce il fatto che entrambi siano indipendent per la presenza di alcune omissioni
in ciascuno di loro, ma non che sia presente un comune archetpo. Tuttavia la mancanza di
errori congiuntvi pregiudica la ricostruzione dello stemma: la conservazione dell’erroneo godne
in C invece del corretto gode in H potrebbe derivare sia dalla presenza dell’errore in un ipotetco
codex interpositus e la sua conservazione nel testmone C, oppure la presenza dell’espunsione
nell’originale o in una sua copia e il mancato riconoscimento da parte dello scriba del testmone
C opposta alla corretta interpretazione dello scriba di H (Bethurum 1971).
(X)
C(orpus) H(atton)
Secondo Timpanaro (1985) bisogna proporre due o tre stemmi egualmente probabili o uno
stemma più probabile dei restant e un archetpo (e sub-archetpi) se e quando sono
effettivamente postulabili oppure proporre stemmi di una parte della tradizione tralasciando
l’altra se e quando è concretamente perturbata: il passaggio dagli errori congiuntvi alle
coincidenze in innovazione nella costruzione dello stemma ha senso da un punto di vista
probabilistco, ma non è altrettanto certo.
b. Tradizione senza archetpo
Essa dipende dall’originale senza intermediari comuni in quanto gli errori sono soltanto
separatvi o congiuntvi ma non significatvi: la tradizione di un testo esclude l’esistenza di un
archetpo per l’assenza di corruttele comuni a tutti i testmoni e invece introduce la possibilità di
una trascrizione per via diretta o per via mediata da intermediari perdut, i quali assumono il
ruolo di capostpit delle famiglie in cui si divide la tradizione stessa.
Esse rimandano prevalentemente non a variazioni e deformazioni di un testo riconducibili ad un
archetpo perduto bensì alle modificazioni attribuibili all’autore stesso, le quali non sono quindi
variant lessicali ma concettuali tali da poter parlare di redazioni autonome più che di archetpi
interconnessi: le diverse REDAZIONI di una stessa opera (classificabili in copie riviste e
autorizzate dall’autore, in copie d’autore e in autografi) possono essere considerate tappe di un
processo, le quali posseggono una propria individualità, e devono essere conseguentemente
analizzate o come test autonomi, quando le differenze sono macroscopiche, o come stesure
provvisorie in vista della redazione definitva, quando le differenze sono microscopiche.
Secondo Varvaro (1970) una tradizione rappresentata da più redazioni successive può pur
sempre giungere alla postulazione di un archetpo qualora un esemplare di uno dei rami sia
servito come base per una nuova redazione: nel caso del Sermo Lupi ad Anglos la Bethurum
parla di tre forme diverse del sermone o capostpit, laddove la Whiteloch parla addirittura di
tre archetpi perdut.
X Y
CC201 H CC 419
T O
Lo stemma presenta una situazione in cui dal primo capostpite perduto Y discende il testmone
CC419, il quale presenta degli errori separatvi (omissioni etc), e dal secondo capostpite
perduto X i testmoni CC201 e H, i quali discendono a loro volta da un esemplare comune pur
restando indipendent tra loro sia perchè presentano errori separatvi, sia perché da CC201
sembrerebbero discendere a sua volta il testmone T per la mediazione però di un codice
interposto Z, il quale sarebbe antgrafo anche al testmone O, il quale pare possedere fort
affinità con T.
Ex. Un altro esempio di tradizione senza archetpo è quella che ha trasmesso il sermone
anglosassone Sermo Lupi ad Anglos quando Dani maxime persecut sunt sempre di Wulfstan, il
quale è pervenuto in il Cotton Nero A i (XI sec), Britsh Library di Londra; il ms Hatton 113; il
Corpus Christ College ms 201; il Corpus Christ College ms 419; il ms Bodley 343 (seconda metà
del XII sec), Biblioteca universitaria di Oxford. Il rapporto tra i codici rivela che i cinque testmoni
della tradizione conservano tre different redazioni di uno stesso testo redatte con il consenso e
addirittura con l’intervento di Wulfstan stesso, le quali però non presentano nessun errore
congiuntvo e di conseguenza non rimandano a nessun archetpo unico bensì a tre capostpit
perdut (Bethurum). Inoltre, il rapporto tra i codici rivela come i copist lavorarono sui diversi
manoscritti: il copista di N trascrisse la propria copia facendo riferimento sia ad un codice
interposto Z che al testmone CC201 (o ad un suo antenato), laddove il copista di H trascrisse la
propria richiamandosi sia al codice interposto Z che al testmone N, dal quale trasse le aggiunte
autografe di Wulfstan.
