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A.A. 2020/2021
Sara Nicosia
Educare l’infanzia
Introduzione
Il decreto legislativo 13 aprile 2017 n.65 (“buona scuola”), stabilisce L'istituzione del sistema
integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni, che impone di guardare
ai servizi educativi 0-6 con una prospettiva unitaria nonostante le diversità (nidi, sezioni
primavera, servizi integrativi e scuole dell’infanzia).
Tutto ciò per costruire una coerenza educativa per i servizi 0-6 fondata su una prospettiva di
valori, idee, convincimenti, finalità di senso comune in relazione all’età dei bambini.
Questa divenne un'urgenza nazionale a causa della separazione tra i servizi 0-3 e quelli 3-6:
da una parte (0-3): nidi e servizi integrativi gestiti da comuni, province e regioni; dall’altra
(3-6): l’ente gestore della scuola dell’infanzia risulta essere lo Stato o il privato sociale
paritario.
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Capitolo uno
Un curricolo per lo 0-6? pag.17
L'utilizzo del termine “curricolo” si è diffuso negli ultimi decenni nella letteratura scientifica.
● Secondo Scurati il curricolo è l’insieme delle esperienze scolastiche compiute dallo
studente in quanto rivolto a conseguire il fine nella sua formazione, ma è anche la
possibilità offerta dalle istituzioni scolastiche in quanto volte allo sviluppo dell'alunn*.
Ancora più articolata è la visione di Pontecorvo e Fusè
● Secondo cui il curricolo è un percorso intenzionale che si fonda sulla scelta di valori,
tiene conto del contesto socioculturale in cui ha luogo, si realizza attraverso
modalità didattiche specifiche e si avvale di procedure che verificano i traguardi.
L'intreccio tra maturazione e l’ambiente: la natura culturale dello sviluppo 1.1 pag 19
Solo se sorretto da un ambiente relazionale supportante il bambino conquista la capacità di
esprimersi e di comunicare in maniera sempre più raffinata ed inoltre impara a:
● Governare i propri impulsi
● Instaurare legami affettivi con più persone
● Elaborare una propria identità
● Diventare membro sempre più attivo della comunità
L'educazione infantile è orientata da idee e valori che dipendono dai contesti culturali:
atteggiamenti, conoscenze e competenze quindi possono variare in base al contesto.
Studi condotti da:
● Erikson sulla costruzione della personalità in diverse culture, mostrano come metodi
differenti di allevamento tendono a formare individui con caratteristiche apprezzate
da tali società.
(es. nella nostra società, se gli adulti considerano il gioco un'attività importante oltre a
fornire il materiale giocheranno anche coi bimbi)
● Bruner con lo studio riguardante lo sviluppo cognitivo dei bambini mostra come i
modi di utilizzare l'intelligenza e la formazione della mente siano influenzati
dall'ambiente circostante.
I saperi dell’adulto e gli apprezzamenti infantili: il bambino è il curricolo secondo Dewey 1.2
pag.21
Dewey definisce il curricolo come l'insieme dei saperi propri della nostra cultura, che si
presentano suddivisi in discipline specifiche (matematica, geografia, storia), ma ritiene
controproducente ed impossibile sia suddividere ogni argomento in disciplina sia che il
bambino proceda passo per passo a dominare ciascuna di queste parti separate.
Secondo l'autore il bambino deve apprendere in maniera olistica cioè le cose che lo
interessano, che sono tenute insieme dagli interessi personali; solo un'esperienza personale
e vitale può costituire l’avvio verso qualsiasi forma di apprendimento.
Il filosofo propone una contrapposizione tra due scuole di pensiero:
● Quella che vede il primato dei saperi disciplinari: le materie rappresentano il fine
e il bambino è semplicemente l'essere immaturo che va aiutato a diventare maturo, il
suo compito è quello di ricevere e accettare.
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● Quella che considera il bambino come il punto d'inizio, il centro e la meta
finale: tutte le discipline sono sottomesse alla crescita del bambino, la personalità e il
carattere sono gli aspetti più importanti, l'obiettivo è l’autorealizzazione e non la
conoscenza o l'informazione.
Dewey non accetta la dicotomia, cioè la divisione delle materie. Il concetto di “continuum
sperimentale” è l'idea guida di questo processo secondo cui l'adulto intravede nelle
esperienze del bambino l'avvio di un processo conoscitivo da sostenere, non deve proporre
un'attività ma prendere spunto da alcune osservazioni dei bambini per suggerirla: questo
costituisce una sfida alle loro capacità manuali e intellettuali.
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con cui i bambini hanno affrontato i problemi e le esigenze nella propria infanzia ha forti
ricadute sul periodo successivo, anche per quanto riguarda il successo scolastico.
Il bambino apprende attraverso la percezione, guidato dall’impulso epistemofilico; il
desiderio di conoscere. È nel gioco che il bambino comincia ad esplorare i significati delle
cose: un gioco che nei contesti educativi dell’infanzia egli condivide con i suoi coetanei
impegnando le sue capacità sociali e avviandosi al superamento di quell’egocentrismo che
secondo Piaget caratterizza l’età infantile.
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Un curricolo per l'infanzia 0-6: alcuni indicatori 1.6 (pag.36)
In sintesi, un curricolo per l'infanzia 0-6 deve essere in grado di:
● Allestire un ambiente accogliente e sicuro
● Coinvolgere i bambini e considerare gli interessi da loro manifestati
● Sostenere questi interessi tramite attività
Possiamo notare quindi come si tratti di un curricolo aperto ma non dispersivo, in sintesi: un
curricolo emergente.
