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EDUCARE L’INFANZIA

A.A. 2020/2021

Sara Nicosia
Educare l’infanzia

Introduzione
Il decreto legislativo 13 aprile 2017 n.65 (“buona scuola”), stabilisce L'istituzione del sistema
integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, che impone di guardare
ai servizi educativi 0-6 con una prospettiva unitaria nonostante le diversità (nidi, sezioni
primavera, servizi integrativi e scuole dell’infanzia).
Tutto ciò per costruire una coerenza educativa per i servizi 0-6 fondata su una prospettiva di
valori, idee, convincimenti, finalità di senso comune in relazione all’età dei bambini.
Questa divenne un'urgenza nazionale a causa della separazione tra i servizi 0-3 e quelli 3-6:
da una parte (0-3): nidi e servizi integrativi gestiti da comuni, province e regioni; dall’altra
(3-6): l’ente gestore della scuola dell’infanzia risulta essere lo Stato o il privato sociale
paritario.

I temi chiave risultano essere: il curricolo, le relazioni, l’ambiente e il gioco.


1. Il curricolo indica il percorso educativo, un percorso inteso come intenzionale, frutto
di una progettazione collegiale, monitorato nel corso della sua realizzazione e
capace di conseguire una finalità, tenendo conto delle particolarità dei destinatari e
del contesto.
2. Per un curricolo 0-6 bisogna mettere a disposizione la condivisione di esperienze di
tipo affettive (creazione dei legami), di tipo intellettuale (scambio di significati tra
coetanei e con adulti) e di tipo sociale (interazione tra i gruppi dei pari e con gli
adulti). L’adulto si pone come facilitatore degli scambi tra bambini, consapevole che il
gruppo dei pari è portatore di una propria cultura elaborata tramite l’interazione,
l’adulto si rapporta adottando modalità comunicative basate sull’ascolto attivo così da
creare un legame di fiducia e di rispetto attraverso lo scaffolding cioè un sostegno dal
punto di vista dell’intelligenza, della tecnica e dell’organizzazione ma anche un
supporto emotivo e cognitivo, qui la finalità è quella di stimolare l’allievo ad
apprendere e superare le barriere di tipo motivazionale.
Lo scaffolding attiva la relazione educativa tramite l'esercizio di funzioni come: la
sollecitazione dell'interesse del bambino, l'evidenziazione degli aspetti cruciali del
compito, il controllo della frustrazione, l'offerta dei modelli da imitare (modeling)...
3. L’ambiente costituito da luoghi, arredi e materiali e la temporaneità definita da
periodicità, ritmo, routine ma anche interruzioni e novità, che insieme costituiscono
una sorta di “basso continuo” che da forma al percorso educativo. L'ambiente non è
un contenitore delle esperienze bensì un suscitatore di quest'ultime; per questo
necessita di una organizzazione degli spazi, una scelta dei materiali e una
configurazione del tempo.
● I tre aspetti illustrati (curricolo, relazioni, ambiente) si intrecciano: l'ambiente non è
solo costituito da spazi, materiali e tempi ma anche da un certo clima di relazioni
sociali, l'ambiente è dove ci si può sentire a casa e, al tempo stesso, trovare
sollecitazioni e sfide.
4. Il gioco è la modalità con cui i bambini esprimono e interagiscono, il punto di
partenza ed è anche il cuore di un curricolo per l'infanzia, l'adulto ha il compito di
sostenere e promuovere riconoscendone la gratuità con suo specifico valore.

Sara Nicosia
Capitolo uno
Un curricolo per lo 0-6? pag.17
L'utilizzo del termine “curricolo” si è diffuso negli ultimi decenni nella letteratura scientifica.
● Secondo Scurati il curricolo è l’insieme delle esperienze scolastiche compiute dallo
studente in quanto rivolto a conseguire il fine nella sua formazione, ma è anche la
possibilità offerta dalle istituzioni scolastiche in quanto volte allo sviluppo dell'alunn*.
Ancora più articolata è la visione di Pontecorvo e Fusè
● Secondo cui il curricolo è un percorso intenzionale che si fonda sulla scelta di valori,
tiene conto del contesto socioculturale in cui ha luogo, si realizza attraverso
modalità didattiche specifiche e si avvale di procedure che verificano i traguardi.

É a partire da una condizione di questo tipo che si è iniziato a parlare di approccio


curricolare anche con riferimento alle istituzioni educative per l'infanzia.

L'intreccio tra maturazione e l’ambiente: la natura culturale dello sviluppo 1.1 pag 19
Solo se sorretto da un ambiente relazionale supportante il bambino conquista la capacità di
esprimersi e di comunicare in maniera sempre più raffinata ed inoltre impara a:
● Governare i propri impulsi
● Instaurare legami affettivi con più persone
● Elaborare una propria identità
● Diventare membro sempre più attivo della comunità
L'educazione infantile è orientata da idee e valori che dipendono dai contesti culturali:
atteggiamenti, conoscenze e competenze quindi possono variare in base al contesto.
Studi condotti da:
● Erikson sulla costruzione della personalità in diverse culture, mostrano come metodi
differenti di allevamento tendono a formare individui con caratteristiche apprezzate
da tali società.
(es. nella nostra società, se gli adulti considerano il gioco un'attività importante oltre a
fornire il materiale giocheranno anche coi bimbi)
● Bruner con lo studio riguardante lo sviluppo cognitivo dei bambini mostra come i
modi di utilizzare l'intelligenza e la formazione della mente siano influenzati
dall'ambiente circostante.

I saperi dell’adulto e gli apprezzamenti infantili: il bambino è il curricolo secondo Dewey 1.2
pag.21
Dewey definisce il curricolo come l'insieme dei saperi propri della nostra cultura, che si
presentano suddivisi in discipline specifiche (matematica, geografia, storia), ma ritiene
controproducente ed impossibile sia suddividere ogni argomento in disciplina sia che il
bambino proceda passo per passo a dominare ciascuna di queste parti separate.
Secondo l'autore il bambino deve apprendere in maniera olistica cioè le cose che lo
interessano, che sono tenute insieme dagli interessi personali; solo un'esperienza personale
e vitale può costituire l’avvio verso qualsiasi forma di apprendimento.
Il filosofo propone una contrapposizione tra due scuole di pensiero:
● Quella che vede il primato dei saperi disciplinari: le materie rappresentano il fine
e il bambino è semplicemente l'essere immaturo che va aiutato a diventare maturo, il
suo compito è quello di ricevere e accettare.

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● Quella che considera il bambino come il punto d'inizio, il centro e la meta
finale: tutte le discipline sono sottomesse alla crescita del bambino, la personalità e il
carattere sono gli aspetti più importanti, l'obiettivo è l’autorealizzazione e non la
conoscenza o l'informazione.
Dewey non accetta la dicotomia, cioè la divisione delle materie. Il concetto di “continuum
sperimentale” è l'idea guida di questo processo secondo cui l'adulto intravede nelle
esperienze del bambino l'avvio di un processo conoscitivo da sostenere, non deve proporre
un'attività ma prendere spunto da alcune osservazioni dei bambini per suggerirla: questo
costituisce una sfida alle loro capacità manuali e intellettuali.

Proposta educativa come ipotesi da verificare 1.3 pag.25


Il testo deweyano “come pensiamo” risulta utile per capire il rapporto tra bambino ed
educazione. Per impostare correttamente il rapporto educatore-bambino si propone un
processo finalizzato alla risoluzione dei problemi:
1. Si parte dal riconoscimento di situazioni di disagio e incertezza attraverso
l’osservazione
2. In seguito, si giunge alla formulazione di ipotesi che successivamente andranno poi
messe alla prova nella fase della verifica
3. Infine, si metterà in atto quanto ipotizzato (come soluzione del problema) e
siverificherà se si è ottenuta la soluzione attesa.
È possibile immaginare l'insegnante come un ricercatore e l'esperienza educativa come un
processo dinamico.
Per comprendere meglio il processo illustrato (osservazione, progettazione, realizzazione,
verifica) possiamo prendere in considerazione un esempio:
Durante la Seconda Guerra Mondiale venne chiesto ad Anna Freud di organizzare un
ambiente accogliente per i bambini piccoli di 3 anni di età, privi dei genitori per via della
situazione bellica. Vennero istituiti luoghi per una possibilità di gioco, di libertà ed
esplorazione sotto l'attenta e amorevole cura di giovani volontarie: le bambinaie, dedicate
alla cura e alla sorveglianza dei bambini durante il gioco. Anna Freud si rese conto come
l'ambiente progettato e realizzato non soddisfaceva del tutto le esigenze dei bambini piccoli.
In alcune aree dello sviluppo (linguaggio ed educazione alla pulizia) i bambini mostravano
ritardi rispetto ai loro coetanei e soprattutto i loro bisogni affettivi risultavano per lo più
insoddisfatti. La psicanalista suppose allora che forse fosse la relazione adulto-bambino ad
essere inadeguata, in quanto le bambinaie mostravano affetto senza continuità poichè
bambinaie sempre diverse non garantivano l'instaurazione di un legame affettivo. Vennero
creati così piccoli gruppi di 4-5 bambini, affidati a due educatrici in maniera continuativa, in
seguito alla realizzazione di queste “famiglie sostitutive” i bambini si comportavano tra
loro come fratelli, consideravano le bambinaie come vicemadri e fiorirono dal punto di vista
intellettuale e affettivo.

La specificità dell’età infantile 1.4 pag.28


L’infanzia è un periodo dotato di proprie caratteristiche, tra cui il fatto che i bambini dagli zero
ai sei anni richiedono attenzioni educative specifiche e riferimenti pedagogici ben diversi da
quelli che contraddistinguono i periodi scolastici successivi. È riconosciuto che verso le sei o
sette anni avviene una svolta educativa, con il passaggio a quella fase dello sviluppo che
Freud chiama “periodo di latenza” nella quale i conflitti e le angosce che il bambino ha
dovuto affrontare il periodo precedente si attenuano, periodo contrassegnato da uno stato di
tranquillità emotiva che consente al bambino di impegnarsi in compiti intellettuali. Il modo

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con cui i bambini hanno affrontato i problemi e le esigenze nella propria infanzia ha forti
ricadute sul periodo successivo, anche per quanto riguarda il successo scolastico.
Il bambino apprende attraverso la percezione, guidato dall’impulso epistemofilico; il
desiderio di conoscere. È nel gioco che il bambino comincia ad esplorare i significati delle
cose: un gioco che nei contesti educativi dell’infanzia egli condivide con i suoi coetanei
impegnando le sue capacità sociali e avviandosi al superamento di quell’egocentrismo che
secondo Piaget caratterizza l’età infantile.

