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Stereotipi e teoria delle intelligenze multiple a scuola di Paola Nicolini*- Barbara Pojaghi **

Uno studio di G.Mugny e F.Carugati1 ha messo in evidenza come sia diffusa, sia tra gli insegnanti
sia tra i genitori, l'opinione che vadano bene a scuola allievi definiti intelligenti. Lo stesso studio ha
rilevato come sia comune una concezione di intelligenza prevalentemente intesa come abilità
logico-matematica e linguistica, anche tra le finora più accreditate teorie scientifiche sullo sviluppo
cognitivo. Proprio perché considerata così centrale per lo sviluppo e per l’apprendimento essa è
soggetta a numerosi pregiudizi. Se infatti si chiede, come abbiamo fatto con un gruppo di studenti
universitari, di fornire una definizione della “persona più intelligente” che si è incontrata nella
propria vita e di descriverne le caratteristiche, di norma non si incontrano grandi difficoltà. Ma se
alla prima consegna se ne aggiunge una seconda speculare2, vale a dire di fornire una definizione
della “persona meno intelligente”, a espliciti rifiuti si aggiungono testi quali quelli che seguono,
fedelmente trascritti:
 Non l’ho mai incontrata! Ritengo che ogni persona abbia una propria intelligenza e che
l’altra persona sia un mondo straordinario con cui conoscere e migliorare se stessi.
 Penso che nella mia vita io non abbia mai incontrato persone poco intelligenti, ma soltanto
persone con un modo di vedere e di prendere la vita diverso dal mio.
 Non credo di conoscerne molte.
Nei casi in cui si supera la ritrosia a dichiarare che esistano persone “meno intelligenti”, necessaria
conseguenza del fatto che si siano trovate le caratteristiche di persone “più intelligenti”, le risposte
evidenziano altri tipi di pregiudizi:
 Non è che non abbia un’intelligenza, ma non la sa usare. Vive cercando sempre
l’approvazione degli altri, frequentando anche gente poco raccomandabile pur di essere accettato.
Se è da solo ha un certo comportamento, ma se è in gruppo segue la maggioranza. Se affronta
discorsi seri, spesso espone argomentazioni astratte e utopiche.
 La prima caratteristica che mi viene in mente è il suo modo di essere così fuori dal mondo,
di arrivare sempre al momento sbagliato e di dire sempre qualcosa di inadatto e incompatibile con
quello che la maggior parte pensa in quel momento. Infatti pochissime volte ho sentito uscire dalla
sua bocca cose intelligenti.
Se si passa a una esercitazione di questo genere con gli insegnanti, le resistenze a identificare il
bambino meno intelligente aumentano e le caratteristiche del più intelligente si cristallizzano
intorno a temi quali la capacità di essere attivi e creativi, di contro alla passività e all’imitazione. Il
bambino più intelligente è infatti identificato con aggettivi quali: sensibile, creativo, intuitivo,
altruista, espressivo, vivace, riflessivo, intraprendente, aperto, curioso, brillante, attento. Il
bambino meno intelligente è invece connotato come: poco socievole, incline all’isolamento,
demotivato, stanco, lento, distratto, poco interessato, chiuso, passivo.
Nella scuola primaria a queste caratteristiche si aggiungono, per i più intelligenti: capacità intuitiva,
logica, capacità di sintesi e di analisi, capacità di decodificazione e codificazione dei messaggi
verbali, iconici e gestuali, capacità di adattarsi alle situazioni nuove partecipando attivamente e
con spirito critico. La mancanza di queste capacità, per converso, è associata alla rappresentazione
dei meno intelligenti: atteggiamento passivo, poco capace di metter in atto meccanismi di
confronto, di associazione, di soluzione.
Nella scuola media, infine, ai più intelligenti sono attribuite capacità euristiche:
 con tanti perché da porre, interessato a molteplici problematiche di carattere sociale,
storico geografico, economico, esistenziale, capace di osservare, di ascoltare, di cogliere il senso di
un messaggio veicolato attraverso linguaggi verbali e non verbali, capace di collegare e
organizzare, riproporre, interpretare, rielaborare e utilizzare in contesti molteplici le sue
conoscenze, capace di relazionarsi in situazioni diversificate.