Per essere emergente un curricolo prevede nella sua progettazione che gli educatori
abbiano competenze professionali specifiche, cioè: progettare, osservare, documentare,
verificare e valutare.
● Progettare: quando si progetta un curricolo bisogna avere presenti le finalità alle
quali si vuole giungere; proprio per questo progettare vuol dire anticipare
mentalmente gli effetti che si vogliono produrre tenendo conto dei bambini ai quali ci
rivolgiamo (es. come organizzare l'ambiente). La progettazione può riguardare sia il
curricolo nel suo complesso sia un segmento
limitato o un'esperienza mirata. Progettare non e un compito solitario: il contesto
educativo deve venire progettato insieme da tutti coloro che hanno responsabilità nei
confronti di un certo gruppo di bambini. Inoltre, progettando gli educatori possono
ispirarsi a linee guida, documenti programmatici che si collocano a diversi livelli come
le indicazioni nazionali.
● Osservare: per osservazione intendiamo sia un prestare attenzione sia un prendere
nota di ciò che avviene nel contesto educativo. Le osservazioni devono avere
carattere sistematico ed essere sottoposte ad analisi. Bisogna osservare per cogliere
interessi e iniziative nei bambini ma pure per vedere come rispondono i bambini agli
stimoli proposti dall’educatore così da VERIFICARNE l'efficacia.
● Documentare per rilevare e Valutare i progressi dei bambini.
Attenzione: valutare i progressi del bambino non vuol dire valutare il bambinostesso.
Per cogliere i progressi dei bambini senza indurre in errori, uno strumento molto utile e il
“diario di bordo”: descrizione giornaliera di tutto quello che avviene al nido nella scuola
dell'infanzia eventualmente accompagnata da materiale documentario come le foto o i
filmati.
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La cura e parte integrante dell'educazione e non va vista come la custodia, nonostante
questo viene spesso messa in relazione con l'aiuto che deve essere dato ai bambini per la
soddisfazione dei bisogni primari o affettivi.
● Un curricolo emergente:
Centrato sul bambino, mosso dai suoi interessi e dalle sue curiosità.
Bambino ed adulto risultano co attori.
Nulla si definisce in anticipo, saranno i bambini a definire i contenuti, espandendoli ed
articolandoli nel tempo.
● Un curricolo identitario:
Con caratteristiche proprie, diverse da qualsiasi altro, qualità distintive.
Deve tener conto delle diversità di ogni singolo bambino ed essere calibrato sulle sue
esigenze, risorse ed i suoi bisogni.
● Un curricolo ludico:
Dove il gioco viene considerato un'attività prevalente del bambino che cresce, un segno di
benessere, salute e vitalità.
Il gioco occupa una parte consistente della giornata al nido e alla scuola di infanzia, con la
partecipazione di un adulto capace di giocare coi bimbi promuovendo il gioco “dall'interno”.
Capitolo due
Le relazioni (pag. 77)
Come ormai sappiamo il curricolo e un insieme di diverse dimensioni che si intrecciano, tra
queste dimensioni un ruolo molto importante lo assumono le relazioni che possono essere
tra adulto e bambino, tra bambini, tra adulti…
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2. Meno positiva: in quanto la parità di posizioni tra adulto e bambino risulta
complessa da realizzare soprattutto nella relazione con bambini piccoli (nidi e scuole
dell’infanzia). I bambini prima dei 6 anni si rapportano al mondo in maniera concreta
piuttosto che attiva, privilegiando quindi lazione e il canale comunicativo non verbale;
questo suggerisce alcune implicazioni:
❖ Punto di vista espresso difficile da decifrare, bisogna avere un'attenzione
sensibile per coglierlo e non fraintenderlo (es. si può piangere per gioia,
rabbia…)
❖ Dato che la relazione educativa passa in gran parte attraverso il contatto
diretto tra i corpi dell'educatore e del bambino, bisogna che quest'ultimo
sostenga fisicamente il bambino nelle sue esigenze vitali. In questo dialogo
tra corpi il bambino esprime la sua voce più intima, la tensione del corpo del
bambino, ad esempio, può essere riconosciuta come protesta e deve
essereascoltata (es. prendere il bambino in braccio in maniera troppo
frettolosa lo scombussola)
Alcuni studiosi in ambito psicoanalitico che pongono l'accento su ciò che avviene nel mondo
interno del bambino:
● Bion, 1962
Parla del processo di apprendimento in termini di “legame K”, riferendosi in particolare al
momento in cui il soggetto sta cercando di conoscere qualcosa di nuovo e sottolineando
come questo momento sia intriso dal dubbio. Secondo Bion il soggetto può affrontare
l'incontro con ciò che non conosce come un problema da risolvere portando a compimento il
processo conoscitivo solo se e in grado di tollerare il dolore causato dal dubbio
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● Salzberger-Wittenberg, Williams Polacco e Osborne, 1983
Si rifanno alla teoria bioniana affrontando da vicino la relazione di insegnamento o
apprendimento delineando le dinamiche che la attraversano e che possano intralciarla o
favorirla.
L'apprendimento e una funzione in cui si intrecciano i piani affettivo e cognitivo proprio per
questo bisogna ricordare che la relazione tra chi apprende e chi insegna e ricca di vissuti
emotivi di grande intensità.
