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La lingua madre
L’Italia è la nazione più ignorante al mondo
Anno o Hanno? L’errore più comune
C’è e ce: differenze da memorizzare
“Ce ne” oppure “Ce n’è”?
Un po, un pò o un po’?
D’accordo o daccordo?
Da evitare come la peste
Orrori e omissioni
Il refuso, questo sconosciuto
T9 e funzione “Modifica” sui social
Nel dubbio meglio scrivere meno
La lingua madre
Ecco uno degli errori che si leggono con maggiore frequenza: c’è al posto
di ce.
In molti casi, questo è un tipico errore da “correttore”, quell’elemento
integrato sulle tastiere virtuali di Smartphone e Tablet, che sta uccidendo
quel poco di italiano corrente ancora in circolazione.
Molte persone, pur conoscendo la differenza tra “c’è” e “ce” lasciano la
frase con l’errore, e questo provoca la solita reazione a catena: chi non è
certo che sia un errore, lo riproduce, facendo a sua volta danni a catena.
Vediamo quindi quando utilizzare “C’è” e quando inserire nella frase “Ce”.
Partiamo con “Ce”, che è un cosiddetto morfema – tranquilli non morde… -
un piccolo elemento grammaticale che, unito a una parola, funge da
complemento o da rafforzativo. Senza voler entrare troppo nei tecnicismi,
ecco alcuni esempi pratici:
“Questa rosa CE l’ha regalata sua sorella”
“Quanti CE ne sono dentro quel cestino”?
“CE la devo fare a tutti i costi”!
Ecco tre esempi di come e quando va usato il morfema CE.
Vediamo ora quando va usata, invece, la forma contratta del costrutto CI
E’.
Quando è giusto scrivere C’E’?
Ecco gli esempi pratici:
“Oggi C’E’ il sole” – nella forma non contratta “Oggi ci è il sole”
“Non C’E’ nulla da fare” - nella forma non contratta “Non ci è nulla da
fare”
“C’E’ vento” - nella forma non contratta “Ci è vento”
È chiaro da questi esempi, che contraendo il costrutto CI E’ viene fuori
C’E’ che nulla ci azzecca con CE che, come abbiamo visto, è solo una
particella rafforzativa che si inserisce all’interno di una frase.
Anche queste due regole non sono affatto difficili da comprendere e
nemmeno da memorizzare. E faranno la differenza tra chi conosce la lingua
italiana e chi no.
“Ce ne” oppure “Ce n’è”?
Anche in questo caso, si tratta di particelle che intervengono alla
costruzione delle frasi, spesso usate come rafforzativo.
Partiamo con qualche esempio:
“CE NE fossero di persone come te”!
In questo caso, quando NE è senza apostrofo, come nel caso appena
descritto, rappresenta semplicemente un rafforzativo all’interno della frase,
che altrimenti si potrebbe anche scrivere così: “Ci fossero persone come te”
ma, come è palese, perde di forza.
Mai e dico mai scrivere: “CENE sono” o “CENE fossero”. “Cene”
significa esclusivamente la parola “Cena” ma al plurale. Eppure, molto
spesso, si trova questo errore persino su qualche quotidiano.
Ecco invece un esempio di come e quando va usato CE N’E’ che è la forma
contratta di “Ce ne è”.
“CE N’E’ tanta di gente stasera”.
Quindi: se dobbiamo solo rafforzare un concetto, una frase, ecco che
dobbiamo usare CE.
Se invece vogliamo usare la forma contratta di CE NE E’, dobbiamo usare
CE N’E’.
Semplice, anche questa volta, comprendere e memorizzare queste regolette
di base della lingua italiana.
Basterebbe mettere un poco di volontà e di desiderio di migliorarsi, per non
fare figure barbine, sui social ma non solo, dal momento che ormai persino
laddove ci si aspetterebbe una profonda conoscenza della lingua e quindi
della grammatica italiana, si trovano strafalcioni che nemmeno i bambini
delle elementari sono autorizzati a scrivere.
Un po, un pò o un po’?
Ecco uno dei dubbi amletici che attanaglia molti italiani: si scrive
DACCORDO oppure D’ACCORDO?
Questo tipo di errore è molto comune, e lo realizzano un po’ tutti, anche
persone che vantano lauree e master. Ma a quanto pare, non è la cultura
generale a fare la buona grammatica.
Inizio col dire che la forma corretta è: d’accordo.
Per quale motivo? Perché si tratta di una elisione. L’elisione è la caduta
della vocale finale non accentata, che precede un’altra parola che inizia con
una vocale.
