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TEORIE E TECNICHE DEL COLLOQUIO

20 domande a scelta multipla. No voto.


Libri 
- il colloquio psicologico nel ciclo di vita, Chiara Nicolini, Carocci
- Psicologia del patologico, Stanghellini-Rossi Monti, Raffaello Cortina (cap. 2-3-4-5)
- Uno a scelta tra:
- Manuale per il colloquio psicologico, Anchisi-Dessy
- Il caso clinico, dal colloquio alla diagnosi, Mc Williams
- Il colloquio di counseling. Tecniche di intervento nella relazione di aiuto, Calvo. Il Mulino
- L’analisi emozionale del testo, uno strumento psicologico per leggere testi e discorsi, Carli e
Paniccia Franco Angeli
- Pragmatica cognitiva, Bruno Bara
Consigliati:
- A colloquio, massimo cirri
- La forma delle parole. Retorica per psicologi, Nicolini
- Il linguaggio del cambiamento, Watzlawick
- Il colloquio psichiatrico, Sullivan, Feltrinelli
- Il colloquio come strumento psicologico, Lis
- Tecnica del colloquio, Semi; Raffaello Cortina
La psicologia e le sue applicazioni possono essere viste come:
- In continuità con discipline medico-biologiche: conoscenza basata su un metodo scientifico
che determina ciò che è normale e ciò che non lo è con regole (fisica, chimica, biologia ecc.)
- In continuità con discipline umanistico-letterarie?
- Area autonoma definibile?
La psicologia è un’integrazione di queste aree.
Nel colloquio psicologico si possono assumere due posizioni:
- Frontale  medico, biologico: descrivere il paziente (oggettivare l’altro, esame obiettivo
psichico).
- Laterale  umanistico: permette di guardare il mondo come lo vede lui e fa in modo che
l’altro possa appoggiarsi a noi. Cogliere il mondo dell’altro per come si manifesta.
Non si possono avere contemporaneamente le stesse posizioni, bisogna pendolare da una
posizione più oggettiva a una più letteraria e ermeneutica.
Cos’è un colloquio psicologico? In un’interazione tra due psiche vi è uno che, con il consenso
dell’altro, assume il ruolo di psicologo, un professionista. È costituito da mezzi del tutto ordinari:
parlare, silenzio, prossemica ecc. L’elemento straordinario è come io psicologo imparo a stare
dentro a una situazione, dipende molto dal setting interno (setting mentale) nel momento in cui io
interagisco con l’altro. Sono in gioco fattori molteplici. Abitare i paradossi del colloquio
psicologico. I paradossi sono opposti, ma tutti e due veri.
Saper abitare i paradossi psicologici richiede un costo emotivo, specialmente all’inizio. Essi sono:
- È più importante imparare tecniche oppure essere spontanei?
- Stare di fronte o stare con? È difficile scegliere da che parte stare ed è giusto saper
pendolare.
- Osservare o interpretare? L’interpretazione è più legata all’ermeneutica, cioè a quella
disciplina che si occupa dello studio e dell’interpretazione dei testi.
- Oggettività o soggettività
La psiche è lo studio del soggetto, della soggettività.
Uno psicologo dev’essere un lettore, perché è lì che si ha il mondo come tutti conoscono. Per
esempio la coscienza di Zeno rende bene l’idea del vissuto del nevrotico.
Per poter fare lo psicologo bisogna conoscere se stessi.
Psicologia applicata al COLLOQUIO PSICOLOGICO è un ambito che costringe l’operatore ad un
movimento pendolare, in movimento come un pendolo:
- Stare di fronte e stare con;
- Scienza e letteratura: “può la soggettività altrui diventare oggetto?” bisogna saper
riconoscere i sintomi, ma anche pensare a una intersoggettività;
- Cellule e parole.