Quali riferimenti per un curricolo 0-6? 1.5 pag.31


Esistono indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia, ma non esistono linee guida o
documenti che esplicitano con chiarezza a quali principi il percorso unitario 06 debba
ispirarsi. Nonostante ciò, possiamo citare dei documenti importanti tra cui “La rete per
l’infanzia della commissione europea” che definisce standard e obiettivi di qualità per i
servizi per la fascia 06 e il più recente “Quality Framework tradotto in “Commissione
europea”.
All’interno della “Commissione europea” si afferma che:
● Il bambino è un co-creatore di conoscenze;
● C’è sogno dell’interazione con altri bambini e con gli adulti che lo circondano per
crescere;
● In quanto cittadino di Europa, il bambino è soggetto di diritti, tra i quali anche diritto
dell’educazione e della cura.
Il percorso educativo omologato e standardizzato dovrebbe essere bandito, i bambini
dovrebbero essere incoraggiati e sostenuti nella loro ricerca dell’esperienza.
I servizi per l’infanzia dovrebbero essere luoghi di vita, orientati ad assicurare il benessere e
la crescita dei bambini in senso globale tenendo insieme le dimensioni affettive, sociali e
cognitive dell’esperienza.
Risulta importante la presenza di un curricolo che espliciti chiaramente la finalità, gli obiettivi
e gli approcci da perseguire.
La cornice curricolare va intesa come un quadro di riferimento entro il quale saranno
delineati i valori, i principi, le linee guida che orientano l’approccio pedagogico adottato per
la cura e l’educazione dei bambini.
Inoltre:
1. La cura cioè il cambio, la pulizia, il pasto, il sonno hanno una forte ricaduta educativa
riguardante la percezione che il bambino ha del proprio corpo.
2. Il significato del termine educazione deve assumere una connotazione più ampia
rispetto a quella istruttiva.
In sintesi, gli aspetti fondamentali per un curricolo 06 sono:
● Il richiamo a principi che riconoscono i diritti dei bambini
● Una cornice pedagogica di ampio respiro in cui i principi orientino pratiche educative
capaci di sostenere la crescita
● Finalità generali che promuovano lo sviluppo globale dei bambini a livello emotivo,
personale, sociale comunicativo del linguaggio e della comprensione
● Un’attenzione particolare per la comunicazione, l’interazione e il dialogo
● La promozione di pratiche di lavoro collegiali

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Un curricolo per l'infanzia 0-6: alcuni indicatori 1.6 (pag.36)
In sintesi, un curricolo per l'infanzia 0-6 deve essere in grado di:
● Allestire un ambiente accogliente e sicuro
● Coinvolgere i bambini e considerare gli interessi da loro manifestati
● Sostenere questi interessi tramite attività
Possiamo notare quindi come si tratti di un curricolo aperto ma non dispersivo, in sintesi: un
curricolo emergente.
Per essere emergente un curricolo prevede nella sua progettazione che gli educatori
abbiano competenze professionali specifiche, cioè: progettare, osservare, documentare,
verificare e valutare.
● Progettare: quando si progetta un curricolo bisogna avere presenti le finalità alle
quali si vuole giungere; proprio per questo progettare vuol dire anticipare
mentalmente gli effetti che si vogliono produrre tenendo conto dei bambini ai quali ci
rivolgiamo (es. come organizzare l'ambiente). La progettazione può riguardare sia il
curricolo nel suo complesso sia un segmento
limitato o un'esperienza mirata. Progettare non e un compito solitario: il contesto
educativo deve venire progettato insieme da tutti coloro che hanno responsabilità nei
confronti di un certo gruppo di bambini. Inoltre, progettando gli educatori possono
ispirarsi a linee guida, documenti programmatici che si collocano a diversi livelli come
le indicazioni nazionali.
● Osservare: per osservazione intendiamo sia un prestare attenzione sia un prendere
nota di ciò che avviene nel contesto educativo. Le osservazioni devono avere
carattere sistematico ed essere sottoposte ad analisi. Bisogna osservare per cogliere
interessi e iniziative nei bambini ma pure per vedere come rispondono i bambini agli
stimoli proposti dall’educatore così da VERIFICARNE l'efficacia.
● Documentare per rilevare e Valutare i progressi dei bambini.
Attenzione: valutare i progressi del bambino non vuol dire valutare il bambinostesso.
Per cogliere i progressi dei bambini senza indurre in errori, uno strumento molto utile e il
“diario di bordo”: descrizione giornaliera di tutto quello che avviene al nido nella scuola
dell'infanzia eventualmente accompagnata da materiale documentario come le foto o i
filmati.

1.6.2. La qualità del curricolo (pag 49)


● Un curricolo olistico
“Olistico” in riferimento al curricolo assume significati diversi ma connessi.
In primo luogo, indica che il percorso educativo non può essere orientato solamente
allo sviluppo di una particolare zona dell'esperienza ma che tutte queste dimensioni
devono invece essere equilibrate.
Una visione olistica dell’esperienza esclude:
❖ Attività monodimensionali, in quanto bisogna tenere conto della pluralità
❖ Campi di esperienza per il raggiungimento di obiettivi specifici e ristretti, nonostante
questo possono essere previste attività dedicate (pittura)
Un altro aspetto importante del curricolo olistico e l'intreccio tra cura e educazione. Mortari
ci dice che “La cura e una pratica fatta di gesti e parole, accompagnata da precisi pensieri e
desideri, che una persona mette in atto per coltivare la vita propria e delle altre persone”
per farci capire che cura ed educazione sono facce della stessa medaglia.
Per questo gli educatori non possono non curare, delegando ciò a figure non educative.

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La cura e parte integrante dell'educazione e non va vista come la custodia, nonostante
questo viene spesso messa in relazione con l'aiuto che deve essere dato ai bambini per la
soddisfazione dei bisogni primari o affettivi.
● Un curricolo emergente:
Centrato sul bambino, mosso dai suoi interessi e dalle sue curiosità.
Bambino ed adulto risultano co attori.
Nulla si definisce in anticipo, saranno i bambini a definire i contenuti, espandendoli ed
articolandoli nel tempo.
● Un curricolo identitario:
Con caratteristiche proprie, diverse da qualsiasi altro, qualità distintive.
Deve tener conto delle diversità di ogni singolo bambino ed essere calibrato sulle sue
esigenze, risorse ed i suoi bisogni.
● Un curricolo ludico:
Dove il gioco viene considerato un'attività prevalente del bambino che cresce, un segno di
benessere, salute e vitalità.
Il gioco occupa una parte consistente della giornata al nido e alla scuola di infanzia, con la
partecipazione di un adulto capace di giocare coi bimbi promuovendo il gioco “dall'interno”.

1.6.3. le esperienze educative (pag 55)


Queste ultime a partire dai primi mesi di vita si articolano e si arricchiscono lungo tutto il
percorso del bambino fino al suo ingresso nella scuola primaria.
Pur se limitate possiamo citarne alcune:
★ Esperienze per il benessere e lo sviluppo psicofisico
★ Esperienze espressive
★ Esperienze di esplorazione e scientifiche
★ Esperienze nell'uso del linguaggio e della comunicazione verbale

Capitolo due
Le relazioni (pag. 77)
Come ormai sappiamo il curricolo e un insieme di diverse dimensioni che si intrecciano, tra
queste dimensioni un ruolo molto importante lo assumono le relazioni che possono essere
tra adulto e bambino, tra bambini, tra adulti…

2.1 Un approccio partecipativo


L'educazione passa sempre attraverso una relazione tra chi educa e chi viene educato: chi
educa orienta la relazione in base agli obiettivi educativi che si vogliono raggiungere.
Dalla 2 metà del secolo scorso troviamo una visione dell'infanzia che ha come valori
principali il riconoscimento del bambino come soggetto di diritti (diritto di esprimersi, di
partecipare alla vita comune…). Questo riconoscimento è frutto di processi culturali e sociali
lunghi che si avviano nel Novecento e culminano nella Convenzione internazionale sui diritti
dell'infanzia adottata dall'ONU nel 1989.
La prospettiva partecipativa riferita all’infanzia comporta due conseguenze particolari
quando viene proposta come riferimento per la relazione educativa con il bambino in età
prescolare:
1. Ampiamente positiva: riguarda il valore immediatamente educativo del mettere al
centro della relazione la voce del bambino. Questo comporta l'avvio di una
costruzione di un'immagine di sé valorizzata (Stern, pag.79)

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2. Meno positiva: in quanto la parità di posizioni tra adulto e bambino risulta
complessa da realizzare soprattutto nella relazione con bambini piccoli (nidi e scuole
dell’infanzia). I bambini prima dei 6 anni si rapportano al mondo in maniera concreta
piuttosto che attiva, privilegiando quindi lazione e il canale comunicativo non verbale;
questo suggerisce alcune implicazioni:
❖ Punto di vista espresso difficile da decifrare, bisogna avere un'attenzione
sensibile per coglierlo e non fraintenderlo (es. si può piangere per gioia,
rabbia…)
❖ Dato che la relazione educativa passa in gran parte attraverso il contatto
diretto tra i corpi dell'educatore e del bambino, bisogna che quest'ultimo
sostenga fisicamente il bambino nelle sue esigenze vitali. In questo dialogo
tra corpi il bambino esprime la sua voce più intima, la tensione del corpo del
bambino, ad esempio, può essere riconosciuta come protesta e deve
essereascoltata (es. prendere il bambino in braccio in maniera troppo
frettolosa lo scombussola)

2.2 La relazione adulto bambino (pag.82)


La postura relazionale dell'adulto e fondamentale nel rapporto educativo, di fatti ha
un'incidenza cruciale sulla possibilità che gli obiettivi di crescita e apprendimento possano
realizzarsi.
Si sviluppa attraverso processi complessi che toccano contemporaneamente i piani dello
sviluppo sociale, affettivo e cognitivo.