1
Mugny G., Carugati F., L'intelligenza al plurale. Rappresentazioni sociali dell'intelligenza e del suo sviluppo,
Bologna, Clueb, 1988.
2
secondo il metodo usato per la ricognizione dei costrutti personali (Kelly ****)
Ai meno intelligenti, invece, sono attribuite caratteristiche legate all’immagine di sé:
 poca autostima e che, per conseguenza, non si attiva per fare, né si sente motivato ad
apprendere ed a esprimersi. Il meno intelligente può essere quello da cui si attendono
comportamenti cognitivi stereotipati
I più recenti sviluppi della ricerca psicologica sull’intelligenza hanno messo in evidenza come
questo concetto non risponda tanto a un'unica abilità identificabile, descrivibile e tanto meno
misurabile3, quanto piuttosto a una rappresentazione sociale legata a precisi contesti geografici e
socio-culturali. Così l'idea di intelligenza dominante non solo nella cultura occidentale di senso
comune, ma sostenuta anche in campo scientifico 4, è oggi messa in discussione da studi e ricerche
di carattere etno-psicologico, attraverso i quali si è arrivati a identificare più forme di intelligenza.
Secondo Howard Gardner, uno tra i primi Autori a portare prove a favore della pluralità delle
intelligenze, ne esistono almeno otto differenti tipi: l'intelligenza linguistica, l'intelligenza musicale,
l'intelligenza logico-matematica, l'intelligenza spaziale, l'intelligenza corporeo-cinestetica, le
intelligenze personali (secondo l'ordine di presentazione nel suo primo e fondamentale testo5),
l’intelligenza naturalistica e quella spirituale o esistenziale, messe in evidenza dagli ultimi suoi
studi6. Ciò che mette in evidenza Gardner è che la prestazione cosiddetta intelligente varia da
cultura a cultura: se per gli europei è fondamentale sapersi muovere nell'ambito dei simboli di
carattere matematico e linguistico per adattarsi all'ambiente e alle richieste sociali, per un abitante
delle isole Puluwat sarà invece indispensabile sapersi orientare all'interno dell'ampio arcipelago in
cui si corre il rischio di perdersi nell'uniformità dei panorami se non si usano con precisione e
competenza i riferimenti spaziali; così, in una tale organizzazione sociale umana, è quasi del tutto
inutile per la sopravvivenza saper leggere, scrivere e far di conto, mentre sono richieste altre forme
di adattamento. Ecco che si passa allora da una visione univoca di intelligenza a una visione
complessa, in cui possono stare a pieno titolo differenti insiemi di abilità o intelligenze.
L'intelligenza linguistica
Una sensibilità all'ordine fra le parole: la capacità di seguire regole grammaticali e, in occasioni
scelte con cura, di violarle.
A un livello un po' più sensoriale, una sensibilità ai suoni, ai ritmi, alle inflessioni e ai metri delle
parole: quella capacità che può rendere bella da udire persino la poesia in una lingua straniera.
E una sensibilità alle diverse funzioni del linguaggio: il suo potenziale di eccitare, convincere,
stimolare, trasmettere informazione, o semplicemente di piacere.
Le quattro dimensioni identificate come appartenenti all'intelligenza linguistica corrispondono, in
altri termini, a diversi piani in cui è scomponibile l'atto linguistico e cioè quello semantico,
sintattico-grammaticale, fonologico e pragmatico.
L'intelligenza musicale
I principali elementi costitutivi della musica sono il tono (o melodia) e il ritmo. L'organizzazione
della musica è in parte orizzontale - i rapporti fra suoni quali si dispiegano nel tempo - e in parte
verticale - gli effetti che si producono quando due o più suoni sono emessi nello stesso tempo,
dando origine a un suono armonico o a un suono dissonante.
Subito dopo il tono e il ritmo viene per importanza il timbro = la qualità caratteristica di un suono.
Il senso dell'udito è cruciale a ogni partecipazione musicale, ma almeno un aspetto centrale della
musica - l'organizzazione ritmica - può esistere a prescindere da ogni percezione uditiva.
L'intelligenza logico-matematica

