Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
ARISTOTELE
PRIME LINEE DI UNA STORIA
DELLA SUA EVOLUZIONE SPIRITUALE
LA NUOVA ITALIA EDITRICE
FIRENZE
PROPRIET LETTERARIA RISERVATA
l1edizione : luglio 1935
3= ristampa: novembre 1964
Titolo originale dell' opera
Aristoteles. Grundlegung eirter Geschichte seiner Enlwicklung
Berlin, Weidmann, 1923
Versione autorizzata di Guido
Calogero
con aggiunte c appendice dell'Autore
STAMPATO IN ITALIA
PRINTED IN ITALY
H TAP NOY ENEPrEIA ZQH
Aust. ATelaph.
PREFAZIONE DELL'AUTORE
ALL'EDIZIONE ORIGINALE
Il carattere di questo libro, che ad un tempo
ri
cerca e quadro d' insieme, esige un breve cenno di accom
pagnamento.
Esso non intende di
offrire
un esposizione
sistematica,
bens un' analisi, che procede dagli scritti di Aristotele e
in essi persegue le tracce obliterate della sua
formazione
interiore. Lacornice biografica ha ilsolo scopo di rendere
perspicuo lo scindersi del complesso,
finora
indistinto,
degli scritti in tre diverse
fasi
di sviluppo. Data la po
vert del materiale, il quadro che in tal maniera si ot
tiene resta certo
frammentario.
Fa per risaltare, nei
suoi contorni, una visione d' insieme intrinsecamente pi
chiara della figura spirituale di Aristotele e dei motivi
dominanti del suo pensiero, che torna a vantaggio della
ricerca storica dei problemi e dei principi
filosofici.
L'autore non ha tuttavia avuto Fintento di
fornire
un
contributo alla costruzione sistematica della filosofia,
bens d' illuminare ilperiodo di storia dello spirito greco,
che porta ilnome di Aristotele.
Irisultati di queste ricerche sono stati da me esposti
ripetutamente, in corsi alle universit di Kiel e di Ber
lino,
fin
dal J916: e da allora data, nella sostanza, anche
la
forma
delF esposizione, eccettuato il capitolo conciti'
sivo. Della letteratura critica apparsa inseguito, che del
resto non
offre
molto quanto ad Aristotele, ho tenuto
confo soltanto per le novit che ne ho appreso o per le
X PREFAZIONI
tesi da cui debbo dissentire. Esi cercheranno invano an
che risultati di ricerche pi antiche, quando esse concer
nevano solo
infruttuosi
cambiamenti di opinioni o di
forme
espositive di Aristotele: cose che non hanno niente
che vedere con la sua evoluzione. Anche meno, poi, s
poneva P esigenza di un' analisi di tutti gli scritti di Ari
stotele, che
fosse
scopo a se stessa, e di una riceraa micro
scopica di tutte le loro stratificazioni, quando si trattava
soltanto di chiarire, con esempi perspicui, il
fenomeno
spirituale della sua evoluzione, nel suo
effettivo
signi
ficato.
Esprimo
infine
il pi profondo senso di gratitudine
alla Casa Editrice, che con coraggiosa
fiducia
ha assunto
inpieno, nonostante lo
sfavore
dei tempi, ilrischio della
pubblicazione di questo libro.
Berlino, Pasqua del 1923. W. J.
PREFAZIONE DELL'AUTORE
A
QUESTA
TRADUZIONE
Che del mio Aristotele appaia un'edizione italiana
*
non molto
tempo dopo quella inglese pubblicata dalla Cla
rendon Press, per me causa di viva
soddisfazione,
in
quanto io mi sento,
fin
dalla giovinezza, legato da stretti
vincoli alla scienza italiana, e specialmente in quanto
saluto con sincera ammirazione e simpatia il rifiorire,
che in essa si
manifesta, degli studi sulla
filosofia
antica.
Sono
grato anzitutto alla Casa editrice, che ha il merito
di aver reso possibile, con la sua iniziativa, questa
ver
sione, e non meno al traduttore, che ha sottratto ai suoi
lavori personali di storia della
filosofia
greca il tempo e
lo
sforzo
dedicati a questa fatica, al
fine
di rendere il
mio libro accessibile a unapi vasta cerchia di suoi con
nazionali.
Ho approfittato volentieri di questa occasione per cor
reggere sviste e inserire aggiunte, atte a
fornire
ulteriori
conferme
particolari alle tesi da me sostenute. Cos,p. es.,
PREFAZIONI
mi stato possibile aggiungere alcune testimonianze anti
che, in genere trascurate nonostante la loro importanza,
deli' idea di uno sviluppo delle intuizioni
filosofiche
di
Aristotele. Non
potevo
invece naturalmente propormi, per
una traduzione, il compito di discutere tutta la vasta let
teratura critica che la pubblicazione del mio libro ha
fatto
venire in luce. Per una simile discussione ci vorrebbe un
libro, clw io non ho iltempo di scrivere, avendo da dieci
anni orientato le mie indagini verso altri campi di studio.
Ad Aristotele
fio
torner bens, ma solo investe di editore,
quando l'edizione delle versioni latine medievali d'Aristo
tele, che stata intrapresa dall' Unione internazionale
delie Accademie e che sar pubblicata in Italia, avrpro
ceduto tanto innanzi da
far
s che l'Accademia di Berlino
possa adempiere a quello che per essa uno storico impe
gno d'onore :possa cio sostituire quella sua vecchia edizione
delle opere dello Stagirita, che un secolo
fafece
epoca, con
un'edizione nuova e
conforme
al livello critico dei nostri
tempi, qual' divenuta possibile specialmente dacch
compiuta la pubblicazione dei ventolto volumi in cui essa
medesima ha edito icommentatori greci di Aristotele. Ma
so lene :vita brevis, ars longa.
W. J.
Berlino, 1" marzo 1934.
IL PROBLEMA
Aristotele c ilprimo pensatore che abbia, nello stesso
tempo, fondato la
gua
filosofia e l'inquadramento storico
della propria personalit speculativa, e con ci inaugu
rato una nuova, interiormente complessa e pi responsa
bile, forma di consapevolezza filosofica. Il creatore deb
l'idea dello sviluppo storico dello spirito concepisce an-
che~la~p"ropria opera come il risultato di una evoluzione
dipendente solo dalla legge intrinseca alla cosa, e anzi
fa apparire dappertutto, nella sua esposizione, ipropri
pensieri come il frutto immediato della critica dei suoi
predecessori, inparticolare di Platone e della 6ua scuola.
stato quindi un concetto filosofico e aristotelico quello
a cui si obbedito quando lo si seguito in tale intento,
e si cercato di comprenderlo storicamente in funzione
di quegli stessi presupposti, su cui egli costru ilsuo edi
ficio scientifico.
Ilfilologo, il quale abituato a valersi del giudizio
che una personalit storica porta su se stessa come d
fonte non del tutto obiettiva, e a non trarre da esso
il suo criterio di misura, non pu meravigliarsi del fatto
che tutti questi tentativi non abbiano condotto a una
viva penetrazione del carattere filosofico di Aristotele,
tanto pi in quanto si cominci col giudicarlo in fun-
zione dal suo modo d'intendere i predecessori: come
1.
W. Jaeger,
Aristotele.
o IL PHOIU.EMA
se mai un filosofo potesse, in questo
senso, comprendere
isuoi predecessori. Tuttavia ci pu essere un solo cri
terio positivo per valutare Findividua creazione di Ari-
stotele: e questo
non nel modo
in.
cui egli critica_Plfo_
ton, bens nel"modo in cui egli stesso piaionizza (per-
che ci significa, per lui, filosofare).
A spiegare perch
egli abbia fatto procedere la scienza in quella determi
nata
direzione, non basta.
la",
storia precedente
della
scienza,""ima~occorre anzitutto la sua propria evoluzione
filosofica; per lo stesso motivo
onde_aneb)_egli_non_ de
duce soltanto dai predecessori
la posizione
di Platone
nella storia del pensiero greco,
ma .
Ia_spiega come pro-
dotto dell'Incontro della sua originalit creatrice con
qugTTnjfiussi
storici. Se vero che nella considerazione
del divenire spirituale l'elemento creativo ed originale
non deve avere, nelle grandi
individualit, troppo
breve
parte,
vero di conseguenza che la complessiva
evolu
zione storica ha bisogno di essere integrata
con l'evolu
zione organica della singola personalit.
Lo stesso Ari
stotele
segnala lo stretto nesso di evoluzione e forma:
forma impressa, che vvendo si sviluppa , il con
cetto fondamentale della sua filosofia. Scopo ultimo
per lui quello di conoscere la forma e
]a entelechia at
traverso gli stadi del suo accrescimento. Solamente cos
l'elemento normativo di una struttura spirituale viene
in immediata
evidenza, come ancora Aristotele gi dice,
al principio
del suo corso di lezioni sulle forme primitive
della vita
statale; Allo stesso modo die in ogni altro
campo, anche qui la retta considerazione 8..o.t.Uene.
'sol
tanto quando si scorgano le cose nel loro svolgersi dalle
prime origini.
uno dei quasi inconcepibili paradossi,
di cui pur
ricca la storia della conoscenza
umana, il fatto che sino
ad oggi (quando si prescinda da qualche singola
mani
festazione, non priva
di merito ma affatto parziale e
IL I-IOBLEMa 3
perci rimasta inefficace) non si sia mai applicato ilprin
cipio dello
sviluppo organico allo stesso autore di tale
principio. Si pu senza esagerazione dire che in un'et,
in cui stata messa insieme un'intera letteratura circa
il_ processo evolutivo di Platone,
dell'evoluzione di Ari
stotele non parla che qualcuno, e
comunque quasi nes
suno sa nulla.
Questa tenace trascuratezza per uno dei
problemi pi vitali della storia dello spirito antico ha
conclusivamente esercitato tanta suggestione, che nella
non applicazione della considerazione storica ad Aristo
tele si persino veduta una specie di simbolo della sua
ideale differenza rispetto a Platone. E mentre la storia
dell' evoluzione platonica
minaccia di rendere a poco a
poco gli
osservatori insensibili per l'impeto costruttivo,
che costituisce una delle forze fondamentali del pensiero
di Platone e lo distingue da tutti ifilosofi precedenti, ci
si all' incontro abituati a considerare la questione della
cronologia e
dello sviluppo della dottrina
aristotelica e
delle sue fonti quasi come un segno d' inintelligenza filo
sofica. La monade infatti, che al di
fuori del tempo reca
in s il germe di ogni particolarit, sarebbe,
appunto,
il sistema.
La ragione
fondamentale,
per la quale finora man
cato il tentativo di una storia dell' evoluzione aristote- _
..........
lica, e stata, in una parola, la concezione scolastica della
Ya filosofia come rigido
schematismo concettuale, il cui
apparato dialettico dominavano
abilmente icommenta
tori, senza
tuttavia aver sempre un'
idea e un' esperienza
personale
delle forze motrici della ricerca aristotelica,
del singolare
concorso di
penetrante, astratta apodittica
e d' intuitivo, organico senso della forma. Lo spirituali
smo di Aristotele saturo di intuizione e realt: ilsuo
faticoso rigore
dimostrativo solo il vincolo salutare,
che la
sanguigna vitalit del quarto secolo h3 imposto
a se stessa per ascesi
pedagogica. II
principio dell' incora-
4 IL PROBLEMA
prensione era gi implicito nella separazione delle parti
in stretto senso filosofiche della dottrina
aristotelica, e
cio della logica e della metafisica, dall'indagine empi
rica della realt quale si venne compiendo nel Peripato
fin dalla terza generazione.
E per quanto grande sia stato
pi tardi il merito della scuola dei commentatori inau
gurata da Andronico (1sec. a. C'.), alla quale anzitutto
dobbiamo la salvezza degli scritti dottrinali, e per quanto
superiore, per rigore di concezione filosofica, fosse illoro
tradizionalismo fedele alla lettera a paragone dei miseri
seguaci di Teofrasto e di Stratone, neppure questo moto
di ritorno ad Aristotele arrec una rinascita dello spirito
originario. Mancava ad esso la feconda base di una scienza
della natura e dello spirito in costante progresso,
e con
ci quella fruttuosa azione reciproca di esperienza ed
elaborazione
concettuale, dalla quale le idee speculative
di Aristotele avevano attinto la loro malleabile e pieghe
vole forza. D' allora in poi, nella comprensione di Ari
stotele, non vi pi soluzione di continuit: alla tradi
zione dei commentatori si connette l'aristotelismo
orien
tale, e ad esso quello occidentale, senza lacune. Ilpecu
liare carattere di entrambi, la cui efficacia educativa bu!
loro tempo non pu del resto esser mai valutata abba
stanza, inquella stessa scolastica puramente
concettuale,
che gi al mondo antico aveva sbarrato il passo per una
viva comprensione di Aristotele. Non si era in condizione
di comprendere la sua filosofia come il prodotto del suo
singolare genio e dello stato dei problemi, storicamente
dati, del suo tempo, e ci si atteneva perci solo alla
forma impressa , senza sospettare come la sua vita si
fosse svolta.
Frattanto, e solo per colpa del tradiziona
lismo, era intervenuta la perdita di una delle fonti prin
cipali per la conoscenza dell' evoluzione d Aristotele,
cio dei dialoghi e delle lettere; e con ci err anche
l
ostruito 1' accesso al mondo della sua umana personalit.
IL PROBLEMA 5
Cos accadde che il ridesto amore per 1' antichit, provo
cato dall' Umanesimo, non port quanto ad Aristotele ad
alcun cambiamento, tanto pi in quanto egli appariva
come il principe di quella scolastica medievale, che da
un lato Lutero e dall' altro gli umanisti disprezzavano
con pari energia. Fra tutte le grandi figure della filosofia
e letteratura classica, ilsolo Aristotele non ha goduto di
alcuna rinascita. Ognuno, certo, sapeva che egli era una
grande forza, una delle basi del mondo moderno: ma
egli rimaneva un elemento di tradizione, e proprio per
il fatto che si aveva ancora troppo bisogno della sua
scienza, pur dopo 1' et dell' Umanesimo e della Riforma.
Tanto Melantone quanto iGesuiti hanno costruito la
loro teologia sulla sua metafisica; Machiavelli ha estratto
le sue tegole dalla politica, icritici e ipoeti francesi
dalla poetica. Alla logica hanno attinto tutti ifilosofi,
anche molto dopo Kant; all'etica, moralisti e giuristi.
Quanto
ai filologi, non era tanto un troppo forte in
teresse per ilcontenuto a impedir loro di penetrare sino
all' interna forma del suo pensiero, quanto ilgretto e for
malistico concetto dell'antica prosa d'arte, quale gli uma
nisti avevano nuovamente messo in onore. Essi hanno,
certo, studiato acutamente gli scritti superstiti di Aristo
tele, e cercato di stabilirne il testo; ma il nuovo senso
stilistico era esteticamente urtato dallo stato di incompiu
tezza in cui essi sono tramandati. Si applicava ad essi un
criterio di stile letterario, contro le cui norme essi urta
vano continuamente e che era loro del tutto estraneo.
Si confrontava ingenuamente lo stile degli scritti dot
trinali coi dialoghi di Platone, e ci si entusiasmava della
meravigliosa arte di questi, mentre si tentava di trasfor
mare violentemente le trattazioni aristoteliche in ma
nuali leggibili mediante ogni sorta di interventi razio
nalistici, atetesi di parti incomode e trasposizioni di libri
interi o di singole frasi.
Questa
specie di crtica nacque
6 IL PROBLEMA
dal misconoscimento di quella forma provvisoria, che
cos significativa per lo spirito della filosofia aristotelica
e dalla quale deve muovere ogni suo intendimento slo-
rico. Anche inPlatone, certo, l' importanza del problema
della forma per la conoscenza del suo peculiare spirito
stata a lungo, ed sempre di nuovo, misconosciuta;
particolarmente la filosofia degli specialisti e la filologia
dei letterati sono sempre inclini a considerare la forma
come qualcosa di letterario, che non ha alcun significato
per il contenuto del pensiero platonico, per quanto la
connessione di quel pensiero con quella forma sia un
fenomeno unico nella storia della filosofa. Tuttavia la
maggior parte dei critici sa ormai he lo sviluppo for
male una delle principali chiavi dell'intendimento
filosofico di Platone; mentre, nel caso d Aristotele, si
vorrebbe aderire tanto pi esclusivamente al contenuto,
in quanto,
si dice, esso non ha affatto forma. Ma se
togliamo di mezzo la gretta idea della forma letteraria,
propria della retorica ellenistica (alla quale per poco
non dobbiamo ascrivere la perdita delle opere dottrinali
di Aristotele, come dobbiamo attribuirle quella della let
teratura stoica ed epicurea) ecco che il problema del
l'evoluzione storica si pone da se. Impossibile infatti
spiegare Io stato caratteristico dell' opera lasciata da Ari
stotele, senza ammettere che essa rechi in s le tracce di
diverse fasi del suo sviluppo. L' analisi degli scritti dot
trinali porta da s a tali concezioni, e iresti dei perduti
scritti letterari la confermano. Primo e inevitabile com
pito di questo libro sar dunque quello di segnalare anzi
tutto, in base ai resti delle opere perdute e attraverso
1' analisi degli scritti pi importanti, come stia a loro
fondamento un' evoluzione : conforme, del resto, all' ori
gine stessa del presente lavoro, nato dall' interpretazione
degli scritti e dei frammenti a proposito d un'edizione
IL PROBLEMA 7
della Metafisica.
La critica filologica entra in ogni modo
immediatamente
in servigio della posizione filosofica dei
problemi, perch si tratta di chiarire non soltanto lo
stato esteriore degli scritti come tali, ma anche il modo
in cui in esso si manifesta 1' energia propulsiva del pen
siero aristotelico.
PARTE PRIMA
IL PERIODO ACCADEMICO
L
L'ACCADEMIA
QUANDO
VI ENTR ARISTOTELE
Secondo l'attestazione, degna di fede, dei biografi,
Aristotele scrisse al re Filippo di Macedonia di essere ri
masto vent' anni presso Platone. Avendo egli appartenuto
all'Accademia fino alla morte di Platone (348/7), vi en
tr, dunque, nell'anno
368/7.
Inquel tempo egli era nella
giovanile et di circa 17 anni1).
Quando
lasci la scuola,
;i avvicinava gi ai quaranta. Di questi indiscussi dati di
fatto si rimasti troppo poco sorpresi. Certo, nella storia
dei grandi pensatori, e forse addirittura in ogni evolu
zione spirituale di indipendenti nature creatrici, non si
trova altro esempio di un uomo dotato di originalit pa
rimenti profonda, che sia rimasto cos tenacemente sotto
l'influsso di un genio di tutt' altra natura e di prepo
tente forza, e sia cresciuto del tutto alla sua ombra. Ora,
difficile trovare un pi esatto criterio di misura per
la interiore ricettivit, e insieme anche per la sicurezza
ed energia della capacit creatrice, della relazione, che
') Della lettera parla la Vita Marciana, p. 427, 18 Rose (Pa.
Ammon., p. 438, 13 ; Traimi, lat., p. 443, 12). La notizia dell'et
di 17 anni non deriva dalla stessa fonte, ina si trovava combinata
con la notizia tratta dalla lettera gi presso ibiografi alessandrini:
cfr. per ci Dionys. HaLic., ad Amiti* 5 >(728 R.).
12 IL PERIODO ACCADEMICO
lega le forze e per ci stesso le chiama alla luce, con un
grande maestro e con la forza spirituale che attraverso
di lui obiettivamente agisce, e a cui il giovane consacra
l'amore della sua giovent e la sua prima dedizione,
fino al tempo in cui, fattosi maturo al contatto con essa,
se ne separa. questo il tema dell' interiore evoluzione
di Aristotele. All' esperienza del mondo platonico, e alla
crisi ond' egli pass da quella a se stesso, egli deve la
straordinaria tensione dell' intelletto, la cui elastica ra
pidit pone il~suo pensiero a un grado pi avanzato ri
spetto a quello dTTlatone, nonostante la differenza spe
cfica tra
ljiua genialit limitata e quella illimitata del
maestro. E, d' allora in poi, discendere da quel grado
vale quanto girare all' indietro la ruota della Necessit.
Non lecito considerare la relazione filosofica di Ari
stotele con Platone, secondo quanto fino ad oggi si pur
"smpre" ftcttocome~n' adesione intellettuale a certi prin
cipi del maestro e un dissenso da certe altre parli della
sua dottrina, all stesso modo incui si pu concepire la re-
lazione di uno'dTerno pffessoT di fil'Mfia''cn Knt. In
vero, proprio il rilievo del carattere incomparabile della
natura di Platone e del suo plastico filosofare ha fatto
sorgere dubbi circa la comprensione di Aristotele per il
suo modello. Appunto ci che in Platone forma, appa
rizione, mito, deve (secondo questa opinione) essere stato
trascurato da Aristotele. La sua critica sembra quasi 11011
colpire Platone, in quanto non tocca per nulla questi lati,
pure essenziali alla sua natura. Nella sua astrattezza, essa
sembra una [iev<4J3acris
et?
XXo og. Ma quanto miope,
anzi scolastica, una simile accusa'. Inpi di un luogo
Aristotele fa comprendere che egli prima di passare alla
critica stato chiaramente consapevole proprio di que
sta natura dello spirito platonico. N altrimenti avrebbe
potuto essere, in un uomo in cui onoriamo il creatore
della psicologia e della sua applicazione a fenomeni spi-
l'accademia QUANDO
VI ENTR ARISTOTELE
13
rituali
ed artistici. Proprio
lui stato quello che ha
coniato
per primo
brevi e calzanti parole per
designare
in
Platone quell' elemento
poetico, che icritici moderni
credono
di aver scoperto.
L'essenza artistica del dialogo
platonico stata dajui definita
piesattamente
chjlalla
maggior parte
dijquellu
Egli nonhamai creduto di esau
rire, con la sua critica_.dellg-j
MS
Ita logiche ed ontolo
giche della dottnna.
platonica,.il.suo..sigreificato.
8torico._e...
-
il suo universale contenuto.
Tutto ci evidente, e non
ha bisogno dell' attestazine
delle sue stesse parole, per
chiunque sa come Aristotele non si avvicin affatto, ini
zialmente, con fredda intelligenza critica al mondo
della
filosofia platonica, ma anzi rest per lunghi anni domi-
nato dall'enorme
suggestln~dil
sua figura.
Ma altro
comprndere nella sua natura un mondo
.cos
complesso, ..
composto delle pi varie_forze spirituali
e affatto
singo
lare nella sua individua irwnfestazionecqme.q(ie]lo1.pla-...
tonico, altro volerlo imitare e.
proseguire come. sistema..
In_questo_punto
il Invio tra l planismo
fecondo e
il platonismo sterile. Sterile
l'estetizzante
mendace,
scimmiesca contraffazione dell' unit spirituale
di Pla
tone, il verboso culto dei
simboli e termini a lui
cari-, fe-
eondo illavoro intorno
ai suoi problemi, al quale Pla
ton?"stesso aUribTace' il
vatre"7massirno'
Ed esso con
duce necessariamente oltre di lui. Fecondo anche 'di
ventar consapevoli, insieme con Aristotele, merc la con
siderazione dell'antitesi
tra la scienza moderna
e la non
pi
riconquistabile unit
spirituale di Platone,
del carat
tere
unilaterale, se anche tanto necessario, del nostro pen
siero. In tempi diversi, Aristotele ba assunto rispetto a
questo
problema una posizione
diversa. A iniziali
tenta
tivi d' ingenua imitazione
e continuazione del modello
platonico segue un periodo in cui egli ha imparato
a
distinguere tra l'essenza eterna dell' eredit platonica
e
gli elementi temporali,
individuali e perci irripetihir
14 il periodo
accademico
della Bua formulazione, che egli cerca di eliminare, pur
sforzandosi di conservare fedelmente quell'essenza. La
filosofia di Platone diviene ora per lui, da compiuta for
ma, materia
pe7"qurcs'dihuqvo_ pi alto. La presa di
posizione
.risnetto-a-n
che,
con tutta l'animargli ha t-
tinto da Platone,
si__estende attraverso l'intera opera"
dlia sua vita, il filo conduttore della sua stessa evo-
I luzione. Essa fascia inlravvederc un progressivo sviluppo,"
: attravrso icui diversi stadi dato seguire chiaramente
I
il processo onde il nocciolo essenziale del suo pensiero
si libera dalla corteccia. Anche le ultime creazioni re
cano in s, in certo modo, la traccia e il sigillo dello
spirito platonico, ma in grado pi esiguo che quelle di
pi antica et. concetto aristotelico dell'evoluzione
pu esaere applicato a lui stesso: la nuova forma, che
vuol realizzarsi nel divenire, si afferma vittoriosamente
contro l'opposizione di una materia, per quanto grande
sia il valore intrinseco a questa. Essa cresce e trasforma
quella dall'interno secondo la sua legge, imponendole la
propria figura. Come la tragedia si sviluppa dal diti
rambo facendogli subire varie modificazioni, finch essa
raggiunge la 6ua pi propria natura
(loe xijv iauzijc
cpoLv), cos Aristotele giunto dall' elaborazione della
filosofa platonica alla formazione di se stesso. La storia
della sua evoluzione presenta, coi suoi documenti esatta
mente determinabili, addirittura una scala del graduale
processo in tale direzione, anche se egli non riusc, in
molti punti, ad andare al di l del compromesso. Intali
puntici suoi scolari lo hanno spesso capito, pi tardi,
meglio di quanto si fosse capito egli stesso, cio hanno
cancellato 1' elemento platonico e cercato di conservare
quello puramente aristotelico. Ma ci che specifica-
niente aristotelico proprio soltanto lajmetjji Aristo
tele. Gli scolari non capirono questo: egli ne rimase
sempre consapevole.
l'accademia QUANDO
VI ENTR ARISTOTELE 15
L' Accademia, in cui Aristotele entr nel 367, non era
pi quella dei tempi del Simposio, attorno alla cui tavola
Platone, nel tumulto dell' entusiasmo, poteva pensar radu
nati iprincipi delle arti e delle scienze e irappresentanti
della giovent ellenica, per udire dalla Locca della veg
gente
il grande mistero della nascita dello spirito da Eros.
L' essenza_del pensiero di Platone,non coincideva pi, gi
da lungo tempo, col simbolo_
che_e380__gi jera .creato-nelle
opere della giovinezza, nella centrale figura filosofica, di
Socrate. Ilsuo contenuto e il suo metodo oltrepassavano
ampiamente la cerchia dei problemi socratici. Ci che_So;....
crSe era stt"per"PItri' " per la primitiva scuola.pla:,,
tonica, ArBtotIe"pvT"sentirlo ormai solo attraverso Ia__
lettura, e non pi per l viv'presenza vitale dello spirito
socratico, nell' "Accademia del decennio tra il e. iL?50
Testimoninz'gi' clssiche di un'ormai conclusa stagione
del maestro, il Fedone e il Gorgia, la Repubblica e il
Simposio sovrastavano come calme divinit alla realt
operoga della scuola. Chi fosse stato, da lungi, allettato da
esse a godere la personale presenza di Platone, restava
certo meravigliato che in seno a quella Bcuola filosofica
non si celebrassero misteri. Da quelle opere emanava,
e splendeva lontano, una forza trasformatrice, una se
riet nuova.
Questa
trov Aristotele anche nell'Accade
mia. Ma le classiche dottrine platoniche delle idee, del-
l'unit e della molteplicit, del piacerete del dolore,
dello Btato, dell' anima e della virt, non erano affatto
reliquie intangibili per le~"discussion.iIlegli-SColrL--ma.
venivano senza tregua esaminate,
difese.e, modificate, con
acuta distinzione dei concetti e minuziosa indagine della
loro logica capacit. Decisivo era poi ilfatto che a questa
comune opera di pensiero partecipassero anche gli sco
lari." Le figure e imiti dei dialoghi erano, e rimasero, la
pi peculiare "e Irripetibile creazione di Platone; all'in
contro, la discussione dei concetti divenne il principio che
16 IL PERIODO ACCADEMICO
pi tipicamente determin il carattere dell'Accademia
accanto al suo motivo religioso, giacche soltanto questi
due elementi dello spirito platonico potevano esser tra
smessi a una tradizione.,,
Quanto maggiore fu il numero
dglscoIaxT che egli attir a s, tanto pi forte divenne
la preponderanza di quella rispetto al Iato artistico della
sua natura. La compressione _che_ il dialettico esercit
sul poeta aveva certo, in Platonej un fondamento pro-
prio nell'affettiva compresenza di tali forze contrastanti,
ma fu
soprattutto la_scuola a condurlo irresistibilmente
in quella direzione.
Per T orientamento spirituale di Aristotele decisivo
fu il fatto che proprio al tempo del suo ingresso nel-
l'Accademia cominciasse a svolgersi quella trasforma
zione cos grave di conseguenze, con 1' elaborazione della
.pi tarda dialettica platonica. Grazie ai progressi della
pi moderna indagine platonica possiamo seguire anche
con precisione cronologica questo processo nei grandi
dialoghi metodologici, che Platone scrisse in quegli anni:
_il, Teeteto, Sofista, ilPqlijico,.i)arinenUle,q il
Filebo,
Il dialogo principale di questo gruppo, il Teeteto, fu
scritto poco dopo la morte (369) del famoso matematico
di cui esso onora la memoria1). Esso tanto pi carat-
') Per gl'indizi cronologici esterni cfr. gli argomenti deri=ivi
di Eva Sachs, De Theaeieto Atheniensi mathematica (Diss., Berlino
1914), p. 18 segg. 'La prova di maggiore evidenza naturalmente
fornita dalle analisi stilistica e filosofica, entrambe confermami
g' indizi esterni di tarda composizione. Non e' ormai pi nessuno
che voglia porre al principio dell'evoluzione
platonica, quale dia
logo elementare, (come pur faceva ancora lo Zeller) il Sofista,
che approfondisce in senso positivo il problema del Teeteto e che,
come ilPolitico egualmente connesso a questo ciclo, conserva anche
la medesima cornice scenica. Le fondamentali ricerche del Campbell
sono state accolte in Germania soltanto tardi, ma sono state in
compenso confermate in ogni lato dalle indagini pi recenti. Deci
siva per ci la storia dello sviluppo della dialettica platonica, che
d'allora in poi si fece strada: cfr. soprattutto le Studicn zur
Entwicklung der platonischen Dialektik (Breslavia 1917 [2" ed. am-
pliata, Lipsia 19311) di J, Stcnzcl, a cui devo non poco:
L'ACCADEMIA QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 17
teristico per lo spirito dell' Accademia nel tempo in cui
vi entr Aristotele, in quanto in esso e nei dialoghi se
guenti
(
Sofista
, Politico) il paziente lavoro della scuola,
che nelle opere del periodo classico appariva quasi com
pletamente superato, comincia a costringere al proprio
servizio l' intera opera letteraria di Platone, lasciando
cos un quadro della sua fatica, in cui non manca alcun
tratto importante. Essenziale per la comprensione_di Ari
stotele e della sua relazione con Platone che non si
parta dalia vaga idea complessiva
di Platone e si
pnga al suo luogo il ben definito concetto dell' astratto.,
e metdlgccf prodo ultimo della filosofia platonica,
iniziatosi nel 369. Con essa era indicato cT'Aristotele un
orientamento" preciso, ed aperto alla sua speciale pre
disposizione un campo di fecondo lavoro originale.
L' attitudine del puro ricercatore, che distingue Art-
stotele'dH'praLi'co'empirismo'dlia socratica dallo
spi
rito riformatre' del primo Platone, e ilcarattere astratto
"dT"suo
pensiero,
che lo mette in contrasto con la pla
sticit artistica di quelloj non sono tratti che fossero pro
pri soltanto
alla, sua personalit._.Vi si manifest la ge
nerale tendenza dell'Accademia nel"tempo
in cui egli le
appartenne, neetoj.
l'apoteosi,di,..questo,
.non
socra
tico ideale di filosofo del tardo periodo platonico.
N.ella
rappresentazione
del
filosofesche
1' episodio, del dialogo
pone in bocca a Socrate, il filosofo non appare
simile a
quest'
ultimo
quale
con storica fedelt era stato caratte
rizzato nell' Apologia,
bens al tipo del matematico so
litario, icui tratti hanno palesemente contribuito a de
terminare il nuovo ideale teoretico.
Nondi
ci che sta
iu cielo o sotto la terra, ma solo dell'.uomo
si era dato
penser Scrate. IlTeeteto chiama invece 1' anima filo
sofica "YlofpsTpca e arpovojiouaa *)". La. realt pros-
') Theaet., 173 E-174A.
2.
W. Jaeodi;, iim/olel.
IS IL PERIODO ACCADEMICO
sima le appare indifferente: essa disprezza il pratico
tendere ed operare, cio proprio la vita di quegli uo
mini tra cui Socrate aveva cercato .diVpreferenza i.auoi
ascoltatori, ed erra in lontananze sublimi, secondo la so
lenne espressione attinta a Pindaro.
Nel Teeteto si accenna gi, con ciliare parole, anche
alla prossima apparizione del Parmenide, che con molta
probabilit stato scritto prima ancora della continua
zione del Teeteto, cio del
Sofista
e del Politico, ed era
quindi forse gi pronto quando Aristotele entr nella
scuola : in ogni caso, non venne alla luce molto pi tardi.
Non verosimile che, in cos giovane et, Aristotele ab
bia senz' altro preso, nella nuova cerchia, l'iniziativa di
un sovvertimento capitale, quale gli attribuiscono coloro
che fanno risalire a lui le obiezioni di questo dialogo
contro la i.ottrina delle idee. II dialogo attesta quanto
l'Accademia, gi primardi .Aristotele, avesse proceduto
nella critica.delle.ibride propriet ontologiche ed astratte
"3eIIe*'idee: la distinzione delle ime dalle altre non po
teva "essere a lungo evitata. Platone credeva, certo, di
\
| poter "dominare"le difficolt, ma riconobbe come giusti-
\
I
(
beata, in linea di principio, la faticosa indagine logica
1 1
ij
ed ontologica delle idee quale compiuta in questo
dialogo e nei seguenti, e apr con ci egli stesso la via
alla successiva evoluzione. Difficilmente, invece, si po-
ijtrebbe riconnettere la speculazione aristotelica al Fe- 1
( done o alla Repubblica e alla loro dottrina delle idee.
La relazione di Platone con segnalati matematici del
suo tempo, come con Teeteto e Teodoro, opposti rappre
sentanti della generazione giovane e fornita d' interesse
filosofico e di quella vecchia, capacissima nel suo campo
ma intollerante di filosofia, ha non senza ragione lasciato
le sue tracce proprio in un',opera, che apparve, in...quel
tempo. Circa il 367 anche Eudosso di Cizico venne ad
Atene con la Bua scuola, per discutere con Platone e coi
L'ACCADEMIA QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 19
suoi discepoli problemi che agitavano gli uni e gli altri 1).
Fu quello un avvenimento sensazionale, e d'allora in poi
vediamo costantemente in relazione con l' Accademia
membri di quella scuola di matematica e di aslronmiaV_
.
come
Eicone7~~Ateneo
ed altri. Gi nella Repubblica
dato osservare l'efficacia della nuova scoperta
Jella
ste-
remetri'Sp'operata tla Teeteto._Dai tempi del soggiorno
di Eudosso l'interesse per inuovi tentativi della scuola
cizicena, diretti a spiegare imovimenti irregolari dei
pianeti con semplici presupposti matematici, occupa un
posto dominante nel pensiero di Platone e nei suoi se- .
guaei. Ma anche altri impulsi spirituali provennero da
\\
Eudosso: l'orizzonte geografico e storico-culturale si
ampli enormemente. Eudosso rec con s ima pi esatta
conoscenza dell'Asia e dell' Egitto e rifer, per personale
esperienza di molti anni, circa lo stato della scienza astro
nomica di quelle regioni. Anche per_i.problemi..etici, gli
si era debitori: la questione, pi tardi cos decisiva per
1' etica aristotelica, dell' essenza e
del.
significatp_del pia
cere e del dispiacere, port negli ultimi anni della vita
di Platone a un grande "dibattito accademico, a cui_prc-
sero parte Senocrate, Speusippo e
Aristotele. .con.scritti
Ttspl ijSoviic, e To stesso Platone col Filebo. Aristotele,
che conobBiTEudosso~fin-daT pfincipi~(ll suo soggiorno
all'Accademia, tratteggia la sua impressione personale,
ancora molto tempo dopo, con schietto calore, quando
ricorda l'influsso che da lui gli deriv. Eudosso discusse
') La congetiura del Tannery {Histoire
de l'astronome, p. 296,
n. 4) confermala dalla Vita (p. 429, 1 Rose), secondo la quale
Aristotele enlr nell'Accademia al tempo di Eudosso. Qualche com
pilatore lia, cio, frainteso l'indicazione cronologica e preso Eudosso
per un arconte. Nella fonte era soltanto rilevata la coincidenza tem
porale dell' ingresso di Aristotele con la presenza di Eudosso. Cfr.,
sulle tracco di J. Jacoby, E. Sachs, op. cit., p. 17, n. 2.
20 IL PERIODO ACCADEMICO
.lanche
la dottrina delle idee e propose una modificazione
'
del loro concetto 1).
E, in generale, la scuola platonica prese sempre pi
ad attirare personalit straniere, e delle pi diverse atti
tudini spirituali. Iviaggi avevano condotto Platone in
stretto contatto con ipitagorici della cerchia tarentina
di Archita, il cui influsso si estendeva fino alla Sicilia.
Col fioriva allora la scuola medica di Filistione, la cui
efficacia oltrepassava anche iconfini dell' isole, onde de-
v'esserne fatto idealmente dipendere p. es. uno scrittore
e medico come Diocle di Caristo d' Eubea. Con FilBtione
Platone dev' essere etato in rapporto.
L' autore della co
siddetta seconda lettera platonica sembra abbia avuto
notizia della Bua relazione con lui, e probabilmente an
che di un invito di Filistione ad Atene. In ogni modo
dietro iltarp? SixsX?
arc y;, non altrimenti desi
gnato, della cui annoiata presenza alle sottilizzazioni con
cettuali degli Accademici parla un comico contempora
neo, si cela, se non Filistione stesso, una reale persona
lit della sua scuola 2).
Questo
racconto pu del resto mo
strare come Platone curasse s d' intrattenersi con dotti
di ogni disciplina, ma il risultato si restringesse sovente
solo alla scoperta dell' abiss invalicabile che separava
la scienza ionico-siciliana da ci che per scienza inten
deva Platone. L' ampiezza con cui il Timeo fa uso dei
J) Per le opinioni di Aristotele circa ilcarattere e la teoria edo
nistica di Eudosso v, Etilica Nicorn., K 2; circa la sua proposta di
trasformazione della dottrina delle idee Metaphys., A 9, 991 a 17 e
il secondo- libro del IIspl (fr. 189 Rose), dove la trattazione
era pi ampia ed erano contenuti gli argomenti in contrario, poi
conservati -da Alessandro nel commento al luogo citato della Me
tafisica. Eudosso voleva concepire la methexis come immanenza
Ielle idee nelle cose, ed era in ci combattuto aspramente da Ari
stotele. 'Che essa costituisse allora il problema pi dibattuto risulta
del resto anche dai dialoghi platonici pi tardi.
s) Epicre.te, fr. 287 Kock. Cfr. M. Wcllmann,
Fralmente
der
sikelischen Ante (Berlino 1981), p. 68, e ilmio articolo Dos
Pneump
im Lykeion (in Hermes, XLVIII). p. 51. n. 3.
l'accademia QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 21
risultati della pirecente medicina, matematica ed astro
nomia, non deve nascondere la sovrana libert con la
quale Platonesi comporta rispetto alla materia onde crea
poeticamente la sua cosmogonia.
Comunque, nella scuola dell' ultimo Platone fu sotto
posto
a riflessione e discussine
incassai
ricco materiale,
e un Aristotele poteva bene, in' tale ambiente, imparare
a valutare da. s_il_smfica_to jelle realtmgoler_che
pi tardi divennero tanto essenziali per ilsuo metodo di
ricerea.~Tuttavia non si dovrebbe parlare,"" coin"ggi si
fa comunemente 1), di un' organizzazione delle scienze
nell' Accademia. Le moderne accademie e universit non
possono far risalire la loro tradizione a Platone, da cui
era lontanissimo il pensiero di un' unit sistematica di
tutte le scienze, e ancor pilontano quello di una realiz
zazione pratica di tale unit in un' organizzazione enci
clopedica delle discipline scolastiche ai fini dell' inda
gine dottrinale. Le scienze della medicina, della mate'
malica, dell' astronomia, della geografia e dell' etnologia.
igrandi complessi dell' archeologia e della storia, delle
arti retoriche e dialettiche, per ricordare soltanto itipi
pi notevoli dell' indagine greca, si sono sviluppate cia
scuna per s, nonostante che in certe occasioni si trovas
sero riunite in singole personalit, e anche allora con-
ducevano indisturbate una vita autonoma. L' idea di ve
der connessa in un universale sistema delle scienze la
loro matematica con la ricerca, condotta da alcuni sofisti,
dell' archeologia o della storia della cultura greca, sa
rebbe apparsa molto singolare a un Teodoro o a un Tee-
teto. Anche imedici restano affatto indipendenti. Una
figura d' eccezione Democrito, e pi tardi Eudosso, che
in certa misura anticipa il tipo aristotelico.
Quest'
ul-
*) Sin dal tempo dell'articolo, divenuto celebre, di H. Usener
in Preussische Jahrbiicher, LIII (1884), ristampato in Vortr'ge und
Auh'ize,
n. 69. ...... ...
22 IL PERIODO ACCADEMICO
timo fu un prodigio di versatilit e un matematica e
astronomia con geografia ed etnologia e con studi me
dici e filosofici, conducendo ricerche originali nei primi
quattro campi di indagine.
Quanto
a Platone, tutto il suo sforzo era esclusiva
mente orientato verso 1' ente . Se si vuole inserirlo
neir_ft3n"d"6l"*pehsiro greco, egli prende posto
tra
irappresentanti dell' indagine__crca 1' oola, a cui
.
egli
diede un nuovo orientamento con la dottrina delle idee,
e che anzi risuscit senz' altro a vita nuova. Dalla teoria
delle idee non si pu dire che egli discenda alla molte
plicit, al mondo empirico, perch la sua ricerca mira
soltanto all'unit e al soprasensibile. E direzione della
sua indagine parte dal mondo dell' apparenza e procede
verso l'alto. Solo per le esigenze della speculazione
concettuale egli giunge_all'_elaborazione.deljnietodo della
divisione logica, che pi tardi acquista in Aristotele cos
enorme importanza per" il dominio empirico tanto del
regno animale e vegetale quanto
del mond dello spirito.
Vr"p'r~Platone non si tratta ancora dell' ordinamento
' sistematico delle realt singole, che per lui giacciono al
di sotto della sfera dell' eidos e sono assolutamente
! rceipov, e quindi inconoscibili. Per Platone il concetto
!
dell'individuo (ttojiov) quello dell' eidos pi basso e
|
non ulteriormente divisibile, che per lui designa illimite
l tanto della scienza quanto del concetto d realt, nella
direzione del mondo apparente. Le molte divisioni lo
giche di piante e di altre cose, di cui parla il comico
Epicrate e che apparivano agli estranei come l'elemento
pi caratteristico e straordinario nell' attivit degli Ac
cademici (anche la grande opera di Speusippo, intito
lata Le somiglianze, sembra non avesse per argomento
che quelle) non erano compiute per interesse alle coso
in s, ma per conoscere le relazioni logiche dei concetti;
e fu in tal senso che allora apparvero
nell' Accademia
l'accademia QUANDO VI ENTR ARISTOTELE 23
anche libri di ogni sorta col titolo di Divisioni. Nella
divisione delle piante si mirava a una positiva botanica
tanto poco quanto Platone, nel Sofista, intendeva di stu
diare isofisti nella loro realt storica J).
La via, che da queste divisioni della realt esistente
conduceva al progetto di una scienza unitaria, e pur di
visa in tante scienze particolari per quante parti si da
vano della realt (5v), non era pi molto lunga; ma a
tale conclusione si giunse solo quando il concetto ari
stotelico della realt ebbe soppiantato il concetto tra
scendente dell' essere platonico2). Degno di riflessione
comunque il fatto che solo merc la filosofia concettuale
degli Attici e il loro gusto per le divisioni logiche l'idea
di una superiore connessione sia stata importata nelle
singole scienze, che si erano gi sviluppate indipenden
temente. ormai quasi impossibile calcolare, caso per
caso, ivantaggi e idanni arrecati dalla realizzazione di
quell' idea. Certo sono stati, gli uni e gli altri, notevol
mente grandi. Una completa compenetrazione di tutte le
scienze, ciascuna delle quali conserva pure in s una sua
anima e un proprio principio informatore, merc lo spi-
*) Nel frammento sopra citato Epicrate non dice che iPlato
nici si occupassero effettivamente di argomenti botanici: ci su cui
scherza la mania di divisione logica, che d maggiore importanza
alle relazioni concettuali che alle cose stesse:
uspl y.p cpasiug epopipevoi
8isxiPt0V
tj>u>v ts p(ov
SivSpojv ts cpoiv Xadvcuv "ts fvi;,
xSt* il
TOTOIS
Xijt XoXoXVTIjV
ipy;ra?ov
tivoc
iati yivoog.
Qui (Slog non ila Sicura degli animali, bens sinonimo di cpOoij
e di yV0S e termini di schietta dialettica platonica sono anche
quelli del definire, dividere, esaminare iconcetti. Ifram
menti degli "Opoia di Speusippo si trovano ora raccolti in P. Lang,
De Speusippi Academici scriptis (Dissect., Bonn 1911). Gi il titolo
mostra a che si mirasse in quest' opera.
*) Arist., Metaph., I" 2, 1004 a 2: looaOta pipi] cptXoaocpEag
istlv Soamsp al oatat.
i
!
1
24 IL PERIODO ACCADEMICO
rito universale di una determinata filosofia, non si mai
tradotta in realt in periodi di vivace sviluppo dell'in
dagine scientifica. Una parziale compenetrazione si ebbe
soltanto quando la filosofia pass al comando di grandi
indagatori, che la permearono dello spirito di singoli e
determinati rami della ricerca scientifica, o per l'inter
vento di nature spirituali di duplice attitudine. Aristo
tele, Leibniz, Hegel sono gli esempi pi significativi, e
tra loro assai diversi, di questo tipo spirituale.
Anche Platone possedeva una particolare compren
sione scientifica per questioni matematiche, in modo da
|
poter seguire gl' importanti progressi che quella scienza
l'i
allora compiva. E lo interessava anche l'astronomia,
per
!
!
quanto in essa era allora accessibile al pensiero mate
matico. Della fisica degli elementi egli si occup seria
mente pitardi, nella speranza di trovare una deduzione
matematica delle differenze qualitative dei cosiddetti eie-
44 IL PERIODO ACCADEMICO
mente il limite tra Platone e Aristotele e a concepir la
dottrina di quest' ultimo nel modo pi semplice ed uni
tario possibile, non sapessero che fare dei dialoghi? Essi
stavano innanzi al complesso dei trattati come di fronte
ad un' unit sistematica e non articolata cronologica
mente. Alla storia di una filosofia o di un'individualit
umana non sapevano ancora applicare quel concetto del
l'evoluzione, che avrebbe potuto fornir loro proprio Ari
stotele. Cos non potevano far altro che svalutare ilcon
tenuto dei dialoghi come espressioni di vedute non ari
stoteliche e dichiararli una compilazione letteraria e po
polare. In ogni caso, dunque, l'eterodossia di questi
scritti un dato di fatto indiscutibile, che va premesso
a qualsiasi interpretazione. In quale direzione essa si
manifestasse, indicato dall' interesse che ineoplatonici
ed altri religiosi e filosofici adoratori di Platone ebbero
per questi scritti, e l'equiparazione che ne fecero alle
opere stesse di Platone. Esempi di ci saranno recati pi
oltre. Resta solo l'attestazione di Plutarco e di Proclo,
a causa della quale il Bemays considerava a priori ne
cessario di negar nei dialoghi ogni traccia di filosofa
platonica.
Ma anche questo argomento, non regge, appena Io si
esamini pi accuratamente. Anzitutto non si tratta di
una doppia attestazione, giacch la coincidenza verbale
accerta che entrambi gli autori hanno utilizzato ima
fonte comune, non sembrando che Proclo abbia attinto
a Plutarco. L' attestazione in s dice che Aristotele non
combatt la dottrina platonica delle idee soltanto nel
l'Etica, nella Fisica e nella Metafisica, ma anche nei dia
loghi essoterici. A documento di ci viene arrecato, tanto
inPlutarco quanto inProclo, dalla stessa fonte, un'espres
sione di uno dei dialoghi, appartenente
allo stesso Ari
stotele come interlocutore: egli non poteva aver simpa
tia per la dottrina delle idee, anche se per ci egli fosse
LE OPERE GIOVANILI 45
dovuto cadere in sospetto di litigiosit1). Si tratta dun
que di una concreta situazione storica in uno scritto de
terminato (secondo ogni verosimiglianza, il dialogoHe.pl
epiXoGoeptas,
incui Aristotele combatteva anche altrimenti,
com' attestato, la metafisica platonica) a cui si riferisce
l'indicazione di entrambe quelle testimonianze. Non
lecito quindi generalizzarla a tutti idialoghi, ma solo di
concluderne quel che gi prima sapevamo, e cio che tra
i dialoghi ce n' era qualcuno, in cui Aristotele veniva
in contrasto con Platone.
Questo
dato di fatto non ci
autorizza peraltro innessun modo a dare interpretazioni
pi evolute a concetti platonici che si trovino in altri
dialoghi. Dobbiamo piuttosto riconoscere un'evoluzione
') Arist., framm. 8 Rose: Proclo (nella sua lictoxfcjn; xfiv
pgn xv l'IXxrovog Tijicuov Bit' ApioxoxXou? vrsipi)t.ivtuv,
presso Joannes
Pliilopon., de aet. mundi, II, 2, p. 31, 17 Rabe):
xal xivBovssi (ii|8sv oQxceg 6 ivrjp xsivog (seri. Aristotele) no-
itoii)3ac$ou tW IlXcittovog ; v x5>v tSev inrifl-soiv, 06 jivev
v Xoyixoig xtpsxEapaxa x etSyj xaXcov, XX xal v fythxotg itpig
t a&Toayav Biapaxpsvog xal v cpuaixolg ox iwv
xg yev-
otig stg xg ISiag vacfpetv, &g v x(p rcapt ysvosuig Xyei xal
rp&oos xal v x (isx x tpocix 7toXX<jj nXiov Sxe rcspl xrSv
py.fflv itpayiiaxeo[isvog xal xaxaxeEvmv paxpg xanjyoplag xffiv
ISsv v xotg itpixoig, v xotg pcoig, v xotg xeXsoxaEoig xijg
icpaypaxsEag xsEvvjg xal v xotg 8 1aX y o ig aaepoxaxa xsxpa-
y<bg [ivj Bvaaat tip 8yp.axt xoxqi cufuia&stv, xv xig a&xv
otrjxai Bi iXo ve ix av v xiX ysi v .
Plut-, adv. Colot., 14 (1115 B) : xg ye jvijv ESag, spi 5>v
yxaXst -ctj HXxum, jcavxax0 xivSv 8 'Apt0T0TXi)g xal redoav
_
nyuiv noplav a-xalg v xotg S-txotg Orcopvijpaoiv, v xotg (jisx x
cpooix, v xotg) cpocixotg, 8t xfiv 5<oxsptxffiv SiaXyrav,
ipiXovsixxepov
ivtoig ISogsv 1) tpaoaoywxapov x.... xv
Soyfixiov
xo8x(Dv,tbgitpo8ipsvog xrjvIIXTuivcc CrtiepsErcatvcpiXoooipCav.
L'antica fonte, che entrambi seguono e che lo scrittore pi lardo,
Proclo, riferisce nella forma pi precisa, elencava singolarmente
tutti iluoghi delle opere aristoteliche, in cui era combattuta
la dottrina delle idee: cos sono ricordati tre luoghi della Meta
fisica
(libri A, Z e MN), sono itati con reminiscenze verbali i
passi dei Secondi analitici (A 22, 83 a 33) e deli Etica Nicotnacliea
(A 4), e cos quello sopra spaziato (del Hept cpiXooo(ag), l'unico
che avesse potuto trovar nei dialoghi l'autore di
quella raccolta di
passi, evidentemente assai accurata e completa. Questo elenco
quindi una prova diretta del fatto che la polemica antiplatonica
compariva solo in un punto dei dialoghi.
46 II. PI:R!0!iO Af.CAI)i;51H'0
interna dei dialoghi anche dal punto di vista filosofico,
per la stessa ragione onde riconoscemmo necessario di
ammetterla riguardo alla loro forma.
Einrealt lo stesso Plutarco, per quanto secondo Popi-
mone finora corrente egli denoa aver trovato dappertutto,
anche nei dialoghi di Aristotele, un'antitesi di quest'ul
timo a Platone, ci offre una prova esplicita e inequivo
cabile del fatto dell'evoluzione filosofica dello Stagirita.
In un passo, che finora stato totalmente trascurato T),
egli cita Aristotele come esempio illustre del fatto che
il vero filosofo sappia modificare le sue vedute senza
rammarico, anzi addirittura con gioia, appena abbia ri
conosciuto il suo errore. Aristotele, Democrito e Cri-
sippo mutarono in tal modo le loro precedenti opinioni
filosofiche: e la parola che Plutarco usa per designare que
sta mutazione { peratf'ssd'ac ) mostra come egli non possa
affatto alludere a questioni di valore soltanto secondario,
perch nella filosofia ellenistica essa era il termine tec
nico per indicare iltrapasso da una scuola all' altra. Egli
deve anzi aver saputo che le opinioni precedenti (t
Ttpod-ev artfp pav.ovxa) in questione si trovavano espres
se nei dialoghi di Aristotele. Ci diviene evidente se si
torna ad osservare ancora una volta 1' altro passo, e lo
esamina accuratamente. Aristotele attacc Platone non
soltanto nei trattati didattici, ma anche nei dialoghi,
come risulta da questo e da quest'altro passo. T.a con
trapposizione implica evidentemente il tacito presuppo-
'} Plut., de virt. mar., cap. 7, p. 417 segg.: Infatti perch
nella ricerca filosofica non spiacevole il lasciarsi guidare dagli
altri e il modificare pi volte la propria opinione, ed anzi gli
stessi Aristotele, Democrito e Crisippo hanno abbandonato tran
quillamente, senza resistenza e con gioia, alcune delle loro teorie
precedenti?... perci il pensiero si volge volentieri verso la verit,
quando essa viene in luce, e dice addio all'errore. Ho richiamato
per la prima volta 1' attenzione su questo passo in Hermes, LXIV
(1929), p. 22.
LE OPERE GIOVANILI 47
sto che qui s' incontri qualcosa di
notevole
e di contra
stante alla regola. Plutarco, cio, deve aver considerato
come regola che idialoghi di Aristotele fossero scritti
da un punto di vista platonico. Ci reso ovvio anche
dal fatto che egli parla occasionalmente di essi come
delle opere platoniche di Aristotele1).
Come sopra s' visto, nella tarda antichit queste cose
non erano chiare ad ognuno come a Plutarco: il che
dimostrato anche da un' importante attestazione di Eu
sebio circa la grande opera polemica che lo scolaro di
Isocrate, Cefisodoro, aveva scritto contro Aristotele
").
Quest'
opera dev' essere stata un prodotto della concor-
')
Plut., adv. Colot., 20: Come diceva Aristotele nelle sue
opere platoniche (v
toff
IIXatu>Yutots).
Questa allusione vien di
solito riferita al dialogo Sulla filosofia.
Vero che una tradizione
sicura c'informa che questo dialogo conteneva un attacco a Pla
tone: ma se, com' verosimile, l'espressione le opere plato
niche era diventata un concetto fisso per indicare l'intero gruppo
degli scritti dialogici, nulla ostava a che fosse designato in tal
modo anche illlspt ptXooocpCa;. Nel fatto, la maggioranza di questi
scritti era platonica, non solo nella forma ma anche nel contenuto
doUrinale.
'I Eusch-, praep. evang., XIV 6 (che qui segue, coin egli stesso
racconta, Numenio):
Questo
Cefisodoro, quando vide che il suo
maestro Isocrate veniva attaccato da Aristotele, non sapeva invero
nulla di Aristotele stesso n aveva alcuna conoscenza di lui: ma,
vedendo che la filosofia di Platone era celebre, credette che Ari
stotele fosse un suo seguace, e cos polemizz contro Aristotele, ma
in realt colpi e vituper Platone, cominciando con la dottrina
delle idee e terminando col resto, per quanto egli non ne avesse
nessuna conoscenza personale e si basasse solo su congetture, cor
rispondenti alle opinioni correnti a tale proposilo . Alla fine di
questo capitolo un altro passo, di contenuto simile: Questo
Cefisodoro non combatt colui contro il quale polemizzava, ma com
batt colui contro il quale non intendeva polemizzare. Per quel
che concerne la spiegazione qui data del fatto che Cefisodoro nella
sua polemica contro Aristotele non attaccasse la dottrina di que
st'ultimo ma quella di Platone, essa un escogitazione ad hoc
abbastanza stolta per non meritare di esser presa sul serio neppure
un istante. Dire che Cefisodoro non aveva bastevole conoscenza
della filosofia di Aristotele e attacc in sua vece quella di Platone
perch era pi
famosa
cosa che poteva venire in mente solo
a clii non possedesse la pi lontana idea dell' effettiva situazione
storica deli' et incui Aristotele era ancora membro dell'Accademia.
48 IL PERIODO ACCADEMICO
renza tra l'Accademia e la scuola d' Isocrate, e risalire al
tempo in cui Aristotele, che allora era un giovane mem
bro della scuola di Platone, v' introdusse lo studio della
retorica e port cos ad aperta rottura la latente rivalit
delle due istituzioni. Eusebio ci racconta che Cefisodoro
scese in campo contro la dottrina platonica delle idee e
contro tutte le altre sue teorie, e manifesta la sua
sorpresa per il fatto che egli avesse posto Aristotele
in connessione con queste concezioni. Inconformit del*
. 1' opinione popolare corrente, Eusebio si rappresentava
Aristotele come il naturale antipodo di Platone. Egli
(o la sua fonte, Numenio) non sapeva, e difficilmente
:
poteva sapere in quella tarda et, che quello che Cefiso
doro aveva avuto dinanzi agli occhi era un Aristotele
totalmente diverso da quello dei trattati didattici, iquali
furono pubblicati solo secoli pitardi ed erano f amilic
ai lettori dell'et imperiale. Cefisodoro conosceva A
stotele esclusivamente attraverso le sue pubblicazioni h
. terarie, cio attraverso idialoghi che egli scriveva nel
tempo incai era ancora membro dell'Accademia. Ilfatfn
che egli scrivesse un libro contro Aristotele e in esso
assalisse le teoria delle idee non pu quindi insegnarci
se non che fino a quel momento tutti gli scritti di Ari
stotele si basavano totalmente sulla filosofia di Platone.
La nostra interpretazione dei frammenti superstiti
dei dialoghi deve giustificare questa
tesi nei casi parti
colari; e le questioni da porre debbono con ci risultare
dai frammenti e non possono semplicemente mirare a
una conclusione generale. Occorre partire dalle pi salde
basi cronologiche e filosofiche, che si possano ricavare
dai frammenti. Anche della genesi giovanile dei dialoghi
la dimostrazione pi calzante pu esser data soltanto at
traverso l'interpretazione singola.
in.
L'EUDEMO
TJ et di questo dialogo, che prende ilnome dall'amico
di Aristotele Eudemo di Cipro, determinata dal suo
stesso motivo occasionale, che possiamo ricostruire Benza
difficolt in base a un racconto di Cicerone circa il so
gno d Eudemo1).
Durante unviaggio inTessaglia questo scolaro di Pla
tone, esule dalla sua patria, era stato colpito da una grave
malattia. Imedici di Fere, dove egli giaceva ammalato,
avevano abbandonato ogni speranza. Ma ecco che gli ap
parve insogno un giovine di leggiadro aspetto, e gli pro
mise che sarebbe guarito inbreve tempo, che pochi giorni
dopo il tiranno Alessandro di Fere sarebbe morto e che
lui stesso sarebbe ritornato dopo cinque anni nella sua
patria. Aristotele raccontava, evidentemente nell' intro
duzione, come la prima e la seconda promessa si realiz
zassero subito: Eudemo guar e il tiranno fu poco dopo
assassinato dai fratelli della moglie (359). Tanto mag-
') Arisi., framm. 37 R. (Cicer., de div., I, 25, 53). 11 dialogo
era evidentemente ancora molto letto nell' et imperiale. In un
catalogo di libri del sec. Ili d. C, conservato- in un papiro edito
da Medea Norsa in Aegyptus, II (1921), p. 16, il libro appare tra
idesiderata.
4.
W. Jaeger, Aristotele.
50 IL PERIODO ACCADEMICO
giore divenne allora, nell' esule, la speranza di veder com
piuta cinque anni dopo anche la terza promessa e di
poter cos tornare a Cipro. In questo periodo di tempo
si trovava ad Atene Dione, bandito da Siracusa. Con
l'aiuto finanziario dell'Accademia egli arruol una banda
di volontari coraggiosi, pronti a rischiare la vita per la
liberazione della patria di Dione. Anche qualche giovine
filosofo, e tra questi Eudemo, si un all' impresa, entu
siasta degl'ideali politici d Platone, che Dione avrebbe
ora dovuto tradurre in atto. Ma nei combattimenti in
nanzi a Siracusa Eudemo trov la morte, proprio cinque
anni dopo quel sogno (354).
Questo
inaspettato compi
mento della predizione fu interpretato nell'Accademia
nel sengo
che la divinit avesse predetto ilritorno nella
patria eterna dell'anima, e non in quella terrena.
Nell'introduzione del dialogo, con cui egli eternava la
memoria del caro amico e cercava di consolare ilproprio
dolore, Aristotele raccontava la storia del sogno di Eude
mo, per mostrare come, nella sua conclusione, la divinit
stessa confermasse la verit della dottrina platonica del
l'origine ultraterrena dell'anima e del suo futuro ritorno
nell'aldil. Ci offriva l'appiglio per un dialogo meta
fisico aull' anima , al centro del quale stava il pro
blema dell' immortalit. L'ambiente ideale del Fedone,
abbandono del mondo e preparazione alla morte, rivive
nello scritto del giovane Aristotele. La vita terrena del
l'anima nei ceppi della corporeit, che il Fedone pari-
gona a un carcere, divien per lui un' et d' esilio del
l' anima dalla sua patria eterna.
Quale
ardore di nostal
gia per la sicurezza e la pace dei campi ultraterreni
nell' immagine del profugo, che in terra straniera con
templa la patria dalla quale stato espulso! UEudemo
era una consolatio, uno scritto consolatorio. Della sin
golare insensibilit dei critici, che non sapevano scor
gervi altro che una gelida esercitazione stilistica nella
T.'cEUDKjUO
51
maniera del Fedone, non mette conto di parlare. Solo la
viva fede nell' inversione dei valori della vita e della
morte, compiuta dal Fedone platonico, poteva avere
un' autentica virt di consolazione. L' autore delI'Eudento
era radicato con tutto il suo spirito in questa fede nel-
l'aldil, e nell' intuizione del mondo e dell' anima che
ad essa si collegava. Ineoplatonici si valsero perci del-
YEudemo e del Fedone come di fonti equivalenti della
dottrina platonica dell' immortalit, ed alla stregua di
questa noi vogliamo ora esaminare iresti del libro ari
stotelico.
Come Platone nel Fedone, Aristotele combatteva nel-
YEudcmo la concezione materialistica contraria all'idea
dell' immortalit, e proprio nella stessa formulazione che
gi in Platone assumeva quella dottrina: l'anima non
altro clie 1' armonia del corpo, cio quell' entit, diversa
dalla somma degli elementi materiali ma risultante come
prodotto della loro esatta connessione, a cui anche
l'odierno materialismo d il nome di anima. Della cri
tica, che neWEudemo era rivolta contro questa conce
zione, si sono conservati due argomenti. Il primo dice:
l'armonia ha qualcosa che le si contrappone, la disarmo
nia. Dunque 1' anima non armonia I).
La non identit dei due concetti qui dimostrata
merc la prova della non identit di ima loro nota: pre
supposta quindi l'importante nozione che l'identit
degli attributi condiziona l'identit degli oggetti. L' at
tributo che gli serve di nota comparativa quello della
possibilit logico-formale di costituire un' antitesi di con
trariet rispetto ai concetti in questione, anima e armo
nia. La cosa si dimostra possibile soltanto nel caso del
l' armonia, l'anima non ammettendo alcun contrario di
tale specie. Come Aristotele, che definisce il sillogismo in
') Arist., frairmi. 45 R.
52 li PERIODO ACCADEMICO
forma cobi breve e tagliente, con palese soddisfazione
per la sua serrata necessit logica, sia giunto a dimo
strare la non identit dei due concetti e del loro con
tenuto proprio dal loro diverso comportamento quanto
alla possibilit di applicare 1' antitesi di contrariet, non
appare immediatamente chiaro. Chiaro diventa subito,
invece, appena si faccia ricorso al seguente principio
della dottrina aristotelica delle categorie : la sostanza
(oata) non ammette alcun contrario, cio non pen
sabile alcuna opposizione di contrariet di cui essa sia
elemento1). Nel fatto, dunque, ilsillogismo non contiene
soltanto la prova che 1' anima non sia armonia, ma pre
suppone implicitamente
ci che molto importante
per ilpunto di vista filosofico del dialogo
che l'anima
sia una sostanza. Non certo strano, allora, che un pen
satore che considerava indiscusso questo presupposto po
tesse giungere a colpire la tesi materialistica con 1' ap
plicazione di quel principio della logica formale, che
senza dubbio coglieva il punto debole dell' avversario.
Ora, interessante la relazione dell' argomento aristo
telico con quello platonico del Fedone (93 C segg.).
Que
sto pi complesso. Secondo Platone, l'anima o mo
rale, razionale e buona, o immorale, irrazionale e cat
tiva.
Queste
opposte condizioni o costituzioni sono da lui
spiegate come una sorta di ordine e di armonia, e rispet
tivamente di disordine e di disarmonia, dell' anima. Di
tali propriet possono darsi, nell' anima, diversi gradi.
Dunque anche l'armonia, e rispettivamente il suo con
trario, pu essere armonica in maggiore o minor grado.
Ora, se la tesi dell' avversario fosse giusta, e Be 1' anima
non fosse che un' armonia di certe condizioni, si po
trebbe senz' altro sostituire al concetto di armonia quello
di anima e ne deriverebbe 1' assurdo cbe 1' anima po-
') [Arist.], categ., 3 b 21 segg.
L' EUDEMO 53
Irebbe essere pi o meno anima 1). L' armonia pu dun
que essere soltanto una propriet dell'anima, e non l'ani
ma stessa. La forma modificata, nella quale questa dimo
strazione si presenta in Aristotele
giacch il suo ar
gomento non che ima trasformazione di quello plato
nico
, mostra chiaro 1' ostacolo che la sua logica in
contr nel modello del maestro. Anche la prova del
Fedone ha per base un principio logico, che la dottrina
aristotelica delle categorie formula nel modo seguente:
considerata in generale, la sostanza (cuoia) non ammette
ins alcuna distinzione di grado (t jiXXov -/.ai txov),
cio io non dico che una sostanza non possa essere pi
o meno sostanza di un' altra, ma che ogni sostanza non
possa essere in grado maggiore o minore ci che essa .
P. es., che un uomo sa ora uomo in grado maggiore di
prima impossibile, mentre possibile che sia ora pi
pallido di prima. La categoria della qualit ammette per
sua natura unpie un meno, quella della sostanza no").
Da questa legge deriva, per chi, come Platone, consideri
1' anima come una sostanza, che 1' anima non ammette
(come invece ammettono 1' armonia e la disarmonia, la
virt e il vizio, la scienza e l'ignoranza, e in genere ci
che relativo) una distinzione di grado 3). Anche Pla
tone, dunque, deduce la non identit di anima ed ar
monia gi dall'impossibilit di applicare ad entrambi
iconcetti unmedesimo principiologico, ossia, esprimendo
la cosa in termini aristotelici, dalla loro pertinenza a
categorie diverse.
J) Plat., Phaed., 93 B-D.
*) [Arist.], categ., 3 b 33-4 a 9.
') [Arist.l, categ., 6 b 15: Cmpxet. S xal ivavTiriig lv toTg
xpig ti otov peTTj
xaxtif
IvccvtCov, ixTspov Sv Tfflv np6( ti, xal
irooT|ir; voia. Da ci segue che (6 b 20) SoxstSxal t pSXXov
xal t ttov 7ud"/,sa0ai T xptj ti, allo 6tesso modo in cui
l'incompatibilit del (iSXXov xal )5ttov con l'oola deriva dal
l'incompatibilit di questa con l'vavTtiTiij. Che non ogni en-
tit relativa ammetta una diversit di grado dotto in 6 b 24.
54 II. PERIODO ACCADEMICO
II motivo della modificazione arrecata da Aristotele
alla prova del Fedone con ci chiarito pienamente. Se
condo la concezione platonica un pi e un meno, ima
distinzione di grado, non pu mai sussistere nella realt
assolutamente determinata (itpas) ma solo in quella
indeterminata (impov). Dov' possibile un' antitesi di
contrariet, possibile anche 1' esistenza di un medio tra
idue estremi, e quindi una scala di differenze graduali,
un pi e un meno. Il principio adoperato nel Fedone,
che la sostanza non ammette un pi e un meno, vien
cosi ricondotto nell' Eudemo al principio che ne costi
tuisce la base: la sostanza non ammette alcuna antitesi
di contrariet. Di qui la semplificazione della prova in
un solo sillogismo, col quale Aristotele raggiunge lo stesso
scopo.
Contemporaneamente, egli ottiene anche un secondo
argomento contro la tesi materialistica da ci che gli
resta dopo aver liberato dalla sua corteccia il nocciolo
della dimostrazione platonica. Egli lo espone nel modo
seguente: all' armonia del corpo opposta la disarmonia
del corpo; ma disarmonia del corpo vivente malattia,
debolezza, bruttezza. La prima di queste,
la malattia,
deriva da un' asimmetria degli elementi, l'altra, la de
bolezza, da un' asimmetria delle parti omogenee dell' or
ganismo (pocoEpi}), la terza, la bruttezza, da uu' asim
metria delle parti del corpo. Ora, se la disarmonia
malattia, debolezza e bruttezza, 1' armonia salute, forza
e bellezza. Ma 1' anima non alcuna di queste cose : n
salute, n forza, n bellezza. Un'anima l'aveva infatti
anche Tersile, nonostante tutta la sua bruttezza. Dunque
1' anima non armonia ').
Questa dimostrazione deriva immediatamente dal
l' antropologia platonica. Platone distingue psTaC
del-
') Arist., framm. 45 (p. 50, 13 JR.).
l'EUDEMO 55
l'anima e del corpo. Quelle
dell' anima sono sapienza,
coraggio, giustizia e temperanza, quelle del corpo salute,
forza e bellezza. Di fronte ad esse sta la serie delle qua
lit opposte, delle xaxtca del corpo e dell' anima. Le
Ccpeta<
dipendono dall' armonia (simmetria), le
tcay.fat
dalla disarmonia (asimmetria) rispettivamente dell'anima
e del corpo. La spiegazione della malattia, della debo
lezza e della bruttezza come derivanti dall' asimmetria
del corpo e di sue parti o relazioni fu attinta da Platone
alla medicina del suo tempo, alla quale egli ricolleg in
generale la sua scienza etica come terapia dell' anima,
vedendovi un modello di vera scienza e di metodo rigo
roso. La dottrina platonica della virt una teoria della
buona e della cattiva salute dell' anima, costruita secondo
il modello della medicina, e suo principio il concetto
della misura (pitpov) e della simmetria o armonia. Ma
se certo, a priori, che 1' armonia del corpo il prin
cipio delle petal aupato?,
salute, forza e bellezza, non
possibile interpretare nello stesso tempo anche l'anima
come armonia del corpo.
Questo
argomento ha il van
taggio di sconfiggere 1' avversario materialista sul suo
stesso terreno. L' interpretazione della malattia come
asimmetria e della salute come simmetria del corpo po
teva pretendere accoglienza anche presso irappresen
tanti della scienza naturale, mentre non poteva contar
su di essa quella della virt come simmetria dell' anima,
da cui partiva il Fedone. La dottrina platonica delle
virt dell' anima e del corpo, che Aristotele qui segue
ed elabora nei particolari, del tutto estranea ai grandi
trattati. In essa vive uno spirito pitagorico-matematico;
la retta costituzione morale dell' anima, al pari della
normale e regolare costituzione del corpo, per Platone
soltanto un caso particolare della legge universale di sim
metria cosmica, secondo la dottrina svolta nel Filebo
56 IL PERIODO ACCADEMICO
in connessione con la sua pi larda concezione del.
mondo J).
L' analisi delle due dimostrazioni ha prodotto un du
plice risultato. Da un lato essa mostra la piena dipen
denza da Platone, nel campo metafisico, nella quale si
trova ancora l'Aristotele dell' Eudemo. E non solo nel
rifiuto del materialismo, ma anche nel lato positivo della
dottrina. Solo alla mancanza di un'interpretazione ap
profondita da ascrivere il fatto che finora non si sia
riconosciuto come gli argomenti dell' Eudemo siano ba
sati sullo stesso fondamento che sostiene la metafisica e
la teoria dell'immortalit del Fedone-,
sul concetto pla
tonico della sostanza e dell' anima. Che per Aristotele
l'anima sia qui ancora assolutamente sostanza confer
mato anche dai tardi imitatori, p. es. Olimpiodoro
(Arist., framm. 45), che riferisce 'la prima argomenta-
J) Per la dottrina delle tre psxal
ocufiatos
cfr. Plat.,
591 B; Leges, I,<31 C; Phil., 25 D segg. (e specialmente 26 B), ecc.
Esse vengono volentieri messe in parallelo con le virt dell'anima.
Se in Phil., 26 B esse sono fatte dipendere da un determinato rap
porto numerico di certe antitesi, chiara, come ora pu vedersi,
la derivazione di questa teoria dall' Eudemo. Ivi si pu anche
vedere come l'etica del |Utpov si basi sulla diretta trasposizione
nel campo spirituale di vedute proprie della medicina e della ma
tematica contemporanea. La usctijc aristotelica torna a connettersi
consapevolmente a questo punto di partenza, e sviluppa l'analogia
in forma anche pi rigorosa; anche il [lxpov delia medicina un
giusto mezzo soggettivamente determinato e ha' bisogno
dello croxASscff-a'., come gi insegnava la medicina ippocratica.
Le petal oipatogtornano ad apparire solo nella giovanile Topica
(116 b 17; 139 b 21; 1-15 b 8) e nel VII libiti della Fisica (246 b 4),
la cui composizione appartiene, com' noto, a un'et o prossima
o addirittura coincidente col periodo accademico (cfr. E. Hoffmann,
De Aristotelis Physicorum l. VII, Dissert., Berlino 1905),
Questo
quadro completato dalla dottrina delle quattro Sparai
the
esposta nel Prolreplico e che parimenti ancora del tutto pla
tonica. Fra la definizione della salute come simmetria degli
cior/sEa,
data nell* Eudemo, e quella della stessa come simmetria del caldo
e del freddo, data nella Topica, non c' del resto alcuna differenza,
perch gli axovzXn. sono derivati dalle supreme antitesi del caldo
e del freddo, dell'umido e dell'arido, ed anche nei trattati Ari
stotele chiama spesso queste ultime col nome di elementi,
l'eudemo >
57
zione nella forma seguente: l'armonia ha qualcosa di
contrapposto,
l'anima no, perch una sostanza. La
petitio principii, che a ragione si scorta in questa for
mulazione, non minore nella sua forma originaria, in
cui essa tacitamente presupposta
1j. Come si mo
strato, essa risale a Platone stesso, che nel Fedone parte
dallo stesso presupposto. Ilcarattere dogmatico della di
mostrazione mostrato anche pi chiaramente da Plo
tino, quando si limita a dire: 1' anima una oaia, 1' ar
monia no 2),.
La dottrina posteriore di Aristotele occupa una po
sizione intermedia tra la concezione materialistica, che
l'anima sia armonia del corpo, e quella platonica del
l'Eudemo, che sia una sostanza indipendente. L'anima
sostanza solo come
ivteXIx61*
ojj-axoc; tpuctxo ouvip-et
a>f)v
!xoVT0S
3)- Essa non pu separarsi dal corpo, e per
ci non immortale; ma, legata ad esso, il principio
informatore dell' organismo. Con la concezione che ne
offre l'Eudemo quadra invece ancora ci che Plotino,
dal punto di vista platonico, obietta contro la dottrina
aristotelica dell'anima come entelechia: Essa non ha
esistenza per il fatto di essere forma di alcunch (sISo?
icv{), ma senz' altro realt (ooCa). Non trae il suo
essere dalla circostanza di abitare in un corpo, ma esiste
prima ancora di appartenere
ad esso 4). E siccome
') Bernays, I. ., p. 145, n. 15.
') Piotili., Firn., IV, 7, 8 (133, 19-134, 18 Volkmimn). Che Plo
tino attinga all' Eudemo e non al Fedone, dimostrato dalla scis
sione dell' unico argomento del Fedone (93 B segg.) nei due argo
menti che ne ricav Aristotele. Questi son da lui sostituiti tacita
mente a quello platonico, mentre son riportati senza modificazioni
idue primi argomenti del Fedone (92 A-C e 93 A).
')
De anima, B 1, 412 a 19 segg. Neil' intero capitolo Aristo
tele discute la sua precedente concezione dell'anima come sostanza,
e la limita in modo, che essa non appar pi separabile dal corpo,
ma solo 4j oa'~ f, tiv Jyov (412 b 10) .
') Plotin., Enn., IV, 7, 8 (134, 19 V., e specialmente 135, 31
segg.).
58 IT. PERIODO ACCADEMICO
V Eudemo sostiene proprio la preesistenza, gi dimo
strato anche da ci che l'anima c in s oofa. Possiamo
perci non meravigliarci del fatto che lo stesso Plotino,
che combatte il concetto aristotelico dell' anima, si ap
propri totalmente 1' argomento dell' Eudemo. Viceversa,
si volgono contro il sillogismo dell' Eudemo idifensori
dell'Aristotele autentico , Alessandro di Afrodisia e,
dopo di lui, ilsuo seguace Filopono. Secondo essi l'anima
ha un
opposto, la privazione, e ci infirma l'argomento.
Questa concezione presuppone il concetto di entelechia
e ne coerente conseguenza. Alessandro respinge 1' argo
mento mettendolo insieme con quello del Fedone da cui
si svolto 1). Di fatto, l'elemento caratteristico nel pri
mitivo concetto aristotelico dell' anima che questa non
ancora eT8o$ xivs, ma e!8$ -ti, un'idea o entit
ideale. Ci esplicitamente riferito dalla tradizione, e
solo ora pu essere pienamente compreso 2). Ma Aristo
tele stesso ha lasciato un' importante testimonianza, che
illumina il fatto della sua evoluzione. Nel luogo del De
anima in cui combatte la dottrina dell' armonia, egli
cita il suo scritto precedente e ne ricava la seconda, na
turalistica obiezione, che ancora elabora in qualche
aspetto, mentre passa senz' altro sotto silenzio l' argo
mento tratto dal carattere sostanziale dell'anima a).
Il secondo frutto dell' analisi nell' accertamento
')
Alex-, in Arisi, de on., apud Fhilop., comm. in
Arisi,
de an.,
p. 144, 25 segg. (Hayduck). L' eidos e la privazione costituiscono la
ivavcCwotg, il cui sostrato la 5Xrj (cfr. Metaph., A 2, 1069 b 3
segg., e speciali, b 32-34 e 1070 lj 18; ecc.). L'anima come eidos
aristotelico ha dunque un ivavztov, esattamente come l'armonia.
8)
Arist., framm. 46 (52, 19 R.) xal v -cip EiSijptp.... elBg t;
itocpaivctai
crjv stvai. Essenziale la mancanza di un ge
nitivo come otpatog o ttvj, che non pu essere supplito col
Bernays (1. c., p. 25), per spiegare cos l'espressione come equivoco
mascheramento di una celata antitesi rispetto a Platone. Quella
espressione era sentita da Simplicio come qualcosa che divergeva
dalla normale concezione aristotelica.
'l Arisi., De anima, A 4, 408 a Isegg.
L' EUDEMO
59
della piena indipendenza del giovane Aristotele rispetto
a Platone nel campo logico-metodologico, in cui egli, no
nostante la sua dipendenza in tema di generale conce
zione del mondo, gli sta di fronte con libert assoluta,
e forse con un lieve senso di superiorit. La riduzione
dell' argomento platonico ai suoi elementi e la netta
costruzione tecnica delle due argomentazioni che egli ne
ricava tradiscono una lunga esperienza in queste cose,
cosi come isuoi mutamenti presuppongono
le nozioni
della dottrina delle categorie. Che il superstite scritto
sulle categorie non possa esser nato prima dei tempi del
liceo e anzi non sia neppure stato scritto da Aristotele
(esso caratteristico del periodo di naturalismo ed em
pirismo, che s' inizi nella scuola dopo la morte del
maestro) cosa senza importanza: l'impostazione fon
damentale e iprincipali elementi della dottrina delle
categorie erano gi realt, prima ancora che Aristotele
osasse scuotere ifondamenti metafisici della filosofia pla
tonica 3). Vediamo da ci quando debole fosse origina-
l) Le Categorie non possono essere uno scritto giovanile di
Aristotele, dal momento che come esempio per la categoria del
dove vi nominato il Liceo, e cio senza dubbio la scuola ari
stotelica, dalla quale sono tratti volentieri anche in altri casi gli
esempi per 1concetti logici. Basta pensare a Cori6co; il frequente
uso che di tal nome vien fatto nelle esemplificazioni scolastiche
acquista sapore solo quando si pensi alle lezioni di Asso a cui egli
era presente. L'inversione nominalistica della dottrina aristotelica
della prima e della seconda oticla quale appare nelle Categorie
non ammette eliminazioni interpretazioni conciliatorie: anche la
sna forma non c aristotelica. Non bisogna negare la giusta impor-
tanza a questi spontanei e poco appariscenti indizi linguistici. Inol
tre, l'autore presuppone come gi nota la dottrina delle Categorie
e ne sceglie ed espone soltanto pochi problemi. Tutto ci non im
pedisce di riconoscere che la maggior parte degli elementi singoli
sono, nel loro contenuto, aristotelici. Quanto
precoce sia stata la
loro genesi nell'evoluzione spirituale di Aristotele mostrato dal
l'Eudemo. Ernst Hamhruch {Logische Regeln der plat. Schule in
der arist. Topik, in IPiss. Beil. z. Jahresb. d. Askan. Gymn. (Ber
lino 1901), ha dimostrato che una gran quantit di importanti
nozioni logiche della Topica ebbero origine nell'et accademica.
60 It PERIODO ACCADEMICO
riamente in Aristotele, a differenza di Platone, il nesso
tra logica e metafisica. Egli non consider mai la logica,
a cui dedic acute attenzioni e della quale fu il vero
padre, come una parte della filosofia oggettiva, ma sem
pre solo come un' arte o capacit (Svapi;) retta dalle
sue particolari regole formali, all' incirca come la reto
rica. Era gi ilprimo specialista intema di logica, prima
ancora di trarre dalla sua nuova dottrina dell' astrazione
conseguenze che contraddicessero alla dottrina delle idee.
L'influsso degli studi logici si mostra anche in altri
frammenti dell' Eudemo, pertinenti alla dimostrazione
dell' immortalit, e particolarmente nella predilezione
per la cosiddetta dialettica. In antitesi con l'uso lin
guistico di Platone, Aristotele d questo nome al metodo
dimostrativo basato su premesse meramente verosimili,
cio di evidenza soltanto soggettiva. Di dimostrazioni di
tal genere fanno gi largo uso idialoghi platonici. Nel
conflitto dell' argomentazione (il lato artistico della lo
gica non deve essere mai perduto di vista in Platone e
in Aristotele) esse adempiono all' ufficio d' integrare,
quali peltasti accanto agli opliti, le deduzioni rigorosa
mente apodittiche. Non possiedono piena esattezza scien
tifica (-/. pJ3eia) : ma chi potrebbe disprezzare il peso
degli argomenti x) che Aristotele attinge, per la dimostra
zione della sopravvivenza dell' anima, alle intuizioni re
ligiose del popolo, alle costumanze del culto, alle narra
zioni di miti antichissimi? Anche nei trattati Aristotele
muove, nella maggior parte dei casi, dall' opinione co
mune o da giudizi di personalit segnalate, e cerca di
fondere la nozione propriamente filosofica e razionale
col motivo di verit intrinseco a quelli. Dagli innamorati
dell'estremismo radicale, che dal tempo del romanti
cismo sono da noi considerati, almeno nel campo dello
')
Arist., framm. 44 (48, 11-22 R.).
L' t EUDEMO! 61
spirito, come icervelli pi profondi, egli stato perci
accusato di inclinazione verso il senso comune . Inve
rit, dietro a questa
dialettica, che accanto alla propria
ragione riconosce un certo diritto di parola anche al
fatto storico, all' esperienza collettiva, alle idee di grandi
personalit, si cela una singolare teoria dell' esperienza
(nel senso concretamente storico della parola), che deriva
piuttosto dalla consapevolezza dei limiti propri di ogni
riflessione puramente
intellettuale su tali questioni, che
da un pigro affidamento a ci che par giusto a tutti.
Nelle profondit metafisiche dell' Eudemo conduce
il mito di Mida e Sileno. Interrogato dal re circa il pi
alto dei beni (-co itvtwv atprriirccctov), Sileno svela ri
luttante l'infelicit angosciosa del destino umano. Nello
stile si scorge l'influsso del discorso della vergine Lachesi,
figlia di Ananke, nel decimo libro della Repubblica (617
D segg.). Nella figura e nel linguaggio di Sileno spira
l'umore malinconico di un temperamento cupo, con
dannato ad un esilio nella natura terrestre. Con abil
mente velata terminologia platonica vien proclamata la
dottrina fondamentale della filosofa dualistica. asso
lutamente impossibile che ilfiglio dell'uomo acquisti il
sommo bene: egli non riuscir mai a partecipare della
natura dell' ottimo (jj.exaoy_sv rfjs xo eXxfoxou tpuoeuts).
Giacch il sommo bene , per tutti, il non esser nati
(x pi) YevaO-ai). Se poi sia nato, ilmeglio che 1' uomo
possa ottenere d morire il pi presto possibile 3).
Hparticolare fascino delle solenni parole, illoro vero
e proprio valore di oracolo, nella loro studiata ambi
guit. La saggezza popolare era intonata a tale cupa ras
segnazione: il meglio morire. A questo ingenuo pessi
mismo manca ogni intuizione di un altro e perfetto
mondo, di ima pi alta esistenza che si inizi dopo la
morte. Aristotele immette invece nelle parole di Sileno
') Arist., framm. 44 (48. 2349, 11R.).
bl IL PERIODO ACCADEMICO
iconcetti fondamentali della metafisica platonica: l
|ri] nou soltanto non esser nati , ma anche
non entrare nel divenire . Al mondo della genesi
ilFilebo (53 C segg.) contrappone infatti, quale ultimo
fine e insieme quale compiuta antitesi, il puro essere del
mondo ideale. Ogni valore, ogni perfezione, ogni assolu
tezza dal lato dell'essere, ogni disvalore, ogni man
canza, ogni dipendenza dal lato del divenire. La pitarda
etica aristotelica si distingue da quella platonica in
quanto non si pone il problema di un bene assoluto, ma
di ci che tale per la vita delTuomofv-EipojTUVGV yafl'v)
Qui
invece Aristotele ancora del tutto su terreno pla
tonico. Concependo la realt di valore supremo, gli viene
ancora fatto di pensare all' essere trascendente del bene
assoluto, e non a ci che il Greco chiama eudemonia.
Dal bene assoluto esclusa ogni attivit terrena. Ilpro
blema quindi soltanto quello di ritornare il pi rapi
damente possibile, dal regno del divenire e dell'imper
fezione, a quello dell' invisibile essere.
Pi chiaro che mai si rivela poi il platonismo nel
nocciolo sostanziale del dialogo, la teoria dell'immor
talit. Aristotele consider pi tardi la connessione del
l'anima con l'organismo corporeo come ilvero problema
della psicologia, e si arrog ilmerito di aver riconosciuto
per primo la natura psicofisica dei fenomeni psichici. La
scoperta dei nessi psicofisici doveva anzitutto scuotere la
fede platonica nell'immortalit dell'anima individua, e
Aristotele non pot serbare, delle sue opinioni di una
volta, altro che quella dell' indipendenza del puro vo;
dal corpo. Tutte le altre funzioni dell' anima (riflessione,
amore e odio, timore, ira e memoria) presuppongono
come base ilcomplesso psicofisico e periscono con esso 1).