In questo caso, la vocale cade su queste due parole: di accordo. Un esempio
è: “Siamo di accordo” – italiano corretto – ma si preferisce scrivere “Siamo
d’accordo” per una forma ormai diffusamente utilizzata.
Per generare un unico termine quindi, si fa cadere la vocale finale in Di e la
si unisce alla parola successiva Accordo. Per unire le due parole,
accorpandole in una sola, ecco che serve l’apostrofo: d’accordo.
Anche in questo caso, non è necessario – anche se sarebbe cosa buona e
giusta farlo – memorizzare la regola dell’elisione, quanto memorizzare la
forma corretta: d’accordo. Non si scrive in altro modo.
Da evitare come la peste
Ecco ora, di seguito, una serie di veri orrori, da evitare come la peste se non
si vuol fare davvero la figura dell’emerito ignorante quando si scrive:
1) - stò – MAI con la o accentata – si scrive sempre STO
2) - sò – MAI con la o accentata – si scrive sempre SO
3) - pò – come abbiamo visto, si scrive con apostrofo finale – si scrive
sempre PO’
4) - quà – MAI con la A accentata – si scrive sempre QUA
5) - qual’è – MAI con l’apostrofo: si tratta di un TRONCAMENTO di
“Quale è”. Di conseguenza cade l’apostrofo - si scrive sempre “Qual è”
6) - ….. – TRE puntini MAI di più
7) - !!!!!!!! – un solo punto esclamativo: non riempite le frasi di punti
esclamativi
8) - Avvolte – Si scrive A VOLTE e MAI unito
9) - Gli dico – va bene solo se ci si riferisce a UN UOMO (al femminile LE
dico)
10) - Non c’è la faccio – come spiegato in precedenza, qui si deve scrivere
“Non CE la faccio”
Potrà apparire esagerato, eppure scrivere in maniera corretta, anche se si
tratta solo di post pubblicati su un social, fa davvero la differenza tra chi ha
assimilato bene le regole fondamentali della lingua italiana e chi pensa che
non sia poi così importante utilizzarla in maniera corretta.
Vanificare gli studi – peraltro certe regole si imparano alle elementari –
significa avere persino poco rispetto di se stessi.
Non si parla qui di diventare esperti linguisti, sofisti della lingua italiana,
no: si parla semplicemente di conoscere almeno quel po’ di regole che
abbiamo, in alcuni casi è meglio scrivere usando il condizionale, assimilato
durante il primo periodo del percorso scolastico.
Essere superficiali quando si tratta di grammatica, rende superficiale e
sciatta la persona. Basta un poco di interesse nei confronti di se stessi, e
degli altri.
Chi uscirebbe col cappotto al contrario o con le pantofole vecchie per
andare a fare shopping? È la stessa cosa…
Orrori e omissioni
La scusante del “refuso” che viene spesso avanzata da chi non accetta di
sentirsi correggere le forme errate utilizzate per scrivere sui social non
regge, e spiego perché.
Innanzitutto, un refuso è facilmente riconoscibile. È refuso una parola che,
sostanzialmente, è scritta utilizzando una lettera al posto di un’altra, spesso
per la velocità di digitazione sulla tastiera del PC o su quella virtuale di
Smartphone e Tablet.
Ecco qualche esempio:
scrivo “Andarw” al posto di “Andare” oppure “Fanni” al posto di “Fanno”.
Ecco, questi sono refusi. Parole scritte male per il solo fatto di aver digitato,
palesemente, la lettera che si trova accanto a quella corretta.
Quando, invece, l’errore proviene da ignoranza del soggetto che scrive –
ricordo ancora che “Ignoranza” significa ignorare, non sapere, e quindi non
deve essere presa come un’offesa – si capisce immediatamente.
Ecco esempi di parole scritte nella maniera non corretta:
“AnGhe” con la G al posto della C (Da evitare assolutamente).
“Taglier” – al posto del corretto Tailleur. “PuLtroppo” al posto del corretto
Purtroppo. “Il compiDo in classe”. Forma spesso dialettale ma scorretta. In
realtà si tratta del “CompiTo in classe”.
Piuttosto che scrivere cose orripilanti, meglio usare una forma diversa, tipo:
completo giacca e gonna…
Questi non sono refusi ma errori. O meglio: orrori. Che si perpetuano
attraverso la poca conoscenza della corretta scrittura di un termine, e che
spesso deriva da forme dialettali o da scarsa conoscenza del termine stesso.
T9 e funzione “Modifica” sui social