3
Cfr. Armezzani M., L’indagine di personalità. Modelli e paradigmi della ricerca, Roma, La Nuova Italia Scientifica,
1995.
4
Cfr. per tutti la famosa trilogia dedicata allo studio dello sviluppo cognitivo di Piaget J. (1937), La nascita
dell'intelligenza nel fanciullo, trad.it. Firenze, Giunti Barbera, 1968; Piaget J. (1945), La formazione del simbolo nel
bambino. Imitazione, gioco e sogno. Immagine e rappresentazione, trad.it. Firenze, La Nuova Italia, 1972; Piaget J.
(1967), La costruzione del reale nel bambino, trad.it. Firenze, La Nuova Italia, 1973.
5
Cfr. Gardner H. (1983), Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell'intelligenza, trad.it. Milano, Feltrinelli, 1987.
6
Cfr. intervista a H.Gardner in "Bambini", 2, Bergamo, Edizioni Junior, 1997.
Questa forma di pensiero può essere invece ricondotta a un confronto col mondo degli oggetti. E'
nel confrontare oggetti, nell'ordinarli e riordinarli e nello stimarne la quantità, che il bambino
piccolo consegue la sua conoscenza iniziale e più fondamentale sull'ambito logico-matematico.
Prendendo l'avvio da questo punto preliminare, l'intelligenza si allontana poi rapidamente dal
mondo degli oggetti materiali. L'individuo acquista una maggiore abilità nel valutare le azioni che
può eseguire su oggetti, i rapporti che si applicano fra quelle azioni, le affermazioni (o proposizioni)
che si possono enunciare su azioni attuali o potenziali, e i rapporti fra quelle proposizioni. Nel corso
dello sviluppo si procede da oggetti a proposizioni, da azioni ai rapporti tra azioni, dal regno del
senso-motorio al regno dell'astrazione.
L'intelligenza spaziale
Anche l'intelligenza spaziale ha origine nel confronto con il mondo degli oggetti. Si tratta della
capacità di percepire il mondo visivo con precisione, di eseguire trasformazioni e modifiche delle
proprie percezioni iniziali e di riuscire a ricreare aspetti della propria esperienza visiva, persino in
assenza di stimoli fisici rilevanti. E' strettamente connessa alla propria osservazione del mondo
visivo, e si sviluppa da essa nel modo più diretto. Ma come l'intelligenza linguistica non è del tutto
dipendente dai canali uditivo-vocali e può svilupparsi anche in un individuo deprivato di questi
modi di comunicazione, così anche l'intelligenza spaziale può svilupparsi in un individuo che sia
cieco e non abbia perciò un accesso diretto al mondo visivo. L'operazione più elementare, su cui si
fondano altri aspetti di intelligenza spaziale, è la capacità di percepire una forma o un oggetto.
L'intelligenza corporeo-cinestetica
Capacità di usare il proprio corpo in modi molto differenziati e abili, per fini espressivi oltre che
concreti: lavorare abilmente con oggetti, tanto quelli che implicano movimenti fini delle dita,
quanto quelli che richiedono il controllo motorio dell'intero corpo. Si serve del corpo nella sua
duplice natura di soggetto e di strumento.
La sua valenza è inoltre allargata agli usi espressivi del corpo, come quelli adottati da un ballerino o
da un attore. Ne consegue una ulteriore doppia polarità che può abbracciare sia il piano pragmatico
che quelle maggiormente legato a competenze di carattere comunicativo.
Le intelligenze personali
Questo tipo di intelligenze si articola su una duplice polarità: si tratta della capacità di accesso alla
propria vita affettiva, dunque di un'abilità intrapsichica che consiste nel discriminare
istantaneamente fra i sentimenti, di classificarli, di prenderli nelle maglie di codici simbolici, di
attingere a essi come mezzo per capire e guidare il proprio comportamento.