2.2.1. Rispecchiare, contenere, promuovere (pag.83)


Teorie che approfondiscono su diversi piani le dimensioni relazionali:
★ La relazione come rispecchiamento e conferma (Carl Rogers): teoria che offre
indicazioni importanti per chiarire cosa può significare mettere il punto di vista del
bambino in primo piano in una relazione educativa.
Il suo contributo si sviluppa all'interno della psicologia umanistica, dichiarandone i
principi di fondo in un approccio relazionale “non direttivo”.
Questo approccio viene principalmente proposto come metodo psicoterapeutico ma
l'autore sottolinea la rilevanza della non direttività anche in ambito educativo.
Principi sui quali si fonda la “non direttività rogersiana”: ogni persona ha valori e
dignità propri, possiede la capacità e il diritto di autoregolarsi positivamente verso
l'autorealizzazione. Importanza fondamentale è data anche dall’ambiente in cui
l'individuo vive e dalle relazioni che accompagnano la sua crescita in quanto possono
ostacolare o sostenere la realizzazione di “ciò che è”
★ La relazione come “contenimento”: dimensioni emotive della relazione educativa.

Alcuni studiosi in ambito psicoanalitico che pongono l'accento su ciò che avviene nel mondo
interno del bambino:
● Bion, 1962
Parla del processo di apprendimento in termini di “legame K”, riferendosi in particolare al
momento in cui il soggetto sta cercando di conoscere qualcosa di nuovo e sottolineando
come questo momento sia intriso dal dubbio. Secondo Bion il soggetto può affrontare
l'incontro con ciò che non conosce come un problema da risolvere portando a compimento il
processo conoscitivo solo se e in grado di tollerare il dolore causato dal dubbio

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● Salzberger-Wittenberg, Williams Polacco e Osborne, 1983
Si rifanno alla teoria bioniana affrontando da vicino la relazione di insegnamento o
apprendimento delineando le dinamiche che la attraversano e che possano intralciarla o
favorirla.
L'apprendimento e una funzione in cui si intrecciano i piani affettivo e cognitivo proprio per
questo bisogna ricordare che la relazione tra chi apprende e chi insegna e ricca di vissuti
emotivi di grande intensità.
***esempio: ad un bimbo piccolo verrà chiesto dalla maestra di costruire una torre con pezzi
ad incastro che non conosce e se non guidato correttamente potrebbe sentirsi confuso e
potrebbe decidere di far cadere la torre costruita per metà proiettando quindi i suoi
sentimenti sull'educatore che secondo gli autori potrà reagire in 2 modi: in primo luogo non
capire il bambino proiettando di nuovo su di lui quei sentimenti di disagio e confusione (ad
es. sgridarlo x aver fatto cadere la torre) oppure potrebbe tollerare questo stato doloroso
cercando di capire cosa sta accadendo nel bambino (in questo caso l'insegnante esercita
una funzione di reverie e contenimento).
Gli autori precisano gli atteggiamenti che dovrebbero avere gli educatori per costruire una
buona relazione educativa che prima di tutto richiede un ascolto “sottile” del bambino e di ciò
che la sua comunicazione suscita in chi educa: questo implica osservazione, apertura,
ricettività e disponibilità emotiva.
● La relazione come “impalcatura” (Vygotskij)
In una prospettiva vygotskiana la descrizione della relazione educativa e radicata nel
concetto di “zona prossimale di sviluppo” cioè la distanza tra ciò che, di fronte ad un
problema da risolvere, il bambino e capace di fare attuando le competenze pienamente
possedute (livello di sviluppo attuale) e ciò che invece riesce a fare se aiutato da un partner
competente (livello di sviluppo potenziale).
● Con Bruner
Invece parliamo della funzione di “coscienza vicaria”: Bruner ha la consapevolezza di dove il
bambino può e vuole arrivare. Il concetto di coscienza vicaria sta alla base della proposta
sviluppata da Bruner, Wood e Ross per identificare le funzioni attraverso cui è possibile
attivare la relazione educativa (la zona) e sostenere l'apprendimento. Per gli autori una
buona relazione educativa deve avere caratteristiche vygotskiane.

2.2.2. Per una buona relazione con il bambino nei servizi per l'infanzia 0-6: alcuni indicatori
(pag.93)
Indicatori utili per costruire e analizzare la qualità della relazione tra adulto e bambino:
● Il bambino deve essere riconosciuto come portatore di un suo diverso punto di vista,
si ritiene che sia capace di esprimerlo e che abbia il diritto di essere ascoltato e
quindi diventare soggetto attivo del dialogo con l'adulto per la definizione del suo
percorso educativo;
● Il bambino prima dei sei anni ha una modalità sia attiva che concreta di rapportarsi al
mondo;
● L'attenzione alla comunicazione non verbale non deve accantonare quella verbale:
l'intervento verbale dell'educatore deve essere proposto in maniera adeguata a
seconda dell'età del bambino;
● Tutto ciò che avviene tra educatore e bambino e relazione educativa;
● Il bambino deve essere concepito attraverso una prospettiva olistica (deve essere
guardato nella sua interezza di soggetto fisico, cognitivo, emotivo, sociale, in piena
sintonia con quanto affermato nella Commissione europea).

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2.2.2.1. I tratti del rapporto adulto-bambino (pag.94)
I tratti che dovrebbero caratterizzare la relazione adulto bambino vengono delineati
dall'approccio della “promozione dall'interno” sviluppato da Bondioli e Savio.
In primo luogo, l'adulto e personalmente coinvolto nello scambio relazionale col bambino,
anche sul piano corporale: si pone all'altezza del bambino, lo guarda negli occhi, lo
accarezza, ha una postura aperta pronta ad abbracciarlo o prenderlo in braccio…
Ciò non significa che la comunicazione verbale sia assente anzi, accompagna con commenti
e descrizioni quello che succede nelle interazioni (ad es. il tono di voce e pacato, le frasi
sono brevi).
Non devono mai mancare sensibilità e rispetto per le esigenze infantili e l'adulto deve
sempre lasciare spazio alle iniziative del bambino, coglierne il significato e rispecchiarlo
come proposta di comprensione, verbalmente e non.

2.2.2.2. Progettazione e monitoraggio (pag.97)


Data la loro complessità occorre che i tratti relazionali siano oggetto di progettazione
esplicita e monitoraggio per evitare che vengano dismessi.
Per evitare questo bisogna introdurre le seguenti strategie:
❏ Nel documento in cui il servizio dichiara la propria identità educativa (carta dei
servizi, progetto educativo…) viene affermata la promozione della partecipazione
attiva del bambino alla costruzione del proprio percorso educativo;
❏ Viene elaborato un documento di progettazione educativa condiviso dal gruppo in cui
si stanziano i tratti che dovrebbero caratterizzare la relazione tra il bambino e l'adulto;
❏ Si prevede una formazione regolare sul tema della relazione adulto bambino;
❏ La qualità della relazione adulto bambino viene periodicamente verificata sulla base
di osservazioni mirate e progettate in modo da avere un riscontro ampio.
Si tratta di azioni che richiedono risorse umane, temporali e finanziarie.

2.2.2.3. Spazi e tempi (pag.98)


Questo tipo di relazione richiede garanzie di base che non sono di competenza degli
educatori come rapporti numerici adeguati, spazi non sovraffollati, organizzazione del lavoro
che non imponga ritmi frenetici…
Vi sono condizioni però che possono essere determinate dagli educatori e che risultano
fondamentali per poter sviluppare un rapporto adulto bambino con le giuste caratteristiche.
Per quanto riguarda lo spazio e il suo allestimento si dovrebbero prevedere:
● Nelle sezioni (bagni, aree comuni…) la possibilità per i bambini di disporsi in piccoli
gruppi o appartarsi così che gli educatori possano dedicarsi in momenti diversi a
gruppi diversi;
● Materiali ricchi nella varietà di stimoli che propongono.
Per quanto riguarda i tempi importante che pur nella rigidità inevitabile dei ritmi imposti
dall'organizzazione della giornata (es. orari fissi dei pasti o dell’entrata), essi vengano
progettati in maniera tale da prevedere rallentamenti, posticipazioni o anticipazioni, per far si
che la voce dei bambini possa esprimersi.
Quindi nel concreto: prevedere che i bambini abbiano ritmi propri e, nel caso in cui l'attività
dovesse essere interrotta (ad es. non proseguire l'esplorazione dell’acqua perché e ora di
pranzo) la possibilità di riproporla.

2.3 Le relazioni tra pari (pag. 100)

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Secondo alcuni studi il bambino è predisposto all'interazione sociale fin dalla nascita.
Stern mette in luce come già nelle prime interazioni con la madre il neonato si proponga in
modo attivo e competente.
Piaget d'altro canto afferma che il superamento dell'egocentrismo, cioè l'incapacità di
comprendere il punto di vista dell'altro, e favorito nella prima infanzia dallo scambio coi
coetanei poiché quest'ultimi manifestano incomprensioni e conflitti che costringono il
fanciullo a fare i conti con un punto di vista diverso dal suo e quindi sforzarsi di
comprenderlo e di farsi comprendere per proseguire la relazione.
Nella prima infanzia una tra le situazioni che più ti spingono a raggiungere un punto di vista
condiviso e il gioco sociale, in particolar modo quello simbolico.
Il gioco comune viene costruito attraverso 3 processi:
1. Imitazione, i bambini più piccoli imitano quelli più grandi
2. Cooperazione, tramite proposte o argomentazioni...
3. Aiuto tutoriale, i bambini più grandi svolgono funzioni di tutoring
La sociologia dell'infanzia riconosce il gioco tra pari come una realtà estremamente
significativa in relazione alla possibilità dei bambini di co-costruire una propria cultura: la
cultura dei pari.
Bisogna però sottolineare pure gli aspetti di fragilità!
Isaacs attraverso uno studio condotto con l'esperimento educativo da lei realizzato alla
Malting House dal 1924 al 1927 mette a fuoco il comportamento sociale di bambini in un
gruppo misto per età in una situazione in cui si favorisce la libera esplorazione all'interno di
un ambiente ricco di stimoli e si promuove l'atteggiamento scientifico.
Gli esiti di 3 anni di osservazione rivelano che soprattutto prima dei 6 anni i comportamenti
cooperativi non sono diffusi e scontati.
Focalizzandoci invece sui bambini in età prescolare, altri studi confermano la fragilità della
socializzazione positiva tra pari, anche in gruppi con frequenza stabile e continuativa ed e
stata individuata l'oscillazione tra due polarità: attività sociali coesive (vicinanza, condivisione)
e attività sociali dispersive (competitività).
Isaacs indica alcune condizioni che favorirebbero il dispiegarsi delle competenze sociali del
bambino: stabilità della frequentazione del gruppo, un ambiente ricco di stimoli e aperto alla
libera esplorazione ed infine il ruolo che gioca l'adulto.
Retha De Vries da una prospettiva costruttivista neo-piagetiana, sostiene che per
promuovere la socialità positiva tra il gruppo dei pari e fondamentale che la relazione
dell'adulto con il bambino sia basata sul rispetto reciproco.
In estrema sintesi, condizioni favorevoli alla socialità positiva nei gruppi di bambini in età
prescolare sarebbero: opportunità di gioco e di esplorazione libera in un ambiente ricco di
stimoli con coetanei frequentati abitualmente in gruppi numericamente contenuti, con un
adulto che regola delicatamente gli scambi sociali.