*) Sull' inseparabilit delle funzioni psichiche dal corpo v, de
anima, A 1, 404 a 16 e altrove; sulla distinzione del vos
dalle funzioni psicofisiche A 4, 408 b 18-30.
t' EUDEMO 63
Precoci sono, in Aristotele, idubbi circa l'immortaliti.
dell' anima intera (che l'unica espressione storica
mente ammissibile per ci che imoderni chiamano spesso,
anacronisticamente, immortalit individuale). Tra gli
scritti dottrinali, il libro A della Metafisica, composto
subito dopo la morte di Platone, tende gi a limitare la
sopravvivenza al voj 1). Anche in un estratto di Giam-
blico dal Protreptico di Aristotele detto: nulla di
divino o di beato appartiene all' uomo, salvo quel tanto
che inessi d' intelletto e di ragione, e che solo degno
di serio interessamento.
Questa
sola infatti, di tutte le
nostre cose, sembra essere immortale e divina
3). que
sta limitazione che poi lo conduce a dare tanto maggior
valore al voOj: esso per lui addirittura una divinit
presente in noi, conforme alla dottrina del V0O5
ftupafrev
zierwbv. La dottrina etica dell' eudemonia e quella teo
logica della noesis noeseos sono fondate su questa
intui
zione. Si comprende quindi come gi ineoplatonici
vo
lessero riferire al solo vo?
gli argomenti in favore del
l'immortalit contenuti nell' Eudemo. Temistio connette
questo difficile problema con l'aporia concernente 1* in
terpretazione del concetto dell' anima quale risulta dal
Fedone, in cui Bono parimenti implicite alcune ambi
guit.
Certo, quando Temistio (o la sua fonte) ascrive al
Fedone il celato intento di dimostrare l'immortalit sol
tanto del vos, scambia l'intenzione degli argomenti pla
tonici con le loro conseguenze2). Imiti del premio e del
castigo delle anime nell' aldil presuppongono necessa
riamente la sopravvivenza dell' intera anima . Riferite
al voO; aristotelico, perdono ogni significato. Tuttavia
') Arisi., Metaph., A 3, J070 a 2
") Arisi., framm. 61 R.
') Arisi., framm. 38 R.
64 IL PERIODO ACCADEMICO
non si pu negare che ipi seri argomenti del Fedone
(secondo
l'espressione dello stesso Temistio), come quello
tratto dalla reminiscenza e dall'affinit dell'anima con
Dio, possono dimostrare soltanto l'eternit dello spirito.
Platone stesso non ha distinto nettamente, nei suoi
dialoghi, idue problemi, clti nella loro differenza solo
dalle discussioni accademiche. Mentre da queste deriva
la posteriore e cauta formula di Aristotele, nel Fedone
possono ancora distinguersi chiaramente le originarie
correnti di pensiero, che si unificano nella religione pla
tonica dell'immortalit. Una corrente proviene dalla
speculazione anassagorca circa il puro vo, che si basava
stilla divinizzazione dell'intelletto scientifico e costituiva
il culmine del razionalismo filosofico del quinto secolo.
L'altra di provenienza opposta : discende dall'aspet
tativa orfica dell'aldil e dalla religione catartica, che
predicava la penitenza e la purificazione affinch- l'anima
non dovesse soffrire nell'aldil le pene pi terri
bili. Essa un'esperienza non speculativa, bens etico-
religiosa, dell'indistruttibilit e indipendenza dell'intima
sostanza psichica. InPlatone idue clementi si sono fusi
in
apparente unit. Ma
questa unit non si fonda sul
l'affinit dei motivi, ma sulla mirabile sintesi di chiarezza
razionale e ardente esigenza religiosa propria dell'anima
platonica. Sotto l'indagine analitica dell'intelletto, la
sua creazione si scinde di nuovo negli elementi originari.
Dopo tutto ci, non pu ormai pi sorprendere che
Aristotele, noli'Eudemo, si accosti al punto di vista del
Fedone anche in quanto attribuisce l'immortalit al-
l'anima intera ]). 11 sentimento pu attingere conso
lazione religiosa solo a
questa intuizionerealistica2 l'eter-
') Ci risulta chiaro dalle parole di Temistio :anche ncll'lTu-
cfcmo occorreva l'interpretazione , per riferire gli argomenti per
la sopravvivenza dell'anima al solo vw?.
L' EUDEMO 65
nit dell' impersonale spirito pensante,
senz' amore e
senza ricordo dell' aldiqu, non ha per esso importanza.
Egli ha per lottato con dubbi, di cui rimasta la traccia
nella sua interpretazione dell' anamnesi platonica. Com'
noto, Aristotele rigetta nella sua psicologia, insieme con
la dottrina delle idee e con la sopravvivenza dell'anima
intera, anche la reminiscenza 1). Neil' Eudemo egli si
basa invece ancora su quest'ultima teoria. Ma fin d'al
lora egli si posto,
e ha cercato di risolvere con mezzi
platonici, quello stesso problema psicologico della con
tinuit della coscienza nell' esistenza successiva alla
morte, che pi tardi gli fa apparire insostenibile 1' im
mortalit nel senso del Fedone. La continuit della co
scienza connessa con la memoria. Mentre pi tardi egli
nega la memoria al vou;, nell' Eudemo egli cerca di
conservarla per l' anima ritornata nell' aldil, trasfor
mando la dottrina platonica dell' anamnesi in una teoria
della continuit della coscienza in tutte e tre le fasi del
l' esistenza dell' anima, preesistenza, vita terrena e vita
successiva alla morte. All'intuizione platonica della re
miniscenza dell' anima rispetto all' aldil egli contrap
pone la sua tesi del ricordo dell' anima rispetto all'ai-
(Iiqu. Egli la fonda mediante un' analogia. Come coloro
ebe passano dalla salute alla malattia perdono spesso la
memoria, in modo da disimparare perfino a leggere e a
scrivere, e invece quelli che ritornano dalla malattia alla
salute si ricordano di ci che hanno sofferto durante la
malattia, cos l' anima che discende nel corpo dimen
tica le impressioni ricevute nel periodo della sua preesi
stenza, e invece l'anima ritornata per la morte Dell'al
dil si ricorda delle sue esperienze e sofferenze (fta
para) dell'aldiqu "') La vita senza corpo la condizione
') De anima, T 5, 430 a 23; Metaph.,A' 9, 993 a 1.
') Arist,, framm. 41 R.
5.
W, Jaeger, Aritlotele.
66 IL PERIODO ACCADEMICO
normale (xa:x cpoiv) per 1' anima, il soggiorno nel corpo
una grave malattia. L' oblio di ci che le apparve nel-
1' antevita solo una transitoria interruzione e oblitera
zione della continuit di coscienza e della memoria. E
giacch per il risanamento, cio per la liberazione del
l'anima dal corpo, non c' da temer nulla di simile,
l'immortalit dell' anima intera sembra, con questa
concezione, assicurata. L' argomento dipende dall' esat
tezza del suo presupposto, che il sapere dell'uomo sia
una reminiscenza di ci che egli contempl laggi (x
luti -9'tz[i-ca). Con la sorte di questo dogma platonico
necessariamente connessa quella dell' immortalit perso
nale, professata dall' Eudemo. Platone aveva fondato, col
mito psichico dell' anamnesi, la sua grande scoperta lo
gica dell' a priori. Ilgiovane Aristotele comincia col pro
cedere sulla via di questo mito, senza autorizzarci a con
siderare in lui come pura metafora questa forma rap
presentativa, che incontriamo come dogma fondamentale
nel Menone e nel Fedone. Nel momento in cui egli vide
chiaro il carattere specificamente logico del pensiero
puro, e interpret la reminiscenza come fenomeno psico
fisico, neg all' intelletto la capacit dell' anamnesi e la
sci cadere le idee della preesistenza e dell' immortalit.
Ma
questo momento, in cui il realistico mito platonico
doveva scindersi per lui nei due suoi elementi, poetico
e concettuale, non era ancora arrivato al tempo del
l'Eudemo.
Nel cerchio chiuso della concezione platonica, che Del
l'Eudemo conclude in s la vicenda dell' anima, manca
ancora solo I'ultimo elemento, le idee. Una critica senza
inclinazioni preconcette non pu dubitare dell'incoerenza
in cui si incorrerebbe quando si volesse espungere dal
l' esposizione di Proclo, da lui designata come autentica
dottrina aristotelica, o si volesse spiegare come semplice
aggiunta del relatore, proprio quell'elemento dell'intero
l'EUDEMO 67
sistema concettuale che solo d senso e nesso logico al
tutto.
Questo
elemento appunto quello delle idee. Sotto
gli l%il S-sipata non si celano che le idee del Fedone.
Prescindendo dalla terminologia, che puramente pla
tonica, Aristotele non avrebbe mai potuto esprimersi cos
sulla base della sua posteriore psicologia e dottrina della
conoscenza. E se la presenza della dottrina delle idee
nell' Eudemo non fosse esplicitamente assicurata dalla
citazione di Proclo, l' ammissione della preesistenza e
della reminiscenza dovrebbe gi bastare da s a esigerla.
Si possono affermare o negare le idee, dice Platone nel
Fedone, ma non si pu separare la teoria dell' anamnesi
e della preesistenza da quella delle idee. Unica la sorte,
e la logica necessit, di entrambe le dottrine '). Quando,
pi tardi, Aristotele abbandon la dottrina delle idee,
cess insieme, necessariamente, di aver valore per lui
anche quella dell' anamnesi.
Questa
dunque la posizione che rispetto a Platone
occupava Aristotele intorno all' anno 354/3, dopo almeno
tredici anni di discepolato. 12 suo periodo platonico si
estende quasi fino alla morte del maestro. Nei limiti in
cui 1' opera giovanile ha significato per la natura di un
uomo, si possono dedurre molto bene, dall' Eudemo, al
cuni tratti caratteristici della personalit aristotelica. Ti
pico che egli, nel campo della tecnica logica e meto
dologica, fosse gi maestro in un' et, in cui dal punto
di vista metafsico dipendeva ancora pienamente da Pla
tone.
Questa dipendenza aveva evidentemente la sua ra
dice nelle profondit irrazionali del suo sentimento per
sonale e religioso. Le correzioni al modello platonico, che
') Plat, Phaed., 76 D. Il principale argomento, con cui il Ber-
nays (1. c, p. 25) nega che la dottrina delle idee possa stare a fon
damento dell' intuizione del mondo espressa nell' Eudemo, ancora
l'attestazione di Proclo e di Plutarco, che Aristotele abbia combat
tuto le idee anche nei dialoghi (contro cui cfr. sopra, p. 44 segg.).
68 IL PERIODO ACCADEMICO
intraprendeva, erano prudenti e conservative. Tentava
perfino di tener dietro a Platone nel suo campo pi
proprio, nel regno del mito dell' anima.
Qui
aveva ra
dice la forza pi energica del pensiero platonico, quella
che determinava la sua intuizione del mondo. In Aristo
tele, per grande che fosse la sua interiore tendenza anche
a tale regno dello spirito, essa non si mostrava, gi qui,
cos originale e sviluppata come la genialit in stretto
senso scientifica.
IV.
IL PROTREPTICO
1. Forma ed intento.
Dopo l'Eudemo, 1' opera pi importante del periodo
che precede la morte di Platone per noi, per il suo
stato di conservazione e anche per il suo effettivo signi
ficato, il Protreptico. Certo, bisogna prima dimostrare
che esso appartenga
a questo periodo, perch finora non
si mai data neanche 1' ombra di una simile dimostra
zione. Perfino la questione della forma letteraria dello
scritto, che fino a poco tempo fa stata in prima linea,
non ancora del tutto chiarita. Di rilevarne ilsignificato
filosofico non si mai fatto nemmeno il tentativo.
Tra gli scritti giovanili di Aristotele il Protreptico
occupa una posizione singolare. diretto a un principe
di Cipro, Temisone. Per quanto non sappiamo nulla di
preciso di costui e della sua vita, possiamo farci assai
bene un'idea del tono di vita di questo piccolo despota
illuminato dell' incipiente ellenismo. Attraverso l'enco
mio di Isocrate a Evagora e il suo messaggio a Nicocle
noi conosciamo questi due personaggi, che erano pure
principi di Cipro, padre e figlio. Il discorso a Nicocle
un protreptico, che prescrive al giovane signore imigliori
principi di un retto e intelligente governo. Cosi, nel
70 IL PERIODO ACCADEMICO
quarto aecolo, le Bcuole gareggiano nell' attirare 1' atten
zione delle potenze mondane e nel procacciarsi con ci
influenza politica. Non sappiamo se Aristotele avesse co
nosciuto Temisone per mezzo del suo amico Eudemo di
Cipro. Ma senza dubbio dobbiamo inquadrare la mis
sione, cui egli adempie col suo scritto, nell'attivit poli
tica dell'Accademia, cbe era allora vastissima. Ilproemio
si rivolgeva a Temisone. Se vi si diceva che per la sua
ricchezza e reputazione egli aveva come pochi la voca
zione per la filosofia, non da credere che in bocca ad
Aristotele questa fosse, come parrebbe a primavista, una
frase di adulazione a). Va rammentata che, secondo la
concezione platonica, solo filosofi che giungano al
potere
politico, o re che si diano seriamente alla filosofia, pos
sono presumere di svolgere nello stato V attivit pi alta
e di venire in aiuto dell' umanit sofferente. Anche Pla
tone, cio, considera la ricchezza e la
potenza come in
dispensabili
strumenti dell'idea'). Temisone deve aiu
tare
l'Accademia a metterein atto la sua dottrina dello
stato.
Con tale
scopo strettamente connessa 'la forma dello
scritto (giusta
nemesi, anche questa, del fatto che si sia
quasi sempre tenuta distinta la questione della forma
da quella del contenuto). L'origine del protreptico come
forma letteraria nel nuovo metodo pedagogico
dei so
fisti. Non Un genere che la socratica abbia prodotto dal
suo intimo: laveste dialogica, che si spesso considerala
peculiare degli scritti essoterici di Aristotele, non ad
esso
connaturata di necessit 5).
Quando Cicerone dialo-
*)
Arist., framm. 50 R.
Il concetto in s assolutamente platonico,
come si vede
dalla seconda lettera (310 EJ, il cui autore lo formula nel modo
seguente: Jtfcpuxs
otmvai stj ta-tv qspivijols vs xal Svafiij
v.al T0t' SXArjXct Sicixsi xal Slte xal oUYYiy":-
')
Nei cataloghi delle opere di Aristotele
conservatisi Vanto in
Diogene quanto in Esichio e Tulemco il Protreptico posto tra gli
IL PROTREPTICO
71
gizz nell' Ortensio le idee del Protreptico aristotelico,
ritenne necessario di segnalare anche nel titolo questa
trasformazione dell' opera. Anche la forma dei protre-
ptici superstiti,
che non risalgono certo oltre 1' et del
l'impero, ci permette
di concludere che il protreptico
era un discorso di propaganda, di tipo simile a quello,
che gli si riconnette nella forma e nello spirito, della
predica ellenstica d'invito alla conversione, passato
poi
nella chiesa cristiana. Pu darsi che spesso concetti pro-
treptici siano stati trasferiti in forma dialogica, come
nella cosiddetta Tavola di Cebete.
Quanto
al Protreptico
di Antistene la cosa, certo, non sicura: ma, com' noto,
Platone si comportato intal modo, nell' Eutidemo, con
argomenti socratici.
In questo
dialogo Socrate d ai so
fisti, che prendono parte alla conversazione, saggi di un
colloquio protreptico con uno scolaro, nella forma a lui
peculiare della domanda e della risposta: e ci con
sono al modo in cui egli spesso giuoca ironicamente con
forme d' arte proprie della sofistica. A questo modello
classico di protreptica platonica Aristotele si ricollegato
in forma addirittura esplicita, ma soltanto per ci che
riguarda iconcetti. Quanto
alla forma, egli non segui
questa volta le traccie di Platone, bens ilmodello d' Iso
crate.
Com' evidentemente
attinta da lui la forma della
missiva personale, cos la parenesi appartiene al conte
nuto stabile del sistema pedagogico
d' Isocrate. L' allo
cuzione a ima determinala persona un mezzo
stilistico,
ins assai vecchio, di ogni sorta di esortazioni e orazioni
didascaliche. Neil' et in cui il verso era ancora lo stru-
scritti essoterici raccolti a capo dell'elenco, il che per non implica
nulla circa la sua forma, perch Don detto che dovessero essere
essoterici soltanto gli scritti
dialogici- Intale gruppo esso poteva
esser compreso anche se aveva la forma di un discorso o di un
messaggio.
72 IL PERIODO ACCADEMICO
mento obbligato con cui si influiva spiritualmente sugli
uomini, possiamo seguire lo sviluppo della forma allo
cutiva dagli avvertimenti di Esiodo a Perse fino al poema
didascalico di Empedocle e alle sentenze dedicate a Cimo
da Teognide, che ancora al tempo di Socrate e dei sofisti
servivano nella scuola per l'istruzione morale dei fan
ciulli. A questa poesia sentenziosa, di vecchio stile, la
sofistica sostituisce una nuova forma prosastica, che ga
reggia con successo con quella antica 1). L'immagine
ideale del principe, che Isocrate presenta in Nicoele,
corrisponde sul nuovo piano sofistico all' ideale cavalle
resco di Teognide. Appartengono entrambi a un unico
tipo. IlProtreptico di Aristotele tuttavia piche un'im
magine filosofica di principe. Esso proclama il nuovo
ideale della vita puramente filosofica, quale Platone esige
anche dall' uomo d' azione. Platonico infatti, e non con
sono allo spirito del pi tardo Aristotele, il fatto che
egli diriga a un uomo impegnato nella prassi politica
un discorso d' invito al [Lo; O'swpTjircx;. E il libro non
stato da lui, come si usa dire, dedicato al principe
suo amico (la dedica di dialoghi o di trattazioni unuso
della cortesia letteraria ellenistica, mentre 1' et classica
non conosce affatto questo costume libresco), ma gli
stalo diretto come viva espressione del suo intento di
energica esortazione pedagogica. In questo senso, Ja de
dica un elemento costitutivo dello stesso stile pro
treptico.
Anche altre traccie segnalano l'imitazione della pa-
renesi isocratea. La forma peculiare, che stampa il suo
sigillo su tutto ci che di mano aristotelica, e cio il
predominio dell' organizzazione concettuale apodittico-
') Lo sviluppo della forma prosastica del protreptico dalla poe
sia gnomica delle
'jtccS
Sj-'ott stato esattamente segnalato da P. Veri-
dland, Anaximenes von Lampsahos, Berlino 1905, p. 81 sgg. Cfr,
Isocr.,
ad A'icccl., 3,
IL PROTREPTICO
73
sillogistica, doveva certo trionfare anche nel Protreptico,
e qui, anzi, in modo pi facile e brillante che altrove. Si
deve filosofare? Ecco la domanda che stava a capo di
tutte le esortazioni all' esercizio della filosofia. Aristotele
rispondeva prontamente: o si deve filosofare o non si
deve filosofare. Nel primo caso, si deve senz' altro filoso
fare. Nel secondo caso, bisogna
tuttavia filosofare, per
dimostrare che non si deve filosofare. Dunque bisogna
inogni caso filosofare 1). Analoga forma sillogistica hala
maggior parte dei brani superstiti. Ma al di l di questo
velo dialettico compaiono spesso i concetti dell' antica
parenesi. Inun frammento pi ampio, che giunto sino
alle antologie bizantine ed anche tornato da poco alla
luce, nella sua integrit originaria, inun papiro di Ossi-
rinco, si osserva in maniera particolarmente chiara que
st' alternativa di vecchio pensiero e di nuova e penetrante
formai dimostrativa2). Bisogna persuadersi che la feli
cit dell' uomo non. consiste nel posseder molto, ma nel-
l' essere ben disposto nel proprio spirito. Neppure il
corpo, infatti, b stima felice perch adorno di splendidi
abiti, ma solo perch sano e ben costituito, anche se
mancante di quell' ornamento. Allo stesso modo bisogna
chiamar felice l'anima solo quando moralmente edu
cata, e l'uomo quando si trova nella medesima condi
zione: e non chiamar tale un uomo che sia splendida
mente adorno di beni esterni, quando in s stesso non
valga nulla. Neauche un cavallo, che abbia morso d'oro
e finimenti preziosi e in s sia di scarso valore, oggetto
di stima, mentre Io quando sia di buona costitu
zione . Oppure: Come chi fosse spiritualmente infe
riore ai suoi schiavi sarebbe ima figura spregevole, cosi
occorre stimar miseri quegli uomini icui possessi hanno
') Fraram. 51 R.
48, 21 (framm.
59; 60; 61 Rose), cap. IX, p. 52, 16
54, 5 (framm. 58),
oltre all' inizio del capitolo VIII, p. 45, 6
47, 4 (framm.
55).
Questa parte di provenienza unitaria. caratte
rizzata dall' uso dei sillogismi dialettici (iit ttSv Ivapyfij?
nioi cpaivopvwv) adottati da Aristotele con particolare
preferenza nelle opere letterarie, e dall' uso speciale del
concetto di tfpvtjais, su cui dovremo tornare. Di estratti
ce ne sono, peraltro, ancora molti. Comincio col capi
tolo VII, finora non fatto dipendere dal Protreptico ari
stotelico e invece di particolare importanza.
Le parole iniziali (p. 41, 6-15) sono state aggiunte
da Giamhlico. Egli vuol dimostrare tre cose. Prima, che
il cppovsv (qui, in senso schiettamente platonico, con
cetto universale della pura filosofia) ha per gli uomini
') La speranza dell'Usener (v. Rheinisch. Museum, XXVIII, p.
400) che da Boezio si potessero ricavare pi ampi brani dell'Orten
sio, non ha avuto conferma: anzi non si pu allatto parlare di un
nso che Boezio abbia fatto dell'Ortensio, come pi tardi dovette
rinmettere lo stesso Usener {Anecd.Holdcri, p. 52). Agostino fu in
vece un fervente lettore del dialogo ciceroniano.
IL PnOTREPIJCO 85
valore in s. Seconda, che esso utile per la vita, perch
senza pensare ed argomentare l'uomo non riesce a pro
cacciarsi nessun vantaggio. Terza, che la filosofa neces
saria per la conquista dell' eudemonia, a qualunque in
tuizione della vita si aderisca e comunque s' intenda
1' eudemonia, o come massimo di piaceri (5ov-fj)
o come
perfetta educazione ed attivit etica (ptvtj) o come pura
vita dello spirito {tppVT)ot?). Questi
tre punti corrispon
dono esattamente alla serie dei capitoli di Giamhlico:
ilprimo trattato nei capp. VII-IX, ilsecondo nel cap. X,
il terzo nei capp. XI-XII. Ora, si potr certo esaminare
in qual misura siano stati trascritti dal libro aristotelico
(e che di fatto essi siano, per intero, estratti dal Protre
ptico sar dimostrato in seguito) : ma nessuno comunque
vorr credere che essi formino un unico ed organico
frammento nell' ordine che presentano
in Giamhlico. Da
ci deriva che le parole introduttive, annuncianti questa
disposizione dei sei capitoli, sono di Giamhlico. La cor
nice di questo quadro, la cui tripartizione stata certo
imitata dal modello, da lui riempita con singoli passi
scelti, attinti alla stessa fonte. Ci risulta gi dall' inizio:
subito dopo l'annuncio del contenuto egli comincia, senza
neppur tentare un adeguato trapasso
stilistico al lette
rale estratto aristotelico che segue, con lo schematico Iti
co(vyv (41, 15). L'argomentazione che cos s'inizia, e che
in s sostanzialmente unitaria, arriva fino a p. 43, 25,
ma senza dubbio abbreviata a p. 42, 5. A p. 43, 25
cominciano di nuovo itagli: tuttavia gi la conclusione
della parte precedente (43, 22-25) mostra la stretta con
nessione originaria con la dimostrazione seguente
(43, 27
fino alla fine del cap. VII). Evidentemente, si tratta qui
di una serie slegata di estratti da un autore antico, in
ogni passo del quale facile riconoscere Io stile e il pen
siero di Aristotele. Non si pu certo dire che fosse rigore
metodico il voler escludere, per la mancanza di attesta-
86 IL PERIODO ACCADEMICO
zioiie esterna, queste pagine da un contesto di brani di
arBtotelicit chiaramente dimostrata.
Specificamente aristotelico il concetto fondamentale
e l'elaborazione metodica del primo capitolo (41, 15
43, 25). Per determinare ci che promuove lo sviluppo
e ilvantaggio di un dato essere, l'autore parte dal con
cetto del tXo$. Il fine di un essere pu venir ricer
cato solo in un' intelligente attivit, in una vivente rea
lizzazione della sua natura: dalla massa delle sue azioni
o funzioni (Ipyov) si distingue quella che gli essenziale
e che costituisce il suo tsXo;, come la potenza che pro
pria a lui piuttosto che ad ogni altro individuo o genere
(oSxsta pSTfj). In tale forza innata il compito di ogni
essere. La gerarchia delle funzioni invista del loro valore
data dalla natura, perch le funzioni servili sono in
sieme sempre quelle biologicamente inferiori, mentre le
dominanti sono le superiori. In tale relazione si trovano,
p. cs., le funzioni corporee rispetto a quelle psichiche.
L' ipyov delle facolt psichiche ha, inquesto senso, mag
gior pregio che quello delle facolt corporee. H grado
supremo occupato da quella facolt dell' anima che
non serve soltanto, come le altre, a produrre un Ipyov
diverso dalla sua vpyeta, e che quindi non ha il buo
fine in un oggetto esterno, da essa creato, essendo per
lei unica ed identica cosa l'vspyeta
e l'
Ipyov.
Questa
la cppvijac; (approssimativamente traducibile col ter
mine di ragion pura ) che ha ad oggetto e scopo sol
tanto s stessa, e non crea altro che s etessa. Essa pura
contemplazione (frswpfa); e nel concetto della contem
plazione sono risolti inunit quelli dell' essere, dell'agire
e del creare. La pi alta forma di vita non n la pro
duttivit n 1' attivit intese nel comune significato dei
termini, bens l'intuizione conoscitiva dello spirito, pro
duttivo ed attivo in senso superiore. Si vede subito come
qui non manchino gli elementi di contenuto aristotelico:
il
pnOIREPIICO 87
e cio la comparazione della gioia contemplativa con
quella dell' attivit disinteressata della vista; ilsignificato
dei termini designanti la funzione e il suo risultato
(ivlpysia, ipyov). la distinzione di Ipya che sono im
pliciti nella stessa ivpyeta da Ipya che sono invece
creati da essa; la discriminazione delle tre attivit poie-
tica, pratica e teoretica; la coincidenza del soggetto e
dell' oggetto nell' atto dello spirito 1). Nella dottrina del
l' ordinamento gerarchico, che sta a fondamento della
trattazione e alla quale poco pi oltre si accenna anche
esplicitamente, troviamo il principio basilare della teleo
logia aristotelica, secondo il quale in ogni campo della
realt igradi inferiori vengono superati e risolti nei su
periori. Infine corrente inAristotele la tripartizione dei
tipi di vita e di filosofia secondo ipunti di vista dell'in
teresse edonistico, di quello morale e di quello spirituale.
A questi argomenti riguardanti il contenuto si ag
giunge una decisiva conferma esteriore. Nel capitolo con
cernente la forma originaria dell' etica aristotelica sar
dimostrato che ampie parti, in s coerenti, dell' Elica
Eudemea coincidono esattamente, tanto nel contenuto
quanto nella espressione verbale, cogli estratti conservati
inGiamblico: e questi brani sono inparte quelli che l'au
tore dell'Etica dice esplicitamente di aver tratto dagli ljio-
TSpixol Xyot. Siccome il confronto di questi luoghi con
gli estratti di Giamblico mostra che questi ultimi sono
stati di modello agli altri, dobbiamo senz' altro ricono
scere nello scritto su cui Giamblico ha esercitato la sua
scelta una di quelle opere perdute di Aristotele, la cui
designazione come scritti essoterici stata oggetto di cos
lunghe controversie, mentre ora pu essere sottratta a
')
Il concetto di ipyov, uno degli clementi pi essenziali della
dottrina aristotelica dei valori, manifesta la sua influenza dapper
tutto e appare esplicito nei seguenti luoghi: 42, 5, 13, 39, 20, 22:
43, *>, 9, 18, 21.
88 IL PERIODO ACCADEMICO
ogni ulteriore dubbio. Ora, proprio le dimostrazioni del
VII capitolo di Giamblico si ritrovano nelle parti del
l'Etica Eudemea desunte da uno scritto essoterico. La
loro natura aristotelica quindi senz'altro accertata;
che poi essi appartengano propriamente al Protreptico
pu essere considerato come egualmente certo, perch
anche gli altri passi che nell' Etica si dimostrano desunti
da un' opera aristotelica sono tratti da esso, e perch il
loro contenuto concettuale di natura pienamente pro-
treptica.
Pi tardi, nelle sue lezioni, Aristotele ha non di rado
posto il problema delle diverse forme di vita, e messo i
suoi ascoltatori dinanzi alla scelta. In questi casi la vita
tendente alla soddisfazione e al guadagno sempre messa
accanto a quella dell' uomo d' azione e a quella dell' in
dagatore e del filosofo. Tanto questa impostazione del
problema quanto la risposta che la vita dedicata al puro
sapere meriti preferenza, anche dal punto di vista inorale,
rispetto a ogni altra specie di esistenza umana, derivano
dal Protreptico.
Con ci non tuttavia ancora esaurito il significato
dell' estratto contenuto nel VII capitolo di Giamblico.
Ogni lettore della
Metafisica
aristotelica ha certo spe
rimentato, ogni volta che tornato a quel libro, l'effetto
suggestivo delle prime pagine, in cui con vittoriosa ener
gia si sviluppa il concetto clie 1' occupazione teoretica
e scientifica non contraddice alla natura dell' uomo, ma
che anzi la gioia del vedere, del concepire e del cono
scere profondamente radicata nel suo spirito, e si ma
nifesta Bolo in diversi modi a seconda dei differenti gradi
della sua consapevolezza e cultura. Cos essa viene ad
adempiere addirittura alla pi alta esigenza dell' uomo,
e da semplice mezzo di soddisfazione degli accresciuti
bisogni della vita civile diviene massimo valore in s e
culmine della cultura; e la scienza la forma pi alta
IL PROTREPTICO
89
e pi
desiderabile
di questa
attivit
contemplativa,
in
quanto
realizza
nella forma
pi netta la visione disinte
ressata
della
pura scienza
e produce
il sapere pi
perfetto.
Chiunque
abbia sentito
come valore
supremo
la
scienza
esercitata
seuz'
altro scopo che s stessa, avver
tir l'energia protreptca
di questi
concetti.
Inmodo pi
puro,
serio ed elevato la scienza
non stata mai conce
pita
e
vissuta, ed essa resta anche
oggi lettera morta per
chi non sa intenderne
in tal modo l'esercizio.
A inten
derla
in tale profondo
senso aveva insegnato
Aristotele
nel
Protreptico.
Che il famoso inizio della Metafisica
sia
nella
sostanza solo
una replica abbreviata
della classica
esposizione
del
Protreptico, dimostrato
dal
confronto
col VII cap. di Giamblico
(p. 43, 20), che se ne distingue
solo in quanto
tratta
gli stessi concetti
con pi ampio
respiro
e con pi particolare
approfondimento
logico.
Risulta
anzi, da tale
confronto,
che
capitoli introdut
tivi della Metafisica
sono stati composti
per l'immediato
scopo didattico
con materiale raccolto
dall' opera gi
esi
stente, e non sono stati mai neppur
concatenati
in un
saldo
organismo.
Metaph.,
Al, 980 a 21:
Anteo, vO-ptoicot to5 el5i-
vai pyo-Jxai
cpset". o'jieCov
S' fj tiv
alothssioy
yr.j?crif .
al rp X<Dpl T?!SXPt-aS
&Ya-
uffivxai 8 1
*
Sauva;, xal
[Xtota
i(jjv 'kXvii 8i
z(Si
cftfitfliv.
"<>
p&vev Iva np&z.
TWjisv, XX
kccI gv] 8 v n
SX-
Xo vi e? it p 4tt eiv T 6p2v
alpo&psfra
&vtI nvitov
siicstv tiv
&\7,av. alz'.sv
8'
gii
fiXioTa
tvist yvto-
pletv jjiiS?
aOTi)
t)v al-
oOijascov
xal noXX?
8v]-
Protr., 43, 20:
T Cfpovstv &ptt -Atti T Oe-uv
pstv.... ndvtiDV
SotIv
alpe-
tdjTatov Totj vOpebnoi?,
)5itsp otp.cn
v.al t toT{ gppaoiv
ipv,
8 xal sXoni
Tip fiv &xeiv,
slv.at
pij ti pSXXol f'"
yvsoOai
Si' aT itap* 0-
zijV Tv
Stspov.
Iti si t 8pv &-j-a-iT&!j.sv
8c"Sut,
IxavSp fiapTupst
TOTO STI TtvTBp t cfpovstv
al t YlYviuoxeiv
laxTiu; 4y a-
it&aiv
.... 4XX4 prjv t ys
icp aiaO-vEoS-ai
8iaplveTai toO
90
IL PERIODO ACCADEMICO
Iti)
55v
xal
-taTtc
jtapooai? xa!
Suvjisi x ijv 8i)p'.axai ... xij5
8 ataS-ijosioj fj it)s 5'
sui?
Stampai SBvafUg
x#
oa-
tpsoxxij slvai xal St
TOSTO Xal [liXlOTB ctlpo-
ptK aJtijv. .. oxoBv st ti
\iiv
ioxtv a'.psxv Sta vrjv
afafajoiv, 8* aX c9-r] si j y v 0-
aie ti; xal 8i t yvu>-
piljeiv
aur?) Svaaa-cu. ri|v $o-
Xv alpojiea, rcXai 8
eliro|i8V 5xi [tx e p] Suotv
del jiSXXov atpexv
$ ftSX-
Xov Onipxsi. xa&xv, xfflv
[lv atoftrjsstuv
xi/v
5<{jiv vyx7]
jiXtoxa
atpexrjv slvat xal xt-
p'.tti, taxfjj 54 xa\ ibv SXXur*
4to3(5v
atpcxojtpa xal xo 5)v
laxlv
fi
tppvsis, xuptioxpa
(oBoa) xc
&Xii5-sac. Soxs
Ttdvxc 4v8-pouwt. x4 <ppovetv jii-
Xtoxa Bttbxouoi* xd y&p ?i}v
f
aitflvxsg xi tppovetv xal x
yvtaplttv
iyaxffioi.
Xot 8 1atpo pj . cpasi [lv eBv
ala5-r((;iv
ixovxa
yiyvsxat l
t$a....
Ci che nella prima frase della
Metafisica
concen
trato nella semplice parola ynrjci;, l'amore per un'at
tivit sentita come fine a s
stessa, molto pi chiara
mente espresso nelle parole corrispondenti dell'estratto
del Protreptico, secondo quanto era necessario per l'espo
sizione essoterica. Non c' parola che non tradisca subito
il suo carattere aristotelico. Soltanto, Giamblico ha qui
fuso insieme, in forma assai rozza, vari brani del Pro
treptico, die erano stati messi insieme per la
somiglianza
del loro contenuto : da ci l'effetto tautologico del com
plesso. Non si tratta invece affatto di una mera parafrasi
del testo della
Metafsica.
L' ambito di questi brani
essenzialmente pi vasto di quello
dell'introduzione della
IL PROTREPTICO 91
Metafsica.
Anzitutto, l'energica tendenza a una forma
nudamente
logica d' argomentazione corrisponde all'im
magine che in base all'Eiulemo ci siamo formata del
l'attitudine mentale del primo Aristotele. Cos della de
duzione dal principio topico,
che di due oggetti ha mag
gior
valore quello che possiede inmaggior grado la qua
lit pregiata r) ; e dell' inferenza, condotta per via defi
nitoria, del valore della cppvyjocj
dal concetto della vita.
Etanto nel Protreptico quanto
nella
Metafsica
la dimo
strazione dialettica, in conformit, parimenti, con le
osservazioni fatte a proposito dell' Eudemo.
Ora, lo stesso carattere manifestano dappertutto i
due primi capitoli, e giacch essi espongono gli stessi
concetti fondamentali del Protreptico, concernenti l'au
tarchia della pura scienza teoretica, spontanea nasce
l'idea che siano stati desunti da quell'opera, o per in
tero o nella massima parte.
L' esame dei particolari d-
mostra agevolmente V esattezza di questa
idea. In en
trambe le opere si espone il concetto della pura scienza
contrapponendolo a quello dell' attivit pratica dipen
dente da mera esperienza o abitudine. Non il pratico
e
l'empirico, ma il conoscitore e il teorico ha dignit su
periore, perch l'empiria non giunge mai a comprendere
le cause e ifondamenti dei fenomeni, come fa invece il
teorico merc il suo dominio dell' universale.
Quanto
pi
emprica, quanto pibisognosa dell' aiuto dell' intuizione
(jtpoffsms), tanto meno esatta la conoscenza. Vera
mente esatta solo la conoscenza di ci che massima
mente conoscibile, e tali sono i principi pi generali
(-r xp&zx), che costituiscono l'oggetto della pi alta
") Per confutare il principio elle l'anima fosse un'armonia del
corpo si faceva uso, nell'Eudemo, della nozione logica che l'iden
tit
degli attributi determina l'identit degli oggetti. Simile procedi-
mento seguito qui da Aristotele, quando riferisce la pluralit
di valoci
dell'oggetto all'esistenza fundpxslv) di proprietdi diversi
gridi di valore.
92 IL PERIODO ACCADEMICO
scienza teoretica. Pu darsi, certo, che il
puro empirico
abbia nella vita pi successo del
teorico, mancante d
esperienza pratica, ma esso non giunge mai a un' azione
che derivi effettivamente dall'
intendimento della neces
sit della cosa, e si conformi a saldi
principi. Egli resta
un jv&uao;, un pedestre
meccanico. La
continua, per
quanto celata, polemica contro lo spirito banausico e
contro ilsuo dispregio della teoria, che permea iprimi
capitoli della
Metafisica, ha il suo
modello nel Prolre-
ptico, incui Aristotele aveva
minutamente
controbattuto
gli attacchi degli empirici. Un brano in cui sono pi
ampiamente riferiti gli argomenti degli oppositori si
fortunatamente conservato (framm. 52 :p. 59, 17 segg. R.).
Che la filosofia non abbia utilit per la vita pratica,
facile capirlo da quel che segue. L'
esempio migliore
ci dato dalle scienze teoretiche o pure
(7Tt(JT?j[ii)
e dalle
discipline dipendenti
({i7T0Xeqievat o?ai). Ve
diamo infatti che igeometri non sono
capaci di appli
care praticamente nulla di ci che
dimostrano in teoria.
Misurare una superficie e compiere tutte le altre opera
zioni concernenti le grandezze e gli spazi son cose che
sanno
benissimo fare igeodeti per la loro pratica, men
tre imatematici e i
conoscitori delle ragioni ideali di
questi procedimenti
sanno tutt' al pi come si deve
fare, ma non sanno, essi stessi, fare . Nel Protreptico
si insiste anche molto sull'
esigenza, per ilsapere scien
tifico, dell'
esattezza (v.plt'.a)
'
esigenza che vien con
nessa con la definizione della scienza come conoscenza
dei supremi principi e
fondamenti. Conoscenza esatta
pu esserci infatti soltanto dell'
universale, dei
principi.
La coincidenza si estende talora fino alle singole parole.
Anche nella deduzione dei gradi superiori e supremi
della conoscenza da quelli
inferiori ed ingenui i due
scritti presentano un completo parallelismo,
per quanto
non ci si possa
naturalmente aspettare da Aristotele che
IL PROTREPTICO
93
egli si ripeta meccanicamente
per pagine
intere. La coin
cidenza verbale resta, com' facile intendere, un caso
d'eccezione.
L'argomento pi decisivo che questi con
cetti appartengono,
nellalorooriginaria
tendenza, al Pro
treptico per cui sono stati pensati,
mentre nella Meta
fisica
essi sono soltanto stati ripresi per le esigenze
del
proemio, e ristretti secondo la necessit dei nuovi limiti.
Subito dopo il grande estratto assegnato dal Rose i
Protreptico segue, nel terzo libro di Giamblico, una de
scrizione, proveniente
dalla stessa fonte, del progressivo
sviluppo della filosofia dalle altre Riconnetten-
dosi alla dottrina platonica delle catastrofi cosmiche il
Protreptico
(framm. 53 R.) narrava come dopo il gran
diluvio e dopo le devastazioni da esso arrecate gli uo
mini fossero etati costretti a escogitare anzitutto iritro
vati pi necessari per assicurarsi il vitto e 1' esistenza
(-c raspi tTjv Tporjv
j)v irpStov vccfKcvxo
cptXoao'-pelv)
;come poi, migliorate
le loro condizioni, in
ventassero le arti dedicate al loro diletto, quali la mu
sica e via dicendo; e solo in terza linea, dopo avere del
tutto soddisfatto ilbisogno delle cose necessarie alla vita
(t vayxat
a) si volgessero alla libera scienza, alla pura
filosofia. Aristotele pensa specialmente
alle discipline ma
tematiche, quando parla dei rapidi progressi delle pure
scienze negli ultimi tempi, e cio nella generazione
di
Platone. Nella Metafisica
(A 1, 981 b 13
982 a 2) lo
stesso concetto riesce singolarmente
inaspettato, mentre
nel Protreptico esso serviva a dimostrare che gli studi
filosofici, quando si siano prodotte le coudizioni che in
citano ad essi, esercitano sugli uomini un'attrattiva
irre
sistbile. Che a questo punto
Aristotele pensasse princi
palmente alla matematica
cosa che si pu ancora rile
vare nella stessa
Metafisica.
Egli designa qui come inizio
della terza fase di sviluppolericerche matematiche della
casta sacerdotale egiziana. Anche la distinzione delle
94 IL PERIODO ACCADEMICO
Tvat vayxatac dalle Xeufrspat deriva dal Protreplico.
Dal quale proviene, dunque, tutto il contenuto dei due
primi capitoli: e Io etesso si deve supporre del brano
982 b 28
l'es
sere e il valore nel senso assoluto della parola; il sommo essere
e nello stesso tempo il sommo bene. Nel punto di massima lonta
nanza dalla sfera umana la metafisica coincide ancora con l'etica
e l'etica con la metafisica. Ma la prospettiva completamente
spostata, e solo inremota lontananza l'immobile
polo, segnalante la
direzione ultima, affiora sull'orizzonte dell'esistenza. Il nesso di
questa metafisica con la singola np&St? troppo debole per giusti
ficare ancora la sua
designazione col termine di <ppvY]oi.
110 II, PEIUODO ACCADEMICO
dall' Etica Nieomachea, una conseguenza dell' abban
dono della dottrina delle idee, il Prolreplico, che c an
cora completamente dominato dall'antico concetto della
<ppv7]ocs, deve avere ancora le sue radici nella metafisica
morale di Platone, nella sua unit di essere e dover es
sere. Di fatto, qui ogni elemento essenziale platonico,
e non solo nell' uso linguistico ma anche nel contenuto.
In nessun altro luogo Aristotele accetta la divisione ac
cademica della filosofia in dialettica, fisica ed etica, a
cui accenna occasionalmente soltanto nella Topica,
opera che probabilmente da annoverare tra isuoi pi
giovanili tentativi ]). Della dottrina, costruita su fon
damento psicologico, delle virt, contenuta nell'Etica e
costituente la prima vera fenomenologia della morale,
non b trova ancora alcuna traccia; e invece s'incontra
la dottrina platonica, elaborata su fondamento sistema
tico, delle quattro virt2). Decisivo poi ci che il Pro-
treptico dice circa il metodo dell'elica e della politica.
Gli avversari della filosofia che appaiono in quest'o
pera usano il nome di etica, come se ci fosse naturale,
nel senso platonico di scienza del giusto e dell' ingiusto,
del bene e del male, al pari della geometria e delle altre
') Nel framm. 52 (p. 60, 17 R.) vengono distinte nettamente,
nella dimostrazione della possibilit di raggiungere un effettivo
sapere: 1) ntotpi) nspl tjv
Sixaiiov
y.at tjv
au|icfspvxcuv ; 2) itspt
cpiiasiog ; 3) itspl t-SJg SXX-r) SXr)ikCa{. Manca ancora ad Aristotele una
denominazione per la prima filosofia: cfr. p. 59, 1-4 R., dove, ac
canto alla scienza del giusto e dell'ingiusto e a quella della natura,
si accenna ad essa, ma se ne designa il concetto con una perifrasi.
D'altronde, la designazione platonica di
< dialettica non per
lui abbastanza caratteristica, perch non distingue l'ontologia dal
l'elica e dallo politica n implica in s alcun riferimento a un og
getto, e vien quindi ristretta nei limiti della pura logica formale.
Alla tripartizione corrisponde la dimostrazione: 1) nepi ootej p. 60,
21-61, 1 R. 2) aspi 'jio/ijp ipsxcv p. 61, 2-8 R. 3) aspi tposuij
p. 61, 8-17 R_ In Top,, A 14, 105 b 20 segg. Aristotele distingue
rtpoTcioaig tfooixai, XoytxaC (neanche qui detto 6iaXe*n-
xaC: cfr. Senocrate, framm. 1Heinze).
5) Per le quattro virt platoniche v. framm. 52 (p. 62, 1 R.)
e 58 (p. 68, 6-9).
il
pnoiREPiico 111
discipline ad essa affini 1). Aristotele richiama con ci
l'attenzione su un punto che evidentemente doveva aver
pi colpito e suscitato critiche, e cio sulla concezione
dell' etica come scienza esatta. In un altro luogo egli
designa la politica, che non pu essere distinta dall'etica,
come una scienza che ricerca norme assolute (8poi). Egli
contrappone
la politica filosofica alle la cui
scienza soltanto derivata. Tra queste egli annovera
anche la solita politica empirica, che giudica
solo se
condo le analogie dell' esperienza e non pu perci mai
dar luogo a un' attivit feconda. La politica
filosofica
ha per oggetto l'esatto in s : una scienza pura
mente teoretica2).
Questo
ideale di esattezza matematica contraddice a
tutto ci che Aristotele, nella sua Ecica e nella sua Po
litica, professa a proposito del metodo di queste due
scienze. Neil' Etica Nieomachea egli combatte esplicita
mente, come inconciliabile con la"natura del suo oggetto,
1' esigenza di un' esattezza di metodo. In questo senso
egli avvicina l'etica e la politica piuttosto alla retorica
che alla matematica3). Essa pu raggiungere
un'uni
versalit soltanto generica: le sue deduzioni non esclu
dono ogni eccezione, per lo meno di regola. Tanto mag
giore l'universalit, tanto minore il contenuto e l'effi
cacia: ecco il giudizio della pi tarda etica aristotelica
sull' ideale metodico sostenuto ancora dal Protreptico4).
Non c' quasi parola, dedicata daITEtica Nieomachea
a questo argomento, che non abbia anche un intento
polemico: dobbiamo quindi imparare a leggerla facendo
attenzione a ci. (Nel Protreptico si diceva che il poli
tico filosofico si distingueva dal politico di stampo con-
') Framm. 52 (p. 58,
23).
") Jambl., Protr., p. 55, 1e 55, 6 segg. (Pistelli)
') Etk. JVic., A 1, 1094b 11-27; A 13, 1102 a 23
i-vii Nw\. r 7. nnt
'12 IL PERIODO ACCADEMICO
sueto per l'esattezza della sua conoscenza normativa,
essendo abituato a considerare le cose in s e a non con
tentarsi delle varie immagini offerte dalla realt empi
rica. A questo luogo ai riconnette quasi verbalmente, e
con determinata intenzione, un passo dell' Etica Nico-
machea, nel quale questa concezione si trova esattamente
capovolta. necessario, si dice qui, distinguere tra il
modo incui un geometra misura l'angolo retto e ilmodo
incui lo misura ilfalegname (cio
l'empirico). Ilprimo
considera la verit in se, 1' altro si occupa della natura
di quella realt solo per ci che necessario invista dei
suoi scopi pratici. E proprio quest' ultimo, non il geo
metra,
paragonato da Aristotele alla scienza etico-po
litica! L'ideale metodologico di un'etica more geome
trico, seguito da Platone, qui nettamente respinto, men
tre domina ancora incontrastato nel Protreptico J). Pa
rimenti, Aristotele polemizza contro la sua precedente
concezione platonica nei passi dell'Etica in cui insiste
sull'assai maggioreimportanza che, a paragone della cul
tura teoretica, possiede l'esperienza pratica per ilpolitico
e perfino per l'ascoltatore di lezioni di etica 2). Cosi, di
et posteriore anche la sentenza che per un re ilfilo
sofare non sia una necessit, anzi piuttosto un impedi
mento, ma che per egli debba prestare orecchio a con
siglieri veramente filosofici. Essa deriva probabilmente
da un memoriale inviato ad Alessandro, e sembra rife
rirsi a una determinata situazione storica, da assegnare
Edi. /Vic., A 7, 1098 a 26 pspvvjc&ai 5 xal-cSv Kpostpfisvwv
XP) xal fijv SxpijUiav &poto tv Sreaeiv Ireivj-tsrv, XX' tv
ixexoij v.at t;v &reoxeipiv)v BXijv "/.al liti togotov,
'f'
fioov
olxstov T-g ps9-s5qi, "/al yp xxxwv /al ytu>fiixp]S
5iaf
spvxiog
iixitytoCoi
vff*
6 pi- yp
l'P
&3ov rep'j tpyo-,
5 8i ti iotlv ) Jtstv ti. {Ssarijs yp tXr;8-o5s.
v6v atv 5 xpreov
/al tv totf XXots
reoiijxov,
8reu>?
ji t recipspya tcBv Ipyuiv reXeiio
yivrjtai. Cfr. Jambl., Protr., p. 55, 1-14.
1Elfi. Nic., K 10, 1131 a 1e 10; A 13, 1102 a 19 segg.
tt PROTBF.PTICO
113
al tempo della spedizione d'Asia '). Tra questo consi
glio e quello contenuto nello scritto che, dirigendosi
a
Temisone, vuol farne unpolitico teorico, obbediente alle
idee, sta tutta una trasformazione dei fondamenti del
pensiero aristotelico.
L' ideale di nn' etica geometrica era concepibile solo
sul piano della pi tarda dottrina delle idee. Per Pla
tone, sapere scieniifeamente equivale a misurare. Per
scienza esatta egli intende una scienza che misuri le cose
merc un criterio assoluto e perfettamente determinato.
L'illimitato (fiitetpov), la molteplicit
del mondo sen
sibile non perci mai oggetto di una pura scienza.
Il Fihbo mostra come il vecchio Platone cerchi di ren
dere 1' etica oggetto di una scienza esatta di tipo mate
matico merc il principio del lmite (Ttpa;) e della mi
sura (|iypov). Il concetto del misurare vi riappare ad
ogni passo: il distintivo dello stadio matematico della
dottrina delle idee. Essendo ogni bene misurabile e li
mitato, e ogni male incommensurabile e illimitato, tanto
nel cosmo come nell'anima, la politica e l'etica del tardo
Platone in senso vero e proprio una scienza teoretica
della misura e della norma. Nel secondo libro del per
duto Politico Aristotele scriveva: il bene la misura
pi esatta fra tutte2).
Questo
principio allegato pro
prio contro di lui dal platonico Siriano, che vuol dimo
strare con esso come Aristotele avesse avuto in altri
tempi una miglior comprensione della dottrina plato
nica. Non diversa da questa,
infatti, quella professata
da Aristotele nel Protreptico, quando pone 1' esigenza
dell' esattezza e designa la politica come pura scienza
*)
Pramm. 617 R.
*) Fi-amm. 79 R. Il contesto di Siriano, non compreso dal
Rose nella sua trascrizione, importante perch mostra come egli
avvertisse chiaramente l'antitesi di questo principio rispetto alla
posteriore dottrina di Aristotele.
8.
W.
Jaigee,
Aristotele.
'14 u, PERIODO ACCADEMICO
normativa. Tale la filosofia del Filebo, che nella tavola
dei valori d il primo posto alla misura (pixpov), il
secondo a ci che comunque commensurabile (auppe-
xpov), il terzo alla ragione che ne ha conoscenza (tppvTj-
O'.j). L'idea del bene
era, nella Repubblica, fonda
mento di esistenza e di conoscibilit per tutto ilmondo
reale. Secondo ilFilebo, e secondo il Politico di Aristo
tele, essa tale in
quanto il pi alto e universale cri
terio di misura, e cio la pura unit mediante la quale
il mondo delle idee limitato e simmetrico , e con
ci esistente, buono e conoscibile. Ogni illimitatezza
esclusa dal suo
cospetto.
Quanta parte abbia avuto in
questa dottrina la tarda concezione platonica delle idee
come numeri, non pu qui essere indagato. Aristotele,
nel Protreptico, ne fa spesso menzione. La sua etica po
steriore, che non riconosce alcuna norma valida univer
salmente e neppure ammette criterio di misura al di
fuori di quello, vivente ed individuale, che risiede nel
l'autonoma personalit morale e la cui cppvTjoi? non con-
cerne l'universale (xaffXou) ma il particolare (xecfKexa*
<3~ov ), costituisce la consapevole antitesi della conce
zione sostenuta nel
Protreptico e nel Politico*). Ilprin-
') Phileb., 66 A.
!) Elk. A'ic., r 6, 1113 e 29 5 OTtouSaCoj fp ixaaxa xpivei
pD-j; xal v ix4cco:j tAijfi-; aT$ aatvEtau... xal Siatfpst -?.sr.
o-uov tou>{ 6 onot)5ato{ tip t iXijfrig Iv 1x4otoij 6pSv, Giajtsp
xavv xal ptpov attv
(v. A 14, 1128 a 31 6 Si] xapieig xal
Ao8-pto{
o6tu>s
l{;si, olov vpo; & v
aux$. K 1176 a 18
xal Iotiv Sxotou
fit
pov
$ pez-ij xal 6 -raS-g g to io -o
j,
xal giovai eUv Sv al toOttp cjaivipsvat xal gSa 0X5 oto; /aipst.
Queste mirabili frasi dimostrano del resto di nuovo, considerate
alla luce delle espressioni del Protreptico,
che l'indagine etica d
Aristotele era in origine completamente dominata dal problema
platonico della commensurabilit, e del criterio di misura, dei fe
nomeni morali: soltanto, egli rigetta pi lardi le norme universali
e non riconosce altro criterio di misura al di fuori della coscienza
autonoma (certo niente affatto esatta in senso gnoseologico)
della
personalit moralmente educata 1 6
onouSatosi. Con ci egli rinvia
ciascuno al giudizio di s medesimo, e fa luogo alle individuali
IL PROTREPTICO 115
cipio che il bene sia la misura pi esatta di tutte coin
cide esattamente con la sentenza, enunciata dal vecchio
Platone nelle Leggi, che Dio sia la misura di tutte le
cose : sentenza che, involuta antitesi rispetto al principio
di Protagora, che l'uomo sia la misura di tutte le cose,
innalza la norma assoluta sul trono del mondo a).
Questa
Dio platonico infatti ilbene in s, la pura monade, la
misura delle misure.
Qui
la politica e l'etica diventa teo
logia, e si asside sul culmine della filosofia teoretica: es
sere e dover essere sono insenso assoluto identici, e l'at
tivit umana si manifesta inimmediata connessione finale
col massimo valore esignificato del mondo. UEticaNico-
machea2) combatte coerentemente anche questa posizio
ne dominante della politica, che pu esser tanto poco la
somma sapienza, quanto poco gli scopi della vita umana
attingono quel bene etemo, che solo ilsaggio scorge nella
contemplazione della divinit.
L'esigenza del Filebo, d'innalzare lafilosofia a scienza
matematicamente esatta 8), non manifesta la sua efficacia
soltanto sull'etica e sulla politica del Protreptico. Essa
sta a fondamento anche della descrizione dei rapporti che
intercorrono fra la scienza empirica e la scienza pura.
Come l'ideale dell'esattezza e il concetto della misura,
cos anche il problema della delimitazione delle scienze
determinazioni e condizioni dell'attivit morale nella loro moltepli
cit inesauribile, senza tuttavia scuotere l'inviolabilit della norma
interiore. Anche ilfamoso concetto della bpz-.r, come giusto mezzo
tra VbntpOAij e 1' iJ.Asf.jHj trattato sotto l'aspetto del problema
della misurazione di quantit continue (B 5, 1106 a 26) e trac il
suo significato metodologico solo da questa impostazione del pro
blema: cosa alla quale d solito non si bada affatto, in quanto non
si tien presente il contesto storico che coiu'-'ziona, in Aristotele, la
genesi di tale questione.
*) Plat.
Leg., IV, 716 C 4 Si] <H6s ptv itv-tiav xprj[iTBiv p-tpov .
Sv sii] [lAio-ta, xal noX pAAov ?) no6 tig, Si; tfasiv,
SvOpioitoj.
1Eth. Vic., Z 7, 1141 a 20 segg.
*) Per l'esattezza (xplpsia) come criterio di misura del carat
tere scientifico di una disciplina v. Phil., 56 B-C, 57 C-E, 58 C,
59 A, 59 D ecc.
116 IL PERIODO ACCADEMICO
pure rispetto a quelle applicate passato
nella tarda dot
trina platonica dalla matematica. Nel Prolrcptico, gli av
versari 1) della pura filosofia e della pura scienza istitui
scono ibinomi di geometria e geodesia, dottrina dell'ar
monia e musica, astronomia ed esperienza nautica del
cielo e dell'atmosfera, per dimostrare che in ogni campo
la teoria addirittura d'impaccio per l'attivit pratica
in quanto allontana lo studioso dall'esercizio e spesso pa
ralizza la stessa naturale sicurezza dell'istinto. Saremmo
curiosi di conoscere ci che Aristotele opponeva a tali
osservazioni. Purtroppo, la sua risposta a tali critiche
andata perduta. Il motivo del giustapporre, in coppie
parallele, le scienze empiriche c quelle pure non na
turalmente stato inventato dagli avversari, essendo usato
inizialmente dallo stesso Platone. Nel Filebo2) si distin
gue un' aritmetica dei filosofi dall' aritmetica della co
mune umanit; e a seconda che essa opera con unit
uguali o disuguali, essa scienza in grado maggiore o
minore. Cos esiste anche una duplice tecnica del calcolo
e della misura, anzi tale dualismo 3) sussiste in molte
ilyya.: anche senza che esse mostrino nel nome tale di
stinzione. Tra esse sovrastano incomparabilmente alle al
tre, per l'esattezza e la verit quanto
alla misura e al
numero, quelle di cui si occupano iveri filosofi. La ri
sposta di Aristotele agli empirici sar stata simile a
quella data da Platone nel Filebo: non si tratta di sta
bilire quale arte giovi di pi all'azione e quale procacci
maggiori vantaggi, bens di sapere quale tra esse miri
alla massima esattezza, chiarezza e verit. Un po' di
bianco veramente puro pi bianco, pibello e pivero
') Fratnm. 52 (p. 59, 18 segg. R.).
') Phil., 56 D.
') Phil., 57 D. De confrontare anche Epin., 990 A, dove l'astro
nomo procedente con metodo matematico contrapposto al cono
scitore empirico dei fenomeni celesti e meteorologici.
IL PHCTREPTICO 117
di una quantit anche grandissima di bianco mescolato
con altro colore . Esso sar quindi senz'altro preferito
dall'amatore di colori puria).
Questo
ideale dell'esattezza
del sapere a scapito della sua utilit, che deriva dallo
spirito di costruzione matematica della pi tarda dot
trina platonica delle idee, chiaramente riconosciuto an
che dal Protreptico. Non si pu concepire Aristotele sen
za questo sentimento costruttivo, artistico della meto
dologia.
In ogni modo, la dottrina delle idee appare chiara
mente professata, nel Protreptico 2), anche nella sua
parte sostanziale. Come nelle arti manuali gli uomini
hanno costruito imitando la natura imigliori strumenti,
coi quali si misura e controlla la perfezione lineare o
superficiale degli oggetti sensibili, cos sussistono per Ari
stotele anche per ilpolitico determinate norme (Spot) che
egli attinge alla autentica realt e verit (it r/]$ cpuasio?
xa zfji Xp&eta?) e secondo le quali egli giudica
ci che retto, onorevole, buono e salutare. E come in
quel caso i pi perfetti strumenti sono quelli imitati
dalla natura, cos anche la legge migliore quella con
forme alla natura in grado massimo. Ma questa legge
non pu esser prodotta senza che sia stata conosciuta,
merc la filosofia, l'essenza e la verit stessa delle cose.
Gli strumenti delle altre arti e iloro pi esatti calcoli
non si ricavano immediatamente dai supremi principi
(ox n'atfflv t<Bv rcp&tov) bens da fonti di secondo,
terzo, e anche pi basso ordine, e le loro regole vengono
acquisite per mera esperienza. Solo il filosofo dirige la
Sua imitazione (jrijAijcis) immediatamente verso l'esatto in
s (ie' aifv
T(I)v
xptjfv), Egli infatti un contem-
') l'Ini., 53 A.
') Jamb!., l'rnir., p. 54, 22 segg., e spec. 55, 1e 55, 7 segg. {manca
nel Rose).
113 IL PERIODO ACCADEMICO
platore (3-saxj) delle cose in s (aura) e non delle loro
copie ([ttpvjpaTa).
Tanto la lingua quanto il contenuto filosofico del
passo sono puramente platonici. Ci ha richiamato l'at
tenzione gi in un'et in cui non si poteva ancora con
cepire l'idea di un periodo platonico di Aristotele1). Fin
che si considerava ilpasso isolatamente, si poteva pensar
forse di spiegarlo ammettendo un'imitazione stilistica di
Platone, dietro la quale si celasse, riservata e cauta, la
concezione propria dello scolaro. Ma ilsignificato di que
ste parole pu essere veramente compreso solo nella sua
organica connessione con tutta la filosofia del Protreptico,
ed esso esige necessariamente, come fondamento teoretico
della gi veduta dottrina dei valori, la metafisica duali
stica delle idee. Ircpxa della
Metafisica
e dell'analitica
di Aristotele son qualcosa di diverso da quelli di cui si
parla qui. Certo, anche nella Metafisica'2) detto che
il filosofo conosce iprincipi supremi, quelli in massimo
grado universali (jtpffixa). Si mostrato come la formula
zione dei due primi capitoli della
Metafisica
si riconnetta
strettamente e di continuo al Protreptico. Tanto pi im
portante ilfatto che Aristotele vi eviti, a ragion veduta,
la formula platonica ax x Jtpixa cancellando l'axd,
c cio proprio la parola che nel Protreptico fornisce al
l'espressione x rcpixa il senso specifico che esso ha nella
terminologia platonica. Quest'ultimo, d'altronde, non pu
significare l'universale astratto, gi per il motivo che i
concetti generali nel senso aristotelico non costituiscono
) V. R. Hirzel (in Hermes, X, p. 99), che ha giustamente pa
ragonato la necessit della filosofia pel dinasta e per l'uomo di
stato, affermata dal precedente frammento, con l'esigenza platonica
che ire debbano filosofare o che solo ifilosofi debbano essere re.
Errava invece lo Hirzel, per le ragioni gi dette, quando voleva
ascrivere il cap. X di Giainblico non al Protreptico ma a un altro
scritto giovanile, puramente politico, di Aristotele.
!) Metaph., A 2, 982 a 25.
IL PROTREPTICO 119
alcuna antitesi rispetto alle copie (fnpVjpaxa), ter
mine, questo, anch'esso specificamente platonico, il cui
uso ha senso solo in connessione con la dottrina plato
nica delle idee come esemplari e della partecipazione
delle cose sensibili ad esse. Interpretare il termine [itjiVj-
paxa nel significato pi generico di cose sensibili
assolutamente escluso, data l'estrema nettezza, stilistica
e logica, propria di Aristotele1).
Questo
disperato tentativo di trovare una via d'uscita
dalle contraddizioni in cui necessariamente s'impiglia
ogni interpretazione aristotelizzante del passo del resto
dimostrato vano anche dall'equazione terminologica di
quelle
espressioni platoniche con la formula la natura
in s e la verit (puais axj xal X&sia). Non si pu
qui pensare al concetto aristotelico della natura. Non sa
rebbe infatti giustificata, per essa, l'aggiunta dell' axVj,
n essa quella fonte di assolute ed esatte norme poli
tiche e morali, di cui qui si parla s), n infine si potrebbe
l) Il termine deve porre in rilievo il maggior valore esisten
ziale del modello, e non pu quindi esser pi usato dal momento
in cui le idee sono soltanto ti [lXtoxa xa&Xou e non pi eota.
Tanto meno si pu dire che le singole realt della natura visibile,
costituite, secondo la concezione aristotelica, di materia e forma,
siano imitazioni delle entelechie, o forme, operanti in esse. Pre
messa necessaria del concetto delle imitazioni ila trascendenza
platonica, il di
esemplare ed esemplato. Decisivo poi
il fatto che anche pi tardi Aristotele, criticando la dottrina delle
idee, designa spesso queste, con platonico terminus tecknicus, come
ax assolutamente, senza alcun'altra aggiunta, allo stesso modo
che qui (Jamhl., 55, 13 Pistelli): axtv fp Jori Ssaxr;g, XX'o
(itpri[icixoiv. Ilpronome qui non si riferisce ad altro, ma ha valore
assoluto. Ilche possibile, linguisticamente, in quanto tale suo uso
accade soltanto in antitesi alla designazione delle corrispondenti
apparenze o copie sensibili: cfr. Metaph., 991 a 5 ini x' axrjs xal
tvj; xtvg (scil. 8o5oc), a $0 oO (lvov ttv atoS-rjxSv ... SXX xal
attv, b 30 |isxa xiv SeOpo x' loxal xal axtv, 997 b 14 nap'
ax?
xal
x&c
alaOijxg, b 24 (isxa axffiv xe xal xSv yOapxW.
Evidentemente non si fatta attenzione a questo particolare uso
platonico del termine.
J) La designazione della politica, che non sviluppa la sua ener
gia creatrice in funzione della norma eterna ma procede secondo
modelli terreni e inconformit a costituzioni e leggi scritte, col ter-
120 IL PERIODO ACCADEMICO
dire del filosofo, il quale indaga la natura aristotelica,
che egli indaga l'originario inso , mentre le altre arti,
che traggono iloro strumenti e le loro regole dalla stessa
natura sensibile, hanno a che fare soltanto con copie di
seconda, terza e anche pi tarda mano. Se infatti tanto
l'uno quanto le altre avessero ad oggetto della propria
imitazione la stessa natura, quale posizione di privilegio
spetterebbe al filosofo rispetto alle altre
x'/va: quanto al
rapporto con quella? Invece, proprio quest'antitesi della
filosofia, che contempla la realt ins delle cose, rispetto
alle arti, che imitano soltanto copie di copie ci permette
di procedere pi oltre'). Essa deriva dalla teoria delle
idee
esposta nel decimo libro della Repubblica.
Iltertium eomprationis sta nel fatto che tanto l'una
quanto le altre si modellano su una realt oggettiva, esi
stente al di fuori di esse, alla quale incerta misura attin
gono le loro leggi: per le arti tecniche modello la
natura sensibile, per ilfilosofo invece la natura ins ,
appercepibile solo nel puro pensiero: il vero essere, al
trimenti designato con la formula di ax x ixpGvta 2).
dunque impossibile che questa espressione significhi
la massima universalit, perch pi tardi Aristotele, defi
nendo tale universalit, le negala realt oggettiva: men
tre proprio tale realt attribuita ai np&xx dalla desi
gnazione la natura ins . Nonsi puconcluderne altro
che in questo luogo ci che inmassimo grado univer
sale e logicamente esatto ancora identico con ci che
essenzialmente reale: e
questa identit conviene sol-
mine di |J.C]fj]o"g o di
infilinola
Xi]Jetag risale al Politico di
Platone (297 C; 300 C segg.), in cui occotre pi volte, al pari del
confronto del vero uomo di stato col timoniere (cfr. 297 E). Di qui
deriva, del resto, il problema medesimo. In 308 C la politica ideale
di Platone detta 7) xax rpOoiv o5ca
fffitv woXt-twii.
*)
Plat., Resp. X, 599 A; 600 E; 602 C; 603 A; 605 B.
*0 l'iat., Parm., 132 'D x.... sSi] xa3xa (oitsp rcapaSsiffiaxa
lavava', iv tf; <paei. L'equiparazione di tp6ai?, 5v,
XrJt-eia pla
tonica.
IL PROTREPTICO
121
(1 tanto all' idea platonica. Solo di essa si poteva dire che
fosse la natura in s, il divino, l' immutabilmente
saldo,
costante ed eterno, verso cui il politico filosoficamente
consapevole orienta la bub vita, e in cui si ncora come
un bravo pilota1).
Se nel Protreptico le idee si presentano
anzitutto
come fondamenti della gnoseologia, in quanto preciso
oggetto di un puro sapere, e solo in secondo luogo come
norme etiche, ci corrisponde alla direzione ideale se
guita da Platone in quella pi tarda fase del suo svi
luppo, a cui appunto
b riconnette Aristotele. Essa con
duce all'accentuazione del momento metodologico e alla
repressione, se non all' eliminazione, del carattere onto
logico dell'idea. Lo stesso argomento per la reale esi
stenza delle idee viene ora essenzialmente tratto dalle
esigenze e premesse necessarie della conoscenza concet
tuale. Se ifenomeni sensibili fossero isoli oggetti reali,
il pensiero
concettuale, che solo esatto, sarebbe senza
reale oggetto,
e quindi, per il Greco di quell' et, non
sarebbe affatto una conoscenza. Ilcarattere di esattezza
del puro sapere diventa con ci la vera e propria pietra
angolare del tardo pensiero platonico. L'idea il puro
oggetto, che si deve inferire come esistente per il pen
siero esatto.
Questo
argomento capitale dell' Accademia
stato riferito da Aristotele nel suo scritto perdutollep
ISefv, dal quale lo ha tratto Alessandro di Afrodisia,
che ce lo ha conservato2). Si spiega con ci come il
Protreptico chiami le idee 1' esatto in s . Ma anche
il termine, che appariva nell1argomento accademico,
torna qui ad essere espresso
8) : quello di assoluta
mente determinato (x (bptapva).
') Jambl., Protr., 55, 21 segg. (Pistelli).
'1 Framni. 187 R.
l) Frainm. 52 (p, CO, 21 R.) : cfr. Ihpl JSswv, fraumi. 187 (p. 149,
22 R.).
122 IL PERIODO ACCADEMICO
Mentre pi tardi, per Aristotele, la possibilit di ima
conoscenza scientifica del soprasensibile diventa il pro
blema pi difficile fra tutti, perch dopo la negazione
delle idee platoniche non i pu pi capire come si
possa concepire l'essenza delle cose merc iconcetti
universali, ilProtreptico dimostra, con rigore notevole e
con evidente riferimento a presupposti affatto diversi, la
possibilitdi unascienza checonosca ilgiustoeilbuono,
la natura e la restante verit (cio
l'Svxto; 5v). Per
l'autore del Protreptico ci che primo nella sfera del
l'essere coincide con ci che inmassimo grado cono
scibile, e questo, definito insieme come l'assolutamente
determinato, ordinato e normale, coincide a sua volta col
bene e con la causa a). Ora, per quanto espressioni come
npxspov eptiaei e 7xpxepov pi? e
7tp<Sxa nel senso
di principi supremi ,
compaiano certo anche altrimenti
nellafilosofia aristotelica, tuttavia nonc' dubbio che esse
derivino originariamente
dalle dimostrazioni platoniche
dell' esistenza delle idee, alle quali convengono in modo
eminente e per le quali devono essere state inizialmente
coniate. Significato preciso esse hanno solo se applicate
a un essere trascendente in senso platonico, mentre di
ventano equivoche quando siano riferite all'essenza im
manente. Per questa ragione il loro significato subisce in
Aristotele variazioni profonde, ed esige aggiunte deter
minanti (piasi, npi Jjpccg). Il senso assoluto, che vien
loro attribuito nel Protreptico, pu convenir loro solo col
presupposto che nel pi alto oggetto della
conoscenza,
come nelle idee, verit, essere e valore coincidano. Solo
quando nei 7tpxsp e nell' ficya-ifiv s' intendano
signi
ficate le idee divien comprensibile quella stretta fusione
di etica e ontologia che ha luogo anche in
questo argo
mento.
*) Framm, 52 (p. 60, 17 segg. R.).
IL PROTREPTICO
123
Decisivo poi il paBso
del Protreptico in cui compa
re quella dottrina degli elementi (axoista) della realt
che invece ampiamente
combattuta nella Metafisica
J).
Nella prima opera Aristotele dice: il precedente causa
in grado maggiore che il conseguente, giacch,
tolto
quello, tolto insieme questo,
che dal primo deriva il
suo essere (x7"/V
oaiav) tolto il numero tolta la linea,
tolta la linea tolta la superfcie, tolta la superficie
tolto il solido. La Metafisica
nega invece ogni .esistenza
agli oggetti
matematici, numero punto
linea superficie
solido, ed anzi informa come l'attribuzione
dell'esi
stenza a questi enti fosse propria
dei platonici. In essa
detto: essere (oata) b dice anche ci, la cui elimina
zione elimina insieme il complesso a cui appartiene, nel
senso in cui, secondo
alcuni, tolta la superficie tolto il
solido, e tolta la linea tolta la superficie. Essi consi
derano inoltre anche il numero come un essere di que
sta specie. Le parti pi antiche della Metafisica
rivol
gono
la loro critica del platonismo principalmente
con
tro quest' ultima forma della dottrina delle idee, che o
giustapponeva alle idee gli oggetti
matematici, conside
rati anch' essi come
esistenti, o interpretava addirittura
ia le idee come numeri. Intali luoghi Aristotele definisce
a questa dottrina come un
pceXax?. Tanto pi
significativo quindi il fatto che egli stesso sia stato,
in altri tempi, seguace della dottrina combattuta. La
sorte di questa
identica a quella dell'esistenza tra
scendente delle idee e degli oggetti
matematici, e del con
cetto platonico dell' essere.
Aristotele lascia intrawedere che nell' Accademia
si
discuteva circa il problema degli elementi dell'essere:
osserva infatti come, sia che a principio e causa di tutto
') Framm. 52 (p. 60, 26 R): cfr. Mcluph., A 8, 1017 b 18;
N 3, 1090 b 5.
124
IL PERIODO ACCADEMICO
venga posto il fuoco o 1' aria (cio
gli elementi della
filosofia naturalistica), sia che venga considerato tale il
numero o certe altre nature (tptiaei;, le idee), risulti in
ogni caso impossibile procedere comunque nella cono
scenza prima di avere conosciuto iprincipi x). Anche Pla
tone, nei suoi dialoghi pitardi, ha fallo allusioni simili,
senza per chiarire come stessero le cose. Nel Filebo, ri
cordando la dottrina delle idee, egli parla apertamente
della
noXA/i) OTtouSrje della pet Siatpaswg 2)
a cui essa dava origine. A queste discussioni Aristotele
partecip vivacemente. Tanto pi notevole quindi, nel
Protreptico, la subordinazione di quella opinione par
ticolare alla dottrina accademica dominante. Si possono
trarre da ci due sicure conclusioni. Anche in questo
primo periodo Aristotele non ha professato la dottrina
delle idee come un rigido principio dogmatico, ma da
seguace che ne parlava con piena consapevolezza delle
difficolt ad essa collegate.
Queste
non debbono per
essergli ancora sembrate cos gravi, da sentirsi in grado
di confutare senz'altro la dottrina platonica, come fece
invece nello scritto Sulla
filosofia
e nella
Metafisica
su
bito dopo il 348. Si potr quindi dire, forse, che anche
nel Protreptico, come nei pi tardi dialoghi platonici,
l'Accademia,
esponendo letterariamente ilproprio lavoro
scientifico, non svela del tutto il vero stato delle discus
sioni esoteriche che inessa si venivano nello stesso tempo
compiendo. Tanto nelle ultime opere di Platone, quanto
nei primi scritti di Aristotele significativo come spesso
il massimo interesse risieda proprio in ci che non vi s
trova esplicitamente detto.
Tanto maggior valore ha quindi, accanto alla con
creta manifestazione dello spirito dell' Accademia data
")
Framm. 52 <p. 61, 13 R.).
s)
l'hileb. 15 A: cfr. Parm. 130 B segg.
il
protreptico: 125
da Platone nei suoi scritti, la professione
di fede del
rappresentante
della nuova generazione.
Possiamo infatti
apprendervi ci che per lui l'essenziale nel lavoro del
l'Accademia.
Quando
egli parla, in tono entusiastico, dei progresso
(7t($oais) della filosofia compiutosi in breve tempo sulla
via della scienza esatta, ci si sente trasportati diretta
mente nell' ambito della comunit scientifica dei pla
tonici. Nell'Accademia ri ha la sensazione di trovarsi
in un vivo moto d sviluppo, a petto
del quale il pro
gresso delle altre atti sembra piuttosto immobilit. Ari
stotele parla del ritmo celere di questo
movimento e
crede che la scienza sia prossima al raggiungimento della
sua perfezione. Tale sicurezza deriva dalla giusta co
scienza della propria energia creatrice e dell' eccezionale
favore dell' ambiente, che empie 1' animo di questa ge
nerazione. Non da dimostrazioni libresche, ma dal felice
senso di ima tanto elevata forma di vita nasce la sua
fede nella forza beatificante propria della vera attivit
scientifica: fede che, se mai in altri tempi, fu allora ef
fettiva verit. A chi la considera dall' esterno, essa pu
sembrare aspra fatica; ma chi l'ha gustata, esclama
Aristotele, non pu saziarsene mai J). l'unica forma
di attivit umana che non sia legata ad alcun tempo, ad
alcun luogo, ad alcuno strumento. Non ha bisogno di
esser confortata dal miraggio di una ricompensa este
riore. Chi la conquista, conquistato da lei, e non cono
sce nulla di pi bello che sederlesi accanto (rcpooe-
opea). In questo ambiente di ricercatori nato l'ideale
aristotelico di vita, il frectpijtttis o;: non nella movi
mentata palestra del Liside e del Carotide, ma nella
xaXjhfj del solitario giardino dell'Accademia. La sua tran
quillit ilvero modello su cui esemplata nel Protro-
') Framm. 52 (p. 62, 20 R.).
126 IL PERIODO ACCADEMICO
ptico V immagine delle isole dei beati, il paese di sogno
della solitudine filosofica 3). Iltipo di questo nuovo ideale
filosofico non pi Socrate: Pitagora, Anassagora, Par
menide sono quelli che il Protreptico chiama ora ar-
chegeti.
Su questo importante mutamento dobbiamo ancora
soffermarci un poco.
Ilproblema della distinzione del Socrate platonico da
quello storico sembra sia stato per la prima volta posto
gi in seno all' Accademia, in quanto veniva sempre pi
avvertito il distacco dall'ideale tipo socratico. Natural
mente, in questo primo tentativo di separare il contri
buto socratico da quello platonico, venne tolto al Socrate
storico quasi tutto ci che di filosofico gli era ascritto nei
dialoghi platonici.
Questa
tendenza radicale dette luogo
pi tardi a una reazione, e Aristotele giunse alla con
clusione che si dovessero giustamente lasciare a Socrate
due meriti: il metodo induttivo e le determinazioni dei
concetti universali2). In ogni modo la filosofia teoretica
del Protreptico non ha nulla di comune con Socrate.
Aristotele vi designa la metafisica, che ivi non ha ancora
il nome di itptirij (ptXoaotpfa, come speculazione del ge-
*) Fraaim. 58 (p.
68. 3; 69, 1
R.). Modello letterario Platone,
Gorg., 526 C; Resp., VII, 540 B. Iplatonici riferivano questi passi
all'esistenza nell'Accademia. L'immagine ripresa anche dalla Epin.,
992 B.
s) Melaph., M 4, 1078 b 27. Questa
prudente formulazione mi
sembra sempre pi dimostrata anche la meglio aderente alla realt
storica. H. Maier (Sofcrates, Tubinga, 1913, p. 77 segg.) ha
certo, e
con ragione, negato a Socrate ogni teoria logica del concetto uni
versale e dell'induzione: per troppo tempo infatti, in base al passo
aristotelico, si considerato Socrate come il primo teorico della
logica. Le parole di Aristotele non giustificano peraltro affatto una
simile concezione, giacch egli si limita ad indicare quali opera
zioni logiche fossero nel fatto eseguite da Socrate. Inoltre egli
Io considera soltanto dal suo punto di vista, e non intende allatto di
fornire una caratteristica complessiva di Socrate, ricercando in lui
soltanto, come in Democrito c nei Pitagorici, iprimi e pi elemen
tari tentativi di metodologia logica (cfr. 1078 b 20).
IL < PROTREPTICO 127
nere inaugurato da Anassagora e da Parmenide .
Quale
antico progenitore della filosofa platonica considerato
Pitagora 1). Ancora nel primo libro della
Metafisica
si
dice, del resto, che la dottrina di Platone sostanzial
mente di origine pitagorica, anche se essa vi abbia ag
giunto qualcosa di suo 2).
Questo
giudizio, che non
dev' essere stato letto senza qualche sorpresa, non nato
dall' intento di diminuire la figura di Platone, ma cor
risponde alla teoria ufficiale dell' Accademia, a cui Ari
stotele apparteneva ancora quando scriveva quelle pa
role, intorno all' anno
348/7.
Il Socrate platonico era
stato una creazione del suo plastico impeto creativo: il
culto pitagorico dell' Accademia, uno dei pi singolari
esempi di autosuggestione religiosa, era un rispecchia
mento dell'Accademia medesima e della sua metafisica
numerica nella quasi mitica personalit di Pitagora, esal
tato come fondatore del d-ewpyjtixs e presto consi
derato anche come autore delle stesse dottrine moderne
della cuoia.
Nella narrazione pitagorica del Protreptico, per poco
importante che essa sia, possiamo ancora osservare diret
tamente il processo di formazione di questa leggenda,
che doveva riuscir fatale per la tradizione della storia
dalla filosofia greca. Pitagora viene interrogato circa lo
scopo della vita umana. Risponde: contemplare l'uni
verso, (le stelle, la lunae ilsole) s). Interrogato di nuovo,
risponde designando se stesso come dedito a tale con
templazione (ifewps). Confrontiamo a questo racconto
la classica narrazione delle Tusculane di Cicerone circa
1' origine della parola filosofo, derivante d un compa-
')
Jambl., Protr., 51, 8; li;frumm. 52 (59, 4 R.).
') Melaph., A 6, 987 a 30.
*) Jambl., Protr., 51, 8. L'apoftegma anassagoreo a p. 51, 13
una variante.
128 IL PERIODO ACCADEMICO
gno di
gcuola
di Aristotele, Eraclidc Politico '). L' inter
rogato anche qui Pitagora, che si d il nome di filo
sofo, e per spiegare tale nuovo nome espone quel che
segue. Paragona la vita alle grandi feBte di Olimpia, dove
tutti convengono in folla brulicante. Gli uni vengono
per trattare iloro affari alla fiera annua e per divertirsi,
gli altri vogliono ottenere la vittoria nelle gare, altri
ancora sono solo spettatori di ci che avviene.
Questi
sono
ifilosofi, di cui scarso il numero. Nelle due prime
specie di uomini si riconoscono, quando si parta dal
Protreptico, i rappresentanti del pio? ttoXauatixi?
e
della Sovi,fj e della ciperi*). Hfilosofo vive solo
per la ftecapCa, per la pura cppvrjai;. Per quanto ade
guata e attraente sembri la narrazione, essa non tut
tavia n unitaria ne originale. Eraclide, il pi fervente
pitagorico fra iplatonici, evidentemente sotto l'in
fluenza del Protreptico. Egli trasferisce nella remota an
tichit la distinzione dei tre
Jifoc.
Il motivo sostanziale
del racconto nel duplice significato, che si presentava
spontaneo, della parola tempia. Il paragone della con
templazione filosofica dell' essere col sacro spettacolo fe
stivo di Olimpia si trova gi nel Protreptico, e in un
passo non lontano da quello che narra del colloquio
con Pitagora5). Entrambi questi elementi sono stati col
legati ed abbelliti da Eraclide in un piccolo racconto.
Il paragone, adoperato da Aristotele solo come mezzo
stilistico, viene ora ampliato in una comparazione dei
tre pot (giacch non tutti quelli che si recano ad Olim
pia sono O-ecopoQ e questa viene attribuita a Pitagora
stesso, ax{ icpa. Inrealt, il racconto presuppone icon
cetti fondamentali dell'etica e della metafisica del tardo
periodo platonico.
')
Ciecr., Tuscid., V, 3, 8.
') Jambl., Protr-, 53, IP.
IL PROTREPTICO 129
Infine, il Protreptico dev' essere anche valutato come
espressione del sentimento morale e religioso del gio
vane Aristotele. Sotto questo aspetto esso viene a inte
grare l'Eudemo, mostrando come dal punto di vista
della fede nell' aldil, sostenuta da Aristotele in quel
dialogo, si modifichi essenzialmente anche la posizione
da assumere rispetto all' aldiqu. In entrambi gli scritti
Aristotele imbevuto dello stesso pessimismo circa il
mondo terreno e ibeni e gl' interessi temporali. Ci or
dina di rifiutare, per spontanea decisione, ivalori della
vita per ottenere, in cambio, un bene pi alto e pi
puro. Se l'Eudemo, con la sua dottrina dell' anima e
dell' immortalit, prevalentemente speculativo, il Pro*
trcplico ci trasporta invece in un' atmosfera pi per
sonale.
Sull' esempio e sulla dottrina di Platone fondata
la sua convinzione che esistano pi alti, incorruttibili
valori, un pi reale mondo, a cui conduce la scienza
vera. Per ottenere un tal bene egli rinuncia a tutti i
beni apparenti, potenza, ricchezza e bellezza. Mai si
asserita con maggior dispregio la mancanza di valore
di ogni realt terrena. Per quella limpida serenit, ar
monia e gioia estetica, che fu l'ideale estetizzante attri
buito dal secolo decimottavo all'et classica, non tro
viamo qui se non 1' espressione del pi profondo tedio.
Esso non ha del resto mai veramente appartenuto al
l'essenza dello spirito greco. Se ci furono momenti in
cui, come nel quarto secolo, sembr che nella vita e
nell' arte vincesse l'ideale estetico, la conversione non
tard a seguire. Forza, bellezza e statura sono cose risi
bili, senza alcun valore . La bellezza del corpo nella sua
massima energia fisica aveva da lungo tempo perduto
ogni valore ideale quando furono scritte queste parole,
e I'arte, che era chiamata ad interpretarla, viveva solo
di un' illusione estetica, del vuoto culto della forma.
9. W. Jabqbb, AHstoteU,
130 II. PERIODO ACCADEMICO
Aristotele colpisce il punto pi vulnerabile della u
et quando nel Protreptico manomette il suo idolo, il
bell'Alcibiade, nel cui geniale e affascinante decaden
tismo essa, compiacendosi, riconosceva s stessa. Chi
avesse potuto con gli occhi di Linceo gettare
uno
sguardo nell' interno di questo ammiratissimo corpo,
avrebbe scorto un' immagine odiosa e ripugnante
1).
questo il linceo sguardo di un nuovo senso della vita,
che attraversa lo schermo materiale delle cose onde gli
uomini sono visibilmente circondati, e al di l di questa
quinta fittizia scopre il nuovo mondo di ci che fino
j
allora era rimasto invisibile, il inondo di Platone.
j
Per questa concezione, la perfezione di ogni imper- I
fettibilit della vita umana nel trascendente. La vita 1
divien la morte dell' anima, la morte crisi di transizione I
a una vita superiore. Letteralmente tratta dal Fedone . ,1
la sentenza che la vita del vero filosofo debba essere
J
una continua esercitazione alla morte2). Egli non trova
|
in essa nulla di grave e di fiero, giudicando piuttosto
|
condizione innaturale, e piena d' indicibili sofferenze per )
l'anima, la costrizione di questa nel carcere corporeo3). !
Ilparagone dei pirati etruschi dava a questa
concezione
ipi atroci
colori,
Ipirati, per torturare iloro prigio
nieri, li legano vivi ai cadaveri, viso contro viso. E la-
j
sciano che le loro vittime vengano a poco a poco meno,
') Framra. 59 ("0, 11R.: cfr. 70, 7 segg.).
!) Cfr. Diels in Archiv
f.
Gesch. d. Philosophie, I, p. 479.