***esempio: ad un bimbo piccolo verrà chiesto dalla maestra di costruire una torre con pezzi
ad incastro che non conosce e se non guidato correttamente potrebbe sentirsi confuso e
potrebbe decidere di far cadere la torre costruita per metà proiettando quindi i suoi
sentimenti sull'educatore che secondo gli autori potrà reagire in 2 modi: in primo luogo non
capire il bambino proiettando di nuovo su di lui quei sentimenti di disagio e confusione (ad
es. sgridarlo x aver fatto cadere la torre) oppure potrebbe tollerare questo stato doloroso
cercando di capire cosa sta accadendo nel bambino (in questo caso l'insegnante esercita
una funzione di reverie e contenimento).
Gli autori precisano gli atteggiamenti che dovrebbero avere gli educatori per costruire una
buona relazione educativa che prima di tutto richiede un ascolto “sottile” del bambino e di ciò
che la sua comunicazione suscita in chi educa: questo implica osservazione, apertura,
ricettività e disponibilità emotiva.
● La relazione come “impalcatura” (Vygotskij)
In una prospettiva vygotskiana la descrizione della relazione educativa e radicata nel
concetto di “zona prossimale di sviluppo” cioè la distanza tra ciò che, di fronte ad un
problema da risolvere, il bambino e capace di fare attuando le competenze pienamente
possedute (livello di sviluppo attuale) e ciò che invece riesce a fare se aiutato da un partner
competente (livello di sviluppo potenziale).
● Con Bruner
Invece parliamo della funzione di “coscienza vicaria”: Bruner ha la consapevolezza di dove il
bambino può e vuole arrivare. Il concetto di coscienza vicaria sta alla base della proposta
sviluppata da Bruner, Wood e Ross per identificare le funzioni attraverso cui è possibile
attivare la relazione educativa (la zona) e sostenere l'apprendimento. Per gli autori una
buona relazione educativa deve avere caratteristiche vygotskiane.
2.2.2. Per una buona relazione con il bambino nei servizi per l'infanzia 0-6: alcuni indicatori
(pag.93)
Indicatori utili per costruire e analizzare la qualità della relazione tra adulto e bambino:
● Il bambino deve essere riconosciuto come portatore di un suo diverso punto di vista,
si ritiene che sia capace di esprimerlo e che abbia il diritto di essere ascoltato e
quindi diventare soggetto attivo del dialogo con l'adulto per la definizione del suo
percorso educativo;
● Il bambino prima dei sei anni ha una modalità sia attiva che concreta di rapportarsi al
mondo;
● L'attenzione alla comunicazione non verbale non deve accantonare quella verbale:
l'intervento verbale dell'educatore deve essere proposto in maniera adeguata a
seconda dell'età del bambino;
● Tutto ciò che avviene tra educatore e bambino e relazione educativa;
● Il bambino deve essere concepito attraverso una prospettiva olistica (deve essere
guardato nella sua interezza di soggetto fisico, cognitivo, emotivo, sociale, in piena
sintonia con quanto affermato nella Commissione europea).
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2.2.2.1. I tratti del rapporto adulto-bambino (pag.94)
I tratti che dovrebbero caratterizzare la relazione adulto bambino vengono delineati
dall'approccio della “promozione dall'interno” sviluppato da Bondioli e Savio.
In primo luogo, l'adulto e personalmente coinvolto nello scambio relazionale col bambino,
anche sul piano corporale: si pone all'altezza del bambino, lo guarda negli occhi, lo
accarezza, ha una postura aperta pronta ad abbracciarlo o prenderlo in braccio…
Ciò non significa che la comunicazione verbale sia assente anzi, accompagna con commenti
e descrizioni quello che succede nelle interazioni (ad es. il tono di voce e pacato, le frasi
sono brevi).
Non devono mai mancare sensibilità e rispetto per le esigenze infantili e l'adulto deve
sempre lasciare spazio alle iniziative del bambino, coglierne il significato e rispecchiarlo
come proposta di comprensione, verbalmente e non.
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Secondo alcuni studi il bambino è predisposto all'interazione sociale fin dalla nascita.
Stern mette in luce come già nelle prime interazioni con la madre il neonato si proponga in
modo attivo e competente.
Piaget d'altro canto afferma che il superamento dell'egocentrismo, cioè l'incapacità di
comprendere il punto di vista dell'altro, e favorito nella prima infanzia dallo scambio coi
coetanei poiché quest'ultimi manifestano incomprensioni e conflitti che costringono il
fanciullo a fare i conti con un punto di vista diverso dal suo e quindi sforzarsi di
comprenderlo e di farsi comprendere per proseguire la relazione.
Nella prima infanzia una tra le situazioni che più ti spingono a raggiungere un punto di vista
condiviso e il gioco sociale, in particolar modo quello simbolico.
Il gioco comune viene costruito attraverso 3 processi:
1. Imitazione, i bambini più piccoli imitano quelli più grandi
2. Cooperazione, tramite proposte o argomentazioni...
3. Aiuto tutoriale, i bambini più grandi svolgono funzioni di tutoring
La sociologia dell'infanzia riconosce il gioco tra pari come una realtà estremamente
significativa in relazione alla possibilità dei bambini di co-costruire una propria cultura: la
cultura dei pari.
Bisogna però sottolineare pure gli aspetti di fragilità!
Isaacs attraverso uno studio condotto con l'esperimento educativo da lei realizzato alla
Malting House dal 1924 al 1927 mette a fuoco il comportamento sociale di bambini in un
gruppo misto per età in una situazione in cui si favorisce la libera esplorazione all'interno di
un ambiente ricco di stimoli e si promuove l'atteggiamento scientifico.
Gli esiti di 3 anni di osservazione rivelano che soprattutto prima dei 6 anni i comportamenti
cooperativi non sono diffusi e scontati.