2.3.2.1 Il ruolo delladulto (pag 107)


Il ruolo dell'adulto orienta la sua azione educativa su due versanti intrecciati ma distinguibili
grazie alle Indicazioni nazionali del 2o12: da una parte la promozione di contesti cooperativi
e di confronto diffuso, dall'altra il sostegno alla realizzazione di prime esperienze di
cittadinanza.
L'educatore dovrebbe rapportarsi ai bambini in gruppo secondo specifiche modalità:
➔ Dovrebbe porsi in una situazione di ascolto stando un passo indietro;
➔ Dopo aver ascoltato, dovrebbe intervenire direttamente nelle interazioni tra bambini
facendo da ponte sociale;

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➔ Se non si manifestassero dovrebbe sollecitare gli scambi in modo non direttivo;
➔ Dovrebbe porre domande di chiarimento per sollecitare l'esplicitazione dei punti di
vista dei bambini;
➔ Dovrebbe inserire elementi nuovi ma congruenti all'attività dei bambini e capaci di
sostenere il proseguimento dell'attività comune;
➔ Dovrebbe riprendere iniziative solo abbozzate dai bimbi, in quanto rappresentano
spunti che potrebbero sollecitare nuovi interessi.
Molto importante e la dimensione della reciprocità e la modalità attraverso la quale l'adulto
gestisce i conflitti tra bambini.
In quest'ultimo caso occorre che in prima battuta l'adulto faccia un passo indietro,
permettendo ai bambini di gestire autonomamente la cosa; solo nel caso di conflittualità
irrisolte l'adulto interviene per mediare secondo alcune modalità principali:
➢ Comprendendo e contenendo le dimensioni emotive che attraversano il conflitto;
➢ Secondo una prospettiva deweyana: il ricercatore, quindi, non deve abbandonare
ilsuo habitus anche nei confronti di problemi di natura sociale/relazionale;
➢ Proponendosi come un esempio di giustizia cui i bambini possano rifarsi e affidarsi;
➢ Sostenendo l'esperienza di prendere accordi.

2.3.2.2. Progettazione e monitoraggio (pag 110)


É necessario che la socialità tra pari sia oggetto esplicito di progettazione e monitoraggio.
Nel documento in cui il servizio dichiara la propria identità educativa (carta dei servizi,
progetto educativo…) occorre che venga fatto esplicito riferimento all'importanza attribuita
alla costruzione di una socialità positiva tra bambini, volta alla realizzazione di una comunità
di apprendimento.
Bisogna che la progettazione educativa per la socialità preveda:
● La possibilità per i bimbi di trascorrere la maggior parte del tempo in gruppi di
dimensioni non troppo ampie, in modo che vi siano condizioni di tranquillità
necessarie affinché si sviluppino scambi interattivi significativi e personali e affinché
l'adulto possa avere l'opportunità di coglierli, ascoltarli ed intervenire;
● Per ogni bambino, l'appartenenza a uno o ad alcuni gruppi di riferimento con una
certa stabilità;
● Per ogni bambino, la possibilità di sperimentare una certa varietà di situazioni sociali
anche nell'arco della stessa giornata, con momenti di scambio ed incontro con
bambini diversi da quelli del proprio gruppo, in modo che quest'ultimi risultino come
una base sicura per una socialità sempre più allargata.

2.3.2.3. Spazi e tempi (pag. 112)


Spazi, tempi e materiali devono essere organizzati nei modi seguenti.
Per quanto riguarda gli spazi:
★ Nelle sezioni (bagni o aree comuni) si dovrebbero allestire angoli di interesse (es.
angolo dei libri);
★ Deve essere messo a disposizione materiale ricco e vario;
Per quanto riguarda la gestione dei tempi e importante che pur nei vincoli imposti dalle
necessità organizzative venga previsto un certo agio nella gestione dei ritmi quotidiani in
modo tale da evitare di interrompere scambi interattivi in maniera brusca.

Occorre prevedere anche:

Sara Nicosia
● Momenti quotidiani in cui ci si ritrovi e ci si riconosca (al mattino ci si saluta
raccontando eventuali novità);
● Momenti per progettare attività da condividere;
● Momenti regolati periodicamente per ripercorrere con il gruppo quanto si e
condiviso in quel particolare lasso di tempo;
● Momenti modulati periodicamente per progettare con l'intero gruppo attività
comuni.
Un'attenzione particolare va rivolta al tempo per il gioco libero.

2.4 Le relazioni tra adulti (pag. 114)


La qualità delle relazioni tra colleghi risulta particolarmente pregnante per la possibilità che
gli obiettivi educativi trovino realizzazione, possibilità che dipende fortemente dal grado di
intesa e cooperazione presente nella squadra educativa.
Anche altre figure professionali contribuiscono, su diversi livelli, alla riuscita dell'impresa
educativa: il dirigente scolastico ha un ruolo cruciale nel sostenere la possibilità che il team
educativo funzioni come un buon gruppo di lavoro; anche gli operatori ausiliari contribuiscono
in modo sostanziale sia alla riuscita quotidiana sia della vita educativa.

2.4.1. Identità educativa e gruppo razionale (pag. 115)


Per descrivere come si caratterizza un buon gruppo educativo è utile introdurre il concetto di
identità educativa. Con questo termine si intende l'intreccio di principi, teorie, convincimenti,
idee e buone pratiche cui fa riferimento chi educa (Savio, 2O11).
Si può perciò affermare che le fondamenta di un buon team educativo poggino sulla
condivisione di una stessa identità educativa, perché ciò permette non solo di agire nella
stessa direzione, ma soprattutto di sentirsi un gruppo.
Il bambino deve essere visto come soggetto attivo e concreto, portatore del diritto di
espressione.
Il team educativo dovrebbe funzionare secondo:
➢ Un approccio razionale-scientifico al compito;
➢ Un'idea di sviluppo come conseguenza dell’apprendere dall esperienza, che in
relazione al lavoro del team significa sostanzialmente due cose: 1) concepire il
proprio pensare/fare educativo come aperto e non immobile; 2) considerare il
processo di partecipazione al gruppo di lavoro come l'esito di un continuo
aggiustamento relazionale basato sulla conoscenza dei reciproci punti di vista allo
scopo di costruire prospettive educative condivise;
➢ Un processo di cooperazione che produce l'organizzazione e la struttura del
gruppo definendo ruoli, funzioni e compiti per dotarsi di una struttura organizzativa
coerente e funzionale con gli obiettivi.
Esistono 2 ordini di difficoltà che riguardano i singoli nel gruppo:
1. Pericolo di perdere la propria individualità;
2. Imparare a stare nel gruppo.
Per fronteggiare tali difficoltà il team può fare riferimento al coordinatore pedagogico.

2.4.2.Per un buon team educativo: alcuni indicatori (pag. 118)

Sara Nicosia
Il team di un servizio 0-6 potrà sostenere la qualità educativa ed in particolare quella della
relazione tra adulto e bambino e tra bambini solo se si verificano le seguenti condizioni:
1. Educatori condividono in maniera esplicita una stessa identità educativa che viene
dichiarata nei documenti deputati alla presentazione del servizio;
2. Obiettivi e progetti educativi si sviluppano a partire dalla dichiarata identità educativa
del servizio;
3. Il team si dà una struttura organizzativa coerente con gli obiettivi e i progetti educativi
concordati, equilibrata nei carichi di lavoro;
4. Il team e attivo nell'affermare il principio partecipativo sia all'interno sia all'esterno del
servizio;
5. É presente un coordinamento pedagogico che sostiene il team nei suoi compiti
educativi promuovendo:
➔ Una programmazione precisa di tempi e modi per confrontarsi su strategie, obiettivi,
verifiche…
➔ Una definizione chiara ed equa dei carichi di lavoro, dei ruoli e dei compiti;
➔ Un confronto democratico nei momenti di discussione in gruppo, orientato verso la
co-costruzione di condivisioni mirate al compito.
Il coordinatore pedagogico ha un ruolo essenziale nel sostenere l'attivazione del principio
partecipativo all'interno e all'esterno del servizio: sollecitando il team, formulando proposte,
curando la parte organizzativa.

Capitolo 3
Spazi e tempi (pag. 133)
Nelle pedagogie per l'infanzia l'offerta formativa si caratterizza anche e soprattutto per le
caratteristiche dei luoghi nei quali i piccoli passano la loro giornata fuori casa: spazi al chiuso
e all'aperto provvisti di arredi, giocattoli, oggetti e materiali progettati a misura di bambino per
assolvere finalità educative. Se accanto gli spazi si considera anche l'organizzazione
dell'esperienza in senso temporale, la loro collocazione nella quotidianità, la loro ritmicità e
sequenza si può affermare che nella pedagogia dell'infanzia l'ambiente e un forte dispositivo
educativo.

3.1 Per una pedagogia dello spazio e del tempo


Nei nidi e nelle scuole dell'infanzia l'organizzazione dello spazio e la gestione del tempo
vengono generalmente considerate come elementi di base per il buon funzionamento della
vita quotidiana e per lo svolgimento delle attività con i bambini.
Si progettano la funzionalità dei diversi spazi e la distribuzione all'interno di arredi e materiali,
si definiscono le scansioni della giornata e la loro durata, si propongono variazioni di attività e
situazioni nel corso dell'anno. Si tratta di aspetti importanti che consentono di dare ordine
alla vita quotidiana e offrire ai bambini stimoli significativi.