X Y X Y
H N H N
CC201
Gli stemmi presentano una situazione in cui dal primo capostpite perduto X (Whiteloch) o Y
(Bethurum) discendono i due antgrafi CC419 e B in quanto essi conservano una versione più
breve simile pur restando indipendent (il codice B è più antco di CC419 e quindi non può
dipendere da esso così come CC419 non può dipendere da B perché comprende un passaggio
presente in altri codici) e in mezzo alle quali si può collocare il codice CC201 (Whiteloch), e dal
secondo capostpite perduto Y (Whiteloch) o X (Bethurum) discenderebbe un codice interposto
Z e i due testmoni H e N in quanto essi conservano una versione più lunga e tarda vicina a
quella di CC201, dalla quale riprendono le amplificazioni e le omissioni assent negli antgrafi
dell’altro capostpite discostandosene nell’aggiunta di alcuni passi autografi (le aggiunte
autografe in N sono inserite nel corpo del testo di H), pur restando anch’essi indipendent: le
teorie più interessant sono quelle che riguardano la versione più recente, in quanto è possibile
sia che il copista avesse davant il codice interposto Z e il primo testmone N durante la stesura
del secondo testmone H, sia che avesse davant il codice interposto Z e il codice CC201, il quale
venne copiato per un tratto e poi espunto in favore del codice N (sempre che Z non contenesse
come variante il passo di C). Gli stemmi dimostrano il contrasto tra la classica bipartzione
dell’albero e l’effettiva diramazione dell’intera tradizione: considerando le tre versioni come tre
redazioni, si può postulare che Wulfstan contnuò a lavorare sul sermone dopo aver elaborato la
prima redazione (CC419 e B) al punto da redigere due ulteriori versioni dopo aver sfoltto e
arricchito di nuovi contenut le precedent edizioni.
X Y
A B C D
Nel primo esempio, il manoscritto B si contamina con C. Le lezioni che B e C hanno in comune
sono caratteristche (lectones singulares) in quanto dovute a contaminazione. La costtuzione
dello stemma della tradizione e la resttuzione del testo permette la loro individuazione e
successiva rimozione (eliminato lectonum singolarium) in quanto frutto dell’iniziatva dei
singoli copist.
O
X Y
A B C D
Nel secondo esempio, il manoscritto Y si contamina con B: le lezioni che B presenta al margine
vengono accolte da Y e conseguentemente trasmesse a C e D, le quali le attestano in modo
diversificato. Le lezioni che Y e quindi C e D hanno in comune sono caratteristche (lectones
singulares).
b. Contaminazioni extra-stemmatche
Quando i rapport di contaminazione legano fra loro uno o più testmoni di una tradizione con
uno o più capostpit di altre tradizioni, essa è definita extra-stemmatca.
Ipotesi di contaminazione extra-stemmatca
O q
X Y
A B C D
Nell’esempio, il manoscritto Y si contamina con un manoscritto appartenente ad una tradizione
esterna q. Le lezioni di q vengono accolte da Y e conseguentemente trasmesse a C e D, le quali
le accolgono in maniera diversificata: le lezioni dell’originale O sono quelle contenute in X e
conseguentemente in A e B da una parte e quelle condivise da C e D dall’altra, laddove quelle
dell’archetpo o antgrafo Y non sono facilmente individuabili in quanto le lezioni comuni
soltanto a C e D possono essere dovute o al codice antgrafo o quello esterno.
c. Contaminazioni anulari
Quando i rapport di contaminazione legano fra loro manoscritti interni ed esterni alla
tradizione, esso è definito anulare.
Secondo Avalle (1972), il quale riprende Dearing, la costellazione assume la forma di un anello
(conflatonal ring) in quanto non è possibile ricostruire un archetpo.
Ipotesi di contaminazione anulare
A
x y
B C
z
Nell’esempio, i tre manoscritti A B e C si contaminano tra di loro e risultano così partcolarmente
affini: i due manoscritti B e C sembrano condividere una fonte comune così come i due
manoscritti A e C, il secondo dei quali nello specifico potrebbe essere basato su una fonte della
tradizione o su due diverse redazioni di A.