Focalizzandoci invece sui bambini in età prescolare, altri studi confermano la fragilità della
socializzazione positiva tra pari, anche in gruppi con frequenza stabile e continuativa ed e
stata individuata l'oscillazione tra due polarità: attività sociali coesive (vicinanza, condivisione)
e attività sociali dispersive (competitività).
Isaacs indica alcune condizioni che favorirebbero il dispiegarsi delle competenze sociali del
bambino: stabilità della frequentazione del gruppo, un ambiente ricco di stimoli e aperto alla
libera esplorazione ed infine il ruolo che gioca l'adulto.
Retha De Vries da una prospettiva costruttivista neo-piagetiana, sostiene che per
promuovere la socialità positiva tra il gruppo dei pari e fondamentale che la relazione
dell'adulto con il bambino sia basata sul rispetto reciproco.
In estrema sintesi, condizioni favorevoli alla socialità positiva nei gruppi di bambini in età
prescolare sarebbero: opportunità di gioco e di esplorazione libera in un ambiente ricco di
stimoli con coetanei frequentati abitualmente in gruppi numericamente contenuti, con un
adulto che regola delicatamente gli scambi sociali.
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➔ Se non si manifestassero dovrebbe sollecitare gli scambi in modo non direttivo;
➔ Dovrebbe porre domande di chiarimento per sollecitare l'esplicitazione dei punti di
vista dei bambini;
➔ Dovrebbe inserire elementi nuovi ma congruenti all'attività dei bambini e capaci di
sostenere il proseguimento dell'attività comune;
➔ Dovrebbe riprendere iniziative solo abbozzate dai bimbi, in quanto rappresentano
spunti che potrebbero sollecitare nuovi interessi.
Molto importante e la dimensione della reciprocità e la modalità attraverso la quale l'adulto
gestisce i conflitti tra bambini.
In quest'ultimo caso occorre che in prima battuta l'adulto faccia un passo indietro,
permettendo ai bambini di gestire autonomamente la cosa; solo nel caso di conflittualità
irrisolte l'adulto interviene per mediare secondo alcune modalità principali:
➢ Comprendendo e contenendo le dimensioni emotive che attraversano il conflitto;
➢ Secondo una prospettiva deweyana: il ricercatore, quindi, non deve abbandonare
ilsuo habitus anche nei confronti di problemi di natura sociale/relazionale;
➢ Proponendosi come un esempio di giustizia cui i bambini possano rifarsi e affidarsi;
➢ Sostenendo l'esperienza di prendere accordi.
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● Momenti quotidiani in cui ci si ritrovi e ci si riconosca (al mattino ci si saluta
raccontando eventuali novità);
● Momenti per progettare attività da condividere;
● Momenti regolati periodicamente per ripercorrere con il gruppo quanto si e
condiviso in quel particolare lasso di tempo;
● Momenti modulati periodicamente per progettare con l'intero gruppo attività
comuni.
Un'attenzione particolare va rivolta al tempo per il gioco libero.
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Il team di un servizio 0-6 potrà sostenere la qualità educativa ed in particolare quella della
relazione tra adulto e bambino e tra bambini solo se si verificano le seguenti condizioni:
1. Educatori condividono in maniera esplicita una stessa identità educativa che viene
dichiarata nei documenti deputati alla presentazione del servizio;
2. Obiettivi e progetti educativi si sviluppano a partire dalla dichiarata identità educativa
del servizio;
3. Il team si dà una struttura organizzativa coerente con gli obiettivi e i progetti educativi
concordati, equilibrata nei carichi di lavoro;
4. Il team e attivo nell'affermare il principio partecipativo sia all'interno sia all'esterno del
servizio;
5. É presente un coordinamento pedagogico che sostiene il team nei suoi compiti
educativi promuovendo:
➔ Una programmazione precisa di tempi e modi per confrontarsi su strategie, obiettivi,
verifiche…
➔ Una definizione chiara ed equa dei carichi di lavoro, dei ruoli e dei compiti;
➔ Un confronto democratico nei momenti di discussione in gruppo, orientato verso la
co-costruzione di condivisioni mirate al compito.
Il coordinatore pedagogico ha un ruolo essenziale nel sostenere l'attivazione del principio
partecipativo all'interno e all'esterno del servizio: sollecitando il team, formulando proposte,
curando la parte organizzativa.
Capitolo 3
Spazi e tempi (pag. 133)
Nelle pedagogie per l'infanzia l'offerta formativa si caratterizza anche e soprattutto per le
caratteristiche dei luoghi nei quali i piccoli passano la loro giornata fuori casa: spazi al chiuso
e all'aperto provvisti di arredi, giocattoli, oggetti e materiali progettati a misura di bambino per
assolvere finalità educative. Se accanto gli spazi si considera anche l'organizzazione
dell'esperienza in senso temporale, la loro collocazione nella quotidianità, la loro ritmicità e
sequenza si può affermare che nella pedagogia dell'infanzia l'ambiente e un forte dispositivo
educativo.
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dall'altro quello psicologico; l'autore chiama ambiente l'intreccio dei due aspetti.
Lo spazio nella sua materialità è costituito da un insieme di fattori di ordine extra psicologico
che influenzano fortemente l'ambiente psicologico e attraverso di esso il comportamento.
D’altra parte, anche il vissuto psicologico degli individui e dei gruppi ne influenza il
comportamento.
● Marc Augé invece pone l'attenzione sulla dimensione identitaria o, al contrario,
impersonale degli spazi costruiti, abitati, attraversati dagli uomini.
● Auge distingue tra luoghi e nonluoghi: i luoghi sono ambienti caratterizzati da una
storia, un'identità, una tradizione, riconosciuti da coloro che li abitano come dimore/spazi di
appartenenza; nei luoghi anche gli oggetti hanno una storia.