5) Nel capitolo finale degli estratti dal Protreptico, che rie-
laborato da Giamblico (cfr. sopra p. 103), si trovano concetti del
Protreptico mescolati con clementi neoplatonici. Inconfondibilmente
autentico mi sembra il passo a p. 60, 10: SXX* ivTa50-a [lv 2l -t
nap cpoiv loco; Elva1. (?) t yivo
xa'-SItv fivMv6tv
ti
al oxossTv isti xal jj-Xcg (Sv) aioOivoito (?) 8i ti!jv -putav xal
tv zapi (puGiv ujv, v 8 note SuvyjO-fijisv otoO-ijvai zXiv 88-sv
XtjXtjftauev (l'Eiidemo.'), SijXov ; fjSiov xal p?ov a5t tiolsoiisv
Ilduplice itap tpoiv mostra che anche qui la fonte stata
maldestramente abbreviata.
il
protreptico
>
131
in quel tremendo nesso della vita con la corruzione mor
tale 2). La comparazione del giovane Aristotele insiste
sui dolori dell' esistenza dualistica dell' uomo, avvertiti
prima di lui da Platone e dagli Orfici, con una passio
nalit nervosa, che nonostante una- certa tendenza gio
vanile, chiaramente sensibile, a esagerare l'esperienza
pessimistica, tradisce un profondo sentimento personale.
un' idea del tutto insopportabile, anzi blasfema, quella
di voler vedere in questi simboli platonici solo una ma
schera stilizzata, dietro la quale si celi untemperamento
in realt pacifico, gioioso e giocoso. Dobbiamosenz'altro
dimenticarla. C' realmente stato un tempo in cui Ari
stotele ha sentito questo mondo ideale come ima parte
inseparabile della propria personalit. Egli ne approfon
disce ilineamenti con sempre nuove espressioni ed im
magini. Trae volentieri isuol termini dal linguaggio
dei misteri, perch pu comprendere e superare solo in
senso religioso le barriere dualistiche. Come sussurrano
le antiche dottrine dei misteri, tutta quanta la vita
umana non che espiazione di una grave pena, che
1' anima si attirata in una precedente esistenza.
E anche il problema morale strettamente connesso
con quello del ritorno soprasensibile dell' anima. Con
ci la morale perde il suo valore indipendente ed auto
nomo. Per quanto Aristotele rimanga lontano dal dissol
vere l'attiva vita morale in un momento unico di con
templazione mistica, e per quanto poco 0 suo metodo
conduca all'estasi, certo che egli subordina il mondo
della volont e dell' azione alla contemplazione del Lene
eterno.
D filosofo deve tenersi il pi lontano possibile dalla
dispersione della vita attiva. Il Protreptico esorta a non
*) Framm. 60 R.
132 IL PERIODO ACCADEMICO
immischiarsi troppo in faccende mortali e a non per
dersi nelle false strade dell'umanit. Tutto ci non Berve
che a rendere pi difficile il ritorno a Dio. L' unica cura
dev'esser quella di estinguersi una volta in pace, e di
ritornare, da questa dura prigionia, in patria. 0 vol
gersi alla verit e consacrarsi ad essa, o, meglio, rinum
ciare alla vita. Tutto ilresto vuota chiacchiera1).
') Framm. 61 (72, 20 R.). Con questi concetti e altri simili, da
lu attinti al Protrvptico, Cicerone termin ilsuo Ortensio: quindi
probabile che anche nell'originale essi appartenessero alla conclu
sione.
PARTE SECONDA
GLI ANNI DI VIAGGIO
I.
ARISTOTELE AD ASSO E IN MACEDONIA
La morte di Platone e la quasi contemporanea di
struzione di Stagira, compiuta dalle truppe devastatrici
di Filippo di Macedonia in guerra contro le citt com
merciali della Calcidica, privarono Aristotele, con un re
pentino colpo, della vecchia casa paterna e della se
conda patria: ch tale era ormai divenuta per lui la
famigliarit con Platone. Nessuna fase nella sua evolu
zione spirituale, per quanto rivolta nel senso di una
sempre maggiore indipendenza, aveva potuto separarlo
da Platone, per tutto il tempo della vita di questo. II
nesso che lo legava ai condiscepoli si sciolse invece ra
pidamente appena il maestro ebbe chiuso gli occhi per
sempre. Immediatamente dopo, ancora nello stesso anno,
Aristotele abbandon Atene e 1' ambiente degli amici,
sede di una ventennale comunanza di lavoro e delle pi
alte esperienze, per recarsi in Asia Minore*). Circa la
ragione interna di questa importante decisione, che forse
egli aveva gi presa prima della morte del maestro, non
ci stata tramandata alcuna notizia. Ci ha dato ori
gine alle
congetture pi disparate; e siccome Aristotele
') Apollod. presso Diog., V, 9 (cfr. V, 3, dove la cronologia
irrimediabilmente
confusa) ; Dionys. Hai., ep. ad Amm., 5.
136 GLI ANNI DI VIAGGIO
critica spesso
severamente, nei suoi scritti, le dottrine
platoniche, cos non fu difficile procacciar fede all' opi
nione che Aristotele si fosse staccato dal maestro e che
la sua partenza da Atene fosse tata la manifestazione di
questa
rottura. Si cercarono ragioni personali nel carat
tere di Aristotele. La sua maniera sarcastica, che del
resto cede il luogo all' espressione della massima reve
renza in tutti iluoghi in cui egli parla di Platone, urt
inervi a gente di sensibilit delicata: particolarmente
ingrato riusc poi il suo carattere a quei contemporanei
che nel suo prepotente intellettualismo e nel suo ineso
rabile rigore logico vedevano soltanto il segno di uno
spirito dissolvente. Gi lo stesso Aristotele si difende pi
volte dal sospetto che le sue critiche, obbiettivamente
fondate, dipendessero da ragioni personali. Posteriori
pettegolezzi scolastici lo accusano apertamente di odio
sit e d' ingratitudine. La tenace nebbia del sospetto mo
rale gravava gi nella tarda antichit sui motivi della
sua partenza, e ancora oggi, per quanto siamo diventati
pi scettici circa 1' etica delle consorterie intellettuali,
non superfluo dissiparla esplicitamente, tanto pi in
quanto quei motivi non sono mai stati veramente
chiariti *).
Un intelligente e colto studioso dell'et imperiale,
Aristocle di Messene, ha avuto la forza morale di strap
pare il velo della leggenda e di farla finita con le osti
nate ripetizioni dei compilatori, risalendo alle fonti pri
marie. Egli dimostr la pietosa miseria degli argomenti
'} Gi Io stesso Aristotele si difende da accuse provenienti
da scolari di Platone in Eth. Nic., A 4, 1096 a 11-16 e nel framm.
8 Rose. La tradizione circa le chiacchiere scolastiche fu indagata
criticamente da Ad. Stahr, Arislotelia (Halle 1830), I, p. 46 sgg.,
che attinse il suo materiale a Francesco Patrizio, Discussiones peri-
pateticae (Basilea 1581).
Questi, platonico della Rinascenza, era
accecalo dall'odio, e credeva infantilmente anche alle pi stolte
accuse contro Aristotele,
ARISTOTELE AD ASSO E IN MACEDONIA 137
sui quali si basavano le chiacchiere di scuola, e dob
biamo esser grati al caso che ci ha conservato proprio
il brano dell' indagine critica in cui egli, dopo aver
vittoriosamente distrutto quel consunto tessuto di bugie,
prova come le voci di un'apostasia di Aristotele da Pla
tone risalgano a un passo, miseramente frainteso, dello
scolaro di Aristotele Aristosseno di Taranto1). Secondo
ogni verosimiglianza1, Aristocle dev' essere stato anche
colui che, eliminati gl'imbrogli apocrifi, riport alla
luce il prezioso documento personale, che circa l'inte
riore atteggiamento di Aristotele rispetto al maestro
c'istruisce meglio che tutte le congetture nate dall'altrui
malignit; l'elegia dell'altare, da lui dedicata a Eu-
derao2). Se si fosse sempre tenuto presente
che questo
raro gioiello deve il suo ritorno alla luce solo a un de
siderio di critica documentazione biografica, e cio al
fatto che nella poesia doveva trovarsi un' aperta affer
mazione di Aristotele circa isuoi rapporti con Platone
e una sua presa di posizione rispetto agli odiosi critici
di tali rapporti, non si sarebbe certo mai avanzata l' idea,
psicologicamente inverosimilee inse contraddittoria, che
Aristotele, con la tanto entusiastica attestazione del suo
frammento, si riferisse a Socrate, da lui non mai visto'
in vita sua s). La dotta indagine circa irapporti di
Aristotele con Platone, alla quale itardi neoplatonici
attinsero la poesia, citava iversi solo nella misura incui
essi gettavano
luce immediata su questo problema. Chiaro
') Aristocle presso Euseb., Praep. ev., XV, 2,3.
3) Ci secondo la verosimile opinione di 0. Immisch fin
Phlologus, LXV, p. 11), dopo che gi lo Stahr (o. e-, I, p. fi])
aveva fatto risalire ad Aristocle le indicazioni della Vita di Am
monio circa irapporti di Aristotele con Platone, in base alle loro
consonanze verbali col frammento di Aristocle conservato in
Eusebio.
')
J. Bernays, Ges. Abhandl-, I, p. 143 sgg. Di parere contrario,
a ragione, 'Wilamowitz, Aristotclcs und Athen, li, p. 413 e di re
cente Immisch, 1. c,
138 GLI ANNI DI VIAGGIO
dunque che nell'elegia l'uomo che i cattivi non
hanno neanche il diritto di lodare non pu essere altri
che Platone, e che i cattivi, dalla lode dei quali Pla
tone sembra ad Aristotele inattingibile, non sono una
qualsiasi misera plebs, ma proprio quei falsi ammiratori,
che credono di dover difendere Platone dalla critica ob
biettiva di Aristotele '). Ma lasciamo ancora una volta
la parola ai versi medesimi:
X&bv
5'i?
xXsivbv KexpoTiiyjj BiteSov
eae(5o){ aejivfjg 3puaa-to jStojiov
vSp? Bv o' aivelv tote: xaxciot
oq fivog ) &V7]X<i>v xaxiEisv ivapy?
ohzCfi
te jSJfp xal |ie85oiai Xywv,
ti)? yas te xal E3ca|AU)v fipa ytverac vi)p.
o vv o'lexv Xastv oSsvl xaxa xot 2).
Non sappiamo chi sia stato il fondatore dell' altare,
di cui si parla in terza persona; e anche l'indicazione
che la poesia sia stata diretta a Eudemo non ci aiuta
a procedere innanzi, non potendo noi pi stabilire di
quale dei due Eudemo si trattasse, se di quello di Cipro
o di quello di Rodi. Del tutto illecito porre a punto
di partenza dell' interpretazione ci che le pi tarde >.!
terazioni neoplaloniche della Vita aristotelica preten-
') Soltanto cos la commozione sentimentale di quei non in
terpellati giudici acquista un significato concreto. Dato l'uso lin
guistico di Aristotele non si pu d'altronde trattare di una vuota
iperbole retorica; e pensare che si parli del cinico Diogene, avendo
questi parimenti professato l'autarchia dell'ipstrj, comunque
troppo forzalo. Inoltre questi poteva tutt'al pi richiamarsi a So
crate, e non a un teorico cos lontano da lui come Platone (ci
contro Gomperz, Griech. Dcnker, II, p. 539 e Immiscb, 1. c., p. 21).
!) Giunto all'illustre terra della citt di Cecrope, elev pia
mente un altare alla veneranda Amicizia, all'amicizia dell'uomo che
ai malvagi non lecito neppur lodare: colui che unico, primo,
tra 1 mortali svel chiaramente, con l'esempio proprio e con le
argomentazioni, la maniera in cui l'uomo riesce insieme buono e
felice. A tale altezza nessuno c ormai pi capace di giungere.
ARISTOTELE AD ASSO E IN MACEDONIA 139
dono di sapete circa l'iscrizione dell'altare: secondo esse
ilsuo fondatore sarebbe stato Aristotele.
Fortunatamente,
in base alle diverse rifrazioni della tradizione
biografica
scolastica che ci sono
rimaste, siamo in grado di seguire
in modo cos chiaro la progressiva formazione della leg
genda, da poter constatare anche come si sia venuta man
mano costituendo questa
sedicente iscrizione
dell'altare1).
In ogni modo, se non del tutto chiara la situa
zione esteriore descritta da Aristotele, tanto pi chiara
quella
interna, che poi la sola che importi. Ilprimo
verso parla di un uomo, certo uno scolaro di Platone,
che venuto ad Atene e vi ha fondato un altare. Che
egli fondasse un altare di Platone, e quindi rendesse a
questi onori divini, non riesco ad ammetterlo. Igenitivi
riferentisi a (3w[t, cio
e
vp?, possono sulle
prime confonderci; ma per un Greco era certo fuori
di discussione che il passo si dovesse intendere nel modo
seguente: egli fond un altare della veneranda
Philia, in
onore dell' amicizia dell' uomo, che icattivi non hanno
nemmeno il diritto di lodare1). L'attributo 0[avt)
mette
') LTmmsch
(1. c p.
12) considera autentica questa iscri
zione dell'aitare, per quanto nella Vita Marciana l'esametro fittizio
piopv 'ApioTotiXiis ISpoaxo xvde IUtiovcf sia ancora citato'
esattamente a s (p. 432 Rose) e subito dopo si dica : xal
iXXaxoS
ispl 8toS tptjoiv vpg Bv o8' atvstv xatoi xaxotoi
fljitg. l superficiale compilatore della cosiddetta Vita di Ammo
nio (p, 439 Rose) combin poi, senza pensarci troppo, questo pen
tametro dell'elegia con l'esametro: credette che vSp; fosse appo
sizione di EXdxiovog e che idue versi distintamente tramandati
fossero gli elementi di un distico. Inconcepibile infatti il pro
cesso inverso, cio che l'autore della Vita Marciana abbia scisso
in due versi il distico
tramandatogli come un tutto unico e scritto
che il pentametro si trovava altrove. In origine dev'essere stalo
citato tutto il frammento dell'elegia, essendo evidente che la no
tizia proviene da Aristocle (cfr. p. 137 nota 2).
') II Wlamowtz (o. e., p. 413 segg.)' riunisce Cpoa-ro Pojjav
4v8p<; (seil. IlXitiovog) e considera oey come genitivo
di causa o anche come oxfjpa 'lomxv, il che per gli sembra meno
conveniente. Nella semplice lingua prosastica, affermatasi nell'elegia
fin dal tempo di Evcno e di Crizia, entrambe le costruzioni sareb-
140 OLI ANNI DI VIAGCIO
fuor di dubbio cbe Philia fosse la dea a cui era intito
lato l'altare. Ma il secondo genitivo rende ugualmente
sicuro che questo altare dell'amicizia non doveva essere
sacro a una qualsiasi allegoria razionalistica, a un'astra
zione senza sangue e senza vita, ma bens all' uomo nella
cui persona e nelle cui opere la dea aveva manifestato
ai giovani la sua forza soccorritrice :*). "Una deificazione
della persona umana oltrepassa ilimiti di ci che pos
sibile per la religiosit platonica, e l'esempio dell' apo
teosi di Alessandro, Lisandro o Epicuro qui non giova.
Solo ci che ideale ha piena partecipazione al di
vino2). Un esempio di questo specifico sentimento reli
gioso platonico dato dall' aristotelico inno
ad Ermia
(v. sotto, p. 153). Anch' esso non si dirige alla
persona
umana del defunto n personifica il concetto astratto
della virt. Concepisce bens
questa come la forma di
vina {due volte usata la parola della virt vi
rile lottante pel sommo premio dell' esistenza, quale si
realizzata, agli occhi suoi e degli amici, nella vita e
nella morte di Ermia, e quindi come 'Apsr 'Epjifou. ,
Celebrata la dea immortale, non mai visibile dagli
uomini: ma
celebrata essa in onore dell'ultimo por-
bero apparse ricercate. L'Immisch, che avvertiva ci ma voleva
salvar l'idea dell'altare dedicato a Platone, modific il testo in
sosPscdv os[ivr/v piXirjv, il che semplicemente impossibile.
') Scritti ttspl tp'.Xtaj sono composti,
nell'Accademia, da Ari
stotele, Senocrate, Spcusippo e Filippo di Opunte: ne nasce, in
torno al vecchio Platone, un'intera letteratura. Certo, si trattano
accora,
per tradizione, S-iasij ipcoTixat: ma per questo ambiente
l'Eros non pi il simbolo unificatore. Proiettato sul piano
meta
fisico, esso sopravvive in Aristotele nell'amor dei, che muove il
mondo: xivst pt&psvov. Il neutro significativo per il cam-
biamento della situazione ideale.
') L'immagine del dio Platone, al quale il Wilamovitz (I.
C-,
p. 413 segg.) immagina dedicato l'altare, certo sentita entusiasti
camente, ma m realt estranea al
temperamento pio e austero
degli uomini dell'ambiente platonico.
Certo Aristotele colloca Pla
tone in una posizione
eccezionale tra gli ftvtjto( (v. 4);
tuttavia
egli resta sempre per lui la guida mortale verso l'ideale
divino.
ARISTOTELE Al ASSO E IN MACEDONIA 141
tutore
visibile, che essa ha trovato sulla terra. L' altare
recava, parimenti, solo ilnome di <HXas, maAristotele,
che interpreta qui l'iscrizione nello stile del pio
di un sacro oggetto di culto, la riferisce esattamente
alla
<lHX(a llXxtovoi;, N possiamo sentire la mancanza del
l'aggiunta
di un secondo nome, visto che per l'amicizia
ne occorrono due, giacche chi era, nel complesso dei Xoi
i Framm. 6 R.
170 GLI ASMI DI VIAGGIO
LO SCRITTO SULLA FILOSOFIA 171
Questa
rigorosa ricostruzione cronologica non il ri
sultato di una semplice curiosit antiquaria: le sta alla
base un principio filosofico. Aristotele insegna che le
stesse verit non affiorano nella storia umana solo una o
due volte, ma con infinita frequenza 1). Perci egli inizia
una raccolta dei proverbi greci, sentendo nelle loro brevi
e taglienti verit d' esperienza iresti di un' originaria e
non ancor letteraria filosofia, conservatisi per via orale,
in grazia della loro laconica ricchezza di contenuto, at
traverso tutte le vicende spirituali della nazione. Con
acuta intuizione, egli riconosce il valore dei proverbi
e della poesia gnomica per l'indagine dei primordi della
riflessione inorale. Ilminuto lavoro di ricerca necessario
a
questa collezione, che al Greco colto doveva sembrare
|
volgarmente meccanico, attira su di lui l'aperta irrisione ?
dell'ambiente isocrateo2).
L'indagine circa l'antichit
del motto delfico conosci te stesso mira a decidere
chi dei cosiddetti sette savi ne sia stato 1' autore. Inbase
ai suoi argomenti, tratti dalla storia dell' edificio, Ari
stotele appiana la
controversia, piuttosto priva di con
tenuto, accesasi a tale
proposito con la salomonica ri
sposta che esso non risale ad alcuno dei saggi, essendo
pi antico del sapiente Chilqne
e dovendo quindi essere
stato rivelato dalla Pizia stessa. Lo scopo di questa argo
mentazione divien chiaro quando le si accosti la testi
monianza di Plutarco, attestante che Aristotele scrisse,
nei discorsi platonici , che tra imotti delfici il pi
divino era il rv>5k tjsauzv.
Esso diede infatti anche a
Socrate il tema della sua indagine filosofica. Come la
convenzionale formula di citazione Iv toTj Suxpattxots
*) De Caelo, A 3, 270 b 19; Meteor., A 3, 339 b 27; Metapk.,
V
8, 1074 b 10; Pol., H10, 1329 b 25.
s) Circa l'interesse di Aristotele per i proverbi cfr. Bonitz,
l'idex Arist., d. V. ttotpoqtCa. Nel frainin. 13 R. iproverbi
sono de
finiti come YxaxaXe(|iaaTa
naXmSs iXoootaf.
Per la raccolta
dei proverbi cfr. Diog. Laert., V 26 e Athen,, li, 60 d.
indica idialoghi socratici di Platone, cos la singolare
designazione v -cai; nXatamxo; deve riferirsi
alla forma
e non al contenuto, e significar quindi nei dialoghi
platonici di Aristotele . D' altronde la relazione, qui po
sta tra l'antico motto delfico e la genesi del nuovo in
dirizzo socratico di ricerca etica, conviene al nostro dia
logo pi che a qualsiasi altro. Si tratta infatti di un
esempio a sostegno della dottrina dell' infinito ripetersi
di tutte le opinioni filosofiche nel corso della
gtoria.
Socrate diventa il rinnovatore dei principio etico della
religione apollinea, anzi, come Aristotele cerca di di
mostrare con la visita di Socrate a Delfi, ha ricevuto pro
prio nella sede dell' antico oracolo l'impulso esterno per
lesue indagini analizzanti ogni esigenza morale del suo
tempo
1).
Hnesso di religione e filosofia, che qui diviene evi
dente, si estende per tutto il dialogo. La missione apol
linea di Socrate era gi stata ricordata da Platone nel-
l'Apologia: qui la teoria dei ritorni periodici permette
d' interpretarla pi profondamente, come una rinascita
della saggezza delfica. Apollinismo e socratica sono idue
fuochi della evoluzione etica del popolo greco. Lo stesso
significato deve aver avuto l'indagine circa la data d'ori
gine della
religione orfica. Aristotele non aveva dubbi
circa la storicit di Orfeo, e insisteva sulla tarda origine
della codificazione letteraria dell' orfismo solo per ri
mettere, al posto
di un versificatore di oracoli dell'et
J) Che iframni. 1 e 2 siano connessi col framm. 3 non pu
esser messo in dubbio quando si sia scoperto che la chiave per
comprendere l'intento di tutta la trattazione nella dottrina del
ritorno periodico di ogni conoscenza. Che poi imotti delfici conten
gano realmente la sapienza apollinea, o siano piuttosto il portato
di una cultura estranea, messa poi sotto la protezione della divinit,
questione che qui non ci riguarda. Ilparallelo di Socrate e della
dottrina delfica si trova anche in [Plat.], Alcib.l, 124 B:wst.il|U-
vo( pilre xel r$
Iv JeXpotg pdppctxi yvMH
oskutv.
172
GLI ANNI DI VIAGGIO
LO SCHttiO SULLA FILOSOFIA 173
dei Pisistratid, un
autentico profeta della pi antica
et
ellenica. Circa la tarda genesi degli scritti orfici ion
gli sembrava possibile alcun dubbio, mentre non trovava
alcun ostacolo ad ammettere 1' alta antichit della loro
dottrina religiosa. La
trattazione del problema della sua
origine traeva certo
argomento dal suo ritorno nella spi
ritualizzata fede nell'
aldil, propria di Platone, e nella
sua
mitica dottrina dell' anima.
Un altro esempio di questo metodo si pu ricavare
dal
seguente
frammento. Nella sua Storia
naturale
(XXX, 3) Plinio racconta: Eudosso, che voleva si con
siderasse la dottrina dei Magi come la pi augusta e sa
lutare tra tutte le fedi filosofiche, ha tramandato la no
tizia che il cosiddetto
Zaratustra visse 6000 anni prima
della morte di Platone. Cos riferisce anche Aristotele.
noto che Eudosso, 1'
astronomo amico di Platone, s'in
teress della scienza dell'Oriente e dell'Egitto
durante
il suo soggiorno in quei paesi. E rec con s in Eliade
le notizie che aveva attinte dai
rappresentanti di quel
mondo
culturale, ancora in gran parte chiuso alla cono
scenza dei Greci.
L'Accademia
costituiva allora
proprio il
centro di
una
tendenza orientalizzante, . che come presagio della
spedizione di Alessandro e del
conseguente avvicina
mento dello spirito
ellenico a quello
asiatico d' im
portanza grande, sebbene per lungo
tempo non. abba
stanza valutata. Le vie attraverso le quali penetrarono
in Grecia gii influssi
orientali ci sono note solo inpiccola
parte. un caso che
possiamo
desumere dall' elenco de
gli scolari
dell'Accademia, un pezzo del quale si con
servato in un papiro
ercolanese, come un Caldeo appar
tenesse alla scuola platonica
quale membro ordinario1).
Ci accadeva, a
quanto sembra, nell'ultimo decennio della
')
index AcoA. Hercidan., col. Ili,p. 13 (Mekler).
vita di Platone: e alla etessa et si riferiscono altre trac-
eie d'influsso orientale, come il paragone delle quattro
virt platoniche con l'etica di Zaratustra ne\VAlcibiade I,
e la teologia astrale che lo scolaro e segretario di Pla
tone Filippo di Opunte presenta, inappendice alle Leggi,
come oocpfa suprema. Per le nuove concezioni religiose,
che solennemente annuncia ai Greci , quest' ultimo si
appella esplicitamente a fonti orientali1). Certo, queste
tendenze risalgono all' et in cui Eudosso era presente
nell'Accademia: del resto solo la povert del materiale
che non permette di valutare in piena misura l'enorme
influsso che quest' uomo esercit sui platonici. Le ten
denze orientalizzanti si riconnettono in parte all'ammi
razione per l'astronomia caldea e siria e per la sua
antichissima conoscenza empirica dei moti celesti, alla
quale l'Accademia attinse il calcolo delle orbite e la co
noscenza dei sette pianeti, per la prima volta affiorata
in Europa con Filippo di Opunte; e in parte alla pre
dilezione per il dualismo religioso dei Parsi, in cui si
trovava un sostegno per la metafisica dualistica del vec
chio Platone. La cattiva anima del mondo, che nelle
Leggi si presenta come oppositrice dell'anima buona,
costituisce un tributo a Zaratustra, al quale Platone fu
condotto dall' ultima fase, matematizzante, della dottrina
delle idee e dalla sua estrema accentuazione del duali
smo5). D'allora in poi, Zaratustra e la dottrina dei Magi
furono, nell'Accademia, oggetto di vivo interesse. Lo sco
laro di Platone Ermocloro si occup della religione
astrale nel suo scritto Espi [ia&rjjixiuv, e deriv etimo-
') Epin. 986 E; 937 B; 937 D-988 A; Cl'lat.], Alcb. 1, 121 E-
122 A.
:) Leg., X, 896 E:A
9'axV'
SioixcDaav xal ivoixoOuav iv
Srcasiv -cots xrtfl xivoofiivois
(iffiv o xal tv opavv vaf*1]
Sioixev cpvai; KA. T jir/v ; A. MCav nlsCouj; nXsiouj- iy>
5xp a-pijiv ixoxpiYoOjiai' 8ootv |iY y xou IJ.anov [n;8v xtfriijiEV,
xs sepfuoj -/.al tSJ; xSvavtCa Suvanvrjs itpy&$,so&a.i.
174
CLI ANNI DI VIACC10
logicamente da essa il nome di Zoroastro, interpretan
dolo come adoratore delle stelle (orpohky}?) ').
Da questi influssi derivava l'interesse che Aristotele
manifesta per iMagi nel dialogo Ilep cpiXococpla?. Anche
nel tentativo di
determinare la posizione cronologica di
Zaratustra egli era stato preceduto da altri. Ermodoro
lo aveva considerato precedente di cinquemila anni alla
caduta di Troia. Furono
appunto le indagini di
questo
platonico quelle su cui si basava ancora sostanzialmente,
a proposito di tali problemi, ildotto alessandrino Se
zione nella sua storia delle scuole filosofiche. Accanto a
quella di Ermodoro egli ricordava la datazione di Xanto,
secondo ilquale Zaratustra sarebbe vissuto seimila anni
prima della spedizione di Serse2). La datazione di Ari
stotele e di Eudosso, riferita da Plinio, si distingue da
tutte le altre, di cui rimasta notizia nella tradizione,
per ilsingolare punto di partenza del calcolo degli anni;
accanto ai calcoli riferentisi alla spedizione di Serse (pi
tardi a quella di Alessandro) o alla caduta di Troia, si
vede bene che la designazione seimila anni prima della
morte di Platone non deriva da un dato sistema crono
logico, ma dal desiderio di stabilire una relazione in
trinseca tra
Zaratustra e Platone, come fenomeni storici
analoghi. Ci che sta a fondamento del paragone, e che
costituisce in particolar modo l'interesse della determi
nata estensione del
tempo intermedio tra idue, calco
lato per millenni, evidentemente la concezione, profes
sata nel HeplpiXoacepla?, della necessit naturale e del
ritorno periodico di ogni verit umana. Ora, in un fram
mento attestato come appartenente al primo libro del
dialogo, Aristotele parla della dottrina dei Magi, del dua-
)
Hermodor., Hept
pathjiinov (utilizzalo da Sozione nella
Ata8oxi?) presso Diog. Laert., I, 2 e 8; e cfr. lo scolio a [Plat.],
Alcib. 1, 122 A.
s) Diog.
Lacrt., I, 2.
LO scaltro SULLA F1LOSOP1A s 175
lismo iranico: e riferisce come Becondo tale concezione
vi siano due principi, un demone buono e un demone
I cattivo, Ormuzd e Arimane, paragonandoli
alle divinit
I
greche Zeus e Ade, al dio della luce celeste e a quello
1 della oscurit sotterranea. L'esplicito paragone del dua-
I lismo dei Caldei e dei Magi con la dottrina platonica
I della buona e della cattiva anima del mondo si trova
gi, pi tardi, in Plutarco, ed ovvio che anche per
I Aristotele, nel frammento in cui egli poneva in paral-
1
lelo Zaratustra e Platone, doveva avere importanza
de-
t|
terminante questo
stesso motivo critico3). A tale conget
tura fornisoe certezza l'unico luogo in cui egli, altri
menti, fa menzione dei Magi. Esso appartiene
a una delle
parti pi antiche della Metafisica, e cio a un brano la
cui genesi va assegnata, per altre ragioni, alla stessa et
1
dello scritto Sitila
filosofia.
Anche lsi parla del dualismo
(
platonico, e Aristotele cita, come antichissimi predeces-
Bori
di questa visione del mondo, Ferecide, per l'am
biente ellenico, e iMagi, per quello
asiatico2). L'infa
tuazione accademica per Zaratustra
fu un impeto entu
siastico, simile a quello di Schopenhauer quando fece
la scoperta filosofica del pensiero indiano. La coscienza
j
storica, che la scuola aveva di se, era esaltata dal fatto
> che il profeta dell'Oriente avesse gi rivelato da mil-
\
lenni, alla sua umanit, la dottrina platonica del bene
i
come principio divino del tutto.
I Questa
interpretazione confermata dal numero 6000.
Sappiamo da Teopompo che la generazione
di Aristo
tele e di Eudosso (il quale forse anche fonte di Teo-
;
pompo
stesso) aveva avuto nozione del grande periodo
; cosmico della religione iranica e della lotta
drammatica,
costituente la storia del mondo, di Ormuzd
e Arimane 9).
') Arist, framm. 6 R.; Plul, Is. et Osr., 370 E.
t
Meiaph., N4, 1091 b 8.
') Theopomp. in F. Gr. Ilist., fr. 64-65
(Jacoby): e cfr. Jackson,
170 (XI
ANNI DI VIAGGIO
A turno (v pepo;) essi dominano per un periodo di tre
mila anni, e per altri tremila rimangono in lotta, cer
cando di distruggere l'uno ci che ha creato l'altro e di
danneggiarsi a vicenda. Ma da ultimo lo spirito buono
resta vincitore. La tradizione iranica determina varia
mente la lunghezza del dramma escatologico, fissandola
talora in 9000 (che , come sembra, la dottrina seguita
dalla fonte di Teopompo), talora in 12000 anni. In di
pendenza da ci le singole fasi del processo cosmico,
duranti ciascuna 3000 anni, acquistano un significato
diverso. Per questo motivo non sar forse possibile, coi
mezzi di cui disponiamo, di determinare inmodo esatto
e indiscusso quali momenti di questo processo fossero
rispettivamente rappresentati da Zaratustra e da Pla
tone1). certo per che non dipende soltanto dal caso
se la cifra di 6000 anni, che secondo Aristotele ed
Eudosso corrisponde all'intervallo separante Zaratustra
da Platone, divisibile per 3000. Evidentemente l'uno
e l'altro rappresentano due tappe importanti del pro-
The date t>f Zoroaster, inJournal
of
the American Orient. Soc., XVII
f
(1896) 3, F. Cumont, Textes et monum. de Mithra, I, 310 n. 6 e ulti- |
inamente Gisinger, Erdbeschrcibung des Eitiloxos '(Lipsia 1907). La
?'
creazione della divinila buona compiendosi in 6000 anni, ipadri h
della chiesa identificano, nelle loro filosofie della storia, questo pe-
jj
riodo cosmico coi sei giorni della creazione secondo la Genesi. I
*) Nell'originaria
edizione tedesca ho cercato di determinare t
pi esattamente la posizione che si poteva congetturare spettante |
a Zaratustra e a Platone nel dramma cosmico della religione ira- Il
nica. Frattanto la tesi da me proposta, che la collocazione cronolo- j
gica di Zaratustra 6900 anni prima di Platone presupponga un ,
riferimento intrinseco dell' uno all' altro e dei principi dell'uno a
quelli dell'altro, ha avuto larga eco nel campo orientalistico ed
stata universalmente accolta. Tuttavia, dopo le pi recenti inda-
gini degli iranisti, preferisco ora rinunciare alla conciliazione della
'
tradizione greca con quella
iranica, giacche ai fini della mia dimo
strazione importa soltanto stabilire il fatto che Platone, quando
ancora era in vita e subito dopo la sua morte, sia stato ricollegato ,j
a Zaratustra e alla dottrina iranica della lotta del principio buono 1
contro quello cattivo. Su Platone come fondatore di religione cfr. ;
ora il mio articolo in The Classical Quarterly, XXI (1927), p, 13.
LO SCRITTO SULLA FILOSOFIA 177
cesso evolutivo onde il mondo tende al dominio del
bene, suo scopo finale.
L'aBsegnazione del frammento tramandato da Plinio
al primo libro Uep cpiXooocp; anzitutto sostenuta dal
fatto che esso diviene pienamente comprensibile solo se
considerato in tale contesto concettuale. Giacche per
il Rose lo ha posto,
senza che se ne veda la ragione,
tra
iresti dello spurio. Maytx;, bene che venga eliminata
esplicitamente anche la sola ombra di sospetto,
che po
trebbe perci cadere sulla sua autenticit1). Plinio non
attinge la notizia all'opera di Apione Sui Magi, secondo
la congettura affatto priva di fondamento del Rose, bens
all'omonima opera erudita del callimacheo Ermippo, che
cita come fonte, in modo indiscutibile, una riga dopo, e
la cui ricchezza d'informazione documentaria egli am
mira con una ingenuit tanto meglio giustificata, in
quanto personalmente la lascia a desiderare. Non Plinio,
ma Ermippo ha consultato Eudosso ed Aristotele, com'
confermato anche dal confronto col frammento concer
nente iMagi del primo libroIIspl cptXooocpi'a (framm. 6).
Anche questo proviene da Ermippo, e qui pure egli ha
citato come foute Eudosso e Aristotele. Confrontiamo:
P'iin., Nat. hist., XXX, 3.
Sine dubio illic orla in Per-
side a Zoroastre, ut inter aneto-
res convenit. Sed unii.? hic juerit
Diog. Laert., 1, Prooem., 8.
'AptaxotXeg S'iv x p t
-
itp teepl qjtXooi?ag tal
Kpeaginpoog slvat "tffiv AtyoK-
')
rist., iratnm. 34, e cfr. V. Rose, Arist. Pseudepigr., p. 50. Il
Rose ba supposto die il frammento appartenesse al per
ch questo scritto citato come aristotelico, in Diog. Laert., Ile
I8, in immediata vicinanza del passo circa iMagi tratto dal IIspl
'pO.oaocploc. Ma un'esatta
indagine delle fonti mostra che Dio
gene, citando come aristotelici i due scritti, non si basava sullo
stesso autore per l'uno e per l'altro, Lo spurio Mayixg era infatti
allegato da Sozione, accanto ad Ermodoro, come fonte principale,
giacch tutti e tre sono citati insieme da Diogene tanto in I1-2
quanto in I7-8 (l'estratto giunge fino a cptjol ti xoxtxo xal 6
12. W. Jaeoie, A listatele,
178 CL! ANNI DI VIAGGIO
tcov stai 5d xat" aToiis (se. toj
M-fO'jj) Etvai pyctg, aS-v
Saipova xal
xay.v
Salpava" xtzl
Tip jxm vopa elvai
Zeus
xai
'iipojioSvjj, Tip Si "Ai5r;g xal
'Apei|ivi2{.
cf
ij=t Si
tgto
v.al
"Eppiitwog iv Tip npiTtp
rcspl Mdywv xal E&Sogog iv
rg iteptStp xal Ss/toptiog v
TjJ S-pSj tv OtXinrctxcBv.
are postea et alius, reo satis con
stat. Eudoxus, qui inter sa-
pientiae scctas clarissimam uti-
lissimamque eam intellegi vo-
luit, Zoroastrem hunc se* mi-
libm arereorum ante Platonis
mortem juisse prodidit. Sic et
Aristoteles. Hermi ppus,
qui de tota ea arte diligen-
tissime scripsit et vicieits centum
milia versuum a Zoroastre con
dita indicibus quoque volumi-
num eius positis explunavit,
praeceplorem.... tradidit Agonu-
cere, ipsum vero quinque mili-
bus annorum ante Troianum hel
ium juisse.
Ermippo si evidentemente valso entrambe le volte,
per le notizie circa iMagi, delle stesse fonti, lalIepfoSo?
di EudoBso e il dialogo Ilepi cptXoco'f a$. In entrambi i
luoghi avr citato esattamente tali opere. Diogene ha
conservato la citazione completa; Plinio, secondo ilme
todo a cui di solito si attiene, nomina soltanto gli autori
che gli servono di fonte, e non ititoli dei loro libri. Il
frammento conviene inmodo eccellente alle indagini cro
nologiche del primo libro Espi eptXocospa?, che trattava
anche altrove dei Magi, e alla teoria dell'eterno ritorno.
Esso sar quindi da comprendere tra iresti del dialogo,
in una futura nuova raccolta dei frammenti aristotelici.
Il parallelismo, inquadrato nella universale storia del
mondo, di Platone con Zaratustra non appar tale da po
ter essere stato istituito in tempi in cui era ancor vivo
Platone. Certo non si trovava ancora nella Descrizione
della terra di Eudosso, morto molto tempo prima di Pla
tone. A Eudosso spetta soltanto la priorit nell'assun-
*Epp65u)pog) ; mentre le notizie risalenti al Espi qstXoootpCas; di
Aristotele e a Eudosso derivano, come s' provalo, da Ermippo.
LO SCRITTO SUI.LA FILOSOFIA 79
zione del periodo di seimila anni ai fini della data
zione di Zaratustra: ed stato Aristotele che, riconnet-
tendosi alla sua dottrina del ritorno periodico di ogni
conoscenza umana, ha particolarmente riferito la data
zione di Eudossso al ritomo del dualismo e dato con ci
a Platone un rilievo conforme alla sua profonda vene
razione. Il dialogo, in cui egli inquadrava cosi il suo
maestro sullo sfondo luminoso dei millenni, senza dub
bio stato composto solo dopo la sua morte1).
La teoria della verit ricorrente a determinati inter
valli presupponeva che gli uomini non fossero in grado
di serbarla in modo duraturo nella loro coscienza, una
volta che l'avessero conosciuta. Con ci non era detto che
l'umanit non si potesse mai mantenere per un lungo
periodo di tempo alla stessa altezza, e che perci anche
verit da lungo tempo scoperte dovessero sempre andar
perdute di nuovo. La teoria si basava bens sull'assunto
di una distruzione periodica della religione e della ci
vilt per opera di violenti fenomeni naturali, e non era
quindi nient' altro che l'applicazione della dottrina pla
tonica delle catastrofi alla storia della filosofia. Gi il
Bywater ha cercato di dimostrare, e con luminose ra
gioni, che la teoria delle catastrofi appariva nel dialogo
aristotelico 2). Il Timeo ammette che tutta la pi antica
') Se le parole di Plinio sex milibus annorum ante Plato
nis mortem non derivano dall'intermediario Ermippo (nello
stile tecnico dei cronologi le indicazioni ante mortem significano
spesso, come a ragione mi suggerisce Ed. Fracnkel, semplicemente
ante aliquem) ma bens dalla sua fonte, esse possono essere, comun
que, solo di Aristotele, perch Eudosso mor prima di Platone (n
si pu, basandosi su! passo di Plinio, pensare invece che sia morto
dopo, come fa il Gisinger, loc. cit., p, 5 n. 1). In ogni modo, che
una simile comparazione potesse essere istituita solo dopo la morte
di Platone pare a me certo gi soltanto per ragioni interne; e la
stessa cosa da dire per ci che concerne la posizione dell'intero
dialogo rispetto a Platone e alla sua filosofia.
') Il Bywater (Journal oj Philology-, VII, p. 6S) ascrive al dia
logo liepl piXoaoyiaj brani di Filopono, in Nicom. arithm. La
teoria <lei cataclismi vi messa in rapporto con l'i-deu della evolti-
180 GLI ANNI
1)1 VIAGGIO
tradizione sia stata annientala, presso iGreci, da eventi
naturali di violenta natura. Come residuo di tali cata
strofi nella memoria dell'umanit interpretato, p. es.,
il mito di Fetonte e quello del diluvio universale. Anche
nelle Leggi questo metodo di interpretazione dei miti
viene applicato alla pi antica storia della civilt, nello
stesso modo in cui nella
Metafsica
aristotelica imiti di
vini sono considerati come resti rudimentali d una fase
primordiale, oscuratasi nella tradizione, della sua teoria
del movimento delle sfere11). 11 razionalismo di questo
metodo di trattazione dei miti non certo nato dallo spi
rito intuitivo e fantastico di Platone: esso reca l'im
pronta della scienza ionica, e probabilmente deriva da
Eudosso, come del resto si pu congetturare per la stessa
teoria delle catastrofi. Di questo metodo Aristotele si
valso liberamente: nella Meteorologa, p. es., egli deduce
dalla tradizione mitica l'esistenza preistorica dell'ipotesi
dell'etere, per la prima volta dimostrata proprio da luia).
L'idea del ricorso di tutti ifatti spirituali , viceversa,
certamente non eudossiana. Ma inmodo tanto pi chiaro
essa manifesta l'influsso della moderna scienza naturale
sulla considerazione storica della civilt, sulla sua valu
tazione del mito e sulla concezione dell'essenza dello
spirito umano, il quale reca sempre nuovamente in luce
zione scientfica: e questo uno dei inolivi elle Aristotele attinse
a Hatone ed elabor ulteriormente. La teoria analizzata dal By-
svater per, nella sua forma, stoica, e specialmente lo ilconcetto
dell'evoluzione delle arti e quello della continua mutazione di
significato del termine ooiffa, che da tale evoluzione deriva. Cfr.
per ci il mo Nemesios von Emesa, Qucllenforschungen zur Ge-
schichte des alteren Nettplalunismits und zu Poseidonios, Berlino,
1914, p. 124 segg., e Gerbausser, Der Protreptikos des Poseidonios,
Diss. Heidelberg, 1912, p. 16 segg.
3) Plat., Tim., 22 -C, Critias 109 D segg. Leg., Ili, 67? A. Ar.,
Metaph., A 8, 1074 b 1-13.
Meteor.. A 3, 339 b 20 segg.; de ertelo, A 3, 270 b 16 segg.;
de anim. mot., 3, 699 a 27; Pol., H 10, 1329 b 25.
T.O SCRITTO SULLA FILOSOFIA 181
ci che in lui giace nascosto, cosi come la natura fa con
le sue forze.
Se nel primo libro la figura di Platone appariva sol
levata, su uno sfondo di secoli, al di sopra di ogni misera
contraddizione, e costituente il culmine di tutta l'evolu
zione filosofica compiutasi fino allora, questa valutazione
determinava la prospettiva piadeguata per la critica che
seguiva negli altri libri. Alla dissoluzione della dottrina
delle idee, data nel secondo libro, seguiva nel terzo la
costruzione cosmologica propria di Aristotele. Si trattava
di una cosmologia e di ima teologia che venivano egual
mente esposte merc un continuo riferimento critico alla
filosofa platonica, appunto in quanto si riconnettevano,
ad ogni passo, strettamente a quella. Sul contenuto gene
rale del libro d notizie il personaggio epicureo nel De
natura dcorum di Cicerone. In sostanza, Aristotele ri
prendeva qui la teologia astrale del tardo periodo pla
tonico. Inessa egli trovava il punto a cui ilpensiero me
tafisico doveva riconnettersi dopo ilcrollo della dottrina
delle idee. Per Platone, dietro al mito siderale della
sua pi tarda fase filosofica si celava sempre il mondo
soprasensibile delle idee, copia del quale era il cosmo
visibile. Aristotele si restringe al solo
aspetto cosmolo
gico di questo duplice universo, cos come anche un altro
scolaro di Platone, Filippo di Opunte, fa
nel]
'Epino-
tnide, se pure in diverso modo. Egli diventa con ci il
vero e proprio creatore della rehgione cosmica della filo
sofia ellenistica, liberatasi dalla fede del volgo e ricer
cante ormai solo nel celeste mondo degli astri gli oggetti
della sua venerazione. Ifili, che connettono da un lato
l'aristotelica religione astrale con l'Accademia e dall'al
tro la teologia stoica con la pi antica fase del pensiero
aristotelico, non sono stati finora scoperti; e in partico
lare non stata chiaramente riconosciuta l'importanza
di Aristotele sotto questo rapporto,
inquanto si son presi
1S2 GLI ANNI DI VIAGGIO
troppo esclusivamente, come punto di partenza, itrattati,
che invece rimasero completamente estranei alla cultura
ellenistica.
/ Secondo l'esposizione critica conservatasi in Cicero
ne, e derivante da una fonte epicurea utilizzata anche da
Filodemo, Aristotele nel terzo libro llepl cpiXooocpla;
avrebbe designato come divinit ora lo spirito, ora il
mondo, ora l'etere, ora un' altra entit, sovrastante al
_X mondo e dirigente il suo moto merc una specie di ro
tazione retrograda (replicatione quadam) 1). Valendosi
della dottrina epicurea come di criterio di giudizio, il
crtico ricava da queste tesi grossolane contraddizioni.
Per quanto questo giudizio possa essere superficiale, l'e
sposizione in s non d luogo a dubbi. La divinit, che
vien detta sopraordinata al mondo, iltrascendente mo
tore immollile, che dirige il mondo come causa finale
merc la perfezione del suo puro pensiero. In ci la
cellula originaria della metafisica aristotelica. Aristotele
designava poi l'etere come corpo divino o pi divino, allo
stesso modo che nei trattati: come Dio esso non compa
riva certo2). La divinit dell'etere non conviene, appa
rentemente, a un monoteismo di rigorosa trascendenza:
ma al disotto del motore immobile stavano le divinit, di
materia eterea. Soltanto apparente poi la contraddi
zione risultante dal fatto che Aristotele avrebbe in un
caso attribuito la natura divina al mondo, e in un caso
*) Arist.,
(ramiti.
26 R (Cic., de nat. deor., I, 13, 33).
')
Cicerone traduce il termine, come al solito, con caeli ardor;
e anche il fatto che lo chiami divino mostra che egli allude all'ipo
tesi aristotelica dell'etere (cfr. Cic. de nat. deor., I, 14, 37 ardorem,
qui aelher nominetur, secondo il richiamo' del Plasberg ad loc.).
Aristotele avanz dunque l'ipotesi dell'etere come quinto elemento
quando ancora si trovava nell'Accademia, dove essa si afferm lar
gamente, se anche con alquante attenuazioni e modificazioni. Al
pubblico essa fu per resa nota per la prima volta nel Ilept <pio-
ootpfas.
LO SCRITTO SULLA FILOSOFIA V 183
all'etere: prima al tutto e poi alla parte. Per mondo
non da intendere, come fa l'epicureo, il concetto elle
nistico del cosmo vivente e comprendente in B ogni es
sere, bens il cielo, la semplice periferia della sfera.
Que
sto uso linguistico dimostrato peculiare dell'antica Ac
cademia anche aWEpinomide. Essa lascia libera, a pro
posito del sommo iddio, cio del cielo, la scelta fra le
denominazioni di Urano, Olimpo o Cosmo; e altrove os
serva che quest' ultima denominazione quella che esso
merita di pi1).
Ma in questo dialogo Aristotele si muoveva nell'am
biente del tardo platonismo non soltanto sotto l'aspetto
della terminologia.
Quasi
completo, nei tratti fondamen
tali, l'accordo fra la teologia dell'opera aristotelica e
quella deWEpinomide. Sorprende il fatto che il critico
epicureo, in caccia di appigli polemici, non ricordi af
fatto le 55 divinit astrali della pi tarda metafisica.
Evidentemente, questa
concezione cosmologica non appa
riva ancora affatto nel dialogo aristotelico.
Conferma di ci d la notizia, fornita dallo Pseudo-
Filone nello scritto SulUeternit del mondo, che Aristo
tele abbia accusato di tremendo ateismo (8etvV]V d-eT7]T)
ifilosofi che dichiaravano ilmondo generato o perituro,
non vedendo essi in una cos grande divinit visibile
(xoaotov 5paxv frsv) nulla di superiore a un qualsiasi
manufatto. Egli stesso chiamava il cosmo un Pantheon,
che accoglieva in s il sole, la luna e gli astri mobili
e immobili; e canzonava gli avversari, dicendo come fino
allora egli avesse temuto soltanto che la sua casa po
tesse andare in rovina, per tempesta
o per logoro o per
l'insufficiente tecnica costruttiva, mentre ora c' era da
preoccuparsi che il mondo intero potesse una volta croi-
') Epin., 977 A-B, 987 B.
J84 GLI AKNl 01 VIAGGIO
lare merc le ipotesi di quei dotti, che lo demolivano gi
con le loro sole parole1).
Iltono ci noto: nella confutazione della teoria dei
fisici concernente la fine del mondo, esso di asprezza
mordente, mentre si attenua nella sostanza e si fa pi
rispettoso nel rifiuto della concezione creazionistica del
Timeo platonico, che quella a cui si allude con l'imma
gine del manufatto. lo stesso tono personale che si e
trovato nella critica della dottrina delle idee del secondo
lihro Jlspl cpilocctplx. Anche nel terzo libro, dice la
relazione ciceroniana, Aristotele espose la Bua cosmolo
gia in continuo contatto polemico con Platone. Ci deve
riguardare in prima linea la dottrina della eternit del
mondo, perch in questa che egli diverge al massimo
da Platone2). E giacche il passo non proviene da alcuno
dei trattati superstiti, e per ilsuo stile appartiene indub
biamente a un dialogo, come sua fonte non pu essere
presa inconsiderazione altra opera all'infuori del dialogo
Sulla
filosofia.
Esso era l'opera, oggi perduta ma molto
letta nell' antichit, nella quale erano manifestate en
trambe le concezioni filosofiche che secondo il giudizio
degli antichi caratterizzavano pi che ogni altra la po
sizione di Aristotele, e cio l'assunzione dell'etere come
elemento celeste e la considerazione del cosmo come non
nato n perituro. Idossografi sogliono citare, con piena
esattezza, entrambi questi elementi come motivi di no
vit, accanto alla concomitante cosmologia platonica.
Infatti, nonostante il contrasto nelle questioni sin-
') Arist.,
framnv
18 R. (Ps.
Philo, de net. mundi, 3, 10, p. 53
Cohn-Reiter).
') Arisi., framm. 26 R. <Cie. de not. deor., I, 13, 33)
Aristote-
lesgue in tertio de philosopkia libro multa turbat a magislro suo
Platone dissentens.... L'inserzione del non innanzi a disscntiens,
fatta dal Manuzio e accolta dal Rose dopo l'esempio del
Lambino,
insostenibile dal punto di vista del contenuto, ed stata dimo
strata inammissibile dal Yahlen ancbe da quello stilistico (cfr. Pia-
aberg, nell'edizione maggiore, p. 218).
LO SCRITTO SVLLA FJIOSCWA 185
gole, la dottrina del dialogo, per quanto si tratta delle
concezioni positive di Aristotele, ancora completamente
platonica. Tale , anzitutto, la fusione della
teologia con
l'astronomia. L'imputazione di ateismo, diretta contro i
seguaci di concezioni astronomiche eretiche, deriva dalle
Leggi di Platone: eppure proprio per opera di Platone,
come detto nelle Leggi, divenne appunto teologia
quell'astronomia, che prima appariva come la pi atea
di tutte le scienze 1). Con la relazione ciceroniana quadra
ilfatto che anche in. Filone la parola cosmo sia usata
nel senso di cielo . La teoria del cosmo compren
dente ins ilsole, la luna e le stelle non infatti altro
che un riflesso della cosmologia del Timeo {30 D) : Vo
lendo fare il cielo simile ai pi bello e al pi perfetto
di tutti gli enti concepibili,
Dio cre un unico vivente
visibile, comprendente
ins tutte le altre realt
viventi, ad esso affini per natura. Per Aristotele, certo,
il cielo non pi la copia visibile della idea suprema
contenente in s tutte le altre idee, l'intero cosmo intel
ligibile. Ilmondo delle idee caduto, e con esso il de
miurgo, che guardando ad esse creava il mondo visi
bile. Tanto maggior dignit metafisico-religiosa acquista
perci, ora, la copia, e cio il cosmo stesso come unit
visibile del mondo e della celeste regione degli astri,
uniche realt che all' esperienza sensibile garantissero
la soddisfazione dell' esigenza platonica, che nel flusso
del divenire dovesse esserci qualcosa di eterno e di du
raturo. Platonica anche 1' espressione Dio visibile;
e per quanto
il paragone del cielo con un pantheon, che
comprende in s ogni singola divinit, potrebbe essere
nella lettera non aristotelico ma filoniano, aristotelico
il concetto, che si ritrova anche nell' Epinomide attra-
') Leg., 821 D; 822 B-C; 898 C; 899 A. Scissione del binomio
astronomiu-aleismo: 967 A segg.
186 CM ANNI LI VIAGGIO
verso la designazione del cielo col nome di Olimpo ').
Ilsentimento del mondo, che avverte il divino nel cosmo
del
libro precedente, considerando Aristotele in entrambi i
luoghi la teoria delle idee come dottrina propria.
Questa
obbiezione contro la critica propugnante l'atetesi preaup- '
pone che il primo libro fosse divenuto sospetto appunto \
per quell'eidos. Nessuno capiva pi, allora, come Ari-
?
stotele potesse designare l'asserzione delle idee come dot-
<.
trina propria, e lo stesso Alessandro riusciva a spie- ?
garselo solo presupponendo l'intenzione retorica dell'eto-
pea. L' atetesi deriva dunque dall' ambiente ortodosso
della scuola peripatetica dell'et imperiale, che cancel
lava ogni traccia di dipendenza di Aristotele da Pla
tone considerando la dottrina delle idee come un'eresia
alla quale ilmaestro non poteva aver minimamente par
tecipato. A noi questa forma di critica serve a mostrare
ancora una volta quanto poca autorit sia da attribuire
alla tradizione della scuola peripatetica a proposito di
problemi concernenti l'evoluzioue di Aristotele.
Questa
LA PRIMA METAFISICA 235
fonte principale infatti assolutamente tendenziosa nelle
sue testimonianze. Del modo come vennero ridotti al si
lenzio idialoghi, che protestavano altamente contro que
sta deformazione della verit, stata gi fatta parola (v.
sopra, p. 40). Ma il passo del secondo libro, che Alessan
dro allega contro l'atetesi del primo, mostra in realt
quanto stretto eia ilnesso genetico ohe lega l'uno all'al
tro. E a questo passo, tratto dall'inizio del secondo libro,
egli avrebbe potuto aggiungerne un altro simile della
conclusione, dbe anch'esso non stato fino ad oggi mai
sfruttato per l'indagine cronologica, per quanto inconce
pibile ci possa parere (B 6, 1002 b 12): In generale
si pu essere in dubbio circa la ragione per la quale
convenga ricercare altre realt di diversa specie oltre
quelle sensbili e l'intermedio mondo delle matematiche,
quali leidee, lacui esistenza noi asseriamo (olov & tHdepev
eTSf)) .
Questi
due passi' ci permettono di far risalire
con sicurezza l'intero secondo libro alla pi antica re
dazione della
Metafisica
:esso stato scritto subito dopo
il primo, nello stesso periodo di tempo.
La medesima
conclusione verr ricavata pi tardi anche a proposito
del suo contenuto teorico.
3. Critica
pi
antica e critica
pi
recente
DELLA TEORIA ACCADEMICA DEI NUMERI.
Ilibri M ed Nsono considerati per lo pi come un
tutto unico, principalmente per ilcarattere unitario del
loro contenuto, e cio della critica della dottrina acca
demica concernente le idee e inumeri. Nel capitolo in
troduttivo (M 1) Aristotele chiarisce lo scopo della trai?'
tazione. Egli pone
'
ir~fTfblm
"
sVotre alle realtjlel.
mondo fehbmOTico~'su668ta ancora un altro essere che
"sia immoto ed e"terh."Anzitutto devono essere presi in
-------
-----
.il - r
esame ipensatori die finora hannp_assento resistnza di
236 GLI ANNI DI VIACC.IO
LA PRIMA METAFISICA
237
un simile essere,
e,cio...i!latone..e,la sua scuola. Aristo
tele stabilisce un piano preciso, secondo il quale egli
intende di procedere e che gi per la sua disposizione
metodica presenta altissimo interesse. Anzitutto egli
vuole considerare le entit matematiche ne11aoro_p
i
_
rezza idealcio'
senza riguardo alle tesi metafiscbe,.che..
|
ad
essei_ cqnnettonj quale' per esempio quella,
che esse
siano
ideer
principio ed essenza di tutte le cose. Inse-
...# |
conda linea devono essere sottoposte ad indagine le idee,
parinienti_8enza alcun riguardo
airinterp.retaziqim_che_.
nella sua pi tarda fase ne diede Platoneconsiderandole
come numeri: esse debbono infatti_
Msere.etndiate-nella.--.
loro forma originaria ed autentica1. Ilterzo luogo dev'es
sere'occupato dalla discussione critica della filosofia1 ma
tematica di Speusippo e di Senocrate.
_
Le due prime parti, l'indagine circa l'essenza (oaia)
delle entit matematiche e la critica della dottrina delle_
ideei'nelYa sua forma originaria quale conosciamo dai
dialoghi di Platone, non hanno in questo organismo va
lore autonomo. Esse servono come gradi per la dedu
zione
metodica della dottrina di Speusippo e di Seno
crate, da esse storicamente derivata. su questa dot
trina che s'impernia principalmente l'interesse della trat
tazione, come appare gi dallo spazio ad essa dedicato.
Evidentemente essa costituiva per Aristotele, quando egli
scriveva M, il problema di attualit, mentre la conce
zione platonica delle idee era da lui presa in esame
solo affinch non sussistessero lacune nel sistema orga
nicodella sua trattazione. Aristotele Iodice chiaramente,
quando inserisce la dottrina delle idee nel programma
del libro. Non perch essa trovi ancora difensori nell'Ac
cademia, ma bens Scov vjioo yvdptv, come a dite solo
per una questione di forma1) egli la comprende ancora
!) Motapk., M 1, 1076 a 27, c cfr. per l'espressione Boraays,
Dialogc des Arist., p. 130.
r
V
"
'
'i
'
una volta nei limiti della sua trattazione. Speusippo met
teva completamente
da parte le idee e sostituiva ad
esse, quale superiore realt, inumeri.
Senocrate, pi
conservtorci
cercava di tenere""in vita la dottrina-dei
numeri ideali professata
dal tardo Platone e
identificava..,
"TTcIWai matematiche con le idee concepite da Hatone,
come numeraggiungendo cio" a"un'compromesso tra.Pia-.
tone'e'Speusippo.
t/ust'Tormd
della tlottrina .chia-_..
mata da AriFtbtI"i xpCroj rptto?. Anche dal punto di
vista
cronologfic~eBffa"'devrea8ere,
naturalmente, la pi
tarda delle tre.
Con ci l'et di composizione del libro M risulta
ampiamente distanziata da quella dei primi libri. Certo,
le dottrine circa inumeri vengono ricordate
da Aristo
tele molto tempo prima, nel Protreptico; ma nell' et
immediatamente posteriore alla morte di Platone, nella
quale nacque la prima Metafisica, la forma della tratta
zione critica circa la dottrina delle idee stava addirit
tura al polo opposto.
Nel primo e nel secondo libro la
dottrina delle idee costituiva
ancora, senza
contestazioni,
il centro dell'interesse filosoficoi. Ivi essa era ancora, per
Aristotele, ilpunto di partenza
dell'intera indagine spe
culativa nel campo della metafisica e della logica. Nel
libro M invece si scorgono gi chiare le tracce del
l'influsso che la critica aristotelica esercit, di riflesso,
sull'Accademia. Qui
egli pu considerare come invec
chiata, per consenso
comune, la forma classica della me
tafisica platonica. Contro di essa egli si limita soltanto
a richiamare la sua precedente minuziosa critica delle
idee, e non gi quella1 che si trova nel primo libro, ma
bens quella contenuta nei suoi yot
essoterici, osser
vando come essa sia universalmente conosciuta e come
quindi egli non abbia bisogno di tornarvi su. In questa
citazione noi riconosciamo il dialogo
Ilepl cptXoaocpfa?,
elie non era ricordato nella critica della dottrina delle
23S CLI ANNI DI VIAGGIO
idee data nel primo libroe che
pu anche darsi sia stato
|f
composto poco tempo' dopo. Da allora era trascorso un
perodo di
tempo abbastanza lungo, tredici anni e forse
pi. Alla mutata situazione slorica corrisponde il fatto
che Aristotele non ponga pi inprima linea la polemica
J.
contro leidee, che subito dopo la' morte di Platone ave- '4
vano invece avuto certo, nell'Accademia, ancora molti di.
fensori. Intale situazione il motivo pi profondo del
4
fatto che nella nuova elaborazione Aristotele cancelli
completamente la critica di Platone che aveva data nel
primo libro, quando essa costituiva1 la questione cruciale
; f
della sua pi antica metafisica. Con le necessarie modi- 4
ficaziori. che a loro volta dipendono
dalla mutata situa-
zione interna ed esterna '), egli la trasferisce nella nuova 'i
'
trattazione polemica contro la filosofia matematica di
Speusippo e Senocrate, in funzione della quale le idee
4
conservavano ancora un interesse storico per la cultura {-
contemporanea, in quanto costituivano una sua forma
preliminare. G-h antichi compagni vi sono fieramente ;
assaliti e la loro dottrina delle idee dichiarata una
allucinazione.
|
Tutto rimanda all'et in cui la scuola peripatetica \
fronteggiava gi, in atteggiamento
ostile, quella piato-
I
nica. Convien qui, anzitutto, far seguire uno schema della . ]
disposizione del libro.
1
A. Introduzione: MI, 1076 a 8 a 32.
B. Prima parte: tcs pi tjv
paS-Tj pax txv
(solo inquanto tali) 1076 a 32
1078b 9.
I.Ivys ioli atod-q-oii tlvzt Suvaxov 1076a 33
h11.
II.7za,p i
aoibjT stvai y_Li)piar Suvaxov 1076
b 12
1077 b 11.
III.6 ipizo$ io stvac 5 twv palbjpaiixcv
TSi?
nq
(fl Tioaa ecc.). 1077 b 12
1078 b 9.
'} Cfr. sopra, pp. 227-28.
LA PRIMA METAFISICA 239
C. Seconda parte: nep tv ioefiiv (solo in
quanto tali, senza riferimento ai numeri) 1078 b 9
1080 a 11.
I. Analisi storica delia genesi della dottrina delle
idee 1078 b 12
b 32.
II. Confutazione dialettica 1078 b 32
1079 b 11.
III. Confutazione fisica 1079
;b
12
1080 a 11.
D, T e r z a p a r t e: ntpl & p ulpfi) v d)?
xstepi-
cpiv?]; oafas
1080 a 12 1085 b 34.
I. Discussione di tutti icasi possbili 1080 a 12
b 36.
1. Tre casi ideali sono concepibili 1080 a 18
b 5.
a) ol pi&pol doupPXr]xoi
b) oupXxof
c) ol pv apjjXijioc, ot o aupjJXrjica
2. Ciascuna di queste tre concezioni (eccetto quella
dei numeri TtavTsXw; aaupPXtjxoi) ha trovato sostenitori
1080 b 6
b 36.
a) Platone: numero ideale e numero matematico.
b) Speusippo: solo il numero matematico.
c) Senocrate (kXXo? b etSijxty-j xcd ipaSvj-
paxcy.; piO-u; 6 ajii au.
II. Confutazione di questi singoli ipnoi 1080 b 37
1085 b 34.
1. Confutazione di Platone 1080 b 37
1083 a 17.
a) Primo caso: izaxt povdSe aupJ3Xi}'ca atee 1081
a 5
17.
b) Secondo caso: nSoat aupjXijxoi 1081 a 17
b 35.
c) Terzo caso: od pv v 5XXm Std'popoc ai S'Iv Tip
at dptSpw povaSs; bifopo:
108]
b 35 1082 b 1.
d) Ogni forma di distinzione delle monadi incon
cepibile, e ci esclude la possibilit di porle come idee
1082 b 2
1083 a 17.
240 CLI ANNI DI VIAGGIO
2. Confutazione degli altri metafisici dei numeri
1083 a 20
1085 b 34.
a) Distinzione dei tre casi possibili 1083 a 27
b 18.
a) Speusippo 1083 a 27
b 1.
fi) Senocrate ( Tpfto;
-piioi;) 1083 b 1
8.
y) IPitagorici 1083 b 8 18.
) Confutazione di tali dottrine 1083 b 19
1085
b 34.
E. Conclusione: 1085 b 35
1086 a 20.
: I. Ilreciproco contraddirei dei difensori di tali teo
rie rende sospette queste ultime.
I II. Imoderni sostenitori di questoi platonismo non
{hanno effettivamente compiuto alcun progresso rispetto
> a Platone.
III. La ragione del loro insuccesso nell'inesattezza
dei loro presupposti.
Questo
processo dimostrativo mostra un rigore di di
segno, che non incontriamo di frequente in Aristotele.
Ifascicoli delle sue lezioni sono soggetti a una rielabora
zione
troppo continua, per poter giungere facilmente a
una forma compiuta ed armonica.
Questo
libro invece
limato con visibile accuratezza, e segue dal principio alla
fine un piano determinato. un tutto, con
[isoov
e xeoj. La sua originalit non consiste tanto nei par
ticolari quanto nell'idea complessiva. ArstoieTe_viinl
me.
cogliere ancora una volta, in una graejsiUes.L.cntca.
tutto ci che,ggli-ha.pensato.circaJa.questione delle en
tit soprasensibili, le idee e inumeri. E concepisce il
piano, caratteristico del suo genio dimostrativo, di non
attaccare soltanto le concezioni allora dominanti nel
l'Accademia, ma di dedurre sistematicamente e di con-
futare tutte le singole forme dei 7Xda]iara accademici
che potessero in generale immaginarsi. Le diverse va-
LA PRIMA METAFISICA 241
; rianti della teoria delle idee e dei numeri presentatesi
nella realt storica vengono inserite in questo quadro
i! e fatte risalire a pochi presupposti fondamentali, dime-
strati a loro volta falsi. Nell'introduzione, e specialmente
verso la fine, lo stile dello scritto attentamente curato,
e la fredda lingua scientifica assume nella conclusione
un certo colorito rettorico. La conclusione non si trova
del resto alla fine del libro, ma gi in M9, 1086 a 20.
Con leparoleche seguono comincia unatrattazione nuova,
come gi hanno rilevato antichi commentatori e come
ho dimostrato minuziosamente sulle tracce dello Schive-
gler1). Ci provato soprattutto dalle precedenti frasi
conclusive (M9, 1086 a 15
f
preceduto da un altro, nel quale mancava quella graduale
esplicazione del concetto dell'essere. Ilprospetto dei pro
blemi metafisici dato nel libro B non prevede 1' excursus
dei libri Z-0 circa la teoria generale della sostanza e
dell'atto, e questi stessi tradiscono ad ogni passo come
*i
non possano essere tati originariamente scritti per lo
scopo metodico al quale essi sono stati subordinati in . y
quell'ultima sistemazione, che ora il testo presenta.
Data l'importanza della cosa, voglio dimostrarla an-
cora pi minuziosamente. Sul principio del libro Z
si rileva, s, come l'indagine proceda metodicamente nel j
miglior modo partendo dalle sostanze percepibili per !
mezzo dei sensi. Segue una bella,
e giustamente famosa,
digressione circa la natura del conoscere umano e circa
la norma metodica, che prescrive di procedere sempre
%
da quel che noto a noi , cio dal sensibilmente certo,
a quel che noto per natura , cio al puro oggetto del
pensiero. Questo chiarimento circa imotivi che indu
cono Aristotele a premettere l'indagine generale circa
I'oafa alla teoria del soprasensibile si trova per fuori
posto in tutti imanoscritti. IlBonitz ha notato per pri
mo lo spostamento (senza per altro trarne alcuna illa
zione), e d'allora in poi le nostre edizioni presentano
il passo nel luogo che gli conviene. Motivo di tale spo
stamento non pu essere stata una confusione di un ma
noscritto tardo, perch esso si trova inentrambe le classi
della tradizione del testo, e doveva quindi comparire in
tutti imanoscritti antichi. Il fatto non si pu quindi
spiegare se non ammettendo che il passo costituisse una
aggiunta in foglio staccato, inserito nel testo in luogo
erroneo gi dal primo editore '). Ed anche un altro ri-
'-V
') Melaph., Z 3, 1029 b 3-12. Le parole sono andate a finire
nell'inizio dell'indagine circa il -ci
i5v
stvai, dove non hanno al
cun senso. Esse continuano le parole di 1029 a 33: SpoXofoOvtxt
5'oOaiai elvai
x)v
atoSbjxfflv xivf g, d>ax* iv Taxatg Urjxijxlov icpixov,
l'evoluzione della metafisica
267
chiamo al carattere meramente propedeutico
dell'inda
gine circa la realt sensibile manifesta una cos debole
connessione col contesto, che sembra essere una poste
riore aggiunta di Aristotele I).
Fuori di ogni possibile dubbio infatti che ilibri
Z-H non trattino la questione della sostanza incostante
riferimento al loro presunto scopo, e cio a quella dimo
strazione della realt soprasensibile
che ad essi deve se
guire, come ci si dovrebbe aspettare stando a questi pas
si. All'opposto, si ha l'impressione che la trattazione sia
etata scritta solo con l'intento di confutare il concetto
platonico
dell'essere, che vedeva l'essere supremo nel su
premamente
universale, e per contrapporre
a questa su
blimazione dell'immaterialismo
la dimostrazione del va
le quali pure fanno parie dell'aggiunta. Le prime parole del passo
inserito erano evidentemente state aggiunte ancora tra le linee del
l'antico
manoscritto, e perci si trovano nei codici al loro esatto
posto. Ilresto, non rimanendo spazio, fu poi scritto su un foglio a
parte. Aggiunte su foglio volante furono anche le parole Z 11, 103o
b 32 rapi 81-1037 a 5 vov)Tii-
') Il passo Metaph., Z 11, 1037 a IO segg. sembra a me costi
tuisca un'aggiunta di tal genere, fatta allo scopo di caratterizzare
l'indagine rapi o&oteg come preambolo della dottrina dell eala
soprasensibile, e di accennare gi in questo punto a tale sua fina
lit. Se quell'indagine fosse stata scritta fin da principio a questo
scopo, Aristotele parlando della avrebbe certo speso una parola
a proposilo della BXt] del soprasensibile postulata da Platone. Del
pira xal ptxpv non fa invece neppure un cenno, per quanto in
sede di metafisica esso avrebbe dovuto
interessargli assai pi che
la materia in senso fisico, di cui pure parla tanto ut Z. Si com
prende cosi come egli, quando inseri Z-6. aggiungesse contempo-
rancamente alla fine della prima parte
dell'indagine le parole:
Tt-tspov 8' Ioti nap*, frjv
BJ/qv tffiv xoioxuiv o&oimv xig aTj xat
Sai tuxer* oalav a&xffiv Ixipav r.v oTov pi|ioi)g
\
vi xoioBxov,
uxstetov Boxepor xoxoo X*Ptv
n5Pl
atoAr,T(uv o&oiSv
raipmsS-a 8opleiv, Irai xpirav T'.vi xijg pooixfjg xal Seuxpag
miXooocrtag Iprov f] rapi xg aloHt;
o&alag &smpta. Che queste
parole siano
un'aggiunta posteriore di Aristotele e
provato
anche
dal rimando della frase che segue (1037 a
17-20), con esse insepa
rabilmente
collegata, all'aggiunta H 6 concernente la definizione.
Tanto questa quanto il rimando che la concerne
sono stati cio
egualmente aggiunti, al pari di altre modificazioni
dissimile
specie,
solo in occasione dell'inserzione dei libri Z-0 nel piano comples
sivo della pi tarda Metafisica.
. ,
268 GLI ANNI DI VIAGGIO
lorepositivo chela materia(5Xt))e ilsostrato (uTioxelpevov)
possedevano per il concetto della realt. Dal concorso
della tendenza materialistica e di quella razionalistica
deriva quindi il nuovo concetto aristotelico della sostan
za come forma ed entelechia, senza peraltro che venga
richiamata particolarmente in primo piano quella que
stione della separabilit (cpiapig), che a proposito di
tale concetto aveva importanza decisiva per ilmetafisico.
Al
contrario, viene rifiutata come unilaterale la tendenza
platonica ad astrarre dappertutto dalla materia, e si
;
m
richiama l'attenzione sull'importanza che questa possie
de per la concezione dell'essere 1). Non ci sorprende per-
") Metiph., Z 11, 1036 b 22 816 xal t xoIvt*
vdfsiv
otite xal
acpaipety tv 6?.7)v ncpUprev Ivta fp totog t48e Iv tffiSe iativ....
*) Metaph., Z 8, 1033 a 24 segg.
*) L'interesse per la considerazione fisica del problema del
l'sfiato, viene pi volte in luce nel libro, e accanto ad esso ba parte
massima quello per la considerazione dai punti di vista' della meta
fisica e dell'analitica (cfr. per quest'ultima Z 12 e H 6). La spe-
ci che l'idea della forma sia dedotta addirittura merc s
un analisi del concetto
(lei
divenire, e che 6a messa for-
temente in rilievo la sua fondamentale importanza per ',v
il retto intendimenti di questo concetto fisico2). La ma-
'
!4'i:
niera in cui nel libroZ vengono studiati uno dopo l'ai-
tro idiversi significati del concetto di sostanza e la con
clusione di tale indagine suggeriscono l'idea che qui si "l'
abbia di fronte uno scritto originariamente autonomo
circa il problema della sostanza, la cui importanza de
cisiva era venuta in chiaro gi nella pi antica reda
zione della
Metafisica
(p. 252) attraverso la critica della
dottrina delle idee. Naturalmente non c' dubbio che gi
nello stadio pi primitivo della speculazione metafisica
di Aristotele sa da presupporre l'esistenza del nuovo
concetto della sostanza, o meglio dell'essere, in s consi
derato. Ma egualmente vero che esso nato sul terreno
della fsica e della logica3), e si pu ben immaginare
*;
7
l'evoluzioni; della meiai-isica 259
che la pi antica metafisica, la quale, come vedemmo
nel Depi fiXooopiag, era ancora pura teologia, sfruttasse
genialmente
ilconcetto dell'entelechia e dell'atto per la
soluzione del problema di Dio, senza perci aver bisogno
di inserire in essa, o addirittura di ridurre a suo nucleo
fondamentale, la trattazione generale del problema della
sostanza.
Questa
congettura, che la trattazione circa la sostan
za non abbia occupato in origine il posto in cui ora si
trova, ulteriormente confermata da una serie di gravi
indizi esterni 1). Anzitutto manca, nei libri pi antichi,
ogni allusione a Z-0- Viceversa nel libro Isi rimanda
a Z-H, e questi vengono anzi designati come Je ricerche
sulla sostanza (oE rcspl rf); cicia; Xyoi). Gi questo in
dica la loro relativa indipendenza. E cos Aristotele li
cita in0 8, 1049 b 27 (dpyzxi S' iv
tots
tzspl xi]{ oalac,
Xyoij).
H complesso Z-H, che ba carattere unitario
(H
comincia con una ricapitolazione del libro Z e offre
una serie di aggiunte all'indagine compiuta in quel li
bro) di conseguenza considerato come per s stante tan-
culazione circa l'ooia penetra nella fisica merc il collegamento
con la dottrina del divenire e della mutazione, nella metafisica
merc il concetto della forma immateriale e il problema del
yuipiepbs, nell'analitica merc il t
ifi
stvai e il suo nesso con le
teorie della definizione e dell'astrazione e con la divisione dei con
cetti in
fvYi
e sI8r]. Occorre solo veder cliiaro questo carattere
multilatcre della trattazione per intendere come essa stesse in
mezzo tra le ricordate discipline prima che Aristotele la inserisse
nella Metafisico.
.....
l) Importandomi qui di raccogliere in unit tutti imomenti
della dimostrazione, mi certo lecito di riesporre ancora breve
mente, insieme con le altre, le conclusioni risultanti dai reciproci
rimandi a quel che segue e a quel che precede contenuti nei libri
della Metafisica
: conclusioni sulle quali ho principalmente insistito
altra volta (Entstehiaigsgesch. d. Met., p. 90 segg. e 106). Il cap. 4
della prima parte di quel libro, intitolato Die zusammenhangen-
den Stucken, si riferisce proprio al punto in cui ora credo di poter
spingere l'analisi fino al completo chiarimento delle intenzioni del
filosofo, mentre per ci che concerne la separazione dei brani per
s stanti non ho nulla di sostanziale da aggiungere alle mie prece
denti trattazioni.
270 oli assi ni
viaggio
to da 0 quanto da I.Ancora pi importante il fatto
che l'introduzione del libro Z venga citata spesso come
se costituisse il principio di un'opera: come per esem
pio inZ 4, 1029 b 1: stie! o' v p'/$ SistXpeOa Jtooi?
pcicpsv tVjv o
tjslav.
In generale, e per esempio nei bra
ni B ed M 9-10 appartenenti alla prima metafisica, le
parole v pxt
i
servono a designare l'inizio dell'intero
trattato, e cio il libro A. Un esempio del fatto che un
libro situato nel mezzo di una serie citi l'inizio suo
proprio con le parole v px) offerto dall'indagine
sull'amicizia nell'Etica Nicomachea (libri 0-1), che sen
za dubbio costituisce untrattato in origine indipendente.
Che anche Z fosse un tempo l'inizio di una trattazione
per s stante, e anzi che esso costituisse il primo trattato
in seno a tutta una serie di piccoli trattati consimili,
dimostrato dalla citazione 0 1, 1045 b 31, che con le
parole v
toI? itpunoig Xoyoc; non cita l'inizio di A o di
0 ma quello di Z. Il primo libro di questa serie era
dunque Z, a cui segu H; e 0 gli s sar aggiunto, nel
posto che anche oggi occupa. Difficile invece decidere se
anche I
appartenesse gi allora a
questo complesso, o
se fu aggiunto 6oIo pi tardi, quando Aristotele tolse al
loro isolamento ilibri Z-0 e li inser nella
Metafisica
:
tuttava quest'ultima ipotesi sembra la pi probabile. In
I2, 1053 b 16 Aristotele si richiama a Z 13-17 con le
parole: sS Si) pvj8v tfflv xaWou
8'jva-v
oofav elvai, xa-
ffi7csp v
xo? ntpl oafa?
v.a raspi roO 8vto; sTpvjtai
Xiyoii;.
Qui
ZH sono, s, sentiti ancora come indipen
denti, ma non risulta che essi si trovino all'inizio di una
serie a cui appartenga anche I;e a ci si oppone anzi
un'altra citazione, che si riferisce al libro B (I 2, 1053
b 9):xat S ri)v ocav xl Tf]v tpatv t)'cj}tgv rao'lpwg
xst) xaftctrasp v rots 8iaraopVjfiaoi,v rarjXikjpev, zC t v
ait.... Stando a questo passo, il complesso originaria
mente autonomo comprendeva solo ilibri
2 H 0,
ed I
l'evoluzione della metafisica
271
stalo aggiunto quando Aristotele lavorava alla forma
definitiva della
Metafisica:
per ci che esso si rife
risce a B considerandolo come introduzione.
Se ora esaminiamo la connessione del libro Z con
quello che precede, vediamo confermata anche da que
sto lato l'idea che Z sia stato inserito al posto che ora
occupa quando era gi compiuto come scritto a s. I
libri T ed discutono, come vedemmo, iquattro pri
mi problemi, concernenti il concetto della scienza che si
trattava di ricercare.
Questa
parte
si chiude con 1.
Segue ora qualcosa di nuovo: la teoria dei diversi signi
ficati dell'ente (5v) e di quello tra essi pifondamentale,
quello dell'essenza (oafa).
Comincia, cio, la
parte prin
cipale della
Metafisica.
Aristotele d per prima cosa una
enumerazione di tutti isignificati
dell'ente, nel pilargo
senso di questa parola, che possono essere pregi inesame.
Giacch l'ente, detto cos in generale, significa molte
cose, delle quali l'una l'attributo accidentale, un'altra
quella per cui l'essere designa il vero e il non essere
designa il falso, ed oltre a questi significati vi sono le
forme della predicazione, come per es. il che, il come,
il quanto, il dove, il quando e qualsiasi altra designa
zione d tal genere, e ancora oltre a tutto ci vi l'es
sere in potenza e l'essere in atto; giacch, dunque, l'ente
ha molti significati, dobbiamo per prima cosa parlare
dell' essere nel senso dell'attributo accidentale, perch di
esso non si ha ancora alcuna nozione e teoria Ari
stotele considera quindi l'essere nel senso dell'accidente,
e inseguito a ci l'essere nel senso della verit e falsit
del giudizio.
Questo
breve brano giunge fino alla fine
di E. Con Z s'inizia l'indagine circa l'essere nel senso
vero e proprio, cio circa le categorie e particolarmente
') Mctaph., E 2,
102(1
a 33.
272 CU ANNI DI VIACC10
circa 1' oaia., principale oggetto della scienza in que
stione. "*
Singolare il fatto che il nuovo libro incominci quasi
con le stesse parole e con la stessa enumerazione dei si
gnificati dell'essere, che immediatamente precede: In
diversi sensi si parla dell' essere, come gi noi (e qui ci
aspetteremmo un rimando alla precedente enumerazione
di E 2, ma abbiamo invece una sorpresa) abbiamo di
stinto nello scritto circa idiversi significali dei concetti.
Esso significa infatti una volta quel che una cosa e
l'esistenza di un essere determinato, e altra volta una
data qualit o quantit o qualsiasi altra di simili predi
cazioni 1).
Qui
chiarissimo: se E 2 avesse preceduto, al tempo
incui Aristotele scriveva questo principio del libro sulla
sostanza, o egli si sarebbe richiamato all'ampia enume
razione, gi data in quel passo, dei diversi significali
dell'ente, o avrebbe rinunciato del tutto a darne un'altra,
giacche ognuno si sarebbe ricordato di quella. Se invece
Z un'indagine sull' ooia nata indipendentemente da
gli altri libri sulla Metafisica, s capisce subito perch
all'inizio di una simile indagine debba essere breve
mente determinata la posizione dell' oaux in seno al
complesso delle possibili enunciazioni dell'essere, anzi
tutto merc un riferimento alla tavola delle categorie.
A tal fine Aristotele si richiama alle delucidazioni ETsp
T(5v
XEyopvwv, che senza dubbio dovevano
essere state oggetto di pi di un suo corso di lezioni e
che allora non erano ancora 6tate accolte nella Meta
fisica, ma stavano a s come pO-oSo; indipendente. Si
tratta del cosiddetto libro
A, che solo dai redattori
stato collocato nel posto incongruo che ora occupa.
Quan
do, nella elaborazione pi tarda, il libro sulla sostanza
') Metapk., 2 1, 1028 a 10.
Devoluzione della metafisica 273
e il trattato sulla potenza e l'atto vennero inseriti al po
sto che oggi occupano, ci determin una mutazione nel
la complessiva struttura della Metafisica;
ed anzi, per
esser pi
esatti, Aristotele comp quel passo allo scopo
di modificarne la struttura in una maniera determinata.
A modello del nuovo progetto stava il metodo seguito
nel libro sulla sostanza Z-H,
in cui Aristotele si era ser
vito dei diversi significati dell' ocJa (uXtj, eI5o;, xafrXou,
xi tjv
elvai) come di fili conduttori e aveva cos offerto
chiari alla vista, in unsintetico ordinamento gerarchico,
i diversi stadi storici e logici attraverso cui si svolgeva
11 suo concetto della sostanza. Nella seconda elaborazione
della
Metafisica
egli applic questo procedimento alla
trattazione del concetto dell'ente (5v) nel suo significato
pi generale e inseri anche I' oofa nella serie dei di
versi significati dell'
v
(in questo
senso pi lato). Alla
teoria della forma pura, scevra di materia, egli premise,
a guisa di edificio d'ingresso, la teoria della forma in
generale quale vera realt e sostanza, e innanzi a que
sta pose a sua volta, come protiro, la teoria dei diversi
significati dell' 5v,tra iquali faceva risaltare quello del
l' obala come l'unico che venisse in questione per l'in
dagine metafisica. A
questo scopo vennero prima esami
nati
} significati dell'essere non designanti una sua na
tura esistenziale ed indipendente, ma esprimenti solo mo
dificazioni che casualmente gli ineriscono o posizioni
della coscienza rispetto ad esso.
Questa
parte
(E 2-4),
dato il suo valore meramente propedeutico,
ha un an
damento molto sommario. Nell'odierna redazione della
Metafisica
essa rappresenta l'elemento di congiunzione
tra la pi antica introduzione (A-E 1) e il nuovo nu
cleo principale (Z-0, 1M). Logicamente, esso dev'essere
il brano aggiunto per ultimo, in cui Aristotele, prepa
rando il passaggio alla parte principale,
delinea somma
riamente il disegno di quel che segue. L'enumerazione
18.
W.
Jaeger.
Arlotele.
274
GLI ANNI IH VIAGGIO
dei significati dell'essere diventa con ci addirittura il
piano generale dell'intera composizione. Tuttavia dob
biamo abituarci a capire che questa composizione rap
presenta il tardo stadio, finale del processo evolutivo, e
in fondo qualcosa d'incompleto e di provvisorio ancora
in quest'ultima forma, per quanto vi si avverta dapper
tutto l'intenzione della grande sintesi. Le aggiunte, le in
serzioni e le giunture, che devono la loro origine a que
st'ultimo stadio di evoluzione, attestano un intento uni
tario, che era del tutto estraneo alla prima metafsica:
l'intento di costruire una dottrina dei diversi signi
ficati dell'ente, cio una specie di fenomenologia ontolo
gica, al culmine della quale sopravvive, s, la pi antica
teoria platonizzante della forma trascendente e scevra
di materia, ma senza per altro che essa pretenda pi
di accentrare intorno a s l'interesse principale della trat
tazione.