3.1.1. Il significato psicologico e sociale dello spazio (pag.134)


Il tema della valenza psicologica e sociale dello spazio ha cominciato a costituire un oggetto
di ricerca e riflessione a partire dalla metà del secolo scorso.
Vi hanno contribuito alcuni studiosi che hanno aperto la via a riflessioni significative per la
pratica e l'ambito educativo.
Il primo contributo che va menzionato è quello di Kurt Lewin e degli psicologi ecologi.

● Lewin mette in evidenza due aspetti dello spazio: da un lato quello materiale,

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dall'altro quello psicologico; l'autore chiama ambiente l'intreccio dei due aspetti.
Lo spazio nella sua materialità è costituito da un insieme di fattori di ordine extra psicologico
che influenzano fortemente l'ambiente psicologico e attraverso di esso il comportamento.
D’altra parte, anche il vissuto psicologico degli individui e dei gruppi ne influenza il
comportamento.
● Marc Augé invece pone l'attenzione sulla dimensione identitaria o, al contrario,
impersonale degli spazi costruiti, abitati, attraversati dagli uomini.
● Auge distingue tra luoghi e nonluoghi: i luoghi sono ambienti caratterizzati da una
storia, un'identità, una tradizione, riconosciuti da coloro che li abitano come dimore/spazi di
appartenenza; nei luoghi anche gli oggetti hanno una storia.
Al contrario i non-luoghi sono spazi nei quali colui che li attraversa non può leggere nulla.
Le considerazioni di Auge ci aiutano a riflettere su due diversi significati che lo spazio può
assumere: da un lato lo spazio come luogo in cui gli individui si sentono a casa, dall'altra lo
spazio impersonale, puramente funzionale, senza storia e senza identità. Una domanda
sorge spontanea: “gli asili nido o le scuole d'infanzia possono essere considerati luoghi o si
presentano come nonluoghi”, Questo dipende dal piccolo, se sente di appartenervi, avverta
di esserne un partecipante attivo, ne riconosca l'identità e senta di contribuirvi.
● La sociologia di Goffman pone l'accento sulla valenza sociale e simbolica degli spazi
nei quali hanno luogo gli incontri tra individui.
Le occasioni sociali più formalizzate prevedono una precisa organizzazione dello spazio che
definisce i ruoli, funzioni sociali, comportamenti consoni secondo regole esplicite ed implicite.
Le occasioni sociali soprattutto quelle più ritualizzate comportano l'utilizzo di luoghi specifici
la cui organizzazione, i cui riferimenti simbolici sollecitano modalità di comportamento tipiche
all'occasione sociale stessa.
● Una più spiccata valenza politica hanno le considerazioni di Michel Foucault che si è
occupato in particolare delle dinamiche dell'organizzazione del potere, delle molteplici
strategie con cui quest'ultimo assoggetta gli individui e i gruppi.
Nel volume “sorvegliare e punire” il filosofo francese illustra come a partire dal Settecento la
disposizione degli ambienti di alcune istituzioni sia stata concepita al fine di esercitare un
sempre maggiore controllo sociale.
Foucault parla di microfisica del potere mostrando come l'organizzazione spaziale e
temporale di istituzioni come prigioni, fabbriche, ospedali, collegi, scuole si configuri come
dispositivo disciplinare.

3.1.2. L'aula e l'impegno del tempo nelle istituzioni educative (pag. 139)
Lo spazio non è un contorno ma un medium educativo o un congegno pedagogico in quanto
suscita vissuti, configura ruoli e relazioni, predispone ad habitus di comportamento,
sottolinea l'appartenenza e l'identità o spersonalizza.
Tenendo conto di questi aspetti lo spazio può assumere valenze molto diverse: autoritaria o
democratica; individualistica o partecipativa; anonima e impersonale o identitaria e inclusiva.

3.2 Spazio e tempo dal punto di vista dei bambini (pag. 143)

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Due testi di Piaget sono fondamentali per comprendere come nel bambino si costruiscono
evolutivamente i concetti di spazio e di tempo così come noi adulti li conosciamo.
Il bambino alla nascita non è in grado di distinguere il mondo esterno e quello interno, non
esiste per lui uno spazio unitario: immagini, suoni, oggetti appaiono e spariscono. Solo
progressivamente il bambino si renderà conto del rapporto tra gli oggetti; compariranno le
prime rappresentazioni mentali (questo passaggio avviene nel secondo anno di vita).
Precedentemente, infatti, lo spazio risulta essere di tipo senso motorio, solo
successivamente lo spazio diventerà rappresentativo.
L'importanza delle capacità rappresentative nell'elaborazione della realtà esterna è segnalata
in particolare da Vygotskij, il quale considera un momento cruciale dello sviluppo quello in
cui il bambino non dipende più per le sue azioni dalle proprietà materiali e percettive degli
oggetti ma delle loro rappresentazioni mentali: solo quando il bambino distingue l'oggetto dal
suo significato può agire indipendentemente.
Anna Freud nel testo “normalità e patologia nell'età infantile” ci dice che il vissuto temporale
del bambino non è identico a quello dell'adulto.

3.3 La qualità pedagogica di spazi e tempi nei servizi per l'infanzia 0-6: alcuni indicatori (pag.
147)
Alcune considerazioni su come allestire ambienti a misura di bambini dal punto di vista
spaziale e temporale:
1. Non è possibile sconnettere l'organizzazione degli spazi e dei tempi della
complessiva organizzazione dell'ambiente, che comprende un'ampia gamma di
aspetti fra i quali: le attività che i bambini possono svolgere, le modalità della
relazione educativa, il vissuto di ciascun bambino rispetto all'ambiente
extradomestico;
2. L'organizzazione degli spazi e dei tempi dipende dal vissuto infantile e allo stesso
tempo lo influenza;
3. Le acquisizioni cognitive ma anche quelle fisiche ed emotivo affettive connesse alla
fiducia, all'elaborazione di un senso di realtà, alla capacità di dilazionare il
soddisfacimento immediato dipendono dal modo con cui l'ambiente le promuove ma
anche dalle capacità del bambino, spesso connesse all'età;
4. L'organizzazione dello spazio e del tempo influenza anche le dinamiche tra pari.
Osservazioni specifiche circa l'organizzazione di spazi e tempi:
● Lo spazio non è un puro contenitore degli eventi educativi ma uno strumento
formativo più o meno consapevolmente utilizzato. Dovremmo pensare allo spazio allo
stesso modo con cui pensiamo alle attività che proponiamo, alle consegne che
diamo, ai metodi che utilizziamo e cioè come strumenti di apprendimento e
socializzazione. Ma considerare lo spazio come strumento richiede che esso venga
progettato e che le ricadute pedagogiche di tale progettazione vadano verificate;
● La qualità dell'esperienza educativa nel nido e nella scuola dell'infanzia non è
data solo dalla quantità di tempo dedicato ai diversi tipi di attività ma anche dal modo
con cui diversi episodi si dispongono nel corso della giornata, dalla loro successione,
dalla loro duratura, dal loro ripetersi ciclico e ritmico. Piaget riferendosi al bambino
piccolo, parla di un tempo locale cioè di un tempo proprio a ciascun evento;
pertanto,l'organizzazione della giornata infantile è importante perché l'esperienza
infantile può strutturarsi in eventi riconoscibili dotati di significato secondo dei prima,
dei dopo e degli ancora.

Sara Nicosia
Esistono una serie di aspetti chiamati indicatori che vanno tenuti in considerazione sia
quando si progetta lo spazio e l'organizzazione temporale nel nido e nella scuola dell'infanzia
sia quando si riflette se l'organizzazione messa appunto produca gli effetti che si intendevano
sollecitare.
Gli indicatori proposti partono da un'idea di ambiente educativo che deve essere:
★ A misura di bambino, orientato alla loro crescita
★ Generoso, nel quale i bambini abbiano possibilità di provare ampie possibilità di
gioco, attività ed esplorazione
★ Attivo, che susciti il desiderio di fare
★ Conviviale e sociale, che favorisca gli scambi orizzontali e le relazioni tra pari in un
clima di affettività positiva e di responsabilizzazione sociale.

3.3.1. Gli indicatori relativi a spazi e materiali (pag 150)


1. Progettazione:
Lo spazio va progettato. La progettazione degli spazi si interseca con le idee del bambino di
relazione educativa e di finalità educative che abbiamo in mente. L'atto del progettare
comporta la definizione di un problema e un'ipotesi di soluzione. Si sa dalla letteratura di
ricerca, in particolare da studi etologici, che la densità sociale e la densità spaziale, oltre alla
quantità di risorse disponibili, sono aspetti che incidono sulla qualità sociale del gioco, in
particolare l'affollamento e il fattore più negativo.
2. Articolazione e destinazione d'uso degli spazi della scuola:
Questo indicatore punta l'attenzione sia sulla dimensione fisica dell'ambiente-scuola sia sulla
dimensione funzionale. In primo luogo, è importante che la destinazione degli spazi sia frutto
di una progettazione concordata da insegnanti. In secondo luogo, gli spazi della scuola
dovrebbero essere articolati. In modo tale da assolvere funzioni diverse. In terzo luogo, nella
progettazione dell'organizzazione degli spazi per i bambini si dovrebbe tener presente la
necessità di bilanciare flessibilità e strutturazione per consentire una certa libertà, la
possibilità di cambiamenti e al tempo stesso garantire stabilità. Vanno infine ricordati gli spazi
per gli adulti: per riporre effetti personali, per raccogliere la documentazione, per contenere
una piccola biblioteca di libri e riviste professionali, per riunioni dell'equipe con i genitori, per
l'accoglienza dei genitori all'ingresso e all'uscita.
3. Fruibilità degli spazi extrasezione:
Questo criterio considera se e quanto gli spazi della scuola diversi da quelli della sezione,
attrezzati per sollecitare specifiche esperienze, siano effettivamente accessibili e
costituiscano una risorsa abituale.
4. Articolazione interna dell'aula/sezione:
Lo spazio della sezione nella quale i bambini passano buona parte del tempo della loro
quotidianità dovrebbe essere articolato in zone dotate di materiali ad hoc così da suggerire
varie tipologie di giochi e attività. l L'articolazione in zone, pur suggerendo ai bambini
particolari attività, lascia loro anche libertà di scelta e al tempo stesso favorisce l'instaurarsi
di una socialità positiva.
5. La personalizzazione degli spazi:
L’ambiente della scuola deve poter essere per ciascun bambino un ambiente di vita
accogliente e amico; perché il nido e la scuola possano essere sentiti come luoghi di vita è
necessario che il bambino senta di appartenervi, di essere a casa. Inoltre, è importante che
il bambino possa ritrovare nell'ambiente segni di sé e del proprio passaggio e percepire che
sarà fatto il possibile per venire incontro alle sue particolari esigenze e preferenze. Gli