Al contrario i non-luoghi sono spazi nei quali colui che li attraversa non può leggere nulla.
Le considerazioni di Auge ci aiutano a riflettere su due diversi significati che lo spazio può
assumere: da un lato lo spazio come luogo in cui gli individui si sentono a casa, dall'altra lo
spazio impersonale, puramente funzionale, senza storia e senza identità. Una domanda
sorge spontanea: “gli asili nido o le scuole d'infanzia possono essere considerati luoghi o si
presentano come nonluoghi”, Questo dipende dal piccolo, se sente di appartenervi, avverta
di esserne un partecipante attivo, ne riconosca l'identità e senta di contribuirvi.
● La sociologia di Goffman pone l'accento sulla valenza sociale e simbolica degli spazi
nei quali hanno luogo gli incontri tra individui.
Le occasioni sociali più formalizzate prevedono una precisa organizzazione dello spazio che
definisce i ruoli, funzioni sociali, comportamenti consoni secondo regole esplicite ed implicite.
Le occasioni sociali soprattutto quelle più ritualizzate comportano l'utilizzo di luoghi specifici
la cui organizzazione, i cui riferimenti simbolici sollecitano modalità di comportamento tipiche
all'occasione sociale stessa.
● Una più spiccata valenza politica hanno le considerazioni di Michel Foucault che si è
occupato in particolare delle dinamiche dell'organizzazione del potere, delle molteplici
strategie con cui quest'ultimo assoggetta gli individui e i gruppi.
Nel volume “sorvegliare e punire” il filosofo francese illustra come a partire dal Settecento la
disposizione degli ambienti di alcune istituzioni sia stata concepita al fine di esercitare un
sempre maggiore controllo sociale.
Foucault parla di microfisica del potere mostrando come l'organizzazione spaziale e
temporale di istituzioni come prigioni, fabbriche, ospedali, collegi, scuole si configuri come
dispositivo disciplinare.
3.1.2. L'aula e l'impegno del tempo nelle istituzioni educative (pag. 139)
Lo spazio non è un contorno ma un medium educativo o un congegno pedagogico in quanto
suscita vissuti, configura ruoli e relazioni, predispone ad habitus di comportamento,
sottolinea l'appartenenza e l'identità o spersonalizza.
Tenendo conto di questi aspetti lo spazio può assumere valenze molto diverse: autoritaria o
democratica; individualistica o partecipativa; anonima e impersonale o identitaria e inclusiva.
3.2 Spazio e tempo dal punto di vista dei bambini (pag. 143)
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Due testi di Piaget sono fondamentali per comprendere come nel bambino si costruiscono
evolutivamente i concetti di spazio e di tempo così come noi adulti li conosciamo.
Il bambino alla nascita non è in grado di distinguere il mondo esterno e quello interno, non
esiste per lui uno spazio unitario: immagini, suoni, oggetti appaiono e spariscono. Solo
progressivamente il bambino si renderà conto del rapporto tra gli oggetti; compariranno le
prime rappresentazioni mentali (questo passaggio avviene nel secondo anno di vita).
Precedentemente, infatti, lo spazio risulta essere di tipo senso motorio, solo
successivamente lo spazio diventerà rappresentativo.
L'importanza delle capacità rappresentative nell'elaborazione della realtà esterna è segnalata
in particolare da Vygotskij, il quale considera un momento cruciale dello sviluppo quello in
cui il bambino non dipende più per le sue azioni dalle proprietà materiali e percettive degli
oggetti ma delle loro rappresentazioni mentali: solo quando il bambino distingue l'oggetto dal
suo significato può agire indipendentemente.
Anna Freud nel testo “normalità e patologia nell'età infantile” ci dice che il vissuto temporale
del bambino non è identico a quello dell'adulto.
3.3 La qualità pedagogica di spazi e tempi nei servizi per l'infanzia 0-6: alcuni indicatori (pag.
147)
Alcune considerazioni su come allestire ambienti a misura di bambini dal punto di vista
spaziale e temporale:
1. Non è possibile sconnettere l'organizzazione degli spazi e dei tempi della
complessiva organizzazione dell'ambiente, che comprende un'ampia gamma di
aspetti fra i quali: le attività che i bambini possono svolgere, le modalità della
relazione educativa, il vissuto di ciascun bambino rispetto all'ambiente
extradomestico;
2. L'organizzazione degli spazi e dei tempi dipende dal vissuto infantile e allo stesso
tempo lo influenza;
3. Le acquisizioni cognitive ma anche quelle fisiche ed emotivo affettive connesse alla
fiducia, all'elaborazione di un senso di realtà, alla capacità di dilazionare il
soddisfacimento immediato dipendono dal modo con cui l'ambiente le promuove ma
anche dalle capacità del bambino, spesso connesse all'età;
4. L'organizzazione dello spazio e del tempo influenza anche le dinamiche tra pari.
Osservazioni specifiche circa l'organizzazione di spazi e tempi:
● Lo spazio non è un puro contenitore degli eventi educativi ma uno strumento
formativo più o meno consapevolmente utilizzato. Dovremmo pensare allo spazio allo
stesso modo con cui pensiamo alle attività che proponiamo, alle consegne che
diamo, ai metodi che utilizziamo e cioè come strumenti di apprendimento e
socializzazione. Ma considerare lo spazio come strumento richiede che esso venga
progettato e che le ricadute pedagogiche di tale progettazione vadano verificate;
● La qualità dell'esperienza educativa nel nido e nella scuola dell'infanzia non è
data solo dalla quantità di tempo dedicato ai diversi tipi di attività ma anche dal modo
con cui diversi episodi si dispongono nel corso della giornata, dalla loro successione,
dalla loro duratura, dal loro ripetersi ciclico e ritmico. Piaget riferendosi al bambino
piccolo, parla di un tempo locale cioè di un tempo proprio a ciascun evento;
pertanto,l'organizzazione della giornata infantile è importante perché l'esperienza
infantile può strutturarsi in eventi riconoscibili dotati di significato secondo dei prima,
dei dopo e degli ancora.