E sia qui detta una parola circa l'ultimo capitolo del
libro 0, del quale ho gi discusso ampiamente altra vol
ta 1). Ilbrano tratta del duplice concetto della verit:
in primo luogo, dell'esser vero e dell'esser falso, nel sen
so che comunemente si attribuisce a queste espressioui
quando si designa come vero o falso un giudizio a se
conda che il predicato vien connesso, o meno, col sog
getto a cui conviene; e insecondo luogo della verit del
l'asserzione metafisica dell'essere, che non mai operata
dal pensiero discorsivo e che perci nemmeno mai vera
o falsa nel senso dei giudizi discorsivi. La verit di tesi
metafisiche, esprimenti un essere che non oggetto del
l'esperienza, si fonda, secondo Aristotele, su una singo
lareforma di conoscenza intuitiva, laquale intanto pi
prossima alla percezione sensibile che non al pensiero
discorsivo in quanto costituisce una sorta di visione epi-
Enistehungsgesch. d. Metaph., p. 49,
l'evoluzione della metafisica 275
rituale, unpuro {byelv '/.ai pvat. l'ultimo resto dell'in
tuizione platonica delle idee, superstite nella
Metafisica
aristotelica. La ragione che induce Aristotele a trattar
qui tale problema manifestata da lui stesso in E 4,
quando avverte come l'essere nella comune accezione se
condo la quale 6t dice che un giudizio vero o falso non
appartiene al problema dell'essere qual prospettato
dal
metafisico. In questo luogo egli ha pitardi aggiunto un
rimando, il quale tradisce tale suo carattere posteriore
gi col danno che ha apportato
alla costruzione sintat
tica; oltre a quella specie di verit ce n' ancora un'al
tra, la conoscenza intuitiva, sulla quale si fonda ogni pen
siero che voglia giungere a un'assoluta concezione del
mondo; essa dev'essere esaminata pi tardi. Ci accade,
di fatto, nel capitolo finale del libro 0- Sulle tracce dello
Schwegler, bo altrove mostrato come questo capitolo co
stituisca un'aggiunta al libro 0, e come il rimando ad
esso debba essere stato inserito in E 4 quando esso fu
aggiunto alla fine del libro 0. L'indagine circa l'intui
zione intellettuale e la specie metafisica dell'
, cos, posta convenientemente da Aristotele al termine
della dottrina dell'atto e all'inizio della teoria della real
t del soprasensibile, che a quella deve immediatamente
seguire. Anche in questa aggiunta, che dev'essere pari
menti stata fatta nel momento dell'inserzione dei libri
Z-0, si manifesta quindi chiarissimo l'intento di costi
tuire un'uniforme progressione dell'essere fino alla teoria
dell'entit immateriale e di dare in tal modo un carat
tere unitario al complesso, edificato col concorso di ele
menti tanto disparati. E' questa, appunto,
la tendenza
dell'ultima elaborazione.
una felice combinazione che l'accertamento di una
duplice redazione del proemio della teoria del soprasen
sibile, quella pi antica di M 9 e quella pi recente di
M 1, ci metta in condizione di
poter provare l'esattezza
276 CU ANM DI VIACCIO
dell'ipotesi di una metafisica primitiva, non ancora con
tenente la teoria della forma materiale e sensibile 1). Se
questa ipotesi gu6ta, la redazione pi recente della
teoria del soprasensibile presuppone di necessit come ad
essa precedenti ilibri circa la sostanza, con la loro am
pia analisi della realt sensibile e della forma immanente
(svuov sloo?), mentre la pi antica, secondo quel che
ci si aspetta anche inbase al pi antico schema dato dal
libro B, deve immediatamente investire il problema del
l'essere trascendente e non pu affatto riconoscere il
mondo sensibile (alaO'Yjxr) oa(a) come oggetto
della scien
za alla cui costituzioue mira. A tal fine necessario esa
minare ancora una volta le due redazioni parallele, che
perci trascrivo qui l'una accanto all'altra.
Redazione posteriore
(M 1)
Ilepl [lv ov xvj; xfflv atsib]-
tffiv eo slpvjxat x(g oxiv v
[lv ti; [isS-Scp tv) xtv cpoctxjv
Tcspl xij? D?.7]s, 5sxepov 8
nept xfj c
nt' vpysiav.
ttsl 8' -/j axij 3xl nxepov
lati xig Ttp x; aEo9v)xj
oaiaj xal itStoj ;
o>x I'll xs s Isti, i[p iaxi,
itp&Tov -t Jtap xf&v <SXXtov Xs-
f|isva &swpi[xov.
Reduzione primitiva
(M 9,1086 a 21)
IIspl 3 xSv irpiTiuv ipxfflv
xal xffiv TtpuiTtuv atxlwv xal axoi-
Xsiwv
8oa pv Xyossiv ol Jtsp
[i6v[S xijs aoibjxiij ooUg Sto-
pOVXSg, x [lv iv xog Ttepl
lyosojj stprjxat, x 5' o&x Soxi
XTj; |1e8-68oo xg vOv Ssa 84 ol
ipsxovxej stvai itapi xg aaftyj-
xg sipap oalag, xpsviv Ioti
S-stupfjaai xfiiv sprj]ivuv.
Ricollegandosi alla definizione della metafisica come
scienza dei primi principi ed elementi, comune nella
parte pi antica dell'opera, la redazione appartenente
alla metafisica primitiva apre la trattazione circa 1' oaCx
con la divisione platonica della sostanza insensibile e so
prasensibile. Anche qui, come inA e inB, la primameta-
') Cfr. p. 213 segg.
l'evoluzione della metafisici 277
fisica muove dall'esame delle opinioni dei precedenti pen
satori. Le opinioni dei materialisti presocratici (8aa pv -
youaiv oi raspi |a<5 vtj ?
xfjs iafftjxfjs oalac, S:opavxeg) sono
omesse, in parte perch gi esaminate nella Fisica, in
parte perch estranee all'oggetto della presente
indagine.
Qui
da notare che non si parla propriamente della
atofl'i'jx'i) oafa, come accade invece nella redazione poste
riore. Che essa, come tale, possa formare oggetto della
Metafisica, un pensiero qui ancora del tutto estraneo
alla mente di Aristotele. La realt sensibile appartiene
alla Fisica. e col sono discusse le diverse opinioni dei
naturalisti che conoscono soltanto la realtmateriale. Per
il resto le opinioni di questi materialisti non apparten
gono alla indagine presente. Sono gi state infatti criti
cate nel libro A. impossibile riferirele parole x 5'ox
iaxi xfjg psllSou xrjs vv ai libri Z e H: in questi non
c' nemmeno una parola a proposito delle vedute dei
pensatori che ammettono soltanto la realt percepibile
per mezzo dei sensi. Inoltre non da credere ohe Ari
stotelesi sarebbe espresso inmodo cos negativo se avesse
proprio trattato diffusamente della realt sensibile nei
precedenti libriZ H0. L'idea che6ta alla base di questa
redazione bens espressa dal semplice dilemma: o c'
soltanto la realt sensibile, e allora non c' alcuna meta
fisica e la fisica occupa il primo posto; o c' qualcosa di
soprasensibile, e allora ce n' andhe la scienza, la meta
fisica. Perci Aristotele passa subito ad esaminare le opi
nioni dei filosofi che hanno professato l'esistenza di tale
realt soprasensibile, cio della scuola platonica.
Tra questa fase evolutiva, in cui Aristotele considera
il problema da un punto di vista ancora semplicemente
dualistico, e quella che si manifesta nella redazione Mi
cade dunque l'inserzione dei libri Z H0, accordante am
pio adito nella
Metafisica
all'alofftjx'ij oat'a, e l'estensione
del concetto di quest'ultima a quello di scienza dei di-
278 GLI ANNI DI VIAGGIO
versi significati dell'essere. Certo anche ora Aristotele, ri
chiamandosi evidentemente con la sua espressione a quel
la della redazione pi antica, allude alla precedente trat
tazione deH'aJaOrjtT] ocfa avvenuta nella Fisica. Ma
per inserisce l'aggiunta restrittiva: eipTjxai.... iv pv
TQ
[xefroti)
T)V
CfU<JlXf)V Ttsp t fj ? SXtJS, UOTSpoV
Ss 7ispl ti)? xx' vpyetav. Il compito teoretico
della Fisica, alla quale nella redazione pi antica egli
aveva senz'altro assegnato l'intera trattazione della realt
sensibile, qui limitato all'indagine circa la materia: il
che significa che la forma e la realt attuale v.ax'
vepyscav oafa) Bono principalmente di competenza del
la scienza contemplata dalla presente ricerca, e cio del
la metafisica. Aristotele cancella perci le parole della
pi antica redazione xc S'ox lati trjj |isf)-5ot> tfjs vv
sostituendole col rimando alle trattazioni, allora accolte
nell'opera, dei libri Z-0, le quali concernono infatti la
xat' ivpysiav o
oia,
delle cose percepibili per mezzo
dei sensi.
Questo
rinvio corrisponde all'annuncio, inserito
in Z 11, 1037 a 10 segg., dell'indagine circa la realt
soprasensibile che dev'essere condotta pi oltre dal li
bro M(cfr. p. 267 n. 1). Ambedue irimandi apparten
gono alla elaborazione posteriore ed hanno il compito
di agganciare saldamente insieme parti originariamente
prive di connessione reciproca. Con ci insieme dimo
strato (per quanto non ci fosse ormai quasi pi bisogno
di dimostrarlo) che la rielaborazione del trattato circa
il soprasensibile (H 1-9) stata compiuta per la Meta
fisica
pi tarda, ampliata merc l'inserzione dei libri
Z-0, nello stesso modo in cui tanto quella rielaborazione
quanto questo ampliamento sono connessi con l'inser
zione del libro I.
Ma Aristotele ha poi soltanto inserito inuovi bra
ni, e ha potuto costruire la sua teoria della sostanza sen
sibile basandola, in forma meramente estrinseca, su una
l'evoluzione della metafisica 279
1
4\
-i
introduzione che originariamente conduceva a una teo
ria del soprasensibile? Non dovevano risultarne per
forza contraddizioni insolubili? E se fino ad oggi non si
trovato alcun intoppo nel passaggio dall'introduzione
B T E alle parti inserite , qual'c il principio che ha
permesso ad Aristotele di connettere la metafisica del
trascendente con la teoria delle entelechie immanenti?
In realt esiste un simile anello di congiunzione tra i
due gradi, ed il concetto dell'ente come tale (8v
fi
6v),
che serve ad Aristotele per definire nell'introduzione
l'oggetto della metafisica. Nel concetto dell'ente come tale
noi vedevamo finora il germe dal quale si sviluppavano,
e quasi fiorivano, idiversi significati dell'essere: questo
concetto comprende infatti tanto la pura vpyeia del
pensiero divino quanto le forme inferiori della natura
mobile, soggette al divenire e alla morte. Chi indaga l'es
sere come tale non ha bisogno di limitarsi all'essere as
soluto, ma accoglie nel' suo campo d'indagine quanto di
essere possiede ogni cosa, non escluse le astrazioni del
l'intelletto. Ci compie, effettivamente, l'ultima forma
della
Metafisica.
Essa appariva quindi come l'unica rea
lizzazione possibile di tale concetto. Vediamo ora, in
vece, che ci non era altro che un'ovvia illusione. In
base alla
Metafisica
stessa possiamo anzi dimostrare che
c' stato un precedente slato della sua
evoluzione, in cui
Aristotele non traeva ancora tali conseguenze dal con
cetto dell'ente come tale, non intendendo ancora quel
concetto nel senso dell'esplicazione dialettica dei diversi
significati dell'ente e designando piuttosto quale oggetto
della Metafisica, in modo chiaro e senza eccezioni, la
realt immutabile ed eterna.
Questa
dimostrazione for
nita dal brano K 1-8, che finora stato pi volte consi
derato spurio, e la cui autenticit rivendicata in modo
addirittura lampante dai risultati della nostra indagine.
Nel mio precedente esame di questo
inestimabile du-
230 CLI ANNI DI VIAGGIO
l'evoluzione DELLA METAFISICA 2?1
cumento ho dimostrato che le minuscole particelle, il
cui frequente uso tradisce una mano estranea inseno al
complesso stilistico che per il resto affatto aristotelico,
rappresentano le involontarie aggiunte di uno scolaro,
che redigeva questi appunti seguendo le lezioni del
maestro. Ma come fonte di dottrina aristotelica il libro
un documento di aurea autenticit. Esso riproduce
punto per punto, dal principio alla fine e spesso con le
stesse parole, itre libri introduttivi, solo compendiandoli
in una redazione sostanzialmente abbreviata, la quale
non pu essere considerata n come primo abbozzo, n
come semplice riassunto della redazione pi completa,
bens mantiene la sua autonomia accanto a queste. Evi
dentemente essa una stesura di questa parte del corso
di metafisica risalente a un pi antico stadio di sviluppo,
giacche, nonostante la sua larga concordanza con la re
dazione pi completa, essa se ne distingue in vari punti
inmaniera caratteristica.
Se anzitutto esaminiamo il
rapporto di questa pi
antica introduzione con la parte principale, che qui in
primo luogo c'interessa, vediamo subito come essa risalga
a un periodo in cui non era ancora stata compiuta l'in-
serzione dei libri sulla sostanza Z H 0, e in cui all'in
troduzione seguiva ancora immediatamente la teoria del
soprasensibile. Come nella redazione pi recente della
Metafisica
c' un anello di congiunzione (E 2-4) tra la
fine dell'introduzione
(E 1)
e l'inizio della parte prin
cipale (Z 1), cos esso si trova anche nella redazione
pi antica (K 8, 1064- b 15-1065 a 26). Ma qui manca
ci che caratterizza questo anello d congiunzione nella
sua forma posteriore, e cio quell'enumerazione dei si
gnificati dell'ente da esaminare nei libri Z H , che cos
ne offre lo schema. Vero che Aristotele prende in esa
me anche nell'anello di congiunzione della redazione pi
antica, cos come poi in E 24, idue significati dell'es
sere che egli esclude dalla metafisica prima di accedere
alla trattazione principale, e cio l'essere accidentale e
quello designante la verit o falsit del giudizio,
l'uno
perch non designa alcun essere in s e l'altro per
ch rappresenta
solo un atto della coscienza. Ma del
la partizione che Aristotele annuncia in E 2, e che
svolge nella pi tarda redazione della Metafisica,
la re
dazione pi antica non fa affatto parola. In principio
si tentati di far dipendere questo silenzio dalla brevit
dell'esposizione. Ma dopo aver ritrovato, in M 9, 1086
a 21 segg., il proemio della parte principale nella reda
zione pi antica presupponente
una
Metafisica
senza i
libri Z H 6, non pi possibile credere a unmero giuo
co del caso. Anche la seconda traccia sicura di rielabo
razione pi tarda, conservata da E 24, manca nel passo
parallelo della redazione pi antica: infatti ilrinvio alla
posteriore
inserzione dell'indagine circa il concetto me
tafisico della verit (0 10), che si legge inE 4, 1027 b 28,
manca naturalmente nel passo parallelo K 8, 1065 a 24,
non esistendo ancora affatto nella prima Metafisica
un
libro
P. Natorp ha negato autenticit alla redazione K. 1-8
perch essa professa un concetto della metafsica che non
compare nella parte principale della Metafisica
stessa1).
Egli parla addirittura di un autore platonizzante
e di
una non aristotelica inclinazione di questo
scritto ad
escludere dal campo
dell'indagine la materia e tutto ci
che con essa ha rapporto.
Dati ipresupposti
di allora,
questa osservazione costituiva per lui un grave motivo
di sospetto: per noi essa diventa invece una palmare
prova di autenticit2).
Qui
incontriamo quella conce
p
>) Arckiv f.
Gesch. d. Philosophie, I, p. 1"8. Il criterio appli
cato dal Natorp quello anche altrimenti consueto, e cio il con
cetto di metafisica quale s'incontra nei libri ZH, inseriti nella se-
conda rielaborazione.
*) Nella mia
Entstehungsgesck. d. Metapk.. p. 63 se ho
282 GLI ANNI DI VIAGGIO
ziooe immateriale della metafisica della quale abbiamo |
dimostrato il carattere originario in base ai resti della
%
Metafisica
primitiva. Non potrebbe aversi pisicura pro-
va dell'esattezza del nostro criterio di paragone di quel
la clie risulta da queBta piena riabilitazione dei libri in
troduttivi. Cos anche le porte pisegrete del maledetto
castello, che per tanto tempo avevano resistito ad ogni
tentativo d'apertura di foraa, si spalancano da s quan
do si trovata
finalmente la chiave adatta nell'idea del-
l'evoluzione.
Se confrontiamo punto per punto K 1-8 con la po
steriore redazione B T E, vediamo
chiaramente come il
costante motivo di tutte le modificazioni compiute da
Aristotele in B T E sia l'intento di adattare la pi an
tica introduzione alla nuova struttura della
Metafsica
comprendente anche l'essere materiale.
Questo atteggia
mento di considerazione per il mondo materiale si ma
nifesta gi nella formulazione del primo problema prin
cipale, il quinto
dell'intera serie, che concerne la realt
del soprasensibile.
Notammo gi come l'impressione di
arcaismo data dal libro dei problemi derivi dal modo
ancora affatto platonico di porre le questioni-, ma ora
possiamo vedere che K ancora assai pi rigido ed an
tiquato a
questo riguardo 1). Se gi B supera fin dal suo
difeso minuziosamente l'autenticit del brano K 1-8
contro il
giudizio negativo del Natorp, e Bono giunto alla
conclusione cl\e
il suo contenuto filosofico c in ogni particolarit degno
di Aristo
tele. Le traccie di una mano non aristotelica, che forse si tradi
sce nel ripetuto uso della particella
Ys
non provano
nulla
contro l'autenticit del contenuto, perch
deriveranno dallo sco
laro che prendeva gli appunti e che allest la redazione superstite.
Devo tuttavia ritrattare la mia critica del Natorp per quel tanto
in cui essa si sforzava di eliminare le traccie di platonismo
da
lui scoperte. Considerate dal punto di vista dell'evoluzione del
pensiero
aristotelico, esse non offrono pi la minima difficolt, e
sono anzi proprio ci la cui presenza dobbiamo esigere giusta
l'analisi fin qui condotta,
*) Cfr. pp. 261.62. 11carattere primitivo di Bs cos conservato
nonostante la rielaborazione seriore.
l'evoluzione della metafisica 283
primo problema i confini del mondo
fenomenico, po
nendo la questione
se oltre alla sostanza sensibile ne
esista anche una soprasensibile della specie delle idee,
la redazione diK ancora pi esclusiva. Aristotele si do
manda qui ee la scienza che oggetto dell'indagine tratti
delle sostanze sensibili, oppure no, ma bens
di altre ').
Qui
esclusa addirittura ogni possibilit che
la sostanza sensibile sia di competenza della metafisica.
Essere sensibile ed essere soprasensibile sono anzi an
cora contrapposti l'uno all'altro in una semplice alterna
tiva, nella forma che gi vedemmo anche in M 9-10 2).
Nella posteriore
rielaborazione questo aut aut diventa
un non tantum sed etiam, come appare nella pi tarda
forma della
Metafisica
con la successione gerarchica onde
alle forme immanenti
sovrastano quelle trascendenti.
Lo stesso deciso aut aut troviamo in K nel luogo in
cui Aristotele manifesta la sua opinione circa lo scopo
dell'indagine ontologica. In generale un problema
se al di l delle realt sensibili si debba ammettere qual
che altra realt, o se invece non si debba, e
solo le realt sensibili costituiscano la realt, di esse
dovendosi perci occupare la scienza suprema. Evidente-
') Metaph., B 2, 997 a 34 =K 1, 1059 a 39. Prima io- supposi
che questo dilemma dovesse
significare che la verit stava nel
mezzo: la metafisica doveva essere la scienza dell' etof, compren
dente tanto l'oota del mondo delle cose sensibili quanto la realt
soprasensibile, ov'esso esiste senza materia. Ma i passi che ver
ranno discussi in seguito escludono questa idea (cfr, specialmente
K 2, 1060 a 7), e si deve ammettere che la formulazione
rigorosa
dell'alternativa fra scienza del mondo sensibile e scienza del mondo
soprasensibile c assolutamente essenziale per la concezione com
plessiva espressa in K. Se il Natorp avesse tenuto dietro attraverso
l'intera Metafisica
alle divergenze dottrinali da lui osservate in K,
avrebbe di necessit, in
luogo di giungere all'atetes del libro
K,
notato quel nesso
cronologico e interiore dei due gruppi, diversi
tra loro, di testimonianze, che si spiega in modo soddisfacente solo
con l'ammissione di un progressivo allontanamento di Aristotele da
Platone.
2) Cfr. p. 277.
284
CT.I ANNI DI VIAGGIO
niente, noi cerchiamo un'altra specie di ea-
sere, e lo scopo del nostro sforzo appunto questo, di
indagare se esiste qualcosa di separato e di esistente per
e, che non eia attributo di alcuna realt sensibile 3).
Aristotele intende qui per realt che esiste separata.
mente per e
V-afr' tauro) non la singola esi
stenza concreta del mondo fenomenico, che pure da lui
spesso designata come separata .
Qui egli adopera la
espressione nel senso del platonico delle idee,
com' dimostrato dall'aggiunto
avvertimento di ricercare
una realt che esste per se, e non come attributo di
una cosa sensibile (pijtvi twv [af-yjriBv
ijji
&p%ov). Con
tale aggiunta Aristotele esclude in modo esplicito che
si possa pensare alla forma
immanente (IvuXov e!So$).In
questo stesso brano essa c da lui designata,
per ci che
concerne la sua
esistenza, col semplice epiteto di peri-
tura(cptiap'CvJ.Se lametafisica
dev'esserci, suo oggetto non
pu esser per lui, qui partecipe di tale aprioristica con
vinzione dei platonici, altro che una realt etema ed
essenziale, sussistente di per s in modo trascendente
(fSto?
ocfa xwPLfJ'c'
it/v).
Questa, egli dice,
dev'esser
pensata come analoga non alle cose sensibili,
ma all'idea platonica. Una qualsiasi realt di tal genere
deve per forza sussistere, se non si vuole che si riduca
a parola vuota di senso tutto quello che hanno pensato
proprio gli spiriti pi colti. Come potrebbe il mondo
essere comunque ordinato, se non esistesse una tale real
t? L'ordine presuppone infatti qualcosa di etemo, tra
scendente e duraturo1).
Per la loro
risolutezza, queste
_') Metaph., K 2, 1060 a 7-13.
=) Metaph., K 2, 1060 a 21 (iaXXovx'fiv iipyjf) xupttoxpa xa'jxg
(scil.
xi) OAtj g)
5isi$v stvea -t stSog xal [lOp'j "XcOxo 3 pOapxv,
6<uj ox Ipxiv
t8io; oOo'.a yuiptOTjj xa y.a.3-'
a'jTvjv. XX'fixo-
jiov ' Soixe yP
frettai 5n xi&v xapissxdtcov
65 ooi
T-j
na'- o'>3a
xsiatrc
-nij yp laxai xd|ig fiv) xivoj 5vxoj
'iSioo xal xpiotoS xal
fivovxosjCfr. anche K 2, 1060 b 1-3.
l'evoluzione della metafisica 285
espressioni si distinguono notevolmente da quelle della
redazione posteriore. Esse sono ancora del tutto prossi
me al platonismo, e si avverte in esse un'appassionata
asserzione
dell'esigenza di un mondo soprasensibile,
che
ha tanto
maggiore efficacia in quanto 6gorga
immediata
mente dalla convinzione dell'insostenibilit della meta
fisica delle idee professata fino allora1).
Sul presupposto
di una realt eterna e immutabile
e sulle eterne leggi cosmiche che essa assicura 6 fonda,
secondo K 1-8, non solo la possibilit
della scienza ri
cercata , ma in generale quella di un pensiero logico
immune da contraddizioni e quella di verit assolute e
durature. Ilmondo sensibile infatti incontinuo flusso,
e non c' in esso dove metter saldo il piede5). IIprin
cipio di contraddizione cos fondato in forma essen
zialmente
ontologica, la quale sembra invece eliminata
in massima parte da Aristotele nella sua posteriore
for
mulazione di quel principio.
Infatti ci che detto alla
fine del libro P circa il nesso che stringe l'eternit e
l'immobilit dell'essere e la possibilit di conoscenza di
') Cfr. il rifiuto, che immediatamente
precede, della conce
zione
platonica del soprasensibile: K 2,
11)60 a 13-18. Questo
passo
ha conservato forse nel modo pi immediato di tutti il postulato
platonico della trascendenza che sta alla base della metafisica ari
stotelica. Esso prova inoltre come la vgif della natura, che sem
bra ad Aristotele inspiegabile senza l'ammissione di an yad-iv
trascendente
quale supremo principio, 6ia divenuta per lui ilpunto
di partenza per la restaurazione
della teoria del soprasensibile.
1
Metaph., K 6, 1063 a 11. In Entstekungsgesch. d. Metaph.,
p. 82, io ho avvertilo, contro
ilNalorp, rome sia esagerato ascrivere
all'autore di K l'idea che nella sfera del terreno
e del transeunte
non sussista in generale alcuna verit: ina ho esagerato a mia volta
nel senso opposto,
negando ogni differenza rispetto alla giustifica
zione altrimenti data da Aristotele del concetto della verit. Si deve
ammettere che in questo passo l'accento posto sull'eternit del
l'essere cosmico, e ehe anzitutto su di essa fondata la possibilit
di verit costanti, mentre in P 5,
1010 a 1 segg. s'insiste viceversa
principalmente sulla possibilit
di giungere ad affermazioni sal
damente consistenti anche
riguardo al mondo
sensibile, solo in se
conda linea seguendo il richiamo alla xivijxos tpoig e al cosmo
11010 a 25).
286 GLI ANNI DI YIACC10
verit durature mancava inparte degli antichi manoscrit
ti. Evidentemente, siamo qui di fronte a un capitolo che
Aristotele aveva cancellato nella pi tarda rielaborazio
ne, ma che in seguito fu trovato ancora tra le sue carte,
e compreso nel testo dagli editori. In ogni caso dimostra
anch'esso che la redazione originaria del libro T aveva
maggiormente
accentuato i fondamenti metafisici del
principio di
contraddizione 1). Tanto la giustificazione
ontologica del principio stesso quanto l'inserzione di que
sti problemi fondamentali della logica nella sfera della
metafisica appartenevano alla tradizione platonica. Euna
aporia egualmente nata solo sul terreno della tradizione
platonica la questione circa il luogo in cui si debba
trattare la materia degli enti matematici, e se ci faccia
parte del compito della prima filosofia2).
Questa
tratta
zione compiuta nel libro M, la cui stretta connessione
con K 1-8 fornisce una nuova conferma dell'antichit
di entrambe
queste parti.
Ancora nel libro B, come gi vedemmo, il senso in
cui si svolgono le aporie determinato dall'impostazio
ne dei problemi e dal contenuto propri della metafisica
platonica. La rielaborazione di
questa parte fu piutlo-
') II brano della
Metafisica che da T 8, 1012 b 22 va sino alla
fine del libro mancava secondo Alessandro {Comm.
in At. Metaph.,
p. 341, 30 Hayduck) in parte degli antichi manoscritti,
*) Metaph., IC 1, 1059 b 15-21. Nel citato mio libro, p. 74, ho
chiarito il concetto della DXi; a&v paibjpceciK&v e stabilito, con
tro Natorp, che esso appartiene alla tarda metafsica platonica. Ma
perch questo problema si trovi soltanto in K e non in B que
stione alla quale neanch'io seppi col rispondere
in modo esau
riente. La trattazione del problema si trova, come gi allora vidi,
in N 2, 1088 b 14: ma questo fatto costituisce nello stesso tempo
la migliore spiegazione della mancanza dell'aporia in B. N ap
partiene, come K, alla prima
metafsica, e contiene quindi l'adem
pimento della promessa col fatta. Nella redazione posteriore (B,
M 1-9) la questione degli
axsixera
dell* siala soprasensibile passa,
come si gi mostrato (cfr. p. 257), totalmente in ombra. Essa
era legata alla tarda dottrina platonica dell' siala separata dei nu-
meri ecc., superata la quale Aristotele elimin senz'altro nella po
steriore sua fase di sviluppo, tutto questo complesso di questioni
l'evoluzione della metafisica 287
sto estrinseca, e non riusc perci a cancellare il fonda
mentale carattere platonico. Anche prescindendo dal fat
to che in due luoghi si perfino conservata la vecchia
prima persona plurale caratteristica dell'Aristotele pla
tonico 1), altrimenti eliminata dovunque nella nuova rie
laborazione, sono stati evidentemente modificati o atte
nuati solo quei passi dalla cui lettera il nuovo con
cetto della metafisica risultava addirittura escluso. Anche
il numero e la scelta delle aporie resta nel complesso
immutata, e solo in un punto inserito un nuovo pro
blema.
Questa
inserzione d'altronde caratteristica: con
cerne il contenuto dei libri Z K , che erano stati ag
giunti all'opera. Prima dell'ultima aporia, infatti, nel
la redazione pi tarda (B 6, 1002 b 33) posto
il problema
della materia e quello dell'attualit e della potenzialit
dei principi, ed presa in esame anche la realt sensi
bile. Ora, giacch proprio questo problema, come ha gi
visto ilNatorp, manca inK 1-8, non possiamo trarre da
questo stato di cose altra conclusione da quella che Ari
stotele ha inserito il nuovo problema quando rielaborava
itre libri introduttivi per adattarli all'ammissione della
teoria della forma immanente e della potenzialit e at
tualit. InK, invece, il puro concetto dell'essere ancora
separato inmodo rigidamente platonico da ogni materia,
e identificato all'esistente per s, all'immobile e al tra
scendente. Inoltre, mentre nell'ultima rielaborazione la
critica delle idee pass da A 9 nel nuovo libro M, la
redazione pi antica dell'introduzione presuppone an
cora l'originario stato delle cose, in cui la critica pro
cedeva trovandosi nel primo libro, giacch, per la con-
') Cfr. p. 234. Ilfatto che B appartenga alla parte dell'introdu-
zione rielaborata per la
Metafisica
pi tarda, mentre la critica delle
idee contenuta in A 9 doveva scomparire del tutto, spiega a suffi
cienza perch in B si siano conservate soltanto cos poche tracce
di questa prima persona plurale. Esse vi sono rimaste soltanto
per una svista.
288 CU ANNI DI VIAGGIO
lutazione delle idee, essa rimanda appunto a quel che
precede! *). Cos il fatto della rielaborazione pi tarda
e dell'introduzione di un nuovo concetto della metafisica
dimostrato anche per itre libri introduttivi!! T E, e
quasi per l'intera
Metafisica
sono rimesse in luce la re
dazione pi antica e la redazione ultima.
possibile tuttavia dimostrare che nemmeno la pi
antica redazione dell'introduzione (K 1-8) rappresenta
ancora la forma originaria della
Metafisica.
Abbiamo vi
sto come in K 1-8 la metafisica sia definita come scienza
della realt immobile, eterna e trascendente. Accanto a
questa si trova la definizione che la determina quale
scienza dell'ente come tale (5v -g 8v), dalla quale per
altro qui non si generato ancora, come invece accade
nella rielaborazione pi tarda, il concetto di essa quale
scienza dei molteplici significati dell'essere, compreso l'es
sere sensibile della natura diveniente. Con tutto ci gi
nell'unificazione delle due determinazioni concettuali
date in K 1*8 implicita una seria difficolt, la quale di
viene anche pi chiaramente sensibile nell'ulteriore sta
dio evolutivo rappresentato dal libro E, destinato, nella
forma rielaborata che oggi presenta, a servire d'introdu
zione alla scienza dei molteplici significati dell'essere.
Giacche la redazione pi antica e quella pi recente non
si distinguono da questo punto di vista, ma solo da
quello della diversa ampiezza con cui trattano del con
cetto dell'essere, possiamo senza incorrere in errore porre
a fondamento dell'introduzione, in ci che segue, tanto
l'una quanto l'altra delle due redazioni.
InE 1(== K 7) Aristotele chiarisce il significato da
') Il passo Metaph., Ivi, 1059 b 3 presuppone la confutazione
delle idee, mentre B 2, 997 b 3, che nella redazione pi recente
gli corrisponde, presuppone soltanto l'illustrazione storica della dot
trina delle idee contenuta in A 6, la quale rimase nel primo libro
anche dopo il trasferimento della critica delle idee da A 9 in
M 4-5.
l'evoluzione della metafisica 289
lui attribuito a una scienza dell'ente come tale. Tutte
le scienze indagano certe cause e principi delle realt.
Come esempio egli cita la medicina e la ginnastica e, tra
quelle che metodicamente stanno su un piano superiore,
la matematica: cio quelle che nella metodologia ed epi
stemologia platonica erano correntemente considerate
quali esemplari tipici. Tutte queste scienze delimitano
metodicamente un determinato dominio della realt
<5v
ti) e una sua determinata specie (ysvoj T;) e indaga
no questo complesso, in s concluso, di dati. Ma non
parlano dell'essere dei loro oggetti, bens lo presuppon
gono, o sul fondamento dell'esperienza sensibile, come la
scienza naturale e la medicina, oppure partendo da de
terminate definizioni, quali gli assiomi da cui muove la
matematica. Le loro dimostrazioni, che si distinguono
solo per il grado dell'esattezza, hanno sempre per og
getto solo le propriet e le funzioni che derivano da
quelle definizioni, e rispettivamente da dati di fatto evi
denti' al senso. Il metafisico invece indaga 1' essere in
quanto esso tale. E studia cos ipresupposti di quelle
scienze, mentre esse non intendono di renderne conto
n sono in grado di farlo.
Questi
chiarimenti sono integrati dall'inizio del libro
r ( K 3). Col contrapposto, in modo anche pi
chiaro e penetrante, il carattere della prima filosofia co
me scienza universale a quello delle scienze particolari,
e l'ente come tale ai suoi singoli domini.
Qui
l'ente
concepito non come un oggetto in certo modo distinto
e separato dagli altri oggetti, bens come il comune pun
to di riferimento per tutte le condizioni, propriet e
rapporti concettuali che si ricollegano al problema della
realt. Come il matematico considera, secondo Aristo
tele, tutte le cose solo dal punto di vista della quantit,
cos il filosofo indaga tutto ci che proprio dell'essere
come tale, mentre p. es. il fisico studia quest'ultimo solo
19.
W. Jaeger,
Aristotele.
29D CU ANNI DI VIACCIO
in quanto animato da movimento. Molte cose sono,
solo perch sono affezioni, stati, moti o relazioni di
un ente, e quindi comunque derivano da ima realt che
assolutamente . La riduzione (vayuyi]) di tutte le affe
zioni (7r-0"iq) dell'essere a un'unit comune (Iv ti '/ai
xoivv) era compiuta nella scuola platonica col metodo
della divisione come distinzione di opposti (vavxKcets)
i quali venivano fatti risalire a certe generalissime, o
prime , distinzioni dell'essere. Aristotele presuppone
come noto il lavoro speciale compiuto dalla scuola in
questo campo e la letteratura ad esso riferentesi. Oggetto
della1sua parafrasi cos l'antitesi dell'unit e della mol
teplicit, dell'identico e del diverso, del simile e del dis
simile, in breve l'intero dominio della dialettica plato
nica, quale si presenta nell'indagine sull'ente e l'uno
(8v xal fv) del libro I; ed anche un'indagine del
genere di quella circa le leggi ultime del pensiero, i
principi di non contraddizione e del terzo escluso, da
lui trattati nel libro T.
Questi
problemi si ricollegano
invero solo mediatamente con la teoria aristotelica della
sostanza: ma evidentemente lo scopo dell'autore quel
lo di trovare una definizione della metafisica che assicu
ri un posto anche alla dialettica tradizionale. Per Pla
tone la dialettica era immediatamente ontologia: peT
Aristotele diventa inveoe una questione piuttosto pratica
e storica quella di decidere se si debba accogliere nella
filosofia prima, come per ilpassato, ilcomplesso di que
sta logica dell'essere. La sua metafisica originaria una
teologia, come teoria dell'ente perfettissimo, e la dialet
tica astratta, dopo l'eliminazione delle idee, difficil
mente unificabile con essa. Tuttavia egli ha compiuto
il tentativo di collegarle merc il comune riferimento
all'ente come tale (8v ij ov).
Mentre in questo contesto di pensiero la suprema
filosofia si presenta come la scienza universale, in El
l'evoluzione dei la metafisica 291
K 7), dove Aristotele cerca di distinguere metafisica,
fisica e matematica in funzione dei loro oggetti, a que
sto inquadramento ne segue immediatamente un altro
diverso. Aristotele divide qui le scienze in teoretiche,
pratiche e poietiche. La fisica una scienza teoretica:
essa indaga l'essere che pu muoversi, e considera perci
l'essenza e la forma concettuale solo in quanto essa col
legata con la materia. Ogni astrazione dalla materia co
stituirebbe errore per il fisico. Persino Io studio della
psicologia dev' esser condotto in tal modo, in quanto
esso verte circa ildominio della realt psicofisica. Scien
za teoretica, , parimenti, la matematica. Certo, Aristo
tele pone in dubbio se isuoi oggetti possiedano un'es
senza immobile ed esistente di per s in modo indipen
dente, secondo la dottrina dell'Accademia, che egli qui
discute pure accogliendone la tripartizione della filoso
fia teoretica e la collocazione degli oggetti matematici
in posizione intermedia tra quelli dell'ontologia e quelli
della fisica; ma comunque per lui la matematica consi
dera isuoi oggetti come immobili ed esistenti per s
("5 xfvq-a '/al fj ojptox fretopel). A tanto maggior ra
gione l'indagine di un essere immobile e trascendente,
nel caso che uno simile esista in realt, costituir il com
pito di una scienza teoretica. Ma qual' questa scienza?
Non pu essere la fisica, perch isuoi oggetti sono, s,
esistenti per s (xwptox), ma non immobili; e tanto
meno pu essere la matematica, perch l'essere che ne
costituisce l'oggetto , s, in parte immobile, ma non esi
stente di per s in modo indipendente. La suprema filo
sofia indaga invece unessere, che tanto esistente per s
quanto
immobile1). Da questa definizione si indurrebbe
') Metaph., E 1, 1026 a 13, dove lo Schwegler ha esattamente
corretto: v, [lv yip cpuoixr)
icspi /copiati (x">Pl5ta codd.) (lv
SXX'ox ixivijta, tijg 8 jiaOr|]iaTt/C?j Ivia rcept
ixh/ta
[lv o5
/<o-
pioti S'tou>;, XX'j li bXrj'
%
8 r.piixij v.al nepl /piati xal &Y.I-
292 CLI ANNI DI VIAGGIO
senz'altro che Aristotele pensi qui al motore immobile.
Ma egli stesso, nella frase die segue, dice che iprincipi a
cui allude sono le cause degli accadimenti visibili tra
quelli divini (altea
tol? cpavspol? tSv fts(o)v), e chiama
perci la metafisica addirittura teologia (EoXoyix).
Questa
determinazione dell'essenza della metafisica
operata solo per mezzo del suo oggetto, l'essere immo
bile e trascendente, la rende d'altronde solo una scienza
particolare accanto alle altre. Mentre essa, in quanto
scienza universale dell'essere come tale, era posta innet
to contrasto con le altre scienze, indaganti solo una spe
cie determinata dell'essere (Sv ti xal ylvo ti) *), qui
essa etessa solo la conoscenza della specie pi eminente
dell'essere (tepl t tipiitatov yvo). Il suo oggetto
detto un essere di tale specie (toiauxtj cpat?), ed da ri
cercare in un determinato genere di realt, cio nella
regione cosmica della realt visibile ma imperitura. La
contraddizione innegabile, e gi lo stesso Aristotele
l'ha notata. In un' annotazione, visibilmente distaccata
dal contesto e palesante cos la sua natura di aggiunta
posteriore da lui apportata a questo passo, che costituisce
il punto culminante e conclusivo dell'introduzione, ha os-
tjhx. Nei manoscritti penetrata la congettura di un lettore, che
diede a xupiot il senso di trascendenti e pens che questo
non conveniva agli vuXa et8j del mondo visibile. Ma xo)Piax<
significa qui solo esistente in modo autonomo : e in tal senso
Aristotele l'adopera anche a proposito di cose sensibili. Se, con
forme a questa definizione, la metafisica ha un oggetto1 che dev'es
sere nello stesso tempo esistente in realt e immoto, ci significa
peraltro che esso dev'essere
xMPlCTS
nel senso di trascendente ,
perch solo la realt soprasensibile riunisce in s entrambe quelle |
propriet.
') Metaph., E 3, 1025 b 8 XX rataal axai itepl 5v ti xal
yivog ti nspiYpaijjfiEvai nspl totou 7ipaY|iaicovcal, XX"
oxl
ttspl vTOg jtXfig o5"
-J
8v. 'Cfr. invece 1026 a 19 circa la meta
fisica come scienza del divino: o yp SSijXov 8ti si izo'i t 3-eov
itpxsi, v t t o ia t
5
cpoei Oitdpx", xal ttjv TijiitBTTrjv
(scil. iJuirijpTjv) Set ftepl t ti[i iitcctov yvog slvat (scil.
itspl t ftsiov).
l'evoluzione della metafisica 293
servato ci che segue: Si pu dubitare se la prima filo
sofia sia una scienza1 universale e se si riferisca a un. ge
nere determinato di realt(Ttsp! tiylvog) e a unessere sin
golo e determinato (ipaiv Tiv jjiav). Inci pure una
netta differenza, come si vede p. es. nella matematica. La
geometria e l'astronomia concernono un genere determi
nato di realt, mentre la matematica generale vale per
tutti gli oggetti particolari di tali scienze. Ora, 6e al
di l delle cose naturali non esistesse un altro essere,
trascendente, la fisica sarebbe la scienza prima. Se in
vece c' un essere immobile, allora questo costituisce un
prius rispetto al mondo dell'apparenza sensibile, e la
metafsica la scienza prima. Ed universale, ap
punto perch la prima. E questa
scienza dovrebbe
allora aver bene anche il compito di considerare l'essere
come tale e di studiare ilsuo concetto e le propriet
che gli appartengono in quanto ente 1).
Lai nota marginale non elimina la contraddizione,
ed anzi la rende anche pi evidente. Nel tentativo di
unificare l due definizioni, che egli compie con la sua
aggiunta, Aristotele intende per scienza- universale la
scienza dell'oggetto primo, che principio in senso
pi comprensivo di quanto
siano le specie dell'essere
che ad esso seguono. Ma in PI e sul principio di E uni
versale significava ci cite in generale non si riferisce a
un essere determinato, cio a una sezione particolare
dell'essere. Ora, che imotori immateriali, iquali diri
gono il moto delle stelle, non siano n un 5v ti n una
puoi? ti? pia to 2vxog non tesi che possa essere soste
nuta dia Aristotele, n effettivamente egli la sostiene. Po
trebbe nascere il sospetto che rxopia, insieme con la
Xuaig, la quale presenta in modo cos evidente l'aspetto
della ricapitolazione sommaria, non risalisse affatto ad
') E1, 1026 a 23-32. Gi il Bonitz not, nel suo commento, la
contraddizione implicita in questo passo, senza peraltro spiegarla.
3?
,<%
294 CLJ ANNI DI VIAGGIO
.''2
Aristotele, se essa non si trovasse anche nella redazione
K 8 e non corrispondesse al dato di fatto della contrad
dizione che vi sussiste. Nonrimane perci che ammettere
che il filosofo non ha potuto risolvere l'aporia, e che
in ogni modo essa gli si presentala solo dopo che aveva
gi fuse insieme le due redazioni.
Senza dubbio le due deduzioni del concetto della me
tafisica non sono risultate da un unico atto di creazione
spirituale. Due processi di pensiero essenzialmente di-
versi si trovano qui incastrati l'uno nell'altro. Si vede
subito che quello pi originario ed antico quello teolo-
gico-platonico, e nonsolo per considerazioni storiche, ma
anche perch quello di gran lunga meno sviluppato e
pischematico. Esso deriva dalla tendenza del platonico
a distinguere nettamente iregni del sensibile e del so
prasensibile, mentre la definizione dell' Sv 5v com
prende ogni ente in un grande ed unitario edificio ge
rarchico. Tra le due, dunque quest'ultima la pi ari
stotelica, inconformit con l'estrema e pi originale fase
evolutiva del pensiero dello Stagirita. Inorigine, Aristo
tele si rigorosamente attenuto all'indirizzo platonico
mantenendo, secondo quanto mostra lo scritto program
maticoIlepl cptXococpla?, ilmondo soprasensibile come og
getto della suprema filosofia e soltanto sostituendo alle
idee trascendenti' ilprimo motore, concepito coi caratteri
d'immobilit, eternit e trascendenza propri dell'essere
platonico.Questa metafisica piantica era esclusivamente
scienza dell'essere immobile e trascendente, cio teologia,
e non scienza dell'ente come tale.
Questo
risultato confermato ancora una volta dalla
trattazione che siamo abituati a chiamare senz'altro la
teologia , cio illibro A della
Metafisica.
Gi ilBonitz
ha rilevato come esso non abbia alcuna relazione cogli
altri libri, mentre ci si dovrebbe aspettare che esso con
tenesse la conclusione dei libri A-. Che lo scritto non
l
f
L'rvoLUzrojve della metafisica 295
si riferisca affatto a ci che precede spiegato
dal suo
\ carattere d'indipendenza. Com' dimostrato dallo stile
\e
dalla Bcelta dei concetti, esso rappresenta
una singola
lezione o conferenza, composta per una determinata oc
casione, la quale non offre soltanto la parte
della totale
scienza metafisica designata come teologia, bens qualcosa
di assai pi comprensivo: un completo sistema di meta
fisica in nuce. Inlinee serrate, Aristotele offre un pano
rama di tutta la sua' filosofia teoretica, cominciando con
la dottrina della sostanza e concludendo con la dottrina
di Dio. Evidentemente egli non mira a esporre indagini
scolastiche, ma a trascinar con s gli uditori con la ser
rata imponenza del grande quadro, Con sicuri colpi' di
martello egli scalpella frasi solenni, che anche oggi il
lettore pronuncia involontariamente ad alta voce, per
quanto si tratti di appunti soltanto abbozzati per l'espo
sizione orale. L'attivit creativa dello spirito pensante
e vita . Tutto nel mondo orientato' verso un fine .
Da questo principio dipende il cielo e la natura. Di
entusiasmante efficacia laconclusione, incui egli rivolge
ai dualisti platonici la parola di Agamennone:
ox ya-
9v rcoAuxotpavhj, si; xolpavoj
gain.
undocumentounico
nel suo genere, perch
ilfilosofo traccia qui con audace
disegno, come non fa in nessun altro punto
delle sue
trattazioni dottrinali, ilquadro complessivo della Bua vi
sione del mondo, senza curarsi di alcuna delle questioni
singole. Nello stesso tempo esso un documento inesti
mabile della sua evoluzione, giacch esso risale cronolo
gicamente a quel periodo teologico, di cui abbiamo in
ferito l'esistenza. Esso ci mostra quale fosse la relazione
che legava la
teora delle forme immanenti a quella del
motore trascendente prima che Aristotele accogliesse la
prima nella stessa Metafisica.
IIdiscorso si scinde in due parti disuguali. La prima
(capp. 1-5) discute la teoria della realt sensibile e per-
296 CU AN! DI VIAGGIO
I
1
V *
i
I
viene, merc laeua analisi, ai concetti della materia, della ( .
forma, della potenza e dell'alto. La seconda (capp. 6-10) !
s'inizia subito col concetto' speculativo del motore immo- '
bile e con l'asserzione di una realt soprasensibile. La
prima parte non fine per s stessa come la
seguente, .
bens sussiste solo in grazia della seconda, a cui serve di
fondamento. Dal mobile mondo delle cose, concepite co- :
me forme evolventisi e realizzantsi nella materia, Ari-
slotelc sale all'immobile scopo e principio del loro mo-
r.\
viwiento, alla forma di tutte le forme, all'atto puro, al- .-.v
l'energia plastica libera di ogni elemento materiale e
/''!
creativamente attiva. Su questo argomento egli indugia
perci anche quasi pi. del doppio che su quello della
prima parte. A
prima vista, la costruzione sembra la
1
;
i
stessa che quella data dalla pitarda rielaborazione della
Metafisica.
Anche col la teoria della sostanza c dell'atto
'li
precede la teologia, e la prima parte di A e sostanziai- "ly
mente parallela al contenuto dei libri ZHQ.
Ma la di-
%
stinzione essenziale nel fatto che nel libro A l'ambito
ideale della metafisica limitato alla seconda parte, la
prima non essendo considerata come pertinente ad essa.
Le parolefinali *) della primaparte dicono: Con ci ab* V
biamo definito la natura e il numero dei principi del fi)
mondo sensibile . E la seconda
parte comincia: Giac
che abbiamo distinto in principio tre specie nell'essere, fi
due che
appartengono alla fisica ed una che immobile,
dobbiamo ora trattare di quest'ultima. Noi diciamo:deve
esistere un essere (oaCa) eterno ed immobile. Aristo
tele non designa, come fa pi tardi 2), le due specie della
realt sensibile come pertinenti in certo modo alla
;
fisica, ma le chiama fisiche senz'altro. D'altro lato la
realt immobile ed eterna appare senz'altro quale oggetto
') Mctaph., A 5, 1071 b 1.
!) Metaph., Z 11, 1037 a 14 inai ipdttoy uva tfjg
tfUoiv.xc
xal
Bsuxpaj ftXoaotfia; ipyov -spi -ig alaSvjtg oatag frecopia.
I
l'evoluzione della metafisica
297
I
della metafsica, come accade anche nella redazione pi
antica delFintroduzione2), E, allo stesso modo che in
quella, egli designa la realt sensibile col
semplice at
tributo della transitoriet, deducendone che, se nulla esi
stesse oltre la forma immanente nelle coee
sensibili, tutto
nel mondo sarebbe necessariamente soggetto al! divenire
eracliteo2). K e A coincidono inoltre anche nel ricono
scere come oggetto della scienza in questione solo la
realt trascendente, che non inerisce ad alcuna cosa sen
sibile3). Le tre specie dell'essere distinte in principio
6ono semplicemente suddivise tra fisica e metafisica: le
due specie appartenenti al mondo dei sensi, cio Focix
imperitura dei corpi celesti e quella peritura delle piante,
degli animali e via dicendo vengono senza limitazione
assegnate alla fisica, in quanto
esse sono collegate col
movimento e con la materia, mentre l'essenza immota c
l'oggetto di un'altra
scienza, la metafisica4).
Se riassumiamo queste
osservazioni, vediamo come il
') La determinazione delia scienza ricercata merc le pro
priet di cctSiov, x<npu?zv, jivov richieste per il suo oggetto se
condo il modello delle idee s'incontra, oltre che nella pi antica
redazione della introduzione offerta da K 2, I960 a 26, anche in
un altro passo antico, A 2, 982 b 28
ti X -
Xsofl-ett XXi]Xoi t4 pi*
t s p a toCj GsTEpov |ii
Svio; fp to piftpoQ oSv
ijtxov x jieyiOrj Inai toj t4
|jaS-T)|iBTtx jivov slvai
tpapi-
voi?, xal toBtidv Svchiv ij
4>oX') xal za oi[iaxa zi. laS-ijxd.
o&v. o ix s 8
-fi tf
6 aij
Ie lao 8 iti)
Si; j p&a
a Ix
tiv
<f
a ivo |ilvia v &axsp
lioX&yp TpaypSla.
A 10, 1075 b 37
ot Si Xiyovcsc Tv piO'iiv
Jtp&tov tv pa>b)[iaTixdv xal
oBxtof
atei SXXtjv ixojiivigv -
5m> xal p/j xisztji SXXej,
xEioo)8i(i)8ij t tr( v xo av-
t 4 j ooav oiooiv (o--
8iv yp
ri
izipa xfj itip
cojijSaXXsTai
oaaij [itq oaa)
xal pxs oXXg, t Si via
oB poBXstai o X itss o&a i
xaxff. oBx &Yaiv
oXoxoi-
pavlT], etj xotpavoj.
Tutta la parte finale del libro A , come qui viene
chiaramente in luce, sotto l'impressione
della polemica
condotta contro Speusippo in N 3.
Quando scriveva que
ste parole ne]
suo schizzo, Aristotele
aveva dinanzi a s
il suo pi antico lavoro speciale, o per lo meno questo
era
ancor vivo e presente nel suo spirito. Anche qui non
c' dubbio che iltesto originario sia costituito da Nenon
dal passo assai pi laconico di A. N pi chiaro nel
l'espressione quando dice "
TtfTSpd
tot? aiipoi? o&Blv
cup(3W.rai, mentre A
obnubila queste espressioni, in
dicanti con evidenza qua figurata idiversi
gradi del
l'essere teorizzati do
Speusippo, nel modo che segue :
otv yp
'?/
tpa z?j tspa
aupjXXsTat o&aa
y) pi; oaa.
Com' noto, Speusippo ammetteva per ogni specie d
ooia princpi particolari,
privi per di ulteriore con
nessione reciproca: uno per inumeri, uno per le gran
dezze, per l'anima ecc.1).
Queste pi sottili1 distinzioni
si
presentano chiare anche inN: secondo la concezione
di
Speusippo inumeri,
nonostantelaloronatura di prin-
!)
Metaph., Z 2, 1028 b 21.
l'evoluzione della metafisica
303
cipio supremo, potrebberovenir meno del tutto senza per
ci pregiudicare
l'esistenza delie grandezze,
die seguono
ai numeri, e a loro volta le grandezze potrebbero
man
care senza perci mutar nulla nell'esistenza
della consa-
pevolezza
o del mondo corporeamente
esteso. Con espres
sione calzante, Aristotele chiama questa
costruzione una
natura che composta
di scene incoerenti come una cat
tiva
tragedia. InA l'omissione delle ultimeparolerende
l'immagine della natura con pifiacca connessione sce
nicaoscura fino
all'incomprensibilit.
Abbandonandola,
Aristotele salta col al grandioso paragone del monarca
e della
noXuxoip-xvlr], ilquale riflette in maniera non
meno tagliente la disorganicit anarchica della dottrina
speusippea dei prncipi. Proprioilnon avvenuto compi-
mento
dell'immagine iniziata
dimostra che essa non
pi sentita come abbastanza
plastica per essere ricono
sciuta nel suo pieno diritto. Egli l'attinge tuttavia dal
suo armamentario come un elemento
dato e a lui con
sueto.
Anche N 1-2 stato utilizzato da Aristotele nella
stesura di A. La parola d'ordine di N 1 identica a
quello del capitolo terminale di A: lotta contro ildua
lismo platonico dei principi. Il resto risulta dalla giu
stapposizione dei brani.
N 1, 1087 a 29 A 10, 1075 a 25
i4vii{ 8 xoioot
5aa 54 Svaxa aujigaEvsc
Apx? .vavT la?.... si 8 tfjj -cona lots
SXXtu? Xfouai
xal
tiv ciiiVTiDv dpxijS [li) IvSixsTai
nota ci xlPl6ipuis
Xiyovtss
xpTSpv ti stvai, iSvxzzv
xal tn\ oiiov 4Xdxl0Ta-
nopiai,
sii] irjv 4p/Av trspv ti oaav Sst fu)
AavJliysiv. nivTsj yp
stvai Ti)v pxijv, otav et ti? X-
4
1
ivavitcov oio 5a i 6v -
yoi t Xedxv pxv stvai x
0ve 84 ai iv-ia oBts t4
f| l-tepov XX" fj Asuxiv, stvai ;
vavtiojv 4p&>g ' s&T* sv Scoi?
[ivioi Xa&* Bnoxsijisvoo, Xal "t ivavtla
bnpxai. it; 4x iSv
iTspv ti 8m Xsuxv stvai
"
xetya vavtoiv lara;, oh Xiysoaiv.
Yp nptgpov lavai. XX [lijv inaS-v) yip
t vav-ta X-
301 CU ANNI DI VHCCtO
flyvex ai Ttnv-a i
% ivav- XijXuv ' vjjitv 6s Xsxat
x iu> v ibj 6 noxsipivou ti- x o x o e iX s y
e)
s
x
$
x p
{
x o v
vg. dtvciyvwj pa jiiXtaxa xotg ti slvat. ol 81 x fxspov
ivavxloig xoGD-' Onpxsiv. atei xSv vavxluiv EpXyjv itotoO-
apa rcSv-a xvavxla xafl-' Orto- clv, uiaiisp ot x fivioov
y-s'.jtivou xal o58v xwpwxv....
TQ
*
0
'!> \
*v' toXXS.
ot Ss x fxspov xSv ivav-
xCuv 0 X y] v icoioSotv, ot
fiv
[ t fp ivi] x (p t o ip x
ivioov,
<S>5
xoDxo xv xo rcXij-
9-ooj oSoav qiaiv, o t 8 x i}
ivi x TX X vj 0- o g .
N 4, 1091 b 35 A 10, 1075 a 34
cujiJSatvei 5tj itcivxa x Sxi ixavnxo5
f
aOloo
Bvxa gsx
x
s iv xo xaxo [isOei I{; io xo v j x
S g co iv 6
1
axo xoiv y
P
xaxv ax ftxs p o v
(b 30) xax xs
817
ou|i(5aive". Sxo- xoiv oxo 1 xsiiov,
ita, xal x ivavxiov oxoi-
y e 10 v .. x y. ay. v ax.
L'esposizione delle aberranti conseguenze del duali
smo quale era professato dagli Accademici sfruttata
efficacemente in quale conclusione della conferenza :
essa serve a mettere in risalto il rigoroso spirito unitario,
e secondo 1' espressione aristotelica monarchico, intrin
seco alla dottrina dello spirito pensante se stesso.
Que
sto branodel libro A unmosaico di singole frasi e con
cetti semplicemente attinti a N 1. Le argomentazioni as
sai pi differenziate di N appaiono certo in A un po'
volgarizzate e semplificate, ma tuttavia risulta dapper
tutto evidente l'argomento fondamentale di cui si vale
il libro N per combattere la concezione dualistica del
principi gli svavtfa debbono essi stessi inerire a loro
volta a una terza realt che serva loro di sostrato, com'
richiesto dalla teoria aristotelica della forma e della pri
vazione, le quali esigono la materia per il trapasso dal
l'ima all'altra. Iltertium dabitur in A senz'altro asse-
l'evoluzione della metafisica 305
rito, mentre in N giustificato, Per noi, esclama trion
fante Aristotele, questo problema si risolve senza diffi
colt perch c' unterzo ente: e questo non la materia,
che la portatricedelle affezioni opposte, bens lospirito
assoluto, cio la forma libera della materia e perci non
legata ad alcun divenire e ad alcuna opposizione. Non il
materialismo consegue di necessit alla negazione del
dualismo, bens l'impero esclusivo dello spirito.
20.
\7. Jakgpp., iriilotil.
V.
LA PRIMA ETICA
L'angolo visuale dal quale necessario porsi per in
tendere l'etica aristotelica il problema della relazione
tra la Nicomachea e YEudemea. La cosiddetta Grande1!
Etica pu infatti esser qui esclusa dall'esame essendo sol
tanto un estratto dalle due altre opere, il cui autore fu
un peripatetico che da quelle pi ampie trattazioni vo
leva ricavare un compendioso manuale scolastico. Tra le
due opere principali il predominio della Nicamachea
stato in pratica quasi sempre illimitato, YEudemea pas
sando rispetto ad essa senz'altro inseconda linea. Solo di
quando in quando si ricorreva ad essa per trarne aiuto
nella interpretazione di passi difficili. Naturalmente que
sta condizione di cose non ingiustificata, perch la Ni-
comachea supera notevolmente l'altra opera per comple
tezza di concezione, chiarezza di stile e maturit di pen
siero. Gi nell'antichit ei commentava soltanto la Ni-
comachea e si trascurava quasi del tutto YEudemea, la
quale rimasta purtroppo ancor oggi simile a un terreno
incolto. Inepoca recentissima, certo, si manifestato un
consolante principio di miglioramento, ma poco si pu
ancora constatare della sua efficacia
tA PRIMA ETICA 307
Alla naturale disparit dei due scritti si aggiunse nel
l'ultimo cinquantennio l'atetesi delYEudemea operata da
L. Spengel, l'eminente studioeo di Aristotele e rinnova
tore della conoscenza dell'antica retorica1). Nel suo' fa
moso scritto, che si afferm subito universalmente e che
nella sostanza fa testo ancor oggi, egli sostenne la tesi
che YEudemea non fosse stata soltanto edita ma addirit
tura
composta dallo scolaro di Aristotele Eudemo di
Rodi. Anche se le 'forti e continue coincidenze con la
Nicomachea
potevano spiegarsi solo in forza di uno
stretto ricollegamento alla dottrina aristotelica e alla
formulazione che essa aveva trovato inquell'opera, l'altro
scritto tradiva comunque, con le sue non inessenziali di
vergenze, l'individualit di Eudemo. Molte cose nellaNi-
comachea apparivano tanto migliori, e l'intera opera
tanto pi ricca e matura, che non si riusciva a conce
pire che cosa avesse dovuto indurre Aristotele alla ste
sura di una replica tanto meno felice. La colpa del peg
gioramento era dunque dello scolaro. Soprattutto, poi,"]
[a
giustificazione teologica della morale data dall'Eu- j
demea apparivainconciliabilecon l'ideache si aveva della
'
personalit di Aristotele2). Di fatto, si tratta di diver
genze dalla Nicomachea, le quali esigono spiegazione. Si
pensava di doverle riconnettere con la religiosit perso
nale di Eudemo, di cui per altro non si sapeva se non
che egli era probabilmente l'autore di una storia della
teologia, mentre questa in realt parallela alla sua sto
ria della matematica e dell'astronomia e difficilmente pu
quindi esser valutata come espressione di vivace religio
sit personale8). sostanzialmente inbase all'attribuzio-
') Abhaiidl. d. bayr, Akad. d. tPissensch, III (1841), p. 534.
*) Zeller, Philos. d. Grlcchen, II, 2, 3* ed., p. 874; A. Grant,
The Ethic of Aristotle, I, p. 23 segg.
*) Zcller, 1. c., p. 870, n. 1. Se in quest'opera Eudemo trattava
delle cosmogonie di Orfeo, Omero, Esiodo, Aeusilao, Ferecide e
Epimenide, della teologia zoroastrica e di altre teologie orientali,
'>
1
M
3)8 CU ANNI
1)1 VIACCIO
___
__
! ne AeVEudemea che ci si venuta formando quell'imma- jV
I
gine del pio Eudemo , la quale poco vuol quadrare con
[Jo spirito positivistico della scuola postaristotelica
1). Co-
munque, VEudcmea reca nelle due edizioni tedesche oggi
accessibih del Fritzsche (1851) e del Susemihl (1884) il
titolo Eudemii RhodUEthica, ed anche imeritevolissimi
commentari inglesi alla A'icomachea del Grant, dello
Stewart e del Burnet, al pari dell'edizione tedesca del-
l'Apelt, considerano l'altra Etica come opera di Eudemo.
/' La tradizione iu s non offre alcun appiglio per
/tale ipotesi. Certo, il problema dei tre libri comuni al-
/
1' Eudemea e alla Nicomachea provoc gi nell' antichit
I
l'ipotesi che essi risalissero a Eudemo e dalla sua Etica
1 fossero stati pi tardi trasferiti nella Nicomachea per
colmare ima lacuna col esistente2). L'opinione pi
consueta era peraltro quella opposta, giacche quei tre
libri mancano,
com',
noto,
nei manoscritti dell' Eude
mea. Ci accadeva gi inet alessandrina, perch l'elenco
dei libri aristotelici noti, e certo anche esistenti, ad
Alessandria al tempo dello scolaro di Callimaco Ermippo
conosce solo un'etica in cinque libri, che evidentemente
l'Eudemea senza itre pi tardi accolti dalla Nico
macheas). Due delle ipotesi tramandate, che dovrebbero
egli dovette essere indotto a ci dalle notizie che su tali argomenti
Itaveva dato Aristotele ne! primo libro del spi cptXocotptag. ,
!) Cfr. a proposito del pio Eudemo C. Piat Aristoteles, '3
trad. ted. (Berlino, 1907), p. 394. Una religiosit sorprendente per 3
un peripatetico trova in lui il Gercke (in Einleitung i. d. klass. I
Alteri., II, 3* ed, p. 407). ,
jj
*) Aspasius, comm. in Arist. eth. Nic., p. 151, 24 e 161, 9 |
Heylbut. s
') Ci sembra a me dimostrato dall' indicazione ijS-ixwv a'
fi'
('
8' e' dell'elenco dato da Diogene e risalente a Ermippo, nonostante ,!
i dubbi sollevati di recente a questo proposito. Che la lista di
Esichio attribuisca invece all' opera dieci libri non costituisce con-
traddizione, anche se entrambe le liste provengono dal catalogo
' ,
di Ermippo. In Esichio si tratta evidentemente della Nicomachea,
o perch questa si trovava gi nominata in Ermippo accanto al-
VEudcmea o perche pi tardi la cifra 5 fu corretta in 10. Il fatto
LA PRIMA ETICA 309
chiarire la doppia redazione dell' Etica e isuoi titoli,
tradiscono la tarda origine gi con la loro ignoranza.
Cos dell' idea di Cicerone, che la Nicomachea po"~|
Irebbe benissimo essere opera di Nicomaco: idea che
non si potrebbe certo respingere, se l'Eudemea risa
lisse ad Eudemo x). Essa non peraltro che una mera
ipotesi combinatoria, come dimostra la sua misera giu
stificazione: perch il figlio di un padre eminente non
potrebbe esser diventato una volta tanto, per eccezione,
un brav' uomo? Egualmente superficiale e tarda l'in
terpretazione dei due titoli nel senso di Etica a Nico
maco e Etica a Eudemo. L' et di Aristotele non conosce .
dedica di trattati, come dimostra la falsificazione della .
Retorica ad Alessandro, la quale va sotto il nome di
Aristotele e alla quale un ingenuo ed antistorico cer- .
vello, completamente ignaro delle usanze letterarie del .
quarto secolo, ha premesso una prefazione con dedica. :
E ci anche prescindendo dal fatto che in entrambe lei
Etiche non esiste affatto dedica, e che oltre tutto non|
si tratta di opere destinate alla pubblicazione letteraria,'
ma di corsi di lezioni.
il L'opinione generale dell'antichit pi alta sembra
. dunque prospetti anch'essa soltanto una duplice edi
zione di inediti corsi aristotelici operata da Nicomaco
, e da Eudemo. Nulla osta all' ipotesi che Aristotele abbia
"lasciato diverse redazioni del suo corso di etica, come,
secondo quel che abbiamo messo in luce, ha fatto per
quello di metafisica. Anche qui a priori verosimile che
la redazione pi antica delle due sia quella superstite
solo in modo frammentario. La soluzione decisiva di
rhe ilei manoscritti dcll'Euiemca i libri siano cinque conferma
l'indicazione di Diogene.
*) Cfr. le. testimonianze per questa ipotesi e per la seguente
nell' edizione dell' Eudemea curata dal Susemihl, prolegg., p. XVIII
segg, e in P. Von der Miilill, De Arist. elh. udem. auctoritate,
Diss. Gottinga, 1909, p. 25 segg,
310 CLI MNI DI VIAGGIO
questo problema deve risultare in prima linea dalla lo
gica interna con la quale l'Eudemea &' inserisce nel pro
cesso evolutivo dei problemi aristotelici. Tale metodo
di considerazione stato inaugurato dall' acuto e pru
dente lavoro di E. Kapp, di gran lunga la cosa migliore
che negli ultimi anni eia etata scritta sul?Eudemea e
sulla sua posizione filosofica '). Merc rinnovata compa
razione delle due Etiche esso giunge al risultato di resti
tuire V Eudemea ad Aristotele e di considerarla la pi
antica. Alla stessa conclusione era giunto alcuni anni
prima P. Von der Muhll, muovendo dai caratteristici
rapporti che legano V Eudemea alla Politica e ad alcuni
altri scritti 2).
Quanto
a me, sono giunto alle mie conclusioni, che
inparte coincidono con quelle dei miei due predecessori
e in parte le oltrepassano, per via diversa, e senza an
cora avere alcuna notizia delle loro osservazioni. Esporr
questo mio processo d' indagine, giacche vedo che la
loro intuizione dell' origine antica e dell' autenticit del-
VEudemca non si pienamente impoeta, e giacch, in-
') E. Kapp, Das Verhallnis der eudemischen sur nikoma
chischcn Ethk, Diss. Friburgo 15)12.
Von tier Muhll, I. c. II merito di questo assai dotto lavoro
consiste specialmente nella tenace ricerca dei contatti tra la Poli.
tica e l'Eudemea, gi segnalati dal Bendixen (in PhiloJogus, X,
1856, p. 575 segg.), e a cui esso aggiunge molte altre simili
osservazioni. Torneremo su tale questione nel capitolo sulla Poli.
tica, dove essa diventa importante.
Preferisco invece non valermene
immediatamente come di base per I' esame dell' Eudemea, perch
queste coincidenze, prese per s, non sono ancora forse sufficienti
per una piena
dimostrazione, anche se ai difensori della paternit
di Eudenio potrebbe riuscir gi difficile Io spiegare in modo soddi
sfacente il metodo di lavoro dimostrato dal Von der Muhll come
proprio dell' autore. Un certo numero di inesattezze filosofiche, che
il Von der Miihll intende attribuire all' Eudemea, spiegandole con
l'ipotesi che l'opera intera sia una non molto accnrata trascrizione
di lezioni aristoteliche fatta da Eudemo, slato illustrato con acuto
senso interpretativo da! Kapp, l. c., p. 8 segg. Resta cos per ora
aperta la questione se l'Eudemea aia una trascrizione di Eudemo
o una primitiva stesura di Aristotele.
LA PRIMA ETICA 311
sieme, spero d' essere in grado di arrecare alla questione
il suo chiarimento definitivo. Uno svantaggio delle inda
gini finora condotte era quello che esse non si fondavano
sulla considerazione complessiva dell' intero processo
evolutivo di Aristotele. Soprattutto lasciava adito a varie
obiezioni la limitazione del confronto alle due grandi
Etiche, mancando all' indagine un saldo punto di par
tenza, cronologicamente determinabile. Un simile criterio
inderogabile ci -s offre invece nell'etica aristotelica gio
vanile, finora non mai presa seriamente inconsiderazione.
Sulla base dei frammenti del Protreptico, compreso il
nuovo materiale che a questo proposito si potuto rin
tracciare, possibile designare un quadro dell'evoluzione
dell' etica aristotelica distinguendola in tre stadi chia
ramente distinti: il periodo del tardo platonismo rap
presentato dal Protreptico, quello della riforma del pla
tonismo rappresentato dall' Eudemea e -quello del tardo
aristotelismo rappresentato dalla Nicovnachea. L'indagine
si orienta per noi anzitutto verso il problema di distin
guere quale delle due opere maggiori sia da considerare
come la formulazione dell'etica aristotelica immediata
mente risultante dalla situazione problematica del Pro
treptico, e in generale di decidere se possibile mettere
in luce un continuato processo evolutivo.
1. Relazione tra l'Eudemea e il
Protreptico
IN ORDINE ALLO SVILUPPO DEI PROBLEMI.
La Nicomachea inizia lo studio della questione con
cernente lo scopo ultimo della vita umana con uno
schizzo a grandi linee del sistema dei fini. Con ci essa
determina subito illuogo che tale questione occupa nel
sistema complessivo della teleologia aristotelica, e indica
la via che dev'essere battuta in ci che segue. In modo
assai meno sistematico, ma pi vivace e personale,
312 CLI ANNI DI VIAGGIO
V Eudemea apre col principio del primo libro la mede
sima indagine. Sul propileo del tempio di Latona a Delo,
comincia il disserente, etanno scritti i
vergi:
xXXiaxov t
otxatxaxov, Xicxov S'oytafvsiv,
ndcvxtov fSiaxGv 5' o
xt
pa z xuetv.
A
questa manifestazione apodittica del popolare
eentimento greco della vita egli contrappone con passio
nale energia la sua tesi : Noi per non vogliamo con
ceder
questo all' autore dei versi. Ilsupremo valore mo
rale (xaXXcaxov) e il massimo bene (ptaxov) consiste
infatti nell' eudemonia, e questa insieme il sommo
piacere (Stoxov) . Con ci il problema dell'eudemonia
posto al vertice dell' etica, e forma
oggetto di tutto il
primo libro. IIsuo collegamento col problema morale
tradizionale fin dall'et di Socrate e di Platone, ed an
che la Nicomachea continua a considerarlo come punto
di partenza e d' arrivo dell' intera trattazione etica.
Que
st'ultima opera per molto moderna quando, nel pri
mo capitolo, antepone all'indagine circa il concetto del
l' eudemonia un proemio, il quale deduce dall' univer
sale sistema dei fini il concetto formale di un necessario
fine supremo, verso cui tutti gli uomini tendono. Solo
sul principio del capitolo seguente esso viene identificato
con l'eudemonia.
Il secondo punto che Aristotele tratta nella Nico
machea, prima di addentrarsi nell' indagine circa l'eu
demonia, la questione del metodo. Le indagini sul Pro-
treptico hanno dimostrato come Aristotele sia giunto
nella Nicomachea a un punto di vista metodologico dia
metralmente opposto a quello proprio della sua giovi
nezza. Con netta formulazione, egli lo manifesta
gubito
nel proemio1). Anche in questo l'Eudemea non mostra
'I-
"A
a1
') Circa 1* antitesi metodologica tra il l'rolreptico e la /Yco-
la PRIMA ETICA 313
la stessa decisione. Manca in essa la riflessione circa il
particolare carattere del metodo etico: e in suo luogo
l'autore manifesta la propria opinione circa la differenza
tra la considerazione filosofica dei problemi etico-poli
tici e quella non filosofica, cio su un argomento che
gi nel Protreptico veniva sottoposto a un1approfondita
indagine "). All'empiria veniva contrapposta col bru
scamente la conoscenza razionale delle pure norme e la
dialettica, quale unico metodo filosofico. UEudemea non
oppone a questa veduta, come la Nicomachea, il rigo
roso rifiuto dell' esigenza di un' esatta trattazione geo
metrica, e tende piuttosto ad occultare l'antitesi, che
I' altra mira invece nettamente ad illuminare. Occorre
oerto, essa osserva, attingere la forza persuasiva delle ar
gomentazioni a considerazioni logicamente universali
(Xyoi), ma insieme anche basarsi sui dati di fatto del
l' esperienza (tpaivjisva) e lasciarsi guidare da essi. Inol
tre si richiede che la norma filosofica venga conciliata
con le concezioni morali dominanti nell'umanit, merc
l' estrazione, operata con l'elaborazione concettuale, del
contenuto di verit che 6ta loro a fondamento.
Qui
l'ana
lisi concettuale dell'esperienza ha preso ilposto di quella
machea cfr. sopra, p. 110 segg. II brano che nella Nicomachea
premesso al principio dell'Eurfemea (Elh. Nic., A 2) chiamalo
proemio dallo stesso Aristotele: xal Kepi [lv xpoatou xal itrp
ixoSexviov xal -ti icpoTi&i|ieda, itecppoquciolk xooaO-ca. Poi, quasi
con le stesse parole adoperate al principio del primo capitolo,
egli riprende l'idea del sommo fine, a cui tutti tendono, e lo
scorge, come l'Eudemea, nell'eudemonia. Nella Nicomachea dunque
premessa all'inizio dell'indagine vera e propria, con piena
consapevolezza, la decisa asserzione dell' antitesi del1 metodo che
si adotta rispetto a quello seguito da Platone e, in precedenza,
da Aristotele stesso.
') Che il passo Elh. Eud., A 6 sia diretto contro l'Accademia
e Platone stato congetturato gi dal Von der Miihll (2. e-, p. 21),
mentre il Kapp ne dubita. In realt, qui Aristotele corregge in
parte e in parte rifiuta le dichiarazioni di metodo, platonicamente
orientate, del suo Protreptico (Jambl., Protr., c. X): cfr. sopra,
pag. 110 segg.
314 CLI ANNI DI VIAGGIO
i
conoscenza delle idee, intuite in seno all' anima stessa,
che propugnata dal Protreptico, per quanto s'insista
sul fatto che 1' esperienza in e confusa e che solo
il logos conduce ad una chiara penetrazione dei fonda
menti delle cose. L' antitesi del metodo filosofico e di
quello non filosofico non coincide pi, qui, con quella
della considerazione logico-normativa e della conside
razione empirica, ma equivale al binomio costituito da
due diverse specie di empiria: una specie inferiore, che
stabilisce soltanto dati di fatto, e ima specie superiore,
che di quei dati indaga la ragione. L'influenza- che sulla
dichiarazione dell' Eudemea esercita ilProtreptico si ma- V)
nifesta inoltre nella posizione che essa prende rispetto
. .V-
all' esigenza, secondo la quale al politico occorrerebbe
laconoscenza teoretica della norma morale. Sembra quasi
di ascoltare la difesa di una posizione gi per met ab- .
bandonata, quando l'Eudemea dice come anche per il
politico un sapere della specie di quello sopra descritto
f
sia non superfluo , dovendo esso penetrare le ragioni .
dei fatti etico-politici. D'altro lato, essa oppone resi
stenza a quei filosofi che aggravano la disciplina in que
stione con discussioni astratte e peregrine (che un'al
lusione alla teoria delle idee e dei numeri ideali), e
spiega le loro complicazioni come prodotto di incom
prensione e di boria (Xaovefa). Tra VEudemea ed il
Protreptico cade infatti l'abbandono della dottrina delle
idee e la- separazione della metafisica dall'etica. Ilcap. 8
del primo libro contiene la confutazione dell'idea del
bene ebe si trova anche nel secondo- libro della Nicoma-
chea. Ma mentre qui vien messo avanti, con nettezza
aggressiva, l'annuncio della rivoluzione metodica a cui
aveva dato luogo -quel passo, YEudemca cerca piuttosto
di far vedere come anche dopo la critica delle idee e
del metodo precedente brani assai considerevoli del Pro
treptico continuino ad aver valore.
i*
LA PRIMA ETICA 315
La formulazione dei problemi offerta dal primo libro
dell' Eudemea si manifesta cos, anche se osservata pi
da vicino, determinata dappertutto in misura sorpren
dente dal Protreptico, e mediatamente dalla
forma
men
tis consueta a Platone. Gi per Platone fa parte
del
contenuto stabile della dottrina dell'psTfj, e in parti
colare dell'impostazione problematica che ad essa in
troduce, la questione se la virt esista nell'uomo per
natura o se dipenda da esercizio, conoscenza, dono di
vino o caso. Ora giacch, come vedemmo, la questione
dell'essenza e del valore della virt soleva essere subor
dinata a quella della vera felicit, l'Eudemea, sul prin
cipio dell' indagine circa 1' eudemonia, fonde idue pro
blemi nella questione se l'eudemonia nasca per dispo
sizione naturale o per intelligenza o per esercizio e via
dicendo. Conosciamo la rispoeta gi dal Protreptico: di
penda 1' eudemonia da una di queste
cause o da pi di
esse o da tutte, gli uomini sono sostanzialmente con
cordi nell' idea che 1' eudemonia (qui identificata im
provvisamente all'e f)v) si basa su tre fattori, la cui
importanza per lo scopo da raggiungere vien giudicata
d'altronde in diverso modo: tppVTjcc?, pexrj, -?)&ovVj.
Gli uomini scorgono la vita beata e perfetta parte in
uno di questi tre fattori, parte nella loro giusta mesco
lanza: ilFilebo platonico la trova nella mescolanza della
cfpV7]ais e dell' -fjSoVTj, e il Protreptico aristotelico Del
l' unificazione di tutti e tre iprincipi
*). Ilfine della vita
(oxoti; to xaX&; che l'etica ha il compito di
determinare, dipende dalla soluzione di questo pro
blema. Li ogni caso, la questione dell' eudemonia con
duce a quella della miglior forma di vita (jtEpl jfou
xoO xpaxCoxoo xa xi); Ccpfoxrjc). Parlare di un
paxcepo?
v sarebbe forse meno raccomandabile che
') Plat., Phil., 22 A; Jambl., Prolr., p. 41, 11 e 59, 26 PistelJi.
.<
'
>
-
I
X
316 GLI ANNI DI VIAGGIO
,4'
di un e&
y.al
xkX&s qj}v, giacch la prima espressione p-
ttehhe urtare. Anche questa
correzione mostra come
1' Eudemca si
ricolleghi qui pienamente al Protreptico,
che parlava ancora audacemente
dell'elemento divino
(jiaxiptov) dell' uomo ed esortava a vivere soltanto per
esso l).
Sul Protreplico si fonda anche il seguente capitolo
quarto, che contiene la comparazioue delle forme di
vita (|3fcu). Dai tre
citati principi fondamentali, costi
tuenti la fonte di ogni valore umano, e cio dallo spirito
conoscente, dal
carattere morale e dalla sensazione di
piacere, vengono dedotte, come
nell'opera giovanile, tre
in
forme tipiche di vita.
Quella
fondata sulla scienza ha la
sua radice nella cppvr
jat$, quella politicamente
attiva
nell'pex, quella dedicata ai godimenti
nell'Sovfj 2),
i"'..
Dal Protrcptco, a
quanto sembra,
deriva anche 1' esem- .
pio di
Anassagora, che alla domanda chi il pi f-
!
lice? rispose: Nessuno di coloro che tu ritieni tali.
||
ma chi, anzi, ti farebbe molto meravigliare . Che infatti
'
lo stesso Anassagora non abbia veduto la felicit del-
l'uomo nella ricchezza e nella bellezza, ma forse nella
vita retta, pura e
scevra di sofferenza, partecipe di una C;
divina intuizione (xtv? S-etopfas xoivwvovxa Uefa?) cor- ,
risponde
esattamente a due passi del Protreplico in . .
1
cui ilmedesimo filosofo designava
l'intuizione del cosmo
:
quale vero scopo della vita umana e faceva partecipare,
merc ilvo, ilsecolo mortale alla divinit3). Nella de-
duzione dei tre pfoc viene nuovamente in luce, come gi
-
.
VLa distinzioneideilo
Zffi
dall' e (tsitifl;, X-rgO-Bg, xctXBcl
svolta minutamente nel Protreplico: v. Jam1)1-, Protr., c. XI,
e specialmente p. 4i6, 25; 58, 1; 9; 66, 9. Per il tiaxptov e il
Haxapltoj tfjv v. Eth. End., A , 1214 a 30; 3, 1215 a 10, e cfr.
Jambl., p. 48, 9.
Eth. End., A 4, 1215 a 26 - b 6.
") Eth. Eud., A 4, 1215 b 6 - 14, dr.
Jambl, Protr., p. 51,
11-15; 48, 13-18.
4
LA PRIMA EJICA
317
nelle espressioni circa il metodo da seguire
nell' etica, la
maggior vicinanza dell'
Eudemea, in confronto
della Ni-
comachca, alla
forma
mentis dei Protreptico.
La Nice-
machea conosce invece anch' essa pi (3;a
tra loro di
sputanti il premio dell'
eudemonia, e nello stesso conte
sto nomina esplicitamente quest'ultima J). Ma la ricorda
solo di sfuggita, come unluogo comune ormai
fisso, men
tre l'altra Etica attribuisce
grande importanza
proprio
alla deduzione sistematica di essa dai tre concetti di
9pvY/at{, pixfj, Sov. Questa
deduzione mostra donde
tragga origine la teoria dei tre
fi
tot: essa nasce dal grembo
della tarda etica platonica.
IlFilebo muove dalla que
stione del sommo bene
umano, e tratteggia la gara dei
due jtoi della ypvyoiz e dell'Sovq, per il raggiungi
mento di tale dignit 2). Nel Protreptico
si aggiunta
a queste due l'pexiij, e la vita ottima consiste nella giu
sta mescolanza di tutte e tre. questo ilmomento evo
lutivo in cui s'innesta l'Eudcmea-.
Che la Nicomachea
congervi
invero ijSfoi,
ma eli
mini la loro deduzione dal trinomio eppvat?, ptxi],
f/3ovrj, cosa che ha il suo motivo pi profondo nella
mutata posizione assunta col da Aristotele rispetto alla
qpvrjots 8). A tale proposito possiamo esser qui brevi,
') Eth. Nicom., A 2, 1095 b 17.
*) Plat, Phil., 20 E.
s) In Eth. Nic., A 2, 1095 b 14 non si trova pi una dedu
zione dei ire piot dai tre Viceversa, si deve anzi riconoscere
dai ptot quello eie gli uomini considerano come yaOv.
Ncll'o-
Aauoxixg 'oc esso l'Sovrj, nel iwJU-nxig (c( la ztp.-; (non
l'ipsxij). Di fronte al Ostopijux-jg p(oc Aristotele
resta in imba
razzo,
noa potendo adoperare il termine di q-pivijaig, e rinvia
perci alla ulteriore trattazione
dell'argomento (1096 a 4): cpirog
d'ozlt i&eaiprjv.x4(, Strip 5
zr/v
4jrloxsif>iv ivtcf
ttofisvoip
icoiijoiisO-a. A questi egli aggiunge poi ancora il XpijjiaTWtg piog,
scopo del quale il xXoxo;, eliminando cos a ragion veduta
ogni traccia della tripartizione antica. Inuovi
piot sono semplice
mente attinti all' osservazione
psicologica1 della vita, mentre itre
antichi avevano un significato normativo. Lo stesso procedimento
318 GLI ANNI DI VIAGGIO
avendo gi chiarito, nello studio del Protreptico, Tanti-
tesi che il concetto di tppdvrjat?, nel senso datogli da esso
e dalla filosofia platonica, costituisce rispetto a quello
presupposto dalla Nicomachea. Nell'interpretazione di
questo concetto trova espressione la diversa risposta data
da Platone e da Aristotele al problema della fondazione
e del criterio ultimo della moralit. Nel Protreptico la
9povija15 serbava ancora ilpieno seneo platonico del vo?,
attingente per via teoretica Tessere eterno e con ci
insieme il valore supremo. Solo il filosofo vive la vita
della cppvrjctg. La Nicomachea non fa pi dipendere il
retto giudizio
morale dalla conoscenza del trascendente,
e cerca invece una giustificazione
naturale nella con
sapevolezza pratica dell'uomo e nel suo costume etico.
Perci, nel primo libro della Nicomachea, Aristotele ha
logicamente
cancellato la cppvct;, insieme con la tripar
tizione del Protreptico. L' Eudemea invece non soltanto
l'ha mantenuta nell' antico senso, come si dimostrato,
ma da essa anzi deduce ildisegno e il piano dell' intero
sistema etico ]).
Questo
da essa enunciato nel modo seguente: Ttepl
S'petiJs xai cppovaetos
da notare 1' ordine, che cor
risponde all'effettiva serie delle parti dell'etica
irpwTov S-ewpijaiopev, xv xs cpuoiv axv ixaxpou xlq otc
/.al ittspov ppta xaxa
yafrijs Ctofj? aiiv,
a5x
) al npafei? ac rx auxfijv.
Della i)5ovi) 1' autore intende
trattare pi tardi2). Non esistendo ilibri centrali del-
T Eudemea,
dobbiamo controllare nella Nicomachea
eli
eliminazione si gi
osservalo, a proposito delle quattro virt
platoniche
del Protreptico, in Eth. Nic I 4, 1178 a 24 (cfr. p. 95).
) Che lo stesso contrasto a proposito del significato
della
9P0VIJOIS, gi da noi dimostrato sussistente (p. 106 segg) tra il
Irolreplico_ e la
Nicomachea, sussista anche fra T Eudemea e que-
st ultima, e stato notato dal Greenwood iAristotle,
Nicomachean
p 48)
Cambridge 1909), a cui si ricollega il Kapp (l. c.,
*) Eth. Eud.. A 5. 1216 a 37.
1A PRIMA ETICA 319
1" attuazione del progetto qui enunciato. Essa ha mante
nuto la stessa costruzione, nonostante che la pvr/aig
vi abbia un compito essenzialmente diverso da quello
che le era assegnato nell' Eudemea. Ilibri B-E com
prendono la prima parte, Jtepi pexfjg. Ad essa si con
nette in Z la teoria della ragione e della conoscenza,
a cui l'Eudemea d il titolo di Ttspl cppovasco?. Nella
Nicomachea Aristotele non si serve pi che della bipar
tizione, parimenti data anche dall' Eudemea, dellepexal
in rjkxat e Stavoijxixal, e identifica la trattazione delle
prime alla teoria 7tspl pexfj? e quella delle seconde alla
teoria rapi tppovceti)?. La tppvTjois peraltro costituisce
ancora, nella stessa
Nicomachea, 1' argomento principale
di questa parte. Illibro Htratta zxept VjSovfjs, e a ci si
aggiunge miche la trattazione che di tale problema
data in K, NeEa parte finale di K' Aristotele compie la
sintesi dei tre Ilibri intermedi, concementi l'ami
cizia (0 I), esistono invero gi anche nell' Eudemea, ma
non possono aver occupato quel posto
fin dall' origine,
com' dimostrato dalla struttura concettuale del com
plesso, che essi spezzano e ampliano 1). Solo in base al
l'Eudemea possiamo ancora scorgere come la costru
zione sistematica dell' etica aristotelica si sviluppi orga
nicamente, dalla tripartizione data nel Protreptico, in
tre distinte famiglie di problemi. IIcoronamento, verso
cui esse ascendono insieme, la dottrina dell' eudemo-
J) La genesi delle itpaYpaTstai. di Aristotele da singoli complessi
d' indagine, insi conclusi (i.4fO'., |i&o3oc, ecc.) stata da me dimo
strata in Entstehungsgeschichte d. Metaph. d. Ar., p. 150 segg. Ci
peraltro non va inteso nel senso che un' idea unitaria non compe
netri da cima a fondo anche un ampio gruppo di tali indagini
singole, e che queste siano sempKcemente giustapposte, senza un
saldo legame interno anche dal punto di vista del pensiero.
Quella
nozione giova soprattutto per intendere la composizione delle ope
re aristoteliche e ci aiuta a comprendere le loro incoerenze ed
apparenti deviazioni, facendole dipendere dal metodo di lavoro
e di insegnamento del filosofo.
320 OLI NKI DI VIAGGIO
nia, esposta
nel libro finale e sorretta in comune da
quei tre sostegni. Nella Nicomachea si rinuncia a de
durre, nel libro introduttivo, questa forma strutturale, e
la sua provenienza resta perci oscura. Anche in ci
una prova del carattere assai pi originario della reda
zione dell' Eudemea.