Inoltre è la capacità di rilevare e fare distinzioni fra altri individui e, in particolare, fra i loro stati
d'animo, temperamenti, motivazioni e intenzioni. In questa seconda accezione si tratta di
un'intelligenza a carattere interpersonale: permette di leggere le intenzioni e i desideri - anche
quando questi vengono nascosti - di molti altri individui e, potenzialmente, di agire su questa
conoscenza.
L'intelligenza naturalistica
L’end-state è il naturalista, cioè una persona in grado di riconoscere e classificare le numerose
specie di flora e fauna che popolano il suo ambiente. Il termine identifica sia lo scienziato abituato a
studiare e classificare con criteri scientifici in ambito teorico, sia l’individuo in grado di applicare
una tassonomia popolare, basandosi su un’eccezionale conoscenza del mondo vivente, legata
spesso più a esperienze personali e locali che a studi specifici.
L'intelligenza spirituale o esistenziale
L'abilità fondamentale di questa intelligenza è la capacità di riferirsi e collocarsi come entità
rispetto alle problematiche esistenziali, in particolare alle dimensioni che riguardano il significato
della vita, della morte, il destino ultimo del mondo, le esperienze più profonde dell'umanità. Cercare
risposte alle grandi questioni cosmiche riflette un'esigenza che l'uomo in ogni secolo e in ogni
cultura ha cercato di colmare: ne sono esempi significativi la scienza, la mitologia, la religione, i
sistemi filosofici e le varie forme di arte che rappresentano la cristallizzazione delle idee e delle
esperienze sviluppate intorno ai temi esistenziali.
L'intelligenza artistica
Nessuna intelligenza è intrinsecamente artistica o non artistica ma che tutte possono funzionare in
modo artistico o meno nella misura in cui sfruttano determinate possibilità di un sistema simbolico.
L'intelligenza artistica è trasversale: può riferirsi ora all’intelligenza spaziale ora a quella musicale,
o ad altro, e che proprio per questa sua promiscuità, impiega di volta in volta sistemi simbolici
differenti come il linguaggio verbale, il linguaggio musicale, ecc. Se il linguaggio, ad esempio,
descrive o argomenta un certo discorso, lo fa in modo lineare, se invece, usa la metafora,
l’espressione, la poesia, diventa arte. Alla stessa stregua, l’intelligenza spaziale viene impiegata a
fini estetici dallo scultore differentemente dal geometra o dal chirurgo. Al contrario, invece, non è
sempre detto che un segnale musicale sia artistico, basti pensare al suono della tromba dell’esercito,
mentre è accaduto che modelli matematici siano stati esposti nelle gallerie d’arte.

Per avviare un’educazione basata sul riconoscimento delle intelligenze è necessario formare
educatori e insegnanti a tale tipo di visione, superando i pregiudizi e gli stereotipi derivanti sia dalle
teorie di senso comune – come abbiamo visto – sia dalle teorie scientifiche. È una giusta
precauzione per l’educatore porsi in atteggiamento rispettoso nei confronti dei bambini in generale,
e ancor più di quelli in età prescolare, trattare con attenzione le loro prestazioni e considerare
intelligente non solo ciò che in un momento culturale dato viene privilegiato ed esaltato come tale.
Una generica accoglienza positiva delle prestazioni infantili non è sufficiente per aiutare i bambini a
esplorare il mondo e scoprire le dotazioni personali proprie; occorre un riconoscimento molto più
specifico.

*Paola Nicolini (Docente di Psicologia, Università di Perugia) – camal@tin.it - 075-5854707


**Barbara Pojaghi (Docente di Psicologia sociale, Università di Macerata) - poiaghi@unimc.it -
0733-258310

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