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Esistono una serie di aspetti chiamati indicatori che vanno tenuti in considerazione sia
quando si progetta lo spazio e l'organizzazione temporale nel nido e nella scuola dell'infanzia
sia quando si riflette se l'organizzazione messa appunto produca gli effetti che si intendevano
sollecitare.
Gli indicatori proposti partono da un'idea di ambiente educativo che deve essere:
★ A misura di bambino, orientato alla loro crescita
★ Generoso, nel quale i bambini abbiano possibilità di provare ampie possibilità di
gioco, attività ed esplorazione
★ Attivo, che susciti il desiderio di fare
★ Conviviale e sociale, che favorisca gli scambi orizzontali e le relazioni tra pari in un
clima di affettività positiva e di responsabilizzazione sociale.
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esempi di personalizzazione dello spazio sono molti: i cassetti o le caselle personali, oggetti
portati da casa…
6. La valenza sociale dello spazio:
Gli spazi hanno necessariamente una valenza sociale nel nido e nella scuola dell'infanzia,
l'organizzazione dello spazio dovrebbe incentivare la collaborazione tra bambini, consentire
ai bambini di sperimentare diverse modalità di applicazione ,consentire ai bambini
modificazioni degli spazi. Un altro aspetto connesso alla valenza sociale dello spazio
riguarda la sottolineatura dell'appartenenza a un gruppo, ad esempio il nome o il simbolo che
caratterizza la stanza del gruppo di bambini che la abitano.
7. Lo spazio e lo sviluppo di autonomia:
L'autonomia dell'utilizzo degli spazi viene promossa a queste condizioni: se gli spazi sono
tendenzialmente accessibili ai bambini anche per un uso autonomo; se vi sono regole
concordate circa l'uso degli spazi che i bambini possano comprendere e che non ne
ostacolino la libertà di azione; se gli spazi della scuola sono aperti. L'autonomia viene
Favorita anche da una organizzazione dello spazio che consente il libero accesso ai materiali
disponibili.
8. Lo spazio e la corporeità:
L'acquisizione di un senso di padronanza nell'uso del corpo dipende per buona parte,
soprattutto nei soggetti in età evolutiva, Dalle caratteristiche degli spazi in cui ci si muove.
Questo indicatore pone l'attenzione su quanto gli spazi interni del nido e della scuola
dell'infanzia consentano ai bambini attività di libero movimento che impegnano e sollecitano
la motricità globale.
9. La qualità estetica dello spazio:
La qualità percettiva, tattile, cromatica dell'ambiente e dei materiali in esso contenuti non
contribuisce soltanto a rendere lo spazio della scuola confortevole Ma si configura anche
come una forma indiretta di esercizio del gusto e della fruizione estetica. Alcuni suggerimenti
in proposito: scelta di colori rilassanti sia per le pareti sia per gli arredi; disposizione ordinata
e funzionale dei materiali e dei giocattoli presenti; appendere alle pareti immagini non di
puro ornamento o banali ma foto e produzioni di bambini disposte con ordine con cura su
appositi supporti. Anche i materiali dovrebbero avere una qualità estetica: nel loro insieme di
spazio dovrebbero apparire accoglienti e caldi.
10. Attenzione agli adulti:
La scuola è un ambiente di vita sia per i bambini che per gli adulti; anche questi ultimi
(genitori e insegnanti) hanno bisogno di trovare nella scuola segni di appartenenza, luoghi di
incontro confortevoli, arredi che consentono lo svolgimento agevole del proprio ruolo.
11. L'utilizzo pedagogico dello spazio esterno:
Nella maggior parte dei casi i nidi e scuole dell'infanzia hanno a disposizione uno spazio
esterno che Può variare ampiamente quanto a superficie, piantumazione, attrezzature. Viene
generalmente utilizzato per attività all'aperto soprattutto di movimento quando il tempo lo
permette. In primo luogo, lo spazio all'aperto dovrebbe offrire garanzie di sicurezza; in
secondo luogo, dovrebbe presentare semplici attrezzature che incoraggino il gioco motorio e
la messa alla prova delle proprie capacità fisiche (come altalene, scivoli); in terzo luogo lo
spazio esterno oltre che per le attività di movimento dovrebbe essere attrezzato per attività
significative che possono essere svolte all'aperto (come giochi con sabbia o con acqua).
Inoltre, anche all'aperto i bambini dovrebbero essere incoraggiati a svolgere le attività che a
loro piace fare al chiuso (Come disegno o pittura). Infine, va ricordato che le attività all'aperto
possono essere svolte anche al di fuori della scuola con passeggiate, gite, escursioni.
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12. Materiali e giocattoli:
L'organizzazione dello spazio riguarda anche il modo con cui materiale e giocattoli vengono
scelti e collocati all'interno dell'aula e negli spazi comuni.