I nostri interventi, come psicologi, pesano. A volte pesano moltissimo. Dobbiamo coltivare la
nostra responsabilità attraverso lo studio appassionato, la ricerca, la consapevolezza di quello che
diciamo e, soprattutto, il lavoro su noi stessi. Il colloquio psicologico è uno strumento in cui si
influenza l’altro. (psicologo come enzima: l’enzima non partecipa alla reazione chimica, ma lo
accelera). Cioè è un perturbatore del sistema conoscitivo altrui. Non si influenza dando risposte,
ma si influenza aiutando a riflettere. Si usa un linguaggio che deve essere perturbativo.
Dimensione clinica, psicodinamica, approccio fenomenologico, paradigma pluralista, prospettiva
fattori comuni.
Nel colloquio psicologico sono in gioco fattori molteplici:
- L’uso delle parole come mezzo di scambio cui va aggiunto il contributo della comunicazione
non verbale)
- Il fluire di informazioni veicolate dal corpo (cnv) (tenere le mani bene in vista è un buon
atteggiamento, abbigliamento sobrio in modo da lasciare che l’altro proietti su di noi ciò
che lui è in grado di proiettare. Tanto più sei sobrio tanto più lasci l’altro libero.  Se si ha
una vera motivazione personale dell’essere lì e un vero interesse di come l’altra persona
sta vivendo e sta soffrendo, nascerà automaticamente un azzeccato atteggiamento non
verbale.
- L’eventuale contratto ??
- ??
Ognuno dei punti elencati va pensato nella prospettiva che considera elementi di consapevolezza
ed elementi di inconsapevolezza.

ORIENTAMENTO PSICODINAMICO
- La maggior parte dell’attività mentale è inconscia, per cui le persone sono spesso
inconsapevoli dei propri pensieri, sentimenti e intenzioni; emozione (veloce, ha un
connotato fisiologico), sentimento (duraturo e pervasivo nel tempo)
- I processi mentali, comprese emozioni e motivazioni, operano in parallelo (non si
incontrano, sono un po’ indipendenti l’uno dall’altro), provocando conflitti e generando
soluzioni di compromesso; nonostante ci siano immagini contrastanti in parallelo io riesco
a riconoscermi e a mantenere l’esame di realtà grazie al mio Sé (un processo che permette
di prendere le immagini in parallelo e coglierne la continuità. Chi è affetto da schizofrenia
non ha questo.)
- Le esperienze infantili hanno un ruolo primario nello sviluppo della personalità, in
particolare nel modellare gli stili di relazione delle persone;

Inizialmente il setting era l’insieme delle “regole della stanza”, poi il SETTING diventa il modo in cui
io sto, organizzo e regolo il colloquio.
INTERPRETAZIONE:
- come intervento del terapeuta
- come attività mentale del terapeuta (quello che fa il terapeuta nel momento che è di fronte
al paziente e cerca di fare un lavoro di costruzione di senso di ciò che il paziente gli sta
portando)
ermeneutica  a livello filosofico permette di cogliere la dialettica oggettività-soggettività che
abita la scienza psicologica applicata al colloquio psicologico.
All’interno di un colloquio psicologico la misura è una componente molto importante, è sbagliato
parlare sempre come è sbagliato stare sempre zitti (come terapeuta). La misura è utile per
ottenere dei vantaggi. Uno degli strumenti della nostra cassetta degli attrezzi molto importante è
fondamentalmente il colloquio. Non c’è test, scala di valutazione che tenga senza il colloquio
clinico.
Il colloquio si fa con le PERSONE, individui, soggetti. Il colloquio psicologico non è necessariamente
un colloquio clinico.
Prima di iniziare un colloquio si fa una valutazione della persona che si ha davanti:
- età
- livello socio-economico
- caratteristiche di ruolo
- livello culturale
- caratteristiche di personalità
A seconda di queste caratteristiche il colloquio sarà in un certo modo piuttosto che in un altro.
Il contesto e lo scopo del colloquio sono variabili che influenzano tutto il processo: il soggetto
potrebbe porsi in modo diverso se il colloquio è di ricerca o se è uno spazio per dare voce a una
sofferenza. In generale è bene tenere conto del fatto che la persona potrebbe avere (e spesso ha)
una sua teoria rispetto a se stessa.