Veniamo ora alla conclusione per quel che con-
'
cerne la questione dell'autore. Che Eudemo, dopo
la morte del -maestro, fosse tornato di propria volont k-
a uno stadio evolutivo che quello aveva superato da '}
lungo tempo, appare escluso, tanto pi dato lo stretto
legame costituito dalla comunit scolastica. L'ipotesi che
Eudemo sia 1' autore dell' Etica che ne reca il nome de-
v' essere perci considerata come insostenibile in base
%
alla conquistata nozione del graduale sviluppo del pro- t
blema elico. Nella storia della filosofia greca si ripete !'|
pi volte il tentativo di chiarire con motivi biografici e <
personali ci che ha la sua ragion d'essere nell'interna . i
logica delle cose. La serie evolutiva costituita dal Filebo,
dal Protreptico, dall' Eudemea e dalla Nicomachea ri- !
sponde a un'inconfutabile logica storica: in essa non
possibile mettere un elemento al posto di un altro. Fi
nora si poteva essere in
dubbio circa la posizione del
l'Eudemea, ma ora che risultano stabiliti due punti della
via percorsa da Aristotele nella sua evoluzione, cio il
Protreptico e la Nicomachea, della cui autenticit nes
suno dubita, non pi difficile riconoscere come 1' Eude
mea non giaccia sul prolungamento di tale linea ma tra
i suoi punti terminali. Essa la Vrethik, la prima
etica, se lecito designare cosi la pi antica forma
dell' etica aristotelica indipendente, cio del tempo im
mediatamente posteriore al distacco dalla metafisica pla
tonica.
Nell'evoluzione della dottrina morale di Aristotele
la prima etica corrisponde morfologicamente al grado
I.A PIUMA KTlCA 321
rappresentato
dalla prima metafisica ncil' evoluzione
del suo pensiero metafisico. Con questa essa concorda
nel palese intento di creare, dopo la dissoluzione della
principale dottrina platonica, un
surrogato
scientifica
mente sostenibile, che nello ste6Bo tempo soddisfi al
l'esigenza religiosa e possa prendere sotto ogni aspetto
il luogo dell' intuizione delle idee. L'antitesi a Platone
doveva passare in seconda linea rispetto allo scopo di
creare una nuova forma di platonismo, adeguata ai
dati dell' esperienza, ma per il resto il pi conser
vativa possibile. Dal punto di vista del contenuto la
prima etica collegata alla prima metafisica dalla
giustificazione esclusivamente metafisica della moralit.
Come Aristotele, in questo periodo natale della pro
pria filosofia, manteneva ancora merc la teologia una
certa consanguineit con la metafisica di Platone, cosi
egli si riconnetteva all' etica platonica merc la morale
teonoma, designata nella prima etica dal concetto della
cppvijac;.
Come Platone e il Protreptico, l'Eudemea intende
per cppvTjms l'energia filosofica dello spirito, che, in
trascendente intuizione 5) del supremo valore esistente,
attinge la visione della divinit ed eleva il suo contem
plare a canone del volere e dell' agire: essa ancora, in
') Della distinzione di questa 3-ecopltt dal pensiero discorsivo
e scientifico Aristotele parla in Metapk., 0 10. Non si tratta della
verit nel senso della formazione empirica del giudizio, ma di
un'intuizione immediata, di un- toccare o atlingcre (CYY'*VStvl il
voijtdv oggetto di questa conoscenza: cfr. il Protreptico (Jamb!.,
58, 14) in cui il opvifiog definito come O-stoprv t pAte-K -fi>v
vtcov Ypi[i5v, La distinzione si esprime anche nel fatto che la
tppvrjatg, secondo Eth. Eud., 0 1, 1246 b 35, non una Ttiaxrjjir)
che si possa adoperare tanto a scopo buono quanto a scopo cattivo,
bens una dpsxrj del vog, che trasforma l'intera SS'S e consiste
in un yivog SXXo yvtoeiug. Anche nel Protreptico (Jambl.,
41.
22 segg.) essa Spett -toB voB. N contraddice a questo il fatto
che col (43, 5 segg.) essa consista proprio in una iniotTjfH),
perch questa appunto quella diversa forma di sapere.
21.
W. Jazgkb, Aristotele.
322 CLE ANNI DI VIACG10
egual misura, conoscenza teoretica dell' essere soprasen
sibile e pratica intelligenza morale. Anassagora per
essa ancora, come nel Protreptico, un esempio di questa
Ustop(u, icspi xfjv aXreiav. La cppvijocj ancora 1' ele
mento vitale del filosofo e del &swpT]iiy. (5(o. E per
ci, ancora, essa continua qui ad essere considerata come
y.opta icaav 7ua-njp>v e xijicwixrj ittaxpi} x) ;tutto iu
evidente antitesi rispetto alla Nicomachea.
Essa I'attivit trasformatrice, che traduce la cono
scenza del bene eterno nell' intenzione morale del volere
e 1' applica al caso singolo dell' agire pratico 2). Nella
Nicomachea invece essa senz'altro la icpax-f/.r;, e
nessun uomo agisce senza di essa : la filosofica cono
scenza di Dio non costituisce pi, in alcun modo, il suo
presupposto interno.
Quest'
ultima una conoscenza
superiore, accessibile solo a pochi mortali, senza che per
ci la ragion pratica sia limitata al piccolo cerchio dei
filosofi. Aristotele tenta cos d' intendere il dato di fatto
della moralit non filosofica inbase all' autonoma consa
pevolezza morale e alla sua norma interiore. Solo alla
fine egli inserisce in questo quadro ilfrewprjTix; pio?,
senza perci farne dipendere sempre la pstV) etica 8).
Nella redazione dell' Eudemea egli invece assai lon
tano da questo atteggiamento conciliante rispetto a ci
') La cppvijatj Netopia itept rqv Xrjd-siav in Elh. Eud,
A 4, 1215 b % e in I'rotr. presso Jsmbl-, 42, 15-25; xupCa
jtaoiv
Tuatrjp)v in Eth. Eud., t 1, 1246 b 9 e in Jambl-, 43, 2-7.
*) Elh. Eud., 8 2, 1248 a 29 yp pexi) -uo vo Spfavov.
') InElh. Nic., K 7 la vita della cotpa e del voBp chiamata
divina e sovrumana; in E 8 contrapposto a questo supremo
ideale, come ideale di secondo grado, 6 xax xijv XXrjv &pir\'j
(Sioj, che umano in senso vero e proprio. Di questa psxij non
filosofica detto (1178 a 16): oovieoxxat 81xal cppvvjotj xo
t-oug pst xal aBtt; <ppovi)osi, elitsp al pv "cfjS ?povijostBg
pyal xa-u tip tjHxds stoiv psxdj, x 8'4p84v xfv rjfkxv
xaxTTjvcfpvijaiv. La virt etica si tonda quindi su s stessa e
trova la propria felicit in se stessa, avendo anche una sua pecu
liare razionalit.
LA PRIMA t'flCA 323
che Platone chiama morale borghese (5'ijpoala ptzi})
Inessa lacppVTjat? ancora, informa del tutto esclusiva,
la contemplazione dell' pyd) divina, e senza di essa non
possibile azione morale: soltanto, oggetto della con
templazione non sono pi le idee platoniche, ma il Dio
trascendente della prima metafisica, che una me
tamorfosi dell' idea del bene. Come nella
Metafisica
il
motore immobile, cos nell' Eudemea concetto centrale
) ancora Dio: agire morale per essa tendere a Dio.
Anche ilProtrepticoconosceva un unicoscopo della vita:
abbandonare ilmondo terreno e sensibile e andare verso
Dio. C' un principio, oltre il quale non si d prin
cipio ulteriore, dice la prima etica a proposito dei
processi interni dell' anima. Come nell' universo Dio
che muove tutto, cos anche nell' anima. Tutto infatti
mosso, in certo modo, da ci che divino in noi
(il vo;). Ma il principio della ragione non a sua volta
ragione, bens qualcosa che pi alto della ragione.
Ora, che potrebbe essere pi alto del sapere e della ra
gione all' infuori di Dio? ').
Qui
torna lo etesso con
cetto che Aristotele aveva espresso alla fine del suo
scritto sulla preghiera (cfr. sopra, p. 212). La seria con
siderazione che l'Eudemea dedica all' entusiasmo, l'alta
valutazione della mantica, della fortuna e dell' elemento
istintivo, in quanto esso dipende da ispirazione divina e
non da disposizione naturale, in breve l'accentuazione
dell' irrazionale sta sullo stesso piano dell' intuizione
espressa nel Ilepl cptXoaocpfa?, in cui le irrazionali ener
gie chiaroveggenti dell' anima sono designate come l'ima
delle due fonti della fede in Dio. Neil' Eudemea Ari-
i
l) Eth. Eliti., fi 3, 1249 a 21 sino alla fine. Anche qui egli
polemizza denunciando 1' oscurili della definizione accademica se
condo la quale la norma tg 5
X-fo?
(1249 b 3), allo stesso moda
che in Eth. /Vie., V. 1, 1138 L 25. un problema che lo ha dunque
assillato per tutta la vita. Ma la soluzione diverge, qui, da quella
data nell' Etica pi tarda. IL paragone della eovevig con la taxpixr)
era gi stato adoperato
nell'Accademia. Nel?Etica pi antica Ari
stotele lo modifica con la distinzione della medicina teoretica da
quella pratica. La conosce la norma (la
salute.
Dio) e
quindi l'applica. In Eth. Nic., Z 13, 1144 a 4 egli chiama il primo
momento ooCt e solo il secondo cppvijotj. Del resto gi nel
Protreptico, framm. 52 (p. 61, 25 R.) detto: Iti 81 ttg fjpiv
'/aviiv T(g 8pog xpipotspog tfflv
foS-Sv
tcX'jjv 6 ippvipog;
Ma col la eppivrjoiS in generale ancora indifferenziata, ed una
nwnhii} universale.
*) Eth. Eud., e 3, 1249 b 20.
LA PBIM ETICA
327
cumento classico della moralit teonoma, nel senso da
tole dal vecchio Platone. Dio la misura di tutte le cose.
Salvandola dal naufragio della dottrina delle idee merc
iltrasferimento nella sua etica, Aristotele ha la coscienza
di conservare
il nucleo duraturo della moralit plato
nica: cio il concetto della norma assoluta e la trascen
denza metafisica del bene, che per il platonico era di
ventata la fonte di una nuova esperienza di Dio. Non
stato certo un errore, se si sempre attribuito un tempe
ramento pio all' Eudemo sedicente autore di questa
Etica. Con l'idea che ci si faceva di Aristotele tutto ci
era inconciliabile.
Invece proprio il fervore religioso
della sua giovanile fede platonica che spira dal suo
primo corso di etica. Accanto a questa
etica del puro
culto di Dio, anche la famosa descrizione del
f
1
fteoprjTixg nel decimo libro della Nicomachea s' at
tenua quasi in un'immagine soltanto ideale e ogget
tiva della vita del dotto, dedicata allo studio del reale e
alla fine elevantesi all' intuizione della forza suprema
che volge le fere. Anche in questa
immagine, certo, ri
compaiono ivecchi colori, ma non possiedono pi tutta
la loro antica vivacit. La forza dell'etica aristotelica
pi tarda piuttosto nelle parti che contengono
l'ana
lisi realistica dei tipi morali, e nella sua umanit sa
tura di vita.
Con la freiopfa S-soO in origine strettamente con
nessa la teoria dell' amicizia, che nella Nicomachea si
amplia in una dottrina universalmente
sociologica delle
molteplici forme delle relazioni umane. In questa fe
nomenologia, riccamente
articolata, della vita sociale
non riconosceremmo pi che a fatica lo stretto nesso
collegante la filosofia aristotelica dell' amicizia alla dot
trina platonica delle idee, se accanto ad essa non posse
dessimo la pi antica etica, la quale ci fornisce un qua
dro evidente del metodo originariamente prospettato e
328 Cl.I ARNI DI VIAI0.1O
seguito da Aristotele. La trascendente ed universale idea
del bene qui sostituita da tipizzazioni di classe, come
in genere accade nelle forme pi antiche dell' etica e po
litica aristotelica.
Questi tipi ideali sono immanenti al
l' esperienza, ma tuttavia normativi, e cio non mere
rappresentazioni descrittive dello stato medio delle cose,
astratte dalla realt dell'esperienza. La pi importante
di queste tipizzazioni normative costituita dalla Jipt&TTj
cptXEce, dalla quale nell' Eudotnea vengono dedotte
tutte le specie di amicizia. Essa derivata immediata
mente dal concetto del Ttpwxov epfXov evolto nel Liside
platonico 1). Ma mentre quest'ultimo concetto designa
il supremo valore metafisico (ax t dyalv) rispetto
al quale tutti icpiXopeva terreni non sono che ombre,
Aristotele elabora nella rp'n-q cpiXfa l'immagine ideale
dell' amicizia. Inessa conservato il nucleo del concetto
platonico, e cio la fondazione dell' amicizia sul prin
cipio morale dell' ya&v. Ma per Aristotele il bene -
un valore moralmente concreto, che si sviluppa nel ca
rattere dell' uomo stesso. Il fondamento assiologico, so
pra-personale, della relazione umana non allontana qui,
come in Platone, l'interesse dalla personalit dell'amico,
ma anzi concentrato ed incorporato in essa. Il con
cetto aristotelico non quindi soltanto una diversa forma
di riduzione di ogni valore sociale umano al problema
universale del valore, bens mira alla giustificazione del
valore indipendente della personalit morale, e in ul
tima analisi alla giustificazione del valore universale della
moralit umana rispetto all' yafrv cosmico, fondato sub
l'idea di Dio.
La deduzione delle diverse forme di amicizia dalla
Tzptsjzrj cptXfa compiuta nell' Etica pi antica con l'aiuto
')
Plat, Lys., 219 C. Per l'esposizione dell'ideale della Jipi&xp
v. Eth. F.ud., II2, per 6 itpnog cpUog H 2, 1236 b 28.
LA PRIMA ETICA 329
di concetti schiettamente platonici. Alla distinzione del
volere ((fouXeoS-ac) dal desiderare (xstv) corrisponde
in Platone quella del bene assoluto (yat-v), come fine
a cui la volont tende per natura, dal bene apparente
(cpaivpevov ya&v), che il fine del desiderio. Da Pla
tone deriva inoltre la distinzione dell' yafrv dall' j/
e la tesi che l'ya&v
JtXfijje l'S stTtXffis
siano una
sola e identica cosa, e che quindi 1' amicizia di ci che
veramente buono sia nello stesso tempo gradita. Alla
dimostrazione che la Tipo>-i) <pcXa unifica in s tutte le
note che sono state in ogni tempo determinate come
caratteristiche dell' essenza dell' amicizia, non escluse
quelle apparentemente incompatibili tra loro, (dimo
strazione che un perfetto esemplare di dialettica della
prima et aristotelica), VEudemea dedica la parte prin
cipale dell' indagine. Nella Nicomachea l'espressione
7upa>Ti] cptXfa, che ricordava chiaramente la teoria delle
idee e faceva pensare ad un metodo puramente
dedut*.
tivo, sostituita con quella di reXet'a <piX(a 1). La teoria
platonizzante secondo cui gli altri sTSr) cpiXia; non sono
classi coordinate e possono avere il nome di amici
zia soltanto per ucciderti , insieme con la sua dedu
zione dal concetto ideale della perfetta amicizia, conser
vata invero anche in questa fase pi tarda: ma
_per
Ari
stotele ha ora maggiore importanza 1' analisi psicologica
e sociologica, di gran lunga preponderante gi quanto
all' estensione. Pi oltre constateremo un simile processo
evolutivo anche a proposito della politica. D materiale
dell'esperienza, ohe nella sostanza soggiace a leggi pro
prie e diviene sempre pi fine a s, stato inserito in
un secondo tempo nel quadro della costruzione ideale,
elaborata in Btile platonico.
Se l'esser buono il fondamento della verace ami-
') Eth. Aie., e 4.
330 GLI ANNI DI VIACCIO
LA PIUMA ETICA 331
") Eth. Eud., II6; Elh. /Vic., I4 e 8. La speculazione filosofica
approfondisce qui un principio della saggezza popolare greca, che
si trova espresso sovente: cfr. Sopliocl., Oed. Col., 309
xfc fi?
a&\z tX
aOxtp jiiXoc ;Eur., Wed., 86; fr. 460; Men., monost., 407.
Per il voO; come personalit soggettiva (il S) dell'uomo v.
Jambl., Prolr., 42, 3; 42, 14; Eth. Me., 18, 1168 b 35;K 7, 1178
a 2.
1Eth. End., E 6, 12-10 a 23.
o 5 x o v
rp ij
y
r/
jiv oaifixxo; [sXtiov
(pxixcxspov yp),
4'UX'S
T
Xiyov
5xov
*a' ivotav.... ijx
i?
TX O X o5v Isxlv psx-q
totou t o 5
fi
ipou;, vay-
xa?ov slvat Ttvxeiv atps-
xoxoixxjv 4txX(s ts txSsi /a!
xal f&p v xoxo, olpax,
5-sv) ti?, &? [toi jivov ?| [li-
Xioxa
OflV
x [lplOV
xoxo. Itixoivuv 6xav 8 Tisffloxev
Sp-j-ov xoxou }i xax ou(i-
psjijx?, XX /a.'>'a'n
=-/-
fisvov
xdXX'.axa ixoxsXjj, xxs
xal xoxo SyaS-ov
elvat
Xe/xiov, xafixxjv xs ps-
xv' 8sxov xu p itoxx
15 v,
AK J'ijv Ixaoxov siiti
xoxo (x spyov) iccpuxev
it s p
f
&
?
e 0 9- a 1.
xo (lv o3v otivHxo xal
(ispiaxo
/Xtiou?
xal 8i4-
tpopoi slow ivp-j-siat, xo
8 xjv epoiv ti X 0 3 xal jitJ np?
ti xv ooiav ixovxop |ilav vay-
xarov slvai xv xa9-* afix xu-
pico? dpsxijv. et (lv ov aXov
XI <j)OV iOTtV 8 v8ptl>-0?
-/ai xax X-|-ov xal vov
xxaxxai axo oota, 06/
dXXo ioxlv axo Ipyov
ij (livT)
ri
dxpipsoxdxx) XrjS-sia
/al xdTxspl xiv Svxiov XijBssiv
fi Svafii?
xcxuiv,
8jmv
taxi
*'S XPac?
*
Spyov. [1 SfjXov
8* tx xij? inaYioyfiJ. ini nvxuiv
fp o'xui xl8s[isv, olov tjiaxtoo
psxrj oxiv- /al yp Spfov xt
xal ypfjalp iaxiv, xal fj J3sj.xietjj
8iS xo tjiaxiou psxrj toxiv
6[ioitoj Ss xa txXoCou xal
otxia?
xal xjv
XXtov. || fiioxs /al
Isti yiip xi Ipyov
axfjj. xal tv)? (isXxiovo?
815
S|su>5 sxio pXxiov x
ipYOV xal d); loooiv al
xpg XXijXaf,
oQxdj xal x Ipya :i
x dx totiov npj dXXvjXa '
ixxei. xal xXo{ xdaxoo x4
j
SpYov, qiavepiv xotvuv 8x1 ?Xxiov s
x ipyov xs ISetos'
t yp ..)
xiXoj dpioxov dig xsXog
5xxsi- j{
xai yP xsXog x pXxtoxov {
xal x loxavov, o Ivsxa
'%
xSXXa xvxa. 8x1 (lv xofvuv .'i
x Spy 0 v piXTiovTTjsfeMSxal
xijg 8ia83stog, BijXov. i
Eth., End., B 1, 1219 b 32.
Stapspei 3' o38v ox' st (ie-
p 10 x d| oxi! oGx' st (i s pVj g,
iXsi(ivTO'. 6ovd(isig Biao-
poog /al xg stpijfivag, ioitep
v Tip xajiitiUip x xotXov xal
x xopxv dSia/dipixxov, xal x
s58i> xal x Xstr/.v. xatxoi x
s& oO Xsuxv, XX xax cuji-
psPxj/g, xal ox ooia [xo] a-
xo. dpvjxai 8 /al et xi fiXo
ioxl (lpog
'Jioxi??
otov x
90XIKV.
dv8pioTtvT]{
YP 4,UX'S x
stpijiiva [lpia (sci!,
x
LA PRIMA ETICA 337
st S'sox'.v ix ixXsivcav 8uv]is)v Xyou (isxxovxa) I8ia.
aujATtso/g, SrjXv oxiv dig dtp* St 08' at psxat at xo 8pen-
c TxXstai ixtpuxsv noxsXstjai, xixo xal pexxixo
dv8pu)txou.
del xoxtov x psXxinov Ipyov Bet lp, st dv8pu)Jtog, Xoyt"
oxiv, otov taxpixo Systa xal ajiv vetvai [xal] pX*v
Ka
xojspvyjxoo ocoxTjpia. psXxlov xpfiv.... /al ionsp sefia
SsoSv lxO|isv Xsysiv 8p yv oyxstxai ix xfflv xax (lpiov
x jj g diavola?
j xo Siavoou- pextv, oxui xal -ij xf(g poy.'j?
(lvou xijg tpuxg vj jiiv X 7)
-
dpsxrj
% xXo?
(scl. oy/sixa1.).
8sta?.
dXijfrsia dpa x xu- dpsxg 8' stSvj Suo, fj |iv
pttxaxov Ipyov oxl xo [io- 8ixt}, Ss Stavo7]xi/7-
P iou xoxou xg 'l'UXrjg.
Neil' Eudemea l'ordine dei concelti pi volte spo
stato : infatti nel Protreptico la costruzione logica pi
chiara e metodica. L'&idemea ha in pi gli esempi, che
chiariscono induttivamente (x -ri)? TtaywY?) ilnesso di
pyov e pstfy La vera e propria applicazione al caso
dell' anima, che nel Prolteptico compiuta, con esem
plare chiarezza, da oxov 4'uXi iv hi poi, ricordata
dall' Eudemea con le sole parole diate xal he
lasciano ogni determinazione ulteriore all'esposizione
orale. Pu darsi che Giamblco leggesse nel suo testo gli
esemp e litralasciasse: ma siccome si tratta solo dei pi
triti esempi scolastici, pi probabile che Aristotele non
li abbia affatto citati nel suo scritto letterario e li abbia
aggiunti soltanto per ilsuo corso di lezioni. Egualmente
stanno le cose per quel che concerne gli esempi riguar
danti l'inseparabilit delle parti dell' anima (xotXov e
xupxv) citati nel secondo capitolo. Del resto qui si ma
nifesta chiara la diversa finalit dei due scritti. Nel
Protrepticola conoscenza teoretica razionale (tppvijaij)
costituisce l'unico scopo della vita umana. IlO-siapTjTix?
$loe
sovrasta a tutti gli altri ecopi, e si distingue netta
mente da essi. II concetto dell' anima, designata col
come l' essenza dell' uomo, quella dell' indivisibile
unit della pura anima pensante
(nel senso della tarda
22.
W. Jaeger, Aristotele.
338 CLI ANNI DI VIACCIO
dottrina platonica del voti?), che ha eliminato da s non
solo il carattere dell' esistenza animale e vegetativa, ma
anche quello della volont e del desiderio. Nel corso di
etica detto invece che non importa se 1' anima sia una
unit o se sia composta di parti, e l' attivit pratica
(rcp&ijis) si accompagna al pensiero (Xoytop?) quasi a
pari diritto. L' eudemonia si basa qui per Aristotele
sulla cooperazione e sull' equilibrio delle energie razio
nali ed irrazionali dell'anima.
Questo
piche unmero
riguardo per la vita comune e per le sue esigenze: un
nuovo ideale, che cerca di superare le asprezze del pre
cedente punto di vista puramente intellettualistico (cfr.
specialmente 1219 b 39 - 1220 a 5). Di conseguenza, Ari
stotele doveva ora sopprimere quella parte del Protrep
tico in cui la pura freopt era posta come unico Ipyov
valido ed essenziale dell'anima umana (p. 42, 22
-
43,
25). Tutte le modificazioni compiute nell' Eudemea di
scendono logicamente da questo spostamento del punto
di vista fondamentale. Anche per quel che concerne il
primo libro il Protreptico costituisce il ceppo originario,
da cui si diramano le trattazioni dell' Eudemea. Per i
primi quattro capitoli ci si gi dimostrato merc
l' analisi del processo dimostrativo. Il sesto capitolo
tratta del nuovo metodo etico, e si provato come esso
si riferisca per intero al Protreptico, in quanto pole
mizza con esso (v. sopra, p. 312). Ma anche la massima
parte del quinto capitolo deriva direttamente da questo
scritto, com' dimostrato dalla comparazione che segue.
Si tratta della dimostrazione che la vita non in s il
pi alto dei beni, e che solo la cppvTjots le conferisce
valore.
Protr., 45, 6.
itavtl
Sii
[ov] xoOt ys ttp-
5t)Xov, oBslg 2v iXoixo
X)v frjv [isy{o"T)V n'v-
Elh. End., A 5.
xspl xoXXiv [iv o5v xat
ixpcDv oh p:8'.ov t xptvai xa-
Xffig, [lXioxa 8 xept o3
xSji
LA PRIMA ETICA
339
O-pixiov oaiav xat dvafuv,
gsCTV)X){ [ISVTOl
to tpp o-
vetv xat [laivopevog,
oiB' et
[lXXoi
xg vsavty.uiTtaj f|ovg
Biysiv
oxep ivioi
xfiv
ap9povo0v tidv Bt-
youciv.
oxov d'f-poaijvijv cbg
iotxs [iXioxa
xvxeg cfEyouaiv.
ivavxEov <ppvv]cig -ppoa'ivfl,
xffiv 8* SvavxEwv
Ixxspov t jiv
CpEUXTV IOTI T S alpSTV.
)3-
xsp cv t xjivstv tpEuxxv, o-
tu)j atpsTv
t yiaivsiv.
cppvTiC o5v, d) ioixs, xat xat
totov tv Xyov cpatvsxai t
rcvTUiv atpexiTaxov.... et
yp xat xvxa xig
ix0l>
ip{top[iivog B sti) xat vooSv
Tip ppovoBvxi, ox
alpsT; 6 jiog
ot>8v yp BtpeXog o5Bi xiv fiX-
Xiov yaS-Sv. Siats wvTeg xa-
d-aov alcS-vovxai to ifpovstv
xat ysEO&ai BvavTai totou
to 7ipy|iaT0S, oOBv otovxai
xXXa stvai, xat Bi xatijv tv
atxEav oOt' v [isd-iov oli te
traiSfov 08' v stg x?j p. > v
&xo[istvsisv stv'at Bi xi-
Xoog t>
JEov.
Bi Sij toto
xat t xafrsBetv f)Sioxov
[lv ox
atpexv 8, xXv xod-c-
psS-a xoag xyi xaDsBovxi xa-
pooag xg Bovccg.
Cfr. Prolr., 40, 6 |rijv v-
BpaxoBiBg ys to f}v XX
[at toO tjv s yXixe'Etai (che
una delle espressioni favorite
di Aristotele).
p?oxov stvai Boxe? xat
-avr?
vD-pibxou
Tyvtvcu, xC
tjv
iv
t$ t|v at p ex v .... xoXX
yp Ioti xoiaTa xffiv
xopatvvxiov
Bt'& xpotsv-
xai t vjv, otov vooog
xsp:coSovCag
xEtjicevaj.
(Sots
8fJ-
Xov 8xi xv i{j
px>l atpsxv
17V, Et
Tt
atpsatv iSiSou, Sia ye
xaQxa t fii) ycvia.Sat, xp; Ss
totoi; 6 piog ov giaiv iti
xatSsj Svxsg-
xat yp itti
totov
vax|icjiai xXiv
oBelsicv
xofistvELEV e
ippovQv. Iti S ttoXX xtSv xe
[iTjSECav ixvtojv Bovrjv i) X-
xtjv, xat xiv
xvxmv
(lv 8 o
-
VI7V
|it xaXv Si,
xotaOx.
oxtv caxs t juj stvai xpstTxov
Etvai to ttjv. 6Xo)J S'eI tij
icavta
oovayyoi 8oa xpxTouot
|iiv xat
ttaxoooiv
navxeg, xv-
xs (isvxot jiijBsv a&Tiv Bi x
axo xptv, xat xpooS-siT]
Xpveu xXfros xpavxv
ti, o
pXXov Svex' v xig xo-
T
li)
V iXoiTO fj [1ij
Jijv. XX [iv oB Bi xt)v
Tg Tpoyg [1V0V f)80V)V ) TTjV
xv ippoBiotcov, ijaipsS-eisiv
tiv XXuv -/joySyi, &g x yivio-
xsiv fj pXIxEiv ij xfv XXlflV T'.g
aEar/asiDv
xoptlsi xotg vpc-
xoig, 08' 2v stg xpoxi-
[iTiosis t i)v [ir; xavxs-
Xffig Si v vBpxoBov. BijXov
yp 8xt Tip xaTTjv xoioujiivip
T17V
atpsoiv oBv v BisvyxEiE
ytvisfrai fttjpEov fj vS-puixov...
[io!o)g 8 oB Bi xtjv xo5
xa9-E8siv fjBovv xt yp
8ta?spsi xa-sSsiv vyspxov
xvov x xfjg xpxijg rjiipag
pxpi xiig TsXsuxaia; ixiTiv pi-
9-pv x'-Xiuyy fj SxoaiovoOv, /) r(v
Bvxa tpuxv ;
340 OLI ANNI DI VIACCIO
Non un caso che queste argomentazioni parallele
siano tanto simili tra loro. Non bisogna pensare che Ari
stotele abbia soltanto formulato inconsapevolmente in
modo simile, nei due luoghi, un' opinione a lui consueta.
Ogni dubbio tolto dalla citazione dal Protreptico, che
segue poche righe pi oltre:
Protr., 51, 11.
ned *Ava;aYpav . 8 cpzoiv
etrcstv ipmxMvxa tEvoj v Svsxa
IXoixo ye/G&ai ti; al pjv,
iicoxpivasS-Bi Tcps xijv pmjjtv,
(bj xot5 O-aiiaafHtt [x 7is.pl]
xv o&paviv xaE x rcept axv,
axpa xe stai osXvtjv xal rjXtov ,
j{
x)v
XXuiv ys Kvxiuv oOSs-
Y
ioiv ovxcov.
Elh., Eud., A 5, 1216 a 11.
xiv (isv ov A.'/a.3.-(pa'i paotv
-oxptvasOai sspig xiva 8ict-
Ttopovxa xoiox" fixxa
y.al
Sixpcoxfivxa xivog Svsx' Sv xij
IXoixo Ysv38"al pSAXov |vj
YsvaO'at, xo
tpvai 0xu>-
Poki xv opavv xal xv nspt
xv 8Xov xo|iov xgiv .
Giacch nell' Eudemea irappresentanti dei due al
tri j3ot appaiono strettamente connessi con questo rap
presentante
del iNcDpYjxixcn; 105, e la dipendenza dal Pro
treptico e proprio qui quasi letterale, ben lecito far ri
salire a quel modello anche il passo ohe segue, fino a
1216 a 27.
Qui
contrapposto ad Anassagora Sardana-
palo, come rappresentante
del tipo di vita dedicato al
godimento, e accanto ad esso il Sibarita Smindiride xa
xv xAuV ws
tjv
OhvxtDV xv axoXaucxixov jStov. Tutti
costoro identificano senz'altro l'eudemonia con la sod
disfazione dei sensi. Che anche irappresentanti del
l'iTzoXct'jauv.g jifos, a cui 1' .Endemica accenna solo cos
brevemente, e quelli del
JtoXcxcxs
(fos, a proposito del
quale essa non cita affatto esempi, comparissero nel Pro
treptico, sarebbe verosimile gi di per s. Con la sua
energia plstica, questo motivo conviene pi allo stile
dell' opera letteraria che al corso di lezioni. Neil' Eude
mea Aristotele non ne ricava affatto il suo pieno effetto
3
LA PIUMA ETICA 341
;|
figurativo, e lo riduce invece a un'arida enumerazione.
Ma in Cicerone troviamo citato due volte1) un passo
di Aristotele, che fornisce anche per questo luogo la pre
vi cisa prova della sua provenienza dal Protreptico. Cice*
,1
rone respinge la concezione della vita propria di Sar-
sj
danapalo, e cita a questo proposito l'epigramma tom
bale del re, che egli traduce in esametri latini. Prefe
riamo riferire i versi nella forma greca tramandala in
Strabone:
Tav*
sti)
oso' icpayov xal Itpujvptaa xal pex' Sporco?
tpTiv' ijuxflov, x Ss TtoXX xal SXjlia irvxa XXecttxac.
Cicerone dice esplicitamente di avere attinto ad Ari
stotele tanto l'iscrizione tombale di Sardanapalo quanto
la spiritosa stoccata contro la concezione frivola della
vita che da essa risulta. La somiglianza col passo del
l'Eudemea non deve indurre alla falsa ipotesi che sia
stata quest'ultima a servire di fonte a Cicerone o all'au
tore che egli segue, perch nell' Eudemea mancano en
trambi gli elementi che Cicerone dice di aver desunti.
Essi non s'incontrano innessun trattato didattico di Ari
stotele, e giacche a quei tempi si leggevano ancora esclu
sivamente le opere letterarie del filosofo, non c' dub
bio che sia una di queste la fonte della citazione cicero
niana. La coincidenza di quest' ultima con l'Eudemea
si spiega perci con la comune utilizzazione del Pro
treptico.
Ci diventa anche pi chiaro quando si esaminino
'}
'Cic., Tilsc. disp-, V 35, IDI; de fin., II 32, 106. Il Rose
riporta i duo passi come presumibili estratti dal dialogo JIspl
8v/.eaocuv7[5 (framiti. 90). Anche il Bernays suppose che fossero
resti di un dialogo aristotelico (op. cit., p. 84), e ricorse al Ncrinto,
di cui non sappiamo nulla. E non cit a confronto il passo Eth.
Eud., A 5, 1216 a 16, pur citando Eth. Nic., A 3, 1095 h 19, che ne
deriva. Come la maggior parte delle traccie del Protreptico in
questa tarda opera, essa ormai soltanto un'eco lontanissima.
342 GLI ANNI DI VIAGGIO
meglio le altre parole aristoteliche conservate da Cice
rone: quid aliud, inquit Aristoteles, in bovis, non in
regis sepulcro inscriberes? Non pi possibile accertare
se sia stato veramente Aristotele a dire ohe si sarebbe po
tuto apporre a egual diritto l'iscrizione della tomba di
Sardanapalo anche a quella di un bue. A me, veramente,
sembra che si debba riconoscere nel motto la maniera
leggermente canzonatoria propria del filosofo : per la
formulazione ha un tono che par reso pi grossolano.
Ora, YEudemea dice immediatamente prima
(1215 b 35),
a proposito della vita dedicata al mero godimento dei
sensi: una vita dedita alla semplice soddisfazione del
palato e del sesso, priva delle altre specie di pi puro
ed alto piacere, potrebb' essere desiderata soltanto da
uno schiavo. A colui che si decidesse a questo non im
porterebbe affatto di essere un uomo piuttosto che un
animale. In ogni caso il famoso toro di Egitto, col
venerato col nome di Apis, pu a questo riguardo to
gliersi pi capricci di quanto non possano molti monar
chi . Che queste parole derivino dal Protreptico ve
rosimile per il fatto che tanto quelle che precedono
quauto quelle che seguono (1215 b15-34, 1216 a 2-10 e
1216a 11-16) provengono, pi o meno alla lettera, da
esso. Neil' Eudemea la comparazione del toro Apis coi
monarchi fa un effetto piuttosto curioso ed quasi in
comprensibile, non essendo detto prima se non che una
tale vita potrebbe essere scelta soltanto da uno schiavo.
Ma Cicerone mostra come nell' originale il divino toro
degli Egiziani fosse
paragonato al voluttuoso re Sarda
napalo. Solo ora s'intende il significato della frase, che
Apis ha nei piaceri del senso maggior libert di tutti i
monarchi del mondo (1216 a 2). Aristotele si valso del
Protreptico in maniera piuttosto saltuaria. Con ci ab
biamo fatto risalire al Protreptico la massima
parte del
LA PRIMA ETICA 343
quinto
capitolo (fino a 1216a27, e per ci che concerne
il contenuto teorico fino ad a 36).
Gli estratti e le amplificazioni del Protreptico nel-
V Eudemea hanno dunque un'estensione assai maggiore
di quella segnalata dall' esplicita citazione degli scritti
essoterici. Ma si trovano ancora altri passi in cui
senza dubbio utilizzato il Protreptico: cosi, anzitutto,
nel cosiddetto libro 0, la cui dottrina della ftetoploe xal
3-spajieJa fkoO attinta a quello scritto giovanile, riboc
cante di profonda religiosit. Dal Protreptico ha l'aspetto
d' esser tratto anche il passo 0 3, 1248 b 27-34 (cfr. fr.
57 R.). Da ultimo restano ancora da chiarire alcuni passi
singolari, dei quali non ci si dato abbastanza pensiero.
Due di essi si trovano nell' ottavo capitolo del libro
primo. Aristotele vi dimostra come l'idea del bene non
possa essere ilbene supremo che forma oggetto della ri
cerca: egli trae cio le conseguenze che per l'etica di
scendono dalla confutazione della dottrina delle idee.
Per la confutazione stessa egli si richiama ad uno scritto
pubblicato:
nayizitzctt
S ttoXXo?
tispi aro zpnotc, xal
v toT?
HjaitepixoT? Xyot? xal iv
to!?
xat cptXoaocpfav 1).
Per xptioi della critica egli intende la confutazione delle
idee dai punti di vista logico, ontologico e fisico, secondo
la distinzione chiaramente segnata dalla
Metafisica.
La
confutazione essoterica delle idee (che non ha certo,
come si voluto intendere, il senso di popolare in
contrasto coi xctT cpiXoao<piav Xyo;, e che anzi nella Me
tafisica, in cui Aristotele si basa parimenti su di essa,
esplicitamente designata come la trattazione pi ap
profondita e comprensiva che esistesse sulla questione)
la critica data nel secondo libro Ilepl cpiXoaocpia?, che
era appunto pubblicata quando futenuto in Asso il corso
') Eth. End., A 8, 1217 b 22.
W. Jaeger, Aristotele.
354 CU ANNI 1)1 VIAGGIO
della Politica che ci ha tramandati la tradizione. L' eie-
mento caratteristico della costruzione di quest'opera
consiste nel fatto che il suo complesso culmina nell' ab
bozzo di uno stato ideale (piotrj TtoXtxefa), contenuto
nei due ultimi libri (H-0) J). Ma questo vertice si eleva
all' ampia base empirica di una teoria delle molteplici
forme dell' effettiva vita statale, delle loro variet e dei
trapassi dall'una all'altra, a cui si collega una casistica
delle malattie dello etato e del loro trattamento. (A-Z).
Illibro precedente (3?) determina ipresupposti elemen
tari della politica, svolgendo ilconcetto della
nis
e del
TtoXltTj? e deduoendo le diverse forme costituzionali dalla
differente partizione dei diritti civili nei singoli stati.
Questa
nostra esposizione del contenuto tien conto sol
tanto dei tratti principali, per far risaltare nel modo
pi chiaro possibile le grandi linee della costruzione.
A questa trattazione fondamentale Aristotele premette,
nel libro B, una rassegna critica dei sistemi dei prece
denti teorici dello stato. E questa a sua volta prece
duta, nel primo libro, da una introduzione pi elemen
tare, che indaga leforme fondamentali del dominio (dpVj
piuttosto insenso sociologico ed economico, e muove cio
geneticamente dagli elementi pi semplici della vita
statale.
La connessione di questi libri in un complesso unico
manifesta una costante logica intema. Apparentemente
tutto procede, inmetodica progressione concettuale, verso
lo scopo culminante, e cio verso la norma ideale di uuo
stato che soddisfi ad ogni desiderio. E invece la critica,
') Seguo la numerazione ilei libri tramandata dai manoscritti,
e noD la trasposizione preferii;) dalla maggior parte degli editori,
pur non dovendo esser negato elle essa si basa su un nucleo di
giuste osservazioni. Ma le difficolt sussistenti non risultano com
pletamente eliminate con la trasposizione dei libri.
LA PRIMA POLITICA 355
da secoli, e in generale da quando ci si occupati scien
tificamente della Politica, in ogni approfondimento
ha
sempre urtato contro nuove difficolt interne, le quali
rendono inverosimile ed anzi impossibile che 1' odierna
forma della Politica Ba stata tracciata fin da principio
secondo un piano unitario e sia sorta da un unico atto
di creazione spirituale. A questo proposito si finora
principalmente parlato di difficolt della composizione
letteraria. Ma qui non ci lecito applicare criteri lette
rari di misura, e in realt le questioni riguardanti la com
posizione hanno poi anche una ragione pi profonda:
l'aporia filologica concerne il metodo stesso e la stessa
struttura filosofica ins.
Qui
non vogliamo perci adden
trarci nell' analisi singola e seguire Aristotele libro per
libro, per perderci poi, come spesso accaduto, in que
stioni del tutto estrinseche di trasposizione e ordinamento
di libri. Occorre anzitutto considerare nel suo complesso
la bifronte fisionomia filosofica peculiare della Politica,
che agli idealisti mostra il volto dell' utopia platonica
e ai realisti quello della fredda scienza sperimentale,
essendo invero evidentemente, nello stesso tempo, 1' una
e 1' altra cosa.
Per audacia di fantasia creatrice e per grandiosit
normativa di concetto lo stato ideale aristotelico sostiene
da presso il confronto con la Repubblica di Platone e
persino con le Leggi. Giustamente si dice che Platone
abbassa nelle Leggi ilsuo stato per avvicinarlo alla realt,
e che Aristotele accentua ancora questo abbassamento.
In ci egli segue la via percorsa da Platone nella sua
tarda et, ma ancor pi la sua personale tendenza
interiore, mirante comunque alla conciliazione del
l' ideale col reale. Egli stesso dice che lecito s presup
porre a piacere, per uno stato idealmente costruito, con
dizioni favorevoli, ma che tuttavia non lecito presup-
356 CLt ANNI DI VIAGGIO
porre l'impossibile '). La parte utopistica della Politica
aristotelica non costituisce propriamente il suo forte, per
quanto
nel xXo?
dello stato ideale sia esteriormente il
motivo ultimo della sua costruzione. Sommamente origi
nale e caratteristico di Aristotele invece il modo in cui
egli, nella sua Politica, sottopone alle concezioni ideali
attinte a Platone un sostrato empirico capace di reg
gerne il peso, sostrato che meglio risponde allo scopo di
una scienza empirica dello stato e ne sviluppa in ma
niera geniale ilmetodo. Decisivo per Aristotele il fatto
che egli fonde insieme le due forme della politica e
connette i libri H 0, contenenti la teoria dello stato
ideale, ai libri A-Z, iquali svolgono la teoria dello
stato reale e storico o piuttosto quella delle sue molte
plici forme fenomeniche, malattie e conseguenti metodi
di guarigione. Ilprincipio di questa costruzione chia
ramente definito dallo stesso Aristotele alla fine della
Nicomachea, l dove egli ricollega la politica all' etica
per unificarle in un' unica scienza dell' uomo (fj rcepl
x vO-pciuva cptXocotpfa), concernente tanto l'individuo
quanto
la societ. In primo luogo vogliamo
cercare, di
stabilire quanto di giusto hanno detto caso per caso i
nostri predecessori, poi indagare sulla base della nostra
silloge di costituzioni (ix xfv auv7]Y]Asvu>v
tcoXcxecfiv) ci
che conduce alla conservazione degli stati e ci che li
porta alla rovina, tanto in generale quanto inparticolare
per le singole forme di stati, e insieme le cause del fatto
che gli uni sono governati bene e gli altri male.
Quando
infatti avremo trattato di questo, potremo forse cono
scere anche meglio come dev' essere costituito lo stato
migliore, di quale ordinamento ogni stato ha bisogno e
quali leggi e istituzioni gli occorrono2).
*) Pol., B 6, 1265 a 17 (in occasione della critica delle utopie
platoniche); H 4, 1325 b 38.
Eih. Nic., K 10, 1181 b 13 sino alla fine.
LA PRIMA POLITICA 357
/
-
Questo
programma costituisce evidentemente una
svolta nella linea evolutiva della politica aristotelica. Con
chiare parole il filosofo vi ripudia il metodo puramente
teorico gi seguito, come vedemmo, anche da lui me
desimo, e si pone sul terreno della fredda indagine dei
fatti. Egli stesso lo dice chiaramente, ed strano che non
lo si sia capito: finora ho agito altrimenti, ho costruito
logicamente lo stato ideale, senza conoscere a sufficienza
idati di fatto empirici. Ora ho a disposizione il gran
materiale delle tioXtxelat raccolte e me ne servir per
dare allo stato ideale una base positiva 3).
Questo
egli
scrive al termine della pi tarda redazione dell' Etica,
la quale appartiene all'ultimo decennio della sua vita.
Anche la silloge delle costituzioni nata solo in questa
et. l'epoca in cui egli fornisce alla precedente sua
metafisica teologica l'ampio sostrato di una generale teo
ria dell' essere, e in cui anche nell' etica il motivo rea-
Bisogna
sempre tener presente che le formulazioni del punto
di vista aristolelico tramandate nei trattati, anzi nella redazione
che ne superstite, possono esser comprese solo in seno al vivo
complesso
dell'evoluzione spirituale del pensatore, non mai paga
dei suoi risultati. Perci esse possiedono spesso un certo aspetto
relativo, che riesce pienamente comprensibile solo a chi tenga
d'occhio gli altri momenti di tale processo, E come numerosi passi
dell'Etica e della
Metafisica sono da intendere solo come colloqui
critici del filosofo con s stesso, nei quali egli supera le sue prece
denti posizioni, cosi anche la fine dell'Etica, O-aiopijiisvuDV yo
totwy
xix'
Sv pSXXov ouv(8oqiev kilnotaTcoXiteia ipCotr;, al
lude allo stadio precedente del suo pensiero, che ancora neppure
aveva idea di un cosi lungo giro attraverso la pi accurata em
piria. Che l'espressione ix
xjv
ouvrjyiivoiv noXneiffiv d-stupfjcct".
t -ota oipCs; xttl cpstcsi zig itXetg si riferisca alla silloge delle
258 costituzioni (ouvafo-p} in questo senso termine corrente in
Aristotele: confronta la cova-fav)- ts/viv) gi stato occasional
mente congetturato e spesso anche contestato con sterili soltilizza-
zioni, come ultimamente dal Heitz, Die verlorencn
Sckri/tcn des
Aristotele), p. 231 sgg. Finch non si possedeva ancora Io Sfato
degli Ateniesi, appartenente all'ultimo periodo dell'attivit di Ari
stotele, e non si riconosceva nella Nicomachea la redazione pi
tarda d'ella sua Efica, non si poteva, peraltro, trarre da quelle parole
alcuna conclusione concernente il processo evolutivo del suo pen
siero.
358 CLI ANNI DI VIACC10
listico della diretta osservazione psicologica prende il
sopravvento sul metodo propriamente speculativo. Forse
qualcuno trover sorprendente che questa evoluzione si
sia compiuta soltanto cos tardi. S'immaginava che Ari
stotele avesse proceduto fin da principio per questa via.
Ma il fatto della sua progressiva evoluzione piena
mente accertato dall'antitesi che l'espressione contenuta
nella fine della Nicomachea costituisce rispetto ai prin
cipi metodici del Protreptico e del Politico, e gli indizi
cronologici ammettono una sola interpretazione. La nota
concernente l'inserzione della nuova parte empirica
prima della teoria del perfetto stato si riferisce ai libri
A-Z, il cui contenuto Aristotele circoscrive chiaramente.
Che egli li abbia composti attingendo al materiale della
silloge delle costituzioni conclusione che da lungo
tempo stata tratta, indipendentemente dal passo del
l'Erico, in forza del loro divergente atteggiamento scien
tifico e della loro inesauribile ricchezza di esemp sto
rici *). Essa l'unica parte della Politica in cui vengano
citati avvenimenti storici recenti. L' allusione all' assas
sinio del re Filippo (336) conferma che A-Z sono stati
scritti solo nel secondo periodo ateniese s). Che in questa
') Cfr. W. L. Newman, The Polities
of
Aristotle, I(Oxford,
1887), p. 491; Wilamowitz, Aristoteles laid Aiken, I, p. 359.
s) Pol., E 10, 1311 b 2. L'assassinio non ricordato come acca
duto di recente, e comunque non per interesse al fatto in s, bens
come elemento di una enumerazione di simili attentati, citati come
esempi di regicidio operato per vendetta (nfiiopCac yoiv) Ilpasso
quindi stato forse scritto molto pi tardi, Lo Zeller (Philos. d.
Griechen, II,2, 3" ed., p. 154, n. 4, deduce da esso la tarda et della
redazione dell'intera Politica: ma il problema sta appunto nella
misura in cui lecito estendere l'illazione cronologica da esso ri
cavabile. Solo ilibri A-Z della Politica, che Aristotele alla fine
dell'Etica dice basati sulla silloge delle costituzioni e che anche
in s manifestano palese la comune impronta di tale origine, sono
da ascrivere con certezza all'ultimo soggiorno ateniese. Essi sono
contemporanei alla redazione dell'Etica Nicomachea. Che il resto
sia nato prima, sar dimostrato positivamente dal seguito della
presente ricerea. Soltanto il primo libro fa eccezione a questa
regola.
LA PRIMA POLITICA 359
occasione l'intera Politica abbia subito un' elaborazione,
non detto, e anche ins improbabile. Dobbiamo dun
que ricercare fino a che punto sia ancora possibile sepa
rare gli strati antichi dai pi recenti: e per ci possiamo
muovere dalle conclusioni della questione concernente
1' ordinamento dei libri 1).
Da quando gli umanisti italiani del Rinascimento
hanno cominciato a occuparsi della Politica, la critica
ha impugnato l'ordinamento tradito e ha tentato di re
stituire quello autentico merc pi o meno violente
trasposizioni. Neil' Ottocento queste ipotesi hanno tro
vato posto perfino nelle edizioni. Idue libri finali (H 0)
vennero posti dopo il terzo libro, ilibri A-Z alla fine.
In seno all' ultimo gruppo il quinto e il sesto libro do
vevano a loro volta, secondo alcuni, scambiarsi il po
sto. Contro questa mania traspoiskrice ha, inet recente,
elevato energica protesta il Wilamowitz, e certo un
mezzo cos meccanico non adatto a recare .ordine
nella tradizione. Nostro compito immediato deve restar
quello di comprendere nella sua necessit storica Io stato
delle cose quale ci si presenta. Certo, a questo scopo pos
sono fornirci un aiuto essenziale ifatti constatati dalla
critica. Ilibri Be T introducono non a una teoria gene
rale dello stato, ma bens, come risulta chiaro dall' im
postazione del problema, dal metodo e da alcune espli
cite affermazioni in essi stessi contenute, a una teoria
dello stato ideale secondo il modello platonico2). Se si
volessero connettere immediatamente a questa introdu-
') Ilprimo ad avanzare la congettura che nella Politica si tro
vino sovrapposti strati di diverse et stato il Wilamowitz (Aristo
teles umf Atken, I,p. 356 sgg) ; e del resto opera del suo acume
storico se in generale Aristotele, come uomo e come politico,
stato finalmente collocato al suo giusto posto nella storia del quarto
secolo.
, s) Per ci che riguarda E chiaro senz'altro che esso costi
tuisce l'introduzione critico-storica a una teoria delio stato ideale,
e non a una teoria generale della politica. T muove ai-paieiile-
360 CLI ANNI DI VIAGGIO
zione idue ultimi libri, contenenti la teoria dello etato
ideale, ci ei potrebbe richiamare al fatto che ilibri B T
e H 0 sono saldamente collegati da una quantit di ri
mandi reciproci, mentre noncitano ilibri intermedi A-Z.
Il loro nesso con questi fiacchissimo '). Al lettore at
tento non poteva sfuggire come cesi interrompano, in
modo addirittura urtante, 1' edificio teorico del perfetto
stato. Se alla fine della Nicomachea detto che essi do
vevano costituire il fondamento dello stato ideale, que
sto proposito costruttivo rimasto allo etato di semplice
intenzione, perch ilibri A-Z in realt non contribui
scono, o contribuiscono solo indirettamente, alla prepa
razione e alla fondazione dello stato ideale. Argomento
decisivo era poi quello che nei manoscritti, al termine
del libro T, e' incontra, in forma poco mutata, la frase
iniziale di
H,
Al principio di H tale frase stilizzata
come si conviene all' inizio di una trattazione indipen
dente: alla fine di T ha una forma che si riconnette
mente da questioni pi generali, cio dal concetto universale del
itoXixyjc e della noXitsia e dall'ordinamento sistematico delle
possibili costituzioni, buone e cattive. Ma gi il criterio norma
tivo di questa suddivisione dimostra come Aristotele miri all'ideale
del perfetto stato: di esso infatti si tien gi conto dappertutto, come
p. es. in r 3, 1276 a 30 segg. {cfr. 'H 4, 1325 b 39) e in T 4, dove
s'indaga se l'dpetij del cittadino e quella dell'uomo siano o non
siano la stessa dpatj; (p. es. 1276 b 37; 1277 a 2; a 5), e cos nel
l'indagine circa idiritti politici dei Jvaooot
(r 5, 1278 a 8; a 17).
nella determinazione del giusto concetto -dello stato dal punto di
vista dell'educazione del popolo e nella polemica contro lo Slato
di Manchester (T 9, 1280 b 5 ;b 31; b 39 ; 1281 a 2 ;inoltre T 13,
1284 a 1; b 25; V li,1284 b 38; 15, 1286 a 8; a 15; 18, 1288 a 33
sino alla fine).
J) Per irimandi di r a H-0 cfr. la nota precedente. Vice
versa, H4, 1325 b 34 rinvia a T 6-8; H 14, 1333 a 3 rinvia con le
parole wxOitrep it -cot; 7?ojxoif elpvjTai
X-foif
a 1' 6, cfr. special
mente 1278 b 32 segg. Anche H 16, 1335 b 4 rimanda ai seguente li
bro 0. Tanto pi sorprendente la mancanza di rinvii a -Z in
H 0 e in r, tanto pi elle in -Z non mancano invece rimandi
a T e a II Questi peraltro non sono tali da esigere che -Z fos
sero collocati tra T e H0, cosa che anzi apparve addirittura esclusa
dalle citazioni c dal nesso collegante T e H0.
, PRIMA POLITICA 361
immediatamente agli ultimi concetti di questo
libro. Gli
scritti aristotelici conoscono vari esemp di tali segnali
tecnici, che servivano a ricostruire la connessione esterna
tra x volumi contenenti ilibri. Con ci il dato di fatto
che Hseguisse un tempo a T era sottratto al dominio
dell'ipotesi, risultando attestato esplicitamente dalla tra
dizione.
Se si ammette che le parole della fine della Nico
machea, delineanti lo schema generale della Politica,
non risalgano allo stesso Aristotele (tale ipotesi stata
effettivamente sostenuta) ma al redattore, fosse esso Ni-
comaco o Teofrasto, allora bisogna insieme credere cite
sia stato quest' ultimo a interrompere l'autentica serie
aristotelica dei libri della Politica con l'inserzione di
A-Z. Se invece quello schema risale ad Aristotele, il che
sembra a me l'unica spiegazione ammissibile, evidente
che stato lui stesso a inserire ilibri A-Z, e le parole
della fine del libro non sono che un resto dell'originario
stato delle cose. In ognuno dei casi dimostrato come
originaria fosse la successione di H 0 a B T : soltanto,
se 1* inserzione stata compiuta dallo stesso Aristotele,
noi non abbiamo alcun diritto di rifare questo passo
in senso inverso. Non i tratta infatti di distinguere
tra un esatto e un erroneo, bens tra un precedente e un
posteriore ordinamento dei libri. L' aporia nata a causa
dell' evoluzione di Aristotele, e, invece di rimettere or
dine a forza, noi dovremmo esser grati alla tradizione
per il fatto che essa ci concede di penetrare
ancora una
volta con lo sguardo nel divenire del suo pensiero.
Que
sto peraltro possibile solo per il fatto che l'ultimo
ampliamento non e' inquadra organicamente nella reda
zione pi antica della Politica, e che la sutura ese
guita solo in modo del tutto provvisorio.
Se riassumiamo irisultati finora raggiunti, troviamo
anzitutto innanzi a noi l'originaria politica dello stato
362 cu ANNI DI VIAGGIO
"H
.u
ideale, che nel suo orientamento si ricollega direttamente
a Platone. Essa s'inizia nel libro B con una rassegna
storica dei precedenti teorici dello stato ideale, com
preso Platone, e con la critica delle loro utopie. Evi
dentemente questo libro costituiva in origine V inizio
dell' opera, allo stesso modo in cui eoo la
parte storica
si aprono la Metafisica, il dialogo IIzp qiXoootplai e i
libri SulVanimJi. Esso
poteva per servire solo come
in
troduzione a una politica dello stato ideale: perci pi
tardi, quando ilprimo disegno dello stato ideale fu am- *
plinto in una dottrina generale dello stato, dovette esser
gli premessa un'introduzione pi generale I). Illibro P
passa alla determinazione dei concetti fondamentali
dello stato. Suo contenuto principale la deduzione
delle sei costituzioni tipiche, a seconda della diversa
misura della partecipazione al potere che esBe garanti
scono ai cittadini. Anche qui caratteristica la tendenza
verso norme e criteri assoluti, quale si manifesta saprai-
tutto nella distinzione delle costituzioni giuste da quelle
'
?
degenerate. Il tono metodologico del libro concettuale-
speculativo nella stessa misura che quello dei libriE 0,
i
quali contengono un vero e proprio schizzo del per
fetto stato e a cui esso pi volte rinvia.
Quanto
a questi
ultimi, poi, dovremo ancora tornarvi su.
A questo abbozzo speculativo si contrappone la parte
empirica, costituita dai libri A-Z. In questi libri non si
riscontra pi traccia dello spirito platonico animante
le costruzioni logiche
e gli abbozzi ideali. Ci non to
glie che Aristotele, sul
principio del libroA, si riferisca
esplicitamente alla parte antica quando spiega come al
politico,
accanto allo scopo della costruzione ideale, in
comba il non meno importante compito d'indagare ci
'
) Per la giustificazione
di questa attribuzione del libro A a
I
un et pi tarda cfr. pi oltre, p. 365 segg. ?
1
"A
LA PRIMA POLITILA 363
che sia utile o nocivo per
un dato stato in certe deter
minate condizioni. A un'unica scienza spetta
la delinea
zione dell' assoluto ideale e la determinazione
della mi
glior politica possibile in condizioni date. La trattazione
di questo punto dimostra come Aristotele, nella sua uni
ficazione dell'utopistica' platonica con questa
forma pu
ramente emprica di considerazione, abbia incontrato
una certa difficolt, pur credendo senza dubbio di essere
in grado
di superarla. Egli rimedia col richiamo al caso
analogo costituito dal duplice aspetto
della medicina e
della ginnastica, ciascuna delle quali ha un lato che si
occupa della norma pura e un altro che applica
tale no
zione al caso determinato.
Ma difficile che sfugga come
la polemica contro le pure
costruzioni ideali accompa
gni, quale continua eco, l'introduzione della parte em
pirica, e come Aristotele sia non poco
orgoglioso della
sua innovazione. E invero accentuando duramente ilmo
tivo dell'irraggiungibilit dell'ideale non si poteva gio
vare alla frantumata
e dissestata realt storica della
Grecia.
Ma, quel che pi importa, lo stato ideale non costi
tuisce affatto, nelle indagini empiriche della parte ag
giunta, la norma secondo la quale vien determinato ci
che raggiungibile e desiderabile in determinate con
dizioni: il criterio di misura infatti qui immanente,
in senso che potrebbe dirsi biologico. Esso si attinge
merc l'amorosa penetrazione delle molteplici forme
possibili dello stato, e non con la
contemplazione di un
rigido ed unico scopo ideale. Aristotele
non si stanca
perci d'insistere sul fatto che non c' soltanto un'unica
democrazia, un'unica oligarchia e via dicendo, ma ce
ne sono molto diverse variet. E mentre nel libro F de
mocrazia e oligarchia sono considerate assolutamente
come anormali e degenerate, inA esse sono invece quei
due tipi a cui praticamente powmno ricondursi quasi
364
CLI A.VNI DI VIAGGIO
tutte le
costituzioni della realt
storica, anche se Ari
stotele continua a tener fede alle due schematiche cate
gorie di valori del suo abbozzo pi antico, p&Y) Ttoitsia
e
TtxpijkcaiS- D' importanza
decisiva
per la
compren
sione dei libri A-Z non
questa conservazione dell'ele
mento antico, bens ilnuovo metodo. Ad esso non ed sa
rebbe mai potuti giungere partendo
dalla speculazione
circa lostato ideale. Col imperava lo
schematismo
della
divisione logica, qui
domina il senso biologico
della
forma. Significativo
a questo
proposito il
confronto
metodico, e spinto fino al particolare,
delle teorie delle
forme dello stato con la morfologia degli animali, che
Aristotele pone a capo della nuova trattazione1).
L'in
flusso che la
mentalit speculativa di
Aristotele, eredi
tata da Platone,
suhisce qui da
parte del metodo della
scienza sperimentale
della natura, e in particolare della
biologia e della
morfologia, il cui
generale
sviluppo ap
partiene
al pi tardo
periodo della
sua attivit scien
tifica, pu toccarsi
con mano. Non
si tratta soltanto
del controllo sperimentale
della
costruzione logica, che
*)
Poi., 4 4, 1290b25 fiaxsp c5v t (j>ou
7cp<5flpo6[is3-a Xa-
?stv
ili//.
<Tp5uov ccv
&7to5iti>ptjojiv insp vaxatov xSv
l/atv
otov i-ili xs tSv
aaO>]it)p(oiv xal rixijj
tppqri}? p-faaTixv
%al
&sx-tt-Av, otov cc6|is xal xoiXEav, xpj B
totoij,
oli xivstxai
popCoig Ixaotov rtSv et Si) -tooaOxa sir)
jiovov, totcdv B" eUv
S'-aoptct,
l-i'i
u) 5* otov
oxjiatBg uva tcXsEu)
-pvr) xal
xoiXiag xal
-otbv
aEaOr|Hjpiti)v, l-tt S xal tv xwijtixv jiopiwv, & xrjj
ooe!;eio;
r#iC
tovjjv
ipiS-jL;
iPO-.Tjoei xXeito yvvi <j)wv* o yp
stv re Ttt&Tv 5<pov
ixcv kXeEouj ai|J.aT0j
Bia'fopj,
5noEu>S
6
o58' (5tci)v 5)30'
xv
Xisaiv, tqtiuv
h&vte; ot ivBexjisvoi
aovjuaojiol Ttortjaouaiv
olrj
C<i>au, xai Toaat' stSrj to ipou Baal-
Itsp a.1 ooefets
Ti&v vaxairnv
jiopfmv elafv -v otv Si Tp~ov
xal tSv eipyjpvtov
xoX'.iei&v. A ci segue
il parallelo Ira le sin
gole
parti dell'organismo
sociale e quelle
dell'essere vivente- Il
modo in cui esso viene eseguilo mostra come per Aristotele non
si tratti, in questo caso, di una semplice analogia geniale, ma bens
di una completa
mutazione di metodo. II risultato, su cui egli in
siste a varie riprese in ci clic segue, assai importante:
non esi
stono soltanto 1pochi tipi
costituzionali distinti nel libro, I\ bens
ciascuno di questi tipi a sua volta variabile a seconda della com
binazione delle parti, la quale pu essere assai diversa.
LA PRIMA POLITICA 365
fin da principio era implicito nella tendenza del pen
siero aristotelico. Gi nell'antico saggio sullo stato ideale
il riferimento all' esperienza era il mezzo con cui Ari
stotele sosteneva o abbatteva la speculazione platonica.
Nei libri posteriori, in seguito ad una spregiudicata os
servazione del mondo empirico, si bens venuta costi
tuendo una forma di considerazione atteggiata in modo
del tutto diverso, la quale parte dai fenomeni singoli e
spia la loro legge interiore, nello stesso modo in cui si
osservano imovimenti caratteristici di un essere vivente.
La teoria delle malattie degli stati e del loro risanamento
delineata secondo il modello della patologia e della
terapia medica. difficile concepire un contrasto mag
giore di quello che rispetto alla politica platonica, e in
un primo tempo anche aristotelica, della norma assoluta
costituito da questa concezione, per la quale non c'
stato la cui disorganizzazione sia tanto disperata da non
meritare almeno il tentativo del risanamento. Cure radi
cali lo manderebbero certo rapidamente in rovina: e il
criterio per ci che in fatto di virt salutari egli pu
ancora produrre pu esser desunto soltanto dalla sua
natura e dalla sua condizione.
Qui
dobbiamo contentarci di questa caratteristica ge
nerale, senza addentrarci ulteriormente nell'analisi mi
nuta dei tre libri. Solo una parola sia detta ancora circa
il primo. Come si gi notato, esso venne aggiunto solo
quando Aristotele, con l'inserzione della parte pura
mente empirica, ampli il testo gi esistente per tra
sformarlo in una teoria generale della politica. Il libro
dedicato all' esposizione del piano complessivo del
l'opera, quale Aristotele aveva innanzi agli occhi nel
momento della rielaborazionc pi tarda. Nell'introdu
zione egli si propone di trattare delle fondamentali con
dizioni di natura di ogni esistenza statale, per erigere
T edifcio dello stato sulla sua base naturale, in funzione
?
366 GLI ANNI DI VIGCIO
dei suoi presupposti pi semplici.
Questi
sono costituiti ::
dai tre rapporti elementari di ogni vita sociale: padrone ?
e schiavo, marito e moglie, genitore e figli 1). Dal modo
in cui la tripartizione della materia, che di qui natu-
1
|
Talmente risulta, appare compiuta (o, pi esattamente,
non compiuta) si riconosce come Aristotele trovasse la
via ostacolata da certi impedimenti. Il primo libro con
cerne soltanto la prima di quelle tre
j1
relazioni fonda- f
mentali (px*) SeaTtori'/.Vj, Yaptxr), uaipixrj), cio la que
stione della schiavit e il suo nesso con la economia
della vita sociale. Per quel che riguarda gli altri due
temi annunciati, quello del matrimonio e quello dei
figli, Aristotele consola alla fine gli uditori con l'avver
tenza che questi riuscirebbero meglio trattati, in connes
sione col problema della famiglia,Iv
tot? Jiepl noXetelaj.
Questa
mancanza di coerenza e di chiarezza, che a prima
vista incomprensibile e rende insoddisfacente la fine -/)
del primo libro, si spiega data la situazione forzata in
cui Aristotele si trovava, e da cui poteva uscire solo
merc una scappatoia. La questione del matrimonio e
quella della famiglia erano gi state ampiamente di
scusse nell' abbozzo pi antico della Politica, in occa
sione della critica della tesi platonica esigente la comu
nit delle donne e dei figli. Ora, o egli doveva cancel
lare queste pi antiche trattazioni, e con ci togliere
alla critica dello stato platonico la sua principale attrat
tiva, oppure era costretto a rinunciare a ripeterne la
trattazione nel libro A e a contentarsi di un rinvio al
l'esposizione gi esistente in B 2). Egli preferi quest'ili-
\l Pol, A 3, 1233 b 4-8.
") Pol., A 13, 1260 b 8-13. Non beilo cancellare l'articolo xg
innanzi a noXt-tslag, o cambiarlo in Con ci il rimando si
riferirebbe alla parte della Politica che contiene la trattazione dello
stalo ideale: ma col non si parla del problema della famiglia,
ed e una magra consolazione quella dell'escogitare che ci che
manca possa essersi trovato nella parte conclusiva, e mancante, del-
1
LA PRIMA POLITICA 367
tima cosa. La composizione interrotta del primo libro
con ci la conseguenza del suo adattamento all' ab
bozzo pi antico. Anche il passo finale, che serve a pre
parare il trapasso alla diversa posizione del problema
propria della pi antica politica dello stato ideale, tra
disce questo sforzo di adattamento con la sua singolare
tortuosit (e per tale motivo se n' voluta persino negare
la paternit aristotelica) senza che perci riesca a dis
simulare ilsorprendente salto ideale, che si avverte con
la prima frase del secondo libro.
Una conferma di questi risultati data anche dal
metodo di citazione di cui Aristotele si serve nella Poli
tica. Due strati di citazioni, in parte contraddittorie, si
l'ultimo libro. invero precario modificare il testo tramandato,
per riguardo a una parte dell'opera che forse non mai esistita-
L'espressione v xoCg reepl rag noXtTslag pu avere, in s, molti
significati. In A 2, 1289 a 26 esso designa la determinazione sche
matica delle sci costituzioni date nel terzo libro. In B 1, 1260 b29
Aristotele, parlando dell'indagine sulle aXXai itoXitttai, intende
per esse, in antitesi alla propria concezione dello stato ideale,
le utopie costruite dagli altri teorici della politica e da lui
criticate nel libro B ; e anche alla fine di quest' ultimo
libro egli comprende tale indagine sotto il nome di x trspl
hoXitsIb; (1274 b 26). Ora, il problema della famiglia
trattato ampiamente in B 3-4, nella critica della concezione pla
tonica concernente la comunanza delle donne e dei figli, anche se
l'opinione di Aristotele vien col in luce in forma piuttosto indi
retta, in funzione del contrasto rispetto a ci che a lui appare as
surdo. Ma proprio questa situazione di cose risulta dall'annuncio
preliminare dato in A 13, 1260 b 10: circa l'psrr} dell'uomo e
della donna, dei figli e dei genitori e circa la loro piX
(
a,
x x xixXcbg zzi pii xaXfg ioti, xat nj 8a t
fitv
s5 Subxsiv
t 8 xaxtg cp a y e tv , v -rot; nepl xg tcoXixsbs
vB-yxatov
nsiO-stv. Qui
egli prevede una trattazione del problema nella for
ma 'di una critica di ci che non va: se egli avesse invece pensato
di compierla nella stessa forma dell'indagine concernente il pro
blema della schiavit, non sarebbe possibile immaginare alcun mo
tivo per cui egli non avesse dovuto farla seguire immediatamente
a questa. Illibro A. come dimostra il brusco trapasso al libro B. che
improvvisamente designa come scopo della politica la costruzione
di una pio-?] "Otrsia mentre fin allora non si era parlato che
dello stato in generale, bens stato premesso a una trattazione
gi esistente da pi antica data, e in cui la questione era gi di
scussa.
'
I
i'
,1,
358 CLI ANNI DI VIAGGIO E
trovano infatti sovrapposti l'uno all'altro. La prima
. j
idea naturalmente quella di considerarli insieme e di
tentare di metterli d'accordo: poi si fa valere la loro
antitesi reciproca e se ne dichiara interpolata una met.
'
Ma allo scioglimento del nodo si perviene soltanto
quando si proceda tenendo conto dell' evoluzione storica
1 -s
e si distinguano le citazioni che debbono aver apparte
nuto all'antico abbozzo dlio stato ideale, presuppo-
nendo esse soltanto questo, dai rimandi posteriori, che
presuppongono l'intero complesso della Politica nella
redazione odierna. Immediatamente probanti sono natu-
ralmente solo quei rimandi che contraddicono allo stato
'
odierno della Politica, mentre quelli che lo presuppon
gono possono appartenere all'ultima elaborazione e non
sono quindi interpretabili in un solo senso. Ma se si di
vidono cos le citazioni in due gruppi, si vede come
quelle contraddienti alla condizione odierna della Po
- ;
litica non denuncino altro che l'originaria coerenza e
indipendenza dei libri contenenti la teoria dello stato
ideale (B T H 0). Il libroFha costituito un tempo l'ini
zio della trattazione vera e propria, giacche B aveva un
contenuto soltanto negativo. Per ci esso vien pi volte
citato con le parole v
tot? reputo:? Xyot?. Anche il li
bro A, che appartiene alla redazione pi tarda, cita il
terzo ancora in questa forma: l'inserzione di A-Z ha
perci evidentemente avuto luogo prima che il primo
libro fosse preposto all'intero complesso dell'opera 3).
') Il libro T 0 il suo inizio citalo con la formula iv
-cote
ttpt-coi? Xyois in 1" 18, 1288 a 37 (= f 4); H 14, 1333 a 3
(= r 6); 4 2, 1289 a 26 (= r 6): 4 7, 1293 b2 (= T 4-5);
4 10, 1295 a 4 (= T 14-17). All'odierno stalo delle cose contrad
dice, quando si accolga l'interpretazione del Sueemihl, anebe il
fatto che in 4 3,
]290al
la frase etpvjxai iv
tote
itspl triv
piotoxpa-ciav si riferisce a H8-9: peraltro non assolutamente da
escludere che si riferisca invece a r 4. II Newman (The Politics
ol Aristotle, IV, p. 155) pensa a T 12, 1283 a 14 segg. Cfr. la
nota seguente.
LA PRIMA POLITICA 369
Prima che esso ci fosse, Aristotele, per le questioni phc
ora si trovano trattate inesso, cio per il problema della
schiavit e per la teoria delle tre forme fondamentali
del potere in seno alla singola oixa (Seanozc/.rj, yapix,
TcaTpixvj), si richiamava soltanto ai suoi dialoghi essote
rici, che parlavano ampiamente di tali argomenti. Cos
in p 6, 1278b30: XX jrijv -/.al
zr/; dpiji
Y
Xe-po-
pvou? zpito'j? ptov SieXetv
'
xal yp v
toc?
iljcoTspcxoI?
Xyo:? 8topt(5|i.{)-a 7tepl
axwvTtoXXdxi?.
La partizione che
segue infatti esattamente uguale a quella che s'incontra
gi nel primo libro, distinguente itre rapporti di potest
che legano il padrone e lo schiavo, ilmarito e la moglie,
il padre e il figlio. Che nonostante ci Aristotele si
richiami per essa ai dialoghi quindi cosa ohe non
ha nulla di sorprendente solo nel caso che il libro l1
appartenga a una redazione in cui A non esisteva an
cora. Nell'ultima redazione egli concep ilpiano di com
pletare questa lacuna e di discutere ampiamente la que
stione in un libro introduttivo: nel passo citato diven
ne allora naturalmente necessario un. rinvio, segnalante
come tale questione si trovasse gi trattata nel primo
libro. Accanto al pi antico rinvio ai dialoghi, rimasto
al suo posto, questo nuovo rimando ha quindi un aspetto
pienamente contraddittorio1). Un secondo rimando al
libro
7 e 65, 13
21 R.).
) Jambl., Protr., p. 41, 12; 59, 27 Pist.
*) Pol., H 1, 1323 a 36 srgg., cfr. framm. 57. In entrambi i
luoghi il metodo, mirante a determinare la partecipazione della
4xi; %opr)-{la e dell' interiore S'.dS-sais dell'anima all'eudemonia.
identico.
376 GLI ANNI DI VIAGGIO
dall'altro1). La stessa cosa detta dal Protreptico infor
ma pi semplice: per colui, la cui 5i
9-sai?
psichica
cattiva, n ricchezza, n forza, n bellezza cono beni:
ed anzi quanto pi questi sussistono xa3"' uisepoXv,
tanto maggiormente danneggiano chi li possiede, se non
sono uniti con cppvTjai? (framm. 57, fine).
Ibeni esterni debbono avere un xpag, perch sono
mezzi e ogni mezzo tale in grazia di qualcos'altro:
coltivato come fine in s, il mezzo si converte in danno
per colui che esso rende suo schiavo, o almeno diventa
inutile. L'accrescimento dei beni intemi invece tanto
pi giovevole quanto maggiore, dato che, in generale,
si debba qui parlare di xprjaifxov e non di xaXv sol
tanto 2). Anche qui la fonte ilProtreptico, dov' detto:
In generale, la costante ricerca delle conseguenze utili
in ogni forma di sapere un segno del mancato avver
timento della distanza che per natura separa ibeni nel
vero e proprio senso della parola dai semplici mezzi.
Grandissima infatti la differenza che tra essi inter
corre. Le cose che si desiderano solo in grazia d'altro,
senza il quale non si pu vivere, dovrebbero essere chia
mate soltanto mezzi (dvafxala) e condizioni (auva(xta)
Beni in senso vero (cio valori) dovrebbero invece es
sere dette soltanto quelle cose che si stimano per s
stesse, anche se ad esse non connessa alcuna utilit.
Infatti non sempre una cosa desiderabile (atpexv) solo
in grazia di un'altra e
questa a sua volta in grazia di
un'altra e cos via all'infinito (ri? fijxei
pov), ma in qual
che luogo c' un punto fermo (EaxaxaC xou: cfr. Poi.,
1323 b 7 x pv yp xx;
!xet
*pj) . In generale non
1
Quanto alla predilezione per questo tipo formalistico di argo
mentazione logica nel Protreptico cfr. Jambl., Protr., p. 43, 28; 44,21.
Entrambi gli esempi si riferiscono egualmente all'atpSTv e al jiA-
Xov aioeTv.
') Pol, H 1, 1323 b 7-12.
LA PRIMA POLITICA 377
si deve chieder sempre xi xpfjcipov e x o5v fjpv ScpeXo;,
perch c' un ideale (xaXv xiafrv), il quale sta pi
in alto che la vile utilit1). Tanto ciascuno partecipa
dell'eudemonia, quanto partecipa pexfj? xa cppovfoeco?
la formula dell'Eudemea
: di ci egli ha per te
stimonio lo stesso Iddio, il quale non Sa[io)V
xa
paxpto?
per ci che ha ma per ci che (Si' auxv
axq xa x(j> Ttoi? xi? elvai x9)v cpaiv).
Questo
modo di
argomentare appartiene a un'et non molto posteriore
al distacco da Platone, in cui l'elemento teologico do
mina ancora, compenetrando anche l'etica e la politica.
Pi tardi, invece, Aristotele evita simili interventi del
l'elemento metafisico. Che anche quel modo d'argomen
tare abbia ilsuo modello nel Protreptico dimostrato
dal frammento, conservato inCicerone, circa la vita nelle
isole dei beati: una igitur essemus beali (scil. si nobis
in beatorum insulis immortale
aevum degpre lideret) co
gnitions naturae et scientia, qua sola etiam deorum est
vita laudanda2). Anche qui la vera felicit umana
dedotta dal principio da cui discende la beatitudine di
Dio. Tanto questa argomentazione quanto la distinzione,
svolta in ci che segue, dell'eudemonia dall'eutichia ap
partengono ai problemi che gli scritti giovanili e l'etica
pi antica hanno in comune con la Nicomachea. Ma
l'aspetto complessivo in cui qui si presentano quello
proprio- del periodo pi antico3).
Ilprimo, capitolo del libro H termina con le parole:
Basti ci come introduzione. impossibile non ac
cennare a questo problema, ma neppure dato adden
trarsi a questo proposito in tutte le questioni che ad
') i'rinim. 58 (p. 68, 19 R.V .Dopo Xyojisv sono cadute nel
Fvor.c (p. 69- 1), per svista del tipografo, tre righe: cfr. Jambi., Prolr.,
p. 52, 23 segg.
*) framni. 58 (p. 68, 10 R.)
') Cfr. Elh. Eud., 6 2.
378 CU ANNI DI VIAGGIO
esso si connettono. Ci spetta infatti a un altro corso di
lezioni {l~pag coAfjg) .
Chi non fosse ancora soddi
sfatto vien cosi esplicitamente confortato col rimando a
una nuova discussione del problema. Nell'ambiente pla
tonico, inmezzo' al quale i
queste lezioni sono nate, Aristo
tele si aspetta contestazioni della sua parificazione della
ESsajiovia dello stato a quella dell'individuo. Entrare
nel filosofico stato di Platone e servire ai suoi fini po
trebbe certo non esser difficile per un filosofo: ma Ari
stotele non concepisce ilsuo nuovo stato ideale come go
vernato da re platonici. Nel passo del primo capitolo
in coi egli parla dell'identit della miglior vita per lo
stato e per il singolo cittadino, egli non conosce pi,
ed significativo, che due possibili 6pecie del pfog :o
quella dedita al godimento massimo dei piaceri o quella
dedicata alla dimostrazione della propria valentia etica
e pratica. Della vita della pura ragione (cppvqoig) egli
non parla1). A ci un platonico dovrebbe rispondere
clic al filosofo non rimane alloTa altra via all'infuori
di quella di ritirarsi completamente dalia vita politica.
Questa
era la conseguenza necessaria della concezione
che Aristotele stesso aveva professato nel Protreptico.
Colsolo lafilosofia determinava la suprema norma poli
tica ed era legislatrice nello stato. Nel nuovo stato ideale,
avvicinato alla realt, dove restava pi posto'per il Deta-
ptjttxg piog dell'individuo filosofante?
Qui l'antinomia
opponente lo stato al singolo diventa per la prima volta
un problema scientifico, per quanto ancora in un senso
affatto limitato, giacche solo l'Io filosofico, l'Io della
cppvTjutg ha da rappresentare, in casi determinati, in
teressi superiori a paragone di quelli dello stato. Per un
cittadino comune, che soltanto il prodotto dell'am
biente etico dominante nello stato, non sussiste nello
') l'ol., H 1, 1323 bl.
LA PRIMA POLITICA
379
etato antico alcun problema del genere. Esso si risolve
nel corpo dello stato, come suo membro.
Dallo stato ideale Aristotele esige per che la comu
nit statale e l'individuo non debbano avere in nessun
caso scopi di vita insanabilmente divergenti. uno spet
tacolo d'interesse non soltanto storico e biografico quello
che ci si offre quando
vediamo l'autore del Protreptico
lasciar scatenare, nei due seguenti capitoli della Poli
tica, l'urto tra la sua coscienza filosofica e la sua co
scienza civico-sodale, divenuto inevitabile dopo l' ab
bandono del platonico stato dei filosofi. Come l' an
tinomia di fede e scienza nella metafisica, di ethos
e spirito speculativo nell' etica, cos l' antinomia di
stato e individuo ( valore
culturale) teoricamente
possibile solo sul piano del platonismo
aristotelico,
gi infirmato dalla sua crisi interna. H mito statal
di Platone non poteva pi trattenere, con la sua
romantica unit originaria delle diverse energie, l'anti-
nomico divergere di questi fattori, tendenti a una sem
pre maggiore separazione.
Aristotele cerca di conciliarli
di nuovo in un' unit superiore. Icoerenti propugnatori
del jEog avevano, certo, gi da lungo tempo
riconosciuto ohe estrema conseguenza dell'ideale di Pla
tone doveva essere la fuga dallo stato reale e la vita
del meteco (jevix;
(3og) a), giacch dove esisteva lo
stato filosoficamente temperato, in cui potesse inqua
drarsi il loro ideale? Ogni stato effettivo, per quel che
sembrava ad essi, era invero violenza e nient' altro che
violenza, tirannide e negazione della libert. Per ci la
conclusione suonava: non agire, non dominare, non farsi
complici della dispotica atrocit dell'azione politica, as
setata di potere e colma d' egoismo. Ad essi si contrap
pongono, secondo Aristotele, coloro che considerano de-
') Pol., H 2, 1324a 14 segg.
a
380 GLI ANNI DI V1ACGIO
gno di un uomo solo 1' agire e il dominare energicamente.
.
f
Ci sono stati la cui intera legislazione e costituzione non
li
ha altro scopo che quello di educare nei cittadini uno
|
spirito orgoglioso, imperioso e guerriero. In
quanto le
5
costruzioni statali non sono prodotti del caso, prive di {
spiritualit, come per lo pi accade, esse possiedono
j
senza eccezione, secondo Aristotele, questo carattere1).
j
Ora, egli determina il suo nuovo ideale trovando una
via di mezzo tra questi due estremi. L' individualismo
illimitato dei platonici rigorosi, che preferiscono l'as
soluta libert dell'individuo alla partecipazione alla
vita di uno stato dispotico e non vogliono n governare li,
n essere governati, da lui considerato, s\, come moral-
>'.t.
mente migliore dell'ideale di
potenza dello stato mo- V
demo: ma signoria non per lui necessariamente dispo-
~~
. t-
tismo, e un gran numero di uomini non nato che per
obbedire. Ingiustificato gli appare anche il rigetto del- .
1' attivit e la lode dell' inerzia. Con espressione intra*
;;
ducibilmente greca Aristotele dice che certo non avreb* I1
hero torto coloro i quali pensassero che Ye npxzuv
-l
non
pu veramente consistere
nell'noay.xtlv.
Per il senso
greco della vita, questa una convinzione che non ha
bisogno di essere discussa. chiaro che Aristotele pu
conciliare l'ideale filosofico della vita con questo scopo
statale e sociale solo concependo anche il S-supetv del
'
f
filosofo come una forma di agire creativo. Anche con
'
ci
egli apre una nuova via, procurando un nuovo col
legamento tra la scienza e la vita dopo la dissoluzione
della mitica sintesi che ne aveva operato il platonismo.
L'agire della creativit spirituale ha questo nome: edi
ficare.
Qui
Aristotele ha
abbandonato 1' altezza solitaria
del Protreptico. Egli sta in mezzo alla vita attiva come
1' architetto del pensiero ( taf; Stavofat; p/ixy.Twv) e
*)
Descrizione dei due tipi: Pol, H 2, 1324 a 35 segg.
LA PRIMA POLITICA
381
edifica ilsuo stato in modo che questa attivit spirituale
sia in esso riconosciuta ed eserciti efficacia quale su
prema fra tutte le forme d' azione dirette al
vantaggio
dell'umanit e della comunit x). Cos
Aristotele, com
battendo con la realt chiaramente riconosciuta
nella
sua natura, tien
fede al suo ideale giovanile. Ilfatto che
la presa di posizione rispetto ai fondamentali concetti
etico-politici del Protreptico e alla is.ua teoria della vita
migliore torni in tal modo in primo piano nell' antico
abbozzo circa lo stato ideale, allo stesso modo in cui
apparve presupposta
ad ogni passo nella prima
etica,
non soltanto una prova
della genesi primitiva di quel
l'abbozzo, ma fornisce anche la possibilit, soltanto ora
raggiunta,
d'inquadrarlo esattamente nella storia dei
problemi. La prima politica corrisponde infatti allo
stesso 'Stadio evolutivo rappresentato
dalla prima etica
e dalla prima metafsica
2).
Con ci insieme
risolto, e in un senso nuovo, il
problema costituito
dai numerosi passi
in cui 1' antico
abbozzo circa lo stato ideale si riferisce all'Urico. Questi
passi sono stati per lo pi riferiti alla
Nicomachea, an
che. nei casi nei quali poteva, ins e per s, essere stata
*) Pol, H 3, e specialmente 1325 b 15 segg.
5) La dipendenza del libro H dal Protreptico non si limita
affatto ai tre primi capitoli qui analizzati: cos p. es. nel
capitolo 35
si scorgono chiare le tracce del fatto che 1 Protreptico abbia servito
di modello. Se gi 1* enumerazione delle quattro psxai platoniche
(1334 a 22 segg.) vi richiama l'idea della forte antichit di tutto
questo saggio sul perfetto stato, Aristotele attinge poi direttamente
a quello scritto
(trami. 58) il tdirog circa la necessit della filosofia
e delle Ape-cai morali nelle sole dei beati. E dalla stessa fonte
proviene 1* invettiva contro
l'incapacit alla y.P*ia'S
degli iyaii-i, che
nel Protreptico (framm. 55) segue immediatamente
a quel -ciitoc.
Dalla stessa opera
(Jambl., Protr., p. 51, 1852,
2)
deriva anche la
chiusa del capitolo, concernente il rapporto del corpo con J anima
e le parti dell' anima. U 17, 1337 a 2 noa
TP xXv1
"c"5eta
t oooXstiwv goW.e-cat tfasco;
rtxjtX-rjpoOv ripete alla lettera
Jambl., Protr., p. SO, 1-2;_H
9, 1329 a 15 f,
Si <ppi-rr(oi; iv Ttpssgu-
tpc.g iotiv riecheggia ibid., p. 51, 24 segg.
382 GLI ANNI DI VIAGGIO
utilizzata 1' Eudemea. Strano d' altronde restava, a que
sto riguardo, ilfatto ohe alcuni passi principali quadras
sero soltanto con l' Eudemea, che pure doveva essere
stata composta da Eudemo1). Giacch in questi passi
(come per Io pi anche altrove) l'Etica non esplici
tamente citata, ma utilizzata tacitamente, doveva invece
esser stato Eudemo', si pensava, ad aver avuto sotto gli
occhi la Politica. Confutata la paternit di Eudemo e
dimostrata l'antichit dell' Etica che ne reca il nome,
;
anche questa relazione riesce pienamente chiarita. Se
l'et dell' abbozzo circa lo etato ideale risulta assegnata
gi dal suo stretto rapporto col Protreplico al decennio
fra il 350 e il340, ben naturale che in esso possa essere
utilizzata solo la prima Etica. Nel cap. 13 del libro H,
per esempio, riprodotto da esBa un passo abbastanza
ampio circa il giusto rapporto del mezzo con lo scopo
2).
