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Ogni persona uguale a tutte le altre Ogni persona simile ad alcune altre Ogni persona diversa da ogni altra

Capitolo 1: Cognizione e personalit

1.1 Psicologia generale e psicologia della personalit Lambito di studio della personalit estremamente ampio e sfuggente ed stato affrontato a partire da tradizioni di ricerca molto differenti, quali la Psicologia Sociale, la Psicologia Dinamica, la Psicologia Clinica, la Psicometria. Ovviamente, partendo da queste tradizioni di ricerca, lo studio della personalit risultato fortemente orientato e selettivo e non ha tenuto del tutto in considerazione gli elementi generali della personalit. Per esempio, la Psicologia sociale interessata agli aspetti della personalit che hanno origine nelle relazioni sociali e riguardano il rapporto dellindividuo con gli altri, la Psicologia clinica studia la personalit a partire dalle patologie ed interessata alla personalit nella misura in cui la sua comprensione pu essere utilizzata per lanalisi delle personalit problematiche, lasciando quindi da parte la personalit normale. La Psicologia dinamica, per tradizione, ha operato in una sorta di dorato isolamento, ignorando sostanzialmente tutti i contributi provenienti dalla Psicologia sperimentale e dando modesto peso agli aspetti consapevoli della personalit. Infine la Psicometria si caratterizzata per lo sviluppo di importanti strumenti di valutazione della personalit, ma ovvio che, esplicitamente o implicitamente, doveva rinviare ad una teoria della personalit che esulava dai suoi interessi e scopi. In questo volume siamo interessate al punto di vista della Psicologia generale che, pur con i limiti di una impostazione basata sulla ricerca di base, ha il vantaggio di evitare le limitazioni precedentemente accennate. Questo modo di affrontare il tema pu, comunque, avere accenti lievemente diversi, che sono anche illustrati da termini differenti con cui lambito viene denominato. Consideriamo a questo proposito le seguenti espressioni:

Psicologia generale della personalit Psicologia generale e della personalit Psicologia della personalit Psicologia della personalit e delle differenze individuali Cognizione e personalit

Fino a che punto si pu ritenere si tratti di giustapposizione di termini e di ambiti? Si potrebbe parlare di livelli di analisi: quello dei processi generali identici per tutti (percezione, linguaggio, memoria, comprensione, ragionamento, problem solving), quello degli stili, per cui esistono gruppi con specifiche preferenze (verbalizzatori vs visualizzatori, analitici vs globali, estroversi vs introversi, motivati vs demotivati, attenti al passato vs proiettati nel futuro, buoni utilizzatori di strategie vs cattivi utilizzatori di strategie, buoni lettori vs cattivi lettori, orientati nello spazio o nel tempo vs disorientati e persi), quello della personalit con le sue specifiche caratterizzazioni (disposizioni, emozioni, motivazioni, ). Tuttavia quando una persona percepisce, capisce, ricorda, impara, risolve problemi, il comportamento che mette in atto il risultato delle componenti sopra elencate, anche se chi si occupa di processi a livello generale guarda a ci che comune a diversi individui (con un particolare focus sulle variabili cognitive), mentre lo studioso di differenze individuali maggiormente interessato alle differenze tra gruppi (che mostrano contrapposizioni di abilit) e lesperto di personalit si volgerebbe alla composizione e dinamica delle mille sfaccettature per cui quella persona con quelle caratteristiche in quella specifica situazione ed ambiente si comporta in quel modo. Questa ultima caratterizzazione dello studio della personalit assume, per, un maggior interesse per il clinico, piuttosto che per lo psicologo della personalit. Cosa fa esattamente lo psicologo della personalit? Non facile dare una risposta, perch non facile definire loggetto stesso di studio. Secondo Caprara e Cervone [2000], egli studia ..il sistema psicologico che emerge dalle interazioni dellindividuo con lambiente e che media il funzionamento intrapsichico e le transazioni tra persona e ambiente (p.12). Pi in generale, si pu dire che lo psicologo della personalit studia i meccanismi basici dellidentit stabile di un individuo, integrata da motivazioni, emozioni, cognizioni, valori ecc. In questo modo lo psicologo della personalit prende spunto dai contributi di settori diversi della Psicologia e li integra. Come gi si anticipava, tradizionalmente si pensato che la Psicologia generale si occupasse di ci che comune (generale) a tutti gli individui e la Psicologia della personalit (e, in parte, anche la Psicologia dellintelligenza) di quello che li diversifica. Questa concezione appare oggi largamente superata. Infatti, quando uno studioso generalista si occupa a fondo di una tematica, sia questa il senso dellorientamento o la memoria (in questi casi lo studioso sarebbe un cognitivista), deve fare i conti non solo con processi e fenomeni a livello generale, ma anche con differenze individuali e capacit/difficolt specifiche del singolo nella specifica situazione. Si pu, per, andare anche oltre, osservando che, nello studiare la memoria dal punto di vista dello studioso generalista, naturale chiedersi se le persone hanno tutte la stessa motivazione, la stessa attenzione al ricordo. Se ci siano, ad esempio, persone per cui ricordare particolarmente 2

importante e come conseguenza, utilizzino modi e strategie per ricordare differenti da quelle che, invece, al ricordo dedicano poca attenzione. Se tra questi amanti della memoria ve ne siano alcuni tutti presi dal garantirsi il ricordo con foto, scritti ed altre prove tangibili ed altri che preferiscano coltivarlo nel segreto della loro mente ripercorrendo i sentieri del loro ricordo e rivivendo i momenti della loro vita da consegnare alla memoria (vedi Capitolo 4).E quando ci si occupa di orientamento spaziale viene altrettanto naturale chiedersi se, oltre ad avere di preferenza rappresentazioni mentali visive piuttosto che spaziali, route piuttosto che survey (si veda il capitolo 6 sul Senso dellOrientamento e Rappresentazioni Spaziali), le persone provino desiderio di esplorare o, piuttosto paura di perdersi, e quanta ansia o eccitazione e piacere della scoperta siano legati al muoversi nello spazio (vedi Capitolo 6). Daltra parte, chi si occupa di personalit pu ignorare il funzionamento e larchitettura generale della mente, le preferenze cognitive, emotive e motivazionali, gli stili di pensiero, la sicurezza e la facilit connessa allexpertise? Molti anni or sono Neisser [1976] osservava che la psicologia dava risposte solo a problemi astrusi e lasciava aperte tutte le questioni importanti. Oggi possiamo constatare che, pur a fianco di una necessaria specializzazione, ci si sta muovendo in un terreno di intersezione tra aree e livelli della psicologia e cosi si pu dare risposta ai quesiti pi interessanti e significativi. In questa prospettiva, il funzionamento del sistema cognitivo pu certo interessare chi vuole capire bene la personalit. Conoscere le leggi che regolano la percezione, focalizzano lattenzione, favoriscono il ricordo o loblio, permettono la comprensione e la soluzione di problemi importante in s, per lo sviluppo della conoscenza psicologica. Esso utile, del resto, per lo stesso individuo comune, nella misura in cui le conoscenze sulla sua cognizione (metacognizione) gli permettono di scegliere i processi ottimali in relazione ai compiti (strategie) e dunque di essere pi efficiente, pi efficace ed anche pi soddisfatto di se stesso (autostima) e convinto delle proprie possibilit (autoefficacia percepita). Tuttavia della personalit subiamo il fascino. La personalit affascina, sia nello studio di quella propria che di quella degli altri. In che cosa consiste tale fascino? Non sono certo le differenze individuali, i diversi stili cognitivi, le differenti capacit di intelligenza, memoria, senso dellorientamento o addirittura la motivazione ad affascinarci. Ad esempio, il fatto che una persona mostri particolare attenzione per la pulizia pi probabile risulti interessante che non affascinante. Ci che affascina, nello studio della personalit, lesistenza (presunta?) di una forza psicologica nascosta e potente che si manifesta in una ampia variet di comportamenti differenti. Questa forza affascinante perch unifica in ununica categoria comportamenti che altrimenti sarebbero del tutto distinti e separati. Allora la pulizia diviene connessa non solo allordine e alla puntualit, ma anche 3

allostinazione. Queste connessioni appaiono affascinanti perch non possono essere semplicemente spiegate in termini di generalizzazioni o di comportamenti di imitazione. Tuttavia, dato che questi vari tipi di comportamenti si manifestano in situazioni molto differenti tra loro, per dare loro coerenza e unit, stato necessario, allinterno di talune posizioni teoriche, far ricorso ad una spiegazione di personalit, come ad esempio personalit anale. questo che ha reso certi approcci allo studio della personalit cos affascinanti, ma anche vaghi e poco solidamente ancorati ai dati della ricerca. E affascinante quando gli individui si comportano differentemente da altri in una variet di modi differenti che possono essere compresi come manifestazione della stessa forza psicologica. Ci si potrebbe, per, chiedere, con studiosi attuali di personalit [Higgins 2000] se i principi di personalit siano necessari nello spiegare queste forze e, pi in generale, se la personalit sia in grado di fornirci lunica spiegazione della variet del comportamento umano. (Vedremo pi avanti come Higgins proponga i costrutti di accessibilit e autoregolazione come principi di psicologia generale che spieghino la forza della personalit). Quando si cerca di approfondire i meccanismi della personalit, andando oltre le suggestioni di posizioni semplificate e iconiche, si scopre che necessario risalire ai vari aspetti del funzionamento generale della mente. Lottica appena illustrata considera, quindi, la personalit dal punto di vista della Psicologia generale, per cui sarebbe opportuno parlare di Psicologia generale della personalit o pi semplicemente di Psicologia della personalit. Tuttavia, in certe Universit italiane, esiste un insegnamento di psicologia generale e della personalit, a significare che storicamente la Psicologia generale si occupata di processi basici della mente (prevalentemente di cognizione), lasciando in qualche modo a lato il settore della psicologia della personalit. Per quanto questa posizione non ci trovi daccordo, in linea di principio, gioco forza prendere atto del fatto che la ricerca ha un notevole grado di specializzazione e normalmente chi si occupa di Psicologia Cognitiva solo secondariamente arriva allo studio della personalit e viceversa accade per chi si occupa di personalit. In questo volume terremo quindi conto di questo stato delle cose e cercheremo in qualche modo di analizzare quali legami esistono fra tali due settori. Nel fare questo, abbiamo voluto limitarci ad aree di indagine che avevamo studiato personalmente e approfonditamente per vederne sia aspetti cognitivi che di Personalit. Infatti, la storia delle autrici del volume si lega allapproccio cognitivo sperimentale.

1.2. Alcuni momenti chiave nello studio psicologico della personalit Dal punto di vista storico la psicologia della personalit nata come modello tipologico basato sull individuazione di tratti. Questi possono essere definiti come disposizioni stabili che portano a specifiche modalit di reazione in una pluralit di circostanze [Tellegen 1991]. Un 4

precursore di tale posizione pu essere considerato Ippocrate (vissuto nel V secolo a.C.) che infatti propose 4 tipi di temperamento (collerico, melanconico, sanguigno e flemmatico), mettendoli rispettivamente in relazione con 4 umori corporali: bile gialla, bile nera, sangue, linfa. Nellepoca moderna sono state proposte diverse tipologie di personalit basate sui tratti. Gustav Jung [1923] ha proposto i tratti introversione / estroversione che, a differenza di quelli di Ippocrate, erano solo psicologici e non anche fisici, mentre Sheldon, negli anni Quaranta del secolo scorso, ha messo in relazione caratteristiche del corpo al temperamento proponendo tre dimensioni del corpo (endomorfo, esomorfo e ectomorfo), e tre relative dimensioni del temperamento: viscerale, somatico e cerebrale. Sin agli inizi del 900eper tutto il secolo, le teorie dei tratti hanno dominato il campo della psicologia della personalit. Le prime posizioni teoriche si preoccupavano di individuare tassonomie finite e relativamente contenute di dimensioni base della personalit come: amabilit , ansia, coscienziosit, introversione, che potessero essere svincolate dalle situazioni concrete e descrivere ogni persona (approccio nomotetico). Allport [1937], grande teorico dei tratti di personalit, riteneva che in una persona il pattern di disposizioni (tratti) potesse essere generalizzato attraverso le diverse situazioni, cio si mantenesse stabile e determinasse il comportamento di quella persona. Allport insisteva sullunicit ed individualit di ognuno proponendo che tale pattern di tratti non ricorresse mai nello stesso identico modo in due diverse persone (approccio idiografico). Tratti e combinazioni di tratti operavano diversamente in ogni singolo individuo. Sebbene le diverse teorie dei tratti, proposte dagli anni Trenta agli anni Ottanta [Allport 1937; Cattell 1950; 1957; 1965; Eysenck 1975: 1982] discordassero sulle strutture e contenuti dei diversi tratti individuati, tutte concordavano che i tratti siano disposizioni originarie e spieghino il comportamento assunto in una grande variet di situazioni. Il focus sui tratti si concentr nelle posizioni teoriche degli anni 80 - 90 sul modello del Big Five [Costa e McCrae 1988] che individuava, tramite la produzione libera di aggettivi descriventi la personalit (ipotesi lessicale di base), e la compilazione di un questionario di personalit da parte di ampi campioni di popolazioni di diverse aree del mondo, 5 fattori centrali della personalit. I Big Five sono stati nel tempo e nelle differenti ricerche denominati in modi diversi. In questa sede faremo riferimento ai termini proposti da Costa e McCrae [1985; 1992]: COSCIENZIOSIT, AMABILIT, NEVROTICISMO (o STABILIT EMOTIVA), APERTURA MENTALE, ESTROVERSIONE. La teoria del Big Five, come altre teorie dei tratti [ad esempio Eysenck 1990], individua il tratto come un costrutto bidimensionale in cui lestremit di un continuum esprime la caratterizzazione di un tratto e laltra estremit laspetto complementare. 5

Sempre secondo Costa e McCrae, la Coscienziosit misura il grado di organizzazione, persistenza, affidabilit e scrupolosit da un lato e la noncuranza, disorganizzazione e volubilit dallaltro; la Amabilit misura una modalit di porsi in relazione con gli altri in cui si spazia dallessere naturalmente buoni, accettanti, cordiali e cooperativi, al prendersi cura degli altri e, nel versante opposto, nellessere cinici, egoisti e indisponenti; il Nevroticismo misura la stabilit/instabilit emotiva; lApertura Mentale misura curiosit, creativit e capacit immaginativa, originalit e al polo opposto convenzionalita; lEstroversione misura il bisogno di attivit, di stimoli e di socializzazione, allopposto dellIntroversione come tendenza ad essere quieti e riservati (vedi la sintesi di tab. 1.1).