Ex. Un esempio di contaminazione anulare è quello dei tre principali manoscritti dei canzonieri
medievali tedeschi: il PICCOLO MANOSCRITTO DI HEIDELBERG (o cod. Pal. Gem. 357, XII sec),
conservato nella biblioteca universitaria di Heidelberg; il CODEX WEINGARTEN (o cod. H.B. XIII,
inizio sec XIV), conservato nella biblioteca nazionale di Stoccarda; il GRANDE MANOSCRITTO DI
HEIDELBERG (o cod. Pal. Germ. 848, XIV sec). Il rapporto fra i codici è ancora dubbio: il secondo
e il terzo codice sembrano condividere una fonte comune così come il primo con il terzo, il
quale potrebbe essere basato o su una fonte del primo o su due sue redazioni.
Talvolta l’identficazione del manoscritto contaminato non presenta alcuna difficoltà: qualora un
manoscritto conservi le variant trascritte erroneamente in un punto diverso da quello corretto
oppure attest doppie lezioni o variant copiate di seguito, una delle quali condivisa da un codice di
un’altra famiglia o tradizione, esso è contaminato.
Ex. Un esempio di contaminazione è quello del già citato Sermo Lupi ad Anglos di Wulfstan, il quale
nella terza redazione in N presenta l’espunzione da parte del copista di una variante contenuta in
CC201 poi sosttuita da quella presente nel testmone H.
Talaltra l’identficazione presenta numerose complicazioni in quanto bisogna valutare le variant
poste al margine o nell’interlinea di un codice che vengono poi inserite nel corpo del testo di un
altro: in alcuni casi i due codici possono essere fra loro in un rapporto di derivazione genetca come
quello che intercorre fra antenato e discendente o fra antgrafo e apografo; in altri i due codici sono
indipendent, ma possono instaurare fra loro in un rapporto di contaminazione dovuto alla
collazione o con un altro testmone o con un antenato comune, il quale funge da collettore di
variant (edito variorum). L’identficazione arriva a risultare addirittura impossibile nel caso della
parallela trasmissione orale o del totale rifacimento scritto di alcuni test.
La funzione della Recensio è anche quella di isolare in un testmone tutte le variant (le alterazioni,
le correzioni, gli abbelliment e le banalizzazioni etc.) che possono facilmente introdursi nei
manoscritti per collazione da quelle (gli errori e le lacune, le quali è inverosimile vengano accolte dal
copista per collazione, così come le lezioni di scarsa rilevanza relatve alla fonetca e alla grafia etc.,
le quali è improbabile vengano riprese da un altro esemplare da parte del copista) che sono
meccanicamente trasmesse nei manoscritti: i rapport genealogici vertcali sono propri dei codici
che hanno in comune più lezioni di minor enttà che non dei codici con meno lezioni di maggior
enttà in quanto lo spostamento dalla trasmissione vertcale a quella collaterale è giustficabile come
tentatvo di correggere e migliorare il testo in singoli punt important e non in quelli irrilevant.
La croce di Ruthwell è una croce di pietra risalente all’VIII sec, conservata nella chiesa del villaggio di
Ruthwell.
Il rapporto tra il testmone e le iscrizioni è stabilito dalla presenza di alcuni errori congiuntvi, ma è
allo stesso contrassegnato da una varia lecto di valore separatvo: essi sono due redazioni different
piuttosto che testmoni di una tradizione. La singolarità di questo rapporto è dovuta sia alle diverse
modalità di trasmissione attestate per uno stesso testo che passano da quella orale a quella
epigrafica delle iscrizioni a quella scritta del manoscritto, sia ai diversi scopi della fissazione scelte:
nell’incisione su pietra della croce è prevalsa l’idea della conservazione definitva del testo
trasmesso, laddove è prevalsa invece l’idea della circolazione nell’iscrizione su pergamena in quanto
il testo è reso attingibile in ambit ed ambient different e conseguentemente malleabile.