7-
Secondo quanto tutti concedono, la Nicomachea non pu
qui essere considerata quale fonte. Ma neppure lecito
far risalire alla Politica, quale fonte primaria, queste
tesi puramente etiche, che nell' Eudemea si presentano
nel loro originario contesto di pensiero mentre nella
*
Politica appaiono applicate ad hoc, soltanto di paesag-
'} J1 Bendixen (in Philologus, XI, 1856, p. 575 segg.) richiam t
per primo l'attenzione, contro l'attribuzione dell' Eudemea ad Eu- ,|
demo compiuta dallo Spengel, su una serie di luoghi nei quali la |
Politica coincideva in modo sorprendente con l'Eudemea. Da ci
egli non ebbe per il coraggio d' inferire l'insostenibilit dell'afe- "j
tesi dello Spengel. IlVon dcr Miilill, nella citata sua dissertazione
goltingense (1909, p. 19) metteva nuovamente in discussione le os
servazioni del Bendixen, senza peraltro riprendere particolarmente ')
l'indagine da esse iniziata. Ora che la paternit arietotelica del- i
l'Eudemea stata da noi, per altra via, provata con sufficiente cer- :
tezza, e la sua genesi assegnata al periodo della reazione critica di
Aristotele a Platone, il materiale raccolto dal Bendixen esige una
valutazione nuova.
*) Pol., H 13, 1331b26, e cfr. Eth. Sud., B II,1227 b 19. Circa
il fatto in s della derivazione del passo della Politica da quello
dell' Etica nessun dubbio pu sussistere, perch questo stesso capi-
7
tolo si richiama altre due volte, in modo esplicito, agli tfOuol Xro'
(1332 a 8, 21).
'
LA PRIMA POLITICA 383
gio. Parimenti improbabile l'ipotesi che Aristotele
abbia per caso, o per
ricordo, formulato con le stesse
parole la medesima argomentazione in due passi indi
pendenti 1' uno dall' altro. Questa spiegazione esclusa
in quanto
s' incontrano ancora molte altre simili coin
cidenze con 1' Eudemea, le quali, con le loro particola-
rit talora assolutamente
caratteristiche, dimostrano tutte
lo stesso fatto, e cio che Aristotele nella stesura della
parte
pi antica della Politica ha avuto sotto gli occhi,
e ha citato in molti punti, 1' Eudemea. Una prova
deci
siva della giustezza di questa
interpretazione costituita
'
dal fatto che questi singolari prestiti si riferiscono solo
ai libri pi antichi della Politica, cio alle parti perti
nenti al disegno dello stato ideale1). Come la posteriore
redazione della Politica e l'Etica Nicomachea, cos la
prima politica e la prima etica sono sorte in stretta re
lazione reciproca.
Nello stesso cap. 13 la prima etica utilizzata ancora
pi volte : il passo 1332 a 8 troppo generico per trarne
conclusioni determinate J), mentre ilpasso a 21 segg. pu
*} Nel contesto della nostra ricerca questo il punto decisivo,
al quale finora nessuno ha rivolto 1' attenzione. Ai contatti tra la
Politica e l'Eudemea si fatto sinora ricorso solo per sostenere
1' autenticit di quest' ultima, la quale d' altronde non pu esser pro
vata in maniera indubbia con quel solo argomento. Accanto alle
sorprendenti derivazioni dall'Eiufemea che s' incontrano nei libri B,
H e anche T della Politica, in Pol., A 9, 1257 a 5, e cio in una
parte recente, si trova la stessa distinzione di un duplice significato
del concetto della XP*)0'? he appare in Eth. Enti., 1' 3, 1231b33;
e cos in due passi di , che un libro recente, tornano alcuni
motti proverbiali, che si leggono anche nella prima etica (Bendixen,
1. c., p. 580). Ma questi deboli echi non possiedono, per la loro
stessa natura, vera forza probativa e non possono esser messi sullo
stesso piano delle derivazioni che s' incontrano nei libri B, T e H
della Politica. Sono in parte reminiscenze e in parte, come il chia
rimento circa il duplice significato della xPotC> cose debbono
necessariamente
ripetersi.
*) Si tratta della definizione dell'eudemonia, per la quale Ari
stotele s richiama all' Etica. In s essa potrebbe esser desunta da
Eth. Nic., A 6, 1098 a 16, ma gli altri esempi escludono anche per
questo passo che Aristotele abbia potuto ricorrere alla redazione
i
"i
384 CU ANNI DI VIAGGIO
riferirei soltanto alla prima etica, e non alla Nicomo-
chea, perch la sua formulazione letterale rispecchia
esattamente il passo della prima che le sta alla base, e
nessuno invece le corrisponde nella Nicomachea. Ilpasso
di quest'ultima, che stato citato dagli editori accanto
all'altro, non quadra1)1. Che qui si alluda all' Eudemea
provato tanto dalla citazione 1334 a 40 segg., in cui
la storia, estremamente caratteristica, della concezione
spartana dell' ptvfj riportata dall' Eudemea, 1248 b 37
segg., quanto da quella del libro B, 1271 b 4 segg., che
si riferisce allo etesso passo. La distinzione dell'Cudemea
tra la spuria p&'-fj spartana e quella autentica doveva
acquistare per Aristotele particolare importanza quando
egli poneva le fondamenta del suo stato esemplare. Essa
d' altronde cos inscindibilmente connessa col passo
1332 a 21 segg. che ci basta a dimostrare come tutt' e
tre i passi si richiamino idealmente alla stessa tratta
zione dell' Eudemea. In 1332 a 21 detto: '/al yp
tcto ScwpccTai
y.az
xo? Xyou;, Sii toioOti;
law 6 OTtouSalOj, w Sc
rJjv pet-qv ya& Ioti t jtXf?
ya&, e ci corrisponde a Eth. Eud., 1248 b 26 yaft;
|isv o&v law w i cpuast yafr law yaM. Segue
quindi la giustificazione pi particolare, sulla quale
Aristotele si basa nel passo della Politica. Anche nel
terzo libro della Politica, 1278 b 20 segg., s' incontra
una citazione dalla prima Etica. Accanto a queste di
pendenze dei libri antichi della Politica dal!'Eudemea
nicomachea. Un indizio dato dall' accentuazione della ivipfsta }
*ccl
XP*' Spstijs TS?.sa : inEth. Eud., B l,1219b2 s'incontra i;
infatti questa forma collegata con la definizione dell' eMaipovia.
Nella politica pi antica essa permane come definizione costante:
cfr. II 8, 1328 a 38.
\
*) La dipendenza verbale da Eth. Eud., B 3, 1248 b 26 appare (
subito evidente, mentre la corrispondenza con Eth. Nic.. P 6, 1113 a 4
15 segg. non affatto tale da convincere in modo assoluto. |
LA PRIMA POLITICA 385
non d' altronde possibile segnalare neppure
una trac
cia di presupposizione della Nicomachea.
Un'altra parte dell'antico disegno' dello stato ideale
permette di determinare pi esattamente, da un lato del
lutto diverso, l'et della sua genesi. Si tratta del libro
B ,), che contiene la critica dei precedenti utopisti poli
tici greci e la cui particolare attrattiva costituita dalla
critica mossa da- Aristotele allo stato platonico, di gran
lunga la pi estesa fra tutte. Oltre alle vere e proprie
utopie Aristotele esamina le costituzioni statali esaltate
dai teorici greci del quarto secolo come esemplari
(svopoupevat
TroXiaetac), e cio quella di Sparta e di
Creta, alle quali si aggiunge anche quella di Cartagine.
Nella loro forma odierna, questi capitoli sono stati
scritti non molto dopo il 345, perch ilpassaggio a Creta
del capitano di ventura focese Faleco ricordato come
accaduto di recente2). Ma nella loro sostanza essi sono
pi antichi, perch gi ilProtreptico rifiuta nella stessa
') Il libro B nel suo complesso di origine antica: solo il
tanto discusso capitolo finale merita forse un posto a parte anche
dal punto di vista cronologico. Aristotele d qui un catalogo dei
vopofriTat, e riferendosi ad esso determina l'Stov dell'opera legisla
tiva 0 costituzionale di ciascuno 'di essi. Ilnesso del brano col libro
che precede sempre stato trovato fiacco. Quando
Io si voglia con
siderare come originariamente destinato al posto che ora occupa,
non si vede pi per qua! motivo si riprenda a trattare di Platone
e di Falea. Il Wilamowitz (Aristoielcs und Athen, I, p. 64 segg.)
considera perci spurio il passo 1274b9
|
vr;<ilv peti jiia; G3KV, etit6p
f
I X'.vstoS-ai
itEipoxtog toB rtpnou
t
'
oipato;
SXXwg xivsi cjis'/wp,
?
SxoXoy slvai xctl r.OYj j r-ijX-
I XafjiYijY faattbvrjj 4]iippovo;,
et
5 ye ili]?' StTtsp xtj iJjoxS T'<i
'tv
d-vr]t)Y CijiiflY sotl vdiitauais
?]
aspi tv dirvov yivojicvy
ro ei-
fiato;
veoi;, XXX'
ivayxatov
'Igiovg two; potpav xatxsiv
atV]Y Xt?iov xai fitpotov. et 6rj
xa&nep e-o|iSY
svSxetai
tv
stpi]]i4yov /eiv
tpoicov nepl ti);
rpitrj; cpop;, oii pvov atoO
rtsp! t?|{ Xfiitijtp; outui; 6to-
Xa'pEY IpiisXotepov,
tXXi xal
ti) iiavtsig;
tf
ittpl tv tfsv
pvw; Xv Ixoipev
oByiu; jio-
XoyoupviDf
-
ffppatvsafrat
sop-
tpiDYO'jg
Xyou;.
XX
tijiv |i5Y toioOtcov X-
ye)Y
Ξ
6stu)
ti vv (').
forza animata. Ma insieme con
questa concezione
bisogna respin
gere anche quella,
professata da
Empedocle, secondo
la quale es
so, avendo ricevuto dai molo
vorticoso un pi veloce impulso,
conserva per cos lungo tempo,
in virt dell'impeto proprio, il
suo movimento. E neppure cre
dibile che la sua eternit sia de
tcrminata dall' azione costrittiva
di un'anima cosmica: che non
dell'anima una vita talmente se
rena c beala. infatti necessario
che questo suo moto, dovendo
usare la forza in quanto costrin
ge il primo corpo (il ciclo) a
muoversi continuamente ili una
maniera non rispondente alla
sua natura, sia senza requie e
senza momento di spirituale sol
lievo, se e pur vero che essa non
pu mai, come l'anima degli es
seri mortali, godere della tregua
costituita dall'abbandono de! cor
po durante il sonno, e deve in
vece necessariamente
sopportare
un eterno e inesauribile destino
d' Issione.
Se dunque a proposito della
prima orbila possibile che la
condizione delle rose sia quella
da noi descritta, aver tale opi
nione circa la sua eternit non
solo pi congruo in s, "ia an
che necessario perch i sia in
grado di fornire una spiegazione
delle cose che in tal modo lo
gicamente consuoni con l'intima
nostra intuizione
di Dio.
Ma, in questo campo di con
siderazioni, basti per ora quel
che s' detto.
') Con queste parole, clic servono di trapasso al normale tono
didattico della lezione, Aristotele stesso dice chiaramente come
quel che precede appartenga
a un iXXo Yvo;, i! quale a rigore
non si accorda eoi freddo stile di trattazione scientifica altrimenti
dominante in
quest'opera.
414
CU ANNI DI VIAGGIO
quasi superfluo
riferirsi a indizi particolari
per
mettere in chiaro come lo 6tile di
questo capitolo si
distingua
totalmente da quello consueto alla prosa scien
tifica di
Aristotele. La scelta di parole solenni, che altri
menti non
s'incontrano in queste trattazioni terra terra,
un'augusta
elevatezza di
espressione, laricchezza di mezzi
retorici in servigio
dell'effetto
artistico, figure eleganti
quali
simmetrie, chiasmi e antitesi, immagini
audaci
come quella della platonica
anima del mondo, legata
come unIssione al moto
incessante della ruota del cielo,
sonori
accoppiamenti di parole come x? Ttspa?
"/.al xaXav, potpav xaxeiv
tiov xa xpuxov,
?
Ttfazcv rcsp xrj? ftavaafa; axo xal zfjs i'Scxyjxo?,
SoXoXov
xal
7to7; 7tr;XXaypvTjv aaxmvijg Ipcppovoj,
SXuTic-v xa
p.axap;av, p/satoi>5 *1 pdXtaxa naxpfou;
fjpbv Xy&dj, Ttt7iovov xal
BiaSiasis XT;? plaxvj? &|xoipov,
e soprattutto una voluta
trasposizione delle parole, si
mile aquella dellaprosa dei pitardi dialoghi platonici,
e
un'accurata eliminazione
dell'urto vocalico tra prin
cipio efine di paroledanno a
questa linguauu
tono, una
misura e uu 'atteggiamento
quali convengono soltanto a
quella dei dialoghi. Specialmente
allafine appar chiaro
come, nel loro originario
contesto, queste concezioni fisi
che fossero orientate verso finalit religioso-metafisiche.
La sinfonia della considerazione fisica dell'incorrut
tibile mondo celeste con quella che Aristotele chiama,
in modo incomparabilmente
hello e platonico, la pro
fezia di Dio nell'intimo nostro, ci gi apparsa come
la sintesi caratteristica
operata dal terzo libro Sulfa
filo
sofia. Anche la formo soltanto dialettica dell'argomen
tazione, il procedere dalle degne opinioni degli antichi,
da tradizioni religiose e da ci che verosimile (soXo-jo'd
denuncia quale sia la fonte.
Risulta con ci fissato un terminus post quem per
l'et di
composizione della redazione da noi posseduta
CENESI DELLA FISICA E COSMOLOGIA 415
dei libri Sul cielo. Essi sono stati elaborati dopo il dia
logo Sulla filosofia,
al pi presto uno o due anni! dopo
la morte di Platone. Ma neppure debbono esser nati
molto pi tardi, perch l'intero ambito visuale quello
della tarda Accademia1). Le teore cosmiche dei Pitago
rici, tanto spesso cieoamente seguite in questo
ambiente;
la forma sferica del cielo e della terra; la teoria delle
sfere e quella della loro armonia, che Aristotele mette
in dubbio nello stesso atto incui seriamente si sforza
di render
comprensibile a s Bteeso fin nel particolare,
da un punto
di vista fisico, ilmodo in cui glil astri pos
sano essere mossi dalle sfere; le questioni avanzate da
Platone circa la forma degli
astri, e la loro rotazione
assiale; la conoscenza, evidentemente
ancora recente, dei
cataloghi astronomici dei Babilonesi e degli Egizi, e
infine ildibattito, divenuto poi di tanta importanza sto
rica, circa la posizione della terra nello spazio cosmico
e circa ilsuo movimento, risolto da Aristotele, per man
canza di prove decisive a favore del* moto terrestre, con
l'adesione all'idea della forma sferica della terra ma col
rifiuto, conforme a ci che' sembravano esigere le opi
nioni allora dominanti circa l'essenza dei fenomeni gra
vitazionali, dell' allontanamento della terra stessa dal
punto
centrale del cosmo; da ultimo, le linee indivisbili
') La teoria
dell'etere, assai divergente da quella esposta nel
Espi e che di per s attribuisce a questo dialogo il
carattere di terminus post quem essendo
comprensibile solo come
correzione e non come stadio precedente della teoria sostenuta
nel dialogo slesso, potrebbe sembrare argomento contro l'ammis
sione 'di un troppo breve intervallo
cronologico fra il flap!
cfi).oooq>tas e il De Cacio. Ma un uso piuttosto
intenso degli
scrtti essoterici stato da noi constatato solo nei trattati didat
tici appartenenti al periodo medio, e quindi ancora assai vicini
cronologicamente a quelli, Per il De eaelo bisogna quindi ritenere
che la sua genesi, o la stesura della prima redazione nel suo com
plesso, cada nel periodo medio dell'attivit
aristotelica, e che
una sua riclaborazione, in parte profonda, abbia avuto luogo nel
periodo tardo.
416 GLI ANNI Ul VIACCIO
di Senocrate, la teoria matematica dei corpuscoli pro
pria della dottrina platonica degli elementi e ilproblema
della gravit, invano affrontato dagli Accademici: tutto
questo ricco ed evoluto mondo di speculazione fisica,
nella sua varia e spesso apparentemente asistematica
composizione risultante da problemi singoli semplice
mente giustapposti, comprensibile solo in funzione
slorica del suo ambiente nativo, cio dell'Accademia. In
questa forma iconcetti aristotelici sono stati esposti solo
dopo il347, ma concepiti essi sono stati gi nel periodo
accademico del filosofo, quando egli
discuteva,
con Pla
tone e coi suoi compagni1)..
') La determinazione della data della Meteorologa difficile.
Ilibri Ilept -j-evloeug xat tp&op?, tra i quali sono da anno
verare anche idue libri Tei del De cucio, si muovono espli
citamente sullo stesso piano speculativo della Fisica e del De caelo.
La polemica si aggira intorno alla riduzione platonica dei quattro
elementi a figure matematiche (Ssttit8a) e all'atomismo di Leu-
cippo e di Democrito. La Meteorologia si addentra invece profon
damente nella ricerca scientifica particolare. Ora, anche se il
principio della divisione in teoria generale e scienza particolare
della natura sta a fondamento dell'intero complesso degli scritti
naturalistici di Aristotele, il quale comprende cos entrambi quegli
aspetti nella loro dualit, tuttavia non c' dubbio, dopo l'esempio
tra l'altro della Politica, che il materiale empirico si venuto
a poco a poco accumulando e aggiungendo solo in et pi tarda,
e ha reagito in vario modo sulla costruzione propriamente filo
sofica. Di conseguenza non dovrebb'cseero lecito assegnare la Me
teorologia a una data troppo alta: gli argomenti arrecati dall'Ide-
ler (Arist, Meteor., I, p. IX) per dimostrare che essa stata
composta prima della spedizione asiatica 'di Alessandro non reg
gono alla prova. Poco dice il fatto che Aristotele consideri an
cora esattamente, con Erodoto, il Mar Caspio come un mare in
terno, mentre la spedizione di Alessandro giunse all'erronea opi
nione, la quale poi tenne il campo fino all'et moderna, che esso
fosse collegato col mare del Nord. Infatti anche nella Storia degli
animali, che certamente di et tarda, Aristotele si vale per la
descrizione di animali egiziani non del racconto di testimoni ocu
lari, ma di Ecateo di Mileto (v. Diel9, in Hermes, XXII: le coin
cidenze della Storia degli animali con Erodoto erano state gi ri
levate dal grande Cuvier, in Histoire des sciences naturelles, I,
1811, p. 236: cfr. A. v. Humboldt, Kosmos, II, 2847, p. 427, n. 95).
La menzione dell'incendio del tempio di Efeso, accaduto nel
356, che la Meteorologia (f 2, 371 a 30) compie con l'espressione
CEKIiM CELLA FISICA E COSMOLOGIA 417
Dobbiamo qui prescindere da una valutazione gene
rale della filosofia aristotelica della natura, che cerche
| remo invece di dare nella conclusione di questo
libro.
Basti per ora aver chiarito nella loro natura i prin
cipali dati di fatto concernenti il processo della sua evo
luzione. IIquadro, storico della genesi antica delle parti
fondamentali, cosmologiche speculative, della teoria
aristotelica della natura, della fisica c della cosmologia
|
con l'annesso scritto circa la genesi e la distruzione, viene
|
integrato dall' intervento, che secondo ogni verosimi-
i|
glianza ha avuto luogo soltanto tardi, dei lavori sulle
parti e sulla generazione degli animali. Essi muovono
dall'osservazione particolare della natura, e rappresen
tano la pi perfetta ed originale creazione di Aristotele
nel campo della scienza naturale. Contro ad essi stanno
la fisica e la cosmologia, con la loro indagine concettuale
dei principi universali della natura e delle grandi linee
del quadro cosmico. Non solo esse sono, dal punto
di
vista del loro contenuto problematico, assai pi pros
sime storicamente a Platone, ma anche nel metodo esse
si mantengono su quello stesso piano di prudente con
tinuazione critica della speculazione accademica che
!
caratterizza l'et di mezzo dell' evoluzione aristotelica,
l'epoca della politica dello stato ideale e dell'etica e
1
della metafisica teologizzanti. La continua polemica con
tro aspetti particolari della teoria platonica della natura
non deve celare come tale critica nasca appunto
dalla
maggior vicinanza all'ambiente ideale di Platone. L'ab-
vov oovpcuve fornisce solo un terminus post quem, perche questo
vv. com' noto, c ili significato assai ampio, e lascia quindi
largo giuoco alla determinazione cronologica. Viceversa l'espres
sione i itsoiv 6ttsp r itzvci/xovxa 51? vstxopav pvov, olle la
Meteorologia (I" 2, 372 a 29) adopera a proposito dell'osserva
zione dell'arcobaleno lunare, non conviene troppo u un uomo an
cora relativamente giovane, anche quando non si voglia prendere
alla lettera la prima persona del verbo.
27.
TV. jAEtmn, Aristotele.
41S CLI ANNI DI VIAGGIO
bandono dell'invisibile mondo delle idee, che inPlatone
fronteggiava il cosmo visibile come suo paradigma, la
fredda scepsi contro certe effusioni d'arbitraria fantasia
cosmologica, alle quali alcuni Accademici erano stati
sedotti dall'adesione alla filosofia pitagorica, e in gene
rale Favversione alla speculazione pura, non fondata
sull'esperienza, sono, s, imotivi che vengono accentuati
da Aristotele con maggior consapevolezza. Ma basta pa
ragonare la fisica di Aristotele a quella del Timeo pla
tonico, sullo sfondo del meccanismo cosmologico di De
mocrito o della teoria astronomica di Eudosso, risolven-
tesi in pura concezione matematica, per scorgere come
le ostruzioni di Aristotele poggino in pieno sulle fon
damenta platoniche e come isuoi scritti di fisica e di
cosmologia rechino l'impronta delle discussioni da cui
nacquero in seno all'Accademia.
PARTE TERZA
L'ET DELL'INSEGNAMENTO
ifl
I.
ARISTOTELE AD ATENE
Nell'anno 335-4, dopo tredici anni di assenza, Ari
stotele torn ad Atene, che egli non aveva pi riveduta
dal tempo della morte del maestro. Con la salita al
trono di Alessandro si era chiuso il periodo della sua
diretta attivit presso la corte macedone. Certamente il
giovane re gli offerse anche allora la possibilit di atten
dere onoratamente, con agio e coi mezzi necessari, alle
sue ricerche; e nessuno creder che, proprio nel mo
mento in cui egli aveva pi bisogno che mai di esperto
consiglio, egli abbia allontanato apposta dalla sua com
pagnia l'uomo che fino al tempo della spedizione asia
tica aveva costantemente lavorato a raffinare la sua co
scienza politica e fino allora lo aveva sorretto nelle
sue decisioni di stato1). Ma il ritmo della loro esistenza
era diventato troppo diverso, fin da quando Alessandro,
per salvare il trono che tornava a vacillare ad ogni
mutazione di chi lo occupava, passava veloce di cam
pagna in campagna e combatteva per la propria fortuna
ora sui Balcani e sul Danubio, ora in Grecia. Non sap-
Pw la supposizione che il Tapi SaotXslaj; sia stalo scri'to
in occasione della salita al trono di Alessandro cfr. sopra, p. 349,
n. 3.
422 l'et df.ll'insecnamento
piamo se Aristotele sia rimasto alla corte fino al suo
ritorno ad Atene o se gi da parecchio tempo egli si
fosse nuovamente ritirato nell'avito possesso di Stagira,
secondo la notizia data da un frammento di lettera in
s molto sospetto,
il cui stile presenta maggior somi
glianza con ifrigidi artifici delle scuole di rettorica che
con la libera forma letteraria di Aristotele, famosa nel
l'antichit come modello d'individuale stile epistolare1).
Favorevole all'idea che egli abbia mantenuto costanti
rapporti con la corte anche il fatto che Aristotele
venne ad Atene solo nell'anno in cui Alessandro pass
in Asia Minore.
Subito dopo la salita al trono di Alessandro (336)
inazionalisti ateniesi, agli ordini di Demostene, ormai
escluso dalla vita politica dopo Cheronea, e isuoi amici
intutta laGrecia si erano sollevati. La rapida repressione
della rivolta, operata da Alessandro, pareva avesse
ristabilito la quiete e la obbedienza, quando, alla voce
che il re era caduto nelle battaglie sul Danubio, il par
tito nazionalista si risollev di nuovo (335), alzando il
grido dell'autonomia e della libert2). Ma ancora una
volta il disinganno fu rapido e completo. Alessandro
assal Tebe e la rase al suolo, esempio ammonitore per
gli altri Greci. Solo a gran fatica Atene riusc a sottrarsi
alla disonorante ingiunzione di consegnare Demostene e
tutti icapi del partito nazionalista. Da allora in poi
essi scomparvero dalla scena politica. La tensione degli
spiriti contro la Macedonia si attenu. Nell'ottobre del
fi
u
ij
"it
1
) Framm. 669 R. iy) ix ]iv A9r;v(5v et; Stdyeipa jjXS-ov Sii
tv
gaoia rv
|iyav,
ix 8 StafeCpwv et; 'AS-ijva; 5: rv yti-
pcva tiv [lifav. In s e per s, la cosa pi naturale che Ari
stotele trascorresse il tempo nelle sue occupazioni scientifiche a
Stagira, tutte le volte che non era richiesta la sua presenza alia
corte: cfr. sopra, p. 150 it, circa ilsoggiorno di Teofrasto a Stagira.
*) Arr,, I, 7, 2 IXsuspiav
te (xal aSrovopCav) Ttpo'ta/-ip.svoi
ttaXaiK xal xa ovipara...,,
. ARISTOTELE AD ATENE
423
335 Alessandro torn indietro; nel maggio del 334, por
tatosi in Asia Minore, sconfisse isatrapi persiani al
Granico.
Di questi tempi Aristotele torn ad Atene. Chi ri
tornava, ora, era il sommo esponente della vita spiri-
tuale ellenica, l'eccellente filosofo, scrittore e maestro,
l'amico del potentissimo dominatore, la cui fama mon
diale aveva, con la sua veloce espansione, innalzato an
che la sua figura nell'opinione degli ambienti pi lon
tani, ignari del suo valore personale. Il progetto di tor
nare col dove egli si era spiritualmente formato si ma
tur probabilmente in lui negli ultimi anni del sog
giorno macedonico, trascorsi nell'intimit della ricerca
scientifica. Fu il ricordo di Platone che gli fece scorgere
nel ritorno qualcosa di pi che un'estrinseca condizione
favorevole per una pi vasta manifestazione della sua
attivit. Assunse cos ora anche pubblicamente, di fronte
a tutto il mondo, la successione del maestro. L'Acca
demia peraltro gli era ormai aliena. In essa, dopo la
morte di Speusippo (339-8), era stato dai membri eletto
scolarco Senocrate1). A un ritorno nell'Accademia, alle
dipendenze dell'antico compagno, ormai di cos diverso
orientamento spirituale, egli non poteva pensare, per
quanto si preoccupasse
di conservare le sue cordiali
relazioni esterne con quel venerando uomo. Non ab
biamo infatti notizie di suoi dissidi con l'Accademia:
e certo molti uditori avranno frequentato le lezioni in
entrambi gli istituti. Ma da questo momento l'Accade
mia perde la sua posizione dominante di fronte alla
nuova ecuoia aperta
da Aristotele prima negli anditi
della palestra del Liceo, e poi probabilmente
in locali
pi adatti in un fondo vicino, fuori della porta di
Diocare ad oriente della citt, cio in un luogo che
*) Ind. Acad. Hercul., col. VI, p. 38 (Mekler).
424 l'et dell'insegnamento
(
5 ARISTOTELE AD ATENE 425
gi da secoli era un punto di ritrovo dei sofisti. Finch
Aristotele rimase fra le mura di Atene, la detronizzata
regina delle citt fu ancora per l'ultima volta il centro
spirituale del mondo ellenistico, la metropoli della
scienza greca. Dopo la morte di Aristotele e di Teofra-
sto questa et si chiude: il centro di gravit si trasfe
risce ad Alessandria. Nella figura di Aristotele, non
ateniese e residente in Atene, salvaguardia dell'influen
za politica dei Macedoni nell'antica capitale dell'impero
attico e insieme maestro spirituale della nazione, il
simbolo dell'et nuova.
Aristotele fond il nuovo centro scientifico con la
protezione del suo potente amico macedone Antipatro,
che Alessandro aveva lasciato in Macedonia e in Gre
cia in qualit di reggente e di supremo comandante
militare. Assai da rimpiangere la perdita del carteg
gio di Aristotele con questo importante personaggio, che
dopo la morte di Ermia sembra abbia avuto con lui
rapporti personali pi stretti che ogni altro. Dato che
Antipatro proveniva da un ambiente totalmente diverso
da quello in cui si era formalo Aristotele, ed era estra
neo alla vita scientifica, la loro amicizia deve certo es
sersi basata su una profonda affinit di carattere. Cos
si spiega come
questa relazione, annodata alla corte di
Filippo quando Aristotele godeva del massimo favore
del re e di Alessandro, abbia sopravvissuto ai mutevoli
umori dello stesso Alessandro e, dopo aver stretto idue
uomini per tutta la vita, abbia legato Antipatro all'ami
co filosofo anche dopo la morte di quest'ultimo. Egli
fu infatti designato da Aristotele, nel suo testamento,
quale esecutore delle sue ultime volont. Nei brevi
frammenti superstiti delle lettere aleggia uno spirito
d'illimitata confidenza, da cui si pu anche dedurre
come Aristotele e il suo ambiente dovessero trovarsi
d'accordo coi
disegni della politica macedone, dato che
i VS
Antipatro, tra il 334 e il 323, amministr con potest
quasi illimitata le faccende interne della Grecia.
Il partito macedonico di Atene, che contava molti
aderenti fra iricchi, poteva
ormai farsi avanti indistur
bato. In seno alla cittadinanza, il processo di dissolvi
mento della fiducia si era esteso inmisura tremenda. Ai
nazionalisti, cerio, era ancora facile di riportare delle
vittorie dimostrative, come quella di Demostene su
Eschine sconfitto nella battaglia oratoria del processo
per la corona, e di conquistare con ci di tanto in tanto
il favore della massa. Ma contro le lancie dei Macedoni
essi erano impotenti, e non avevano pi dalla loro parte
le persone colte, che non erano state scosse dalla loro
indifferenza e inerzia neppure dall'opera di Demostene,
fallita perci nel suo principale intento. Per gli am
bienti intellettuali costituiva una conquista il fatto che
venisse a loro un appoggio morale dalla scuola di Ari
stotele, direttamente collegata col governo macedone.
Contro l'altezza morale e spirituale di questi nuovi uo
mini, che non essendo ateniesi non potevano essere ac
cusati n di tradimento ne di corruzione, oratori popo
lari come Licurgo e Demostene non riuscivano ad aver
successo. A quegli uomini non si poteva ascrivere alcuna
immediata intenzione politica, ed essi influivano sulla
formazione di un nuovo gruppo pi col loro calmo ri
fiuto dell'idea nazionalistica concepita nel senso di De
mostene che con un proprio programma politico.
Col suo fine tatto, Aristotele ha sempre evitato accu
ratamente di toccare il punto sensibile del sentimento
nazionale ateniese e di lasciar cadere anche solo una
parola dura contro Demostene, che senza dubbio gli era
avverso, e contro il suo partito. Solo dopo molti anni,
nelle mordaci espressioni di Teofrasto e di Demetrio di
Falero circa
l'eloquenza e lo stile di Demostene quale
oratore popolare, il giudizio corrente nella chiusa cer-
426 l'et deli.'insecnamento
chia del Liceo si azzarda a venire inluce. Naturalmente
Aristotele non era cos miope da attribuire a Demostene
la colpa della guerra di Cheronea, come facevano Eschi
ne e isuoi seguaci. Nell'unica espressione circa Demo
stene, che di lui possediamo, egli si oppone a questa
idea. Tuttavia nulla sarebbe tanto falso quanto il cre
dere, per questi motivi, che Aristotele abbia avuto om
bra di comprensione per l'orientamento spirituale di
Demostene. La cerchia degli intellettuali che si racco
glieva nel Liceo non era, certo, niente affatto cosmopo
litica, ma era rassegnata, e lo era tanto pi in quanto
non aveva nessuna fiducia nelle nuove creazioni di Ales
sandro, toccanti ilimiti del fantastico, e non voleva sa
perne di affratellamenti di popoli e di fusione col
mondo asiatico. Aristotele stava accanto al letto della
inferma nazione greca nell'atteggiamento di un medico
preoccupato. Inazionalisti che si raccoglievano intomo
a Demostene non capivano questo atteggiamento spiri
tuale, che aveva le sue radici nella volont di conoscere
l'amara verit. Nella scuola di Aristotele non vedevano
che un ufficio di spionaggio al
gervizio
della Mace
donia1).
Di nessuna scuola scientifica possediamo tante noti
zie come di quella del Liceo. Persino le lezioni che in
essa furono tenute ci sono state conservate in massima
parte negli scritti di Aristotele. La legge ateniese proi
biva allo straniero l'acquisto di territorio attico: tutta
via vediamo pitardi che Teofrasto possedeva un fondo,
*)
Questa era certamente l'opinione di Demostene, nonostante
che egli non potesse esprimerla ad alta voce, come viceversa fece
suo nipote Democare nella difesa del decreto di Sofocle (307/6),
con cui, dopo la liberazione di Atene per opera di Demetrio Po-
liorcete, le scuole filosofiche simpatizzanti per la Macedonia fu
rono soppresse (cfr. i vituperi lanciati contro Aristotele e isuoi
seguaci nei frammenti del discorso di Democare in Haiter-Sauppc,
Or. AtU, H, p. 341 segg.).
ARISTOTELE AD ATENE
427
cio un gran giardino, in cui si trovavano un sacello
delle Muse, giusta l'esempio
dell'Accademia, un altare
e vari portici1). In uno di questi portici erano esposte
su tavole
(itvxe{) le carte geografiche della terra
TtEpoSot). E anche il resto del materiale
didattico,
come la biblioteca, si sar trovato col. Una statua di
Aristotele era esposta,
accanto ad altri doni votivi, nel
sacello delle Muse.
Questo
fondo era stato regalato da
Demetrio di Falero al suo maestro Teofrasto, perch re
stasse di sua propriet
(tSiov), e poich la legge non
permetteva
che una simile donazione fosse fatta a un
meteco quale
Teofrasto, dovette essere necessario a tale
scopo uno speciale atto di diritto pubblico. Poich la
scuola, gi fin dal tempo di Aristotele, disponeva di
molto materiale didattico, e in particolare di una rac
colta di libri che poteva essere contenuta solo in un
edifcio di una certa ampiezza, non da respingere la
congettura che oggetto della donazione poi fatta da De
metrio a Teofrasto fosse proprio il bene immobile che
gi aveva servito ad Aristotele come sede per le sue
lezioni. Demetrio l'avr conservato per la sua scuola,
in quanto il ricordo del fondatore era ormai legato a
quel pezzo di terra. Tuttavia la fondazione dev'essere
stata intestata al nome di TeofraBto, perch nel suo te
stamento egli lega il Peripato alla scuola con questa
formula: Lascio il giardino e la passeggiata
(il pe-
ripato), con gli edifici che vi Borgono,
a quelli tra i
nostri amici inscritti che volta per volta vogliano dedi-
carvisi in comune all'insegnamento e alla ricerca scienti
fica, non essendo possibile che ognuno vi rimanga co-
etantemente; e ci a patto
che non sia permesso
di alie
nare o di appropriarsi cosa alcuna, e che essi debbano
s) Diog., V, 39. H tiaso costituito dalla comunit era quindi
dedicato al culto delle Muse.
428 l'et dell'insegnamento
i :
V;
invece possedere tutto ci come un comune santuario, e
servirsene mantenendo reciproci rapporti di camerati- ;
smo e di amicizia, secondo ci clie conveniente e
giusto ').
Queste
belle parole attestano come nella scuola so
pravvivesse lo spirito che Aristotele le aveva infuso. Le
norme fondamentali della vita collettiva erano salda
mente stabilite. Simbolo della comunit erano iconve-
J
gni sociali che avevano luogo regolarmente ogni mese,
le sisBizie e isimposi. L'inventario contenuto nel testa
mento di Stratone enumera, accanto alla biblioteca, sup
pellettili per l'agape, tovaglie e vasellame 1).
Questa
or- :
,J.
ganizzazione dev'essersi sempre pi completata nel corso
*
delle generazioni: e al
tempo dello scolarcato di Licone
si ebbero lamentele per il fatto che gli studenti pi
poveri non potevano partecipare ai conviti, facendosi in
essi troppo lusso. Lo stesso Aristotele redasse un rego
lamento concernente le costumanze da seguire nei sim
posi (vpoi <3opitony.o() ed uno concernente quelle da
seguire nell'agape (vpoc auaot-ttxoJ), cos come avevano
fatto Senocrate e Speusippo per l'Accademia.
Queste
r.orine esercitarono nelle scuole filosofiche una funzione
non indifferente8).
L'ordinamento delle lezioni era saldamente stabilito.
La tradizione racconta che Aristotele dedicava la mat
tina ai corsi pi difficili, di argomento filosofico: nel
pomeriggio faceva lezioni di retorica e di dialettica per
un pubblico pi vasto. Accanto al maestro tenevano i
loro corsi gli scolari pi anziani, come Teofrasto e E'.i-
demo.
Quanto
a nomi di scolari di Aristotele, ne cono-
')
Diog., V, 52.
*) Diog.,
V. 62.
') l'er l'organizzazione
esterna della comunit peripalcliea e
per le suo cariche elettive cfr. Y7ilamowitz, Antigono voti Kory-
stos, p. 254,
ARISTOTELE AD ATENE 429
sciamo redativamente pochi. Ma quale Greco che abbia
scritto su problemi di scienza naturale, di retorica, di
letteratura, di storia della cultura, nonha avuto, intutto
il secolo immediatamente successivo alla vita di Aristo
tele, il nome di peripatetico?
Per quanto prodigo sia
i'uso che igrammatici fanno di questo
titolo, si scorge
facilmente come l'influsso spirituale
della scuola si sia
esteso rapidamente ovunque si parlava greco. Tra ipe-
rpatetici noti non troviamo quasi mai nomi di Ate
niesi: gran parte degli uditori dev'esser venuta di fuori.
Dalia comunanza platonica di vita, dal ooigv, nasce nel
Liceo l'universit nel senso moderno della parola, come
organizzazione delle scienze e dei corsi di studi. Gli sco
lari, che recano ancora il bel nome platonico di ami
ci , vanno e vengono senza tregua, giacch, come dice
Teofrasto con un certo tono di rassegnazione, non
possibile che ognuno vi rimanga costantemente . Con
l'Accademia la nuova scuola ha tuttavia in comune il
carattere che il suo ordinamento interno, come gi
l'idea della comunit platonica di T'ita, stato determi
nato nella sua genesi dagli aspetti pi personali del
temperamento
e dello spirito del suo creatore. L'orga
nizzazione della scuola peripatetica un'immagine della
natura di Aristotele: il risultato del dominio esclusivo
di un'intelligenza, la cui volont vive nelle membra del-
l'organismo dominato.
Per lo pi si suole non tenere abbastanza presente
come Aristotele non sia affatto uno dei grandi scrittori
filosofici che lasciano alla posterit la loro opera lette
rariamente conformata, e che cominciano propriamente
a vivere solo quando muoiono, perch la parola scritta
opera per loro. La serie degli scritti letterari, composti
da Aristotele nello stile di Platone e pubblicati nei suoi
anni giovanili, appare sostanzialmente conclusa con
l'inizio dell'attivit didattica ad Atene. In ogni modo,
430 l'et dell'insegnamento
idialoghi pi importanti appartengono ad un'et molto
anteriore, ed difficilmente ammissibile che ancora in
questi anni Aristotele si sia
occupato della composizione
di piccoli dialoghi, con un'attivit che ormai non avreb
be avuto che il valore di un gioco accessorio. Ormai
la sua attivit si risolve nell'insegnamento, ancor pi
di
quanto prima non fosse. Itrattati didattici superstiti
sono il sostrato di questa viva attivit da lui svolta tra
isuoi scolari. Nel Fedro Platone sostiene l'inutilit della
parola scritta per la
comunicazione di una vera cono
scenza scientifica. Per
troppo tempo si creduto di po
ter trascurare
questa concezione, fondamentale per l'in
terpretazione dei dialoghi; e solo ora si comincia a
vedere come essa fosse fondata sull'effettiva relazione
che nella scuola platonica legava la produzione scritta
all'insegnamento orale, e come ogni considerazione com
plessiva dei dialoghi, che non li contempli sullo sfondo
di quella generale attivit didattica, implichi uno spo
stamento illecito del loro centro di gravit1). Con Ari
stotele la situazione si muta ancora una volta.
Qui
a poco
a poco interviene una completa paralisi della creativit
letteraria, totalmente assorbita dall' attivit didattica.
L'enorme somma d'azione che costituisce la vita d'Ari
stotele non compresa n nei trattati dottrinali n nei
dialoghi, e
soprattutto consiste nella viva efficacia eser
citata sugli scolari, e non radicata nell'eros platonico,
ma nell'impulso a conoscere col proprio sforzo perso
nale e ad insegnare agli altri. Staccati dal loro creatore
e dalla sua parola, itrattati non potevano esercitare in
dipendentemente un' ulteriore efficacia, e non l'hanno
di fatto esercitata. La stessa scuola peripatetica stata
capace di leggervi solo finch c'erano ancora, a com
mentarli, quelli che erano stati personalmente discepoli
') Cfr. la mia F.nlstehungsgeschichle d. Met. d. Arisi., p. 140.
AHISTUTELE AD ATENE 431
di Aristotele. Sul primo ellenismo questa enorme massa
di scienza e di pensiero ha esercitato un influsso straor
dinariamente esiguo. Solo nel primo secolo avanti Cri
sto si trassero nuovamente alla luce itrattati, ma anche
allora iprofessori greci di filosofia, insegnanti
ad Atene,
non li capivano1). Solo quando il faticoso e secolare
lavoro compiuto dalla scuola dei commentatori ebbe fat
to riapparir chiare allo sguardo quelle possenti costru
zioni del suo pensiero, che solo per un capello la posteri
t non aveva perdute per sempre, Aristotele riprese per
la seconda volta ad essere ilmaestro della scuola. Solo
allora si cap come non ci si potesse attenere soltanto
a quegli scritti del filosofo che erano circonfusi dallo
splendore della gloria letteraria, ma si dovesse scorgere
il vero Aristotele nel vivo della sua attivit attraverso
itrattali didattici da lui non pubblicati, per cogliere
un ultimo bagliore di questo spirito, cos avaro verso
la posterit e cos prodigo per coloro che lo circonda
vano. Cos, contro ogni sua intenzione, Aristotele di
venne il maestro di tutte le genti. La sua universale
missione storica riusc diametralmente opposta alla sua
azione e intenzione personale, la quale, con spirito
schiettamente greco, era tutta accentrata nel presente, e
raccoglieva tutte le sue forze per agire nell'ambiente
pi ntimo. L'azione didattica di Aristotele fu un feno
meno unico nella storia del mondo. Per iGreci essa
costitu inoltre qualcosa
di affatto nuovo, che peraltro,
nell'et allora incipiente delle grandi scuole filosofiche,
fece epoca. Stoici, epicurei,
accademici, attribuirono
tutti d'allora in poi maggiore importanza
all'insegna
mento orale che all'esposizione letteraria delle loro dot
trine.
Non possibile seguire sino alla fine irapporti di
') Cicer., top. I, 3.
432 l'et dell'insegnamento
Aristotele con Alessandro. La memoria Sulla colonizza
zione, col titolo tiialogico di Alessandro, dimostra come
essi abbiano durato ininterrotti fino al
tempo
delle fon
dazioni delle citt in Egitto e in Asia. Non pot restar
senza effetto sulle relazioni con Alessandro la catastrofe
di Callistene, accaduta nel 327 1).
Questo nipote di Ari- 'l
stotele, che durante ilsuo soggiorno ad Asso e poi anche >
a Pella era stato suo scolaro e che ancora nell'immi-
?
nenza del passaggio di Alessandro in Asia aveva aiutato
. !
lo zio nella determinazione della lista dei vincitori del- 1
fici, si era, d'accordo con lui, aggregato al quartier ge- .
nerale del re, certamente fin da principio con l'inten
zione di descrivere le sue
gesta. La glorificazione di Ales
sandro, nell'opera a lui dedicata, al pari dell'encomio
di Ermia, manifesta in lui non un'autentica natura di
storico, ma un pi personale interesse al proprio argo
mento, che egli sembra aver approfondito con penetra
zione filosofica senza peraltro coglier dappertutto netta
mente la realt delle cose. Callistene non era un cono
scitore di uomini. Era un dotto di fine educazione let
teraria, non senza talento come oratore e specialmente
come pronto improvvisatore, ed era un filosofo di acuta
intelligenza, ma, secondo il personale giudizio di Ari
stotele, scarso di buon senso, cio di naturale compren
sione delle cose e degli uomini. Per
quanto fautore del
re e, nella sua opera storica, costante difensore di lui
contro l'opposizione della vecchia nobilt macedone, che
disapprovava la politica di Alessandro nei riguardi de
gli Asiatici, egli riusc tuttavia, quando si tratt
della
prosternazione, per un senso intempestivamente
ostentato
di diguit filosofica, a cadere nel disgraziato sospetto di
aver congiurato con quella stessa opposizione, e ad atti-
J Cfr. ora F. Jacoby, artic. Kallislhenes nella
Realenc/cl. d.
class. Allert. del Pauly e Wssowa, X, eoi. 16T4.
ARISTOTELE AD ATENE
433
rarsi cosi lo sfavore del re. La sua posizione alla corte
era invero stata sempre quella di un isolato, non apparte
nendo egli n al partito della nobilt militare macedone
n alla schiera pettegola dei letterati greci del quartier
generale, e appoggiandosi esclusivamente sul favore per
sonale del re.
Quando
questo
gli venne meno, non ebbe
pi difesa, e cadde vittima degli intrighi degli altri.
Che gl'intimi del monarca abbiano pi tardi trovato
qualcosa da nascondere a proposito della rovina di Cal
listene, oggi fuor di dubbio. La colpa non fu affatto
accertata con la normale procedura giuridica, e l'esecu
zione fu uno di
quegli
atti autocratici che Alessandro,
in questo periodo di estrema tensione delle sue forze
psichiche e fisiche, comp, in esplosioni vulcaniche di
atroce furore, anche contro isuoi intimi amici. Per
quanto anche su queste
manifestazioni di umanit infe
riore si potesse stendere il velo della compassione, esse
dovevano oscurare l'immagine del re agli occhi di Ari
stotele, e cancellate dal suo cuore l'affezione che nutriva
per lui. Cerc di conservare il suo equilibrio interiore
usando giustizia, dura giustizia anche nei riguardi delle
debolezze del nipote. La banale opinione degli antichi
non sapeva spiegarsi la precoce morte di Alessandro se
non immaginando che essa fosse stata provocata
dal
veleno fattogli pervenire dal filosofo. Ci non rispon
deva al temperamento morale di un Aristotele. Ma que
sto non toglie che nella coppa della regale amicizia
fosse realmente caduta una goccia di velenosa amarezza.
Certo, anche allora l'esistenza di Aristotele ad Alene
dipese soltanto dalla sorte di Alessandro. Quando
nel
323 venne la notizia della sua morte, nessuno quella
volta voleva crederci; ma quando poi essa fu confer
mata in modo incontrovertibile, per il partito naziona
lista non ci furon pi freni. L'unica difesa degli amici
della Macedonia era stato Antipatro, ma negli ultimi
28.
W. Jaeger, Aristoteli.
434 l'et dell'insilamento
tempi anche questi, al pari di Aristotele, aveva perduto
la fiducia del re, e si trovava proprio in marcia in Asia
Minore, alla volta di Babilonia: aveva ricevuto l'ordine
di risiedere presso la corte, perch il re potesse
averlo
in avvenire sotto gli occhi. Aristotele si sottrasse all'im
provvisa ondata dell'odio nazionalistico e agli assalti del
partito di Demostene fuggendo a Calcide di Euhea. Col
si trovava l'avito possesso della defunta madre, nel quale
egli si trattenne nei mesi seguenti, fino al giorno della
sua morte. Una malattia di stomaco, di cui era affetto,
pose presto termine alla sua vita, nel sessantatreesimo
anno. Sembra che allora egli sentisse prossima la morte,
giacch a Calcide fu scritto il testamento che di lui
ancora possediamo1).
Prima di morire egli dov ancora
vedere come iDelfi, dopo la morte del suo regale pro
tettore, gli rifiutassero le onoranze che gli erano state
concesse in ricompensa della redazione del catalogo dei
Pitionici2). Ma neppure i tumulti di questa et sep
pero scuotere durevolmente l'equilibrio spirituale di
questo filosofo, nonostante la particolare sensibilit del
suo temperamento per le vicende della storia umana.
Ancora una parola circa la sua vita pratica di que
sti ultimi anni. Il suo tutore Prosseno e la sua madre
adottiva erano da lungo tempo defunti. Del figlio di
essa, Nicnore, Aristotele si prese cura paterna e lo
adott. Nicnore risiedeva, col grado di ufficiale, presso
il quartier generale di Alessandro. Nel 324 Alessandro
') Nel testamento si parla solo della scelta di un'abitazione
per Erpillide a Calcide o a Stagira, non ad Atene (Diog., V, 14),
ed anche incerto dove debba essere seppellito Aristotele (V,
16), mentre senza dubbio queste cose sarebbero slate dette altri
menti se le disposizioni testamentarie fossero state date ad Atene
e in tempi tranquilli.
') Framm. 666 R. (lettera ad Antipatro) iircp tv v
(!iTjtfi.a8-vTa)v poi xcct 5>v fjpijpai vv oOttug
ixi *&6 lA15T8 i10'
acpSpa [Xeiv jiip ttTcv pVfTs poi pijSv psiv. 11 frammento
ha tutta l'aria di essere autentico.
ARISTOTELE AD ATENE 435
lo mand in Grecia, latore di una grande ambasciata.
Fu lui quello che dovette annunciare agli Elleni, radu
nati per la festa nazionale ad Olimpia, come Alessandro
pretendesse per s onori divini. A Nicnore Aristotele
aveva destinato, nel suo testamento, la mano dell'ancor
minorenne figlia Pizia, natagli dalla moglie Pizia ormai
da lungo tempo defunta. Dopo molto tempo dalla morte
di costei Aristotele aveva preso in casa una certa Erpil
lide, dalla quale aveva avuto un figlio, di nome Nico-
maco. Nel suo testamento egli si ricorda, con affezio
nata sollecitudine, di tutte queste persone, cme anche
dei suoi scolari. C' qualcosa di commovente nel vedere
come questo esule assesti le faccende della sua casa.
Isuoi pensieri sono dominati dal ricordo della patria
Stagira, della solitaria e lontana casa paterna, delle
figure dei genitori adottivi, dell'unico fratello Arimne-
sto, presto perduto, della madre, che egli aveva innanzi
agli occhi solo nell'aspetto in cui aveva potuto vederla
bambino. Suo desiderio che non si abbiano a separare
isuoi resti mortali dalle osBa della moglie Pizia, se
condo quella che era stata anche l'ultima volont di
lei. Pacate e prive di effusioni sono le disposizioni ma
teriali di questo documento ultimo della vita di Ari
stotele: ma tra le righe esso parla un linguaggio singo
lare, che non ci viene incontro dai testamenti, conser
vati al pari di esso, degli altri scolarchi peripatetici.
il caldo accento di una schietta umanit, ma nello
stesso tempo la manifestazione di un quasi pauroso di
stacco dagli uomini che lo circondano. Sono parole di
un isolato. Una traccia di
questo sentimento si con
servata inuna commovente confessione epistolare di que
sti ultimi tempi, che ha parole d'inimitabile sapore per
sonale. Satp yp aTiTTjg
y.al
poviitT)? eljit, tptXopu'O'Tcpo?
YYova- Nel mezzo della casa rumorosa invecchia un
uomo che vive tutto per s, romito: secondo la sua stessa
436 l'et
dell'insegnamento
espressione, un' individualit ritirata in s medesima,
die nelle sue ore serene si avviluppa nel mondo mera-
viglioso e pur profondo del mito"1). L'aspra e serrata
sua personalit, chiusa a ogni sguardo esterno dietro le
rigide barriere della scienza, qui affiora, svelando il suo
segreto. Anche qui, come per la maggior parte
delle per
sonalit antiche, noi ne sappiamo esattamente quel
tanto, che basta per riconoscere come nella sostanza
non possiamo saperne nulla. Una cosa tuttavia scor
giamo, ed che questa ricca esperienza di vita non si
esaurisce in tutta la sua opera di scienza e d'indagine,
come potrebbe sembrare dopo un'osservazione superfi-
ciale. L'ideale del pio; swp-ctx; affonda le sue radici
in una seconda natura, celata nel profondo della per
sonalit, e attinge ad essa la sua forza. Il ritratto tradi
zionale dell'Aristotele realista, interessato soltanto alle
cose, esattamente il contrario della verit.
Questa
proprio l'et in cui l'Io comincia ad affrancarsi dai
ceppi del contenuto oggettivo della vita, e avverte con
consapevolezza pi che mai chiara come non possa con
tentarsi di un'attivit volta soltanto alle cose. La vita
privata si ritrae dall'attivo concerto della societ nel
suo angolo quieto, erigendovi la sua dimora. Ed anche
nell'anima dell'uomo la vita privata si ridesta, e chiude
. j
la porta
in faccia agli ospiti non desiderati. L'aspetto
di suprema oggettivit, che Aristotele assume costante
mente nelle sue manifestazioni esterne, dipende gi da
*) Framm. 668 R. Per Aristotele (ed eredit platonica) l'e
lemento mitico strettamente collegato con quello filosofico. V.
p. es.
Metaph., A. 2, 982 b17 6 5' xopffiv xat otrcai y-
vostv 5i xai 6 cpiJ.opuS'og (piXaof; ro; low 6 yp pS-og
G-fHsttiu
ex d-aupxoCtov, Ma certo c' differenza fra il ricono
scere clementi filosofici nelle creazioni mitologiche e il tornare
con gioia, al termine di una lunga fatica spesa nella diretta solu-
zione filosofica dei problemi, alla nebulosa forma espressiva del ;V
mito, pi intuitivamente ricca che logicamente chiara, come ap-
1
"5;
punto fa Aristotele nel frammento della sua lettera.
:|i
HI
ARISTOTELE AD ATENE 437
una consapevole distinzione dell'attivit che concerne la
persona da quella che riguarda la cosa ins. Poco tempo
ancora, e la soggettivit, nel possente rigoglio delle sue
forze, spezzer l'argine e trasciner ogni saldo elemento
oggettivo nel ritmo del suo moto interiore. Ilritratto che
le indagini pi recenti hanno riconosciuto come proprio
del filosofo ci mostra una testa di assai singolare strut
tura1). L'elaborazione artistica di essa ha una certa no
bilt convenzionale, ma ciononostante il tratto perso
nale , nel volto, di mia vivacit parlante. Come nella
nota testa di Euripide, lo sforzo del pensiero traspare
dalle rade e fini ciocche di capelli, cadenti sulla fronte
vigorosa. Ma lo sforzo dell'artista, inteso a cogliere l'in
dividuale, non si limitato a fissare tali tratti generici.
Chi guarda la testa di profilo colpito dal contrasto tra
il mento sporgente, con la sua espressione d'inflessibile
energa, sotto la bocca eerrata, e lo sguardo critico ed
osservatore, rivolto a un punto determinato e singolar
mente immune, nella nettezza orizzontale della sua
traiettoria, dall'agitazione passionale della parte infe
riore del volto. L'intensit di questo sguardo penetrante
d quasi un senso di angoscia. L' impressione di alta
spiritualit, risultante dall' intera fisionomia, fin dal
primo momento superata da quella della seria intensit
dell'attenzione, dominante ogni tratto. Tutto disci
plina spirituale. Solo intorno alla Locca ironica giuoca
un'ombra di passionalit, l'unico tratto involontario che
si scopra in questo volto.
A conclusione di tutto ci sia qui riferito il testa
mento di Aristotele, che ci d la sensazione immediata
dell'atmosfera umana in cui egli visse2).
Possa tutto andar bene: ma, per qualsiasi evenien-
Cfr. Studniczka, Ein Dildnis des Arisloteles (Dckanalsprogr.),
Lipsia, 1908.
') Diog, V, 11.
1
438 l'et dell'insegnamento
za, queste sono le ultime disposizioni di Aristotele. Ese
cutore di esse tutte sia, sotto ogni aspetto, Antipatro.
Fino al tempo in cui Nicnore sia in grado di assumere
l'eredit, siano tutori dei piccoli, di Erpillide e di tutte
le sostanze Aristomene, Timarco, Ipparco, Diotele e, se
lo desidera e ne ha la possibilit, Teofrasto. E quando
la fanciulla [la figlia Pizia] sar in et, sia sposata a
Nicnore; se per altro le accadesse qualcosa non ab
bia a succedere, e certo non succeder prima del ma
trimonio, o dopo il matrimonio quando ancora non
avesse figli, Nicnore abbia autorit di disporre circa il
ragazzo e circa tutte le altre cose, secondo ci che ri
chiede la sua e la nostra dignit. Per il resto Nicnore
si occupi della ragazza e del piccolo Nicomaco nel modo
che egli ritenga necessario nel loro interesse, come se
fosse insieme loro padre e loro fratello. Se poi accadesse
prima qualcosa a Nicnore
non abbia ad accadere
o prima che abbia sposato la ragazza o quando l'abbia
sposata, ma senza che ancora ci sia prole, vigano le sue
ultime disposizioni, nel caso che ne abbia lasciate. Al
trimenti, nel caso che Teofrasto voglia prendere per s
la giovane, vigano per lui le stesse disposizioni che per
Nicnore; se no, i tutori soprannominati dispongano,
sentito il consiglio di Antipatro, tanto per la giovane
quanto per il giovane, secondo ci che ad essi sembra
migliore. Itutori e Nicnore si occupino poi, in memo
ria mia, anche di Erpillide, dato che fu brava con me,
per ogni cosa e in particolare nel caso che voglia spo
sarsi, affinch non sia maritata ad uomo indegno di noi.
E, oltre alle donazioni gi fattele, le sia dato un talento
d'argento dai beni da me lasciati
e, se le vuole, tre
ancelle e la giovane servente che ha, e infine, come servo,
Pirreo; e nel caso che voglia abitare a Calcide, le sia
dato
l'appartamento degli ospiti che d sul giardino;
se invece vuole abitare a Stagira, la mia casa paterna.
ARISTOTELE AD ATENE
439
Di queste
due case, quella che essa sceglier per abitare
sar ammobiliata dai tutori nel modo che ad essi sem
bri conveniente e che risponda alle esigenze di Erpil
lide. Nicnore si occupi inoltre anche del piccolo Myr-
mex, affinch egli sia restituito ai suoi in modo degno
di noi, con tutti ibeni che gli appartengono
e che ab
biamo avuto da lui. E anche Ambracide sia libera e le
vengano date, in occasione delle nozze di mia figlia,
cinquecento dracme e l'ancella che ha. A Tale poi, oltre
all'ancella che ha, quella comprata,
siano date mille
dracme e un'altra ancella; e a Simone, oltre il denaro
gi datogli per comprarsi uno schiavo, o si compri un
altro schiavo o si dia il danaro corrispondente. Ticone
sia libero, quando mia figlia si sposa, e cos Filone ed
Olimpio e il bambino di quest'ultimo. Non si venda
nessuno dei figli di coloro che hanno servito presso di
me, ma si mantengano al servizio; e quando siano arri
vati all'et giusta, si mettano in libert a seconda del
loro merito. Si curi poi che iritratti commessi allo scul
tore Grillione siano, appena compiuti, esposti in voto,
quello di Nicnore e quello di Prosseno, che pensavo
ancora di commettere, e quello della madre di Nic
nore; e quello di Arimnesto, gi compiuto, sia esposto
in sua memoria, dato che morto senza figli.
Quello
di
mia madre sia consacrato a Demetra, a Nemea o dove
meglio sembri. Nel luogo in cui io sar seppellito, siano
trasportate
anche le ossa di mia moglie Pizia, secondo
ci che essa stessa dispose. E quando Nicnore sia feli
cemente tornato, dedichi, per
sciogliere il voto da me
fatto per lui, due statue di pietra alte quattro
cubiti,
a
Zeus salvatore e ad Atena salvatrice a Stagira .
II.
L'ORGANIZZAZIONE
DELLA RICERCA SCIENTIFICA
II secondo soggiorno di Aristotele ad Atene costitui
sce il punto culminante della sua evoluzione spirituale.
l'epoca della maturit, quella in cui il pensatore ha
ormai compiuto il suo edificio dottrinale e svolge la sua
attivit come capo di una grande scuola. Essendosi gi
da
tempo esattamente riconosciuta la relazione che lega
gli scritti superstiti alla sua attivit didattica, ma pos
sedendosi d'altronde qualche notizia circa tale attivit
solo per quest'ultimo periodo della sua vita, era spon
tanea l'illazione che tutti itrattati dottrinali avessero
avuta la loro genesi in questa et. La loro redazione
riusciva invero in tal modo costretta nel breve spazio
di tredici anni, ma non si esitava ad aggiungere anche
questa difficolt alla tesi corrente. La quale non pu
esser formulata pi brevemente che con le parole dello
Zeller, ancora considerato come autorit a questo pro
posito: Se poi giusto quello che dalle nostre inda
gini risultato circa la destinazione delle opere aristo
teliche da noi possedute all'uso della scuola, circa il
loro nesso con l'insegnamento del pensatore e circa i
rinvii a scritti precedenti contenuti negli scritti poste
riori, tutte queste opere possono essere state comooste
'
"
I
'!
fk
:.$
L'ORGANIZZAZIONE della SICEf.CA SCIENTIFICA 441
solo ad Atene, durante l'ultimo soggiorno di Aristotele
in questa
citt 1).
Dopo le nostre indagini sul soggiorno di Aristotele
ad Asso non occorre aggiunger altro per dimostrare l'in
sostenibilit di questa tesi. Ma esse ci rendono nello
stesso tempo possbile d' intender pi chiaramente la
posizione peculiare che quest'ultimo periodo della vita
di Aristotele assume nel processo complessivo della sua
evoluzione.
Quando
si riusciti a determinare lo spirito
e la tendenza della sua attivit durante il periodo in
termedio tra idue soggiorni ad Atene, si scorge come
l'ultimo di questi si distacchi molto nettamente dalla
precedente fase evolutiva. Stando all'opinione corrente,
in quest'ultimo periodo dovevano convivere, in breve
spazio, audace spirito speculativo e vasto interesse spe
rimentale. Ora scorgiamo come questi motivi apparten
gano invece ad et distinte. Ifondamenti della filosofa
di Aristotele (nel senso stretto, comune a tutti isuoi
espositori, della parola filosofia, escludente cio tutta
la gigantesca sua attivit di ricercatore nel campo sto
rico della natura e dello spirito) appaiono gi compiuti
nel periodo intermedio della sua vita. Aristotele filosofo
si sviluppa prima seguendo e poi criticando Platone.
Nel terzo periodo egli assume invece un aspetto affatto
nuovo e originale. Egli si volge all'indagine empirica
diventandovi, merc la rigorosa attuazione dei suoi
principi metodici, il creatore di un nuovo tipo di ecien-
*) Ed. Zeller, Philos. d. Griechen, li, 2, 3 ed., p. 153; e
cfr. ernays, Dialogo d. Arist-, p. 128: Tutte le opere superstiti
appartengono all'ultimo periodo della vita di Aristotele; e an-
che e quel poco che si sa circa la loro successione cronologica
dovesse essere una volta accresciuto da fortunate scoperte, la
stessa costituzione intrnseca del loro contenuto esclude ogni spe
ranza di poter far risalire anche l'opera relativamente pi antica
a un'et in cui Aristotele lavorava ancora al suo sistema. Esso ci
si presenta in ogni suo aspetto come un edifcio gi costruito:
in nessun luogo scorgiamo il costruttore ancora all'operai.
442 l'et
dell'insegnamento
-;j
---
?'<,
za. Non poniamoci per ora ilproblema della relazione
che lega questo nuovo indirizzo scientifico alla filosofa
del periodo precedente, e della misura in cui esso costi
tuisce l'attuazione ultima dell'ideale stesso di quella o
in cui invece oltrepassa isuoi limiti. Stabiliamo piutto
sto il dato di fatto che in questa et le discipline filo
sofiche centrali subiscono solo certe modificazioni, ca
ratteristiche per lo spirito intrinseco al nuovo orienta
mento scientifico, mentre la vera e propria attivit pro- t
duttiva di Aristotele si volge al vasto dominio della
natura e della storia.
Questo
anzitutto accertato dalle
1
nuove scoperte papiracee ed epigrafiche, che attendono f
soltanto di essere sfruttate perch se ne traggano le ne- . ;;
cessarie illazioni circa lo sviluppo spirituale di Ari- ; <
Stotele. :
Un'iscrizione onoraria riportata alla luce nel 1895
contiene il decreto dei Delfi di encomiare e coronare
Aristotele e suo nipote Callistene, quale espressione di
./
'
gratitudine per aver redatto una lista completa dei vin
citori dei giuochi pitici, estendentesi dai tempi pi an
tichi fino all'et presente1). Per questo lavoro furono
naturalmente necessarie ricerche d' archivio di entit
considerevole, le quali dovettero acquistare importanza
anche per la storia della cultura e della letteratura. Con
questo lavoro Aristotele, a quanto vediamo, mise piede
su un territorio nuovo. impossibile che questo lavoro .
sia stato da lui compiuto in et molto antica, data la '
collaborazione del nipote, che fu suo scolaro ad Asso e
'
a Pella (v. sopra, p.
432); ma neppure pu essere poste-
;
riore al 334, anno in cui Callistene and con Alessandro
in Asia. probabile che gli archivi dei sacerdoti delfici
siano stati aperti a lui, storico della guerra sacra, nel
l'occasione stessa in cui egli comp le sue ricerche delle
*)
Dittenberger, Sylloge, 3' ed., p. 485.
l'orcamzzazione della ricerca scientifica 443
fonti concernenti le lotte e le trattative con iFocosi,
che non sarebbe stato possibile eseguire in nessun altro
luogo. Ora, che P'AvaypacpV] t>v
Eu&tovixd)V debba esser
stata realmente scritta nel 335-4, poco prima della par
tenza di CalliBtene per l'Asia, risulta da un conto per
l'incisione inpietra di una copia di questa
lista, che si
conservato e che reca la data dell' arconte delfico
Kaphis (331-0). Si tratta di un lavoro di lunga lena:
secondo calcoli moderni, di un pinax di circa sessanta
mila parole. Evidentemente non pu essere stato che
quello di Aristotele e Callistene, la cui incisione in pie
tra si verosimilmente protratta per vari anni1).
L'elenco quindi stato redatto verso la fine del sog
giorno macedonico o sul principio di quello ateniese.
Alla stessa epoca ci riconducono le grandi indagini
antiquarie di Aristotele circa le vittorie aelle Dionisie
urbane e lenee e le Didascalie, cio idocumenti di rap
presentazioni drammatiche ateniesi, che pi tardi for
nirono agli storici alessandrini della letteratura il fon
damento
cronologico per la ricostruzione dello sviluppo
del dramma classico e sui quali si basa tutto ci che
ancor oggi conosciamo circa l'epoca in cui le singole
opere furono rappresentate. Queste
ricerche, fondamen
tali per la storia della letteratura greca, sono state senza
dubbio stimolate dalla trattazione filosofica dei problemi
della poetica.
Rispetto a tale trattazione l'imponente raccolta del
materiale erudito rappresenta mi momento posteriore,
giacch almeno il perduto dialogo Ilepl noivjz&v risale
certo a un'et antecedente. Anche qui la novit consiste
nell'ampliamento della considerazione speculativa mer
c particolari indagini storiche e cronologiche.
Queste
') Cfr. Homollc, Bulletin de correspondence hellnique, XXII,
p. 631.
444 l'et dell'insegnamento
i/
indagini possono essere stale fatte soltanto sul luogo,
nell'archivio dell'arconte: quindi o nel periodo prece
dente la morte di Platone o dopo il 335. Ma l'analogia
con gli altri lavori aristotelici dello stesso tipo assegna
con ogni evidenza le ricerche didascaliche al pe
riodo tardo, e in se anche massimamente plausibile
che ilavori preparativi per tali ricerche, possibili solo
col consenso del governo, siano stati compiuti in con
nessione con la riforma statale del teatro che fu effet-
tuata da Licurgo, il creatore del nuovo teatro in pietra
di Atene, proprio verso la fine del decennio fra il 340
e il 330 1). Come egli fece preparare un esemplare di
stato di tutte le antiche tragedie ed innalzare le statue
dei classici del teatro, curando anche un turno regolare
di rappresentazioni delle loro opere, cos sar stato an
che lui a esporre, incisi in pietra, sulla
parete posteriore
della Stoa dietro al teatro di Dioniso idocumenti degli
agoni drammatici dalla fine del sesto secolo in poi.
Un'opera sui vincitori dei giuochi olimpici, che piut
tosto da porre accanto alla lista dei vincitori pitici e
che procedeva per la via aperta per la prima volta dal
sofista Ippia di Elide col suo elenco dei vincitori, ci
tata nei cataloghi degli scritti di Aristotele; ma nulla
ne rimasto. Probabilmente l'occasione immediata per
la sua composizione fu offerta da quella del catalogo
-,|-
il grado in cui impara a comprendere geneticamente ft
a stessa, nella sua finalit interiore, come una pianta i-
o un essere vivente. L'esecuzione di
questo compito, che *
soverchiava di gran lunga le forze di un individuo e
doveva perci, come la descrizione del mondo delle
forme politiche o quella della natura organica, esser ',1
ripartita tra pi collaboratori, mirabile. Teofrasto fu
incaricato di scrivere la storia dei sistemi fisici e meta
fisici (nel senso moderno di quest'ultima parola), a cui
egli dedic un'esposizione in diciotto libri. In essa egli
espose l'evoluzione di entrambe quelle forme scientifi
che, nell'et pi antica collegate in maniera indissolu
bile, ordinando sistematicamente i diversi problemi e
procedendo da Talete e dai fisiologi fino ai suoi con- 2
temporanei. Iframmenti superstiti, e specialmente quelli ?
che si sono potuti ricavare dall'analisi delle opere dei '
dossografi della tarda antichit, ci permettono ancora
"
oggi di valutare l'ampio lavoro di silloge e di compa-
razione storica compiuto da Teofrasto. Esso
poteva es- , :j
ser condotto a termine solo col sussidio della biblioteca
di Aristotele, cio della prima collezione libraria di
mole considerevole di cui si possa dimostrare l'esistenza
in Europa; e per la sicurezza documentaria delle ricer
che, personalmente condotte, su cui si fondava ebbe per
tutta l'antichit importanza definitiva. In seguito que
st opera fu pi di ima volta ampliata, la sua esposi-
zione fu proseguita volta per volta fino all'et contem
poranea, ne furono compilati estratti e il suo contenuto
:
fu rifuso nelle pi diverse forme, finche nella tarda
{
antichit, estremamente meccanizzato e impoverito, fu
ridotto a compendio scolastico per iprincipianti. Ma '
accanto alle <E>uatx>v Sat erano anche le opere storiche
'.?
di Eudemo, concernenti l' evoluzione dell' aritmetica, '
della geometria,
dell'astronomia, forse anche della teo-
logia, tra le quali specialmente la prima fece testo per
!
.1
Si deve inoltre tener presente clie clii discute di una .
qualsiasi parte od elemento della realt non fa men-
zione del suo aspetto materiale Ji ha interesse per que
sto, bens mira alla forma (poctp) nella sua totalit.
Quel
che importa la casa, non imattoni la calce e le
travi: cos, nello studio della natura, quel che interessa
la realt complessiva e totale di un dato essere, e non
quelle sue parti, che separate dall'essere di cui sono
|
costituenti neppure esistono.
Queste
parole fanno l'effetto di unprogramma scien
tifico e didattico della scuola peripatetica. Esse ci spie
gano lo spirito che anima le opere degli scolari di Ari
stotele, pei quali la metafsica fa certo ancora un passo
indietro rispetto a quello che gi compie qui, finch
poi nella seconda generazione, quella d Stratone, viene
senz'altro messa alla porta.
Questa
ulteriore evoluzione
della scuola s' intende solo in funzione dell' interesse
quasi esclusivamente empiristico, che qui esprime ilvec
chio Aristotele, e che rivive nei suoi discepoli cos come
negli Accademici si erano perpetuati gl'ideali del vecchio
Platone. Certo, in Aristotele non si tratta di ima com
pleta esclusione della metafisica e della fisica celeste,
ch anzi questo passo dimostra proprio come il corso
su tali argomenti abbia preceduto quello sul regno ani
male. Ma innegabile la
completa mutazione del suo
atteggiamento spirituale e lo
spostamento del centro di
gravit del suo mondo interiore rispetto al tempo in
cui egli si era sentito anzitutto come il rinnovatore
della filosofia platonica del
soprasensibile e come ini
ziatore di una nuova teologia speculativa. Nella Meta
fisica quest'ultima appare ancora, in forma affatto pla
tonica, come l'unica scienza esatta, perch basata solo
sul puro V0D5; c se Aristotele, quando ne scriveva la
pi antica redazione, la chiamava una scienza concessa |j
soltanto alla conoscenza divina, egli manifestava tutta-
l'organizzazione della ricerca scientifica
463
via nello stesso tempo l'orgogliosa certezza che niente
nella realt fosse impervio allo sguardo della
ragione e
che della potenza
di questa non s potesse
mai avere
un'idea abbastanza alta.
Quanto
diverso il linguaggio
dei suoi ultimi anni! Egli non parla pi del mondo
fenomenico come di quello che pi conoscibile per
noi, a cui si deve contrapporre
l'essenza della realt
come quella che pi conoscibile di sua natura ; giu
stifica la metafisica solo richiamandosi all'eterno deside
rio che l'animo umano ha di penetrare
isegreti del
mondo invisibile e incorruttibile, ed disposto a conten
tarsi anche di unsolo frammento di questa celata
verit,
mentre assegna con chiare parole la priorit scientifica
(?]
'jKspoy) alla ricerca empirica. la
lode della devozione per le cose piccole: la confessione
di questa fede
scientifica, che nella zoologia e nella sil
loge delle costituzioni, nella storia del teatro e nella
cronaca dei vincitori pitici giunge alle sue pi alte
creazioni.
Ilnesso ideale che lega il metodo e le finalit scien
tifiche di questi ultimi anni col platonismo riformato
del decennio che intercorre fra il350 e il 340 costituito
dal concetto della forma, cio dell' ivoXov
sISog, tipico
di Aristotele e da lui elevato, anche nel passo che si
visto, a vero termine ideale della ricerca naturalistica.
Di anno in anno questo
concetto gli
si sempre pi
trasformato da oggetto di gnoseologia
ontologica in
vivo strumento di ricerca, diretta nelle pi diverse di
rezioni. Non si presenta quindi pi
nell'aspetto di prin
cipio metafisico
(quando s'intenda questo
termine non
nel senso nostro ma in quello
aristotelico) bens come
immediato oggetto
dell'esperienza
concettualmente in
terpretata.
Del resto anche ilconcetto della finalit, con
cui esso legato, non affatto per Aristotele un con
cetto intrinsecamente
metafisico, potendo anzi risultare
464 l'et dell'insegnamento
soltanto dall' esperienza. Il campo d* applicazione del
concetto della forma si estende quindi molto al di l
dell'ambito delle essenze immanenti clie appaiono nella
metafisica aristotelica, e che a rigore sono limitate al
numero delle entelechie, cio degli organismi, del mon
do naturale. Nel passo sopra citato Aristotele spiega
tale concetto merc l' analogia della forma artistica.
Quest'ultima
offre l'appiglio per applicare il concetto
della forma anche ai prodotti della civilt umana, i
quali sono in
parte di natura puramente
tecnico-arti
stica e in parte stanno al confine tra la creazione spiri
tuale consapevole e la spontanea formazione naturale,
come lo stato e tutti gli aspetti della vita sociale e mo
rale. Col concetto della forma Aristotele concilia l'an
titesi opponente il pensiero puro alla ricerea empirica,
la yGi<z
alla
~xvi5-
La sua empiria non consiste nel
l'accumulamento meccanico di materiali morti, ma nella
determinazione della gerarchia morfologica della realt.
Egli organizza e vince l'illimitatezza fenomenica, su cui
Platone sorvola, salendo dalle pi minute e impercet
tibili tracce di forma e di costituzione organica a pi
comprensive unit formali. Cos sul fondamento del
l'esperienza si eleva l'edificio di un universale sistema
del mondo, la cui ultima causa motrice e finale a sua
volta una suprema forma, la forma di tutte le forme,
il pensiero nella sua creativit. Per Platone lo scopo
della spiritualizzazione totale della vita poteva esser
raggiunto solo merc il ritorno dello spirito dalle appa
renze all'esemplare: per Aristotele essa in conclusione
coincide con la specializzazione della scienza, intesa nel
modo che si detto. Infatti ogni scoperta di una nuova
forma, fosse anche quella dell'ultimo insetto od anfibio
o quella della pi piccola parte dell'arte o della lingua
umana, rappresenta un passo innanzi nel progressivo
dominio dello spirito sulla materia, e con ci nella tra-
l'organizzazione della nicruCA scientifica 465
duzione del reale in razionale. Niente esiste nella na
tura, fosse anche la cosa pi insignificante e spregevole,
che non contenga in e qualcosa di mirabile: e colui,
che con gioiosa meraviglia lo scopre, un fratello spi
rituale di Aristotele.
30
TV. J-ikOEH, Ari'/'tcll.
in.
LA TRASFORMAZIONE DELLA TEORIA
DEL PRIMO MOTORE
La teologia di Aristotele ha subito, ancora nell'ul
timo periodo dell'evoluzione spirituale del suo autore,
una modificazione importante, evidentemente collegata
con la pi tarda rielaborazione della
Metafisica.
In que
sta occasione stato infatti trasformato il nucleo pi
antico di tale scienza, nella quale si conservava pi te
nace l'eredit platonica J), cio la teoria del motore im
mobile e della sua relazione coi moti circolari degli
astri. Nell'ultima redazione, come si mostrato2), la
vera e propria rielaborazione della parte principale
della teologia non fu portata a compimento: tuttavia si
conservato un ampio brano ch'era destinato ad essa,
e che gli editori hanno pi tardi inserito nel libro A,
a cui esso si ricollegava dal punto di vista del con
tenuto.
Gi ilBonitz aveva dedotto, dall'apparente mancanza
di ogni relazione esterna del libro col resto della Meta
fisica, che esso non apparteneva alla conclusione del-
3) Cfr. sopra, p, 186 segg.
') Cfr. sopra, p. 300.
fi'
LA TEORIA DEL PRIMO MOTORE 467
l'opera, ma costituiva una trattazione indipendente, la
quale egli pensava di dover far risalire a un'et ante
riore1); e questa determinazione cronologica ci ri
sultata altrimenti confermata dalla segnalazione dei
rapporti che legano illibro A alla redazione pi antica
della
Metafisica
e alle sue formulazioni teoriche2). Al
l'attribuzione dello scritto a un'et antica si oppone pe
raltro la menzione di Callippo, scolaro di Eudosso, che
s'incontra nell'ottavo capitolo3). Per quanto scarsa 6a
la nostra conoscenza del famoso astronomo e dei dati
cronologici della sua biografia, tuttavia secondo ogni
verosimiglianza egli si incontrato con Aristotele solo
durante il secondo soggiorno di quest'ultimo ad Atene.
L'unico
punto fermo per la cronologia di Callippo
dato dalla grande riforma del calendario attico, a com
piere la quale egli era stato invitato dal governo ate
niese4). La nuova era, che suole prender nome da lui,
s'inizia nell'anno 330-29. in questa epoca, quindi, che
Callippo deve aver lavorato per un certo tempo
ad
Atene, e naturalmente aver ripreso le relazioni con gli
ambienti dotti del luogo, determinate dalla sua cono
scenza di Eudosso. Ci risulta, con tutta la certezza che
si pu desiderare, gi dalla maniera in cui Aristotele
parla di lui inA 8. Egli poteva infatti riferire in quella
forma circa le modificazioni che nei riguardi del sistema
delle sfere di Eudosso proponeva Callippo solo nel caso
') Bonitz, Comm. in Arst. Metapk., p. 25; e cfr. sopra, p. 294.
Cfr. sopra, p. 294 segg.
*) V. per ci gi O. Apelt, nella sua recensione della mia
Entstekungsgesck. d. Metaph. d. Arist., in Berliner Philolog. 1To-
cfvcriscfirift, 1912, col- 159Q.
4) Dell'et di Callippo tratt brevemente il Boeckb, Vierjihr-
liche Sonnenkreise d. Alt., p. 155, senza per tener conto dei passi
della
Metafisica. Circa l'era stabilita da Callippo cfr. ora l'articolo
nella Real-EncyclopSdie del Pauly e Wissowa, s. v. Kallippische Pe-
riode, dove peraltro manca per errore Farlicolo su Callippo in
generale. 'Esso merita uno studio a parte,
e anche le reliquie delle
sue dottrine sono ancora da raccogliere.
468 l'et
dell'insecp:amento
che avesse discusso personalmente questi problemi con
l' astronomo, nell' ambito della scuola. E in generale,
come risulter chiaro in seguito, furono proprio queste
discussioni, e gli stimoli intellettuali che cosi egli ri
cevette da parte delle ricerche astronomiche, che co
strinsero Aristotele a trasformare la sua teoria dei mo
tori astrali. La forma verbale dell'imperfetto, di cui egli
si serve quando parla della modificazione apportata da
Callippo al sistema di Eudosso, non si spiega che in due
modi: o significa soltanto che Aristotele aveva attinto
la sua conoscenza di tale ipotesi da precedenti conver
sazioni con Callippo, o implica, oltre a ci, che Callippo
inquel tempo
non era pi in vita. E giacch Aristotele,
nello stesso contesto, usa l'imperfetto anche parlando
di Eudosso, il quale com' noto era gi morto da lungo
tempo e parimenti aveva conosciuto di persona Aristo
tele, la cosa pi verosimile che entrambe queste con
tingenze valgano anche per Callippo1). Tanto pi tarda
vien quindi ad esser l'et dell'ottavo capitolo, che pu
3) Metaph., A 8, 1073 b 17: E&SoSo; [lv o5v
Y/Xfou
xal
xatpou xv tpopv iv xptslv x '. !)
sx ' evai cr'paipaij.... KXXixrcos
5 xv [lv tMoiv xfflv ctfaip&v xv axv Ixi&txo ESdjjq)....
x 8 Jttj&og T<>
|iv
xofj 4ig xal x<p xoO Kpvou x a&x xelvcp
nsSCSo, x 8 Ctp xal xg asXvjvg 8o
<sxo
ixv TtpOjO-sxag
etvai otpaEpaf, x cpaivpsva st pXXti
xi
ttoStiiosiv. La stessa forma
verbale dell'imperfetto usata da Aristotele quando parla di con
cezioni esposte oralmente da Platone, p. cs. in A 9, 992 a 20
xoxcp [lv
O'jv xip
Yvst
xal cspdx.szo HXtfov ( 5vtt [-ea)(is-
xpix Sfpaxi, kXe i &pfp>
TFal1tl5S'
toOxo 8 itoXXxig
x Itisi x{ xpous ypajijijic
-
D'importanza decisiva per la com
prensione dell'imperfetto il noXXxtg che qui gli esplicita
mente aggiunto, e che quindi da sottintendere anche nell'altro
passo concernente Eudosso e Callippo. Per questo imperfetto come
tempo designante la tradizione orale della scuola cfr. p. es. IIspl
ijjoug III, 5 (su cui Wilamowitz, in Hermes, XXXV, p. 49 n. 2).
Simile forma hanno le reminiscenze dell'et accademica, p. es. in
Metaph., Z 11, 1036 b 25 (Socrate
il giovane) e iti Eth. Nicom.,
K 2, 1172b9-20 (Eudosso).
Quel che nell'antichit si sapeva circa
i motivi delle modificazioni arrecate da Callippo al sistema di
Eudosso risaliva alla tradizione orale trasmessa al Liceo da Eu-
demo: cfr. Eutfemo, frainm. 97, p. 142 Spenge!.
LA TEORIA DEL PRIMO MOTORE 469
esser stato scritto solo durante l'ultimo soggiorno di Ari
stotele ad Atene, probabilmente dopo il 330 *). La de
terminazione di questa data di estrema importanza
per la conoscenza dell'evoluzione intellettuale di Ari
stotele. Infatti o il capitolo nato contemporaneamente
all'intero libro A e in questo caso diventerebbe dubbio
tutto quello che si
argomentato per provare l'anti
chit della dottrina contenuta in tale libro (v. sopra,
p. 298). Oppure la nostra dimostrazione dell'esistenza
di una specifica forma dottrinale, propria della meta
fisica pi antica, vale anche per il libro A e allora l'ot
tavo capitolo non pu avere originariamente fatto parte
del libro, ma stato aggiunto soltanto pi tardi nel
luogo che occupa.
Ora, tanto inconfutabile la corrispondenza della
dottrina esposta nel libro :A alla concezione pi an
tica della metafisica, tanto d'altro lato sicuro per chi
ben guardi (e cori stato fin dall'antichit) che l'ottavo
capitolo non s'inquadra organicamente nel suo contesto,
essendo invece un corpo estraneo. Resta tuttava ancora
da arrecare la vera e propria dimostrazione della realt
di questo stato delle cose, sospettato da gran tempo da
') Secondo Simplicio (in Arist. de cacio, p. 493, 5 Heihcrg)
Callippo, venuto ad Atene, fu collaboratore di Aristotele: KX-
Xtwtog 8 4 Koixt;v IIoXepApxf
aoo/oXaoaf
x$
E)8ou
yvtopiiitp
xal [iex* Ixstvov (scil. E55oov)
sic
"Afrfivag X-iov x$
"AptoxotXet
ctip<aTs|5I<o x bn zoS Eviigoo epeSHvza cv
x$
"AptoxoxXst
Biop&opsvij xs xal -npooavartXv]p(5v. Che ci non possa essere
accaduto nell'et accademica, ma solo in quella in cui Ari
stotele dirigeva gi la sua scuola, risulta non soltanto dall'espli
cita distinzione di questo soggiorno di Callippo dal noto soggiorno
ateniese di Eudosso (367), ma anche dal fatto che egli vien detto
scolaro di Polemarco, quindi scolaro di uno scolaro di Eudosso.
Inolttc se le cose non stessero cosi non sarebbe citato Aristotele
come eolui col quale Callippo collabor, ma piuttosto
Platone.
Tutto ci rimanda al tempo in cui Callippo compi la sua riforma.
Le notizia di Simplicio risale a una tradizione erudita (la
Storia
dell'astronomia di Eudenio, utilizzata a quanto sembra di seconda
mano, attraverso Sosigene: cfr. Simpl., 1. c., p. 488, 19), non po
tendo essere stuta ricavata soltanto dal passo della
Metafisica.
y
470 l'et dell'insegnamento
sngoli critici. Ma mentre a questo proposito ei finora
sempre partiti dal contenuto astronomico del capitolo,
noi muoviamo invece dallo stile.
Il libro A (cfr. sopra, p. 295) la minuta di un
discorso, non destinata affatto all' uso altrui. Contiene il
soltanto accenni fondamentali, messi insieme in forma |[
schematica, talora giustapposti solo con un ripetuto
pst lauta Stt...., senza che ai periodi sia stata data
stilisticamente l'ultima mano1). Difficile a decifrare
anzitutto la prima parte, fisica, che espone i presup
posti della teoria del primo motore. Ma anche la se
conda parte, che contiene questa teoria, presenta diffi
colt non molto minori: ci che sempre stato lamen
tato, data la fondamentale importanza dell'argomento.
Ogni spiegazione evidentemente riservata all'esposi
zione orale. Non c' da avere il minimo timore che
Aristotele abbia usato in una conferenza un greco di
tal genere, nonostante che qualche lettore, non cono
scendo di lui altro che questi brani, possa venerarli, con
sacro orrore, come esemplari di autentica laconicit ari
stotelica.