Inserire Tabella 1.1

Come si pu osservare, nessuno dei 5 fattori mostra, di primo acchito, strette connessioni con gli aspetti cognitivi anche se nellApertura Mentale si pu rinvenire qualche forma di intelligenza e la Coscienziosit potrebbe essere messa in relazione con lo stile riflessivo e anche con limpegno strategico del modello metacognitivo di Borkovski (vedi capitolo 5). Dunque lapproccio dei 5 fattori di descrizione della personalit, come anche le altre teorie dei tratti, poco ha a spartire con lo studio dei processi cognitivi, se non fosse che negli ultimi anni molte ricerche hanno messo in relazione i cinque fattori con altre misure cognitive. Questo avvenuto al fine di capire quanto aspetti di personalit o di cognizione entrassero in gioco nello spiegare comportamenti complessi, come il successo nello studio, la motivazione ad una attivit piuttosto che unaltra, le scelte lavorative, lefficacia degli interventi. La distinzione tra cognizione e personalit sembrerebbe ancora pi netta, se possibile, nellapproccio del situazionismo. Secondo questo insieme di teorie, la personalit dipende soprattutto dallambiente e dalle situazioni da cui il nome pi che dalle caratteristiche della persona. Ci che conta la serie di rinforzi e linsieme di modelli cui la persona stata esposta e come questi hanno strutturato modalit, anche stabili nel tempo, di comportarsi. Vi sono visioni pi rigide che si focalizzano essenzialmente sulla storia di premi e punizioni e che fanno riferimento al comportamentismo radicale [Watson 1924], e altre pi sul versante interazionista le quali, pur ritenendo importante lambiente e il suo ruolo modellante, lasciano spazio allinterazione con caratteristiche tipiche di ogni individuo o con il suo sistema di pensiero e interpretazione della realt. Rientra fra queste la teoria proposta da Bandura e Walters [1963] sul modellamento e sullapprendimento vicario attraverso processi di simbolizzazione e di identificazione. La teoria dellapprendimento sociale di Bandura [1977; 1986; 1999] spiega il comportamento umano in 6

termini di una relazione causale reciproca e triadica (determinismo triadico reciproco, vedi figura 1.1.): fattori personali (biologici, cognitivi e affettivi), schemi di comportamento, e situazioni ambientali interagiscono vicendevolmente attraverso relazioni bidirezionali per spiegare tutti insieme il comportamento umano.

Inserire Figura 1.1

Tanto il situazionismo quanto le teorie dei tratti hanno originariamente trascurato di studiare le variabili ed i processi cognitivi che potevano influenzare la relazione tra persona e situazione, ma dalla met degli anni Ottanta teorici socio-cognitivi della personalit, come Bandura, ma anche Mischel e Shoda [1995; 1999], hanno enfatizzato il ruolo della cognizione come mediatore tra le caratteristiche rinforzanti della situazione e lo sviluppo personale di nuovi comportamenti. Rispetto allo studio dei tratti la concettualizzazione stata estesa fino a considerare i tratti come categorie cognitive [Cantor e Mischel, 1979] Del resto, gi negli anni Cinquanta, la teoria delliapprendimento sociale era passata da una posizione prevalentemente comportamentista ad unanalisi pi cognitiva della personalit, e questo era avvenuto a cominciare dalla teoria dei costrutti personali di Kelly [1955] in cui si enfatizza la personale costruzione del mondo ad opera dei personali processi cognitivi. Da Kelly in poi il concetto di cognizione stato incorporato allinterno della maggior parte delle teorie della personalit. Il punto di partenza della elaborazione di George Kelly fu losservazione che i teorici della personalit utilizzavano dimensioni costruite da loro stessi. Per Kelly, invece, limportante era scoprire le dimensioni che le persone utilizzano per interpretare se stesse e il proprio mondo sociale: i costrutti personali, cio i significati che le persone assegnano agli eventi, le reazioni emotive determinate dal modo in cui gli eventi sono interpretati. Il funzionamento della personalit innanzitutto un adattamento pi che agli eventi in se stessi ai significati che a quegli eventi si attribuiscono. I processi conoscitivi e interpretativi (quello che pensiamo, ricordiamo a cui prestiamo attenzione pi che quello che semplicemente ci capita) sono al centro dellesperienza psicologica, come anche della personalit. Per Kelly, le persone sono in qualche modo esse stesse degli scienziati animati da un desiderio conoscitivo e da una capacit interpretativa e di giudizio, applicata a se stessi e al mondo. Come gli scienziati cercano non solo di trovare delle regolarit e spiegare gli eventi, ma anche di predire i comportamenti, cos gli individui usano i loro costrutti personali a fini esplicativi e predittivi. Daltra parte, ogni individuo usa un insieme specifico, unico e irripetibile, di costrutti personali. Lapproccio di Kelly pu essere ben esemplificato dallo strumento che egli stesso costru per identificare questo insieme di costrutti che il REP test (Test 7

di repertorio dei costrutti) che si basa su una griglia che incrocia le figure di rilievo per la persona (genitori, parenti, amici) con insieme di costrutti. Per esempio, lo psicoterapeuta di ispirazione kelliana potrebbe chiedere al paziente di indicare, cerchiandole, tre figure di cui due simili e una diversa da lui e di trovare aspetti che precisano questi rapporti di somiglianza e differenza. Un paziente che indicava se stesso e suo fratello come simili e la sorella pi piccola come diversa riport, per esempio, come tratto che lo assimilava al fratello quello dellapertura alla novit e come costrutto che li differenziava dalla sorella la prudenza di questultima. In questo modo vengono utilizzati costrutti del paziente, ma essi attraverso questa procedura- sono resi accessibili al terapeuta, che pu intervenire nel caso questi costrutti si rivelino maladattivi. Nel filone umanistico-fenomenologico rientrano altre teorie come quelle proposte da Rogers [1951] con lintroduzione del concetto di valutazione organistica e da Maslow [1968] per quanto riguarda la teorizzazione della piramide dei bisogni. Tutte queste teorie si accomunano per il tema della realizzazione di s (self-actualization) e dello sviluppo della propria personalit. Per Rogers la forza di base che muove lorganismo umano la tendenza attualizzante, cio la tendenza a realizzare tutte le possibilit del s. Questo, s reale, costituito da tutte le idee, le concezioni ed i valori che caratterizzano lio della persona. Il s reale si differenzia dal s ideale: quello che ci piacerebbe essere. Tanto pi il s ideale si distanzia dal s reale maggiori sono i conflitti e le insoddisfazioni che la persona percepisce, ma anche tanto maggiore la distanza tra s reale ed esperienze della persona, cio tra idee su come si e le risposte della realt, maggiore il disadattamento e linfelicit. Sono dunque le coerenze/ incoerenze tra il s e le esperienze della realt da un lato e tra il s reale ed il s ideale dallaltro ad essere la causa della nostra maggior o minor soddisfazione e felicit. Lenfasi sul s, le sue concezioni ed il suo sistema di valori accomuna tutte le posizioni degli psicologi umanistici che condividono lidea che lindividuo sia fondamentalmente buono, attivo e modificabile ed aspiri alla crescita e allautorealizzazione. E stata questa concezione dellindividuo che ha posto le basi della psicologia positiva (vedi capitolo 2 sulla motivazione). Lapproccio umanistico alla personalit considera fondamentali le idee ed i valori personali, dunque la cognizione, ma solo per quanto riguarda il suo versante soggettivo. Per quanto gli psicologi umanistici si siano ingegnati di escogitare nuovi metodi per studiare il concetto di s le prove fornite non sono state del tutto convincent nel sostenere i loro assunti. Inoltre, il concetto di s dellapproccio umanistico sembra essere la quintessenza del s individuale e tenere conto pi dellautorealizzazione e del benessere del singolo individuo che non a vederlo inserito in una societ e a realizzare il benessere del singolo nella prospettiva pi ampia della collettivit. Indubbiamente, per, questa concezione della personalit ha influenzato le posizioni cognitive 8

contemporanee che hanno saputo trovare in concetti operazionalmente definiti ed in metodologie sperimentali adeguate valido sostegno. Ci riferiamo a posizioni come quella ad esempio di Carol Dweck sulle teorie entitarie vs incrementali che verr ampiamente trattata nelle pagine seguenti. In seguito Bandura [1969; 1986] e Mischel [1973] hanno sviluppato le teorie sociocognitive, che mettono in risalto sia lorigine sociale del comportamento, sia limportanza dei processi cognitivi di pensiero in tutti gli aspetti del comportamento umano, dalla motivazione allemozione e allazione. La persona viene, infatti, considerata come agente attivo che usa processi cognitivi per comprendere gli eventi passati e attuali, prevedere quelli futuri, scegliere il corso delle azioni e comunicare con gli altri. Da questa prospettiva lapproccio cognitivista alla personalit stato concettualizzato come teoria dellintelligenza. Ad esempio Cantor e Kihlstrom [1987] con la loro teoria dellintelligenza sociale hanno proposto che lunicit dellindividuo, la personalit, trovi la sua origine ed il suo terreno di sviluppo nella tipicit dei modi in cui si risolvono problemi della vita di ogni giorno. Secondo le teorie socio-cognitive, quindi, la personalit si forma a partire dalle riflessioni e interpretazioni (da cui il termine cognitivo) svolte in contesti relazionali (da cui sociale). La personalit quindi frutto tanto di variabili personali, come gli atteggiamenti, gli stili di pensiero, gli schemi di s, quanto dellambiente e dei contesti di interazione che la persona si trova a vivere e a interpretare. Ad esempio, di fronte allinsuccesso persone diverse possono fornire interpretazioni differenti. Cos pure caratteristiche quali la timidezza sarebbero determinate dal modo in cui il singolo si pone e interpreta situazioni e contesti relazionali piuttosto che da caratteristiche dellambiente o degli agenti di socializzazione, come postulerebbe il situazionismo, o da disposizioni del singolo, come previsto dalle teorie dei tratti. Una conseguenza interessante di questa visione della personalit che viene meno la costanza del comportamento, mentre si ha una costanza nelle situazioni, ovvero le persone possono atteggiarsi in modo differente cambiando persone o situazioni con cui si relazionano, mentre tendono a mantenere con le stesse persone e nelle stesse situazioni comportamenti (o personalit) simili. Allinterno di questo contesto la posizione di Bandura stata particolarmente influente, non solo negli Stati Uniti, suo paese di origine, ma anche in altri paesi del mondo. La sua teoria della personalit si articola in vari aspetti dei quali qui evidenzieremo alcuni principali. Bandura riflette la sua formazione di base comportamentista, enfatizzando il ruolo di premi e punizioni come determinanti esterne del comportamento, ma va oltre il comportamentismo riconoscendo il ruolo delle determinanti interne quali credenze, aspettative e pensieri. Secondo Bandura i comportamenti derivano da processi interni di autoregolazione che tuttavia hanno una origine esperienziale, nascono cio dalla osservazione e elaborazione di comportamenti e esperienze. In questo senso, 9

Bandura ha un sia pur vago rapporto di parentela con la scuola russa (Vygotski e Luria), che sottolineava come lautoregolazione fosse il risultato di una interiorizzazione di situazione esterne, ma, nel suo caso, mette laccento in modo centrale sulleteroregolazione esercitata da figure di riferimento, e in primo luogo dai genitori, attraverso lesercizio di forme di controllo basali e, soprattutto, del linguaggio). Il concetto che ha reso popolare Bandura quello di percezione di autoefficacia che ben testimonia il fatto che una rappresentazione interna (di quanto il proprio agire sia effettivo) guidi e motivi le persone nel loro comportamento (per questo aspetto si rimanda al Capitolo 2 di questo volume). Il concetto di autoefficacia stato utilizzato in numerosi contesti e anche in relazione al funzionamento cognitivo. Per esempio stato osservato che lautoefficacia guida le decisioni degli individui nella scelta dei compiti: la gente sceglie non tanto i compiti per cui veramente pi capace, ma quelli per cui si percepisce pi competente. Questo aspetto stato applicato anche al caso delle differenze di genere [vedi per esempio Hackett 1985; Hackett e Betz 1989]: in gruppi di ragazze e ragazzi di pari abilit intellettive, le ragazze tendono ad avere una minore percezione di autoefficacia nelle discipline scientifiche e, di conseguenza, scelgono con minore frequenza questo tipo di studi e i corrispondenti settori lavorativi. Gli effetti di questi processi decisionali si sommano nel tempo, portando anche allevitamento o a una ridotta pratica nei settori trascurati, con la conseguenza che effettivamente le abilit, non valorizzate, risultano inferiori. Al contrario, la persona che si percepisce come efficace in una determinata attivit ha minore ansia, presenta una maggiore persistenza, un maggiore impegno e quindi pi facilmente rafforza la competenza e sperimenta il successo. In conclusione, la percezione di autoefficacia legata al successo, non tanto per se stessa, ma perch implica una serie di meccanismi che sono funzionali al raggiungimento dei risultati per i quali ci si sente capaci (vedi tab. 1.2)

Inserire Tabella 1.2

Un ulteriore filone di teorie della personalit, che chiaramente si differenziano dalle precedenti (si rimanda alla tab. 1.3 per una visione riassuntiva), quello delle teorie psicoanalitiche, secondo le quali la personalit dipende da conflitti intra-psichici fra diverse istanze e da come questi conflitti sono stati risolti. Vi possono quindi essere fissazioni in stadi precedenti, difese, fra cui la rimozione e la proiezione, e strutture di personalit variamente codificate, ad esempio la personalit narcisistica. Vi sono diversi approcci che si distinguono per alcuni aspetti. Ci che li accomuna il collocare la personalit ad un livello profondo. Conseguenza di ci il riferimento a contenuti inconsci che emergono attraverso tecniche proiettive, sogni, lapsus. Altro 10

elemento tipico delle teorie che possono essere considerate allinterno di questo filone il ritenere la personalit formata in modo pressoch indelebile fin dai primi anni di vita. Queste diversificazioni non escludono il fatto che molti concetti psicoanalitici, a partire da quello di inconscio, siano in relazione con costrutti e temi di studio della psicologia cognitiva (v. Erdelyi, 1985). Anche le distinzioni tra processi impliciti ed espliciti o quelli tra processi automatici e controllati sono in relazione con lidea che le disposizioni inconsce sono al di l delle proprie possibilit di controllo e scelta. Elemento comune ai diversi filoni limportanza del ruolo del pensiero. Nelle teorie psicoanalitiche esso pu aiutare a riconoscere i processi profondi, nelle teorie socio-cognitive a costruire i propri significati, le interpretazioni e le aspettative. Il pensiero influenza tanto pi il comportamento quanto pi inconsapevole, perch inconscio o semplicemente perch non noto o non accessibile. E quindi possibile rintracciare cinque filoni di teorie della personalit che si distinguono per lunit di analisi tratto, comportamento, convinzione per le risposte date riguardo la costanza nel tempo e la conseguente prevedibilit del comportamento e per la sottostante visione delluomo, nonch per gli strumenti di valutazione e di misura.