Secondo Sisam (1953), la storia che collega queste tre testmonianze è una storia di circolazione e di
modificazione rapportabile alle specifiche condizioni della trasmissione in un’epoca storica in cui il
verso recitato era uno dei pochi mezzi di istruzione e fonte di divertmento popolari.
oo. La tradizione a testmone unico
Essa dipende solo e soltanto da un unico testmone: la tradizione di un testo è conseguentemente
ricostruita sulla base degli errori comuni, delle anomalie e delle deformazioni.
Il codice unico deve essere collocato in una posizione di rilievo in quanto esemplare esclusivo di una
tradizione, il quale viene considerato da alcuni filologi come testo originale da preservare da un
qualsiasi intervento correttivo (anche quando necessario) e da altri invece come testo tradito da
analizzare.
Secondo Stussi (1985) è necessario conciliare quest due approcci, attribuendo al manoscritto una
posizione autorevole e favorendo gli intervent emendatori sul testo.
Esso deve essere sempre e comunque indagato in ogni suo aspetto, da quello paleografico e
codicologico, il quale permette l’esame del manoscritto in quanto vettore di trasmissione e talvolta
la scoperta della sua storia, a quello critco-testuale, il quale permette talvolta la soluzione di alcuni
problemi con il sussidio dell’intuito filologico.
Digressione!
Le tradizioni germaniche pervenute sono contraddistnte per lo più da tradizioni a codice unico.
Secondo Varvaro (1970) è necessario riconoscere la specificità delle tradizioni senza tralasciare gli
element che queste due diverse tradizioni condividono
Il confronto fra le tradizioni rivela che la tradizione greco-latna e quella germanica si somigliano
per:
- La minima distanza che intercorre fra l’autografo e l’archetpo
- La completa assenza degli scriptoria professionali
Il confronto fra le tradizioni rivela che la tradizione greco-latna e quella germanica si distnguono
per:
La quiescenza della tradizione greco-romana, contraddistnta da una produzione libraria
poco folta: si tratta di una tradizione di ambient ristretti a pochi professionist (studiosi e
copist) tendenzialmente rispettosi del testo tradito.
Il copista si sente in qualche modo estraneo al testo sul quale lavora e ne ha rispetto al
punto da perseguire sempre e comunque una sorta di RESTAURO CONSERVATIVO.
La dinamicità della tradizione germanica, caratterizzata da una produzione libraria fitta al
punto da risultare anche intricata: si tratta sempre e comunque di una tradizione di
ambient ristretti a pochi professionist per nulla rispettosi del testo, il quale viene
rimaneggiato e spesso anche contaminato.
Il copista si sente libero di ricreare il testo considerandolo attuale e soprattutto aperto al
punto da incrementarlo rendendolo contemporaneo attraverso una sorta di INTERVENTO
INNOVATIVO.
Ogni forzatura nella ricostruzione genealogica dei testmoni non determina soluzioni
completamente diverse e contemporaneamente classificazioni sballate, inducendo
conseguentemente a deduzioni stemmatche errate!
La Examinato
La examinato mira a determinare critcamente con l’aiuto dello stemma ciò che è o può essere
assunto come originale
Essa è l’ultma fase di indagine della Recensio e la penultma della costtuzione del testo. Il testo
viene ricostruito meccanicamente (ope codicum) senza intervent o correttivi del filologo: il risultato
è un testo unitario trasmesso dai tutti i suoi testmoni nel loro insieme, il quale però risulta spesso
precario nei punt di divergenza fra i codici e necessita di restauro. Essa detta le direttive generali
per gli intervent critci.
Secondo Boyle (1988), una seconda funzione della Examinato è proprio quella di fissare i limit della
successiva Emendato: essa ricorda al filologo che deve sempre tener conto dei risultat di una
tradizione testuale e non andare oltre i confini stabilit dai testmoni attraverso i quali ha ricostruito
il testo per com’è stato effettivamente tramandato.
La resttuzione del testo inteso come insieme di lezioni consiste nella ripresa dei testmoni che lo
hanno tramandato:
a. Quando la tradizione è unica, il testo non può essere confrontato, lezione dopo lezione, con dei
testmoni, ma il codice può essere analizzato, pagina dopo pagina, per individuare eventuali
modificazioni testuali intervenute per effetto della trascrizione e talvolta per stabilire
l’identficazione con l’originale;
b. Quando la tradizione è plurima (con o senza archetpo), il testo risultante è in parte quello comune
a tutti i testmoni esistent o ricostruibili e in parte quello conservato nella maggioranza dei
testmoni qualora esista un punto di divergenza tra i vari testmoni.