Quale
fosse il suo vero modo di parlare risulta
dal capitolo ottavo, il quale, a differenza di tutto ilresto
del libro, ci si presenta completamente rifinito. Tale
diversit linguistica lo differenzia cos nettamente dal
suo contesto, che dobbiamo ricercare un motivo di tale
fenomeno.
In questo capitolo Aristotele discute la questione se
sussista solo un'unica entit del tipo del motore immo
bile, o se ce ne sia un numero maggiore, onde tali en
tit vengano a costituire un genere. Fa alcune osserva
zioni sulla preistoria del problema concernente l'esatta
*) Cfr. Melaph., A 3, 1069 b 35 e 1070 a 5, e la giustapposi
zione di argomenti con Iti, y.b.1, Spa 8i, poirns S o xa[
specialmente nei primi capitoli, ma anche per es. in cap. 9, 1074
b21; 25; 36; 38; 1075 a
5; 7; cap. 10, 1075 a 34; bli; 16; 28; 34.
LA TEORIA DEL PRIMO MOTORE
471
determinazione matematica del numero delle apai. In
fine egli espone la tesi secondo la quale, come al cielo
delle stelle fisse occorre per il suo movimento un eterno
motore immobile, cos anche gli altri moti composti,
che nel cielo compiono ipianeti, esigono caso per caso
un motore immobile. La natura degli astri infatti
etema, e presuppone per il suo moto un'altra realt
eterna, la quale al pari degli altri deve possedere un
essere indipendente, giusta il principio che ci che pre
cede la sostanza (oca) non pu essere che a sua volta
una sostanza. Per ogni astro devono essere ammessi
tanti motori quanti sono imovimenti che esso compie,
e cio, dato che nel sistema di Eudosso, a cui Aristotele
aderisce, per ogni movimento presupposta una parti
colare sfera, debbono esserci esattamente tanti motori
immobili quante sfere. Ilcalcolo del numero delle sfere
di competenza
dell'astronomia e non della metafisica:
ci che naturalmente non significa che l' astronomia
abbia poi in alcun modo a che fare con l'ipotesi del
motore immobile in s considerata. L'origine di questa
ipotesi infatti puramente
metafisica. Ilimiti della
metafsica vengono per altro valicati da Aristotele quan
do egli (e questo
lo scopo principale della sua tratta
zione) interviene nei calcoli degli astronomi e cerca di
dimostrare come n il sistema di Eudosso, n il perfe
zionamento operatone
da Callippo bastino a spiegare
tutte le forme dei moti planetari. Eudosso aveva calco
lato 26 sfere, con Callippo il numero era salito a 33.
Aristotele con la sua ipotesi delle &vsXtftouaai acpaTpai
le aument rispettivamente a 47 e a 55.
Questo
sguardo d'insieme sul contenuto del capitolo
astronomico basta per far vedere come esso non soltanto
per ilsuo stile linguistico ma anche per il suo stile me
todologico non quadri col suo contesto. Totalmente di
verso lo spirito della teologia dei due capitoli prece-
472 l'et dell'insecnamento
') Mutaph., A 7, 1072 a 24, cfr. Pkys-, 8 5, 236 b 14 segg.
.
denti. 11 motore immobile, di cui col si parla, muove
da solo il cielo, e servendosi di esso, cio del semovente,
come di paov muove il mondo delle cose, il cui moto :,',C
deriva soltanto dall'esterno1). Ilsettimo capitolo studia
la costituzione e l'essenza del principio supremo: esso j.'i-'1
spirito immateriale, atto puro, vita serena e beata
senza alcuna interruzione. Ad esso attribuita ima oafa
la quale eterna, immobile e trascendente rispetto ad
ogni realt percepibile per mezzo dei sensi. Non pu
avere n grandezza n estensione, bens unit indivi
sibile, impassibile e immutabile. Sulla base di queste
sue qualit essenziali il principio supremo riceve il pre
dicato di freg. Nel concetto di Dio infatti per noi
contenuta l'idea di un essere eterno, vivente, perfettis
simo. Ma tutti questi predicati convengono per Aristo-
tele al vo0$, giacch non soltanto esso la cosa pi
perfetta ed eterna, ma l'attivit dello spirito vita .
'
;*
Ora, questa deduzione dell'assoluto tanto scarna e
tanto poco esauriente, da suscitare immediatamente una
serie di domande che Aristotele lascia senza risposta:
ma ilsuo impeto argomentativo di energia trascinante,
:,r-
sotto la spinta dell'afflato religioso. Irresistibilmente esso j;
procede verso la questione posta dal nono capitolo: :
qual il contenuto di questa attivit del
ve?
e quale
relazione sussiste tra il contenuto del suo pensiero e la .
sua perfezione? Se non pensa nulla, riposa, ed quindi
tutt'al pi potenza, ma non pura attivit; se pensa una
realt diversa da s medesimo, pensa qualcosa che
meno perfetto di lui, e diminuisce con ci la sua per
fezione. Cos Aristotele trae d'un balzo isuoi ascoltatori
fino alla determinazione ideale che necessariamente se- ,
x'
gne dal concetto dell'essere divino, cio perfettissimo:
;
i
i; '
:;;V
V
(,A TEORIA DEL PRtMO MOTORE 473
il pensiero pensa s stesso, ed eternamente gode, in que
sto atto creativo, la sua assoluta perfezione.
Ora, in questo
ininterrotto processo di pensiero s'in
serisce l'ottavo capitolo, spezzandolo in due parti. Se lo
si toglie, tra icapitoli settimo e nono non risulta alcuna
soluzione di continuit. Dopo la lettura del capitolo ot
tavo riesce invece impossibile ripigliare l' argomenta
zione speculativa
interrotta col capitolo settimo. Dalle
tempestose
altezze della speculazione e della religiosit
platonica cadiamo improvvisamente
sul piatto terreno
delle sottigliezze calcolatorie, proprie della sofisticheria
degli specialisti. Simplicio aveva ragione quando osser
vava come una simile indagine convenisse piuttosto alla
fisica e all'astronomia che alla teologia1), perdendosi
essa in questioni
affatto accessorie c dimostrando assai
maggior interesse per 1' esatta determinazione del nu
mero delle sfere che non comprensione del fatto che
la barocca moltiplicazione del tipxov xtvov nell'eser
cito dei 47 o 55 motori astrali pregiudicava necessaria
mente la posizione divina del supremo motore e ridu
ceva l'intera
frsoXofta
a semplice questione di meccanica
celeste. Cos Simplicio accolse l'interpretazione di que
sto brano astronomico nel commentario al De caelo, e
da Sosigene a Ideler esso rimasto un tema prediletto
degli
astronomi2).
Quando
per Valentino Rose volle
trasferire l'intero libro A dalla
Metafisica
alla Fisica,
egli si bas a torto, oltre che sull'ottavo capitolo, sul
carattere egualmente fisico dei cinque capitoli della pri
ma parte8). E gli sfugg come Aristotele avesse bisogno
J) Simpl, in Arist. de caelo, p. 510, 31.
') Sosigene presso Simpl., I. c., p. 498, 2 segg.
') Val. Rose, De Aristotelis librorum ordine et auctoritale,
p. 160. Il Rose considera la costruzione della dottrina teologica
direttamente sulla base della precedente trattazione fisica (costru
zione che, per tale
immediatezza, egli giustamente trova caratte
ristica) come opera di un peripatetico di et posteriore a Teo-
474 l'et dell'insegnamento
di una base per la teoria del primo motore, e come
in origine la
ffsoXoffa
fosse costruita, in forma imme
diata e affatto estrinseca, sul fondamento della dottrina
dell'oofa fisica. In funzione di pietra dello scandalo
resta quindi soltanto il capitolo astronomico, e in luogo
di eliminare per causa sua l'intero libro pi ovvio
controllare la provenienza del capitolo stesso. Molto pi
giusto era il procedimento del Lasson, il quale trasfer
l'intero brano astronomico dal testo nelle
note, e restitu
cos il nesso tra il settimo e il nono capitolo1). Di fatto
esso un'aggiunta, che pu essere stata compiuta solo
dai postumi editori degli scritti aristotelici. Nel suo con
tenuto, certo, esso strettamente connesso col problema
del Tcprtov xivoOv, Ma gi l'ampiezza, affatto smisurata,
con la quale trattato un problema accessorio in seno
a una conferenza che dappertutto si limita a tracciare
le grandi linee d a divedere come questa trattazione
debba essere stata scritta per un diverso e pi ampio
contesto. Data dunque la concordanza degl'indizi costi
tuiti dall'interruzione del procedimento logico, dal cri
terio stilistico e dall'intimo contrasto tra la tarda ge
nesi della
parte astronomica e il carattere arcaico del
frasto, che aveva gi il falso %
concetto della metafisica come
scienza [isti z
90
aud. Naturalmente egli ritiene che autentica
dotteina aristotelica sia soltanto la metafisica dell' osta. La si
tuazione storica delle cose quindi da lui addirittura capovolta:
in realt lo stadio evolutivo rappresentato dal libro A precede
la metafisica dell'oftata.
*) Aristotele' Metaphysik. ins Deutsche iibertragen von Ad.
Lasson (Jena, 1907), pp. 17S-76. Il Lasson si contenta peraltro di
separare dal testo solo la parte centrale del capitolo (1073 b8-
1074a 17), cio quella che propriamente contiene il calcolo del
numero delle sfere, lasciandovi invece il principio e la fine del
capitolo stesso: 0 che significa che non si accorto dell'inscindi
bile unit del brano tanto dal punto di vista dello stile quanto
da quello del contenuto. Il tratto centrale porla necessariamente
con s anche gli altri due. Col suo espediente il Lasson voleva
del resto venire incontro solo a una sua esigenza personale, non
avendo egli scorta la ragione storica delia soluzione di conti
nuit che qui si presenta.
LA TEOK1A DEL PRIMO MOTORE 475
libro
A estremamente plausibile la congettura che
l'inserzione non sia stata compiuta da
Aristotele1). Si
tratta dello stesso metodo che gli editori della Metafi
sica hanno seguito anche in altri casi. Ora, giacche Ari
stotele,
elaborando, la posteriore redazione della Meta
fisica, giunto proprio fino alla soglia della
teologia,
nell'ottavo capitolo del libro abbiamo evidentemente
innanzi a noi un brano della rielaborazione di questa
parte
finale, il quale ci mostra quanto poco Aristotele
fosse rimasto pago, anche in questo
caso, della sua pri
mitiva opinione. Egli ricostru infatti ancora una
volta,
durante l'ultima
rielaborazione, la teoria dei motori
astrali.
La teologia del pi antico stadio evolutivo, da noi
incontrata nel IIspl cpiXoaolas, non conosceva ancora la
teoria dei motori astrali. Giacch in tale opera l'etere
non ancora l'elemento che per natura si muove
circolarmente, e le stelle son mosse solo dalla volont
delle loro anime, bisogna ammettere che allora Aristo
tele pensasse ancora semplicemente all'animazione degli
stessi corpi celesti senza ritener necessario per ciascuno
di essi un certo numero di motori, corrispondenti al
numero delle sfere (cfr. sopra, pag. 186). Dalla conce
zione platonica egli si era allora allontanato solo in
quanto ammetteva al di sopra del Jtpcxos opavcg un
motore immobile, il quale, eterno in s, provocava
l'eterno moto del mondo. Con questa teoria egli supe
rava la concezione dell'anima cosmica, la quale muove
s stessa e il cui moto, come quello di tutti gli esseri
semoventi che l'esperienza ci fa conoscere, ha avuto
!) Con ci non peraltro allatto provata la non autenticit
del capitolo, seconde, quanto da gran tempo credevano invece di
dover ammettere
singoli critici, che avevano riconosciuta l'incon
gruenza di questo brano: come p. es. J. L. Ideler (figlio), Arstot.
Meteor., I, p. 318 segg- (Non cos, invece, Ideler padre, Ueber
Endoxos, in bhandlungett d- Berliner Akademie, hist.-phiJ, Zelas
se, p. 49 Begg.),
$
I
476 l'et dell'insegnamento
j?<
_______ __
una volta inizio. Ma questa' teoria del motore celeste li
implicava giacch Aristotele, a quanto sembra, aveva 4;
sempre ammesso 2) con Eudosso l'esistenza di sfere per
ipianeti che anche per ciascuna di queste orbite
(cpopai) svolgentisi al disotto del cielo venisse postulato
un motore speciale, per analogia col motore immobile.
Infatti se esisteva soltanto il motore supremo, ci si do
veva aspettare che tanto la sfera delle stelle fisse quanto ''A
le altre sfere si muovessero nella stessa direzione.
Que-
: ?
sta l'obiezione che muove Teofrasto, nel cui fram-
S
mento metafisico iproblemi della meccanica celeste 1
1
hanno una posizione centrale2). Anche allora c'erano ?'
aristotelici iquali tenevan fermo all'idea dell'unico mo- t
tore; e quale fosse la ragione ce lo insegna ancora Teo
frasto, giacche prosegue: Ma se per ogni sfera sussiste
un diverso motore, e si ha quindi una pluralit di prin
cipi, non si capisce pi come dalla cosiddetta tendenza
perfettissima pioi) di ciascuna di esse possa
') Cfr. De caelo, B 9, 12 e specialmente 293 a 5-8. Qui Ari
stotele afferma esplicitamente ohe i corpi celesti sono animati
(essi hanno npSi
S e : v. 292 a 18-21), ma l'animazione non
un attributo delle sfere, bens degli stessi corpi celesti, che
'
'
noi erroneamente consideriamo come semplici corpi e come mo
nadi inanimate esistenti nello spazio.
Qui non si parla dunque
dei motori delle sfere, ma della teoria platonica delle anime
astrali, condivisa da Aristotele nel suo periodo giovanile, come
fi dimostrato in base al Hapl qpiXooixpiaj. Che il nucleo fon
damentale dei libri De caelo sia di genesi antica stato gi pro
vato (cfr. sopra, p. 40 1 segg.). Anche l'ammissione di una ~pftg
e u>ij degli astri connessa con la concezione platonica.
3) Theophr., Melaph., p, 310 Br. t 84 jim laESi'
X-fou
Servai rrXsiovog mspl rpcstuj, nota xal ttvtov, itmSrj trXstro
t
xoxXix, xal at tpopal -pxov tiv Oitevavriai, xal -t vvoxov
xal o5 yjipii cpavg. et ts yp v t xivoSv, fixonov t TcdvTa
tv
aTijv (scil. xivstoOai xtvrjuiv)- et ts xaO" Ixaatov liepov
(sci!,
t xivoSv ijTiv) at t* &pxl nXsiouj,
(Sa
ts t opfiovov
aTjv
eg Jpegiv tvxiov t
v p(OT>;v o68ap(5g avtpv. t 84 xat
t JtXijOog twv acpaipSv atxtag [istova CjtsI Xoyov. o fp 8
Tiv sTpoXi-iflv (scil.
X-fo; txavg ativ). Segue la critica ,'i
del concetto della irpeaig o 5ps|ic; pisTij, eredit platonica
che -A
Aristotele aveva sempre conservata (cfr. sopra, p. 200 segg.),
anche
dopo aver abbandonato la teoria delle anime astrali.
(>v
'
1
LA TEORIA DEL PRIMO MOTORE 477
risultare il loro accordo generale. Anche la questione
del numero delle sfere esge una pi profonda
tratta
zione che ne indaghi la causa, giacche quella che ne
dnno gli astronomi non soddisfacente.
Egli segnala
poi la difficolt implicita nel concetto aristotelico della
8pe!;iS e della Icpeoij, in
quanto
essa presuppone una
in senso vero e proprio, e critica l'esclusione della
terra dal sistema delle forze determinanti imovimenti
cosmici. Ammesso infatti che il movimento circolare
il pi perfetto, appare pur strano che la terra non ne
partecipi affatto. Tale opinione presuppone che la forza
del primo motore non giunga fino alla terra, o che que
sta non sia capace di subirne l'effetto. Inogni caso Teo
frasto, che qui rasenta fortemente la concezione mo
derna, respinge il problema dichiarandolo questione
trascendente (olov wrp(JaT(Sv ti xal TTjxov). InA 8
noi troviamo il tentativo di trarre effettivamente la con
seguenza
del trasferimento del motore immobile a tutte
c
le sfere. Lo scritto di Teofrasto un'eco di questa nuova
teoria, la cui discussione cade negli anni della vecchiaia
di Aristotele. Esso concorda con A 8 anche in quanto
concepisce la teoria del primo motore piuttosto come
ipotesi fisica, ma rispecchia ancora pi chiaramente le
difficolt in cui la moltiplicazione del primo principio
faceva cadere la metafisica aristotelica.
InA 8 Aristotele stesso si scusa di entrare in un
campo in cui vien meno non solo la vera e propria
filosofia, ma anche la forza apodittica della dimostra
zione. Preferisce non parlare dell'vayxafov,
ma solo di
un EXoyov 2).
Questo
carattere di mera verosimiglianza
*) Metaph., A 8, 1074 a 11: t |iv ov xXf/dag twv ocpaipiv
Sotcb ToaoTov, >3ts xal t&c oafa; xal Tg px; tj xivrjToo?
xal Tg alafbjTg
Tooa-ag
bXofov noXaPeiv.
t yp*
vafxaov
AcpsiaOo Totg loxupoTipoi?
Xfeiv.
Cfr. anche 1074a 24 tqOto 84
sSXofov
4x T(uv cp6pc[ivu)v OitoXapsv Circa l'esattezza della scienza
dell'immateriale c/r. a 3, 995 a 15 segg.
478 l'et dell'insegna
mento '
contraddice d'altronde al concetto originario della me- j
tafisica quale scienza che in fatto di esaltezza supera
di gran lunga la fsica. E Aristotele non riesce che a
rendere ancora pi sensibile
questa contraddizione
quando si scusa osservando come l'astronomia sia inogni
modo la disciplina matematica pi affine alla filosofia 1).
Quanto
grande sia la distanza che separa il metodo em
pirico dell'excursus sui 55 motori da quello dell'antica
!
metafisica risulta particolarmente chiaro quando Aristo
tele osserva come occorra lasciare il controllo di queste i.
tesi alla scienza che specificamente se ne occupa. Tutta t
la trattazione serve quindi soltanto allo scopo di fornire
'
un'idea generale della cosa (yvoLcl; yp'.v).
Questa
espressione ha tutta l'aria di voler spostare la questione
sul piano della finzione ipotetica. Infatti la formula al
fine di un'idea generale non ha significato diverso da
quello che essa ha quando Aristotele dice dei platonici
che essi ammettevano la genesi dei numeri solo, secondo
la loro stessa espressione, xo frswpflaac gvsxsv,
dunque
non come giudizio circa una qualsiasi realt effettiva.
Presupposta, cio, l'esattezza della teoria delle sfere e
del calcolo concernente il loro numero, egli vuol mo
strare come il numero dei principi debba essere esatta
mente limitato e determinabile. Evidentemente stata
la scienza specifica, cio l'astronomia, a dare l'impulso
per la rielaborazione della teoria del 7tpwTOV xtvoOv. Essa
ha insegnato ad Aristotele che l'ipotesi di un unico ed
uniforme movimento primordiale
troppo primitivo
per spiegare la complicazione dei reali moti celesti, e
che nei calcoli della scuola di Callippo concernenti il
') Melaph., A8, 1073 b 3 t 8 fjSt; ifflv cpopfflv in. xtj j
cpiXoooepta tjv
[iKS-jjfiauxffiv ituctr,|if5v Set cxoirstv,
ix itpoXo-fCa?. Egli giustifica
questa affermazione con l'ar
gomento che l'astronomia, in antitesi alle altre discipline
mate
matiche, tratta di una realt effettiva e nello stesso tempo anche
eterna. Ma questa giustificazione ha la debolezza del ripiego.
LA TEORIA BEL PRIMO MOTORE
479
numero delle sfere si offre una possibilit di determi
nare esattamente il numero dei principi.
Mettendosi per questa
nuova via, che faceva onore al
suo inflessibile realismo, devoto soltanto ai fatti, Aristo
tele si avviluppava d'altronde in inestricabili contraddi
zioni.
Queste
risultano cos evidenti al primo sguardo,
che vien meno l'opportunit di ogni tentativo di atte
nuazione. Nell'antichit pi tarda, che spese molta fa
tica e acume nell'interpretazione della filosofa aristo
telica, Plotino rivolse contro questa teoria una critica
decisiva, la quale svolgeva obiezioni gi sollevate da Teo-
frasto1). Plotino critica anzitutto il metodo della mera
verosimiglianza (t G'v), che Aristotele deve am
mettere in quanto non pu giungere fino alla necessit
apodittica. Ma anche la verosimiglianza tutt'altro che
tale. Infatti se tutte le sfere debbono convenire in un
unico sistema cosmico imolti motori immbili sono
costretti, invece che a pensar B stessi, a tener d'occhio
un unico scopo, cio il primo motore. Invece la rela
zione che lega imolti motori al primo motore non
affatto chiara. O tutte queste essenze intelligibili deb
bono derivare dalla realt prima: e allora, come le sfere
da loro mosse s'inserirebbero nella sfera estrema e sa
rebbero dominate da essa, cos anche imotori dovreb
bero esser contenuti come V07)t nel supremo vo?, e
dovrebbe quindi esistere un mondo intelligibile, come
in Platone. Oppure ciascuno dei motori un principio
indipendente, e in tal caso non sussiste tra iprincipi
alcun ordine e gerarchia, ed impossibile dedurre da
essi la sinfonia del cosmo.
Ma Plotino muove ancora un'altra obiezione. Se tutti
imotori delle sfere sono incorporei, come possono essere
molti, mancando ad essi ogni
"j
Xrj, quale principio d'in-
') Plotin., Enncad-, V, 1, 9.
480 l'et
dell'insegnamento
dividuazione?
Questa
obiezione desunta dalle premesse
dello stesso Aristotele ed stata gi presente alla co-
scienza di quest'ultimo. Inmezzo all'ottavo capitolo di
si trova infatti un passo singolare, che per il suo con
tenuto teoretico non quadra col contesto. Basta leggerlo
anche superficialmente per accorgersi come esso debba
per forza escludere tutto quello che detto in A 8 sulla
;
molteplicit dei motori immobili (1074 a 31): Su Ss si; i,
opay;, cpavspv. zi yp tiXsiou; opavoi &anzp icvUpwTici,
|
lutaieTSet pia y) rcspl fxauxov pyi\, dpiO-ptj) S ye rcoXXal. {
XX'Soa piO-p xoXXd, uXvjv
i/si.
si; yp Xyo;
'/.ai, |
ait; ttoXXi&v, olov vO-pwnou, Scoxp-n); Ss si;, ih S ti |
;
fjv slvai ox iei OXyjv t npcbtov' vtsXysia yip. Sv
!
pa xal Xytp v.aX piD-pw t itpjtov xivov xivrjTOV 8v
xal t
xivoupevov pa atei xal auvsX&; sv pvov si; apa
opav; pvo;.
Qui
indirettamente dimostrata l'unit del cielo.
Se infatti ci fossero pi cieli, il principio di ciascuno
di essi sarebbe uno e identico coi principi degli altri
cieli solo sul piano dell'universale (sISsi pia), mentre
dal punto di vista individuale (piO-pcp) essi sarebbero
distinti l'uno dall'altro, come per esempio accade nella
specie uomo, in cui isingoli uomini coincidono, s, e
si unificano eISsi, ma dal
punto di vista numerico sono
molti. Perch il concetto di uomo inerisce s comune
mente a tutti gli individui di tale specie, ma Socrate e
gli altri individui costituiscono poi, ciascuno per s,
una particolare imita esistente. E ogni volta che il con
cetto di uomo si unisce, come eISo;, con la materia,
nasce un nuovo individuo. La prima essenza (t ti 7jv
elvai t JtpfTOv), il supremo motore, che dirige il mo
vimento del cielo, fa eccezione, essendo pura entelechia,
scevra di materia. Con ci detto che questa suprema
forma non una specie la quale si presenti in molte
plici esemplari. Manca ad essa il contatto con la ma-
LA TEORIA DEL PHIMO MOTORE 481
teria, il principio d'individuazione. Nella pi alta di
tutte le forme l'unit dell' elo; coincide con l'unit
numerica dell'esistente. Di conseguenza anche ci che
da essa mosso, il cielo, non pu esser che unico.
Anzitutto chiaro come l'argomento di Plotino con
tro la molteplicit dei motori non sia altro che un'ap
plicazione di
questo principio aristotelico alla questione
degli spiriti astrali. Se la materia il principio indivi
duante, giusta la teoria professata da Aristotele qui e
altrove, o imotori delle sfere non possono essere im
materiali, in quanto costituiscono una molteplicit di
esemplari di una specie, o, se Aristotele tien fermo al
l'asserzione dell'immaterialit, egli si contraddice, per
ch. quella esclude la molteplicit individuale. In en
trambi i casi egli viene in contrasto coi presupposti
della sua filosofia. La forma delle forme, il motore im
mobile pure, in origine, un essere assolutamente unico:
dotato di propriet talmente singolari, che ogni mol
tiplicazione lo rende inconcepibile. La stessa conclu
sione deriva dalle dimostrazioni della Fisica, in cui Ari
stotele deduce l'unit del motore immobile dalla conti
nuit e unit del movimento cosmico. Anche icommen
tatori riconoscono di non esser capaci di risolvere que
sta difficolt 1).
') Bonitz, 1. c., p. 512; Schwegler, Die Melaphysik d. Aristot.,
IV, p. 280. II Rose -(I. c., p. 161) considera il passo come ag
giunta di uno scolaro, perch in De caelo, A 9 Aristotele 'di
mostra l'unicit del cielo con argomenti fisici. Ma nel medesimo
libro (8, 277 b9-10) Aristotele stesso dice che la dimostrazione
pu darsi anche muovendo dalla metafisica, e noi dovremmo la
mentare la mancanza di questa argomentazione nella
Metafisica
stessa, se essa non ci fosse conservata nel citato passo A 8, 1074a
31-39. Essa quadra peraltro solo con la metafisica pi antica, che
non conosceva ancora alcun motore delle sfere, come al tempo
in cui fu scritto il De caelo ; e non si accorda pi, invece, con la
dottrina esposta in Metuph.. A 8. Neppure in altri punti della
Metafisica
del resto possibile dimostrare l'esistenza di aggiunte
compiute da scolari.
Si.
31, al ter
mine della serie argomentativa. In origine l'intenzione
di Aristotele era stata quella di accentuare il pi possi
bile l'antitesi tra le singole anime del mondo terrestre
e lo spirito cosmico. L'idea di quest'ultimo era stata in
negabilmente ricavata per deduzione analogica degli
esseri viventi: la sua posizione di eccezionale superio
rit aveva quindi tanto pi bisogno di essere adeguata
mente messa in luce. Prescindendo dalle sue propriet
spirituali essa si manifesta anche nella sua immobilit
assoluta. Le anime e gli esseri viventi sono invero
anch'esse ins immote, ma, in quanto muovono il corpo
e quest'ultimo si sposta nello spazio, esse muovono in-
LA TEORIA BEL PRIMO MOTORE
497
direttamente anche s stesse. Ci non vale per ilsupremo
motore, che dobbiamo ammettere come causa del con
tinuo ed eterno moto del Tutto: nella sua assoluta tra
scendenza egli resta infatti immobile tanto per se quanto
per accidens. Ora, quando Aristotele avanz la teoria
delle anime delle sfere, non pot considerar queste
come
prive di qualsiasi movimento al pari del supremo mo
tore, perch esse, pure immobili in s, erano, insieme
con le loro sfere, coinvolte nell'universale moto cele
ste. Affinch per esse non si abbassassero al grado delle
anime terrestri, Aristotele inser 1' aggiunta 259 b
28-31, la quale tuttavia, come sopra abbiamo dimostrato
(p. 492), non poteva
dissimulare il fatto che -qui veniva
introdotto un nuovo principio, il quale non quadrava
con la contrapposizione delle semoventi anime terrestri
all' assolutamente immobile spirito del mondo. L ag
giunta aveva del resto, al pari delle due altre, valore
soltanto ipotetico: doveva solo tener conto della pos
sibilit dell'esistenza dei motori delle sfere, e nul
la pi.
Iperipatetici d' et posteriore, che conoscevano la
teoria dei motori delle sfere nella sua forma definitiva
quale risultava dall'ottavo capitolo del libro A della
Metafisica, dovettero interpretare le aggiunte del capi
tolo della Fisica in conformit a questa
teoria. Essi do
vettero credere che Aristotele si ponesse anche qui dallo
stesso punto
di vista, e trasferirono quella teoria nel
l'interpretazione di questo capitolo. Ingenerale essi po
terono ricorrere, a questo scopo, all'idea che Aristotele
avesse qui voluto esporre soltanto il principio fonda
mentale della relazione tra moto circolare continuo e
motore immobile, senza porre il problema speciale della
natura e del numero dei motori delle sfere. Inun passo
tuttavia questa
loro interpretazione doveva mostrare la
propria insufficienza. Al termine della serie delle argo-
82.
W.
Jaeger. Aristotele.
V'
1
4?8 l'eia
dell'inseckamejiio
lueatazioni detto (259 b 20): in base a questi fatti
ci si pu convincere che nessuno degli esseri, iquali
. |
senza muoversi muovono un'altra realt e per ci stesso fc.
muovono accidentalmente anche s medesimi, pu es-
sere causa di mi moto continuo. Se dunque esiste neces
sariamente una continuit nel movimento, il primo mo
tore deve essere una realt immobile anche
in senso accidentale, se vero che, come si )
detto, deve esistere nel mondo un movimento incessante
'<
e immortale. Che la lezione giusta fosse elvatxt Sst x
ttpGxov xtvov y.fvrjTov xa xax atte- ?
stato da Simplicio, il quale pone a fondamento della
sua interpretazione del passo questo testo, a noi traman
dato solo in un manoscritto poco pregiato1). Immobile ;
tanto per se quanto per accidens solo il supremo mo
tore trascendente, non le anime delle sfere, come dice
Aristotele stesso nell'aggiunta 259 b 28-31. Ma allora il
discorso si riferiva solo a quest'ultimo: e come potevano
gl'interpreti trovarvi esposta la teoria dei motori e delle
sfere? Essi erano peraltro cos lontani dall'idea che Ari
stotele potesse
mai aver pensato altrimenti, che corres
sero senz'altro il passo e, inserendovi una negazione, ne
ricavarono il senso esattamente opposto.
In tutti imi
gliori manoscritti cos penetrata la falsa lezione -/.al
xax aijjj.pepvjxs nonostante che essa fosse incom
prensibile anche dal punto di vista linguistico e
che la lezione vera avesse un esatto corrispondente in
258 b 15 s).
') Sirapl., in phys., II, p. 1260, 11 Dlels: cfr. l'apparato critico
e Diels, Zur Textgeschichte der Arislotel. Physik, in Silzungsbc-
richle d. Berliner Akademie, 1882.
J;
,
:=
Ilricordo dei pi antichi pensatori greci sopravvive
nella letteratura dei secoli successivi in quanto il loro
nome resta legato a determinate dottrine e problemi,
mentre iloro scritti, nel caso in cui essi ne abbiano la
sciati, vanno incontro a ima fine precoce. Accanto a
questa tradizione, cosiddetta dossografica, che venne re
gistrata e controllata nei lavori di storia della filosofia
compiuti dalla scuola aristotelica e anzitutto nella grande
opera
di Teofrasto intitolata
<>uaix)V
,ai,
peraltro
sopravvissuta
anche ima diversa forma di ricordo, che ri
sale a una fonte affatto distinta. Per
questa
ipiantichi
protagonisti della storia della filosofia non sono idifen
sori di concezioni pio meno primitive, e ormai da lungo
tempo superate,
circa ipi diversi e singolari problemi,
bens irappresentanti augusti ed esemplari di quellaforma
spirituale di vita, che caratteristica dell' uomo filoso
fico di ogni et, e che appare impersonata inmodo par
ticolarmente netto ed efficace dai suoi pi antichi asser
tori.
Questa
tradizione, certo, non sa attribuire a quegli
antichi pensatori altro che lineamenti vaghi, corrispon
denti a un tipo generico : ed significativo che si sia
perci manifestata informa aneddotica e apoftegmatica.
Ma in quanto questi lineamenti generici furono collegati
coi nomi d'individui tanto noti e determinati, si venie
560 APPENDICE
formando, accanto alla tradizione delle dottrine, un' ini-
magine dei filosofi pi antichi che nei secoli posteriori
.-j<
ovvi alla mancanza di qualsiasi tradizione circa la loro
;
personalit umana, e fu anzi spesso considerata come
autentico dato storico.
Queste
narrazioni ci vengono ri- , 4
ferite, con ammirata venerazione, da filosofi di et pi
tarda, a cominciare da Platone. Vero che, in origine,
esse nascono in gran parte
da un motivo affatto diverso,
e cio dalla sorpresa del popolo nei riguardi del nuovo
tipo umano dell' indagatore e del dotto, alieno dal mondo
e dal vivere comune: tipo che, con isuoi paradossi e
con le sue bizzarre originalit, si fa avanti inquesti aned
doti. Cos della storia, riferita da Platone, di Talete
che osservando il cielo cadde inun pozzo, e si ebbe per
ci le beffe dell'arguta ancella di Tracia (cio da
quanto
di meno colto potesse immaginarsi un Elleno) : voler sco
prire quel che si trova lass nel cielo, e non veder nep
pure quel che sta davanti ai piedi! I). Mandre di be
stiame saccheggiavano, pascolando, icampi di Demo
crito, racconta Orazio nelle Epistole, mentre ilsuo alacre
spirito, dispiccatosi dal corpo, vagava lontano 2). Nella
partizione della ricca eredit paterna isuoi fratelli sfrut
tarono la situazione, perch egli voleva ricevere il suo
in contanti per poter intraprendere lunghi viaggi. Non
gli diedero quel che effettivamente valeva la sua parte,
ed anche questa somma fu da lui consumata nei viaggi
in Egitto e presso iCaldei.
Quando
ancora il padre vi
veva, egli usava rinchiudersi, per lavorare, in una ca
setta campestre,
che di tanto in tanto serviva anche di
stalla. E una volta egli non not affatto che il padre
1) Plat., Thcoct., 174 A (Diels, Vorsokr. 4, 1A 9).
2) Horat.. e[.isl, I12, 12 (coi luoghi paralleli in Diels, Vorsokr 4,
55 A 15).
l'ideale filosofico della VITA 561
vi aveva legato un bue destinato al sacrificio, e rimase
tranquillamente sotto lo stesso tetto con l'animale, finch
esso fu condotto alla morte ed egli fu fatto accorto della
singolare compagnia che aveva avuto J). Che questo
tipo
di aneddoti non esprima affatto la semplice ammirazione
che l'intenditoreprova per un' inconsueta concentrazione
spirituale, ma bens manifesti l'opinione canzonatoria che
il volgo ha del sapiente distratto, dimostrato in modo
palmare, nel caso di Talete, dalla narrazione che in Ari
stotele fa riscontro all'aneddoto dell'astronomo caduto
nel pozzo. il racconto di una manovra commerciale,
compiuta da Talete con splendido
successo per mostrare
ai dispregiatori della scienza come si possa guadagnare
molto danaro anche con la meteorologia, quando
si miri
a tale scopo. Prevedendo ima raccolta di ulive insolita
mente abbondante, egli prese per tempo
in affitto tutti
ifrantoi della regione e, quando venne il gran raccolto
e nessuno disponeva di frantoi, lisubaffitt, per unprezzo
superiore, a quelli stessi che ne erano gli effettivi pos
sessori 2). A questo proposito gi Aristotele, col consueto
suo fiuto critico, nota come evidentemente si tratti di
un aneddoto rispondente a un tipo generale, riferito
a Talete solo a causa della sua ben nota sapienza ;e
caratterizza con esattezza anche l' intento di tale attri
buzione, la quale doveva infatti mettere inevidenza come
la scienza non fosse inutile, e come bens agli scienziati
non importasse di adoperarla per arricchirsi. Ilcarattere
generico di molte di queste
storie dimostrato anzitutto
dal fatto che esse sono riferite a diversi protagonisti.
Cos anche di Anassagora, al pari di Democrito, si dice
l) Demetr,, v 'Opwvipoi;, presso Diog. Laert., IX, 35-36 {Diels,
Vorsokr. 4, 55 A 1).
2) Arisi., Polii., A 11, 1259 a 6 (Vorsokr. 4, 1A 10).
36.
W. Jaeger, Aristotele.
562 APPENDICE
che trascur la sua eredit, e che, quando iparenti gliene
'
chiesero conto, rispose che se ne occupassero loro, ce- ,1
dendo con ci ad essi volontariamente ogni avere, per
potersi occupare soltanto delle sue ricerche scienti!!-
:
che 1). Inquesta forma, certo, l'aneddoto ha gi assunto
un colorito pi patetico a paragone dello spirito di bo- :
naria canzonatura che pervade l'aneddoto democriteo.
La figura del filosofo attonito che, nella sua assenza di
spirito, lascia che il suo bestiame pascoli nei suoi stessi
coltivati, si trasforma in quella di uno spirito indipen
dente, che, nella sua grandezza, dispregia con piena co
scienza ibeni esterni e li rigetta eroicamente da s.
Animato dello stesso spirito un altro apoftegma : Anas
sagora, interrogato circa lo scopo della sua vita, risponde
orgogliosamente di vivere per contemplare e studiare
il sole, la luna e il cielo2). Tono eroico hanno anche
imotti che la tradizione gli attribuisce inoccasione della
sua condanna da
parte
dei giudici ateniesi e in quella
della morte di suo figlio : motti che debbono mostrare
come l'animo del vero scienziato non sia legato alle realt
transeunti, e neppure ai massimi beni umani, l'esistenza
civile, la moglie, il figlio 3). Ad attestare il completo alie
narsi del filosofo dalla vita politica, a cui il Greco del
l'et classica dava tutto s stesso,
mira l'aneddoto se
condo cui Anassagora, achi gli rinfacciava che non gl' im
portava nulla della sua patria, ribatt :
i
risalgono a un'effettiva tradizione storica ? 11 fatto clie gi ai filo
sofi presocratici venga ascritto l' ideale consapevole del freuiprjTixs :
pioj va considerato come attestazione storica degna di fede o come
mero rispecchiamento di nna posteriore etica del (Stoj? L'intera
tradizione va nuovamente esaminata da questo punto di vista, ora
che l'evoluzione dell'etica filosofica e della teoria del (SCoj da Pla
tone ad Aristotele e ai suoi scolari stata posta nella giusta luce.
In quest' ultima noi troviamo un punto fermo, che insieme un
punto cruciale per la genesi della tradizione concernente la storia
della filosofia : di qui, dunque, che occorre prendere le mosse.
*) Eurip., fr. 910.
2) Gi Platone (Gorgia, 464 Ee 485 E segg.) fa citare a Calli
de, nella sua polemica contro un tipo unilateralmente filosofico di
vita, versi dell'Antiope. Certo, Amfione era caratterizzato da Euri
pide come uomo dedito piuttosto al culto delle Muse che a quello
della scienza..
Ma la somiglianza era data dalla comune estraneit
alla vita politica, e perci Platone poteva far dirigere a Callide
contro Socrate iversi pronunciati da Zeto contro Amfione (nono
stante la propria idea della missione politica di Socrate, Platone
non neg mai che, dal punto di vista della corrente politica di par
tito, il suo maestro fosse un uomo apolitico).
l'ideale filosofico della vita 565
simpatia morale, aveva dato Platone stesso. Com' pos
sibile dimostrare, fu
appunto quest'ultima cosa che ac
cadde. Tutte le narrazioni che attribuiscono ai filosofi
pi antichi la professione consapevole dell' ideale del
D'etapr/ttxirS (ilo; o derivano immediatamente dalla scuola
platonica o sono nate, sotto l'influsso dello stesso ideale
platonico, in et di poco posteriore. L' influenza che sul
formarsi della tradizione ha esercitato la filosofia pla
tonica e la sua diretta erede, la scuola peripatetica, me
riterebbe del resto un' indagine complessiva. Il risul
tato che se ne ricaverebbe peraltro indubbio a priori :
quello che tutta la raffigurazione della pi antica sto
ria della filosofia trasmessaci dalla tradizione ha acqui
stato la sua forma nelle due o tre generazioni inter
corse tra Platone e idiretti scolari di Aristotele. La filo
sofia di queste
due scuole rimasta come una pietra
angolare nell'edificio storico della nostra cultura : ma
imo degli esempi pi istruttivi della validit di tale prin
cipio costituito dal modo in cui l'ideale di vita di
questa et culminante della filosofia greca viene a riflet
tersi nell' immagine dei pi antichi pensatori presocra
tici e del loro pio;. Siamo anzi persino in condizione di
poter ancora comprendere i grandi
e apparentemente
inconciliabili contrasti, a cui va incontro la tradizione
a noi nota nella sua raffigurazione
dei pensatori pi
antichi, come conseguenza necessaria delle oscillazioni a
cui va soggetta l'idea della vita ottima nell'et che
da Platone giunge fino ad Aristotele e ai suoi scolari.
Comprendere l'evoluzione del problema
etico, e in par
ticolare di
quello del pio;, durante questo periodo signi
fica nello stesso tempo chiarire ilmodo incui si formata
la tradizione delle notizie a noi giunte circa la vita dei
filosofi pi antichi. Dobbiamo perci prendere le mosse
dal significato che il problema del pio; ha nella filosofia
566
APPENDICE
platonica e
seguire con maggior precisione ilsuo processo l'
evolutivo. Desumo anzitutto alcuni
punti fondamentali ;
j
dalla mia precedente trattazione su Aristotele, per ap
profondirli ulteriormente.
La pura freiepfa dei naturalisti pi antichi ebbe la
sua genesi nella Ionia. Fu uno dei pi singolari prodotti
della tarda cultura ionica, che per la preponderanza
ii
dello spirito commerciale e poi per il dominio straniero
aveva sempre pi smarrito l'interesse politico e facili
tava, con.la gran libert concessa all' indivduo, l'avvento
;
di quel tipo di vita in seno al complesso sociale della
polis. Lo spirito attico, col suo attaccamento alla terra
e con la netta politicit del suo regime di vita, non la
sciava invece adito a simili attivit particolari dei
singoli.
Ancheoltrel'etplatonica essoconsiderava lapura scienza
con
'
animo con meno alieno e diffidente di quello che
poi a Roma
fu proprio della classe senatoria. Su
questo
aspro terreno doveva nascere il dramma civile, per la
prima volta rivelato .da Euripide, dell'uomo apoli
tico. Il contrasto fra il dovere del cittadino e l'ozio
del ricercatore scientifico, tra l'agire e il conoscere,1do
veva qui
conseguentemente elevarsi ad ostilit verso la
;
scienza da
parte degli uomini dediti alla pura vita po
litica e a ripudio dello stato da
parte dei filosofi. auche '
vro, peraltro, che soltanto sul suolo attico Platone
po
teva arrischiare il suo profondo tentativo di conciliare
senza compromessi il &eo)pr)ttxg (Sto; col
TtoXmx? j3og,
dando alla scienza e alla filosofia, quale nuovo conte
nuto, lo
stato, e facendo delle supreme norme e leggi
dell'agire civile il loro problema sommo, dalla cui solu
zione dipendeva la salvezza dello stato stesso, cio
dello stato in s. Certo, nei suoi scritti pi giovanili,
in cui egli presenta i suoi contemporanei Socrate come
l'unico vero uomo politico di cui essi hanno
bisogno,
l'ideale filosofico della vita 567
in quanto
egli ha indirizzato iloro occhi alla decisiva
questione
della conoscenza della norma suprema -1), non
si trova ancora nessuna traccia di quell' ideale di vita
contemplativa
che da lui professato pi tardi. Inquel
l'epoca
il suo ideale e del Xyoj e del
105
era ancora
impersonato
esclusivamente
da Socrate ;
e salta agli ac-
chi il contrasto di questo
Socrate rispetto al tipo del
puro indagatore alieno dal mondo, della Stvota aipo-
vopouca xal YewjuTpoaa, in cui la sua stessa per
sona viene trasfigurata e ipostatizzata dalla famosa di
gressione del Tceteto platonico 2). Ma per Platone il pro
blema morale di Socrate era stato fin dall' inizio un
problema
di conoscenza. La questione del retto intuito
morale, della cppvrjais,
Per
adoperare il nome che So
crate aveva attinto all'uso corrente della lingua greca,
celava in s Vanoor pi profondo problema dell'essenza
del conoscere
ingenerale e della vera natura dell'essere ;
e il giro attraverso tali questioni
fondamentali, che
Platone credette di dover compiere per risolvere il pro
blema
socratico, lo condusse sempre pi a una teoria
generale della conoscenza e dell'essere e Io costrnse ad
accogliere
nel suo edificio scientifico anche le discipline
della matematica e dell'astronomia, le quali gi avevano
una loro esistenza. La pvTjots 62 riempi in tal modo
del contenuto
di
questa
aocp(a, e dall' dnopev ed Xy-
yetv di Socrate si svilupp un 0,(i)pr]Tixs (jloj, dedito
*) Cfr. ichiarimenti da me dati inPlalos Stellung im
Aufbau
der grchischen Bildung (Berlino, 1928), p. 40 dell'estratto.
2) Certo, Socrate non manca affatto di tratti teoretici, per
quanto egli prediliga aggirarsi soprattutto col dove gli uomini si
affollano, nella palestra e nell'agora. Ma al Boll, il quale si richiama
(L c., p. 9) alla sua trascuratezza per l'economia domestica e alla
sua astensione dalla politica quotidiana, o all' 06 pij itaooptti cpio-
oorpfiv dell'.4pologio (29 D), va osservato che ungran distacco separa
questo suo tipo di concentrazione meditativa da quello del dotto
raffigurato nel Tceteto (173 E): cfr. su ci sopra, pp. 17-18.
568 APPENDICE
alla pura ricerca scientifica. Nel Teeteto, dove il nesso
della filosofia con la matematica viene particolarmente
in luce, Socrate canta un vero e proprio inno alla vita
dello scienziato e ne tratteggia l' immagino ideale con
colori desunti dal tipo dell'astronomo e del matematico.
appunto in tale contesto che vien ricordato Talete
quale tipo esemplare di filosofo immune di ogni preoc
cupazione pratica e politica, ed raccontato l'aneddoto
della sua caduta nel pozzo mentre osservava le stelle.
singolare che le lodi della geometria e dell'astronomia
siano qui intonate proprio da Socrate, a cui Platone
aveva fatto dire una volta, nell'Apologia, che di tali
alti argomenti egli non capiva n molto n poco,
perch non se n'intendeva affatto 1). evidente che Pla
tone stesso era conscio di aver raggiunto, con questa
tardissima rappresentazione di Socrate data nel Teeteto,
il limite estremo di quella libert di trasfigurazione ar-
tistica che gli poteva essere concessa nei riguardi della
persona storica del maestro. Il nuovo ideale del
frscopi'j-ctxs e il tipo di scienza puramente speculativa
che gli stava a fondamento esigeva altro simbolo, altro
archegeta che Socrate, il quale fino allora era stato il
protagonista dei dialoghi platonici ; e cos, nelle due
opere composte dopo il Teeteto e ad esso ricollegantisi,
il
Sofista
e il Politico, troviamo introdotti a presiedere
alla discussione idue augusti rappresentanti della dia-
lettica eleatica, Parmenide e Zenone, mentre Socrate
deve accontentarsi di una funzione subordinata. Pari
menti, nel Timeo l'esposizione della cosmologia plato
nica affidata al filosofo pitagorico dello stesso nome.
L' ideale del d-sitpTjttxs quale allora era realiz
zato nell'Accademia platonica, solennemente proda-
-1) Plat. Apol., 19 D.
l'ideale filosofico della vita 569
mato da Aristotele inun suo scritto giovanile, da me al
trove ampiamente studiato, il Prolreptico1). Della mu
tata posizione dell'Accademia rispetto
a Socrate e all'am
bito dei suoi problemi prova
ilfatto che lametafisica,
la quale costituiva allora per la scuola platonica il pro
blema centrale e non aveva ancora un proprio nome
adeguato, vien designata nel Protreptico con la circon
locuzione : la scienza della verit, quale stata inau
gurata da Anassagora e da Parmenide .
Qui
chiaro
come inomi dei due antichi pensatori tengano soltanto
il posto
dell' idea della filosofia
puramente
teoretica, di
cui erano considerati, in quell' ambiente, rappresen
tanti2). Come pure altra volta dimostrai, creazione del
l'ambiente accademico anche il tipo ideale di Pitagora,
che tanto influsso esercita sulla tarda antichit, e che
noi vediamo formato per
la prima volta nella nota nar
razione dello scolaro di Platone Eraclide Pontico. Se
condo essa, Pitagora sarebbe stato il primo ad adoperare
le denominazioni di filosofia e di filosofo e a chiarire l'es
senza di quest'ultimo merc il famoso paragone con
coloro che ai giuochi olimpici sono puri contempla
tori.
Questo
paragone si fonda sul doppio senso della
parola &ewpetv, che significa tanto contemplare quanto
considerare e indagare nel senso che appunto
si dice
teoretico . Giacch anche Aristotele paragona nel Pro
lreptico l'attivit dell' indagatore dedito alla pura scienza
con la contemplazione dei frewpoi ad Olimpia, evidente
che tale termine di comparazione del D-scopTjTix; (lo?
era gi divenuto classico nell'Accademia. L'attribuzione
di questo
ideale filosofico di vita a Pitagora, che veniva
perci considerato come suo iniziatore, connessa con
1) Cfr., sopra, il capitolo sul Protreptico, pp. 69-152.
2) Aiist., fr. 52, p. 59, 3 Rose.
570
APPENDICE
l'alta valutazione che
proprio di
Pitagora e dei
pitago- ')
rici si faceva nell'Accademia, la quale vedeva
sempre l
pi in essi l'esatto
esemplare storico della sua
stessa
filosofia
matematizzante. vano sforzo da
innamorati
voler salvare,
considerandolo
conveniente al Pitagora
storico, anche soltanto questo bel
racconto, dal momento
che nella stessa et si veniva attribuendo alla figura
di
quel pensatore una quantit di tratti e di
aneddoti ape
crifi, e circa la sua vita e isuoi
apoftegmi si
formava ra
pidamente un' intera letteratura di
carattere leggen
dario 1). pi
opportuno seguire
l'esempio di
Aristotele,
,
1}
50p,ra' ppl.
127-28- 11 (Die
Anfange der griechi
-
schen Philosophie, tiz. tedesca, p. 86) saznhra incide a cdnside-
rare storica la
narrazione di Eraclide e a far parimente
risalire a
Pitagora la teoria dei tre gio (iiteXaua-cixi
j, iroXituc e 8eo>-
pijTwos) che essa presuppone e che s' incontra in
entrambe le Eli-
? ?T|St<'1i
Ma taat0 la
Dar"zione in s considerala quanto
1 indole del suo autore, proverbiale per la sua fantasia romanze
sca, non costituiscono certo prove infavore di tale tesi. La teoria dei
\w CTUne /
?rade
e ad
itotele, che
l'attingono entrambi
da11Accademia (cfr. Plat
Resp., IX, 581 C
segg.) ;e anche per il
resto la narrazione erachdea non contiene il minimo elemento pi
tagorico che nnvua un'et
antecedente a quella platonica.
Quando
Cicerone (JW" V, 9 : altrimenti Diogene Vili, 8 e Giambico,
Vita Pyth., 58) attcsta come nell'esposizione
di Eraclide gli
uomini
apparissero quali stranieri giunti in questa vita da
un'altra esi-
stenza, al pan da coloro che venendo dalle pi diverse citt greche
partecipavano alia grande itsvijyupis ellenica, facile vedere come
in cid non sia altro che la ben nota teoria platonica
dell'anima.
Non s. pu inferirne che sia stata pitagorica anche la dottrina dei
tregCoi, anche se di provata pitagorici quella della metempsi
cosi. Sussisteva, certo, un
EoHr nello stesso senso in
cui sussisteva un Opgwg p;os : ma ci non toghe che nna suddi
visione e classificazione
sistematica dei pio:, come quella che s'in
contra m Piatone e mAristotele, fosse cosa affatto diversa. La tri-
rnt dei plot deriva da quella dei fini della vita
incui, secondo
Platone e Aristotele, diversi uomini fanno consistere l'eudemonia
veduta nifatti o nella r,Sovtj o nell' o nella apynotc Non
quindi un caso che gio siano tre, e proprio questi tre, pcr-
fATiiMm!pwOM
esattamente ai tre pilastri su cui si basa I'edi-
licio dell etica platomco-aristotelica.
Ci espresso in
maniera chia
rissima da Aristotele nell'Edi. Eud., A 1, 1214 a 30 : t B'sBtv-
fiovsrv
"/.at r r)v pxxapCog xxl
xaXfis sin v ;
tplol piXisTZ
l'ideale filosofico della vita 571
il quale evita di citare il nome di Pitagora e preferisce
parlar soltanto dei cosiddetti Pitagorici suoi contem
poranei, non credendo che si possa pi giungere a cono
scenze sicure circa il Pitagora storico. Viceversa lo stesso
Aristotele, nel dialogo Ilepl cptXoaocpCaj, ha tenuto
conto, per la preistoria della filosofia, dei sette savi :
infatti difficile interpretare altrimenti la notizia rife
rita dalla tradizione, secondo la quale egli li consider
inquell'opera come sofisti, naturalmente nel senso buono
della parola1). Nell'Accademia si estendeva del resto
il concetto del S'&toprj'uy.s jBEoc; fino a comprendervi an
che isacerdoti egiziani, dei quali Aristotele, nel primo
libro, di et relativamente antica, della sua
Metafisica,
dice che sarebbero stati iprimi a dedicarsi alla pura
scienza, avendone avuto l'agio per la loro stessa profes-
to; elva1. Soxsoiv cripsTuivToi?. 1% (lv yp ttjv cppvijaiv |i-j-1-
otoy eTvaC tpaoiv yav, o? B "cr]v &prci}v, ot 8 rqv iovrjv
(e cos Arist., Protr., ptesso Jamb]., Prolr.. cap. VII segg. : cr.
sopra, p. 85). Ea questo sistema triplice degli edps-c Aristotele si
riferisce esplicitamente (Etk. Eud., A 2, 1215 a 3S) per fondare su
di esso quello corrispondente dei
fiioi.
A sua volta, la trinit della
fjSortj, dell'ccpetr) e della cfpvTjsis; deriva dalla dottrina platonica
delle tre parti dell'anima, da cui lo stesso suo autore deduce, nella
Repubblica (IX, 580 D sgg.) ,itre gio e le tre specie della vjBor/j.
Naturalmente la letteratura pseudo-pitagorica rifer pi tardi a
Pitagora o ai suoi seguaci anche la tripartizione dell'anima, al pari
di quasi ogni altro motivo : e persino uomini come Posidonio (per
non dire di gente corno Giamblico e Porfirio, che accettavano tutto
senza alcun discernimento) credettero all'autenticit di simili fal
sificazioni. Nel mio Nemesios (p. 63 segg.) io non ero ancora giunto
a una chiara visione complessiva di tale specie di letteratura :
altrimenti non mi sarei attardato a sollevare tante difficolt circa
queste testimonianze dell'origine pitagorica della tripartizione del
l'anima. Mi rallegra comunque il fatto che fin da allora io non cre
dessi ciecamente ad esse. Ultimamente A. E. Taylor, nel suo com
mentario al Timeo (p. 497), tornato a sostenere l'origine pitago
rica della tripartizione dell'anima.
l) Arist., fr. 3 Kosc prova che isette saggi comparivano nel
dialogo nepl qiXooojplas. Il Rose ha perci certamente ragione
quando riferisce a tale dialogo V indicazione data dallo Elymol. Ma
gnum s. v. ooqxof/)s, secondo cui Aristotele chiam con questo
nome i sette saggi.
572
APPENDICE
sione. E VEpinomide
del platonico
Filippo d'Opunte,
che si propone di inserire il&swpijTtxs fsioj nella costru
zione politica delle
Leggi lasciate dal
maestro, vede ne
gli astrologi caldaici gl' immediati predecessori dell' ideale
da esse
propugnato. Da tal modo l'Accademia, negli ul
timi decenni dell'attivit di Platone, procura al proprio
[05 la conveniente cornice storica 1).
L'Epinomide pervasa dall'energica e
rassegnata con
vinzione che tale
JJfcs
sia peraltro riservato solo a
po
chissimi uomini d'eccezione ;ed uguale lo
spirito della
settima lettera
platonica, che
cronologicamente le di
poco anteriore e che il grande
testamento spirituale
del maestro, in cui egli prende per l'ultima volta posi
zione
rispetto a quel problema del
rapporto tra la
po
litica e laconoscenza filosofica che lo aveva agitato tutta
la vita. Certo, la radicale disposizione
interiore a tra
durre iconcetti della filosofia in azione
creatrice e a
intervenire cos nella vita dello stato rimase in Platone,
anche in questi suoi ultimi anni, quella stessa che era
stataall' inizio dellasua evoluzionespirituale, nonostante
lo spettacolo del
naufragio a cui era andato incontro, a
Siracusa, il suo prediletto scolaro Dione nel primo serio
tentativo di dar vita reale agi' ideali
platonici. Ma tut
tavia era ormai manifesto come tra
questo programma,
che in origine aveva dominato tutto il suo filosofare 2),
e l'effettiva realt del suo ultimo periodo di vita, dedi
cato soltanto alla pura indagine
teoretica, sussistesse
un forte
contrasto3). Da
questa situazione si
svilupp
a poco a poco un complesso di problemi, che con tutto
1) Arist., Mefnph., A 1, 981 b
23;
jPl&t.], Epinom., 986 E.
2) Cfx. il mio discorso (tenuto
all'universit di Berlinoil18gen
naio 1924 per l'anniversario della fondazione del Reich) Die grie-
chische Slaatsethik im Zeilalter des Pialo, p. 10 e Plclos Stellung
im
Au/t.au
da griethischen
Bildung, p, 39 segg.
3) Cr. "Wilamowitz, Platon, vol. I, cap. 14.
l'ideale filosofico della vita 573
il suo peso pass
in eredit ad Aristotele e mise inperi
colo quell'essenziale
unit del conoscere scientifico e del
l'agire pratico che per Platone, fin dal suo periodo
so
cratico, era stata la premessa di tutta la sua ricerca e
quindi
anche uno dei fondamenti della sua idea del frsw
p-t]wx.oc,
Nello stesso senso in cui agiva l'evoluzione
personale
di Platone operava poi
la tendenza interna
della scienza platonica
in s considerata. Il calore pas
sionale dell'impulso socratico verso la conoscenza aveva
avuto ragion d'essere, per parlare
in termini platonici,
solo in vista della contemplazione
dell'idea del bene,
e l'agireaveva avuto per Socratelo stesso significato che
il conoscere l'ya&v. Laprima
filosofia platonica aveva
quindi
mirato, con decisione anche maggiore, a par
tecipare alla vita pratica
e politica.
Ma, durante ilpro
cesso evolutivo, l'esigenza del conoscere aveva in Pla
tone ampliato smisuratamente ilsuo dominio.
Sembrava,
s, che la scienza del pi tardo periodo
platonico si fosse
sviluppata
in modo affatto organico
dal primo germe
socratico, accogliendo in s complessi sempre pi ricchi
di sapere teoretico ; ma in realt il suo campo non era
pi
limitato esclusivamente
all'ambito etico-politico, co
m'era negli scritti fino alla Repubblica. L'etica era di
venuta una semplice
parte della filosofia, accanto alla
logica
e alla fisica 1), e quando ilvecchio Platone faceva
lezionesul Lene, egli comprendeva
sotto questo
titolo
anche la matematica e la metafisica
e ogni altra scienza,
e non soltanto ima dottrina dei beni della vita umana,
secondo quanto
Aristotele, giusta
il noto racconto che
ce ne ha lasciato iltestimone diretto
Aristosseno, usava
pi tardi narrare ai suoi scolari. Assurge a simbolo del
*) V. perci la nota partizione della filosofia in Senocrate, fr. 1
Hcinze: partizione gi valida anche per il vecchio Platone. Aristo
tele non stato il primo a dividere in tal modo la filosofa.
574 APPENDICE
trapasso della filosofia platonica dal suo originale inte
resse per la vita pratica al suo atteggiamento puramente
teoretico il fatto che l'annuncio dell'antico tema Ttspl
Tyao attirasse fitte schiere di uditori, e che poi inter
venisse una generale delusione appena Platone incomin
ciava a parlare di numeri e di linee e di quella suprema
unit con cui s' identificava il bene 1).
In apparenza, l' ideale del S-U)pT]Tixg (jfog non
era immediatamente minacciato da
questa evoluzione :
anzi la scienza pura, nel senso in cui l'aveva intesa il
vecchio Platone, sembrava trionfare della tendenza uni
lateralmente pratica del socratismo. La piena vittoria fu
assicurata ad essa da Aristotele, che ampli la plato
nica dottrina delle idee in scienza universale, ed em
piricamente fondata, dell'essere. In certo senso, egli fu
un
rappresentante del xkiopTjTtx; pio; anche pischietto
di Platone. Ma per questa nuova scienza la difficolt
consisteva nel non perdere, ad onta dell'evoluzione, in
cui essa non incontrava ostacoli, verso la pura teoria,
il collegamento originario con l'etica socratico-platonica,
giacch proprio in
quanto serviva alla vita effettiva il
{t-ewprjTixg pio; aveva conquistato in Platone la sua di
gnit morale e il suo sacro diritto. Anche dopo l'abban
dono della teoria delle idee, la vita filosofica di Aristo
tele era ancora
troppo saldamente radicata nell'epos
di
quell'ambiente accademico in cui essa si era venuta for
mando fin da principio, perch egli potesse mutare pur
*) Aristoxenos, Harmon., 30 Mcibom. (p. 44, 5 Marq.) xaMnsp
'ApioxoxXv;; SnjYetxo tgis tuXsEgtods t&v xouovtMv uopi
Ittttavos
v ixspt T-j-ccOoO xpaoiv saO-stv. npooivai [lv fp
fy.asTOV
unoXajipivovta vj'jjsoOaC ti xiv vojniJojivojv xotwv v-
Opu)it[vu)v dyaS-uiv olov itXoxov
fEsiav
tuiy_i>v t 8Xov sMiupovlav
uva
#aopao&i;v' xe 84 (paveErjaav ol Xyo'. ruspi pa&[i4x<uv xal
dpiO-pcv xai Y8U)[is-tp(a{ xzl &axpo\oyla.i; xal x Jipccj 8ti ya&v
-Tttv tv, tcavxsX&g oljiau rcapSoJv ti t'paivsxo afjxxtg. elO'ol [lv
&~oxate<pp8vouv toO icp&yiiaTO; xateppepovro.
i,'ideale filosofico della vita 575
di una sola virgola la platonica professione
di fede nella
missione educativa e morale della scienza, quale egli
stesso aveva proclamata nel Protreptico. Certo egli se
para, in quanto disciplina particolare, l'etica dalla me
tafisica ;ma tuttavia la connette con essa, al pari di Pla
tone, nel punto decisivo, in quanto
tien fermo all' im
portanza
dell'educazione e della conoscenza intellettiva
per la cultura morale della personalit. Anche nel suo
stato 1), come nella gerarchia del mondo morale, egli
assegna al Q-sopYjTtx; [ito; il posto supremo ; e se
condo la sua concezione la felicit individuale dell'uomo,
lo scopo finale di ogni suo sforzo non si compie nella
perfezione morale o comunque non soltanto in essa, ma
solo nella piena esplicazione delle forze spirituali della
sua natura2) :ed anzi egli considera, esattamente come
Platone, la capacit specifica della discriminazione mo
rale come dipendente in ultima analisi della conoscenza
del supremo principio dell'essere. Del primato della ra
gion teoretica rispettoalla ragionpratica egliresta sempre
platonicamente
convinto, non solo perch l'attivit spi
rituale (vo vfpyeia) indipendente dal lato sensibile
t) Nella Politica, H 2-3.
Aristotele ricerea il fine a cui debba
mirare il perfetto stato e l'educazione dei suoi cittadini, e discute
la questione se ilmiglior PEo; eia ilitoXm-/; o il Ttpccxxixj o un al
tro"(cio, com' sottinteso, il &ea)pt]Ttv.;). Egli respinge entrambe
le concezioni estreme: tanto quella per cui solo il pio? itoXeuxg
degno di un uomo e di un uomo libero, quanto quella che rigetta
a priori qualsiasi forma di potere e di dominio giudicandola mera
tirannide, e rifiuta perci radicalmente di partecipare alla vita po
litica. Per Aristotele, il Pio; 5-eo)pi)ttx{ non equivale affatto a
questo gCof; gevixg, giacch insieme anche pratico nel senso
pi alto della parola : anche ifilosofi e gli scienziati sono dei rea
lizzatori inquanto ol rat; SiavoEea; pxixxtovsc (cfr. specialmente
132S b 14-23).
2) L'eudemonia nel senso supremo e garantita solo dal pio;
3-ect)p7)Tix8s (Etk. Nic., K 7): 5suxp<i> 8'6 xari tfjv XXi;v psxv
(scil. pio;).
Questa
subordinazione gerarchica dell'ikx psx; alla
Biavovjtix psTTj pi minutamente giustificata in K 8.
576 APPENDICE
della natura umana e dalle necessit esterne e perch
noi possediamo in essa un frammento dell'eterna beati
tudine di Dio, cio della sua sopratemporale conoscenza
assoluta di s medesimo, ma anche perch la conoscenza
morale anch'essa positivamente
compenetrata e
diretta
dalla concezione metafisica di chi pensa scientifica
mente J).
Ma, a questo punto, sorge per Aristotele un problema
che a Platone non s' imponeva ancora con la stessa ne
cessit. Esso mette decisamente in luce le difficolt in
terne con cui si trova qui a lottare il platonismo aristo
telico. La sfera morale e quella scientifica sono, s, in
contatto, e questa interviene in quella, ma tuttavia solo
in un
punto, mentre in Platone la seconda comprende
ancora totalmente in s la prima. Da allora la Bcienza
si suddivisa innumerose discipline, ciascuna delle quali
tende a raggiungere ima sua autonomia nei riguardi del
complesso totale dello scibile. Anche la metafisica od
ontologia, che in Platone era l'organo complessivo della
considerazione filosofica del mondo, si separata dalle
altre scienze, e ne ora soltanto la regina, detta anche
teologia (ikoXoycv.fj). E ad essa, che scienza come
intuizione del mondo, pensa principalmente Aristotele
tutte le volte che pone la sfera etica in contatto con
quella teoretica. In nessun luogo ci espresso tanto
chiaramente
quanto nella formulazione pi antica, che
I) Sul fatto che l'attivit del
voti?
sia indipendente dalla na
tura sensibile dell' uomo, mentre la virt etica trae la sua ragion
d'essere proprio dalla relazione e dall'antitesi delle esigenze pratiche
della vita alla legge dalla ragione, insiste Aristotele inEth. Nicom.,
K 8, 1178 a 16-22. Da ci deriva che anche il {t-sroprjxixs plog
dispone, a paragone del npaxtix; (ilop, di un' indipendenza rela
tivamente maggiore da ogni xxj cfr. 1178 a 24 segg.
sino alla fine del capitolo.
Quanto
alla compenetrazione del pen
sare e dell'agire etico-pratico per parte della oo-pla e della 8supC
cfr., in ci che segue, le differenze tra le due Etklie.
l'ideale filosofico della tllA 57?
ci sia rimasta, dell'etica aristotelica, e cio nella reda
zione edita da Eudemo, al
punto
della conclusione in
cui detto come ibeni naturali della vita siano per gli
uomini beni morali solo nella misura in cui essi li aiutano
a servire e a conoscere Iddio. La conoscenza di Dio
quindi la via che conduce al vero servizio di Dio, ed
il criterio di misura dei valori terreni, che in tanto sono
tali inquanto sono stati investiti del valore di quello 1).
Ma, ora, bisogna pensare che in questa premessa sia com
preso tutto ilgigantesco sistema del sapereteoretico parti
colare, costruito da Aristotele nel suo edificio scientifico e
culminante nella freoXofw/}, e che quindi esso sia conside
rato come condizione imprescindibile
di una giusta con
dotta morale della vita ? Porrela questione significa com
prendere come questo
caso si avveri, s, in certo senso
per il filosofo, il quale sa connettere in unit, nella sua
complessiva intuizione metafisica, la totalit del sapere,
ma difficilmente possa verificarsi per lo scienziato che in
daga solo nell'mbito di una disciplina speciale e il cui
sguardo non supera quindi unlimitato dominio ; e come,
infine, 1' uomo che agisce moralmente pur restando nel
l'mbito della vita pratica
nonpossa pensarsi dipendente,
nelle sue decisioni, da una condizione simile. Ogni tenta
tivo di delimitare in particolare il dominio della ragion
teoretica sul senso morale, della
ootfitx
sulla cpfvrjccs, in
modo pi esatto di quanto
fosse stato compiuto in quel
passo decisivo dell'Etico Exidemea, doveva necessaria
mente condurre ad attenuare questo
dominio e a raffor-
1) Arist., Eth. End., e 3, 1249 b 16 f,tt ov atpscig xal xxijai;
tfijv
cfosi aYafrffiv
xovtjoEi
fidXicxa
x-qv to 3-soB fkstupiav, ?) oi-
paxoj T| xpijpxiov y[ <pi>.cflv twv
SMujv iyaoiv, cc&tt; iptox'i) xal
oixos
6 6po xiU'.oxos-
7jx(.s rj Si' 4v8svav
%
Si' ESpgoWjv xuAsi
xv O'Ev 8-spaxssiv xal -stupstv, axrj S) <paXi)_:
e cfr. sopra.
p. 326, e tutto ci che precede circa la primitiva
etica aristotelica,
H7,
_
jAxnfcft, ArithUle.
578 APPENDICE
zare la relativa autonomia della morale nei riguardi della
freopta.
Platone aveva collegato il senso morale, la cppvrjccs
di Socrate, con la fi-scopia dell' idea del bene. L' uno e
l'altra si erano fusi insieme sino al
punto cbe il concetto
della ppvrjsis, che secondo il consueto uso linguistico
avevaunsignificato puramente etico-pratico, avevafinito
per comprendere in s costantemente, in Platone, la co
noscenza teoretica dell' idea, e infine era diventato addi
rittura sinonimo di espressioni designanti fin dall'origine
solo un puro conoscere e prive di ogni rapporto ideale
con la sfera pratica, quali ootpfa, vog,
ftse)-
pi e simili.
Questo significato platonico della parola
ppvvjcn; s' incontra ancora nell'Aristotele delle opere gio
vanili, e cos nel Protreptico,dove designa la scienza teo
retica dell'essere, ossia la metafisica, e dove Anassagora e
Parmenide sono citati come tipici rappresentantidi que
sta cppvvjat? *). Anche VElica Eudemea continua spesso
a indicare col termine ippvijatg l'organo spirituale del
jifoj d-eiapijwis e cita Anassagora come primo esempioi
una vita dedita alla pura ippvrjai;, in quanto egli atten
deva soltanto alla considerazione astronomica del cielo 2).
Viceversa, nel sesto libro dell'Etico Nicomachea, che
la redazione pi tarda dell'etica aristotelica, troviamo
questo concetto platonico della cppvrjca? criticamente ri
solto nei suoi elementi originari : 1' uso dell'espressione
vien ristretto all'mbito dell' intelligenza etico
pratica,
ed tolto ad essa ogni contenuto teoretico.
Quale
de
signazione conveniente della conoscenza propria della ra
gion teoretica Aristotele raccomanda qui il termine oo-
1) Sull'evoluzione del concetto di cppivijeis cfr. sopra, p. 106 segg.
2) Cfr. Etk. Eud., A 4, 1215 b 1e
(
;A 5, 1216 a 11 segg. Sul
concetto di (ppvrjaij e sul suo significato nell'tico Eudemea cfr.
sopra, p. 317 segg., e specialmente 321 segg.
l'ideale filosofico della vita 579
cpa, e spiega
come la <ppvv)Ot abbia a che fare solo
con le cose umane, mentre la cccpia si estende anche
alle divine e a tutto il cosmo : e perci, osserva, anche
ilnostro uso linguistico ci porta a chiamare Anassagora,
Talete e simili personaggi ooyol, Pericle e uomini del
suo tipo cppvipoi 2). La oocpa, egli dice, ha per oggetto,
come ogni altra vera scienza, solo l'universale, mentre
la cppvTjots si occupa
anche dell'applicazione delle no
zioni etiche generali al singolo caso pratico 2). La poli
tica, che in Platone era stata, un tempo,
non solo la
scienza dominante, ma addirittura quella che aveva com
preso in s ogni sapere umano, vien perci, insieme con
l'etica ad essa subordinata, abbassata a un grado infe
riore, suo organo essendo la cppvTjocc; tanto nella legi
slazione quanto
in quella che in senso pi stretto si
dice politica. Etica e politica sono tanto lontane dal
coincidere con la scienza suprema quanto
1' uomo dal
l'essere la pi alta realt dell' universo 3). Si avverte
qui,
in modo evidente, la separazione della metafisica
dall'etica compiuta da Aristotele. Essanonimporta, certo,
alcuna svalutazione del fKog ftsuprjuxg, e anzi piut-
!) Elh. IVico.-n..
Z 7, 1141 b 2 lv.
813
x&v elppsvwv tv;Aov et'.
il crocia
iati xal irciaxijjii] xal
vo6
xtv xi|itu>xdx<i)V vg 8i
'AvaSayipav xal Qatojv xal toiii
xoioxouj oocpo? piv qjpovlpoue
8'o5 paaiv stvai,
Stay XSwoiv dDO'lvta? x oopcpipovxa auxots,
xal xepvtx |iv xal Oaopaox xal xa,n xal Saipvia stSsval
aSxog tpa.aiv,
fixP'i0'ca
SA, 6x1 06 x vOpiiuva
fa&
(ijxoSot.
ij i cppvr/Oi?
uspl x vfl-pitiva xal ftepl tbv loxt pou/.eaaoSaL. x&0
tap ypovipou fiioxa
xoOxo Ipyov etvai(papev, x su pooeEoOai.
1140 b 7 8t xoOxo IIspixAa xal xobg
xoioxooe
cfpovlpou; otpeOa
slvai. 8x1 x afjxot{ dLyaM xal x xot{ vt-pwxo'.g Svavxai Oem-
pttv" stvai 8
XO10T0O5 ij-fOiiEila xog olxovoptxoi){
xal xof; itoXi-
xixo;. evidente come qui Aristotele polemizzi contro ci cbe egli
stesso, da un punto di vista ancora affatto platonico, aveva soste
nuto nel Prolreptico e ncll'Eudernca.
2) Eth. Nicom., Z 7, 1141 a 9 segg. e 5, 1140 a 24 segg.
s) Elh.
Nicom., Z 7, 1141 a 21 xoxav ?p sX xi{ xr,v itoAmxv
9j xrjv cppvrjoiv oxoo8atoxxr(v otsxai slvat, e! p
x pioxov xfv v
x$>
xopcp SvOpMxj oxiv.
5S0 APPENDICE
tosto implica un innalzamento del suo livello spirituale :
ma
quanto pi alto il cielo sulla terra, tanto meno
esso la tocca, e perci non facile trovare nell'Etica
Nicomachea in che propriamente ancora consista la di
pendenza interna della virt morale dalla conoscenza
scientifica, quando si prescinda dalla preminenza spiri
tuale del fi-swpTjtixg a paragone del (3cn; Kpav.ziY.6r; 1).
Studiosi moderni hanno compiuto a
questo proposito
acute indagini, ma con risultato negativo :e gi il fatto
che in Aristotele manchi ogni asserzione positiva circa
questo problema un sintomo della debolezza del nesso
che collega la vera e propria dottrina della virt e del
l'ethos con la raffigurazione della beatitudine del
frewpTjitxs, incuitermina e culmina l'intero edificio del
l'Etica 2). Una frase come quella che si legge alla fine
dell'Etica Eudemea, in cui la conoscenza di Dio ele
vata a criterio di scelta di ogni valore morale, non s' in
contra intutta la Nicomaciea 3). assolutamente chiaro,
certo, come la posizione privilegiata della vita specula
tiva resti immutata anche in quest'ultima opera: fin
dalla sua giovinezza, quando egli, ancora scolaro di Pla-
*) Cfr. sopra, p. 322.
a) L. H. G. Greenwood (Aristotle, Nicomachean Ethics, Book Six,
Cambridge 1909, p. 82 segg.) mise giustamente in chiaro, in base
a una sottilissima analisi di tutte le espressioni della Nicomachca
concernenti questo problema, come a tale proposito non ci sia pos
sibile giungere ebe a soluzioni congetturali.
3)
Quando
il Greenwood dice (o. c., p. 82) che Actions are good,
according to Aristotle, inproportion as they lead to the a-etopi)Ttxp
pio? as the end, la sua osservazione quadra col rapporto che in
tercorre tra la virt morale e la 8-siooia ftso solo se si presuppone
il modo incui tale rapporto formulato, nelle sue proposizioni con
clusive, dall'Eudemea. Per la formulazione della Nicomaciea va bene
invece quel che egli dice a p. 83 : Heprobably
followed
to some extent
the feelings
of
the ordinary man inattributing to moral actions an inde
pendent goodness
of
their own and would allow the noXmxg ploj
to possess a certain rationality and value even though it should ignore
or contemn the
S-stopyjrtxds piog altogether.
l'ideale filosofico deli,a vita 5S1
tone, mand per il mondo il suo Protreptico, Aristotele
tenne sempre fermo a questo concetto, su cui s' imper
ni tutta la sua vita di filosofo. Ma l' idea platonica
della dipendenza che legava la dottrina dell'ethos e
della virt alla filosofia teoretica e alla teologia si venne
in lui sempre pi attenuando. L'evoluzione del suo
pensiero si attuava infatti proprio nella direzione op
posta, tendendo a una distinzione sempre pi rigorosa
della sfera pratica da quella teoretica ;e l'opera pi
propriamente originale da lui svolta in
questo campo
era accentrata soprattutto
sul geniale approfondimento
di quella parte dell'etica, alla cui preponderanza que
st' ultima doveva poi il suo stesso nome, cio la teoria
dell'ethos e il sistema delle virt etiche 1). Accanto a
queste
Aristotele ammette,s, anche le Stavorjxtxa psxai',
cio la cultura spirituale e intellettuale dell' uomo, quale
secondo fondamento del valore della personalit
: e nel
sesto libro della Nicomachea offre persino una penetrante
analisi di
queste
facolt e capacit puramente spirituali
dell' uomo 2). Ma tale analisi collegata proprio con
Cfr. sopra, p. 512 c passim.
2) Sembra non si sia ancora avvertito che la distinzione delle
ps-al inTjfi-tv.aC e BiavoijTixat quale appare nell'etica aristotelica
era stata compiuta gi da Platone, e che il suo scolaro si limila
quindi a ripetere ci che gi apparteneva alla tradizione dell'Acca
demia. lo stesso non l'avevo notato, fino al giorno in cui, leggendo
il Cratilo platonico inun'esercitazione di seminario del semestre in
vernale 1926-27, feci la scoperta che le etimologie dei termini tecnici,
seguenti ai $e&v vopaxa e ai concetti fisici (quali jjXtos, otJivjvi] .
Satpa, oTpanrj nOo, 'qp, all+rjp ecc.), sono ordinate secondo un
principio preciso. Anzitutto (Crai., 411Dsegg.) vengono latppvpnp,
la vtjatp, l'imaT'/jiit], la avsaig, la aoyia: poi seguono, dopo
la menzione dell'faS-v, la Sixmo-ivi;
e l'vSpsia. La menzione
della terza fra le virt che vengono per lo pi citate quali esempi
tipici di Spirai etiche. cio della ccoypoavr], inserita dopo
quelle della cppvqaLg e della -ltjai?
quasi in forma di annota
zione marginale: essa infatti interpretata come corniola eppovr)-
ostDg, c quindi tale da poter essere sbrigata cos di passaggio. Icon
cetti del tipo di ypvTjots, oocpia, ovsatg c simili sono
582 APPENDICE
l' indagine che
porta
Aristotele a separare il lato intel
lettuale della personalit da quello specificamente etico,
e, pi che aver lo scopo di preparare positivamente e
di connettere con la dottrina della virt quella teoria
del pio; fi-etoprjTtxo; che s' incontra alla fine della Nico-
machea, accentua il distacco che separa quella parte, ori
ginariamente centrale, dell'etica aristotelica dalla vera e
propria dottrina della virt. Essa viene quindi a con-
Btrett.Tmcnte collegati con quelli di Smaiosuvij, sajtppocvT] e vtpeCa,
rientrando con essi nell'estensione del comune concetto di psivj :
e mentre queste ultime sono le Sperai Sixal nel senso aristotelico
della denominazione, leprime corrispondono esattamente alle Stavo?]-
Ttxal perat del sesto libro della Nicomachea. Da ci consegue che
gi Platone scisse ilconcetto della virt nei due elementi fronetco
ed etico, e determin, col suo metodo della divisione logica, le
diverse specie della virt della tppvrjots e di quelle dell' 8-05. Ci
di grave momento per l'interpretazione slorica dell'evoluzione del
l'etica aristotelica, che anche altrimenti opera, ad ogni passo, con
teorie e concetti di stabile tradizione accademica. Caratteristico
d'altronde il fatto che Platone non considerasse ancora la ypvijoij,
come poi faceva invece Aristotele nel lihro Z della Nicomachea,
quale
semplice sottospecie dcll'psT?] dianoetica, ma bens quale concetto
generale di tutta questa classe di virt. Ci risulta dal passo del
Filebo (19 A) in cui detto che si deve concepire la cppvrjctj (e ia
t]8ovt}) non soltanto come Iv ma anche come rcoXX nei suoi diversi
stSv), e si vede inci la grande conquista del metodo, primadescritto,
della SiaEpecic. E poco dopo (19 D) vengono enumerate le stesse
sottospecie della vppvvjotj che compaiono in Cratyl., 411D segg. c
nel libro Z delia Nicomachea. Ci quadra esattamente con la termino
logia e coi modo di vedere propri delle opere giovanili di Aristotele,
il Protreptico e l'EticaEudemea (cfr. su ci sopra, pp. 106 segg., 231 s.).
Contro tutta questa terminologia platonica e protoaristotelica e con
tro la delimitazione della 9pvr(oi{ tra le 8tavov)tixa! psxat po
lemizza poi lo stesso Aristotele nel sesto libro della Nicomachea. La
tendenza odierna ad assegnare il Cratilo a un'et relativamente an
tica mi sembra del resto poco conciliabile conlasua molto specificata
teoria della virt. Questo non tuttavia che uno solo tra imolti in
dizi che sarebbero da prendere inesame a questo proposito :n qui
illuogo, naturalmente, di accingersi a tale impresa. Unnuovo stu
dio radicale di quel difficile dialogo dal punto di vista di quanto oggi
sappiamo di Platone risponde a un bisogno urgente : e vi chi si
gi accinto a soddisfarlo [v. Ora M. Warburg, Zwei Fragen gum
Kratylos , nelle Neuc Philolcgiscke Untersuchungen edite da
W. Jaeger, vol. V, Berlino,
1929J.
1,'ideale filosofico della vita 583
fermare in modo decisivo la nostra dimostrazione
de]
fatto che il nesso collegante il
ffos
{tetopTjTixj col nu
cleo dell'etica aristotelica si venne sempre piallentando.
Questa
ricostruzione della linea di sviluppo dell'etica
aristotelica d'altronde convalidata dalla storia ulteriore
che il problema ebbe in seno alla scuola peripatetica.
Purtroppo gli scritti etici dei principali scolari di Ari
stotele sono andati perduti, e per noi la fonte piimpor
tante la cosiddetta Grande etica ('H?kx p-eyaXa, Ma
gna moralia) tramandata sotto il nome di Aristotele :
essa infatti l'unica opera di morale di
questa
et che
ci sia pervenuta
in forma quasi completa, ed stata
composta
da un peripatetico vissuto non prima dello
scolarcato di Teofrasto 1). La maniera in cui l'autore ri-
i) Tale l'opinione corrente fin da quando Io Spengel pubblic
negli Atti dell'Accademia di Monaco il suo famoso studio sulle tre
Etiche. Recentemente, dopo che dal Kapp e da me stata dimostrata
l'autenticit dell'Eudemea, Hans von Arnim ha sostenuto, intutta
una serie di scritti, che autentica anche lacosiddetta Grande Elica
(la quale invece, com' noto, la pipiccola delle tre), vedendo anzi
in essa la pi antica ed originaria tra te redazioni dell'etica aristo
telica. Ma la sua dimostrazione non affatto persuasiva : e io debbo
pienamente aderire alla confutazione critica che ne hanno compiuta
due esperti conoscitori dell'etica aristotelica quali il prof. E, Kapp
(nei suoi due scritti inGnomon, 1927) e ilprof. J. L. Stocks di Man
chester (Bruiscile Literaturzeitung, 1927). Del resto non la prima
volta che conoscitori anche dottissimi di antichi maestri scambiano
la copia conl'originale. L'unico fautore dell'Arnim il(quale attribuir
molta importanza alla cosa) lo Schleiermacher, nel discorso da lui
tenuto all'Accademia di Berlino. Ecerto egli era persona di spiritua
litelevata e di sensibilit fine :ma noto che il suo contributo alla
conoscenza di Platone frutto di congenialit filosofica ed artistica
e non certo di senso storico, giacch la sua autorit serv anzi a ritar
dare di decenni quella nozione storica dell'evoluzione del pensiero
platonico per cui egli, lo scolaro dei razionalisti di Halle, non aveva
ancora la minima sensibilit. Lo stesso spirito egli dimostr di fronte
alla Grande elica,che stranamente ritenne lasola non spuria, negando
con ci autenticit alle altre due trattazioni, che erano invece le sole
a possederla. Solo la Grande elica rispondeva, infatti, all' ideale di
una scienza etica valido per la sua mentalit di kantiano : non fa
ceva (a suo modo di vedere) dipendere la morale dalla ragion teore
tica, come accadeva invece nei dne altri trattati, e lasciava da parte
5S4 APPENDICE
produce iconcetti dell'etica aristotelica, abbreviandoli e
chiarendoli e ricollegandosi per lo pi strettamente al-
YEudemea e in seconda linea anche alla Nicomachea,
coincide pienamente coi metodi di tradizione didattica
consueti nelle scuole filosofiche ellenistiche, chiuse cia
scuna in s stessa, anche per quel che concerne la carat
teristica mescolanza di ossequio e d libert nei riguardi
della dottrina del fondatore. Non c' dubbio che il
il pio; (HwpYjtiy.;. Ma proprio questo l'indizio fondamentale della
sua non autenticit. Oggi che vediamo chiara, nelle singole tappe.
lalinea evolutiva che da Platone porta ad Aristotele e ai suoi scolari.
e comprendiamo la rigorosa necessit interiore di tale processo spi
rituale, non dovrebbe esser difficile scorgere come ifl Grande etica
possa e debba trovar posto solo dopo la Nicumachea. Vero che
l'Arnim(come gi rilevava con ragione io Stocks, 1. c.) nonha affatto
acceduto al nuovo metodo d' indagine, basato sulla comparazione
dei testi dal punto di vista dello sviluppo dei problemi. Per la que
stione che qui c' interessa, quel che occorre c applicare tale metodo
anche alla Grande etica :e ci pu tenere illuogo di ogni ulteriore con
futazione degli argomenti dell'Arnim, icui procedimenti critici on
deggiano tra l'estremo della severit e l'estremo dell'indulgenza.