Indicazioni relative alle caratteristiche che in generale dovrebbero avere materiali
giocattoli:
● Buono stato
● Sufficientemente sicuri
● In quantità sufficiente da da poter essere utilizzati da un certo numero di
bambini senza suscitare troppi conflitti
● Qualità estetiche quindi sollecitare la percezione tattile visiva e sonora
● Meglio di legno anziché di plastica
● Robusti e di buona fattura
● Gradevoli al tatto e funzionali
● Bisogna avere anche materiali di recupero utilizzabili per svariate attività
● Dovrebbe essere presentato in maniera ordinata così da renderlo facilmente
accessibile ai bambini
● Bisogna prevedere materiali non strutturati che possono sollecitare un uso
creativo e libero come corde o mattoncini di legno
● Disposti in scaffali facilmente raggiungibili dai bambini
● Dovrebbero essere sostituiti nel tempo se rotti.
Sara Nicosia
5. Il tempo condiviso, l'autonomia e l'uso sociale del tempo:
Una delle principali conquiste del bambino in età prescolare e la progressiva capacità di
elaborare un senso del tempo condiviso. Si parla di tempo condiviso quando il tempo non e
piu sentito in riferimento esclusivo all'esperienza propria ma tiene conto della presenza e
delle esigenze di altre persone.
6. Il tempo e la costruzione dell'identità:
La costruzione dell'identità personale e strettamente connessa al percepire la propria
esperienza in una linea temporale con continuità tra passato, presente e futuro. Sono
molteplici i fattori che contribuiscono alla elaborazione dell'identità personale (es. possedere
un'unità psico-fisica, utilizzare la memoria per dare significato all'esperienza…) ed anche le
strategie (es. il racconto).
Capitolo quattro
Il gioco (pag. 173)
Parlare di gioco in riferimento all'infanzia significa fare i conti con una realtà che ha un ruolo
centrale per la buona crescita del bambino.
L'attività ludica non è semplicemente una condotta attraverso cui il bambino può apprendere
e svilupparsi, ma rappresenta il suo modo caratteristico di stare al mondo, di rapportarsi alla
realtà e di esprimere il suo punto di vista.
In questo senso si può dire che il gioco e la voce stessa del bambino.
Il documento europeo “proposta di principi fondamentali di un quadro di qualità per
l'educazione e la cura della prima infanzia “si esprime chiaramente affermando che: “il gioco
dovrebbe essere messo al centro di ogni proposta educativa finalizzata a sostenere
l'apprendimento dei bambini in età infantile”.
Sara Nicosia
Es. il bambino che gioca a calcio nel cortile si differenzia dal giocatore professionista che lo
fa anche per essere remunerato e non semplicemente per il piacere di giocare in sé
★ Il gioco autoregolato:
Pur essendo un'attività libera, il gioco e sempre caratterizzato da regole. Il giocatore si
sottrae alle regole della vita ordinaria per sottomettersi liberamente a quelle precise del gioco
★ Il gioco fittizio:
Chi gioca e sempre accompagnato dalla consapevolezza di trovarsi in una dimensione di
realtà diversa, di estraniarsi temporaneamente dalla vita ordinaria, tale per cui sa in ogni
momento con chiarezza di star agendo per gioco.
è fittizio è reale
Sara Nicosia
E qui sta l'ambivalenza come educatori:
● Dovremmo sostenere e promuovere il gioco
● Ma se proviamo a farlo il gioco rischia di svanire, di perdere quelle caratteristiche che
lo rendono tanto importante.
Questa ambivalenza se lasciata a sé stessa può portare l'operatore educativo a risolvere il
disagio attivando due possibili atteggiamenti, opposti ma ugualmente inadatti:
● Da una parte è possibile che prevalga l'intenzione di tenere il gioco dentro l'azione
educativa arrivando a utilizzarlo come cattura didattica, come trucco per invogliare il
bambino a dedicarsi ad attività che mirano non tanto a sostenere il gioco stesso
quando competenze o conoscenze;
Ed è proprio questo è il messaggio che passa al bambino: non si gioca per giocare ma ad
esempio per imparare i colori, i numeri, l'inglese.
In questo genere di attività il gioco scompare e viene confuso con un'attività didattica
divertente.
● D’altra parte, vi è la possibilità che abbia il sopravvento la tutela del gioco
interpretata in modo assoluto, tanto da portare l'operatore educativo ad astenersi da
qualsiasi intervento: in questo caso l'adulto predispone spazi, materiali, gruppi e
tempi per il gioco ma si mantiene a distanza.
Questo secondo atteggiamento rispetto al primo salvaguarda maggiormente il gioco e la sua
natura creando Anzi le condizioni perché possa manifestarsi.
Il superamento di questa presunta incompatibilità tra gioco ed educazione richiede un
cambiamento di prospettiva; si tratta di non guardare più il gioco secondo una prospettiva
che lo valorizza per ciò che produce in termini di crescita e apprendimento ma piuttosto
chiedendosi che significato ha per il bambino.
Sara Nicosia
Fuori da queste tre categorie principali Piaget colloca che il gioco di costruzione, il quale
come il gioco di regole pur ponendosi tra il gioco pure la condotta adattata si manifesta in
modo trasversale.
Sara Nicosia
★ Il gioco simbolico e la prima possibilità di pensiero rappresentativo:
Vygotskij pensa che ci sia una stretta relazione tra gioco simbolico e pensiero
rappresentativo, secondo lui per il bambino “giocare a fare finta” (ad es. che il manico di una
scopa sia un cavallo) e prima di tutto possibilità di immaginare e di sperimentare una nuova
libertà mentale
★ Il gioco simbolico e esplorazione dei ruoli sociali e dei processi che li regolano:
Sempre Vygotskij mette in evidenza il significato del gioco simbolico in relazione
all’esplorazione di ruoli, regole, habitus sociali.
