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Domenico Resico

Scienza preposta allo studio delle modalità più


idonee a vincere le resistenze alla riduzione di
asimmetria tra l’essere e il poter-dover essere delle
singole personalità in situazione di disagio, sia esso
derivante da un deficit fisico, sensoriale o psichico,
sia da deprivazione socio-culturale

Franco Larocca, Nei frammenti l’intero. Una pedagogia per la disabilità, Angeli,
Milano, 1999, p. 133

M. Pertica
M. Gelati

Domenico Resico
La pedagogia speciale è una disciplina
relativamente recente se con essa intendiamo
una forma di conoscenza, un sapere teorico-
pratico volto a individuare e definire modelli di
comprensione e di intervento nei riguardi delle
persone in situazione di disagio, handicap,
malattia.

Linee di sviluppo iniziali

Domenico Resico
La pedagogia speciale è una disciplina molto
più antica se con essa intendiamo una forma di
conoscenza, un sapere teorico-pratico volto a
individuare e definire modelli di comprensione e di
intervento coerenti con il principio dell’edu-
cabilità umana, come possibilità per ciascuno di
essere educato.

Pedagogia generale – pedagogia speciale

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Verso la fine del XVIII secolo, nell'
Aveyron in Francia, correva
voce che un essere selvaggio girovagasse nel bosco …

Il famoso ed esperto psichiatra Philippe Pinel mise a tacere le


voci discordi che si erano levate sul suo conto: il selvaggio era un
ritardato mentale che differiva dalle piante solo perché si
muoveva e gridava. La diagnosi era autorevole e non lasciava
spazio a repliche …

A Jean-Marc-Gaspard Itard non sembrava affatto ritardato. Nel


suo modo di essere, anche se fissava il vuoto e si dondolava
ossessivamente, c' era qualcosa che sembrava nascondere
un'intelligenza latente in attesa di esprimersi …

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Itard pianificò i suoi obiettivi: 1) interessare il ragazzo alla vita sociale; 2)
risvegliare la sua sensibilità nervosa; 3) migliorare la sua fantasia; 4)
insegnargli a parlare attraverso l' imitazione; 5) farlo esercitare nelle
operazioni più semplici per poi allargargli i processi mentali.

Itard tentò regalandogli dei giocattoli, ma l' idea non ebbe successo … Itard,
allora, riprovò cambiando tipo di stimoli, ma il risultato fu identico. Non
riuscendo ad ottenere dei segnali di risveglio emozionale dal suo giovane
paziente, il dottor Itard tentò di fargli dire qualche parola …

Forse era giunto il momento di smuoverlo cambiando atteggiamento: se


Victor non aveva intenzione di mostrare le sue capacità con le buone
avrebbe fatto con le cattive …
l'

Dopo 5 lunghi anni di duro lavoro senza risultati il dottore divenne sempre
più irascibile, perse spesso la pazienza, sfiorò persino la crudeltà e nel 1806
prese l'unica decisione possibile: rinunciò …

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Chi si occupa dal punto di vista educativo di handicap soggiace a due tipi di
tentazioni tra loro opposte:

la tentazione dell’onnipotenza, quasi che il deficit non costituisca in


ogni caso un limite proprio alla realtà umana e che l’handicap come
manifestazione del limite al poter essere e come resistenza al dover
essere non abbia una ragion d’essere per quanto oscura e
insondabile. Costoro si accaniscono contro il male per debellarlo in
ogni modo, non accettandolo. L’illusione offerta da alcuni casi di
riuscito intervento educativo li predispone ad impegni talora titanici,
cui seguono le immancabili delusioni;

la tentazione depressiva sorprende invece coloro che faticano a


vedere il deficit come indicatore di ulteriorità esistenziali e l’handicap
come segno di potenzialità latenti.