Inserire Tabella 1.3

1.3. La personalit da un punto di vista socio-cognitivo Il percorso storico della ricerca sulla personalit si quindi snodato fino a considerare la personalit come un sistema cognitivo-affettivo [Mischel e Shoda 1995; 1999] che si sviluppa, funziona e si modifica attraverso le interazioni reciproche con lambiente. A questo proposito va ricordato che verso il 1970 la psicologia della personalit fu scossa dalle sue fondamenta dalla pubblicazione di alcuni libri che ne mettevano in discussione gli assunti base. Il pi influente fu quello di Walter Mischel del 1968, Personality and Assessment, in cui lautore metteva in evidenza i fallimenti empirici sia delle teorie psicodinamiche che di quelle dei tratti. La sua critica si basava sulle seguenti osservazioni: la debolezza della letteratura empirica sulla personalit impediva la possibilit di nuovi sviluppi teorici; erano necessarie nuove unit di analisi che permettessero lo studio empiricamente fondato della personalit; tali concetti dovevano inoltre a) rendere conto delle differenze non solo individuali, ma anche dello stesso individuo nelle diverse situazioni, b) essere basate sulle conoscenze della Psicologia cognitiva e dellapprendimento sociale. Si auspicava, inoltre, una integrazione allinterno della Psicologia della personalit delle diverse conoscenze della psicologia, in modo da ottenere un quadro unico e completo dellindividuo. 11

Qualche anno dopo Mischel propose una serie di variabili (vedi tab. 1.4), quali strategie di codifica, aspettative di riuscita, valori e costrutti personali, processi di autoregolazione, che ponevano al centro della psicologia della personalit i processi attraverso i quali le persone acquisiscono e organizzano informazioni su se stesse e lambiente che le circonda. In questa visione i sistemi cognitivo-affettivi non sono semplici mediatori e neppure uno dei possibili livelli della personalit, ma costituiscono stabilmente la struttura stessa della personalit. E lorganizzazione durevole dei sistemi cognitivi e affettivi che costituisce, quindi, lindividuo. Come affermano Caprara e Cervone [2003], in questottica gli stessi tratti non sono pi strutture interne della personalit, ma prodotti del sistema cognitivo-affettivo e delle sue interazioni con lambiente. La teoria della personalit diviene una teoria dinamica di elaborazione dellinformazione la cui struttura di base costituita dalle componenti cognitivo-affettive. Da questo punto di vista lo studio della personalit si colloca laddove vi lo studio della cognizione e delle rappresentazioni di conoscenza, del pensiero, sia consapevole che inconscio, dellemozione, per dar luogo ad una visione integrata degli individui e di come questi si differenziano luno dallaltro.

Inserire tabella 1.4

Le variabili presentate in tabella 1.4, a volte chiamate anche variabili cognitive individuali dellapprendimento sociale, rendono conto di una serie di quesiti che nel loro insieme costituiscono le differenze tra le persone e lunicit della persona: 1. come sembra a me?: le persone si differenziano per come percepiscono, codificano e raggruppano in categorie significative se stessi, gli altri e le situazioni. Ci che a me sembra una minaccia per un altro pu costituire una sfida. 2. cosa succeder?: le aspettative sulle conseguenze dei comportamenti propri ed altri, come pure quelle sulle proprie capacit, guidano le nostre scelte di azione. 3. come mi sento?: le emozioni e gli affetti divengono conseguenza dei propri comportamenti 4. che cosa vale la pena di fare?: le persone possono anche avere aspettative simili e provare le stesse emozioni, ma scelgono di comportarsi in modo diverso, perch assegnano valore differente ai risultati e/o perch si pongono obiettivi diversi. 5. che cosa so fare? E come lo devo fare?: le competenze comprendono capacit ai vari livelli (fisico, sociale, intellettuale ecc.) differenti nelle varie persone sia per se stesse, sia per il modo in cui sono implementate. 12

La conclusione di questo quadro che le differenze individuali interagiscono con le situazioni particolari creando, per Mischel, lunicit della persona. Mischel, in collaborazione con Shoda [Shoda e Mischel 2000; Mischel e Shoda 1999; 2000] propone un modello dinamico integrato di personalit, il CAPS (Cognitive - Affective Personality System), la cui idea centrale che la rappresentazione mentale, e, quindi, il significato psicologico, delle situazioni, la rappresentazione di se stessi, degli altri, di possibili eventi futuri, obiettivi, emozioni, credenze e aspettative, nonch delle possibili alternative sono fortemente interconessi [Shoda e Mischel 2000]. Ogni persona ha un suo proprio sistema per cui dato un pensiero x si produce un ricordo y che induce sensazioni ed emozioni. Le persone differiscono tra loro stabilmente per tale sistema interconnesso di associazioni e tale differenza costituisce laspetto principale della personalit. La nuova riconcettualizzazione ed il nuovo lessico della personalit risentivano delle concezioni di studiosi tanto di personalit, quanto dei processi cognitivi, per esempio di George Kelly nell' assegnazione dei significati personali, di Julian Rotter nello studio dellapprendimento sociale, di Bandura nello studio dellapprendimento per osservazione, di una serie di influenti psicologi cognitivisti, per esempio Miller, Galanter e Pribram [1960], Neisser [1967] e Rumelhart, Lindsay e Norman [1972] sullo Human Information Processing (luomo come sistema di elaborazione delle informazioni). Nel tentativo di trovare un modo unico e unitario di spiegare la personalit molti studiosi hanno proposto di utilizzare una stessa comune terminologia utilizzando, magari da prospettive differenti gli stessi termini/costrutti. In questo tentativo va collocata la proposta di Tory Higgins [2000] di fare riferimento ai due concetti di accessibilit e di focus di autoregolazione, uno di matrice di psicologia generale, laltro pi motivazionale, per comprendere in questi principi di carattere generale entrambe le fonti di variabilit date dallunicit della persona e dalle differenti situazioni, dunque per comprendere la personalit. Lidea di accessibilit appartiene da lungo tempo alla psicologia. Ad esempio il meccanismo di difesa della proiezione, descritto dalla psicologia psicodinamica, fa riferimento alla modalit di vedere nellaltro pensieri e sentimenti propri che sono per la persona in questione cronicamente accessibili cio non solo posseduti, ma anche particolarmente attivati. Higgins definisce laccessibilit come il potenziale di attivazione delle conoscenze disponibili in una persona. La rete di conoscenze costruita su base esperenziale costituisce la lente attraverso cui guardiamo alle nuove esperienze attribuendo loro senso e valore. Laccessibilit denota la velocit e la facilit con cui un dato input viene riconosciuto e codificato allinterno di una data categoria. Tale categoria 13

non pu essere attivata se non gi preesistente in memoria. Solo le informazioni gi possedute sono disponibili e laccessibilit riguarda solo queste. In genere il costrutto che richiamiamo alla mente per interpretare una nuova situazione attivato sia da elementi della situazione che da elementi personali, e la sua attivazione temporanea. Gli studi di Higgins e colleghi mostravano come costrutti che una persona pre-attiva nella mente guidassero poi il riconoscimento di significati in comportamenti non chiarimenti definiti. Inoltre dimostravano come i significati del costrutto preattivato venissero visti nellinformazione ambigua e come ci avvenisse con tanta maggior probabilit quanto pi vi era inconsapevolezza del costrutto attivato. Dunque tutte le persone mostrano un identico effetto temporaneo dovuto allinterpretare la realt alla luce di un costrutto inconsapevolmente attivato. Le persone si distinguono dunque non solo per lo specifico repertorio di costrutti, ma anche per la accessibilit di ognuno di questi, per dirla con Higgins per lo specifico potenziale di attivazione. Per ognuno di noi alcuni costrutti sono particolarmente disponibili, anzi cronicamente accessibili. Secondo Higgins laltro principio generale di funzionamento della personalit lautoregolazione che induce a cercare di realizzare i propri obiettivi in relazione al desiderio di soddisfazione dei propri bisogni. Questo desiderio attraversa tutta la psicologia della personalit, con diversi accenti e sfumature, basti pensare al principio del piacere e allobiettivo di evitare il dolore nella teoria freudiana, o al desiderio di successo (achievement motivation) e alla paura dellinsuccesso nella teoria di Atkinson [1957; 1964]. In generale, quando regolano le loro azioni, le persone possono scegliere di concentrarsi sui loro desideri o sulle loro paure. Higgins sostiene che lautoregolazione ha distinte caratteristiche nelle differenti persone: il focus dellautoregolazione pu, in altre parole, cambiare, guardando soprattutto alle cose che fanno piacere (focus di promozione) o piuttosto a quelle che si temono e rispetto alle quali bisogna mettere in atto strategie preventive(focus di prevenzione). Queste tematiche sono state verificate con numerosi esperimenti riguardanti la sfera cognitiva. Una classica procedura in questo ambito si basa sullipotesi cognitiva della selettivit della memoria, per cui il ricordo fissa meglio le informazioni compatibili con i propri schemi. Per esempio, Higgins, Roney, Crowe e Hymes [1994] facevano leggere a persone, distinte in relazione al fatto che avessero un focus di promozione o di prevenzione, dei brani in cui i personaggi mostravano strategie di comportamenti di promozione o di prevenzione. In uno di essi si raccontava di uno studente che si impegnava per avere successo, alzandosi presto, studiando a fondo, ecc., e di un altro studente che prendeva delle precauzioni per evitare problemi nel suo studio, per es. sovrapposizioni, incidenti di percorso. Si visto che i partecipanti allesperimento che si caratterizzavano per un focus di promozione ricordavano maggiormente i comportamenti del primo studente, mentre lopposto accadeva per i partecipanti con focus di prevenzione. Giustamente 14

Higgins rileva che un meccanismo cognitivo simile presente anche nella proiezione, in cui la mente utilizza i suoi schemi per interpretare situazioni ambigue. Higgins conclude che accessibilit e focus dellautoregolazione sono solo due dei molti principi psicologici generali, molti dei quali di natura cognitiva, che possono costituire la base comune tra cognizione e personalit.

1.4 Cognizione e personalit come due ambiti separati e in relazione Per anni, e molto spesso ancor oggi, le aree dei processi cognitivi e della personalit sono state studiate isolatamente senza analizzare le relazioni reciproche (vedi Capitolo 3). La Cognizione si occupata di processi e di abilit, di attenzione, di memoria, di ragionamento, ecc., mentre in Personalit si parla di tratti, motivi, emozioni, relazioni personali (variabili intraindividuali) e interazione tra persone e situazioni (variabili interpersonali). Gli studiosi di Cognizione e quelli di Personalit non solo si occupano di temi diversi usando termini differenti ma anche adottano metodologie differenti come ad esempio tempi di reazione vs analisi, dati raccolti in esperimenti di laboratorio vs risposte a questionari; i primi si occupano della massima prestazione, quella ottimale, i secondi della prestazione media, quella tipica. Le metodologie prevalenti di studio dei processi cognitivi e della personalit differiscono sostanzialmente anche per lorizzonte temporale: le prestazioni cognitive misurate in laboratorio richiedono pochi millisecondi mentre gli effetti di personalit si considerano con riferimento a tempi assai pi lunghi, di ore e giorni. Ma sia in passato, sia, maggiormente, in epoca recente, le tradizionali aree della Psicologia cognitiva e della Psicologia della personalit hanno trovato numerosi punti di incontro, grazie a vari contributi fra cui quello dellapproccio interazionista che ha riconosciuto [vedi per esempio Endler 2000] limportanza fondamentale della relazione tra cognizione e personalit. Nel modello interazionista proposto da Endler e Magnusson negli anni Settanta [v. Endler e Magnusson 1976], il focus della personalit era diretto alla interazione persona X situazione, in cui i processi cognitivi giocavano un ruolo fondamentale. Certo che la cosiddetta rivoluzione cognitiva degli anni Settanta aveva gi posto le basi per questo intreccio di interessi. Sullonda di tale rivoluzione cognitiva molti ricercatori si sono focalizzati su costrutti operazionalizzabili che possono essere considerati strutture di conoscenze non fattuali come le convinzioni e gli standard. Ad esempio, come vedremo pi avanti, le teorie implicite di Dweck e Leggett [1988] e le teorie personali dellesperienza cognitiva di Epstein [1990] sono convinzioni, mentre le guide personali proposte da Higgins [1987] e i possibili s di Markus e Nurius [1986] sono da considerarsi standard. Standard, convinzioni e valori sono costrutti che possono essere specificati e sottoposti a una verifica sperimentale che ne individui le condizioni di generazione e le loro implicazioni nella scelta degli obiettivi. Si tratta di strutture di conoscenza non fattuale che possono essere incluse nelle 15