Lo studioso pone l'esempio di 2 sorelle che giocano a fare le sorelle, commentando che così
le due bambine esplorano cosa significhi essere sorelle.
Questo tipo di gioco rappresenta per i bambini un esordio nel mondo dei significati;
★ Il gioco simbolico tra pari e sforzo di decentramento:
Secondo Piaget il gioco simbolico evolve verso forme socializzate, in cui i bambini
condividono la messa in scena ludica di trame comuni.
Questa condivisione comporta la capacità di mettersi d'accordo, di esprimere la propria
intenzione di gioco ma soprattutto di comprendere quella del compagno.
Il gioco sociodrammatico richiede uno sforzo di decentramento non da poco per bambini in
un'età ancora fortemente caratterizzata da egocentrismo.
Dunque, si può dire che per il bambino il gioco sociale, specie se simbolico, e sforzo di
comprendere i compagni e farsi comprendere, uno sforzo impegnativo perché sulla sua
riuscita si fonda la possibilità di giocare insieme;
★ Il gioco, in particolare quello simbolico, e espressione della cultura dei pari:
Gli studi sociologici di Corsaro hanno messo in evidenza il fatto che i bambini, quando
hanno la possibilità di frequentarsi assiduamente, costruiscono delle proprie culture
riprendendo e reinterpretando elementi della cultura adulta in cui sono immersi, secondo un
processo di “riproduzione interpretativa”. Il gioco simbolico e uno dei mezzi di espressione di
queste culture dei pari;
★ Il gioco simbolico e un intreccio di competenze:
La Svalsi è uno strumento per l'osservazione e l'analisi delle abilità ludico simboliche.
La Svalsi precisando le diverse condotte di gioco simbolico e la loro evoluzione, individua 5
competenze principali che le attraverserebbero:
❖ La decontestualizzazione: la capacità di comportarsi indipendentemente dal
contesto percepito (far finta che un oggetto sia altro di quello che e);
❖ Il decentramento: capacità di tener conto dei punti di vista altrui;
❖ L'integrazione: capacità di coordinare più elementi in maniera coerente;
❖ Il controllo dell’esecuzione: capacità di contrattare nel gioco, dirigere i
comportamenti nel gioco;
❖ La competenza sociale: capacità di condividere azioni, proposte e progetti
con i compagnetti.
Dunque, per il bambino impegnarsi in un gioco simbolico ha il significato di dedicarsi a una
condotta estremamente complessa.
Sara Nicosia
4.3 Servizi per l'infanzia 0-6 di qualità per il gioco: alcuni indicatori (pag 189)
La chiave per sciogliere l'apparente incompatibilità tra educazione e gioco e rapportarsi
come educatori al gioco per sostenerlo: diventare educatori ludici.
Sviluppando questa proposta, un buon contesto educativo per il gioco poggia sui seguenti
presupposti:
● Il gioco deve essere riconosciuto come condotta vitale per il bambino;
● Ciò comporta, dal punto di vista educativo, sostenere il gioco per sé stesso, avendo
cioè come obiettivo la sua promozione e non quella dei
processi/apprendimenti/competenze che lo attraversano;
● Il gioco e la voce del bambino che quindi deve essere ascoltato;
● Il gioco ha quindi un posto centrale nell'ambito della pedagogia.
Alcuni indicatori che occorre prendere come riferimenti sia per costruire sia per analizzare la
qualità ludica dei contesti educativi 0-6:
★ Progettazione e monitoraggio.
★ Spazi.
★ Materiali.
★ Tempi.
★ Gruppi dei bambini.
★ Il ruolo dell’adulto.
Sara Nicosia
● Il raggruppamento tematico dovrebbe presentare sia oggetti tematicamente definiti
sia materiale non strutturato.
● Il materiale messo a disposizione nei vari angoli dovrebbe essere di quantità
sufficiente ma non eccessiva.
● Il materiale dovrebbe essere di qualità varia ma non troppo, per non stimolare il
bambino più del necessario
● Il materiale dovrebbe essere scelto anche a seconda degli interessi e dei bisogni
rilevanti nei bambini attraverso l'osservazione dei loro giochi.
É molto importante, per stimolare l'attività ludica, che il bambino abbia libero accesso ai
materiali e che quindi siano a portata di mano.
Sara Nicosia
Per promuovere il gioco dall'interno l'operatore educativo dovrebbe:
1. Mettersi a disposizione dei bambini;
2. Sollecitare l'iniziativa ludica dei bambini quando non si manifesta, dirigendola il
meno possibile;
3. Lasciarsi coinvolgere dal gioco del bimbo con un atteggiamento attento ed empatico;
4. Farsi guidare dai bimbi accettando tutte le loro iniziative di gioco, con il solo limite
dell'ambiente e del benessere dei partecipanti;
5. Provare ad espandere le iniziative ludiche dei bambini con proposte congruenti ad
esse;
6. Fare in modo che il coinvolgimento sia sempre intenso ma non troppo,
7. Suggerire condotte ludiche appena più evolute rispetto a quelle attivate dai bimbi (ad
es. di fronte a un bambino che raggruppa i legnetti colorati per colore, l'adulto li
raccoglie pure per forma);
8. Favorire il gioco tra bambini;
9. Proporsi come custode della memoria del gioco (tra la fine e l'inizio di un'attività
ludica, ricordare al bambino dove eravamo rimasti);
10. Offrirsi come garante del gioco deciso insieme e delle regole che lo riguardano;
11. Rispettare sempre il volere ludico del bambino.
Sara Nicosia