F. Larocca, Nei frammenti l’intero. Una pedagogia per la disabilità, Angeli, Milano, 2001, pp. 77-78

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V’è un approccio che per intanto chiamo intuizionistico-sapienziale,
secondo il quale l’intervenire richiede sia un sapere che un saper essere,
in cui diviene naturale, nel cogliere il nesso tra causa ed effetti, non
esimersi dal cambiar punto di vista per cogliere nessi più profondi e
diversi o, quanto meno, ulteriori, in cui l’attenersi alle regole prestabilite va
sempre operato con molta attenzione interpretativa della singolarità del
caso e della situazione.

In quest’ottica la struttura profonda del processo educativo, anche se


conosciuta, è interpretata sempre tenendo conto di quanto vi è di
“imponderabile” in ogni relazione umana …

Sapienza intuitiva, “esprit de finesse” o ancora meglio saggezza … che


diviene la qualità indispensabile dell’educatore

F. Larocca, Nei frammenti l’intero. Una pedagogia per la disabilità, Angeli, Milano, 2001, p. 78

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Pregiudizi, atteggiamenti, mentalità
Presunto primato della medicina e necessità di
un approccio integrato
Riconoscimento dell’educabilità e doppia fiducia
Intenzionalità educativa e pianificazione
Stile sperimentale, verifica, flessibilità
Rinuncia o accanimento

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Lo scopo fondamentale della pedagogia e della
pedagogia speciale è quello di elaborare teorie e
predisporre, mettere a punto strumenti per educare
l’uomo, ogni uomo, normodotato o in situazione di
handicap, disagio, malattia, marginalità in modo che
egli possa sviluppare pienamente se stesso e possa
partecipare in modo attivo consapevole e responsabile
alla vita della propria comunità.

OBIETTIVI
Coscienza di sé e dei propri fini
Padronanza degli strumenti culturali

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Prestare attenzione a tutte le dimensioni della persona –
contro ogni sbilanciamento della progettazione

Privilegiare la persona e non il tecnicismo – contro ogni


atteggiamento ipertecnologico/iperprogettuale

Evitare l’isolamento (della persona, dell’educatore, del


medico, della famiglia, ecc.) che produce passività e
regressione

Perseguire e valorizzare la significatività dell’esperienza


sociale – contro ogni scolasticismo, atteggiamento
iperdisciplinare, iperprotettivo

Garantire la continuità educativa e didattica come condizione


di sviluppo e di benessere – contro ogni frammentazione

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Innanzi tutto pedagogia - oggetto di studio e campo di
ricerca (cfr. M. Gelati, 2004, p. 18)
Molti campi o ambiti di ricerca (cfr. M. Pertica, 1997, p. 19)
Ospedalizzazione
Marginalità (povertà, tossicodipendenza, devianza, ecc.)
Detenzione
Handicap

<<Anche il disadattamento ambientale – inteso come sviluppo di
una difficile situazione familiare e sociale – le violenze urbane e lo
sfruttamento minorile, il nomadismo, la criminalità giovanile, il
ricovero in ospedale, la reclusione in carcere, l’immigrazione
possono portare la persona in crescita a sviluppare in modo
insufficiente i mezzi intellettivo-attitudinali, e perciò a incontrare
ostacoli nell’apprendimento>> (M. Pertica, 1997, p. 19)

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Pedagogia bisogni educativi
Pedagogia speciale bisogni educativi speciali
(non ci sono solo i bisogni primari …)

Ogni persona presenta dei bisogni educativi, ma nel caso di


persone in situazione di handicap, disagio, disadattamento la
soddisfazione di questi bisogni può incontrare delle difficoltà
più o meno ampie.