conoscenze cognitive, cos come abilit ed expertise sono costrutti cognitivi che ben possono essere inseriti nella spiegazioni del funzionamento della personalit. In conclusione, nel panorama della psicologia della personalit, sono comparsi nuovi tipi di strutture di conoscenze, che diversamente dagli ampi costrutti delle classiche teorie precedenti permettono di specificare con maggior precisione e di verificare empiricamente come tali conoscenze vengano generate, organizzate e come influenzino la scelta degli obiettivi e il loro perseguimento nella soluzione di problemi. Queste relazioni , del resto, non sono state sviluppate soltanto da psicologi di lingua inglese, ma hanno trovato anche sostenitori rappresentativi anche allinterno di altre tradizioni di ricerca come ben esemplificato dal contributo di Smirnov. 1.5 La teoria dellattivit come modello integrato di cognizione e personalit Allinterno della psicologia russa si sviluppata negli ultimi 30 anni la teoria dellattivit, che pure pu essere considerata come capace di unificare elementi cognitivi e di personalit e che quindi presenteremo con maggiore dettaglio al fine di mostrare in che modi la teoria della personalit si sia sviluppata, anche al di fuori del mainstream dominante nordamericano. In questa teoria, il costrutto principale quello di attivit orientata verso un oggetto. Come delineato da Sergei Smirnov [1994], tale attivit collega individuo e mondo in modo bilaterale: lindividuo agisce e modifica il mondo con la sua attivit, ma anche a sua volta modificato perch dal mondo riceve una gamma sempre pi vasta di esperienze. Lattivit rivolta ad oggetti sia naturali che culturali del mondo. Lo sviluppo dellindividuo deriva dal padroneggiare, attraverso lattivit, una serie crescente di nuovi oggetti e dallincorporare una parte sempre pi ampia del mondo allinterno delle sue strutture conoscitive. Le conoscenze condivise dallindividuo e dal mondo in cui vive (ambiente fisico, culturale e sociale) costituiscono la sua coscienza (termine che in russo significa per lappunto anche conoscenze condivise). La coscienza a livello individuale, come si manifesta per una specifica persona, una rappresentazione del mondo che contiene la persona stessa. questa rappresentazione che genera ogni attivit perch ogni attivit diretta da una rappresentazione conscia di un risultato atteso. Dato che i risultati dellattivit sono incorporati nella rappresentazione, la rappresentazione cambia. La teoria dellattivit prevede differenti livelli o componenti della rappresentazione del mondo o coscienza o conoscenze condivise. Il primo livello quello di base, il livello dellesperienza sensoriale inerente alle impressioni ricevute attraverso i sensi. Nella coscienza lesperienza sensoriale ha la funzione di integrare il senso di realt degli oggetti nella rappresentazione individuale del mondo. Il secondo livello costituito dai significati. I significati nascono nelle interazioni sociali e si fondano sul linguaggio. Ad esempio, se una persona, per circostanze particolari, vive in isolamento 16

lo sviluppo della sua coscienza subisce un arresto perch la mancanza di interazioni sociali blocca il suo sistema di significati. I significati traggono origine dalla cultura e attraverso il linguaggio vengono incorporati nelle conoscenze e divengono parte della coscienza individuale. Il terzo livello quello del senso personale. A questo livello lattivit un modo di raggiungere lautorealizzazione operando in relazione a interessi, desideri, emozioni. Il senso personale degli eventi del tutto individuale, pu differire da una persona allaltra, e per una persona pu avere un significato soggettivo del tutto particolare e distinto , anche quando la persona ne comprende completamente il senso oggettivo. In talune circostanze, quando la corrispondenza viene a mancare, il senso personale ed il senso oggettivo possono essere completamente alieni luno dallaltro. Si pensi al caso di un biologo che certamente conosce meglio di ogni altro il funzionamento oggettivo della vita, ma che sperimenter un senso personale ed una coloritura emozionale differenti quando sapr che sta per nascergli un figlio. Il senso personale fornisce alla coscienza la sua natura emozionale. Il senso personale dunque il livello pi profondo della coscienza e costituisce la personalit di un individuo. In s il concetto di rappresentazione del mondo non assolutamente nuovo. Molte teorie psicologiche hanno presentato tale concetto con diversi termini (enciclopedia personale, memoria a lungo termine, schema del s e delluniverso) ma quello che caratterizza la concezione russa lassoluta unit di tale rappresentazione in cui individuo e mondo si integrano come si integrano sfera cognitiva e di personalit. Nella teoria russa dellattivit la rappresentazione del mondo una immagine unitaria che la persona ha della natura del mondo e di se medesima con il posto che nel mondo occupa.

Inserire Figura 1.2

La relazione o, meglio, interrelazione e unit tra cognizione e percezione trae il suo significato dal fatto che la cognizione vista dalla teoria dellattivit come fattore attivo di costruzione della rappresentazione del mondo di una persona e che questa rappresentazione stessa agisce come struttura cognitiva principale. La cognizione formula ipotesi e proietta i risultati della sua attivit nella rappresentazione del mondo. Nella circolarit e unit del modello le caratteristiche personali, la motivazioni, i valori, gli atteggiamenti, le qualit morali non potranno che guidare dalle fondamenta il processo cognitivo. Come mostrato in figura 1.2 le componenti e le loro relazioni allinterno della rappresentazione del mondo sono distinte in triadi interconnesse. Il nucleo del modello costituito dal livello di personalit, cio della rappresentazione del mondo secondo il senso personale che un 17

sistema di valori e di atteggiamenti, di conoscenze calde, emozionali con massimo grado di soggettivit, e dunque individuali e uniche. Il secondo cerchio rappresenta il livello intellettivo in cui i significati forniscono conoscenze pi obiettive, conoscenze fredde, culturali e del mondo fisico. A questo livello pensiamo pi di quanto non sentiamo e la componente dellattivit si caratterizza per azioni dirette ad un obiettivo. Infine il cerchio esterno rappresenta il livello sensopercettivo in cui lesperienza sensoriale della coscienza costituita dalla totalit delle informazioni sensoriali provenienti dal mondo esterno recepite attraverso tutte le modalit sensoriali. A questo livello di coscienza lattivit consiste di operazioni automatizzate, prive di controllo consapevole. Questa rappresentazione del mondo dunque un sistema a pi livelli che genera in continuazione ipotesi e le verifica, e che costituisce il punto di partenza e di arrivo di ogni attivit cognitiva. Ad ogni livello le ipotesi differiscono per il linguaggio con cui vengono generate e sottoposte a verifica. A livello pi profondo il linguaggio quello del senso personale, a livello intermedio quello dei significati e delle ipotesi oggettive, a livello superficiale quello delle impressioni sensoriali. Il grado di soggettivit maggiore a livello di personalit di quanto lo sia a livello intellettivo che a sua volta lo di pi che a livello sensoriale. A livello pi profondo la rappresentazione del mondo connessa al senso personale determina la natura delle rappresentazioni specifiche che incorpora [Smirnov 1983]. In altre parole il nucleo del senso del s genera e verifica ipotesi soggettive e incorpora risultati unici e personali. A questo livello le discrepanze tra i risultati predetti e quelli ottenuti possono essere pi ampie e frequenti, le conoscenze sono pi rigide e stabili, il cambiamento pi difficile e lungo. Lesempio della perdita improvvisa di una persona cara, riportato da Smirnov, mostra come le connessioni a livello sensoriale vengano istantaneamente interrotte, quelle a livello intellettivo modificate dopo pochi istanti, mentre il processo di modificazione a livello profondo pu richiedere anni. Bench a livello intellettivo si sappia che la persona cara non c pi, possiamo sognarla come ancora presente e viva, ci si pu aspettare di incontrarla nei luoghi abituali o di pensare di fare qualcosa che le faccia piacere come se fosse ancora con noi. Le ipotesi che coinvolgono la persona mancata al nostro affetto continuano ad essere generate dal livello personale e le verifiche, esplicitamente falsificate a livello sensoriale, vengono comprese ed incorporate a livello cognitivo con maggiore facilit e rapidit che dal livello di personalit per cui possiamo affermare: capisco che successo, ma ancora non mi sembra possibile. Al di l di queste differenziazioni, la caratteristica principale del livello di personalit che da qui si origina il processo di formulazione di ipotesi. Il nucleo personale d vita ad intuizioni che fungono da preconoscenze, costituendo la fonte emozionale delle ipotesi. Le implicazioni di tali intuizioni sono illustrate da Smirnov attraverso la metafora del raggio di luce: la cognizione come 18

un raggio di luce che illumina varie parti della realt permettendone cos la conoscenza. Ma la scelta di quali aree illuminare, dove dirigere il fascio di luce, viene dalla personalit attraverso le intuizioni del senso del s. La motivazione ad usare la cognizione viene dalla personalit. Ad esempio una persona potrebbe essere molto intelligente ma non produrre intuizioni, ipotesi a livello di personalit; tale individuo sarebbe incapace di scegliere la direzione in cui incanalare le proprie abilit cognitive. La cognizione guidata dalla personalit. Analogamente la personalit dipende dal livello di sviluppo della cognizione: conoscenze tipiche della personalit come la percezione interpersonale, le attribuzioni causali, la capacit di valutare il comportamento degli altri, risentono del livello di sviluppo cognitivo. Nella psicologia russa troviamo altre posizioni che indicano le interrelazioni tra cognizione e personalit. Vygotskij, ad esempio, ritiene che il ritardo mentale non sia semplicemente un deficit intellettivo ma sia da ricondursi alla carenza di connessioni tra il livello cognitivo e quello di personalit che causa deficit emotivo-motivazionali. In questa ottica lautismo sarebbe lesempio estremo di ritardo mentale legato alla mancanza di connessione, di comunicazione tra nucleo del s e funzionamento cognitivo. La creativit unulteriore esempio di connessione tra cognizione e personalit. La creativit viene qui definita come flessibilit, originalit e quantit di dettagli delle ipotesi. Ipotesi dettagliate, originali e flessibili sono prodotte dal livello di personalit che ne determina focus e contenuto. Tali ipotesi creative vengono poi sviluppate e concretizzate dai livelli cognitivo e senso-motorio. Smirnov [1994] porta risultati di ricerche sperimentali, proposte allinterno della psicologia dellattivit, che sostengono empiricamente la teoria ed assumono un significato particolare per la comprensione della relazione tra personalit e cognizione. In particolare gli studi sulla creativit hanno portato ad interessanti risultati che inducono a distinguere tra livelli cognitivi in relazione allo stesso tratto di personalit. In uno studio sulla relazione tra il tratto estroversione/introversione e livello di personalit vs livello percettivo , Petraitite [v. Smirnov, 2000] ha trovato che la creativit correla positivamente con estroversione come tratto di personalit, e con lintroversione a livello percettivo. In unaltra ricerca le differenze tra solutori creativi, euristici e riproduttivi di problemi di scacchi venivano individuate a livello personale, cognitivo e senso-motorio . Ai partecipanti venivano date superficiali istruzioni su come risolvere alcuni problemi scacchistici e limiti di tempo per affrontarli. I solutori riproduttivi, che costituivano la maggior parte dei partecipanti, si attenevano alle istruzioni e le applicavano superficialmente e velocemente. Gli euristici, dal 10 al 20 per cento del campione , mostravano un grado maggiore di attivit intellettuale cercando un principio comune da applicare a tutti i compiti anche se questo era in conflitto con listruzione di trovare la soluzione nel pi breve tempo possibile. Infine i creativi, che 19

non erano pi di uno o due per cento dei partecipanti, non solo cercavano una regola di base ma si impegnavano a trovarne la spiegazione teorica. Per loro la soluzione dei problemi costituiva una sfida da risolvere a livello teorico. In conclusione le ricerche nate dalla teoria dellattivit mostrano come, nellunit della coscienza, personalit e cognizione siano inseparabili, anche se distinguibili, e come questo avvenga ad opera dei diversi gradi dellattivit.

1.6 Schemi di conoscenza e schemi del s: variabili ponte fra la Psicologia della personalit e la Psicologia cognitiva: Dallanalisi di Kant [1781] della conoscenza e dalla sua proposta di Schemi a Priori che ne permettono lacquisizione, alla concezione dello Human Information Processing di Processi TopDown e BottomUp, ormai generalmente condivisa lidea che le persone costruiscano gradualmente complesse strutture cognitive in relazione a come sperimentano il mondo e riflettono sulle proprie esperienze. Tali strutture cognitive schemi - permettono di chiarire informazioni ambigue, scegliere tra informazioni disponibili, cercare informazioni necessarie. Gli schemi sono dunque strutture cognitive attive, non semplici liste di informazioni, ma reti di conoscenze organizzate e interconnesse. Lattribuzione di significato, quelloperazione per la quale riconosciamo da una miriade di informazioni sensoriali un oggetto di uso comune, un volto conosciuto, un posto gi visto, una situazione sociale, un comportamento altrui, si attua per effetto di schemi cognitivi sulla base di informazioni strutturate gi possedute. Sono questi schemi che permettono linterpretazione dellinformazione in ingresso, producono inferenze, creano aspettative. quello che gi sappiamo che ci permette lacquisizione di nuove conoscenze le quali, a loro volta, integrano, modificano, trasformano gli schemi di conoscenze di partenza, in una spirale dinamica che costruisce il sistema di sapere. La conoscenza guidata da schemi sempre una conoscenza che qualitativamente va oltre linformazione recepita dallambiente: percetto, ricordo, pensiero, problem solving, comprensione del mondo fisico, del fenomeno, di se stessi, degli altri, delle situazioni ed azioni. Gli schemi cognitivi influenzano pervasivamente i nostri pensieri e le nostre azioni anche perch sono economici e vantaggiosi nella loro organizzazione e riescono a disambiguare la realt complessa in modo rapido ed efficiente. In questo sta, per, anche il loro limite. proprio la loro rapidit, efficienza ed economicit ad indurci in errore allorch gli schemi sono inappropriati, semplicistici, restrittivi. Allora lattribuzione di significato diventa fuorviante, confonde invece di capire, favorisce giudizi errati, pregiudizi (bias di attribuzione). Vantaggi e limiti derivano dalla natura stessa degli schemi, dunque dalla loro schematicit. 20

Gli schemi, in quanto organizzatori a priori della conoscenza, sono universali: si pensi allo spazio e tempo come schemi a priori nella concezione Kantiana, in quanto prodotti della conoscenza in uno specifico ambiente, sono contestualizzati. Alcuni sono condivisi, almeno allinterno di una stessa cultura, altri unici e personali. Ognuno di noi possiede strutture conoscitive schematizzate negli ambiti noti. Ogni persona sviluppa schemi relativi alle proprie esperienze. Gli esperti possiedono schemi altamente strutturati nei loro specifici settori di competenza equesto permette loro di rispondere molto pi rapidamente ed efficacemente, ma limitatamente agli schemi di pertinenza. Sempre, per, tanto pi gli schemi sono ricchi e articolati, tanto pi utili si mostrano. Tanto pi ampie sono le conoscenze possedute in determinati ambiti, tanto pi negli stessi ambiti si assimilano nuove conoscenze, si disambiguano e valutano situazioni, si sviluppano e utilizzano strategie adeguate. . La conoscenza si crea sulla conoscenza e gli schemi ampliano la possibilit di conoscenza, ma, anche, di giudizio e di comportamento, permettendo, inoltre, di affrontare nuove situazioni con maggior sicurezza e possibilit di successo.Gli schemi unificano conoscenza personale, sociale, culturale, cognitiva ed emotiva