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esempi di personalizzazione dello spazio sono molti: i cassetti o le caselle personali, oggetti
portati da casa…
6. La valenza sociale dello spazio:
Gli spazi hanno necessariamente una valenza sociale nel nido e nella scuola dell'infanzia,
l'organizzazione dello spazio dovrebbe incentivare la collaborazione tra bambini, consentire
ai bambini di sperimentare diverse modalità di applicazione ,consentire ai bambini
modificazioni degli spazi. Un altro aspetto connesso alla valenza sociale dello spazio
riguarda la sottolineatura dell'appartenenza a un gruppo, ad esempio il nome o il simbolo che
caratterizza la stanza del gruppo di bambini che la abitano.
7. Lo spazio e lo sviluppo di autonomia:
L'autonomia dell'utilizzo degli spazi viene promossa a queste condizioni: se gli spazi sono
tendenzialmente accessibili ai bambini anche per un uso autonomo; se vi sono regole
concordate circa l'uso degli spazi che i bambini possano comprendere e che non ne
ostacolino la libertà di azione; se gli spazi della scuola sono aperti. L'autonomia viene
Favorita anche da una organizzazione dello spazio che consente il libero accesso ai materiali
disponibili.
8. Lo spazio e la corporeità:
L'acquisizione di un senso di padronanza nell'uso del corpo dipende per buona parte,
soprattutto nei soggetti in età evolutiva, Dalle caratteristiche degli spazi in cui ci si muove.
Questo indicatore pone l'attenzione su quanto gli spazi interni del nido e della scuola
dell'infanzia consentano ai bambini attività di libero movimento che impegnano e sollecitano
la motricità globale.
9. La qualità estetica dello spazio:
La qualità percettiva, tattile, cromatica dell'ambiente e dei materiali in esso contenuti non
contribuisce soltanto a rendere lo spazio della scuola confortevole Ma si configura anche
come una forma indiretta di esercizio del gusto e della fruizione estetica. Alcuni suggerimenti
in proposito: scelta di colori rilassanti sia per le pareti sia per gli arredi; disposizione ordinata
e funzionale dei materiali e dei giocattoli presenti; appendere alle pareti immagini non di
puro ornamento o banali ma foto e produzioni di bambini disposte con ordine con cura su
appositi supporti. Anche i materiali dovrebbero avere una qualità estetica: nel loro insieme di
spazio dovrebbero apparire accoglienti e caldi.
10. Attenzione agli adulti:
La scuola è un ambiente di vita sia per i bambini che per gli adulti; anche questi ultimi
(genitori e insegnanti) hanno bisogno di trovare nella scuola segni di appartenenza, luoghi di
incontro confortevoli, arredi che consentono lo svolgimento agevole del proprio ruolo.
11. L'utilizzo pedagogico dello spazio esterno:
Nella maggior parte dei casi i nidi e scuole dell'infanzia hanno a disposizione uno spazio
esterno che Può variare ampiamente quanto a superficie, piantumazione, attrezzature. Viene
generalmente utilizzato per attività all'aperto soprattutto di movimento quando il tempo lo
permette. In primo luogo, lo spazio all'aperto dovrebbe offrire garanzie di sicurezza; in
secondo luogo, dovrebbe presentare semplici attrezzature che incoraggino il gioco motorio e
la messa alla prova delle proprie capacità fisiche (come altalene, scivoli); in terzo luogo lo
spazio esterno oltre che per le attività di movimento dovrebbe essere attrezzato per attività
significative che possono essere svolte all'aperto (come giochi con sabbia o con acqua).
Inoltre, anche all'aperto i bambini dovrebbero essere incoraggiati a svolgere le attività che a
loro piace fare al chiuso (Come disegno o pittura). Infine, va ricordato che le attività all'aperto
possono essere svolte anche al di fuori della scuola con passeggiate, gite, escursioni.

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12. Materiali e giocattoli:
L'organizzazione dello spazio riguarda anche il modo con cui materiale e giocattoli vengono
scelti e collocati all'interno dell'aula e negli spazi comuni.
Indicazioni relative alle caratteristiche che in generale dovrebbero avere materiali
giocattoli:
● Buono stato
● Sufficientemente sicuri
● In quantità sufficiente da da poter essere utilizzati da un certo numero di
bambini senza suscitare troppi conflitti
● Qualità estetiche quindi sollecitare la percezione tattile visiva e sonora
● Meglio di legno anziché di plastica
● Robusti e di buona fattura
● Gradevoli al tatto e funzionali
● Bisogna avere anche materiali di recupero utilizzabili per svariate attività
● Dovrebbe essere presentato in maniera ordinata così da renderlo facilmente
accessibile ai bambini
● Bisogna prevedere materiali non strutturati che possono sollecitare un uso
creativo e libero come corde o mattoncini di legno
● Disposti in scaffali facilmente raggiungibili dai bambini
● Dovrebbero essere sostituiti nel tempo se rotti.

3.3.2. Gli indicatori temporali (pag.159)


1. La progettazione del tempo:
Anche l'organizzazione del tempo al nido e alla scuola dell'infanzia ha una notevole
incidenza sulla vita quotidiana e sulla crescita dei bambini. L'organizzazione dei tempi
richiede una progettazione collegiale e deve essere considerata un problema da risolvere
tenendo presenti sia le esigenze dei bambini, sia gli effetti che una certa organizzazione
temporale può avere su di loro;
2. La giornata educativa. Ritmo, transizioni e scansioni:
Lo sviluppo del senso del tempo e un'acquisizione importante dei bambini in età prescolare
che può essere più o meno facilitata al disegno della giornata, soprattutto dal ritmo di
successione degli eventi e dalla gestione delle transizioni.;
3. La continuità dell'esperienza:
Un aspetto importante della temporalità e dato dalla maggiore o minore
connessione/integrazione delle esperienze. Secondo Dewey un'esperienza e educativa se
da essa si sarà tratto un significato che potrà essere speso successivamente per affrontare
nuove esperienze, ovvero non sarà fine a sé stessa ma avrà modo di articolarsi e arricchirsi
nel tempo.
Strategie utili a dare continuità all'esperienza infantile: ricordare ai bambini quanto e stato
fatto in precedenza; mostrare il filo che connette una certa esperienza; far crescere
un'esperienza nel tempo espandendola...
4. La personalizzazione del tempo collettivo:
Il nido e la scuola dell'infanzia richiedono un certo adattamento del bambino ai ritmi e tempi
collettivi, che però non può e non deve essere richiesto a priori né imposto. Non influisce
solo l'età del bambino sulle sue capacità di adattarsi ma anche il modo in cui viene effettuata
la gestione del tempo della realtà extradomestica. La personalizzazione del tempo e dunque
un aspetto necessario (es. se un bimbo impiega più tempo a mangiare non gli si deve far
fretta) perché mostra al bambino che le sue esigenze sono rispettate;

Sara Nicosia
5. Il tempo condiviso, l'autonomia e l'uso sociale del tempo:
Una delle principali conquiste del bambino in età prescolare e la progressiva capacità di
elaborare un senso del tempo condiviso. Si parla di tempo condiviso quando il tempo non e
piu sentito in riferimento esclusivo all'esperienza propria ma tiene conto della presenza e
delle esigenze di altre persone.
6. Il tempo e la costruzione dell'identità:
La costruzione dell'identità personale e strettamente connessa al percepire la propria
esperienza in una linea temporale con continuità tra passato, presente e futuro. Sono
molteplici i fattori che contribuiscono alla elaborazione dell'identità personale (es. possedere
un'unità psico-fisica, utilizzare la memoria per dare significato all'esperienza…) ed anche le
strategie (es. il racconto).

Capitolo quattro
Il gioco (pag. 173)
Parlare di gioco in riferimento all'infanzia significa fare i conti con una realtà che ha un ruolo
centrale per la buona crescita del bambino.
L'attività ludica non è semplicemente una condotta attraverso cui il bambino può apprendere
e svilupparsi, ma rappresenta il suo modo caratteristico di stare al mondo, di rapportarsi alla
realtà e di esprimere il suo punto di vista.
In questo senso si può dire che il gioco e la voce stessa del bambino.
Il documento europeo “proposta di principi fondamentali di un quadro di qualità per
l'educazione e la cura della prima infanzia “si esprime chiaramente affermando che: “il gioco
dovrebbe essere messo al centro di ogni proposta educativa finalizzata a sostenere
l'apprendimento dei bambini in età infantile”.

4.1.1. La natura del gioco (pag. 174)


Roger Caillois nel suo libro “I giochi e gli uomini” riprende e sviluppa la definizione di gioco
data dallo storico olandese Huizinga, individuando con precisione gli aspetti che
caratterizzano la realtà ludica e la differenziano da quella non ludica: il gioco e libero,
separato, incerto, improduttivo, regolato, fittizio.
★ Il gioco libero:
Chi gioca decide di farlo spontaneamente e in modo del tutto volontario, per il solo piacere di
farlo, così come e del tutto libero decidere quando uscire dal gioco. In questo senso non si
può imporre a qualcuno di giocare perché chi gioca sotto costrizione non sta realmente
giocando. Chiedere a qualcuno di giocare può essere paragonato a chiedere qualcuno di
amarci o di essere spontaneo
★ Il gioco separato:
Il gioco e un universo separato dal resto dell'esistenza e chiuso alle interferenze del mondo
che sta fuori. Qualsiasi gioco ha un suo spazio fisico e virtuale, che segna i confini con ciò
che gioco non è (es. la scacchiera per il gioco degli scacchi). Uscire da tali confini significa
interrompere l'attività ludica e in alcuni casi ciò comporta delle penalità. Anche il tempo del
gioco e delimitato e separato
★ Il gioco incerto:
Per qualsiasi gioco e impossibile prevedere né il suo svolgimento né il suo esito, in questo
senso si può dire che l'attività ludica e sempre incerta;
★ Il gioco improduttivo:
Il gioco si differenzia da qualsiasi attività con un obiettivo esterno, volta a costruire o ottenere
qualcosa.