I normali bisogni educativi (che tutti hanno: identità, autonomia,


competenza, ecc.) si arricchiscono di qualcosa di “speciale” …
Compito della pedagogia speciale (individuare gli ostacoli, interni ed
esterni, e trovare soluzioni)

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Riassumendo:
Dimensione teoretica forte e autonoma
e dimensione pratica-operativa
strettamente interconnesse
Autonomia e non autoreferenzialità
Prospettiva interdisciplinare
Finalizzata all’integrazione dei diversi
soggetti “diversi” tenuto conto dei loro
bisogni “contestualizzati” e dei loro
vissuti

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L’autonomia della pedagogia speciale, in sintesi, si fonda:

sulla specificità del suo statuto epistemologico;


sull’autonoma possibilità di costruire interconnessioni con le
altre scienze e con i molteplici settori operativi, per rafforzare
il proprio ruolo e non per essere collocata in logiche di
dipendenza o di subordinazione

Cfr. P. Gaspari, “L’identikit” della pedagogia speciale, in AA.VV., Handicap e risorse per
l’integrazione, Erickson, Trento, 1999, p. 92

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Pedagogia emendativa
Pedagogia curativa
Ortopedagogia

Pedagogia speciale dell’integrazione

La trasformazione della pedagogia speciale registra anche un


cambiamento dell’interesse sociale nei riguardi della persona
in situazione di handicap, di disagio, di disadattamento o di
malattia che solo lentamente investe la sfera pedagogica

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Passaggio dalla logica dell’oggetto alla logica del soggetto
(cfr. G. Wallnöfer, 2000, p. 27; M. Giusti, 2004, pp. 14-15)
Protagonismo della persona in situazione di difficoltà (cfr. M.
Pertica, 1997, pp. 26-28)
Graduale estensione del concetto di educabilità (doppia
fiducia, nel soggetto e nell’educazione), come fondamento o
condizione della pedagogia speciale dell’integrazione (cfr. D.
Resico, 2005)

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La mia mamma quando cominciai Quando si trattava di fare delle
a crescere mi lasciò uscire a scelte i miei genitori non
giocare finché si accorse che mi decidevamo mai per me. Questo
prendevano in giro. io lo chiamo rispetto, rispetto
Un giorno un bambino mi colpì assoluto, per la mia personalità!
sulla schiena con un bastone. Fin dall’inizio la mamma ha
Dopo quella storia la mamma mi cercato di stimolare in me
ordinò di non giocare più con i indipendenza: ero io l’unico
maschi. responsabile delle mie azioni.
La mamma pensava che per me È importante che i genitori, tutti i
fosse meglio andare alla scuola genitori, non prendano il posto
pubblica, ma dopo un po’ dei figli affinché questi possano
andarono a dirle che non potevo maturare responsabilmente.
stare con gli altri. Finita la scuola dell’obbligo ho
L’anno dopo mi misero in un altro deciso di proseguire gli studi al
tipo di scuola … un posto davvero liceo scientifico …
strano. Era come se … C. Imprudente, Vita!, Thema, Bologna,
1990
W. Groom, Forrest Gump, Sonzogno,
Milano, 1994

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Ho voglia di realizzarmi concretamente … ho voglia di battermi per riuscirci …
Fare l’amore, vivere sola, lavorare, fare delle passeggiate, andare in vacanza
con gli amici e senza il traino della famiglia, ecco per che cosa mi devo battere.
La macchina ha fatto parte per molto tempo di questo grande sogno. A
diciott’anni posso guidare. La mia chinesi-terapista, che non detesto malgrado il
suo atteggiamento caritatevole – lei almeno mi considera come una donna – mi
indica delle autoscuole …
Il sogno tanto atteso è arrivato. Sto per diventare indipendente. Quando mia
madre mi viene a prendere le dico tutta contenta: “Imparerò a guidare. Ho gli
indirizzi!”.
Rifiuto categorico della famiglia … Non è una questione finanziaria: mia madre
ha una “Due cavalli” che si potrebbe adattare facilmente e le mie lezioni non
sarebbero più care di quelle di mia sorella. Ma ecco, il bambino di diciotto anni
rischia di diventare un po’ indipendente ed è una cosa impensabile.