Per tutta la Grande dica questo metodo d' indagine sar seguito dal
mio scolaro Richard Walzer nel suo prossimo libro sull'argomento
(frattanto uscito col titolo Magna Moralia und arislolelische Elb.Ui,
in JYeuc philnhgische Untersuchungen edite da W. Jaeger, voi. VIE,
Berlino, 1929], con cui devo naturalmente venire a contatto per il
singolo punto qui preso in esame. Che la Grande etica contenga in
se stessa idati per la sua collocazione cronologica, inquanto adopera
erane esempio scolastico il nome di Ncleo, scolaro prediletto di Teofra-
sto ed erede della sua biblioteca, nella stessa maniera incui Aristo
tele si era valso allo stesso fine, nei suoi scritti, del nome del padre
di Ncleo, cio del suo condiscepolo ed amico Corisco, cosa sfuggita
all'Arnim, e avvertita per la prima volta 30I0 dal Wilamowilz (Her
mes, 1927), che a buon diritto ne infer non potersi ascrivere la
Grande elica a un'et anteriore a quella di Teofrasto. L'obiezione,
avanzata dall'Arnia! (Hermes, 1928), che Neleo ascolt anche Ari
stotele (vecchio, per !) c non entr nella scuola solo quando gi la
dirigeva Teofrasto, trascura la difficolt fondamentale : la consue
tudine aristotelica di citar come esempio Corisco risale eridentemente
(come ho dimostrato in Entstehungsgesehichle der Metaphysik, p. 31
e a p. 344 del presente volume) al tempo incui Corisco frequentava
ancora personalmente le lezioni, e ci accadde ad Asso e a Scepsi
subito dopo la morte di Platone, dove egli (secondo Plat., ep. VI)
era tornato gi parecchio tempo prima. Specialmente le allusioni
scherzoso dell'Eudemia a Corisco danno l' impressione dello pi viva
l'ideale filosofico della vita 585
metodo dei commentatori peripatetici dell'et pi tarda
risalga in ultima analisi alla tradizione didattica della
scuola, lecui forme si vennero costituendo fin dalle prime
generazioni
successive ad Aristotele. L'esempio del fram
mento metafisico di Teofrasto o quello della Fisica di
Eudemo permettono
ancora oggi di constatare chiara
mente simile stato di cose : e di recente ci divenuto
possibile
anche per un'et tanto oscura della scuola pe-
attualit e presuppongono
negli ascoltatori una conoscenza diretta
delia sua persona. Che Aristotele in un ancor precedente corso di
morale (che secondo l'Arnim sarebbe appunto la Grande elica) abbia
citato il figlio di Corisco, e solo pi tardi abbia adottato il nome di
Corisco stesso, suo vecchio amico di giovent, come soggetto costante
di esemplificazione, cosa che contraddice alla logica e alla cronolo
gia. La menzione isolata di Neleo bens spiegabile solo quando si
presupponga che l'uso esemplificativo del nome di suo padre Corisco
fosse stato, inaltri tempi, corrente nella scuola di Aristotele :e ci
importa che tale menzione pu esser stata compiuta solo ncll et
postaristotelica.
Che la Grande etica appartenga a questo periodo
inoltre provato da parecchi termini tecnici ignoti ad Aristotele, e
adottati per primo da Teofrasto (v. perci il libro del Walzer).
Come esempio parallelo si possono ricordare, a questo proposito,
ilibri spuri della Storia degli animali, che furono composti in et
postaristotelica
e la cui provenienza insingoli casi piesattamente
determinabile solo con l'ausilio di simili analisi terminologiche. E
anche quando si voglia prescindere da tutte queste prove, la pater
nit non aristotelica della Grande etica risulta anzitutto dimostrata,
ad ogni passo, dalla sua lingua. Naturalmente, come ogni altra prosa
peripatetica, essa manifesta 1* influsso dello stile aristotelico : ma
una gran quantit d' indizi tradisce la sua natura seriore, ellenistica.
[Nella redazione originale seguiva, a questo punto, un elenco di tali
indizi di lingua e di stile. Inquesta traduzione esso pu esser sosti
tuito da un rinvio al lavoro di Karl Oscar Brink, Siri und Form der
pseudaristotelischen Magna Moralia (dissertazione presentata a Ber
lino nel 1931 e pubblicata a Ohlau nel 1933). Le mie annotazioni,
pi che altro provvisorie e messe insieme a caso, Bono infatti ormai
superate, o invia di correzione o in via di approfondimento,
dalia
sua analisi, che si basa su estese indagini comparative condotte
sulla Grande etica e sui trattati aristotelici non solo dal punto di vista
della lingua e dello stile, ma anche da quello della forma del pen
siero scientifico. Lo studio del Brink rien cos pure a costituire una
necessaria ed efficace integrazione del libro del Walzer, icui esami
comparativi concernono soprattutto il contenuto teorico delle tre
opere di etica, N. d. Ai),
586
APPENDICE
I
I
ripatetica qual' l'ultima met del
secondo secolo
dopo
Cristo, essendosi conservati, attraverso gli estratti che ne
fece lo
Pseudo-Ocello, brani di un corso peripatetico
di
questo periodo, il quale in sostanza ima ripetizione
parafrasata dello scritto
aristotelico IIspl Yevsaecoj xal
tpfropg l). Al
contributo personale cbe egli reca nel
modo d' intendere
l'ormai stabile eredit dottrinale della
scuola l'autore della Grande erica d spesso la forma di
aporie : egli segue cio il metodo cbe gi aveva adot
tato Aristotele nei
riguardi della tradizione
didattica
dell'Accademia, spesso da lui
semplicemente seguita
nelle lezioni 2). Ma anche con le sue omissioni o accen
tuazioni l'autore della Grande etica manifesta spesso la
sua posizione personale rispetto ai problemi presi in
esame, per quanto, certo, egli sovente non intenda pi
) Iframmenti della Fisica di Eudemo sono raccolti nella silloge
complessiva dei suoi frammenti curata da Leonhard Spengel
D
frammento metafisico di Teofrasto stato ultimamente edito dal-
1Lsener. Sui fatto che lo Pseudo-Ocello si sia valso di esegesi peripa
tetiche dello scritto aristotelico De generatione et corruption compo
ste in et anteriore a Andronico cfr. R. Harder, Ocellus Lucanus,
(Neuc
PfcMeg- Vntersuchungen, I, Berlino,
pp. 97113.
!) Di ci basti qui un solo esempio. InEth. Nicom., Z 1, 1138b
20-34 Aristotele dice che ilgiusto
mezzo, di cui aveva parlato a
proposito della determinazione dell'essenza propria della virt etica,
e <Ii
S 6 X6fO{ iipS-ds Uyei, ma che questa
determinazione non
abbastanza chiara e ha bisogno di essere ulteriormente precisata.
InB 2, 1103 b 21 osserva ehe la definizione della gi; moralmente
buona come xaz zv p8-v
Xfoi
universalmente accettata (xsi-
vv) e pu esser senz'altro presupposta, ina deve in seguito
rice
vere una
determinazione pi precisa. Infine in Z 13, 1144 b 21
.
clle ora tutti, definendo I'apetfy aggiungevano la formula
xavee tov pS-v Xyoi : il che naturalmente si riferisce ai suoi sco
lari, spesso divergenti nella soluzione di tali problemi. H compito
ideale, e ormai insolubile nel particolare, dell' indagine storica
quello di scindere nettamente, in ogni concetto e dottrina di Aristo
tele, 1originano contenuto accademico e la modificazione che egli
vi apport. Analoga la situazione della Grande etica rispetto
ad
Aristotele : solo che in
questo caso sono
superstiti entrambi idocu
menti originali.
i,'ideale filosofico della vita 587
il senso che in origine essi avevano avuto per Aristo
tele. Ci accade soprattutto
in occasione delle caratte
ristiche difficolt cbe si presentano
ad Aristotele inforza
del continuo suo riferimento polemico
a Platone, spon
taneamente determinato dall'evoluzione
del suo pensiero.
Proprio la fondazione dell'etica
sul
fifos
&topy)Ttns era
una di tali eredit platoniche,
cbe procuravano difficolt
non piccole
all'autore della Grande etica.
Purtroppo
manca la fine di quest'opera,
la quale
s' interrompe a met di quella
trattazione della
tftXlce
a cui, com'
noto, segue nella Nicomachea, quale suo
libro decimo, la trattazione
del piacere (compiuta, cosi,
per
la seconda
volta) e la dottrina del (3o? frecopYjxixc.
Non si pu affermare cbe anche la Grande etica finisse
allo stesso modo : e certo non conclusione cbe possa
considerarsi
necessaria, dato anebe cbe proprio
nella
struttura tale opera
si ricollega piuttosto
al'Eudemea,
della quale riproduce
anche la conclusione. Quest'ultima,
costituita dai capitoli sulla relazione dell' s&Saipovfa
con
l'eutocia
e sulla vera xxXoxyaiHct, corrisponde in
certo modo alla dottrina dell'eudemonia svolta alla fine
della Nicomachea
, ma ci nonostante tipicamente
di
versa da essa. Per ci stesso inverosimile cbe la Grande
etica, la
quale
desume questa
conclusione
dil'Eudemea
(pur cambiandole posto e inserendola prima
della trat
tazione della <ptXa), avesse in origine riprodotto
anche
la conclusione della Nicomachea 1), cio la raffigurazione
i) Icapitoli ottavo (itepl sifrox!as) e not> (itepl a58a'.|iovtac;)
del libro B della Grande etica sono aggiunti in appendice alla teoria
della 8o>y| e della sua importanza per l'eudemonia (B 7) ; e corri
spondenti esattamente ai capitoli secondo e terzo del libro 8 del-
VEndcmea. La corrispondenza di questi due capitoli all'ultimo libro
della Nicomachea vien poi resa anche pi evidente se, come nella
Grande etica, si fanno seguite al capitolo sulla VjSov7) :infatti la trat
tazione della 8ovr) apre anche illibro decimo della Nicomachea. Dal-
5S8 APPENDICE
del
pio? IktDpvjTixg. Ci sarebbe anche in disaccordo
col fatto che il suo
atteggiamento di fronte alla &eupla
e alle Scavorjitxal pstal altrimenti piuttosto
negativo.
Riproducendo la conclusione dell'-Endewtea, cio
la dot
trina dell'exuxi caratteristico come
l'autore della
Grande etica accentui il momento metafisico, la fraia
sTU)da! tanto essenziale per ilpunto di vista
dell'Eudc-
mea, che si ricollega al platonismo tardo *). Parimenti,
nella trattazione della
xaXoxccfalh'a, che pure desunta
dalla conclusione del'Eudcmeo, egli omette il
riferimento
alla ffecopla 8-eo e al |31og S-ecopYjTix?. E
tralascia anche
quello che formava ilpunto di partenza dell'EWemea, cio
la questione dell'eudemonia e della scelta del plog, in cui
tra le forme eleggibili di vita
annoverato e definito
anche il |3fog ffswprj-uy.g, ed con ci orientata fin dal
l'inzio in tal senso la soluzione del problema stesso
dell'eudemonia. Dopo quel che abbiamo
potuto accer
tare circa il progressivo rilassamento dei
legami che
nella Ncomaehea stringevano il piog eiopTjxtxg alla
parte centrale
dell'etica non pu meravigliarci il fatto
che
questo processo evolutivo, di cui possiamo seguire
isuccessivi momenti inPlatone,nel Protreptico del gio
vane Aristotele, nell'Eudemea e nella
Nicomachea, ci si
manifesti nella Grande etica nel suo stadio pi avanzato.
il
processo di crescente eliminazione
dell'elemento me
tafisico-intellettualistico (cio, storicamente parlando,
platonico) dal seno dell'etica aristotelica.
Personalmente
troude non necessario supporre ohe un. tempo seguisse, nell'Eucfe-
mea, una speciale trattazione del fie; Oewpijtixof;, il quale costi
tuiva per essa un principio indiscusso. Nella Granile etica, trasferita
tutta questa parte B 79 dalla conclusione finale alle soglie della
trattazione delle virt dianoetiche, essa resta sostanzialmente esclusa.
La dottrinadella Ssia 1V/rj, propriadel vecchio Platone, ha
urgente bisogno di esser fatta oggetto di uno studio a s, senza il
quale non k dato inserirla al punto giusto della storia che il pro
blema della Tt] ha avuto nel mondo ellenico.
L'IDEALE FILOSOFICO DELLA VITA 5S9
Aristotele
non giunse mai a disfarsi del tutto di questa
eredit platonica, che aveva avuto influenza tanto de
cisiva nella formazione del suo spirito d' indagine e del
suo ideale di scienza. Ma gli scolari furono in parte
pi
aristotelici di Aristotele : cos il distacco da Platone si
manifesta nettissimo nella posizione
teorica della Grande
etica, dalla prima all'ultima pagina dell'opera.
Con ci
connesso il fatto che l'affrancamento dell'etica dalla
teoria delle idee, a cui dovevano ancora dedicare tanto
spazio
e fatica le due Etiche di Aristotele, presupposta
dalla Grande etica come dato indiscusso, fin dall'inizio
della breve rassegna storica con cui essa apre la tratta
zione. Inessa si rinfaccia a Pitagora e a Platone di non
aver saputo mantener l'etica indipendente da specula
zioni metafisiche : si accusa il primo di aver mischiato
il problema
della virt con la metafisica dei numeri e il
secondo di averlo confuso con la teoria delle idee e con
l'ontologia, e si loda Socrate per essersi tenuto lontano
da tale errore x).
L'assoluta
evidenza e naturalezza che per l'autore
della
Grande etica, come appare
fin dalle prime righe
dell'opera, propria
della tesi secondo cui l'etica va se
parata
dalla metafisica deve naturalmente manifestarsi
soprattutto
nella trattazione delle cosiddette virt dia
noetiche
e nella questione
del rapporto della
croata
con
la cppvqaig. Se nel primo Aristotele (Protreptico, Eude-
meo)
la
wfla
e la cppvrai; non erano ancora rigoro
samente distinte, perch
la discriminazione morale si
basava, affatto platonicamente,
sulla conoscenza del som
mo bene e quest'ultima
determinava
in modo diretto
e decisivo
l'azione morale, nel sesto libro della Nicoma
chea era invece segnata tra esse, come si mostrato,
) Afagn. Mor., A 1, 1182 a 10-30.
590 APrENEICE
unft
precisa distinzione. La Grande etica fa ancora un
passo avanti nella stessa direzione. Essa invero non si
pone affatto da un
punto di vista che diverga radical
mente da
quello
della scuola, e anche in
questo punto
riferisce in modo esteriormente fedele la ormai tradizio
nale impostazione aristotelica del problema ;ma ci no
nostante chiaro come essa proceda oltre i termini
raggiunti dalla Nicomachea. In quest'ultima presup
posta fin dall' inizio, e mantiene sempre il suo vigore,
la piena equiparazione delle SiavoTjxixai ipexal alle
ohxal pxeci: equiparazione che rende perci neces
saria una minuta giustificazione del fatto che esse ven
gano esplicitamente distinte. L'accuratezza con cui la
cppivrjac?, quale ragione specificamente morale e pra
tica, vi distinta dalla oocpCct puramente teoretica, quale
conoscenza dei principi pi alti e universali, si spiega col
fatto che questa divisione di domini non era affatto
per Aristotele, la cui eredit platonica si faceva in tal
modo Bentire ancora nell'ultimo periodo della sua evo
luzione mentale, una cosa che fosse ormai evidente di
per s. Tale distinzione doveva appunto esser compiuta
da lui, e l'indagine particolare che occorreva affinch
le ScavoTjtixa psxat e la oocpfsc fossero
separate dalla
dottrina dall'eiftos veniva indirettamente a fornire ad
esse stesse un nuovo titolo per essere comprese nella
trattazione dell'etica. Per Aristotele, in forza del pro
cesso evolutivo che aveva
percorso il suo pensiero, tale
loro posizione intermedia aveva una certa giustificazione
interiore. All'autore della Grande etica, nonostante la sua
fedelt alla tradizione, essa riesce invece sostanzialmente
inconcepibile e incomoda.
Quando
egli, nell' indagine
circa la eppvtjai? (A 34), che corrisponde al sesto libro
della Nicomachea, distingue a priori la
parte razionale
dell'anima (Xoytxv) nelle facolt della deliberazione pra-
l'idfale filosofico della vita 591
tica e della conoscenza scientifica (jJouXeutixv e Ttwnj-
(iovtxov) presuppone
come gi stabile e consolidata
la distinzione
della cppvtjat?
:dalla aotpta, che il corri
spondente capitolo
della Nicomachea considera invece
come un punto
d'arrivo, a cui riesce a giungere.
Inci
l'autore della Grande etica segue, come dimostrano gli
estratti dalla letteratura di argomento morale della
scuola peripatetica che si conservano in Stofeeo (H117,
14 W.), un peripatetico pi antico, che sosteneva la me
desima partizione.
Dallarigorosa distinzione della cppvtj-
oi?
dalla oocp
{
egli trae conseguenze assai pi estese
di quelle
arist oteliche : essa importa infatti per lui ad
dirittura
l'emancipazione della prima dalla seconda.
Tuttavia egli no n fa, in certo senso,
che procedere con
seguentemente
nella direzione presa da Aristotele quando
manifesta la sua sorpresa circa il motivo per cui non sia
stata totalmente esclusa dall'etica quella GG<p(o: che pur
si separata,
come conoscenza puramente
teoretica, dalla
tppvrjaig: inop-fjotts S'ctv
ti?
xal ftau paeie, St ti
7rp Tj&tv J.yovue?
TtoXitix)?
tivo?
Jtpaypatea?
rcp eoep(a? Xyopev J). Cosi parla
un uomo che si
trova di fronte a una tradizione gi divenuta stabile, e
che esteriormente
si sottomette ad essa per quanto
di
fatto non la capisca pi. Non si tratta qui,
davvero, di
quella meraviglia
filosofica, che per Platone il principio
d'ogni sapienza : si tratta di una stupefazione
scolastica
di fronte
a singolarit,
ormai non pi comprese, della
tradizione.
Il problema
della aotpLa ha perduto per
l'autore l'attualit che aveva avuta per il platonico Ari
stotele :per spiegare
il motivo della sua trattazione egli
perci
costretto ad escogitare ogni sorta di sottigliezze
scolastiche.
Si consola col pensiero che sia bene un segno
1) Man. Mar., A 34, 1197 b 28-30.
592
APPENDICE
di lungiujirinte
intelligenza filosofica il prendere in
esame anche tali
questioni collaterali, non riferentisi
a
rigore all'argomento : d'altra parte, pensa, l'etica
si
occupa pure dell'anima, e all'anima
appartiene anche
la scienza
teoretica, e via di seguito con simili chiac
chiere x).
Nell'epoca in cui nacque la Grande etica fu persino
prospettata, e da
qualcuno anche difesa, nel Peripato,
la tesi del primato della ragion pratica a paragone della
teoretica. Anche la Grande etica pone, alla fine del primo
libro, la questione se la
cppv-qais non sia nell'anima
la vera energia dominante,
(Sai
itp Saxsi xal ccTcopelTat.
Che con queste parole si alluda a un reale oppositore
della concezione aristotelica, e non soltanto a una diffi
colt escogitata per la discussione, dimostrato anche
dal
tprjat, con cui citato un
argomento del difensore
di
questa tesi. Certo, la Grande etica non si allontana
tanto da Aristotele da subordinare la aoybx alla 'fpvijccg
e da espellere del
tutto la prima dal dominio dell'etica.
caratteristicoper la posizione indecisadell'autore,rima
sto fermo a mezza strada, ilfatto che egli non
tragga tale
conseguenza, a cui tende effettivamente il suo pensiero,
ma si tenga stretto alla tradizione scolastica, pur non
potendola ormai professare senza restrizioni. Per difen
dere l'opinione ortodossa della scuola peripatetica contro
l'audacia eretica della tesi propugnante il primato della
ragion pratica egli ricorre a un'
immagine, e paragona
la cppvijatg alla funzione subordinata dell'amministra
tore, mentre la aocpfa corrisponde, nell'economia spiri
tuale dell'anima, al padron di
casa2). Quanto, anche
') Magn. Mor., A 34, 1197
1)
30-35.
a) Magn. Mor., A 34, 1198 b 9 segg. : per il tpvjai v. 1198 b 11.
A prima vista si potrebbe
pensare che l'aporia non significasse se
non quello che detto in Eth. Nicom., Z 7, 1141 a 21 : fitoirov
L'IDEALE FILOSOFICO
DELLA VITA
593
nella Grande
etica, il Xfo; perda
in realt d' interesse
e
d' importanza
in confronto
dell'ethos e degli affetti
dimostrato
da una frase come quella che segue,
in cui
l'autore riassume conclusivamente U suo modo
di ve
dere: 'o%,
&o7tsp oloreat ci tfj( ciperi)?
ipyj)
xal laxi Xyo?, dXi [tlJ.ov l icccS-t)
a)
Glialtri, contro cui egli si rivolge, sono naturalmente
in prima
linea icreatori dell'etica greca, Socrate e Pla-
fp et ttj ti)v Tco?.ixv/.r)v ij trjv
tppvrjoiv aJtouSaioxrijv cUtai
elvai, et ri ipiaxov vv 8v Tip xsp<p v9-p<eic ionv. Ma
qui espresso soltanto il rifiuto del concetto socratico plato
nico della tppvijoi? nella sua ambiguit di signiBcato. Riferendosi
il termine q?pvjjotj originariamente solo a t vSpcinctva, Aristo
tele non poteva
accoglierlo come designazione della suprema facolt
spirituale anche nel senso pi lato che gli aveva attribuito il vec
chio Platone, il quale comprendeva in esso anche laoocpta ; e do
veva bens rimettere inonore, quale forma somma della conoscenza
razionale, la cocpta, avendo essa ad oggetto t 3-sCa. Viceversa la
elevazione della cppivrjotj a istanza suprema, contro cui si volge la
Grande etica (A 34, 1198 b 9), rappresenta a sua volta un ritorno
polemico contro questa supremazia aristotelica della
aofla.
Che qui
non si alluda al concetto platonico
della qptfvpotg risalta gi dal
fatto che di Platone non si sarebbe mai potato dire che egli si fosse
opposto al principato della ooylu. e avesse attribuito invece che
ad essa alla tppvt]atj il supremo dominio dell'anima. A Platone
ri addice invece benissimo quei che la IVicomachea osserva nel luogo
citato : egli ritenne onooSaiotdt; la itohtttxyj, e rispettivamente la
<ppsi]9i, perch, pur non considerando (per riferire l'espressione
ivi nsata da Aristotele) 1' uomo come la realt che nel monda
avesse il massimo
valore, concepiva tuttavia come supremo ver
tice tanto del mondo umano quanto del cosmo qaella tsa to5
<"r&o3
che era insieme oggetto e della poltica e della (ppdvtjctj.
Tra quest' ultima e la ooepta, la lotta per il primato poteva nascere
solo quando esse fossero state, de Aristotele, nuovamente divise
l'una
dall'altra, e coltica e metafisica avessero cessato di esser
quell' unica realt che costituivano in Platone. Mentre Aristotele
si decide per la croquet, inquanto ilsuo oggetto sta pi inalto nella
gerarchia cosmica, il suo oppositore, contro cui poi polemizza la
Grande elica, prende posizione per la cpevt|<ji?, in quanto
essa Srtt-
pEXetxov
jcvtcov, cio ha il comando supremo nel campo pratico,
mentre la ooepta vuol restar tranquilla nel sno studio, il pi pos
sibile libera da noie. Ma in questo appunto sta, per l'autore della
Grande etica, il segno della maggior nobilt: egli vede quindi nella
cpQcvqcrt? solo l'amministratrice, non la signora dell'anima.
i) Afagn. Afor., B 7, 1206 b 17.
88.
questa
la domanda che ora dobbiamo porci
se l'autore della Grande etica limitava in modo cosi de-
!) Eth. Nic., K 8, 1178b 7-23. La comune opinione degli uomini
attribuisce a Dio lapiperfetta beatitudine : ma non concepibile
che la sua attivit si esplichi nell'azione, cio inuna qualsiasi forma
di azione morale, tale che egli vi si manifesti dotato della virt
del coraggio o della liberalit o della giustizia e dell'assennatezza.
Tutto ci infatti assolutamente indegno di Dio. Ma una vita
a cui venga in tal senso negata l'attivit pratica non resta altro
contenuto che il puro pensiero : l'opera e la beatitudine di Dio
quindi da concepire come stuprix] Svipysia, ed anebe per
l'uomo la pi beata forma di vita quella maggiormente affine
a questo divino modo di essere (cfr. Metaph., A 7, 1072 b 25). In
B 15, 1212 b 37, la Grande etica esamina le ragioni di un opposi
tore di tale argomento. Apparentemente essa non prende posizione
rispetto alla tesi obiettata dall'oppositore, in quanto essa concerne
l'attivit di Dio (cfr. 1213 a 7 ti psv ov 6
9-ss
Ososxai, Saio&co) ;
ma che il suo autore l'approvi per quel che riguarda l' illazione
da Dio all'uomo, risulta dal passo 1212 b 33 : |iv ov i tot;
Xofois
eluj-ota
jioitijs Xap|3ves-&m Ix toO -&eoS oSt' xst p&fi;
o&t' v vTaDft-a elrj XP'joipos. Egli respinge con ci la teoria de-
l'autpxsta dell'sOSatp-'uv, ma insieme anche la parificazione della
beatitudine umana alla fruizione temporanea di quell'attivit di
pensiero, di cui Dio gode eternamente.
596 APPENDICE
ciso ed esclusivo all'ambito dell'ethos il campo d'azione
dell'psxrj umana, poteva egli ancora parlare, in gene
rale, di una ScavorjxiXT] pex-q che stesse accanto alla
psxrj, onon doveva piuttosto ilconcetto di dpev
assumere per lui quel significato della nostra virt o
moralit, che in origine era estraneo allo spirito greco ?
Dovremmo aspettarcelo, ma in realt troviamo anche
qui, come a proposito della posizione della ootpta, piut
tosto un' incertezza e un'oscillazione
nell'atteggiamento
dell'autore che una decisa intenzione di andare in fondo
al problema, ed anzi possiamo constatare come
proprio
in questo punto le sue espressioni divengano addirittura
contraddittorie. La tradizione dell'etica aristotelica gl'in-
segnava che quale nota del concetto dell'psxrj doveva
essere considerato ilfatto che un'azione o una fosse
lodata. Ora, nel
punto in cui l'autore compie per la
prima volta la
bipartizione dell'anima in Xoyixv
|ipoj
e SXoyov pipo?, e vi ricollegala distinzione delle Y)(hxa
&pvc (p. es. valore, dominio di s) dalle
Siavorjxixxl
dpexa (senno, saggezza, memoria ecc.), egli mette decisa
mente da
parte, giusta la sua sopravalutazione delle virt
etiche, le
SiavoYjxtxal psxai, come se per l'etica avessero
importanza soltanto accessoria :la nostra azione viene in
fatti lodata solo quando si tratta di sue propriet eti
che, mentre nessun uomo vien lodato per le prero
gative del suo spirito, come per esempio perch
saggio o
perch assennato o perch ha un'altra qualit di
questo
genere 1). Ci proprio l'opposto di quel che Aristotele
Magna Mot.. A 5, 1185 b 5 v [lv St| zip Xyov
Ixovti
(scil. jiopiu) tv); <jn)XiC' i"|-vsxai cppvr,otj
if/i-iot.7. ootpia t[ie-
[ivfyiv) xal x& xoiaxa, v S
t<J>
SXy<P axat at clpExal
Xsf-
[itvat, 0UKpp036vY) Bixaiocvi) vSpela 83ai 5XXai toO S-oug Soxoaiv
naivsxal elvai. xxt fp xaxa; inalveici
XeYSfis8a. xax 6
x; xoO
Xfoi ix0VTS oOSel; irtaivsrxai- oxs fp
l'ideale filosofico della vita 597
sostiene nel passo parallelo
della Nicomachea e dell'Eude-
mea, dov' detto che 1' uomo vien lodato anche per le
propriet
del suo spirito,
al pari che per quelle del suo
carattere l). Cos, il concetto di pzzrj non si ancora
ristretto per Aristotele al significato di virt, come
invece gi accaduto nell' uso linguistico
e nello spontaneo
modo di pensare
dell'autore della Grande etica, che qui
polemizza
direttamente contro Aristotele 2). Singolare
soltanto il fatto che egli non tuttavia tanto conse
guente da negar senz'altro il carattere di psxf) a qua
litspirituali come la cppvvjat? e la aocpa, ed anzi, quanto
pi innanzi procede e maggiormente
s'immedesima col
pensiero della sua fonte, tanto pi torna a confondersi
nei riguardi di quel contrasto che aveva prima cos ener
gicamente enunciato. Non solo egli conserva tranquilla
mente la tradizionale denominazione per cui la <ppvr]ais,
Su oocpij, oSels
itaivEiidi, oCxs 8xi cppvipioe
oS' 8Xw; xax xl t&y xoiotmy o69-v.
!) Eth. Nicom., A 13, 1103 a 4 8iopleiai psxi) ax
xijv Siatpopv Ta6i7]v (scil. xo Xyot ixvxo;
xal xo XYOt) [i-
pou; ti}? ux)' Xy'v fp axiv xa; [lv Siavoijxix; xa; 8
fjSix. cotav [lv xal ovsoiv xal cppvrjaiv Siavcr/xtxiig, Xsofrs-
pi6xv]xa S
xal'owtfpccvrjv x&ix;. Xyovtes fp uspl xo
et)
Xyojibv 8xi 0098; i) covex; &XX' 8xi aoSos awcppiov, ittai-
v o 5 [ie v S xal xvaotpiv xax iijv IJiv tv igeaiv S
xg
naivsxs
pzzkc, XyoiAsv. Parimenti Eth. Eud. B 1, 1220 a 5
pexrjf; 8'elr| 8Od, V| [lv yi&ixtj i) Ss SiavoYjxixtj. iitaivoO|iev
fp o (lvov
-oS3ixatoug XX xal x oil ;auvsxog
xa x o ;00906;.
2) InMagna Mor., A 5, 1185 b 5 egli fa la seguente distinzione :
nella parte razionale dell'anima si trovano 9pv)oi; co-pia xal x
x 0 1a 0 x a (P indeterminatezza di quest' ultima espressione eviden
temente voluta), rella parte irrazionale, invece,
k le cosiddette virt (axai al pexal Xey3[isvoi). Che
egli torni subito dopo, inquel che segue, a valersi inavvertitamente
della terminologia aristotelica e parli quindi di pnal xo X8y0V
Sxoyto;, non pu ingannar circa il fatto che quest' ultima conce-
rione essenzialmente aliena dal suo pensiero. E perci egli cerca
almeno di distinguere tali psxai da quelle che per lui sono vere,
0 cio le etiche, col negare alle prime la nota dell'axivsxv.
593 APPENDICE
la ffotpfa, la oveatg
ecc. appaiono come psxctf, ma si
contraddice addirittura palesemente l dove, ricollegan
dosi al sesto libro della Nicomachea, tratta ampiamente
anche di esse (A 34). Ivi infatti egli afferma ripetuta
mente che si lodati anche per le doti intellettuali, e
cerca anzi di dimostrare esaurientemente la causa di que
sto fatto 1). Ancor pi che il concetto delle virt in
tellettuali
poi naturalmente aliena dal suo pensiero
l'idea aristotelica che non sussistono soltanto virt
della
parte razionale e irrazionale dell'anima, anche la
parte vegetativa (x
&pxxixv pepo?) possedendo la sua
petrj. Vero che la tradizione scolastica e la lettera
dell'etica aristotelica lo costringono a ricordare
questa
strana opinione :ma evidente che egli non
presuppone
nei suoi ascoltatori o lettori alcuna simpatia per essa,
e dichiara miglior partito tener lontana dall'etica la que
stione se debba ammettersi una simile specie di psxfj 2),
) Tale contraddizione non pu del recto spiegarsi in nessun
modo fincli si creda che entrambe le espressioni derivino dall'opi
nione personale dell'autore. In A 34 egli si attiene bens al sesto
libro della Nicomackea, mentre nel passo antitetico A 5, 1185 b 5segg.
egli trascrive evidentemente un altro peripatetico, che si opponeva
ali ammissione di pstai intellettuali,
o almeno negava loro il ca
rattere dell'iitaivatv. Dell' influsso di quest' ultimo autore si pensa
che sia rimasta traccia anche nel fatto che la Grande elca evita
di valersi del termine tecnico aristotelico di 8iavoT]xixat pstC
(v. por ci ilmoralista peripatetico conservato inStobeo, II137, 19 :
ma cfr. per 118, 1e 145, 17). Com' noto, la morale peripatetica
posteriore qualifica la virt dianoetica come quella che non pro
priamente tale e la virt etica come quella che propriamente
tale.
Questo allontanamento da Aristotele comincia nella Grande
etica, o per lo meno la Grande etica il documento pi antico in
cui noi possiamo segnalarlo.
a) Magna Mar., A 4, 1185 a 23 ti oOv, &/ tig eTnoi, nrspov
xal -coxeo to5 popioo xijg ({"-"Xtis So-ctv psn); e a 26 : si pv oOv
ionv pstrj totoo f, jitj lettv, SUog Xyoj. Cfr. invece Eth. Ni-
com., A 13, 1102 a 32 segg. : xafrjp jiiv o5v y.otvrj ipsxi) xat
o&x v3-pTtvr; cratvsrat (scil. yjtcy.ijp xal Opsitxixyj?
uviue'oc
"IS
4"X?S); Eth. Eud., B 1, 1219 b 38 8w o&8' al petal al to5
5-petmxo xal c" r.;-ivxoO
vOprtou (scil. pstal etoiv). Inentrambi
l'ideale filosofico della vita 599
E come ormai egli non capisce pi, quando chiede che
abbia a che fare la aocpia con la morale, in che senso
l'etica aristotelica culmini nella metafisica, cos, quando
non riesce pi a concepire 'ptvfj umana come grado
gerarchico
immediatamente
superiore
a quello costituito
dall'pexf) delle piante e degli animali, mostra di non
intendere pi
il modo in cui l'etica si fonda sul sistema
teleologico della natura.
Si ha la netta impressione che la Grande etica si de
streggi penosamente
tra ibruschi contrasti, che divisero
la scuola peripatetica nella prima generazione seguente
al maestro. Esse concernevano proprio il punto in cui
s' visto il suo autore oscillare tra l'esigenza dell'orto-
dossia scolastica e quella di una critica indipendente,
cio la valutazione del (Sto? fteiopijxtxdij
e delle virt
intellettuali per la costruzione
della vita umana e la
loro posizione
nell'etica. Conosciamo ancora il nome del
l'oppositore,
che attacc aspramente
Aristotele e respinse
la sua sopravalutazione
del pio? frswpTjxix? :fu Dicearco
di Messene. La tradizione fa di lui, sotto questo aspetto,
l'antitesi di Teofrasto, il quale, sia come successore di
Aristotele nella direzione della scuola e suo pi fedele
seguace,
sia, certamente, per sua interiore convinzione
di uomo dedito alla ricerca
scientifica, tenne fermo alla
teoria del primato
del jkg -eioprjxixs. La controversia
tra lui e Dicearco dovette essere famosa, perch
ancora
ai tempi di Cicerone la gara del [ilo? xktopYjXiXS
e del
pio? itpaxxixs per la supremazia
era legata a quei due
questi due ultimi passi Aristotele presuppone
come affatto ovvia
l' idea che il dpeitttxv possieda una sua peculiare pstij. Ilmera
vigliato interrogativo della Grande elica tradisce invece la stessa
tipica situazione dell'epigono ignaro, che si manifesta anche nella
sorpresa circa l' inserzione della ootpia nell'etica, espressa dall'autore
inA 34, 1197 b 28 ;e lamanieraincui egli mette dapartelaquestione
analoga a quella da lui seguita in B 15, 1213 a 6 a proposito del
problema se Dio pensi s stesso.
600
APPENDICE
nomi1). Fu Dicearco il
peripatetico il quale dichiar
che non la
oocpfa ma la cppvijais era l'energia domi
nante
nell'anima umana : come risulta necessariamente
dal fatto che egli vide la missione dell' uomo non nel
frsttpelv ma nel TtpartEtv 2). Egli dov spezzare inessi
che
Aristotele, sulle tracce di Platone, aveva ammesso
sussistessero tra l'azione morale e la
conoscenza dei pro
blemi
sommi, e giungere
coerentemente
all'opinione rie
cheggiata dall'autore della Grande etica :non si
capisce
che abbia a che fare la
ao'ficr, nell'etica, concernendo
quest' ultima solo l'rjffog e la izp%i<; 3). Dicearco dovette
svalutare il
XfO?
pei accrescere in
compenso l'impor
tanza
dell'ho?
: ed lecito credere che sia stato lui a
negare affatto ilcarattere di
pzift alle facolt intellet
tuali del
carattere e a restringere tale concetto all'am
bito
dell'attivit etica e politica. N si saprebbe chi, al
l' infuori di lui, fosse
potuto giungere all'argomentazione,
estremamente eretica per un
peripatetico, che l'autore
della Grande etica cita con molta considerazione : cio
quella
che dichiarava falsa la nota
deduzione aristote
lica per cui, nou esistendo nulla di pi perfetto di Dio
e Dio potendo
pensare solo la realt
pi perfetta, egli
non
poteva avere come oggetto del suo pensiero altro
che s
medesimo. In tale argomentazione si
osservava
infatti che un uomo il quale non facesse altro che im-
1) Gc., ep. ad Ait., II 16 unric prorsus hoc statu, ut, quoniam
tanto controersia est Dicaearcho,
familiari tuo, cunt Theophrasto,
amico meo,ut Ole tuus xv Jtpaxnxiv gCcv longe omnibus anteponat,
hic outetn tv
ftetoprjTixY, utrique a me mas gestus esse videatur.
Pitto enim me
Piicaearcko ajfatm satisfecisse, respicio nunc ad hanc
familiam, qua? miki nonmodo,ut requescam, permittit, sed reprehen-
iit. quia non semper quierim.
Quarc incumbamus,o nosier Tle, ad
illa praeclara
studia et co, unde discedere non oportuit, aliquanda
revertamur,
2) Cic. sopra, pp. 592 sgg.
*) Cft. sopra, p. 591.
l'ideale filosofico della vita 601
mergersi
nella contemplazione di s stesso verrebbe bia
simato come un essere insensibile, e che perci era as
surda l'intuizione
di una divinit contemplante B me
desima *). La dissoluzione del sistema aristotelico del
mondo e della sua teologia, che qui
si manifesta, muove
da un'argomentazione fondata inultima analisi su un'in
dimostrabile
equazione di valori : vivere significa agire.
L'autocontemplazione
del voO; aristotelico doveva ces
sare di essere l'ideale supremo
della vita umana e di
vina appena
il suo modello terreno, il jSto? B-Etup'rjttx?
del filosofo, non avesse pi saputo giustificare,
di fronte
al vivo sentimento dei contemporanei e a paragone delle
altre forme di vita, lapropria superba esigenza. Lo stesso
Aristotele aveva del resto gi insegnato che il ffrw-
pt]Tixs
aveva la preminenza
sul [Sfo; 7upirax; Bolo
per
ilfatto che ilfilosofo raggiungevanello stesso tempo
il grado supremo
dell'attivit creatrice: esso era l'ar
chitetto del mondo spirituale
e sociale 2).
Quanto
pi,
nel corso
dell'evoluzione, la scienza diventava teoretica
nel senso nostro della parola, quanto pi essa si ritraeva
l) Si potrebbe pensare a Teofrasto, ma sembra da escludere la
possibilit che si tratti di lui. Nel frammento metafisico egli si raf
figura infatti palesemente l'attivit di Dio, e la forma dell'azione
da esso esercitata sulla natura e in particolare sul moto astrale,
nella stessa maniera incui se la raffigura Aristotele in Metaph., A 7.
Vistanza suprema xCvvjTej xafl* a&Tijv, essendo causa del mo
vimento
degli altri esseri merc unaforma d'azione diversa dal mo
vimento
stesso, cio merc la8pei? di questi esseri verso l'fipicTov.
Per questo essi hanno bisogno della ijjuxrl e della Sietvoia, da cui
infatti muove la Spsfi?. Anche il itpeBtov quindi a
fortiori
da con
cepire come spirito e come pensamento o volizione del perfettissimo,
il quale d'altronde coincide col npSTov stesso nella sua perfezione.
Nella formula x6
f-P
3i| Tiptov xal S-siixa-ov rcvta -ti dpioxa
pouXpsvov
nonsembra ame sia nullaebe vada al di l dellateoria
di Aristotele.
Dio pensa s stesso come la cosa
migliore che esista,
e deve anche volere questo suo esser ottimo. Se invece si esclude il
pensamento
di s, si modifica nello stesso tempo l'oggetto della vo
lont divina e lesi d una direzione diversa.
->
Pol., H3, 1325 b23.
602 APPENDICE
dalla vita, tanto meno essa
poteva far
pienamente pro
prio 1* ideale aristotelico del (05 fttiopTjttx;, e con la
sua stessa unilateralit provocava la genesi dell'antitesi,
l' ideale del 0( npay.Tiy.6g. Dicearco mostrava agli epi
goni di Aristotele che essi non
rappresentavano affatto
il supremo fiore dell' umanit, e che anche nella storia
non si trovava mai ombra di una tale supremazia della
pura intelligenza sull'attivit creatrice.
Torniamo ora, con la nostra indagine, al
punto di
partenza, e cio alla tradizione classica circa il J3og dei
filosofi pi antichi. La profonda mutazione dell' ideale
filosofico della vita che si veniva producendo doveva a
un tratto farli apparire in una luce completamente
nuova. Lo stesso Dicearco compose BCoi cptXoacpwv, di
cui sono superstiti alcuni frammenti che parlano appunto
dei pensatori pi antichi e che lasciano chiaramente ve
dere come la concezione etica dell'autore si riflettesse
intutta la sua interpretazione del
passato. 1pi antichi
rappresentanti dellafilosofia erano anche per lui,evidente
mente,icampioni di unideale, e ad essi
egli commisurava
ifilosofi del proprio tempo. Chi, come Dicearco, vedeva
lo scopo della societ umana nella vita attiva, doveva
o giungere al dispregio generale di ogni scienza 0 con
trappone
all' unilaterale forma di vita della filosofia pre
sente l'immagine di un pi grande passato, in cui il
pensiero aveva ancora realmente posseduto la forza di
passare all'azione creatrice. Se si consideravano da que
sto punto di vista le rare notizie che si avevano circa
ipi antichi pensatori, si vedeva come accanto alla de
dizione al puro contemplare, messa in luce esclusiva da
Platone e da Aristotele, essi manifestassero anche una
familiarit con la vita pubblica, che era aliena dagli scien
ziati dell'et di Dicearco e su cui nessuno ancora aveva
richiamato l'attenzione.
Questi uomini avevano realmente
l'ideale filosofico della vita 603
adempiuto, nel loro (fos, all' ideale di Aristotele, secondo
cui iportatori
dei sommi pensieri
dovevano essere nello
stesso tempo gli py_izixzovsg della vita attiva.
Quando
Aristotele, nel dialogo Ilepl cpiXoaocpfa?, aveva dato, con
interpretazione
modernizzante, ai sette saggi la qualifica
di sofisti, era evidentemente incorso in un errore. Pro
prio questi venerandi personaggi,
la cui memoria era
fino allora sopravvissuta
nella coscienza del popolo greco,
avevano impersonato la pi compiuta
unit di pensiero
e di azione. Erano stati legislatori e uomini politici,
avvertiva Dicearco
1), il quale doveva trovar la con
ferma di questa
sua opinione
non soltanto nel caso di
Solone e di Pittaco, ma anche p.
es. in quello
di Ta-
lete, di cui Platone aveva fatto un puro rappresentante
del (3o? fi-ewpTjTtxs. In favore della sua tesi Dicearco
poteva
facilmente accumulare prove, traendole sia dalle
migliori
fonti storiche sia, anche, dal regno dell'aneddo
tica. La tradizione collegava Talete con le maggiori con
quiste tecniche della nautica e dell'astronomia.
Secondo
una notizia conservata
in Erodoto, egli era come inge
gnere al servizio del re Creso inoccasione della sua spe
dizione contro iMedi, e con una singolare trovata in
segn il modo di deviare il fiume Halys e di abbassare
il livello delle sue acque,
in modo che l'esercito lidio
pot guadarlo senza bisogno di ponti o di navi 2). An
che se la critica razionalistica di Erodoto dubitava della
credibilit della notizia, questa
comunque attesta che
la comune opinione popolare
vedeva in Talete piuttosto
!) Fragm. hislor. graec. II, 243 Mueller (framm, 28) ;Diog., I,40
4 5s Aixa'.apxog o&ts ao-poi>j o5ts iXoaepouj cpijclv abros YST"
vivai, ouvstobj 8i rivac *al
votioOsxixob?.
ej Per il passaggio del Haiys cfr. Herod. I,75 (Diels, Vorsokr.
*
1A 6). Cie nel Peripato si accettasse la tradizione (attestata gi in
Herod., I, 74) degli studi astronomici di Talete dimostrato da
Eudemo, r. 94 Spenge].
604 APPENDICE
un pratico che un astratto scienziato. Anche come uomo
di Stato egUeraintervenutonellavita delle cittioniche,
giacch era ancora noto ad Erodoto il consiglio da lui
dato ai loro abitanti: essi dovevano creare un parla
mento comune e trasferirlo nell'isola di Teo, che oc
cupava una situazione centrale fra le citt ioniche, e le
citt, fino allora indipendenti, dovevano essere sotto
poste a questo governo centrale, al pari di comuni di
un unico stato.
Questa
tradizione attribuisce a Talete
un prestigio politico che si estendeva largamente oltre
iconfini della sua citt natale ; ed certo che Dcearco
non si lasci sfuggire, anche se questo non ci esplici
tamente attestato, simili tratti della sua figura1). Nella
tradizione della tarda antichit concernente gli antichi
uensatori s' incontrano notizie di
questa specie, e insieme
altre di carattere del tutto
opposto, miranti ad attestare
come igrandi sapienti, immersi nelle loro ricerche scien
tifiche, dimenticassero ogni interesse pratico :notizie per
lo pi tranquillamente giustapposte, conforme al carat
tere compilatorio dell'opera di
Diogene Laerzio e delle
fonti affini s). Possiamo ammettere come estremamente
!)Herod., I, 170 { Vorsokr. 4, A 4). Diogene Laerzio, I,25 (For
go
fcr.4, 1A1) ascrive aTalete ancheilconsigliopolitico, dato ai Mi-
lesii, di rifiutare l'alleanza ad essi offerta da Creso :consiglio che li
salv, quando pi tardi Creso venne in guerra con Ciro.
2) Cos, subito dopo la menzione del consiglio politico ricordato
nella nota precedente Diogene riferisce come Eraclide Pontico (fr. 47
Voss) facesse dire a Talete, introdotto quale personaggio di un dia
logo (evidentemente con metodo simile a quello incui faceva raccon
tare a Pitagora le sue precedenti incarnazioni: v. Diog., Vili 4) di
essere unisolato e unsolitario (fiovijpijj xal ittoxijj).
Questo tratto
conviene naturalmente solo al .Sioj Jeoiprjxixj :e richiama alla memo
ria il motto di Aristotele, quand'egli si definisce aOrifrjj xal |iov)Tqj
(fr. 668 Rose). A questo motto Demetrio aggiunge, come chiari
mento, l'osservazione t [lv yetp povi-njg IStcmxurcipoo &ooj
ioti xt?.. ;e ci spiega ilnesso di con tSwwfq? in. Era
clide, potendo persino darsi che il motto di Aristotele si ricolleghi
direttamente al passo di quest'ultimo. Per Eraclide era naturale che
l'ideale filosofico della vita 605
verosimile, dato che nel caso dei sette saggi siamo ancora
in grado
di darne una dimostrazione diretta, che le no
tizie raffiguranti gli antichi filosofi come legislatori,uomini
di stato, inventori di espedienti pratici siano state im
messe per la prima volta da Dicearco nell'alveo della
tradizione. Di tal genere sono le notizie concernenti
Anassimandro, Parmenide, Zenone, Melisso e sopratutto
Empedocle,
le quali
mettono specialmente inrilievo l'at
tiva partecipazione
di questi
uomini alla vita politica 1).
Talete rappresentasse tipicamente il gtoc $su)pt)Ttx non meno di
Pitagora, di cui egli raccontava il colloquio col tiranno Leone di
Fliunte (cfr. sopra, p. 569).
. .
*) Anassimandro dedusse una colonia da Mileto ad Apollonia
sul Ponto (Vorsokr.4, 2 A 3). Parmenide diede un codice di leggi
ai suoi concittadini (Vorsokr. 4, 18 A 1=Diog. L., IX, 23). Zenone
fu amico fanatico della libert, prese parte alla congiura contro il
tiranno Nearco (altri lo chiamano Diomedonte o Demilo) e tem*e
fede al suo ideale politico anche in mezzo alle torture (Vorsokr. ,
19 A 1=Diog., IX, 26 ;19 A 6-7). Melisso fu uomo di stato e co
mand, col grado di navarco, iSami nella guerra contro Pericle
(Vorsokr. 4, 20 A 1-2). Particolarmente
ampia la tradizione concer
nente l'attivit politica di Empedocle (Vorsokr.4, 21 A 1). Essa ri
sale all'opera storica di Timeo, che vedremo come sia stato colui
che trasmise alla posterit la tradizione diccarchea circa l'attivit
politica di Pitagora. Le notizie ins sono certo, inparte, piantiche
di Dicearco : e cori, p. es., quella riferenteri
all'opera legislatrice
di Parmenide attinta al IIspl cpiXootptov di Speusippo, che eviden
temente era andato incerca di unmodello per gli analoghi tentativi
di Platone. Ma dev'essere pur stata una determinata personalit
di storico della filosofia a prospettare a un dato momento, inmodo
sistematico, le ligure degli antichi pensatori mettendo in luce il
lato pratico e politico della loro attivit, e a raccogliere perci le
notizie che facevano al caso. E un simile interesse per il rcpcocu
xg proprio dei filosofi verosimile solo nell'uomo che vedeva
la grandezza degli antichi pensatori soprattutto nella loro attivit
pratica e listudiava solo per tale motivo, cio inDicearco. Non un
caso che questo membro del pi antico Peripato non s' incontri tra
idossografi come Teofrasto, Eudemo e Menone, e dimostri di avere
interesse solo per igio 91X0069(0v. La cosiddetta biografia,
infatti, una forma letteraria che non nasce dal mero interessamento
per l'individualit in quanto tale, ma bens ricerca nella vita dei
singoli individui la manifestazione del tipo universale
ctiecssi
rappre
sentano, cio l'estrinsecazione di quell'entit
ideale che l'etica filoso
fica intende col nome di analizzandone
le diverse specie.
606 APPENDICE
Pensatori del tipo di Anassagora e di Democrito dove
vano naturalmente assumere per Dicearco una posizione
tanto pi secondaria, quanto pi erano invece venuti
in primo piano agli occhi dei seguaci dell' ideale della
vita contemplativa. II loro cosmopolitismo pratico su
scitava necessariamente la sua
antipatia. Quanto ad
Eraclito, non era difficile scoprire nel suo pensiero
l'aspetto politico e mostrare come egli non fosse stato
unpuro studioso della natura, dato che egli aveva sentito
disgusto per la vita politica della sua patria. A unimme
diato scopo politico mirava la filosofia di Socrate e si
Platone. Certo, sembra che Dicearco abbia visto realiz
zato non tanto in Platone
quanto in Pitagora il tipo
ideale del riformatore e legislatore filosofico. Per ilavori
dei Peripatetici e dell'Accademia Pitagora costituiva gi
da
tempo un tema centrale dell' interesse filosofico :e la
lotta delle
opposte interpretazioni della sua figura si
faceva, ora, tanto pi vivace, quanto piincerti ed oscil
lanti erano ilineamenti che ad essa attribuiva la tradi
zione orale.
Dalla met e fin verso la fine del
quarto secolo avanti
Cristo s' intendevano col nome di Pitagorici due gruppi
affatto diversi di persone.
Quando
Aristotele, come fa
ripetutamente, parla dei cosiddetti Pitagorici, allude
all'ambiente scientifico capeggiato da Archita di Taranto,
Non possibile decidere se, e in cbe misura, risalga direttamente
o indirettamente a Dicearco l'enumerazione di filosofi cbe svolsero
attivit politica, e delle loro azioni, compiuta da Plutarco, adv. Co
lot., c. 32. Questa enumerazione comprende ifilosofi fino ad Aristo
tele e a Teofrasto, ma mancano proprio isette saggi e Pitagora, che,
come possibile dimostrare, avevano particolare importanza per
Dicearco. D' altra parte inverosimile che egli abbia citato Teofrasto
proprio come rappresentante del itoXiiixj gio;, tanto pi in
quanto ilmotivo allegato da Plutarco, siainquesto caso sia inquello
di Aristotele, poco probante, entrambi ipensatori sembrando
aggiunti alla serie pi per amor di completezza cbe per altro.
l'ibeale filosofico della vita
07
con cui Platone aveva avuto ancora relazioni personali.
Sembra per altro che egli non abbia avuto a disposizione
alcun preciso punto
di riferimento per poter determinare
fino a cbe et risalisse nell' Italia meridionale quella
tra
dizione, e non c' bisogno di dire che egli non avrebbe
ritenuto lecito di riportare le origini alla persona
di Pita
gora, da cui quell'ambiente
traeva il nome. Ma la desi
gnazione di Pitagorici era condivisa anche da un altro
genere di persone, il cui singolare metodo di vita veniva
sovente messo in burla dalla commedia di mezzo, e che
quindi doveva essere ben noto inquell'et.
Era unordine
di persone pie, che si attenevano a ima regola di vita
strettamente ascetica e derivavano iloro simboli e le
loro intuizioni religiose da Pitagora, venerandolo come
fondatore di religione e taumaturgo 1). Gi inet antica,
al pi tardi nel quarto secolo, vediamo come queste
due
interpretazioni
di Pitagora fossero in lotta tra loro ;ed
ben naturale che idue gruppi, iquali in quel tempo
non avevano in ogni modo nulla di comune e avrebbero
quindi potuto
coesistere pacificamente
l'uno accanto al
l'altro, dovessero essere condotti dalla loro denomina
zione di pitagorei o pitagoristi
a combattersi, per
decidere chi di loro fosse il successore del Pitagora auten
tico e quale dei loro metodi di vita fosse quello veramente
pitagorico. La scuola matematico-astronomica
cbe si
raccoglieva intorno ad Archita sembra non abbia se
guito quel comandamento dell'astensione dalla carne e
l) Cfr. le fondamentali argomentazioni di E. Bolide nel suo
classico saggio Die
Quellen
des Iamblichus in seiner Biographic des
Pythagoras (in Kleine
Schriften.
ZI, p. 102 segg.). HRobde spiega
il parallelismo delle due tendenze facendolo dipendere da una scis
sione sussistente inseno alla scuola, e le considera quindi entrambe
unificate nella personalit di Pitagora. Parimenti Burnet, Die An-
fnge der griechiscken Philosopkie, ed. ted., p. 85. Le testimonianze
dei comici sono raccolte inDiels, Vorsokr. 4, 45 E, p. 373
603
APPENDICE
da altri cibi, che per il
giuppo opposto era invece sacro :
ed quindi ben probabile cbe sia stata essa ad intro
durre nella tradizione la
variante, secondo la quale Pi
tagora non
avrebbe predicata tale astinenza. Parimenti
sar stata
opera sua l'attribuzione alla
persona storica
di Pitagora di certi fondamentali concetti politici da
essa sostenuti, e di singole tesi matematiche e fisiche1).
Questi scienziati dovevano provare avversione a raffi
gurarsi il fondatore della loro scuola come un medico e
taumaturgo girovago. Col loro modo di pensare quadrava
soprattutto quella raffigurazione di Pitagora che si in
contrata per la prima volta in Eraclide Pontico e per
cui esso appariva come l'iniziatore del fiioq &etPftYj'cixq.
Ma come si
spiegava che uomini di tipo tanto diverso
facessero risalire iloro ideali di vita al medesimo mae
stro ?
Questo problema non era ancora affatto risolto
dalle due
opposte interpretazioni della
personalit di Pi
tagora, e appariva risolubile solo dal
punto di vista di
Dieeaico, incline a vedere nel pensatore arcaico non un
puro teorico di tipo moderno ma un fondatore di Btati
e unlegislatore,
che avesse
posto tanto lareligione
quanto
la conoscenza in servigio di un'attiva organizzazione
della vita.
Di fatto nella nostra tradizione, tarda e affatto leg
gendaria,
concernente la vita di
Pitagora, icui testi
moni
principali, cio ineoplatonici
Giamblico e Porfirio,
riferiscono d seconda e d terza mano fonti antiche
come
Aristosseno, Eraclide e Dieearco, troviamo accanto
al tipo dello scienziato e a quello del
taumaturgo ancora
i) 11 principale
rappresentante di questa interpretazione laica
della personalit di Pitagora Aristosseno, elle in ci, Btando ad
Aulo Gelilo (TV, 11, 7
= Fragni. Hist. Graec.,
11. 273 Mueller
s=
Aristox. fr. 7), seguiva l'opinione degli scienziati pitagorici suoi
amici.
l'ideale filosofico della vita 609
un terzo tipo, quello del fondatore di citt e del legisla
tore. Itratti che si riferiscono a quest'ultimo sono invero
sempre fusi e confusi, senza alcuna critica, con quelli ri-
ferentisi agli altri due :tuttavia alcuni dei
primi,
e pro
prio quelli pi
caratteristici, vengono esplicitamente fatti
risalire all'autorit di Dieearco, confermando cos la con
gettura
gi avanzata da Erwin Rohde, che sia stato
quest'ultimo
adelevare Pitagora a simbolo di quell' ideale
del npccxtttxbq jloq, a cui egli stesso mirava tanto in
teoria quanto in pratica1). A ci egli dovette essere
specialmente incoraggiato dall'esempio del pitagorico
Archita, che era nello stesso tempo capo di stato e inda
gatore
scientifico 2). A Dieearco risale la tradizione dei
discorsi politico-pedagogici
che Pitagora, arrivato nel
l'Italia
meridionale, avrebbe tenuti a Crotone, per in
carico del consiglio, agli uomini, alle donne e ai giovani
della citt ;e, anche se Dieearco stato preceduto da
Aristosseno nell'affermazione del grande influsso eser
citato da idee pitagoriche sulle condizioni politiche
della
Magna Grecia e della Sicilia, possibile tuttavia dimo
strare che egli riprese questa
tesi e cerc di convalidarla
anche meglio con argomenti particolari. L'interpreta
zione politica dell'attivit di Pitagora traeva assai vo
lentieri alimento dalla tradizione concernente la violenta
catastrofe dell'ordine a causa del crescente sfavore poli
tico e la fuga del maestro a Metaponto3). Ma, ora,
!) Cfr. Itohde, 1. c., p. 110. In et moderna questa opinione d .
Dieearco stata ripresa dal Xriscbe, De societalis a Pythagora con
ditile scopo politico, 1830.
s) Cfr. G. Orate,
Hist,
of
Greece, IV, p. 405.
s) Per le asserzioni di Dieearco circa idiversi discorsi di Pitagora
a Crotone v. l'orph.. Vita Pvth., 18, 19. H contenuto letterale di
questi
discorsi riferito da Giauibico (Vita Pyth., 37-57), il quale
lo attinge da un'altra fonte, ebe a sua volta aveva liberamente com
posto quei discorsi inbase alle indicazioni di Dieearco (cfr. E. Robde,
1. c., p. 132 : egli ne conclude cbe autore dei discorsi sia Timeo). An
no.
IV. .T,conn, Ar/.f.i/ilt'.
610 APFEND1CE
l' intervento di Pitagora nella vita politica di Platone in
occasione del suo arrivo nell' Italia meridionale avrebbe
seguito senza alcun trapasso alla favoleggiante narrazione
dei suoi viaggi di studio in Egitto e in Oriente, e non
avrebbe trovato alcun precedente logico nelle notizie
che Dicearco (fr. 88 Mueller) presuppone inPitagora intenti di rifor
mapolitica, quando descrive come iLocri, all'arrivo di Pitagorafug
giasco da Crotone, spedissero messi al confine per dirgli che essi
stimavano la sua sapienza, ma che non avevano niente a ridire sulle
loro leggi n pensavano affatto di modificare il loro regime politico,
e che quindi egli si compiacesse di volgere altrove iBuoi passi. Circa
l' influsso esercitato dai Pitagorici sulla legislazione delle citt della
Sicilia e dell' Italia meridionale riferiscono diversamente Porfirio
( 21) e Giamblico ( 130 :ripetuto abbastanza esattamente, con cam
biamenti non essenziali, nel 172). La notizia di Dicearco circa i
discorsi di Pitagora ai Crotoniati pass a Porfirio attraverso la me
diazione di Nicomaco ( 20) ;ed quindi evidente che egli desumesse
da quest'ultimo anche il capitolo sulle legislazioni dei Pitagorici
nelle citt della Sicilia e della Magna Grecia, che segue immediata
mente e che strettamente connesso a quel che precedo tanto dal
punto di vista logico quanto da quello linguistico. Nicomaco, a sua
volta, aveva desunto questo capitolo ( 21) non da Dicearco ma da
Aiistoeseno, ossia da una fonte antica di egual valore : ci detto
da Porfirio stesso ( 22) per quanto riguarda l'influsso politico del
pitagorismo sui Lucani, Messapi, Peucezi e Romani, cio sul barbari
dei paesi circostanti, ed quindi da ritener vero anche per quel che
couceme le citt greche, menzionate prima, della Magna Grecia
della Sicilia. Ora, mentre Aristosseuo-Porfirio racconta che iPitagorici
avrebbero datoleggi a Crotone, Sibari, Catania, Reggio, Imera, Agri
gento, Tauromenio e ad altre citt ancora, e ascrive tutte queste legi
slazioni ai due presuntipitagorici Caronda e Zaleuco, Giamblico (130)
dice che Caronda diede leggi a Catania, cita per Locri, accanto a Zaleu
co, anche un certo Timares (a 172 Timarato) e infine menziona per
Reggio, evidentemente basandosi su ampie tradizioni storichelocali e
cominciando
dall'otv.ioilis
Tucle (cfr. Thucyd., VI 3, 3), addirittura
unaserie di personaggi legati a mutazioni costituzionali (al 130 Fitio,
Elicaone e Aristocrate : al 172 c aggiunto a questi Teeteto, ma
manca Tucle). escluso che questi particolari si trovassero gi nel
l'esposizione originale di Aristosseno e che Porfirio (o l'intermedia
rio Nicomaco) abbia semplicemente trascurato di riferirli : evidente
mente Giamblico non segue qui Aristosseno-Porfirio ma un'altra
fonte. Che la versione delle cose data da Aristosseno sia antica e
inalterata provato dal catalogo aristotelico dei legislatori, il quale
(come gi feci vedere inEntstehungsgeschickte der Metaphysik, p. 45
e qui sopra, p. 385 n. 1) stato aggiunto inet posteriore al secondo
libro della Politica. Ivi (1274 a 22) detto che Zaleuco fu legisla-
l'ideale filosofico della vita 611
concernenti la sua giovinezza ed educazione, se Giam
blico e Pompeo Trogo non avessero inserito tra ilritorno
da cjuei lunghi viaggi e l'arrivo nell' Italia meridionale
un altro viaggio a Creta e a Sparta, compiuto allo scopo
di studiare le leggi di Minosse e di Licurgo 1). Evidente-
lore di Locri, Caronda di Cataniae delle altre citt calcidiche della
Sicilia e della Magna Grecia (Porfirio solo un po' meno preciso
nell'esprimersi, ma evidentemente vuol dire la stessa cosa, quando
menziona insieme Zaleuco e Caronda come autori di tutte le legi
slazioni della Sicilia e della Magna Grecia). Per la tradizione locale
circa ilegislatori di Reggio, superstite inGiamblico, dobbiamo perci
cercare una fonte diversa da Aristosseno : e data la situazione stessa
delle cose questo autore non pu essere se non Dicearco, che essendo
di Messina poteva esser bene informato dei fatti della vicina Reggio,
e a cui d'altronde attingevano spesso non solo Giamblico ma anche
(come sopra si visto) Porfirio. Ci che il catalogo aristotelico dei
legislatori sa di Zaleuco e di Caronda, quando estende la loro in
fluenza tanto pi largamente di quando faccia Dicearco-Giamblico,
certo gi desunto da Aristosseno, perch il catalogo Btesso fu ag
giunto al libro soltanto tardi, mentre Aristosseno scrisse assai pre
sto : presso Giamblico ( 233) egli infatti racconta che la storia
(ben nota attraverso Schiller) della fedele amicizia dei pitagorici
Damone e Pizia gli era stata raccontata dal tiranno Dionisio in
persona, Sxs Ixitsov xfj( povap/taj ypppat a 4v Koptvfhp 48I8b-
oxbv (la cacciata di Dionisio da Siracusa, per opera di Dione,
avvenne nel 354).
Questa
narrazione intutto degna di fede e con-
vien bene alla maniera di Aristosseno, che anche altrove si compiace
di simili reminiscenze personali (cfr. sopra, p. 574 n e il grazioso
ricordo di Archita che egli, in Giamblico, L c., 197, dice essergli
stato comunicato dal padre Spintaro). Del resto questo caso insegna
come in Dicearco 1* idea dell'attivit politica dei pensatori antichi
non fosse una mera escogitazione soggettiva, ma una convinzione
che egli, da buon erudito peripatetico, si era costruita attingendo
sempre a buone fonti. Cos, per quel che riguarda Pitagora, egli era
stato evidentemente preceduto da Aristosseno, a cui lo legavano
ripporti di amicizia e che certo influ su di lui auche intema di dot
trina politica. (Analogamente, circa l'attivit politica di Parmenide
era srato preceduto da Speusippo : cfr. sopra, p. 605, n. 1).
ti Dodo aver largamente narrato dei viaggi inOriente einEgitto,
Giamblico (!. c., 25) fa solo una breve menzione di quello a Creta
e a
Sparta. Ma che anch'esso avesse salda radice gi nella tradizione
pi antica dimostrato da Pompeo Trogo (Epitome di Giustino
XX 4) :inde regressus Cretam et Lacedaemona ad cognoscendas Minais
et Lycurgi inclitas ea tempestate leges contenderai. Quibus
omnibus
insiruclus Cratonam venit.... Seguono idiscorsi tenuti da Pitagora
ai Crotoniati secondo Dicearco (cfr. Porph., 18) ;ma Giustino evi-
612 APPENDICI!
mente questa
versione mira, pure arrivando in ritardo,
a far posto nella formazione spirituale di Pitagora anche
all'elemento politico, e deriva isuoi ideali di educazione
politica dall'esempio delle due classiche legislazioni do
riche. la premessa necessaria per l'intervento di Pila-
gora a Crotone, nella forma in cui risulta dal racconto
di Dicearco circa idiscorsi che egli vi tenne : e perci
non si pu fare a meno di ritenere che derivi da Dicearco
anche lanotizia del suo viaggio a Creta e a Sparta. L'ana
logia del modo in cui egli interpret Platonerende
questa
congettura anche pi verosimile.
In un passo di Plutarco, a mio parere per lo pi
frainteso, detto infatti che Platone, nella sua dottrina,
fuse evidentemente con Socrate non meno Licurgo che
Pitagora, secondo
quanto opinava Dicearco *).
Questa
interpretazione delle parole di Plutarco presuppone solo
dentemente conosce gi il loro contenuto e re riproduce punti
caratteristici :l'ampliamento esornativo del racconto dicearclieo e
la libera composizione dei discorsi erano perci gi un fatto compiuto
nellafonte diPompeo-Giustino. IlRohde (Kleine Schriflen, IX,p. 132)
dimostr che loro autore dovette essere Timeo, il quale si valse di
Dicearco. Ci persuade anche perch Timeo, come storico, era ad
dirittura tenuto dallo stile del suo l'va; alla libera invenzione dei
discorsi. Timeo stato molto sfruttato da Pompeo Trogo-Giustino :
che la notizia alla fine del capitolo su Pitagora (trasformazione delia
casa del filosofo inuntempio, inGiustino, XX 4, 18)risalga a Timeo,
dimostrato da Porfirio (1. c., 4), e costituisce il fondamento pi
solido per 1* ipotesi del Rohdc.
*) Plut., quaest. conv.. Vili 2, 2 (fr. 27 Mueller) AM' 5pa -.1
ooi xpooijxov 6 nUtwv xal otxstcv aiviT-jievo; ?.?.7)8-v, Stb 8
Tip 2xptxei tv Aoxopyov AvapiYvog
o/
)-tov tv Jluvia-
fpav, (<ig)
fijsxo
Aixaiapxo;. L'integrazione dell'(bg dell'Osami,
l'unico che abbia esattamente prospettato tale problema di critica
del testo collegandolo idealmente con tutto il complesso della con
cezione dicearchea, nella ricostruzione della quale egli si acquistato
meriti grandissimi. IlBernardakis ha accolto i'iiig nel testo, mentre
Ch. Mueller dichiara di non riuscire a scorgere la necessit dell'jg,
escludendo con ci, naturalmente, il riferimento di Dicearco a Li
curgo : e cos gi faceva M. Fuhr, Dlcucarchi Mess,
quae supersuat,
Darmstadt 1838, p. 58.
l'ideale filosofico della vita 613
una piccola modificazione del testo, senza la quale esso
significherebbe : Platone mescol con Socrate anche
Licurgo e non soltanto, come credeva Dicearco, Pita
gora .Intal caso l'opinione che ilpersonaggio del dialogo
plutarcheo esprimerebbe come sua propria sarebbe una
integrazione di quella di Dicearco. A sottilizzare sulla
costruzione della frase c' poca probabilit di giungere
all' interpretazione giusta, la quale invece mi sembra ri
sulti chiara se si tien conto del senso che qui logicamente
richiesto. Dicearco era proprio quell'espositore della
storia della filosofia, che aveva messo dappertutto in pri
ma linea il momento politico. Citarlo non era affatto
necessario quando si fosse voluto con ci appoggiare
soltanto l'opinione, comune a tutta l'antichit, che la
filosofa platonica fosse una mescolanza di socratismo e
di pitagorismo ; opinione che si trovava espressa gi in
Aristotele e che fin dall' inizio era stata convinzione ge
nerale delle scuole platonica e peripatetica1). La nota
particolare, che Dicearco aggiunge a questa opinione cor
rente, pu consistere solo nell'affermazione del rapporto
che lega in Platone (veduto naturalmente
soprattutto
*) Cito per ci, in luogo di testimonianze ulteriori, solo Ari
stotele, Metapk., A 6, 987 a 29 peti Si tig stpijpvag cpD-oootplag
nXdtoivog
iTcs-fsveto
npay\ia.xtia, x. piv itoiX Totoig xoXoo
Jfoaa, t 5i xal I8ia xap tvjv t&v TiaXixfiiv Soiiaa cpiAooocpiav,
Specialmente stretta fu la relazione che coi Pitagorici ebbero gli
altri platonici, e anzitutto Spcusippo, Senocrate, Eraclide, Filippo
d'Opunte : e infatti s' intende che Dicearco, ricollegando Platone a
Pitagora, poteva alludere solo a una relazione di tal genere con la
scuola epicurea, perch di Pitagora in persona non c'era nessuno
scritto. La sua affermazione non fa quindi altro che riprodurre
l'opinione dominante nell'Accademia e nel Peripato. Plutarco non
poteva pensare a citare, come testimone di essa, proprio lui, e per
giunta con la prudente formula (peto iixatapxog, come se si
trattasse di una congettura e non dei pi noti fatti storici. Le re
lazioni di Platone coi Pitagorici sono state di recente studiate, e
dimostrate assai intense, da E. Frank (Plato und die sozenonnten
Pythagoreer, Halle 1923).
614
APPENDICE
attraverso le Leggi) il teorico della filosofia col realiz
zatore nel campo politico e legislativo. Che il grande
pensatore politico trovi il suo modello nell'artificiosa
creazione dello stato di Licurgo per la mentalit di
Dicearco doppiamente
caratteristico. Sparta egli vede
infatti, da un lato, realizzata la costituzine mista, che
per lui l'ideale dello stato :mi sembra infatti evidente
che nella frase seguente Plutarco si riferisca ad essa, e
ci conferma l' interpretazione del passo che qui si
adottata1). Tipica di Dicearco , d'altro Iato, l'opinione
che in nessun luogo e tempo
la filosofia teoretica sia
stata la creatrice originaria delle leggi ed istituzioni della
vita umana, essendo queste
invece creazione degli stati
e dei loro legislatori, dalla cui opera storica tutti ifilosofi
avrebbero poi ricavato iloro concetti. Troviamo espresse
queste
idee nell' introduzione della maggiore opera de
dicata da Cicerone alla filosofia politica : opera nella
quale si manifesta di frequente l'influsso della conce
zione di Dicearco 2). questa
lapremessa da cui dobbiamo
J) Dicearco, framra. 21-23 Mueller. Cfr. Fuhr, 1. c., p. 29. In
sieme con ia teoria della costituzione mista Polibio (VI 3, 8 e VI 10)
desume da Dicearco la designazione dello stato di Licurgo quale
esemplare tipico di tale costituzione. Plutarco(Quaesl. conti.. Vili 2, 2,
p. 719 B) determina la caratteristiea dello stato di Licurgo ricol
legandosi inmodo evidentissimo alla concezione dicearchea di Sparta,
e cio definendola come costituzione mista di democrazia, aristo
crazia e monarchia : ed perci del tutto chiaro che, con questo
stesso argomento, Dicearco aveva sostenuto la tesi dell' influsso di
Licurgo su Platone. Essi volevano creare una costituzione che avesse
a fondamento non un'eguaglianza estrinseca e meccanica, ma
un'eguaglianza proporzionale degli uomini (suum euigue), quale sol
tanto poteva convenire a una oligarchia assennata e a unamo
narchia legata a leggi. Ma questi sono appunto itre elementi dello
stato ideale di Dicearco.
2) Cic., de rep., I2, 2 nihil enim dicitur a philosophic, quod qui
-
dem recle honesleque dicatur, quoi non ab iis partum confirmatumque .
sit, a quibuc civitalibus iura discripta sunt. Che questa frase e le
seguenti siano di origine dicearchea, una supposizione che per
il momento avanzo soltanto, sperando di darne presto altrove la
l'ideale filosofico della vita 615
partire se vogliamo comprendere l'intento che spingeva
Dicearco ad avvicinare Platone a Licurgo : e da questo
punto
di vista si pu esser quasi celtiche l'accostamento,
operato
dalla tradizione, di Pitagora alle leggi di Minosse
e di Licurgo, quale risulta da Giamblico e da Pompeo
Trogo, risale egualmente alla concezione di Dicearco.
Ma fermiamoci qui. Abbiamo visto come il singolare
fenomeno da cui ha preso le mosse la nostra indagine,
e cio l'opposta luce in cui la vita dei filosofi pi antichi,
prospettata ora come pio; frewpYj-cixo; e ora come pio;
icpaxttx;, messa dalla tradizione, non sia altro che
un riflesso del modo in cui, da Platone a Dicearco, si
evolve l'ideale filosofico della vita. Man mano che per
corre isuoi gradi, questa
evoluzione si rispecchia Del
l' interpretazione del passato. Non davvero una no
vit ilfatto che ogni vera storia, la quale non sia soltanto
una raccolta di materiali greggi ma si conformi in una
raffigurazione del
passato, tragga dall' intima vita del
l'osservatore imotivi determinanti della sua conforma
zione e della sua scelta dei fatti. Ogni epoca conferisce
quindi al quadro della storia una forma nuova. Ci
doppiamente vero pei Greci, che non considerarono mai
la storia come il semplice apprendimento di qualcosa
di ormai accaduto, ma la fecero sempre oggetto di una
costruzione intellettuale, o in forza dell' ideale ond'era
animato chi la tramandava al futuro o in nome della
grande ed universale saggezza che egli vi scorgeva mani
festata. La tradizione concernente la personalit e il
giustificazione. Ma la cosa gii di per s stessa abbastanza evi
dente. Per attestare che l'attivit politica superiore a quella filo
sofica Cicerone (1. e,, I7, 12) cita l'esempio dei maggiori filosofi,
che, come Platone, si dedicarono almeno allo studio del problema
dello stato ;ma meglio ancora ricorda quello dei sette sa-gi. occu
patisi tutti personalmente degli affari politici. Anche qui egli at
tinge a Dicearco (cfr. fr. 28 Mueller).
616 APPENDICE
sistema di vita dei pensatori pi antichi, in gran parte
aneddotica e leggendaria e spesso soltanto orale, offriva
un materiale estremamente plastico, che perci poteva
esser facilmente
piegato a raffigurare imutevoli ideali
dell'etica filosofica. Dovremmo adattarci alla rassegna
zione, se tutto il valore di questa tradizione si riducesse
a quel che essa contiene di dati cosiddetti storici, e che
la stessa nostra indagine circa la sue vicende dimostra
assai povero. Ma essa conserva bens importanza per
tutti itempi in forza del contenuto ideale, che eterna
rono in essa coloro che variamente la conformarono.
Hprocesso filosofico, di cui abbiamo seguito iriflessi
nella tradizione concernente ipensatori pi antichi, co
stituisce, nella sfera del pensiero, un ricorso ciclico di
singolare regolarit : ogni momento del processo segue
per intima necessit a quello che precede, e non si po
trebbe invertire la loro serie senza alterare la direzione
del moto e torcerla a serpeggiamento irregolare. Nella
storia della cultura greca questo processo di pensiero
costituisce un capitolo a s : e non si valuta in pieno
la sua importanza se lo considera soltanto appartenente
alla storia, pi o meno concludente, di alcune scuole
filosofiche.
Questo processo circolare conforme a una
legge non solo nel senso che isuoi singoli momenti si
susseguono per una necessit logica, ma anche in quello
che vi si manifestano in modo esauriente le possibilit
proprie dello spirito umano. Nel suo momento iniziale,
il binomio Socrate-Platone lega il mondo morale alla
conoscenza filosofica dell'essere : in quello finale, l'ideale
della vita pratica difeso da Dicearco sottrae di nuovo
del tutto la vita e la morale al dominio della grande
speculazione filosofica e le restituisce alla propria auto
nomia, tarpando le ali al pensiero speculativo. Anche
l' ideale della vita teoretica perde cos il suo vigore. Nei
l'ideale filosofico della vita 617
casi in cui d'allora in poi
lo s' incontra, esso si riferisce
sempre al mondo dellascienza pura, e si contrappone
come tale alla vita pratica
: quando non vengano
esco
gitati magri compromessi come il cosiddetto po ouv-
frsioe, che di fatto soltanto una contaminazione estrin
seca del pio? &wpTjTty.? e del irpaxxtx?. Il p(og
S-ccopTjxix? nasce a nuova vita solo quando, permeata
ormai dalla scepsi la filosofia e la metafisica
scientifica,
assume la forma religiosa
della vita contemplativa, nel
senso in cui essa, dal tempo
dell'omonimo scritto di Fi
lone,divenne Fideale del monachesimo. Particolarmente
da notare il fatto che iRomani, quando incorpora
rono la filosofia greca classica nella loro cultura, non ne
attinsero insieme anche l'ideale filosofico della vita.
Certo, ci furono sempre anche tra essi singole persone,
che nella loro professione
di fede convenivano con la
lode del poeta
felix
qui potuit rerum cognoscere causas.
Ma quando
Cicerone si accinse al compito di assegnare
alla filosofia greca un posto
stabile nel complesso della
cultura romana, pot, nei suoi libri Sullo stato, conci
liare lo spirito politico del suo popolo con la scienza
ellenica solo facendo proprio,
ad onta della sua venera
zione per
Platone e per
Aristotele, l'ideale dicearcbeo
dei 7toXrax?.
INDICE DELLE COSE PI NOTEVOLI
Accademia: sua fase tarda:
15 sgg.; mancanza di un'orga
nizzazione della ricerca scien
tifica: 21; dialettica; 22; co
munanza etica di vita : 28 ;
spirito dell'Accademia nel Pro-
treptico: 124 sgg.
Alcibiade: critica dell'ideale
alcibiadeo: 130.
Analitica, mentalit: 503
sgg-
Anamnesi: 65.
Anima: suo concetto: SI sgg.;
una sostanza: 52, 57; un
sKog: 57; evoluzione del suo
concetto inAristotele : 57 ;po
lemica di PJo ino controilcon
cetto aristotelico dell'anima
come entelechia: 57.
ps-rj: l'i. come simmetria
dell'anima: 55; le quattro &.
platoniche: 56, 96, 110, 374;
origine della teoria della pso-
n)i
: 56; definizione dell' d. :
325 ;inno all'i. : 140, 152;l'i.
ellenica: 154; 4. come forma
di uno dei tre pio:: 85, 102,
128, 315 sgg.; sua subordina
zione alla decupla: 128, 131,
322 sgg.; genesi della distin
zione dell'i,
dall'i. 8:a-
YOTj-EixV): 319; distinzione
gi platonica: 581 sgg.; . e
Ipyoi : 86; i.nei Magna Mo
rchia: 596 sgg,
Asso: sede dei Platonici Era-
sto e Corisco: 148; sede della
prima scuola di Aristotele:
149, 229 sgg., 252, 254, 343,
389 sgg.
Astri: ipotesi circa il moto de
gli astri: 186; loro natura ani
mata: 187 sgg,; loro libera
volont: 200 sgg.; influsso
delle teorie astronomiche: 204
sg. ; teoria dei motori delle
sfere: 470 sgg.; metafisica e
astronomia: 483 sgg.; numero
delle sfere: 471.
Astronomia: v. Astri.
Beni, teoria dei: 73, 94,
109, 130, 312, 373 sg.
pio:; 570 sgg. ;pio: cpioocpcov:
605 sg. ; plog evdsiog 617;
pio? 0-U)p7)t:x;: v. Vita
contemplativa;piog xpa-
xtocg: v. Vita attiva.
Delfi: decreto delfico di ono
ranze ad Aristotele: 442; ri
trattazione di tali onoranze :
434.
Dossografia: 559; sua di
pendenza dall'ideale della vita
contemplativa: 563 sgg.; da
quello della vita attiva: 602
sgg.
Educazione: ideale isocrateo
e ideale accademico dell'edu
cazione: 74; educazione alla
670 INDICE DELLE COSE 2>I NOTEVOLI
ricerca empirica minuta: 459 ;
concetto etico-pedagogico del
lo etato: 546.
Entelechia: 523 sgg,
E'itre: trattato con Ermia:
145.
Esattezza
matematica,
quile ideale dell'etica e poli
tica giovanile: 100, 113 sgg. ;
posteriorerifiutodiquestoidea-
le : 313 sgg. ;nella
Metafisica
:
462, 479 sgg.
Etere:primaformulazione pub
blica dell'ipotesi
dell'etere:
182; suo uso teologico: 189
sgg.; suoi motivi e sua evolu
zione inAristotele : 202
sgg. ;
nell'Accademia: 406; nett'Epi-
nomide;
189; se sia npjctov
o npt-cov
offifia:
190.
Etica: concezione giovanile di
Aristotele: HO; sua posizio
ne rispetto al Filebo: 113; po
sizione intermedia dell'Eude-
mta: 311 sgg.; suoi cambia
menti infattodimetodo: 315",
derivazione della sua struttura
dal Protreptico: 318 sgg.; ca
rattere teonoinico dell'etica
giovanile-. 323 sgg.; teologia e
etica della contemplazione:
576 sgg. ; sua critica nell'etica
pi tarda: 595, 600 6gg. ; in-
ttlUttuaSismoetico:542-,
amo
re di s: 330; problema
del
valore etico dello etato: 544
sgg.; come termine tec
nico: 594.
Fisica: suagenesi precoce: 400 ;
suo caratterespeculativo :405 ;
antichit delia cosmologia:
204, 406 sgg.; platonicit
dei
noi problemi: 415 ;tracce del
l'evoluzione : 186 sgg., 201;
importanza
per la teologia:
185 414 sgg. ; uso del IIspi,
rpiEooocpCco; nel Iltpi cvpavov:
408 sgg, ; causalit meccanica
e teleologiav 526 sg.; concetto
della natura: 97, 119 sg.
Forma: suo concetto: 463, 520
sgg., 551.
Fuoco: questione degli anlruali
viventi nel fuoco: 189 sgg.
Ideale della vita: 557 sgg.
E v. Vita attiva e Vita
contemplativa.
Idee:quando Aristotele ne con-
ditise la teoria: 67, 117 sgg.;
terminologia corrispondente:
118, 228; primapolemica con
tro le idee: 164 sgg.; teoria
delle idee ad Asso: 149, 229;
l'idea come ideale: 153; di
scussioni nell'Accademia sulla
teoria delle idee: 18,123 sg.;
teoria ormai nonpi attuale:
236 sg. ; nella Grande etica non
pi nemmeno discussa: 589.
Immortalit: 51 sgg., 215,
Intellettualismo: sua pro
gressiva accentuazione; 506
Sg-
Isole dei beati: 94 sgg., 126.
Logica: sua genesi precoce:
51 sgg. ; anche ladottrina del
le categorie 6 antica: 59 sg. ;
dialettica nei dialoghi: 60;
mentalit analitica: 503 sgg-;
logica inSocrate: 126; logica
del platonismo tardo: 16sgg. ;
metodo analogico: 189, 194;
astrazione: 504.
Montica: 215 sg., 323, 454;
(iivteia nel senso di intuizione
arcana: 211 sg.
Medicina: 457 sg., 551.
Metafisica: delimitazione pi
antica del suo mbito: 126 sg. ;
neli'EWemo: 61; nel Protrep
tico: 109; genesi del primo
motore; 186; carattere teo
logico della metafisica pi an
tica: 254, 261 sgg.; suo am
pliamento a dottrina della so
stanza: 271; contraddizioni:
287 sgg.; avversione dei Greci
pi antichi a indagare, mor-
JNDICE DELLE COSE Piti NOTEVOLI 621
tali, l'immortale: 94, 218; la
teoria dei motori delie sfere
tarda: 475 sgg.; critiche che
ad essa muovono Teofrasto e
Plotino:476 sgg. ;sue contrad
dizioni: 481; metafisica e ipo
lesi: 484 sgg.; carattere cri
tico della metafisica aristote
lica: 515 sgg.
Meto do: 16, 30, 94sg., 110 sgg.,
241 sg., 266, 350 sg., 357,
391 sgg., 417, 459 sgg.
p t
f
o v : inPlatone:55 ;pitpov
e psottjs: 56; il problema
della misura nell'etica:
113 sgg, V. anche Nor ma.
pEprjpa: 118 sgg.
Misteri: riecheggiament ari
stotelici del loro linguaggio:
131; religiosit mistico-senti
mentale: 212.
Mito: sua interpretazione ra
zionalistica: 180, 486; menta
lit mitologica inPlatone: 63,
66, 197, 206; in Aristotele:
66; miti nel dislogo: 60; g>;-
J.opi>SKe del filosofo : 436.
Mondo: intuizione del mondo:
56, 68, 129, 514 sgg.. 552;
quadrodeli' universo:529 sgg. ;
fuga dal mondo: 50, 130, 538 ;
senso cosmico: 217 sgg., 330
Sgg'
Neopitagorici: 41, S70 sgg.
Neoplatonici: 39, 78 sgg. (e
v.. nell'indicedei nomi, Giam-
blico, Plotino, Porfi
rio, Proclo).
Norma: concetto del valore
normativo: 100, III,121, 324
sgg., 387, 534 sgg.
Occulti, fenomeni: 213.
Organizzazione del la
voro scientifico: 21, 440
sgg-, 548 sgg.
Oriente: capperiifra la cul
tura orientale e l'Accademia:
172 sgg.
Ottimismo circa l'aldil: 61,
129 sgg., 538.
Parenesi: trasformazione del
l'antica parenesi ellenica:. 73
sg., 93 ; parenesi isocratea
71 sg.
Peripato: fondazione: 423;
sua posizione politica: 424 sg. ;
organizzazione e spirito della
scuola: 426 sgg.; opera di ri
cerca: 440 sgg.; programma
dell' indagineminuta: 460sgg. ;
discussione del problema delle
sfere: 468, 476, 489; evolu
zione della scuola dopo Ari
stotele: 553 sg,
Personalit: di Piatone: 25,
138, 141 sgg.; di Aristotele:
434 sgg. ;esperienza personale:
12, 50 sg., 125, 131, 153 (v,
anche Religione).
Pessimismo circa l'aldiqu:
61, 129 sgg., 538.
qpvTjot?: 85 sgg., 101 sg.;
evoluzioneterminologicae con
cettuale: 106 sgg., 321 sgg.,
578 sgg., 589 sgg.
Politica: concezione giovani
le: 350 sgg.; strati evolutivi:
362 sgg. ;fine etico dello stato:
371. 544 sgg, ; influssi della
realt politica: 389 sgg.; me
todo: 392.
Preesistenza: 64 sgg.
Preghiera; sua intimit spi
rituale: 212.
Psicologia: 451 sgg. (e v.
Anima).
Religione: come esperienza
inleriore'.211sgg.; genesi della
fede inDio; 213 ; conoscenza
di Dio; 218; filosofia della
religione: 206; dimostrazione
dell'esistenza di Dio: 209; re
ligione e metafisica: 515 sg.;
religione astrale : 181sgg. ; in
flusso della filosofia aristotelica
sull'evoluzione storica della re
ligione: 206.
622 IPTDICE DELLE COSE PI NOTEVOLI
Scienza: nuovo buo ideale: 88
sgg., 92, 115; progressi della
scieDza: 125; scienza e intui
zione del mondo : 462, 514
sgg., 552;storia della scienza :
455; filosofia scientifica: 508,
552.
Scolastica: 3, 502, 516.
Senso della vita, nel gio
vane Aristotele: 129 sgg.
Sistematica: 509 sgg.
Stoa: 198, 206, 216, 509 sgg.,
553.