All’interno del colloquio è bene tenere presente la MOTIVAZIONE (dello psicologo e del paziente).
La motivazione può essere intrinseca (dipende da noi, siamo noi che siamo motivati a
intraprendere un colloquio) o estrinseca (non dipende da noi, ma dall’esterno). La motivazione
estrinseca non esclude la collaborazione, quando i comportamenti motivati estrinsecamente
vengono ad acquisir un luogo di casualità percepito come interno. Si può verificare l’instaurarsi di
una motivazione estrinseca autodeterminata, attraverso lo svilupparsi di processi di
internalizzazione ed integrazione.
DECI E RYAN 1991: 4 stili di autoregolazione della motivazione estrinseca che sono il risultato di
diversi gradi di internalizzazione e di integrazione. Stili da porsi lungo un continuum.
- Regolazione esterna: i comportamenti sono regolati totalmente da contingenze esterne
l’individui (promessa di premi e punizioni, contesti istituzionali ecc.)
- Regolazione introiettata: riguarda comportamenti guidati da pressioni interne connesse
alla stima di sé (faccio questo perché si fa così o perché si è sempre fatto così) un
comportamento che mi fa avere stima di me.
- Regolazione derivante da identificazione: quel comportamento assume importanza per la
persona, non solo per il fatto che si fa così. Presente autodeterminazione da parte del
soggetto (vado dallo psicologo in seguito ad una spinta che deriva da una sofferenza o al
piacere di conoscere)
- Regolazione integrata: forma più autonoma e regolata di motivazione estrinseca: risultante
da integrazione (reciproca assimilazione) di identificazioni separate

La motivazione può anche essere vista in base:


- Soggettiva (vissuta dal paziente come tensione, forza orientata nella direzione di un certo
obiettivo) o oggettiva (obiettivo importante, facile, difficile ecc.)
- Su base cognitiva (colloquio di ricerca) o su base affettiva (colloquio psicoterapeutico)
- Conscia o inconscia. È lo scopo del colloquio insieme alla teoria di riferimento a far sì che si
considerino più gli aspetti motivazionali consci o inconsci. In generale anche quando lo
psicologo è interessato agli aspetti latenti, i punti di partenza riguardano il livello conscio.
- Auto (colloquio di tipo terapeutico, riguarda esplicitamente la conoscenza di sé) o etero
centrata (l’indagine si svolge riguardo ad un tema esterno alla persona)
Altra componente importante è l’aspettativa: moderare e capire le proprie aspettative nei
confronti del paziente. Intensità ed urgenza del bisogno che richiede una soddisfazione. Qualità
del beneficio che ci si aspetta. Grado di consapevolezza dell’aspettativa stessa. Nel contesto di
ricerca non abbiamo tutto l’aspetto del bisogno.
Winnicott parlava del gioco come ponte tra realtà e fantasia. Il gioco nel bambino non è una cosa
prevalentemente vera (che è quello che gli permette di giocare), ma non è un non essere
totalmente vero: c’è qualcosa di reale in tutto quello, è un gioco di fantasia. Il gioco è la
dimensione non reale che permette di giocare, ma non è così irreale.
Il colloquio psicologico è sempre metaforico, specialmente nella dimensione dei contenuti.
Colloqui come gestalt (anni 20 Germania, Werteimer) (l’idea che quello che percepiamo venga
percepito come forma, andando a superare le qualità degli elementi costitutivi stessi) all’interno
della quale sono evidenziabili diversi componenti interrelati in modo complesso (secondo nessi di
causalità complessa). Ogni colloquio psicologico come un qualcosa a se stante.
Conduttore  il conduttore del colloquio è uno psicologo, psichiatra ecc. il conduttore sta
all’interno del colloquio attraverso tutta una serie di altri elementi. Innanzitutto è presente con la
sua dimensione corporea (mal di testa, alla gamba risuona all’interno del colloquio). Ognuno
conduce in maniera diversa il suo colloquio sulla base di quella che è la sua personalità. Per questo
la nostra personalità dev’essere conosciuta tramite il processo di
autoconoscenza/automonitoraggio in modo da ridurre la probabilità di essere all’interno del
colloquio una variabile incontrollata e impazzita. Un conduttore ha anche una sua teoria che
differenzia i vari colloqui. La teoria la scegliamo anche in base alla nostra personalità.