I genitori che non rifiutano i loro figli handicappati subiscono anche loro
l’esclusione e la loro affettività diventa una vera prigione. Bebè siamo, bebè
dobbiamo rimanere

E. Auerbacher, Babette, Handicappata cattiva, Dehoniane, Bologna, 1991

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Alle volte mi chiedono se io mi consideri quella che sono adesso,
o piuttosto quanto mi è rimasto di allora, della vita a Morbello.
Faticano a capire quello che dico a mente lucida scandalizzando
un po’ tutti, e cioè che i vent’anni passati nel polmone li rifarei uno
per uno. Non sono una masochista o una pazza, sono convinta di
aver vissuto venti anni che valeva la pena di vivere e che
probabilmente non sostituirei con altri, arrivati a questo punto.
Certo se domani potessi uscire di qua e andarmene per strada
sarei felice, ma sai quanta gente di quella che va per strada vive
meno di me la propria vita? Quanta gente la spreca, o la lascia
passare distrattamente? Io ho imparato a non buttare via niente.
Io non butto via niente.

Benzi R., Il vizio di vivere. Vent’anni nel polmone d’acciaio, Rusconi, Milano, 1984
pp. 30-31.

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So di un carcere che non ha più al suo interno spinta a rinnovarsi, so di un
carcere popolato di uomini vestiti non tanto e solo di rabbia o odio, ma di
paura e stanchezza. Uomini che se non aiutati a migliorare, rimangono al
palo, con la sola aspettativa di scontare in fretta la propria condanna, e ciò
senza alcuna consapevolezza del presente, senza vista prospettica, senza
figura del futuro, in una sola parola senza speranza […] Rieducare ha costi
elevati, comporta cadute e inciampi, ma per evitare il proliferare della
criminalità, è la sola strada maestra da seguire, il resto è per davvero
illusione[1].
Il carcere ha […] un prima, un durante e un dopo. Un PRIMA dove
l’individuo che commette il reato, viene tolto dalla società e giustamente
punito, un DURANTE in cui quel soggetto dovrà vivere e non sopravvivere
regredendo, un DOPO perché quella persona ritornerà in seno alla società
di cui é parte[2].

[1]. Andraous V., “Dove muore la civiltà”, Cittànova, versione online, 2002.
[2]. Andraous V., “Prima-durante-dopo”, Cittànova, versione online, 2001.

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Il dato che accomuna le situazioni descritte è il bisogno di “vivere”, di
“trovare un senso” alla vita; parlare di progetto di vita […] significa non
lasciarsi vivere, bensì “progettar-si” o “sceglier-si”, ossia decidere, con
maggiore autonomia e sulla base di una più sperimentata e verificata
conoscenza di sé, la propria identità. Ma ci sono anche le difficoltà, i dubbi,
le angosce, i tentativi falliti che sembrano porsi come limiti invalicabili, come
prova della propria impossibilità.
Come passare dall’incertezza e dalla paura del domani alla progettazione
del proprio futuro?
L’elaborazione di un progetto di vita che è insieme familiare, scolastico,
formativo, lavorativo, culturale, sociale, di realizzazione di sé (poiché la vita
comprende tutti questi ed altri aspetti) richiede lo sviluppo di conoscenze,
abilità, competenze riferite a quattro aree fondamentali:
area del sé
area delle opportunità
area della preparazione
area della realizzazione
Cfr. D. Resico, Diversabilità e integrazione. Orizzonti pedagogici e progettualità, Angeli, Milano,
2005, pp. 92-96

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Il concetto di educabilità comporta dei rischi perché alla
persona si può sempre preferire il modello: antropologico,
educativo, didattico.

Chi è la persona in situazione di handicap?

Un pericolo per sé e per gli altri …


Un individuo non autonomo …
Un essere sociale …
Una persona in senso pieno …

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Il concetto di educabilità comporta un rischio ulteriore
a seconda dei limiti e delle potenzialità riconosciute
all’intervento educativo (che cosa posso fare io nel
mio ruolo di educatore?)