Lo stemma è fondamentale nella resttuzione del testo: per prima cosa si ricostruiscono i codici
interpost ipotzzat mediante il consenso maggioritario o unanime dei suoi discendent, seguono i
sub-archetpi e gli archetpi anch’essi ipotzzat mediante il consenso degli interpost e dei sub-
archetpi ricostruit.
I criteri che regolano l’uso dello stemma nella scelta delle lezioni da considerare originali sono:
pp. Il principio di probabilità
Esso permette di acquisire le lezioni originali conservate nei codici proprio in base alla loro
comunanza di origine: la lezione dell’antenato comune perduto è rivelato dall’accordo dei suoi
discendent indipendent o dalla loro maggioranza.
qq. La legge della maggioranza
Essa permette di individuare, nel caso di divergenza, gli accoppiament fra i codici, agendo non tanto
in base a ragioni di pura e semplice preponderanza numerica quanto piuttosto al calcolo della
probabilità: quando si ricostruisce il codice interposto, la lezione originale è quella comune alla
maggioranza dei discendent indipendent della stessa famiglia; quando si ricostruiscono i sub-
archetpi o l’archetpo, la lezione originale è quella comune alla maggioranza, rispettivamente, dei
codici interpost o dei sub-archetpi.
Lo stemma assume un ruolo decisivo in rapporto alla scelta delle variant. Esso serve a determinare fra più
lezioni indifferent quelle che possono essere considerate buone e quindi corrette, e funziona in presenza di
maggioranze, ma solo dopo aver isolato gli errori significatvi (quelli comuni alla tradizione che rimandano
all’archetpo e che possono essere sanat solo dal iudicium del filologo) e quelli maggioritari (che rimandano
ai sub-archetpi, ai capostpit e ai codici interpost e che possono essere sanat allo stesso modo dei
precedent). Qualora esso non riesca a determinare una maggioranza, allora le lezioni devono essere
vagliate in base a criteri interni da parte del filologo.
Ogni variazione dei rapport tra i manoscritti determina soluzioni ricostruttive completamente diverse e
contemporaneamente classificazioni dei testmoni sballate, inducendo conseguentemente a deduzioni
stemmatche errate!
Le tradizioni germaniche risultano sempre complicate da una parallela trasmissione a memoria o da una
collaterale trasmissione manoscritta: i test germanici rendono quasi impossibile la rigida applicazione della
ricostruzione meccanica nella scelta delle lezioni!
La Emendato
La emendato mira a risanare concettualmente ciò che non è o può essere considerato parte del
testo perché o corrotto o contaminato.
Essa è l’unica ed ultma fase della costtuzione del testo. Il testo viene ricostruito concettualmente
sulla base di criteri vagliat e applicat dal filologo (ope iudicium o ingenii): il risultato è un testo
completo, supportato sia dal materiale trasmesso dai suoi testmoni, sia dall’analisi critca del
filologo, e ristabilito nella sua forma originale o quasi.
CAPITOLO VII
Avendo individuato ed analizzato la tradizione unitaria originale del testo attraverso l’automatsmo
dello stemma, il filologo deve risanare mediante il suo iudicium ogni passaggio testuale rimasto
dubbio o corrotto in seguito alla fase finale della recensio. Per completare la resttuto textus, il
filologo passa quindi all’ultma fase, la quale consiste nella costtuzione del testo ope ingenii: la
emendato. La emendato permette il passaggio dal testo com’è trasmesso unitariamente dai codici
(con tutte le sue corruttele, anomalie, variant tradite etc) al testo corretto ed emendato da ogni
perturbazione, ovvero ricostruito critcamente dall’editore e così riportato finalmente ad una
condizione unitaria tale da potersi considerare originaria.
Le operazioni della emendato sono di tre tpi:
1. La divinato
La divinazio consiste nel risanamento per congettura dei passi corrotti da parte del filologo. La
divinato richiede una serie di operazioni di restauro quali:
Integrazioni al testo, nel caso di omissioni di varia natura;
Espunzioni, nel caso di intrusioni estranee al testo;
Sosttuzioni, nel caso di scambi di varia natura (fra singole lettere, forme pronominali
etc).