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Es. il bambino che gioca a calcio nel cortile si differenzia dal giocatore professionista che lo
fa anche per essere remunerato e non semplicemente per il piacere di giocare in sé
★ Il gioco autoregolato:
Pur essendo un'attività libera, il gioco e sempre caratterizzato da regole. Il giocatore si
sottrae alle regole della vita ordinaria per sottomettersi liberamente a quelle precise del gioco
★ Il gioco fittizio:
Chi gioca e sempre accompagnato dalla consapevolezza di trovarsi in una dimensione di
realtà diversa, di estraniarsi temporaneamente dalla vita ordinaria, tale per cui sa in ogni
momento con chiarezza di star agendo per gioco.

Questi riferimenti permettono di identificare la realtà ludica e di distinguerla da quella non


ludica.

4.1.2. Educazione e gioco, un rapporto complesso (pag.176)


Questa tabella mette a confronto gli aspetti indicati da Caillois come caratteristici del gioco e
quelli che, in modo del tutto generale, possono essere riconosciuti come tipici di una
prospettiva educativa con particolare riferimento alla fascia d'età 0-6:

il gioco è libero e piacevole l'educazione propone/impone esperienze,


conoscenze, condotte

è separato è parte della vita ordinaria

è incerto è certa nei percorsi e negli obiettivi

è improduttivo mira a produrre crescita e apprendimento

è autoregolato comporta eteroregolazione

è fittizio è reale

Gioco e educazione sembrano configurarsi come realtà opposte e incompatibili.


Dunque, sembrerebbe di poter dire che se c'è gioco non c'è educazione e viceversa.
● Da una parte la ricerca psicopedagogica ha ampiamente riconosciuto il significato
evolutivo del gioco e perciò avverte gli educatori che non possono svolgere il proprio
compito senza attribuire un posto importante all'attività ludica del bambino nella
propria prospettiva e pratica educativa.
● D’altra parte, però l'educatore riconosce le qualità particolari e complesse del gioco:
il suo essere per natura spontaneo, liberamente scelto e sviluppato dal bambino,
eppure regolato; il suo appartenere a una dimensione di realtà straordinaria; il
piacere che lo caratterizza e che auto genera…
Il riconoscimento di tale complessità dice all'educatore che il gioco è delicato e che per
essere davvero gioco deve essere lasciato a sé in quanto qualsiasi intervento rischia di
rovinarne la spontaneità e di deviarne i percorsi facendo vacillare la sua fragile struttura.
Questo rischio è particolarmente presente nel caso dell'intervento educativo poiché per sua
natura mira a orientare o modificare, se pure nella direzione della crescita e del benessere.

Sara Nicosia
E qui sta l'ambivalenza come educatori:
● Dovremmo sostenere e promuovere il gioco
● Ma se proviamo a farlo il gioco rischia di svanire, di perdere quelle caratteristiche che
lo rendono tanto importante.
Questa ambivalenza se lasciata a sé stessa può portare l'operatore educativo a risolvere il
disagio attivando due possibili atteggiamenti, opposti ma ugualmente inadatti:
● Da una parte è possibile che prevalga l'intenzione di tenere il gioco dentro l'azione
educativa arrivando a utilizzarlo come cattura didattica, come trucco per invogliare il
bambino a dedicarsi ad attività che mirano non tanto a sostenere il gioco stesso
quando competenze o conoscenze;
Ed è proprio questo è il messaggio che passa al bambino: non si gioca per giocare ma ad
esempio per imparare i colori, i numeri, l'inglese.
In questo genere di attività il gioco scompare e viene confuso con un'attività didattica
divertente.
● D’altra parte, vi è la possibilità che abbia il sopravvento la tutela del gioco
interpretata in modo assoluto, tanto da portare l'operatore educativo ad astenersi da
qualsiasi intervento: in questo caso l'adulto predispone spazi, materiali, gruppi e
tempi per il gioco ma si mantiene a distanza.
Questo secondo atteggiamento rispetto al primo salvaguarda maggiormente il gioco e la sua
natura creando Anzi le condizioni perché possa manifestarsi.
Il superamento di questa presunta incompatibilità tra gioco ed educazione richiede un
cambiamento di prospettiva; si tratta di non guardare più il gioco secondo una prospettiva
che lo valorizza per ciò che produce in termini di crescita e apprendimento ma piuttosto
chiedendosi che significato ha per il bambino.

4.2 Il gioco dal punto di vista del bambino (pag. 180)


La teoria dello sviluppo di Piaget è una cornice concettuale dalla quale non si può
prescindere per delineare le caratteristiche del gioco nella prima e primissima infanzia.
Lo psicologo ginevrino concepisce il gioco come un'attività che si esercita al di fuori dei
processi di adattamento e che evolve come conseguenza dello sviluppo delle strutture
intellettive, più precisamente. Ciò significa in primo luogo che quando il bambino gioca
Sospende i due processi attraverso cui si realizza l'adattamento all'ambiente Cioè
l'accomodamento è l'assimilazione.
Il gioco, principalmente quello dei primissimi anni di vita, e assimilazione pura ovvero
consiste nell'attivare a vuoto gli schemi, le abilità e le condotte acquisite per il puro piacere di
esercitarli al di fuori di qualsiasi finalità; in questo senso il gioco e egocentrismo puro.
Riguardo allo sviluppo del gioco si è detto che rispecchia l'evoluzione stadiale
dell'intelligenza secondo i seguenti passaggi:
1. Il gioco di esercizio e agganciato all'intelligenza sensomotoria la quale caratterizza i
primi due anni di vita ed è centrata sulla percezione e sull'azione;
2. Il gioco di finzione compare con il passaggio dall’ intelligenza motoria all’intelligenza
rappresentativa, questo passaggio avviene tra i 18 e i 24 mesi e consiste nella
maturazione delle capacità di produrre rappresentazioni mentali. Indipendentemente
da ciò che viene percepito;
3. Il gioco di regole rappresenta il ponte tra l'attività ludica vera e propria e i
comportamenti che implicano un adattamento alla realtà, compare tra i 4 e i 7 anni
ma si mantiene anche nell'età adulta.

Sara Nicosia
Fuori da queste tre categorie principali Piaget colloca che il gioco di costruzione, il quale
come il gioco di regole pur ponendosi tra il gioco pure la condotta adattata si manifesta in
modo trasversale.

4.2.2. il significato del gioco per il bambino (pag. 182)


Comprendere il significato che assume il gioco dal punto di vista infantile non è cosa
immediata, infatti, specie nella prima infanzia, il bambino si esprime sostanzialmente
attraverso il gioco il quale perciò può essere considerato la sua voce. Ma per approfondire il
senso di tale rilevanza occorre riferirsi alle teorie di studiosi che hanno cercato di
comprendere e discutere il gioco.
★ Il gioco esprime piacere di vivere e restituisce il senso dell'esistere:
Bettelheim afferma che l'importanza del gioco risiede soprattutto nel godimento immediato e
diretto che prova il bambino, con questa affermazione lo studioso mette in luce la dimensione
più evidente del gioco: quella del piacere.
Winnicott riprende il rapporto tra giocare e vivere considerando il gioco come prototipo
dell'esperienza creativa;
★ Il gioco esprime senso di efficacia e di padronanza della mente e del corpo:
Nel gioco del bambino (soprattutto nella 1 infanzia) il corpo ha un ruolo primario.
Piaget parla del gioco come un'attività senso-motoria, e attraverso i movimenti e i gesti che il
bambino mette in scena le sue trame ludiche (ad es. giocare a fare il dottore. Questo tipo di
gioco e soprattutto l'espressione delle prime forme di pensiero rappresentativo;
★ Il gioco è espressione e modulazione dell’affettività:
Il rapporto tra gioco e vita affettiva del bambino e approfondito nell'ambito delle teorie
psicoanalitiche.
Il punto di vista psicoanalitico sul gioco si può ritrovare in alcune affermazioni di Bettelheim,
ad esempio quando dice che il gioco e un'attività a contenuto simbolico che i bambini usano
per risolvere inconsciamente problemi che non sono in grado di risolvere nella realtà.
Ciò significa che qualsiasi tipo di gioco, anche quello non simbolico, ha sempre un rimando
inconsapevole a contenuti inconsci.
Freud e il padre della psicoanalisi, ricordiamo il suo esperimento condotto osservando il
modo attraverso il quale il nipotino Ernst di 18 mesi giocasse: il bambino soprattutto nei
momenti in cui la madre si allontanava da lui, giocava con un rocchetto di filo lanciandolo
lontano da s per poi riprenderlo ripetutamente. L'analisi di Freud ci conferma le
testimonianze di Bettelheim, in questo caso Ernst attraverso il rocchetto mette in scena,
inconsapevolmente, la separazione della madre e i sentimenti dolorosi, ciò gli permette di
soddisfare i suoi desideri inconsci (ad es. punire la madre/rocchetto gettandola lontana; di
rassicurarsi (poich consapevole del fatto che la madre/rocchetto torna sempre) e di esplorare
i propri vissuti stando al sicuro;
★ Il gioco e pensiero creativo:
Winnicott, studioso in ambito psicoanalitico, mette in evidenza il significato del gioco in
relazione ai processi di pensiero creativo.
Secondo Winnicott quando il bambino gioca sospende il suo rapporto faticoso con la realtà.
Questa sospensione avviene attraverso l'attivazione di un'area transizionale tra interno ed
esterno, cioè ciò che si desidera e ciò che è possibile.
Lo studioso pensava che il gioco fosse la prima esperienza di creatività per un bambino;