Lo schema del s. Tra i tanti schemi che possediamo ve n uno che pi di ogni altro centrale, importante, unico, nostro: lo schema del s. Esso codifica, interpreta, integra, mantiene informazioni relative a noi stessi e guida lacquisizione e lassimilazioni di nuove. Lo schema del s uno schema cognitivo come tutti gli altri, ma anche uno schema privilegiato perch i processi che lo vedono coinvolto sono in genere i pi facili e rapidi . Per suo merito le informazioni che ci riguardano sono immediatamente individuate, ricordate e recuperate. Su di loro lattenzione si focalizza rapidamente, come documentato dal fatto che, anche se la nostra attenzione indirizzata su altre cose, basta che avverta un riferimento al s perch venga ridirezionata (si pensi alleffetto coktail party; se in una sala piena di chiacchiericci, avvertiamo il nostro nome, lattenzione subito allertata). Le informazioni che ci riguardano sono particolarmente stabili in memoria. Quando, ad esempio, uninformazione ci torna in mente e la ricordiamo, anche non volendolo, possiamo essere certi che ci riguarda da vicino. Sono codificate con minor sforzo e maggior automatismo, cosa avete mangiato a cena due giorni fa? informazione non certo rilevante e che certo non abbiamo voluto memorizzare, per adesso, dopo un primo momento in cui pensavamo fosse quasi impossibile ricordarlo, ecco che la scena della cena riemerge nei suoi dettagli, tutti e solo quelli che ci riguardano direttamente. Limportanza del s nella memoria documentata anche da un fenomeno molto semplice e curioso, talvolta detto della self-reference. Se dobbiamo memorizzare una serie di aggettivi, il nostro ricordo verr amplificato qualora associamo gli aggettivi a noi stessi. 21

Provate per esempio a memorizzare la seguente serie di aggettivi pensando a quanto essi si adattano al vostro caso personale: alto, simpatico, scherzoso, fiero, agile, atletico, generoso, riservato, costante, premuroso, freddo, timido, cordiale, severo, grasso, amichevole, litigioso, ecc.. Vedrete che, dovendo ricordare la lista, vi torneranno in mente molti aggettivi, proprio per il fatto che li avete elaborati e ancorati in base al vostro schema personale. Se aveste dovuto memorizzare la stessa lista di aggettivi, come insieme di termini che nulla avevano a che fare col vostro caso personale, il ricordo sarebbe stato molto pi modesto [Rogers, Kuipers e Kirker 1977]. Potreste pensare che leffetto sia dovuto al fatto che gli aggettivi sono stati contestualizzati in relazione ad un caso concreto e non necessariamente a voi stessi, ma invece le cose non stanno cos, dal momento che la facilitazione mnestica scompare se memorizziamo gli aggettivi pensando in che misura essi si adattano ad unaltra persona, diversa da voi. Lo schema del s si forma sin dallinizio della vita e consiste in generalizzazioni sul s derivate dallesperienza che organizzano, codificano e guidano quindi linterpretazione di nuove informazioni relative a se stessi [Markus e Nurius 1986]. Il s trae alimento dalle esperienze autobiografiche, ma la progressiva generalizzazione porta ad una forma di conoscenza di tipo schematico che parte del nostro sistema di memoria semantica. In questo senso il percorso di formazione dello schema analogo a quello che si verifica per la formazione di altri schemi di conoscenza. Questo particolarmente vero per la parte centrale dello schema, talora descritta come nucleo centrale, che si costruisce in base alla memorizzazione di casi concreti e specifici di episodi della propria vita, in interazione con delle propensioni innate a organizzare in un certo modo le proprie conoscenze. La generalizzazione e laccorpamento di questi episodi porta a delle idee di carattere generale. Lo schema di s risponde al quesito Chi sono io? Per rispondere ci si basa in primo luogo sul nucleo centrale che costituito dalle proprie caratteristiche fondamentali, a partire dal nome, a procedere con le caratteristiche fisiche stabili e pi evidenti [Federico Barbarossa, Rosso Malpelo, Pippi Calzelunghe) fino ad arrivare a quelle caratteristiche psicologiche che percepiamo come pi essenziali di noi. Il nucleo pu anche includere valori, preferenze, scelte di vita, ecc. Per esempio una persona pu includere nel nucleo del s lamore che ha per le passeggiate in montagna, per il cinema, per le serate in compagnia di amici ed essere quindi portata a manifestare con maggiore frequenza questi comportamenti, proprio perch non solo li gradisce, ma anche li vive come caratterizzanti il s. Ci possono essere invece aspetti del s meno importanti che rientrano nello schema del s in modo pi periferico. Il punto centrale dello schema del s che gli elementi caratterizzanti sono altamente accessibili. Questo aspetto ha permesso di sviluppare, nel campo della Psicologia della personalit, 22

nuove tecniche di studio, adattate dalla ricerca cognitiva. Per esempio, la Psicologia Cognitiva fa largo uso dellanalisi dei tempi di risposta per mettere in luce meccanismi rapidi di elaborazione dellinformazione. Se vero che elementi relativi alla personalit tendono ad essere attivati con estrema velocit (si messo per esempio laccento sul fatto che certe risposte emotive personali sono attivate con maggiore velocit di risposte cognitive), allora ne consegue che lanalisi dei tempi di risposta particolarmente utile. Fra i primi a utilizzare questa metodologia vi stata Hazel Rose Markus. Per esempio, in un lavoro del 1977, la Markus ha distinto tre gruppi di donne in base allimportanza che attribuivano alla caratteristica dell indipendenza e le ha definite di conseguenza come indipendenti, neutre o dipendenti. Quando queste donne furono invitate a giudicare la rilevanza che per loro aveva una serie di aggettivi, le indipendenti sceglievano con pi rapidit aggettivi che descrivevano tratti di indipendenza, mentre il risultato opposto si riscontrava per le dipendenti, mentre le neutre non presentavano differenze. Questa linea di ricerca ha avuto sviluppi notevoli, sia perch ha permesso di mettere in luce reazioni immediate e significative dellindividuo, sia perch riuscita a far emergere caratteristiche profonde e veritiere, riuscendo ad aggirare eventuali resistenze o tendenze dellindividuo a coprirsi , cosa che accade molto spesso quando le persone devono parlare di loro stesse. Una tecnica, spesso connessa ai tempi di risposta, ma in parte derivata dagli studi cognitivi sulla conoscenza schematica, che pure ha avuto largo seguito quella del priming (talora tradotta con preattivazione per il fatto che si basa sulla presentazione rapida di informazioni che predispongono lindividuo, preattivandolo a successive elaborazioni). Gli studi di priming nel campo della personalit sono legati al nome di Higgins che per primo ha usato la metodologia in modo sistematico, mostrando come stimoli-prime attivano dei costrutti che orientano lelaborazione successiva. Per esempio, in uno studio del 77 di Higgins, Rholes e Jones venivano preattivati dei costrutti, chiedendo ai partecipanti di tenere a mente un aggettivo (per es. arrogante) mentre svolgevano unaltra attivit (per es. la lettura di un saggio che descriveva le azioni di un personaggio). Si trovato che gli aspetti ambigui del testo (per esempio laffermazione del personaggio di possedere doti eccezionali) venivano interpretai in relazione ad un atteggiamento di fiducia in s o di arroganza, a seconda del pre-attivatore. Sulla pre-attivazione avevano effetto due fattori e cio la familiarit col costrutto (quanto frequentemente e recentemente era stato attivato in passato) e il grado di inconsapevolezza (meno erano consapevoli e pi la persona era indifesa dallinfluenza del preattivatore e quindi ne risentiva). Da questi risultati Higgins ha derivato la teoria dei costrutti cronicamente accessibili, per cui costrutti che sono centrali allo schema del s e sono sempre presenti allindividuo tendono ad influenzare costantemente linterpretazione degli

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eventi. Possiamo, quindi, distinguere fra una accessibilit temporanea, dovuta alla presenza momentanea di costrutti preattivati, e accessibilit cronica. Studi di priming pi direttamente legati ai tempi di risposta sono stati effettuati con classici compiti cognitivi, per esempio di identificazione di un termine o di sua categorizzazione. Si visto che le risposte sono tanto pi rapide tanto pi esse sono consone con il preattivatore. Altri studi nel campo della personalit e delle emozioni hanno invece ripreso un altro classico paradigma della Psicologia Cognitiva e cio leffetto Stroop, per cui la risposta, rapita e facile se la parola designa il colore con cui scritta, viene ritardata e resa difficile, se la parola designa un colore differente(come VERDE scritta in rosso). Con paradigma simile si studiato lo Stroop emotivo in cui la parola scritta (o lo stimolo) designano un elemento emotivo-personale diverso da quello previsto dalla risposta che lindividuo deve dare. Gli schemi del s sono inoltre determinati culturalmente, soprattutto per laspetto rappresentato dalla concezione di come si deve essere A questo proposito si parlato del fatto che la personalit un prodotto culturale. La ricerca psicologica ha qui un debito con uno dei filoni principali della antropologia culturale di met del ventesimo secolo che, nellanalisi delle diverse culture, aveva incluso anche lipotesi che a culture differenti corrispondessero relativi sistemi educativi e modalit di interazione, che producevano, a loro volta, una variet di vere e proprie personalit. Una esemplificazione clamorosa e molto discussa di questa posizione era presente nel lavoro di Margaret Mead e soprattutto di Ruth Benedict. Gli anni Ottanta del ventesimo secolo hanno visto un fiorire di studi e ricerche sulle culture individualiste contrapposte a quelle collettiviste. Secondo queste ricerche si potrebbe immaginare un continuum che va da societ fortemente centrate sullindividuo, come per esempio quelle degli Stati Uniti e di gran parte dei paesi occidentali, fino ad un versante opposto, rappresentato per esempio nelle culture orientali, africane e latino americane, in cui i valori della comunit sono contrapposti a quelli dellindividuo. A questo proposito in Nord-America, si assume generalmente che il s sia autonomo, indipendente, intraprendente e quindi la scelta del proprio destino sia propria e individuale, a ripresa del classico motto latino Faber suae quisque fortunae Ciascuno artefice del proprio destino. Al contrario, allinterno delle culture collettivistiche, di cui sono esempio alcune societ orientali, il s non unentit separata dagli altri, ma prettamente interconnesso con gli altri e dipendente dagli obblighi sociali. Dunque lo sviluppo del s non caratterizzato dalla scoperta delle proprie caratteristiche separate o dallespressione dei propri desideri personali, ma dalla aspirazione allinserimento nel gruppo e alla realizzazione degli scopi di questo. Ovviamente, al di l del fatto che, allinterno di ogni societ si ravvisano personalit estremamente diversificate, con nuclei specifici e differenziabili, gli elementi culturali finiscono per avere una influenza sulla 24

personalit e sul modo in cui lindividuo la prende in considerazione. S indipendenti pongono in risalto fattori disposizionali nelle spiegazioni causali del comportamento: per esempio si attribuisce il comportamento di una persona al fatto che essa generosa, oppure avida ecc. Al contrario, lo schema del s nelle culture collettivistiche, soprattutto se c un maggiore ancoraggio alle tradizioni, porta ad accentuare le relazioni di ruolo o le situazioni, come per esempio nelle seguenti attribuzioni: Era suo dovere in quanto era fratello maggiore, Si comportato in questo modo, perch in queste situazioni si fa cos. Altri aspetti culturali sono legati ai valori che in quella cultura, almeno in un certo momento storico, sono dominanti. Per esempio, se in una determinata societ ricchezza e forza atletica sono considerati centrali, il nucleo del s fa i conti con questi valori.

