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Chi è l'Animatore?
L'animatore è quella persona che ha l'abilità di cogliere interessi e capacità dei singoli
componenti di un gruppo e di coinvolgerli verso un "progetto ludico e attivo nel fare"; esso
non è quindi solo una figura capace di trasmettere cultura, ma anche capace di crearla e
di elaborarla con gli altri. L'insegnante animatore è la figura che si pone fra le necessità
(anche non espresse), di individui o di gruppi, ai quali offre strumenti di partecipazione.
Egli deve, innanzitutto, riuscire ad instaurare un rapporto positivo tra un soggetto ed
un'attività a quest'ultimo sconosciuta. L'animatore deve, inoltre, sviluppare un pensiero che
gli consenta di costruire situazioni favorevoli a tutti i componenti dell'insieme. Le qualità
che un animatore deve avere sono: l'essere allegro ed allo stesso tempo, operativo; deve
essere imprevedibile, entusiasmato, spensierato e capace di far godere il senso della vita
a tutti.
1. Insegnare la musica.
Educare alla musica significa far capire il linguaggio, i ritmi, il tempo, la melodia, l'armonia,
facendo apprezzare tutti gli elementi della musica per quello che sono, senza creare un
senso critico, nelle persone che ascoltano, educando allo stesso tempo, attraverso
semplici azioni espressive, l'orecchio, la voce, il senso ritmico e dando agli individui i
mezzi per un giusto coordinamento delle azioni con gli strumenti. L'educazione
dell'orecchio ha lo scopo di abituarlo a riconoscere, non solo le note musicali, ma tutto ciò
che può essere classificato suono, andando ad approfondire le varie sezioni: timbrica,
melodica, armonica e ritmica. L'educazione della voce vuole scoprire tutte le capacità
dell'apparato stesso, imparando a dominarlo per poi riuscire ad utilizzarlo, producendo tutti
i suoni possibili. Far conoscere il ritmo significa acquisire la capacità di gestire le scansioni
spazio-temporali distribuite nel tempo, sia attraverso l'apparato motorio che non; ed
attraverso tutti questi elementi elaborare eventi sonori anche con l'aiuto di strumentini,
anch'essi analizzati e magari ricostruiti dal punto di vista storico e poi materiale. Altro
punto molto importante è l'ascolto; con questo non si intende solo l'ascoltare la musica, a
livello uditivo e superficiale ma, riuscire ad acquisire dei criteri e delle abitudini che
permettono di capire, parlare, inventare testi, gesti, grafici, azioni ed anche musica; in
parole povere, le musiche esistenti devono diventare stimoli e modelli per la creatività.
Educare con la musica significa usare la musica come mezzo per la socializzazione, per
superare particolari situazioni di egocentrismo o di emotività, da parte di componenti di un
gruppo o di una classe di bambini. Mezzo per apprendere, perché con lo sviluppo di giochi
ed esercizi si ha la possibilità di insegnare e far conoscere usi e costumi di vari popoli,
mezzi espressivi collettivi diversi (ecc.), inoltre, strumento per aumentare la creatività degli
individui.
Far terapia con la musica significa stabilire un contatto, tra l'educatore e soggetti, con una
condizione psicologica non normale, attivando e sbloccando in loro, con la musicoterapia
e l'animazione musicale, tutte quelle vie di comunicazione che servono proprio come filo
conduttore con il mondo che sta attorno, riuscendo con interventi specifici, ad agire su
qualche punto non sviluppato della persona, cercando di migliorare così il suo tenore di
vita.
Le radici della nuova didattica musicale
Questa, che può essere considerata la nuova educazione musicale di base ha radici nel
secolo XIX. Uno dei primi personaggi che si ricorda, per aver innovato il modo di
insegnare musica è:
Altri personaggi europei che hanno studiato nuove forme di insegnamento della musica,
sono:
Justine Bayard Ward: il suo metodo soprannominato "metodo Ward" nasce in America
attorno al 1914-15 ed ha lo scopo di insegnare la musica ai bambini dall'età di sei anni.
Nel suo procedimento, Ward induce ad associare i suoni ai segni corrispondenti
impiegando una notazione numerica non semplice.
Regola fondamentale del sistema, chiamato anche del do-mobile è quella di prescindere
dall'altezza assoluta dei suoni per interessarsi esclusivamente ai rapporti costituiti dagli
intervalli di grado congiunto, che sono di tono o semitono; a tal punto è sufficiente studiare
una sola scala in quanto tutte le altre partirebbero dalla stessa nota che è il do.
Zoltan Kodaly: compositore e ricercatore di musiche popolari, soprattutto ungheresi. Egli
elabora la sua tecnica, durante le ricerche di musica popolare.
Secondo Kodaly ogni musicista deve conoscere bene la musica della propria lingua
materna e attraverso la musica tradizionale inizia i suoi insegnamenti, di musica e di
canto, ai bambini delle scuole materne.
Egli, inoltre, afferma che il canto è il modo diretto per vivere e comprendere la musica. Un
adattamento italiano, in quanto in Italia si utilizza la scala tonale e non pentatonica, del
metodo Kodaly è stato proposto da Roberto Goitre.
Edgar Willems: nato in Belgio e studente di medicina opta, durante gli studi, per l'attività
educativa studiando psicologia e più precisamente le reazioni psicofisiche dei bambini.
Willems si impegna a ricercare un nuovo metodo per abolire, come richiesto anche dalle
autorità scolastiche del tempo, la povertà delle lezioni di musica, insegnata nelle scuole,
solo in maniera teorica.
Nel suo sistema si è valso, inizialmente, dell'istinto ritmo-motorio del bambino, invitandolo
ad esperienze d'ascolto per afferrare i ritmi da tradurre in movimento; successivamente ha
oltrepassato l'attività ritmica, per cercare dei sussidi che materialmente potevano allenare
l'orecchio.
E' dalla sensibilizzazione dell'orecchio, che secondo Edgar Willems, si sviluppano altre tre
capacità:
Il Metodo Suzuki