Secondo Maas (1950) è molto più dannoso un guasto ignorato rispetto ad un risanamento
editoriale critcato: ogni congettura può portare ad una serie di comment di approvazione o di
obiezione, i quale però permettono un miglioramento dell’intelligenza del passo attraverso
l’imposizione delle argomentazioni più credibili.
Una prima difficoltà nel risanamento per congettura è attribuita alla tradizione a codice unico di
alcuni test. Per quanto riguarda quest’ultma, la mancanza del supporto del confronto fra i
testmoni non deve comportare la rinuncia allo studio e all’analisi del testo, il quale può
comunque essere indagato attraverso la valutazione delle lezioni tramandate punto per punto:
il codice può contenere lezioni bisognose di correzioni perché palesemente erronee o
trivializzate oppure perché possibilmente emendabili per congettura.
Secondo Maas è molto più importante stmolare la ricerca che ignorare i test a tradizione unica:
ogni edizione critca è un’ipotesi di lavoro in cui ogni congettura può essere confermata da
nuovi argoment sfuggit all’autore o dalla scoperta di ulteriori testmoni riconducibili ad un altro
ramo della tradizione.
Una seconda difficoltà nel risanamento per congettura è attribuita alla forma linguistca
originaria di alcuni test. Per quanto riguarda quest’ultma, l’adattamento o ammodernamento
ortografico e fonologico operato dagli scribi non permette di connotare linguistcamente il
testo, nel quale si mescolano spesso le forme linguistche dell’esemplare e quelle dialettali dello
scriba: il codice dev’essere collocato sia temporalmente (periodo di produzione) e sia
geograficamente (luogo di produzione) impiegando criteri di analisi considerat secondari nella
formazione dello stemma.
Nel momento in cui non si riesce in nessun modo a recuperare un passo corrotto, il filologo
deve delimitare la pericope con una serie di croci o di asterischi (crux desperatonis) sia nel caso
in cui non abbia trovato soluzioni soddisfacent, sia nel caso in cui le soluzioni possibili siano più
di una.
2. La selecto
La selecto consiste nella selezione sulla base di criteri interni di giudizio, l’usus scribendi e la
lecto difficilior, sia fra le diverse variant considerabili di pari valore stemmatco o fra quelle non
classificabili a livello di valore stemmatco e sia fra le varie congetture possibili nel caso in cui le
lezioni originali non siano accertabili meccanicamente (recensione aperta). La seleto si serve di
due criteri di scelta interni:
Usus Scribendi
È un criterio di scelta fondato sulle specificità linguistche e stlistche dell’autore, del genere
letterario, dell’epoca storica, la cui difficoltà di applicazione è dovuta alla problematca
acquisizione dei dat necessari (spesso incert o addirittura sconosciut) a questo tpo di
valutazione;
Lecto Difficilior
È un criterio di scelta basato sulla scelta della lezione più difficile fra quelle attestate o
congetturate per la sua maggiore rarità lessicale, sia da un punto di vista morfologico che
semantco, la cui applicazione è giustficata dalla condizione specifica della trasmissione
manoscritta: i copist erano solit facilitare la comprensione del loro esemplare di copiatura
operando svecchiament o meglio ringiovaniment espressivi e formali nella sosttuzione di
parole difficili (lecto difficilior) con altre più abituali (lecto facilior).
Ex. L’inno di Caedmon è prevenuto in due versioni dialettali, quella northumbrica in 4
manoscritti tra i quali il CODEX MOORE BEDE (o ms Kk v. 16) e quella sassone occidentale in 13
manoscritti, e in una traduzione latna, quella di Bede nella Historia ecclesiastca gents
Anglorum in ben 9 manoscritti. Una prima scelta problematca in fase di selecto è dovuta a due
variant testuali entrambe present nella tradizione diretta al quinto verso, ovvero eordu
bearnum (figli della terra) e aelda barnum (figli degli uomini), e all’unica variante presente in
quella indiretta, ovvero filiis hominum (figli degli uomini): l’antchità della variante indiretta
hanno fatto talvolta preferire la variante figli degli uomini in quanto di ascendenza biblica e
poetca (Beowulf al rigo 70), ma l’unicità della variante diretta figli della terra ha portato ad
assumerla come lezione originale (lecto difficilior) semplificata e ortodossizzata dalla
traduzione latna di Beda (lecto facilior). Una seconda scelta meno problematca è dovuta alla
variante indiretta auctorem regni caelesti proposta come traduzione della variante diretta
hefenricaes uard (custode del regno celeste): le complesse implicazioni teologiche della variante
indiretta ha portato ad assumere la più ingenua variante diretta come lezione originale molto
più probabilmente adoperata da un bovaro illetterato quale era definito Caedmon.