Si può ritenere che l’intervento educativo sia …

del tutto inefficace


del tutto efficace
parzialmente efficace

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1. L’intervento educativo è del tutto inefficace l’uomo non è per
nulla il prodotto dell’educazione (uomo-albero) – tentazione
depressiva e rinuncia

2. L’intervento educativo è del tutto efficace l’uomo è totalmente il


prodotto dell’educazione (uomo-molle cera) – tentazione
dell’onnipotenza e accanimento

3. L’intervento educativo è parzialmente efficace l’uomo è


parzialmente il prodotto dell’educazione (uomo-seme)

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Quest’ultima prospettiva ci permette di conservare un modello
pedagogico forte, quello dell’integrazione, senza peraltro
rinunciare alla flessibilità, alla necessità di calibrarlo
continuamente di fronte alla possibilità di risposte individuali
diverse.

È l’unico modello che ci salva dai rischi dell’innatismo e dai


rischi del condizionamento, due modelli che devono
contaminarsi reciprocamente anche perché, se assunti
singolarmente, risultano smentiti dai fatti.

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Infatti l’obiettivo dell’integrazione e i progetti richiedono:

sia la fiducia nelle potenzialità del soggetto


sia la fiducia nelle potenzialità dell’educazione

Se abbiamo fiducia nell’educazione (e nella persona) non


dobbiamo lasciarci scoraggiare dai primi fallimenti, ma
continuare a rischiare di sbagliare sempre con giudizio e
mai con accanimento.

Domenico Resico
Esiste anche il rischio di educare per cui gli esiti di un progetto
educativo non sarebbero mai interamente prevedibili: … in fase
iniziale non potremo essere assolutamente certi degli esiti che
riusciremo ad ottenere, anzi gli esiti non coincideranno mai
interamente con i risultati preventivati e attesi.

Il rischio di educare, il fatto di ottenere risultati “difformi” rispetto a


quelli indicati nel progetto, può essere indizio di un fallimento
educativo ed essere letto in chiave negativa come l’impossibilità
stessa di ogni progetto.

Ma il vero fallimento di ogni pedagogia consiste nell’affidarsi al caso


o alla fortuna; tuttavia dove prevale la noncuranza, dove non ci sono
obiettivi dichiarati, ma l’abbandono, il disimpegno, la
disorganizzazione, capita che gli esiti – neppure programmati o
soltanto dichiarati per ragioni di tipo istituzionale – finiscano spesso
per sfuggire ad ogni controllo

Domenico Resico
Di fronte ai rischi dell’educabilità e dell’educare, della rinuncia e
dell’accanimento, la risposta professionalmente informata può
essere individuata nei seguenti aspetti tutti strettamente
interconnessi:

Esprit de finesse
Habitus del ricercatore
Stile sperimentale

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Obiettivo
Avere aspettative positive e realistiche, cioè aver fiducia nelle capacità
proprie e della persona malata e/o in situazione di handicap, disagio,
malattia senza attese miracolistiche e sapendo tollerare qualche
frustrazione

Implicazioni conseguenti
Sapere di poter fare e non nutrire senso di onnipotenza o impotenza
Proporsi un adattamento realistico e non una sovra o sottovalutazione del
deficit
Lavorare per il successo e non accettare forme di deresponsabilizzazione
Progettare il futuro e non gestire il qui e ora

Cfr. M. Pavone, Educare nelle diversità. Percorsi per la gestione dell’handicap nella scuola
dell’autonomia, La Scuola, Brescia, 2001, p. 117

Domenico Resico
De Anna L., Pedagogia speciale. I bisogni educativi speciali,
Guerini, Milano, 1998
F. Larocca, Nei frammenti l’intero. Una pedagogia per la
disabilità, Angeli, Milano, 1999
M. Pavone, Educare nelle diversità. Percorsi per la gestione
dell’handicap nella scuola dell’autonomia, La Scuola,
Brescia, 2001
M. Gelati, Pedagogia speciale e integrazione. Dal
pregiudizio agli interventi educativi, Carocci, Roma, 2004
D. Resico, Diversabilità e integrazione. Orizzonti pedagogici
e progettualità, Angeli, Milano, 2005

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