1.7 Verso un modello integrato del funzionamento psicologico Gi con la carrellata precedente di teorie abbiamo dato un esempio di come processi cognitivi e personalit possano in qualche modo essere integrati in una prospettiva unica. In questo paragrafo forniremo unaltra esemplificazione di tale integrazione, centrata in questo caso sullapproccio metacognitivo e influenzata da diversi autori fra cui Borkowsky [ad esempio Borkowsky e Muthuskrishna 1992], Dweck [1999] e Cornoldi [2007]. Il problema della necessit, da un lato, di distinzione tra aspetti cognitivi e aspetti di personalit e, dallaltro, di riconoscere come nei comportamenti messi in atto questa distinzione risulti alla fine impossibile viene elegantemente risolto da Carol Dweck attraverso un modello, anchesso a pi livelli in cui si propone completa distinzione di cognizione e personalit nei processi di base e completa indifferenziazione a livello di comportamenti, Inserire figura 1.3

Dweck parte dallopportunit di distinguere tra i due costrutti di cognizione e personalit, ma solo quando i relativi processi psicologici si collochino ad un livello di base e si trovino in uno stato latente. Quando,, invece vengono attivati e utilizzati essi operano a livello interattivo ed molto difficile districare i loro specifici contributi nel comportamento messo in atto. Per quanto riguarda il funzionamento cognitivo vengono distinte le operazioni mentali di base, o processi cognitivi fondamentali, responsabili dellacquisizione di conoscenze e della formulazione e monitoraggio dei comportamenti. Secondo varie prospettive cognitive tali processi di base possono essere individuati in: attenzione codifica comprensione, integrazione percettivarappresentazione, comparazione-trasformazione, esecuzione-monitoraggio. Le differenze individuali nellesecuzione di compiti cognitivi sarebbero, in questottica, manifestazione di 25

differenze individuali nei processi cognitivi di base. Al secondo livello si collocano le abilit e le conoscenze possedute, il sistema esperto di ognuno. Intelligenza cristallizzata, come repertorio di abilit e conoscenze acquisite per effetto dellistruzione e della culturizzazione, conoscenze dichiarative e procedurali costituirebbero questo livello in cui la cognizione non sarebbe gi pi cos pura. Le conoscenze infatti riguarderebbero sia informazioni concrete che convinzioni e queste ultime sono generalmente un costrutto di cui si occupa la psicologia della personalit. La loro inclusione nel sistema esperto di una persona rende conto della interazione tra cognitivo e personale a questo livello. Al terzo livello si colloca il comportamento intelligente, definito come comportamento adattivo di fronte a situazioni problema. Ladattivit del sistema cognitivo dipenderebbe dalla capacit del sistema di usare nel modo pi efficiente possibile le informazioni disponibili, in modo da raggiungere gli obiettivi dellorganismo e di soddisfare le richieste di un ambiente in evoluzione. Una definizione cos ampia implica la pi stretta interconnessione tra la cognizione e la personalit. Se la componente cognitiva si attua in un comportamento intelligente e questo si manifesta in un comportamento adattivo, lo stesso oggetto di studio della Psicologia cognitiva si sovrappone alloggetto della Psicologia della personalit. Da sempre, infatti, la nozione di personalit come modalit di comportamento adattivo dellindividuo allambiente stata al centro delle teorie della personalit. Per tradizione gli psicologi dellintelligenza si sono occupati di adattamento nellambito dellapprendimento e dellistruzione scolastica mentre gli psicologi della personalit di adattamento in contesti sociali. Dunque, fin tanto che le parti operano allinterno di territori tradizionalmente definiti, e limitatamente agli oggetti di studio, si pu parlare di settori distinti, ma se gli psicologi cognitivi si occupano di comportamenti intelligenti nella soluzione di problemi della vita quotidiana e la psicologia della personalit intende occuparsi di problematiche scolastiche e di apprendimento, allora la distinzione non ha pi significato. Nel versante della Psicologia della personalit Dweck individua come processi di base i processi motivazionali e affettivi, processi caldi in contrapposizione con i processi di base cognitivi, processi freddi. Il quesito di base della Psicologia della personalit che cosa motivi il comportamento e le risposte a questo quesito costituiscono una parte fondamentale delle teorie della personalit. Per Freud e la psicologia dinamica i processi motivazionali di base sono tesi al soddisfacimento degli istinti dellEs. In seguito il riconoscimento da parte dei neofreudiani di motivazioni prosociali e del bisogno di autosviluppo fu precursore dellimportanza riconosciuta al bisogno di crescita da parte degli psicologi umanisti della personalit. Maslow [1954] e Rogers [1951] individuarono nellautorealizzazione la motivazione di base. Linnata spinta alla crescita nella misura in cui risultava sostenuta o frustratadallambiente permetteva, a loro avviso, di comprendere le modalit cognitive, affettive e comportamentali dellindividuo. 26

Le teorie motivazionali classiche della personalit suggeriscono la possibilit che tutto il funzionamento umano sia mosso dalle motivazioni di base e vanno dunque considerate, secondo la Dweck, come tentativi di sistematizzazione delle relazioni tra motivazioni di base e cognizione, affettivit e comportamento. Il limite che ha compromesso il valore euristico di tali teorie nellambito della ricerca contemporanea stato di aver formulato i loro costrutti motivazionali ad un livello troppo astratto e tale per cui tali costrutti sono di difficile operalizzazione e di conseguenza di scarsa applicazione nella ricerca [ad esempio Popper 1963] . La psicologia contemporanea della personalit ha cercato di individuare costrutti motivazionali pi precisamente definibili, operazionalizzabili e valutabili, che potessero tener conto sia degli aspetti cognitivi che di quelli affettivi, offrendo un quadro unitario della personalit e del funzionamento adattivo. Dweck pone laccento sul costrutto motivazionale di obiettivo che risponde a tali requisiti e permette di svolgere analisi pi dinamiche dellimpatto che particolari goal hanno sui sistemi cognitivo-affettivo-comportamentale. Ad esempio, lo stesso gruppo di ricerca di Dweck ha mostrato che obiettivi diversi: di prestazione voglio mostrare che sono bravo, oppure di padronanza voglio incrementare la mia padronanza del compito, influenzano in modo differente la conoscenza, lemozione ed il comportamento e che ci si manifesta con sorprendente evidenza dopo lesperienza di fallimento (per la descrizione di metodologie e risultati di tali ricerche rimandiamo al capitolo sulla motivazione). Se a questo punto ci chiediamo che relazione c tra processi emotivo-motivazionali di base e processi cognitivi di base, tra processi caldi e processi freddi, non possiamo che osservare che le operazioni mentali di base non vengono mai attivate da sole ma sempre in concomitanza con processi emotivo-motivazionali. Innanzitutto i processi cognitivi non sono in grado da soli di automotivarsi, ma necessitano di un qualche moto a carattere emotivo, caldo, che li alimenti e li rinforzi. Persino il pensiero senza scopo, afferma Dweck , ha bisogno di essere sostenuto dallaffettivit. Daltro lato gli obiettivi influenzano le caratteristiche (profondit, persistenza e strategicit) dellelaborazione cognitiva. Una volta riconosciuto che i processi emotivo-motivazionali agiscono in concomitanza con quelli cognitivi non pi possibile attribuire i risultati ottenuti solo alla qualit delle operazioni cognitive di base. Casi eccellenti nellarte e nella scienza come Mozart ed Einstein non sarebbero divenuti i grandi che furono se, dato il loro talento, non fossero stati sostenuti da grandi passioni. Einstein avrebbe raggiunto le stesse vette se non avesse avuto quellinteresse, quella fascinazione per un settore della fisica, se non avesse voluto rispondere ad una domanda che lo affascinava da molto tempo? E Mozart quanto deve alla devozione ossessiva alla sua arte?

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Questi e molti altri casi mostrano che sia i processi motivazionali che quelli cognitivi generano la qualit del risultato. Per risultati di eccellenza sono necessarie abilit e motivazioni di eccellenza. Ognuno dei due aspetti condizione necessaria, ma non sufficiente. Non quindi possibile isolare la componente motivazionale da quella cognitiva per valutare i contributi singoli. Dunque gli obiettivi si combinano con i processi cognitivi per muovere e formare lacquisizione di conoscenze, abilit e convinzioni come mostrato nella parte centrale del modello integrato del funzionamento psicologico. Il sistema cognitivo, che elabora le informazioni, e il sistema emotivomotivazionale, che al comportamento d direzione e forza, si integrano per dare origine alle conoscenze fattuali e non fattuali (processi contrassegnati da a1 e b1, in fig.1.3). A loro volta le conoscenze e le convinzioni acquisite possono influenzare i processi cognitivi e la scelta degli obiettivi futuri (frecce di ritorno) (vedi figura 1.3). Nel modello integrato la parte centrale e pi sviluppata dedicata alle strutture di conoscenza e alle convinzioni. Lintegrazione avviene anche a livello epistemologico perch la psicologia della cognizione accoglie conoscenze non fattuali (convinzioni, aspettative, valori), mentre quella della personalit accetta conoscenze fattuali come causa (esperienze, conflitti non risolti).. Si pensi al caso dellesperto la cui prestazione ottimale certamente dovuta alle sue abilit cognitive, ma non prescinde certo da convinzioni, standard e valori. Lintegrazione diviene completa quando si passa ad analizzare loggetto di studio della Psicologia della cognizione e della Psicologia della personalit e lo si identifica nel comportamento adattivo alle situazioni problema. Non si tratta di restringere il campo alle strategie di coping in situazioni stressanti, ma di estenderlo a tutte le situazioni problema che un individuo incontra nel perseguimento dei propri obiettivi. La sfida attuale quella di identificare empiricamente quali modalit di affrontare le situazioni problema siano adattive e quali non, quali piani e strategie debbano essere messe in atto per far fronte con persistenza alle frustrazioni e alla tentazione di desistere che ogni perseguimento di obiettivo impone. La sfida contemporanea quella di identificare dal punto di vista teorico e verificare da quello empirico quali modalit di problem solving siano pi adattive nel permettere il raggiungimento degli obiettivi e quali lo siano meno. Dweck ravvisa nello: stile orientato alla padronanza vs orientato allimpotenza [ad esempio Diener e Dweck 1980]; attenzione vs noncuranza [Langer 1989]; alto livello di identificazione dellazione vs basso livello di identificazione [Vallacher e Wegner 1987], alcuni degli approcci adattivi che sono stati verificati con successo dalla ricerca empirica. Concludiamo lesposizione del modello integrato con lanalisi delle analogie tra approcci adattivi di tipo cognitivo e di tipo personologico. Innanzitutto dal punto di vista concettuale entrambi sono definiti e svolgono la funzione di aumentare la probabilit di 28

raggiungere lobiettivo. Inoltre entrambi comportano una miglior utilizzazione e una pi profonda elaborazione dellinformazione. Le ricerche condotte da Carol Dweck ed dal suo gruppo mostrano che: molti dei processi del problem solving adattivo nellapprendimento presentano complete analogie con quelli di problem solving adattivo in ambito sociale e personale entrambi sono associati a convinzioni simili rispetto le caratteristiche di pertinenza dei rispettivi ambiti. Tre ambiti di ricerca sono stati indagati dal gruppo di ricerca di Dweck: intelligenza, personalit e moralit. Per ciascun ambito sono state individuate le convinzioni che le persone hanno riguardo al costrutto centrale specifico (intelligenza, personalit e moralit) e in particolare la sua possibilit o meno di modificazione. Le persone infatti possono ritenere che tali costrutti siano fissi, dati una volta per tutte (teoria entitaria) o modificabili e incrementabili (teoria incrementale). Una teoria incrementale assume che Intelligenza, Personalit e Moralit possano essere modificate, sviluppate e modellate, mentre una teoria entitaria le ritiene statiche con confini fissi ed invalicabili dallindividuo. I risultati delle ricerche nei tre ambiti mostrano costante analogia nelle caratteristiche degli specifici pattern di risposta adattivi e non. Gli entitari (persone che mostrano di avere una teoria statica) in confronto agli incrementali (persone che credono nella possibilit di modificare la specifica abilit) mostrano per lo pi un funzionamento psicologico meno adattivo. Il funzionamento adattivo viene definito sulla base di tre caratteristiche: rende i bisogni di base di un individuo compatibili tra loro mentre uno disadattivo li mette in conflitto; aumenta la probabilit di raggiungere gli obiettivi a cui si attribuisce valore, mentre uno disadattivo la riduce; permette un uso pi completo ed efficace delle informazioni disponibili ed un miglior esame di realt, mentre uno disadattivo induce ad occuparsi maggiormente di informazioni non pertinenti e di illusioni. Nellambito cognitivo, in cui lapprendimento costituisce lobiettivo principale, gli entitari pi degli incrementali: temono il fallimento, visto come la dimostrazione della loro mancanza di abilit, sviluppano stili di impotenza, mostrano ansia di fronte alle valutazioni, si focalizzano su emozioni negative perdendo in motivazione allapprendimento e rinunciando agli sforzi necessari per raggiungere lobiettivo. Gli incrementali, invece, sviluppano stili di padronanza che li inducono ad un impegno strategico e costruttivo e nel lungo termine li portano ad un miglior apprendimento.

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Nellambito personale e sociale, i cui obiettivi sono di mantenere un giudizio positivo sia da parte di se stessi che da parte degli altri, nonch di sviluppare e mantenere abilit sociali e conseguenti relazioni interpersonali, lo stile di impotenza degli entitari aumenta la loro preoccupazione del giudizio sociale e blocca lacquisizione di nuove relazioni soprattutto in presenza di ostacoli, di fronte ai quali lentitario esprime giudizi inaccurati delle proprie capacit reali. Lo stile di padronanza degli incrementali li rende pi positivi e persistenti di fronte alle difficolt permettendo loro di utilizzare strategie pi efficaci e sviluppare migliori abilit sociali, con il risultato di ottenere giudizi sociali e personali migliori e migliori relazioni interpersonali. Nellambito morale gli obiettivi consistono nel sanare le ingiustizie personali ed interpersonali e nel prevenire ingiustizie future. In questambito, come pure in quello personale e sociale, gli entitari esprimono su se stessi e sugli altri pi spesso giudizi globali, rigidi, generalizzati. Le loro risposte allingiustizia, tipicamente la rassegnazione o la ritorsione, riducono la possibilit di raggiungimento degli obiettivi, a differenza di quanto accade per gli incrementali, i quali pensano pi di frequente che il sistema iniquo possa essere modificato nella direzione di un principio etico, cos da sanare le ingiustizie attuali e prevenire quelle future. La conclusione che il funzionamento adattivo in ambiti diversi pu essere studiato e compreso allinterno di un modello integrato del funzionamento psicologico, quale quello sopra delineato. Le situazioni sperimentali e la metodologia di alcune di queste ricerche verranno descritte dettagliatamente pi nei capitoli successivi.