Secondo Stussi (1985) i due criteri servono non solo quando lo stemma, pur essendo solido,
diventa inutlizzabile a causa del biparttsmo, ma anche quando esso è intrisecamente debole al
punto che è sconsigliabile utlizzare solo ed esclusivamente la sua meccanica di
schematzzazione.
3. La combinato
La combinato consiste nel risanamento della lezione originale per mezzo della combinazione di
due o più variant erronee o considerate tali, le quali vengono ricondotte alla medesima lezione
ancestrale attraverso la giustficazione critca delle deformazioni subentrate nella sua
trasmissione.
Secondo Avalle (1972) la combinato dev’essere ristretta ai soli casi in cui le variant conservino
porzioni varie della lezione originale, la quale diventa così ricostruibile così attraverso la loro
combinazione.
La costtuzione del testo veniva effettuata sulla scorta del codice migliore (codex optmus), il
quale era solitamente identficato con quello più antco (textus vetustssimus): il testo
trasmesso dal manoscritto più antco veniva scelto in quanto presupponeva un minor numero di
corruttele e conseguentemente una maggior genuinità. Da un punto di vista teorico, l’idea alla
base di questo criterio è corretta, ma l’analisi dei rapport fra i testmoni rivela che il grado di
validità documentaria di un testo è direttamente proporzionale alla tradizione di appartenenza
e alla sua trasmissione da un punto di vista pratco.
Il criterio non è stato del tutto abbandonato, anzi è stato ripreso da Joseph Bédier, che
propugnò l'uso del bon manuscrit in opposizione alla resttuto textus del metodo
lachmanniano: l’esasperata soggettività del metodo bederiano non possiede l’oggettività
scientfica supportata dalla razionale analisi testuale e dalla personale (ma cauta!) ricostruzione
di quello lachmanniano.
I codices plurimi
La ricostruzione del testo veniva basata sul consenso della maggioranza dei testmoni, i quali
non venivano indagat nelle loro relazioni e non venivano inserit in uno stemma, ma venivano
affiancat indiscriminatamente: il testo trasmesso da più manuscritti veniva selezionato
indipendentemente dal fatto che fosse una copia dell’originale o della sua discendenza o se
fosse una sua versione trasversale.
Il textus receptus
La costtuzione del testo veniva effettuata sulla scorta della vulgata, ovvero dell’edizione
maggiormente diffusa o accettata di un’opera, la cui conformità sostanziale col testo originale è
solo supposta: il testo trasmesso dall’edizione più antca veniva scelto in quanto più autorevole.
Il criterio è stato abbandonato in quanto il concetto stesso di edizione critca è opposto a quello
di textus receptus: il testo edito rifiuta qualsiasi imposizione precosttuita, ma accetta i risultat
delle operazioni critche di recensio ed emendato.
CAPITOLO VIII
L’edizione
L'edizione di un testo è il principale obiettivo della critca testuale, per la quale il filologo può voler
pubblicare un manoscritto di partcolare interesse o attendere alla definizione dell'opera originale,
ricostruendo mediante l'edizione critca, il testo com'era originariamente secondo la volontà del suo autore.
In entrambi i casi, la pubblicazione del testo è il risultato finale, il quale lo rende finalmente fruibile a un
pubblico vasto e disponibile a ulteriori approfondiment letterari o linguistci.
1. Edizione meccanica
L'edizione meccanica o facsimile di un testo (o codice) consiste nella sua riproduzione con un mezzo
meccanico: fotografia, microfilm, microfiche, ristampa e via di seguito. Un'edizione meccanica può essere a
sé stante - e replicare l'intero codice - o riprodurre poche pagine che arricchiscano un'edizione critca o altre
opere relatve: il codice in questone è riprodotto perché estremamente prezioso e prestgioso sotto vari
punt di vista quali l’eccezionale importanza per la storia della cultura letteraria etc. Tuttavia, l’edizione
meccanica o facsimile non è del tutto priva di difetti: la coloritura della carta è spesso appiattita su un colore
marroncino, il tratteggio della scrittura sfocato etc. Secondo Petrucci (1977) la riproduzione meccanica non
assolve neppure alla finalità di fissazione e conservazione dello stato del pezzo, il quale anzi ne esce
danneggiato.