Sara Nicosia
★ Il gioco simbolico e la prima possibilità di pensiero rappresentativo:
Vygotskij pensa che ci sia una stretta relazione tra gioco simbolico e pensiero
rappresentativo, secondo lui per il bambino “giocare a fare finta” (ad es. che il manico di una
scopa sia un cavallo) e prima di tutto possibilità di immaginare e di sperimentare una nuova
libertà mentale
★ Il gioco simbolico e esplorazione dei ruoli sociali e dei processi che li regolano:
Sempre Vygotskij mette in evidenza il significato del gioco simbolico in relazione
all’esplorazione di ruoli, regole, habitus sociali.
Lo studioso pone l'esempio di 2 sorelle che giocano a fare le sorelle, commentando che così
le due bambine esplorano cosa significhi essere sorelle.
Questo tipo di gioco rappresenta per i bambini un esordio nel mondo dei significati;
★ Il gioco simbolico tra pari e sforzo di decentramento:
Secondo Piaget il gioco simbolico evolve verso forme socializzate, in cui i bambini
condividono la messa in scena ludica di trame comuni.
Questa condivisione comporta la capacità di mettersi d'accordo, di esprimere la propria
intenzione di gioco ma soprattutto di comprendere quella del compagno.
Il gioco sociodrammatico richiede uno sforzo di decentramento non da poco per bambini in
un'età ancora fortemente caratterizzata da egocentrismo.
Dunque, si può dire che per il bambino il gioco sociale, specie se simbolico, e sforzo di
comprendere i compagni e farsi comprendere, uno sforzo impegnativo perché sulla sua
riuscita si fonda la possibilità di giocare insieme;
★ Il gioco, in particolare quello simbolico, e espressione della cultura dei pari:
Gli studi sociologici di Corsaro hanno messo in evidenza il fatto che i bambini, quando
hanno la possibilità di frequentarsi assiduamente, costruiscono delle proprie culture
riprendendo e reinterpretando elementi della cultura adulta in cui sono immersi, secondo un
processo di “riproduzione interpretativa”. Il gioco simbolico e uno dei mezzi di espressione di
queste culture dei pari;
★ Il gioco simbolico e un intreccio di competenze:
La Svalsi è uno strumento per l'osservazione e l'analisi delle abilità ludico simboliche.
La Svalsi precisando le diverse condotte di gioco simbolico e la loro evoluzione, individua 5
competenze principali che le attraverserebbero:
❖ La decontestualizzazione: la capacità di comportarsi indipendentemente dal
contesto percepito (far finta che un oggetto sia altro di quello che e);
❖ Il decentramento: capacità di tener conto dei punti di vista altrui;
❖ L'integrazione: capacità di coordinare più elementi in maniera coerente;
❖ Il controllo dell’esecuzione: capacità di contrattare nel gioco, dirigere i
comportamenti nel gioco;
❖ La competenza sociale: capacità di condividere azioni, proposte e progetti
con i compagnetti.
Dunque, per il bambino impegnarsi in un gioco simbolico ha il significato di dedicarsi a una
condotta estremamente complessa.

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4.3 Servizi per l'infanzia 0-6 di qualità per il gioco: alcuni indicatori (pag 189)
La chiave per sciogliere l'apparente incompatibilità tra educazione e gioco e rapportarsi
come educatori al gioco per sostenerlo: diventare educatori ludici.
Sviluppando questa proposta, un buon contesto educativo per il gioco poggia sui seguenti
presupposti:
● Il gioco deve essere riconosciuto come condotta vitale per il bambino;
● Ciò comporta, dal punto di vista educativo, sostenere il gioco per sé stesso, avendo
cioè come obiettivo la sua promozione e non quella dei
processi/apprendimenti/competenze che lo attraversano;
● Il gioco e la voce del bambino che quindi deve essere ascoltato;
● Il gioco ha quindi un posto centrale nell'ambito della pedagogia.

Alcuni indicatori che occorre prendere come riferimenti sia per costruire sia per analizzare la
qualità ludica dei contesti educativi 0-6:
★ Progettazione e monitoraggio.
★ Spazi.
★ Materiali.
★ Tempi.
★ Gruppi dei bambini.
★ Il ruolo dell’adulto.

4.3.1. Progettazione e monitoraggio (pag 190)


Un servizio educativo 0-6 di qualità per il gioco attribuisce esplicitamente alla realtà ludica
un ruolo centrale nei documenti in cui dichiara la sua identità educativa (come ad es. la Carta
dei servizi).
Infatti, in questi documenti viene affermata l'importanza del gioco per il benessere e la
crescita infantile, e si dichiara che spazi, materiali, tempi e gruppi di esperienze educative
vengono pensati anche per sostenerlo nella varietà delle sue manifestazioni.
Quanto dichiarato nei documenti dovrebbe essere attivamente condiviso da tutto il team
educativo, occorre quindi definire insieme come, quando e chi deve: osservare e analizzare
i giochi dei bambini; progettare e realizzare su queste basi interventi per promuovere il gioco
e proposte educative in termini di spazi, materiali, tempi, gruppi ed esperienze; verificare e
riprogettare queste ultime sulla base di nuove osservazioni delle riposte ludiche dei bambini.

4.3.2. Spazi (pag 191)


L'articolazione degli spazi deve essere pensata tenendo conto sia degli spazi sezione sia di
quelli comuni interni ed esterni, in modo da potenziare al massimo l'offerta di angoli da
gioco. L'articolazione degli angoli da gioco deve essere flessibile quindi deve essere
modificata principalmente in base alle esigenze ludiche via via emergenti dai bambini.
Infine, l'articolazione ludica degli spazi va progettata, valutata e monitorata nel tempo con
riferimento principalmente all'osservazione dei giochi dei bambini.

4.3.3. Materiali (pag 193)


É importante che i materiali siano raggruppati tematicamente in angoli specializzati, in
modo che comunichino chiaramente una proposta di gioco al bambino.
Per enfatizzare questo intreccio tra invito a giocare e apertura alla scelta del tipo di gioco, i
materiali dovrebbero essere selezionati secondo alcuni criteri:

Sara Nicosia
● Il raggruppamento tematico dovrebbe presentare sia oggetti tematicamente definiti
sia materiale non strutturato.
● Il materiale messo a disposizione nei vari angoli dovrebbe essere di quantità
sufficiente ma non eccessiva.
● Il materiale dovrebbe essere di qualità varia ma non troppo, per non stimolare il
bambino più del necessario
● Il materiale dovrebbe essere scelto anche a seconda degli interessi e dei bisogni
rilevanti nei bambini attraverso l'osservazione dei loro giochi.

É molto importante, per stimolare l'attività ludica, che il bambino abbia libero accesso ai
materiali e che quindi siano a portata di mano.

4.3.4. Tempi (pag 194)


Il tempo che viene proposto per le attività ludiche dice molto riguardo il riconoscimento o
meno della sua rilevanza pedagogica da parte di un servizio educativo 0-6.
Molti nidi, ad esempio, lasciano i bambini liberi di giocare solo nel momento
dedicato all'ingresso o all'uscita quando invece sarebbe opportuno essere dedicato al
gioco un momento da “esperienza di apprendimento” almeno una volta a
settimana.
Anche il tempo per il gioco deve essere rilassato e il meno possibile interrotto.

4.3.4. Gruppo di bambini (pag 195)


La possibilità di condividere il gioco con i coetanei amplifica il significato che l'attività ludica
ha per il bambino.
Il giocare insieme non è cosa immediata in quanto richiede capacità di prendere accordi e
di sintonizzarsi dal punto di vista relazionale. Perciò, per sostenere il gioco e la sua rilevanza
in un contesto educativo 0-6, occorre progettare, realizzare e monitorare nel tempo anche
situazioni di aggregazioni tra bambini che siano favorevoli per l'attività ludica.
Elenchiamo quali dovrebbero essere queste situazioni:
1. Ai bambini dovrebbero essere garantiti momenti quotidiani di libera aggregazione;
2. Dovrebbe essere prevista l'organizzazione regolare di gruppi di gioco diversificati
(ad es. solo femmine/maschi, piccoli, grandi ecc…)
3. La partecipazione a gruppi di gioco organizzati dovrebbe essere proposta ai bambini
senza forzature.
4. Dovrebbe essere garantita la possibilità di giocare da soli fuori dallo sguardo
dell'adulto, ovviamente sotto sicurezza (ad es. dentro una casetta con il tetto).

4.3.6. Il ruolo dell'adulto (pag 197)


Bettelheim è molto chiaro nell'affermare il ruolo fondamentale che ha per il bambino la
possibilità di giocare con i genitori, vale a dire con adulti significativi dal punto di vista
relazionale ed educativo.
Per avere un effetto positivo sul gioco, l'adulto deve giocare con il bambino assumendo uno
stile relazionale particolare: deve esprimere gioia, coinvolgimento empatico, rispetto e
accettazione incondizionata.
Bondioli e Savio, invece, parlano di “promozione dall'interno” per delineare le modalità con
cui l'operatore educativo può rapportarsi al gioco dei bambini senza snaturarlo ma anzi
rispettandolo e promuovendolo.

Sara Nicosia
Per promuovere il gioco dall'interno l'operatore educativo dovrebbe:
1. Mettersi a disposizione dei bambini;
2. Sollecitare l'iniziativa ludica dei bambini quando non si manifesta, dirigendola il
meno possibile;
3. Lasciarsi coinvolgere dal gioco del bimbo con un atteggiamento attento ed empatico;
4. Farsi guidare dai bimbi accettando tutte le loro iniziative di gioco, con il solo limite
dell'ambiente e del benessere dei partecipanti;
5. Provare ad espandere le iniziative ludiche dei bambini con proposte congruenti ad
esse;
6. Fare in modo che il coinvolgimento sia sempre intenso ma non troppo,
7. Suggerire condotte ludiche appena più evolute rispetto a quelle attivate dai bimbi (ad
es. di fronte a un bambino che raggruppa i legnetti colorati per colore, l'adulto li
raccoglie pure per forma);
8. Favorire il gioco tra bambini;
9. Proporsi come custode della memoria del gioco (tra la fine e l'inizio di un'attività
ludica, ricordare al bambino dove eravamo rimasti);
10. Offrirsi come garante del gioco deciso insieme e delle regole che lo riguardano;
11. Rispettare sempre il volere ludico del bambino.

THE END <3

Sara Nicosia

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