1.8 Alcuni esempi dellinfluenza della cognizione sulla personalit Quanto abbiamo visto finora testimonia dellampio uso di concetti cognitivi da parte di studiosi di personalit. Se, invece, andiamo ad esaminare pi direttamente il territorio degli studiosi contemporanei di Psicologia Cognitiva possiamo individuare possibili nessi che per spesso restano solo a livello potenziale, dal momento che lo studioso cognitivo si limita ad esporre concetti che hanno implicazioni per la personalit, ma non si avventura oltre un certo limite. Gli esempi di questo tipo di contributo sono importanti e si intrecciano con le ramificazioni della stessa Psicologia cognitiva. Ad esempio, ben noto come la Psicologia cognitiva contemporanea operi in stretto rapporto con le neuroscienze, condividendo talora lo stesso apparato concettuale. A questo proposito la clinica neuropsicologica individua problematiche in cui il risvolto cognitivo pu essere associato ad un risvolto di personalit. Che dire dei pazienti prefrontali, in cui la perdita delle capacit di controllo si associa a disfunzionalit comportamentali e sociali? Il primo celebre paziente prefrontale, Phineas Gage, si caratterizzava per difficolt

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esecutive combinate con un problematico modo di interagire con gli altri che a quei tempi era stato associato ad una perdita del senso morale, con assenza di freni inibitori. Un altro ambito di frontiera fra Psicologia cognitiva e Psicologia della personalit rappresentato dalla ricerca sugli stili cognitivi. Infatti gli studi sugli stili cognitivi considerano la personalit come un fattore regolatorio della cognizione [ad esempio Sternberg 1994] e hanno contribuito alla comprensione dellinfluenza dei tratti di personalit sullattivit cognitiva La tabella 1.5. presenta un elenco di alcuni fra i molti stili cognitivi che sono stati descritti

Inserire Tabella 1.5

Fra gli stili cognitivi indicati in tab. 1.5, ci soffermiamo qui su uno che esemplifica molto bene il rapporto fra processi cognitivi e personalit, e cio su quello di dipendenza dal campo. Questo costrutto, sviluppato in modo sistematico da Witkin e collaboratori, trov originariamente degli ambiti di ricerca anche molto specifici, come anche testimoniato dalle modalit che erano state inizialmente proposte per valutare lo stile degli individui. Per esempio, un modo critico era legato al mantenimento della verticale anche quando ci si trovava in posizione inclinata. A questo scopo, lindividuo veniva portato in un ambiente perfettamente oscurabile e fatto sedere su una poltrona inclinabile: il suo compito era quello di indicare la verticale allorch il suo sedile era stato reclinato. Si trov che vi erano persone che riuscivano ancora a indicare quale era leffettiva verticale (e quindi erano indipendenti dal contesto, o campo, in cui si erano venute a trovare), mentre altre si lasciavano influenzare dalla nuova posizione assunta non solo dal proprio corpo, ma anche dalla poltrona (che ovviamente si era inclinata col corpo), in generale con una minore accuratezza di risposta, spesso assecondando la nuova posizione e quindi operando una minore correzione per indicare la verticale. Per esempio, un dipendente dal campo fatto inclinare di quindici gradi poteva essere influenzato dal fatto che la sua poltrona era ancora in linea con il suo corpo e ritenere di avere subito poco o nessun cambiamento di inclinazione. Come si vede, la modalit di misura e lorigine del costrutto della dipendenza dal campo erano molto specifici. Tuttavia, il costrutto stato poi utilizzato per spiegare delle caratteristiche pi generali di personalit. Infatti le personalit campo-dipendenti mostrano in generale una maggiore sensibilit allambiente, con una maggiore propensione a far proprio il contesto in cui si trovano e ad esserne influenzati. Ci siamo soffermati sullesempio degli stili cognitivi perch ci paiono significativi di un ambito di frontiera fra Psicologia cognitiva e Psicologia della personalit (non per niente raramente essi sono affrontati direttamente in corsi di Psicologia cognitiva COGNITIVA), ma meriterebbero 31

ovviamente maggiore attenzione tutti quei costrutti della Psicologia cognitiva da cui la Psicologia della personalit non pu prescindere. Non questa la sede per un esame sistematico di questi costrutti, ma ci limiteremo a far riflettere il lettore su quanto essi siano importanti, scegliendone alcuni particolarmente significativi e cio attenzione, rappresentazione, memoria, memoria autobiografica, memoria di lavoro, cognizione spaziale, inibizione, strategie, controllo della mente, schemi, memoria semantica, teorie implicite (ad alcuni di essi sono dedicati specifici capitoli del libro)

1.8 Concetti cognitivi con forti implicazioni per la Psicologia clinica e la Psicologia della personalit Cornoldi e De Beni (in stampa) hanno osservato che, per capire lutilit dei costrutti cognitivi nel lavoro sulla personalit di chi opera in ambito clinico, si pu partire con lo scegliere un particolare concetto cognitivo e analizzare tutti gli aspetti per cui esso viene ad interagire con lambito clinico. Invitata ad una giornata di studio sul tema, la presidente della ESCOP (European Society for Cognitive Psychology) Teresa Bajo aveva per esempio scelto di analizzare i seguenti concetti: gli schemi, la distinzione fra processi automatici e controllati, le reti di conoscenza e i processi inibitori. Luso della nozione di schema (con riferimento a una struttura organizzata di conoscenza che cattura forme centrali di conoscenza e di aspettative sul funzionamento del mondo) ha solide radici nella Psicologia Cognitiva, da Bartlett a Neisser a Rumelhart, ma frequente in psicologia clinica. Per esempio i disturbi dansia sono esaminati in relazione a schemi distorti che inducono erronee interpretazioni degli stimoli che vengono considerati come pericolosi o minacciosi. In particolare la Bajo sintetizzava la teoria di Beck schema based dei disturbi dansia in riferimento ai seguenti step di elaborazione associati con le seguenti attivit dellindividuo: 1) Modo di orientamento (Riconoscimento degli stimoli; valutazione della rilevanza e della valenza) 2) Attivazione dello schema di minaccia (Restringimento dellelaborazione cognitiva agli stimoli minacciosi; aumento dellattivazione autonoma; mobilitazione o inibizione comportamentale) 3) Attivazione degli schemi legati al s (Aumento dellansia legato ad una valutazione negativa delle proprie capacit di affrontamento). Anche allinterno della teoria di Beck (a partire da Beck e al., 1979) compare un diretto riferimento a costrutti cognitivi. Beck ha per esempio ripreso la classica distinzione cognitiva fra processi automatici e controllati gi ricordata precedentemente per esempio in relazione ad analisi cognitive 32

di processi emotivi e inconsci, ove lelemento automatico implicitamente attivo anche al di fuori del controllo della persona. Nella teoria di Beck e altre simili, gli schemi minacciosi sono attivati in maniera automatica e quindi al di fuori del controllo dellindividuo, inconsci e difficili da cambiare. Il terzo concetto analizzato dalla Bajo si riferiva alle reti di conoscenza. Com noto, i modelli di memoria semantica hanno descritto lorganizzazione delle conoscenze in termini di nodi e connessioni fra nodi e hanno messo in luce il ruolo della distanza semantica fra nodi, della diffusione dellattivazione nella rete e della facilitazione dovuta allattivazione di un nodo prossimo. Nella schizofrenia la rete semantica pu essere altamente disorganizzata: in particolare si ipotizzato che lattivazione possa essere soggetta ad una diffusione anomala a concetti distanti. In effetti ricerche recenti mostrano che si possono riscontrare effetti di facilitazione per preattivazione (priming) per concetti debolmente connessi. Come conseguenza, il trattamento dovrebbe aiutare il paziente a focalizzare meglio la sua attenzione. Che la schizofrenia trovi elementi daiuto dalla ricerca cognitiva del resto cosa nota. A livello di valutazione stato suggerito come gli strumenti diagnostici pi sicuri e consolidati riguardino la parte cognitiva. Daltra parte alcune tecniche di intervento, come la terapia di rafforzamento cognitivo si focalizzano su un training (in questo caso computerizzato) di memoria e attenzione seguito da attivit cognitive interpersonali. In Tab. x vengono brevemente presentati alcuni concetti della ricerca cognitiva di base e le loro utilizzazioni nella ricerca sulla personalit e sui suoi disturbi. Come si pu vedere gli esempi sono piuttosto evidenti ( e molti altri se ne potrebbero trovare..) e entrano nel cuore dei temi non solo della Psicologia della Personalit, ma anche della Psicologia Clinica. In effetti il coinvolgimento della Psicologia Cognitiva nellambito della Psicologia Clinica e della Personalit cresciuto in relazione con la crescita dellimpatto della Psicologia Cognitiva in ambito psicopatologico e psichiatrico. Vi sono casi di disturbi in cui progressivamente il focus stato spostato dalla sfera del comportamento alla sfera dei processi cognitivi o delle rappresentazioni mentali. Per es. lADHD (disturbo di attenzione e iperattivit) stato descritto prima in termini comportamentali (ipercinesia, iperattivit, instabilit motoria, ecc.) e poi in termini cognitivi, con riferimento al problema attentivo e/o autoregolatorio. Similmente altre problematiche, descritte e analizzate tradizionalmente dalla psichiatria per i sintomi e le situazioni contestuali (disturbi alimentari, tossicodipendenze, disturbi del sonno ecc.), pur mantenendo il riferimento precipuo ai sintomi critici, vengono ora analizzate per le rappresentazioni mentali che ad esse sono associati. Questa riconsiderazione concettuale ha forti implicazioni terapeutiche perch implica che il trattamento non sia volto alla semplice rimozione dei comportamenti problematici o, allopposto, di non meglio precisati meccanismi affettivi profondi, ma intervenga sulle rappresentazioni mentali del paziente. 33

Tab. - Concetti psicologici di base e loro esempi di utilizzazione con riferimento al disturbo nella funzione stessa, alla interpretazione di altro disturbo, allintervento clinico

________________________________________________________________________________ ATTENZIONE Esiste uno specifico disturbo di attenzione (ADHD, v. finestra oltre il senso comune in questo capitolo), che coinvolge vari aspetti cognitivi ed emotivo-relazionali, interessante specialmente aspetti controllati dellattenzione, quali il mantenimento dellattenzione, lattenzione focalizzata, lo spostamento efficiente dellattenzione Uso del costrutto per la interpretazione di altro disturbo: varie patologie si caratterizzano anche per la presenza di un disturbo attentivo (per es. la schizofrenia) Uso del costrutto nellintervento clinico: nellADHD hanno successo programmi volti a promuovere il controllo dellattenzione

RAPPRESENTAZIONI MENTALI Uso del costrutto per la interpretazione di altro disturbo: le rappresentazioni sono, in molti disturbi della personalit, distorte e capaci di influenzare profondamente lo stato psichico del paziente Uso del costrutto nellintervento clinico: molte forme di terapia si basano sullanalisi e sulla modifica delle rappresentazioni mentali del paziente

SCHEMA Uso della nozione di schema in psicologia clinica, con riferimento a struttura organizzata di conoscenza che cattura forme centrali di conoscenza e di aspettative sul funzionamento del mondo. Per esempio i disturbi dansia sono esaminati in relazione a schemi distorti che inducono erronee interpretazioni degli stimoli che vengono considerati come pericolosi o minacciosi

MONITORAGGIO DI REALT La confusione fra piani di realt e, in particolare, fra ci che stato immaginato e ci che si realmente verificato rientra nella psicopatologia quotidiana di ciascun individuo, ma risulta accentuata in talune condizioni cliniche (per es. la depressione)

IMMAGINE MENTALE 34

Uso del costrutto nellintervento clinico: vi sono molte terapie (immaginazione guidata, terapia sui movimenti oculari) o tecniche (per es. le tecniche covert della terapia del comportamento, come la desensibilizzazione sistematica) che si avvalgono della immaginazione

MEMORIA DI LAVORO Molti disturbi cognitivi (v. disturbi dellapprendimento) e non-cognitivi (v. schizofrenia) sembrano essere associati ad un deficit di memoria di lavoro Uso del costrutto nellintervento clinico: la terapia deve tener conto della capacit di memoria di lavoro del paziente e quindi della sua capacit di tenere a mente pi elementi contemporaneamente

PROBLEM SOLVING Molti disturbi di personalit sono associati ad una incapacit di ragionamento causa-effetto. Uso del costrutto nellintervento clinico: terapia razionale-emotiva, programmi di sviluppo delle abilit di problem solving interpersonale

METACOGNIZIONE La metacgnizione appare critica per lanalisi di diverse psicopatologie. Si riscontra povera riflessione sulla mente nei disturbi evolutivi (per es. nel ritardo mentale), o pi specificamente una difficolt a elaborare una teoria della mente (autismo), o una difficolt di uso di processi funzionali di controllo (per es. nei disturbi ossessivo-compulsivi) Uso del costrutto nellintervento clinico: promozione della capacit di riflessione sulla mente, intervento sui processi di controllo

MEMORIA AUTOBIOGRAFICA Molti disturbi si accompagnano ad una difficolt a rielaborare il ricordo delle proprie esperienze personali (per es. nel post-traumatic stress disorder). Uso del costrutto nellintervento clinico: riesplorazione della memoria autobiografica in molte tipiche forme di psicoterapia, gruppi guidati di anziani

COSCIENZA

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Certe gravi condizioni psicopatologiche si accompagnano a disturbi di alterazione degli stati di coscienza (per es. schizofrenia), allesistenza di coscienze e identit dissociate (personalit multiple) Uso del costrutto nellintervento clinico: lavoro sulla coscienza in molte tipiche forme di terapia, per esempio nella terapia emotivo-razionale

ATTRIBUZIONE In molti disturbi della personalit si riscontrano autoattribuzioni disfunzionali (per es. nella depressione) Uso del costrutto nellintervento clinico: induzione di autoattribuzioni di impegno per linsuccesso

INIBIZIONE Tutti i disturbi associati a deficit autoregolatori sembrano caratterizzarsi per una difficolt inibitoria che si esplicita nel mancato controllo della risposta impulsiva, nelleccessiva attenzione dedicata ad informazioni irrilevanti, nella loro mancata soppressione ecc. Uso del costrutto nellintervento clinico: programmi di promozione dellautoregolazione mettono laccento anche sullo sviluppo di capacit di inibizione

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---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------OLTRE IL SENSO COMUNE: Datti una calmata o datti una mossa?