2. Edizione diplomatica
L'edizione diplomatca di un testo consiste nella riproduzione fedele in caratteri a stampa (compresi
eventuali errori, abbreviazioni, lettere diverse o usi non corrispondent a quello moderno etc). Secondo
Masai (1950) la riproduzione diplomatca assolve alla funzione di riproposizione visiva del testo conforme
alla realtà, la quale conserva la mise en page e la mise en ligne (le caratteristche grafiche quali
abbreviazioni, punteggiature etc e fonetche) e le alterazioni dovute alla trasmissione (rasure, correzioni,
aggiunte ed omissioni etc) e invece esclude l’apparato critco.
La diplomatca è una disciplina storica che consiste nello studio dei document (diplomi) nei loro caratteri
esterni e interni, con lo scopo di accertarne l’autentcità e di ricostruirne il processo di produzione in tutte le
sue fasi e in ciascun aspetto (giuridico, amministratvo, culturale, linguistco, paleografico).
3. Edizione critica
Un caso a parte rispetto ai precedent è rappresentato dall’edizione critca. Al fine di ricostruire un testo e
avvicinarsi all'originale, il filologo non si limita ad esaminare un solo manoscritto, ma analizza tutti i
testmoni che lo trasmettono e propone la propria ipotesi di lavoro al pubblico.
L'edizione critca consiste nella riproposizione interpretatva di un testo, il quale viene ricostruito in base alle
norme procedurali della critca testuale e semplificato per il lettore moderno mediante l’adozione della
moderna suddivisione delle parole, dei corrent usi di maiuscole e minuscole così come dei segni di
interpunzione o diacritci, ovvero segni grafici convenzionali che servono a precisare il significato assunto dai
segni nell’originale o le correzioni introdotte dall’editore nella versione pubblicata. L’edizione critca mira alla
ricostruzione del testo presumibilmente voluto dall'autore, confrontando tra loro tutti i codici che
trasmettono quel testo e cercando di stabilire volta per volta la lezione autentca (tradizione multpla)
oppure correggendo gli errori e tentando di ricostruirlo intuitvamente (tradizione unica).
1. Introduzione
Poiché l’edizione critca è un’ipotesi di lavoro, l’editore deve mettere il lettore nelle condizioni di
verificare punto per punto le operazioni compiute per la resttuzione del testo. È necessario che il
testo sia preceduto da un’introduzione o da una nota prefatoria che illustri:
c. Il complesso della tradizione diretta e indiretta corredata di informazioni sia sugli aspetti esterni, sia
su quelli interni di ogni singolo testmone;
d. La posizione di ogni codice nella tradizione manoscritta con annessa discussione sull’origine degli
errori e delle variant esistent e sulle ragioni delle congetture e scelte effettuate;
e. Le conclusioni tratte dalla propria ipotesi di lavoro con relatva raffigurazione dello stemma.
2. Bibliografia
L’editore deve includere per il lettore l’indicazione di tutte le edizioni precedent e persino dei
singoli contribut (emendament, correzioni etc) che hanno supportato la risultante comprensione
del testo.
a. Segni diacritci
L’editore deve includere sempre per il lettore una tabella (conspectus siglorum) dei segni diacritci
usat nell’edizione per identficare i tpi di intervent effettuat sul testo. Essi sono solitamente:
- Le parentesi tonde, le quali solitamente sciolgono le abbreviazioni assieme al corsivo, il
quale altre volte indica le lettere erronee sosttuite dall’editore;
- Le parentesi uncinate, le quali indicano le part aggiunte o integrate dall’editore (se
lacunoso, il testo presenta delle parentesi vuote all’interno o con dei puntni);
- Le parentesi quadre, le quali indicano le part espunte dall’editore o le interpolazioni
nel testo o le lacune del testo dovute a danno meccanico (se lacunoso, il testo presenta
un determinato numero di puntni o asterischi a seconda delle unità perdute; se
doppie, il testo presenta lettere o parole che lo scriba ha espunto);