Quante volte ci capita di vedere persone attive, scoppiettanti, pronte a intervenire, fin eccessive e disturbanti nel prendere iniziativa? Questi comportamenti di attivismo estremo sono stati studiati anche dalla Psicologia che li ha associati a varie fisionomie, diverse per molti versi, ma comuni per lelevato, eccessivo grado di attivit manifestato. 36

Una prima caratterizzazione riguarda la tipologia degli estroversi, gi studiata dallallievo di Freud, Gustav Jung, e quindi sistematizzata dallo psicologo inglese, teorico dei tratti e delle tipologie, Hans Eysenck [1990]. Sulla base della teoria dellattivazione differenziale, da lui proposta, egli ipotizz che introversi e estroversi si differenziassero per il livello abituale di attivazione corticale. Introversi e estroversi sarebbero caratterizzati, rispettivamente, da un alto e basso livello di attivazione. Lesigenza di mantenere comunque lattivazione a un livello ottimale porterebbe a differenze comportamentali tra i due gruppi, osservabili nella vita di tutti i giorni: gli introversi ricercherebbero ambienti e situazioni tranquille e non amerebbero situazioni fortemente socializzanti; al contrario gli estroversi preferirebbero situazioni stimolanti e ricercherebbero attivamente la compagnia di altre persone. Ecco alcune delle caratteristiche, talune curiose, che gli studiosi della estroversione ci riportano: gli estroversi si divertono di pi degli introversi guardando un film comico, consumano pi alcol, stanno meno da soli il sabato sera, sono pi attivi sessualmente, apprezzano lumorismo esplicito, partecipano pi di frequente a eventi sociali, hanno un maggior numero di amici, studiano in ambienti affollati, riferiscono maggiore felicit, si prendono pi pause, preferiscono lavori che richiedono interazione con altre persone. Una seconda caratterizzazione riguarda le persone che con alta frequenza e intensit ricercano sensazioni anche estreme (need for stimulation, sensation seeking) [vedi per esempio Zuckerman, 1979]. Queste persone sono state oggetto di indagine sia da parte degli studiosi di personalit, sia da parte degli psicofisiologi, per il ruolo dei neurotrasmettitori. Di esse sono state riportate la tendenza a cercare sempre sensazioni nuove e pi forti, al punto di non essere appagate dalle normali stimolazioni, ma di cercare situazioni estreme e anche rischiose, come quella di lanciarsi dallalto col paracadute o con altri sistemi pi rischiosi, di fare arrampicate pericolose (vedi Capitolo2). Una terza caratterizzazione riguarda una tipologia di individui che sin da bambini hanno manifestato una notevole irrequietezza, tipicamente associata ad una difficolt a mantenere lattenzione e/o a eccessiva attivit motoria. Questa categoria di persone stata riferita, nelle sue forme pi marcate, ad una vera e propria psicopatologia (il disturbo da deficit attentivo e/o iperattivit, DDAI, in inglese conosciuto con la sigla ADHD). Il bambino DDAI viene spesso descritto come una specie di Gian Burrasca che non riesce a stare fermo, interviene anche quando non dovrebbe, comincia unattivit e poi presto la interrompe per iniziarne unaltra. Ebbene, si potrebbe pensare che lattivismo di queste tre categorie di persone sia associato ad una specie di interna carica che si manifesta esternamente in una esuberanza di comportamenti. Sembrerebbe quindi di dover dire a queste persone Bevi una camomilla e datti una calmata e di doverli aiutare riducendo la loro eccessiva energia. In realt le cose sembrano stare proprio nel 37

modo opposto. Sembra cio che molte di queste persone abbiano una specie di debolezza interna, una scarsa attivazione interna (basso arousal), che cercano di combattere con un goffo e scoordinato attivismo. Questa ipotesi stata per esempio ben documentata nel caso del DDAI, per il quale si visto che luso di eccitanti, caff e amfetamine, piuttosto che di calmanti, pu fornire un aiuto: le persone DDAI, infatti, se maggiormente attivate, diventano pi capaci di autoregolare il proprio comportamento e quindi di bloccare uno sfrenato, ma mal gestito attivismo. Se non credete a questo sorprendente e controintuitivo risultato, provate a pensare a quei casi in cui eravate molto stanchi o tremendamente stressati, ma volevate (o dovevate) ugualmente portare avanti una serie di azioni: non vi successo di essere nervosi, impulsivi, scoordinati, eccessivamente irrequieti e in movimento? In questi casi, pu anche essere giusto dire allinteressato Datti una calmata, ma in realt egli avrebbe bisogno di darsi una mossa, ovvero di ricaricarsi interiormente per acquisire una maggiore capacit di controllarsi.

________________________________________________________________________________ OLTRE IL SENSO COMUNE: Conosci te stesso o dimmi come mangi e ti dir chi sei?

L'esortazione "conosci te stesso" un motto greco, iscritto sul tempio dell'Oracolo di Delfi e pu ben riassumere l'insegnamento di Socrate, in quanto esortazione a trovare la verit dentro di s anzich nel mondo delle apparenze. Anzich rientrare in se stessi per capire quanto viene da noi e guardare il mondo esterno con occhi scevri da pregiudizi il motto viene spesso inteso come fatti dire dal mondo chi sei raccogli da fonti diverse - e non sempre accreditate tutte le informazioni che ti permettano di definirti, di identificarti. Scagli la prima pietra chi non si riconosciuto nelle descrizioni del proprio segno zodiacale o chi dallordine di nascita, dal nome o da una spiccata preferenza non ha tratto auspici sulla sua personalit. Fernando Dogana nel suo delizioso libro Le piccole fonti dellio realt e leggende sullorigine della personalit mostra come astri, luna, stagioni, genitura, nome, sport, denaro e tocco delle mani costituiscono influenze minori sulla personalit, testimoniate da ricerche allinterno della prospettiva interazionista e rispondano a domande come: Quanto conta nascere sotto una buona stella? Chi sono le persone che chiamiamo lunatiche? Chi nasce destate condivide tratti di personalit e si differenzia da chi nato in inverno? I primogeniti hanno qualcosa in pi?.o in meno? Di quali presagi e destini misterioso portatore il nome? 38

Cosa c dietro allavarizia e alla prodigalit? Quali segreti tradisce il linguaggio delle mani? Per verificare quanto giovani studenti fossero propensi a credere a definizioni su loro stessi fornite da fonti del tutto e dichiaratamente inattendibili una delle autrici ha utilizzato un libro dal titolosenza precedenti, Cioccolatoterapia La nuova via ai segreti del vostro io pi intimo il cui motto : Dimmi che cioccolato mangi e ti dir chi sei. Citando il libro, e stato chiesto a studenti di Psicologia che preferenze avessero in fatto di cioccolato: le forme, i gusti, i ripieni.Alle loro preferenze sono state associate le corrispondenti interpretazioni di personalit proposte dal trattato e.ci credevano.

Gaetano Kanizsa, uno dei maestri della prima psicologia italiana, in una datata ricerca del 1954 ci offre un esempio lampante di come si sia propensi a credere a chi ci fornisce indicazioni su come siamo. In realt lobiettivo di Kanizsa era di mostrare che il giudizio del soggetto sulla esattezza di una diagnosi, che egli ritenga essere stata formulata nei riguardi di determinati aspetti di personalit, ha un valore molto scarso come prova della sua attendibilit, ma la situazione da lui proposta ed i singolari risultati ottenuti ci possono far riflettere sulla credulit umana e sul sottostante bisogno di sapere chi siamo. La ricerca presupponeva un inganno. Kanizsa aveva predisposto ununica diagnosi di personalit per tutti i soggetti, studenti e laureati, ai quali chiedeva per prima cosa di compiere la prova dello scarabocchio, cio di tracciare con la matita, senza alzare la punta dal foglio, uno sghiribizzo con la massima spontaneit. La prova era presentata come molto semplice ma altrettanto precisa ed obiettiva nel fornire una diagnosi di personalit in base alle valutazioni delle particolarit della produzione espressiva. Il giorno dopo veniva presentato a tutti il medesimo profilo di personalit con le seguenti parole: Dallesame degli aspetti formali del suo disegno risulterebbe questo profilo della sua personalit. La prego di leggerlo attentamente fino in fondo e di dirmi, se crede, se la diagnosi le sembra esatta, se cio riconosce come proprie le caratteristiche enunciate. Tutti i soggetti dichiararono che la diagnosi era ben riuscita e corrispondeva a quelle che erano le loro caratteristiche di personalit, anzi alcuni si dichiararono entusiasti che con mezzi tanto semplici fosse possibile giungere a determinazioni tanto precise ed aderenti alla realt. Solo alcuni rifiutarono qualche dettaglio, pur affermando che la maggior parte dei punti era esatta. Ma la vicenda si fece ancora pi avvincente quando, per controllo, la ricerca venne ripetuta proponendo a nuovi partecipanti una nuova diagnosi, costruita trasformando in unaltra contraria ognuna delle voci contenute nella versione originaria, cos da ottenere un nuovo

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profilo speculare al precedente. Lesito fu alquanto sorprendente: anche questa diversa diagnosi venne accettata a larga maggioranza. Kanizsa rinviene una delle ragioni di questa sorprendente accettazione in una serie di accorgimenti stilistici che costituiscono uno dei segreti della tecnica che assicura costante successo ai responsi di chiromanti, cartomanti, grafologi , iridologi ed altri simili veggenti. Ma le ragioni che qui pi interessano riguardano le ragioni per cui persone colte e non del tutto sprovvedute si dimostrino cos inclini ad accettare quanto viene detto su di loro, entusiaste che con mezzi tanto semplici, come la lettura di uno scarabocchio, si possa risolvere il mistero di una personalit umana. Anche in questo Kanizsa ci viene in aiuto suggerendo che Il soggetto desidera che la prova abbia successo perch cos ad un tempo vengono appagate le sue esigenze razionali alla scienza e le aspirazioni irrazionali del pensiero magico. Allora la descrizione della personalit, sia fatta da uno psicologo che da un (e.g.) iridologo, acquista il carattere di una vera dia-gnosis, di un vedere attraverso, di una misteriosa illuminazione di quanto si presume sia misteriosamente celato in ogni persona.

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Tabella 1.1 Caratteristiche associate ai Big Five.

Fattore Coscienziosit

Caratteristiche Obiettivi chiari, determinazione, focalizzazione sul compito, organizzazione strategica, buon senso di responsabilit

Estroversione vs. Introversione Stabilit emotiva vs. Nevroticismo

Socievolezza, preferenza per il lavoro di gruppo e la collaborazione vs. propensione per il lavoro individuale Tendenza ad esperire emozioni positive e a pochi sbalzi dumore vs. instabilit emotiva e prevalenza di emozioni negative, quali ansia, imbarazzo, colpa e pessimismo e ridotta auto-stima

Apertura mentale

Fantasia, preferenza per il nuovo e il diverso, le cose complesse, indipendenza di giudizio, ricerca di esperienze, spinta allesplorazione

Amabilit

Tolleranza, propensione a dare/ricevere fiducia, valorizzazione e rispetto del pensiero e degli atteggiamenti degli altri

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Tabella 1.2. Caratteristiche cognitive, motivazionali ed emotive di chi ha un basso o alto senso di autoefficacia [tratto da De Beni e Mo, 2000].

Caratteristiche aspettative

Bassa autoefficacia Di fallire nellesecuzione del compito

Alta autoefficacia Di successo

Scelta del compito Obiettivi

facile Non chiari o irraggiungibili

Mediamente difficile Concreti e ben definiti

Impegno nel compito Persistenza Attribuzioni Emozioni

Basso Bassa Abilit Depressione, Ansia

Alto Alta Impegno Fiducia in s, soddisfazione

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Tabella 1.3. I cinque filoni della personalit: elementi distintivi e teorie considerate

Filone

La personalit dipende da

Alcune teorie e concetti tipici

Tratti

Basi genetiche e stabili, presenti fin dalla nascita

Big five Modello PEN

Situazionismo e interazionismo

Rinforzi e ambiente

Comportamentismo radicale Condizionamento operante Apprendimento sociale

Socio-cognitivo

Pensieri e interpretazioni nei contesti sociali

Autoefficacia Aspettative Valori Stili esplicativi

Psicoanalitico

Conflitti intrapsichici

Inconscio Difese Psicologia dellio

Fenomenologico- Realizzazione di s, Umanistico vicinanza fra il s ideale e il s reale

Costrutti personali Valutazione organistica Piramide dei bisogni

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Tabella 1.4. Variabili cognitive di differenze individuali e personalit nella teoria di Mischel [adattata da Shoda Mischel, 2000]

Codifiche: categorie (costrutti) per se stessi, gli altri, eventi e situazioni (esterne e interne).

Aspettative e credenze: riguardo il mondo sociale, gli esiti dei comportamenti, lautoefficacia.

Affetti: sentimenti, emozioni, risposte emotive (reazioni fisiologiche incluse).

Obiettivi e valori: successi e stati emotivi connessi, fallimenti e stati emotivi; obiettivi, valori e progetti di vita personali.

Competenze e autoregolazione: potenziali comportamenti e script, piani e strategie per organizzare le proprie azioni e promuovere esiti favorevoli, comportamenti tipici e stati interni.

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Tabella 1.5. Alcuni fondamentali stili cognitivi.

Globale-analitico:

globale la persona che coglie per prima cosa linsieme degli elementi esperienziali, analitica quella che comincia dal dettaglio (es.: di fronte ad una foresta, ti colpisce per prima cosa linsieme o le caratteristiche di un albero?).

Intuitivo-sistematico:

intuitiva la persona che cerca la soluzione del problema prendendo spunto da una sua idea, mentre sistematica la persona che preferisce procedere passo per passo , considerando tutte le possibilit (es.: di fronte ad un problema, preferisci vagliare tutte le ipotesi o partire da una sola che ti sembra particolarmente significativa?).

Visualizzatore-Verbalizzatore: visualizzatore lindividuo che preferisce analizzare stimoli visivi ed esprimersi attraverso modalit grafiche, mentre verbalizzatore lindividuo che si trova bene ad analizzare contenuti verbali ed particolarmente a suo agio quando si deve esprimere con le parole (es.: preferisci scrivere un saggio e/o trovare tutte le parole che cominciano con la lettera A o fare un disegno e/o trovare tutte le forme che includono una forma triangolare?). Dipendente-indipendente dal campo: dipendente dal campo quella persona che tiene conto ed influenzata dal contesto nella interpretazione del mondo e nellazione, mentre indipendente quella che ne prescinde. Impulsivo-riflessivo: impulsivo lindividuo che reagisce immediatamente ad una stimolazione ambientale, mentre riflessivo quello che ci pensa su (es.: se devi rispondere ad un quesito, tendi a dare una risposta immediata, anche se hai maggiore probabilit di commettere un errore, o prima verifichi ripensandoci un po se la risposta quella giusta?). Bisogno di chiusura e bisogno ha bisogno di chiusura la persona che non sopporta lincertezza e deve di evitare la chiusura avere sempre una spiegazione conclusa, mentre non lo ha chi sopporta lambiguit ed aperto a differenti possibilit (es.: se devi passare una giornata con gli amici, hai bisogno di sapere che cosa ti aspetta?).

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Figura 1.1. Determismo triadico reciproco [Bandura 1977].

Ambiente fisico e sociale Comportamento individuale Sistemi cognitivi e affettivi

Percezione di autoefficacia

Aspettative

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Figura 1.2. La relazione delle componenti dellattivit e le strutture dellimmagine del mondo.

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Figura 1.3. Modello integrato del funzionamento psicologico [Chiu, Hong, e Dweck, 1994].

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