Soggetto  il colloquio porta ad avere come paradosso il paziente come oggetto. Il soggetto è
soggetto e a me interessa il soggetto perché è lui che può raccontare in che modo ha vissuto le sue
esperienza, non ha senso interrogarlo come oggetto. Devo cercare di immedesimarmi, entrare in
quello che il paziente mi sta dicendo. Necessità dello psicologo di saper pendolare tra una
posizione soggetto/oggetto e una posizione oggetto/soggetto, se lo considero troppo soggetto ci
perdiamo nel racconto, ci innamoriamo del paziente (ma è l’unico modo per capire qualcosa
dell’altra persona), per cui devo oggettivare per riuscire a mantenere il distacco (ma se
oggettivizzo troppo poi non sento più nulla).
Motivazione  la motivazione del paziente può essere intrinseca (che nasce dal soggetto, che non
si sente bene ecc.) o estrinseca (il marito mandato dalla moglie). Quando c’è una motivazione
fortemente estrinseca bisogna inizialmente lavorare per far diventare la motivazione estrinseca
intrinseca, che non sia solamente mandato da qualcun altro. La motivazione riguarda anche lo
psicologo, si intende motivazione proprio a partire dall’inizio: perché ha scelto di iniziare a studiare
psicologia (probabilmente perché ho conosciuto il dolore emotivo, ma non devo fare in modo che
con la mia professione io curi i miei problemi: cioè non posso curare me stesso curando gli altri).
Aspettativa  è un altro aspetto importante. È importante chiedersi che aspettative si hanno.
Scopo
Scambio  verbale o non verbale
Ascolto  la parola, nel momento in cui è intesa come parte della presenza corporea dell’altro, e
la parola mia di rimando all’altro è intesa e praticata come modo per stimolare il vissuto dell’altro
ad un livello corporeo allora ecco che la parola acquista significato. A parola è veicolo di relazione.
Con le parole si fanno cose.
Silenzio  è difficile stare in silenzio. Specialmente quando ci vengono in mente cose da chiedere
o da dire.
Relazione  che tipo di relazione il paziente ci propone? Anche dal punto di vista inconscio?
Bisogna pensare come agire alla proposta di relazione del paziente. Il soggetto è il risultato delle
relazioni che si è trovato a vivere nella sua vita.
COSA DICE E FA IL TERAPEUTA PSICODINAMICO
È bene essere sobri, per evitare interpretazioni a sproposito, interventi che non si ha il diritto di
fare ecc.
Attenzione a fare questi interventi, hanno un gran peso:
GABBARD - Sistematizzazione degli interventi verbali all’interno di una terapia:
- Interpretazione: è una proposta/frase che trascina una proposta di un collegamento
presunto esistente dalla mente dello psicoterapeuta tra due elementi della narrazione o
del comportamento del nostro paziente. È presupposto non consapevole nella mente del
paziente, per cui serve per aumentare la consapevolezza. Come viene fuori nello psicologo
l’interpretazione? L’interpretazione deve per forza essere vera?
- Osservazione: non è l’attività del terapeuta che osserva, ma secondo Gabbard è una frase
con cui faccio arrivare al paziente qualcosa di quello che io ho osservato. Es: sembrava
molto turbato quando ho parlato di sua sorella.
- Confrontazione: prendere una cosa da una parte, prenderne un’altra e metterle vicino.
Non significa fare un confronto.
- Chiarificazione: portare chiarezza in temi che appaiono vaghi, confusi o sconnessi; può
aiutare il paziente a riconoscere un pattern, oppure aiutare il terapeuta a verificare la
correttezza delle sue deduzioni.
- Incoraggiamento a elaborare: per raccogliere info, per rendere più solida l’alleanza
terapeutica. “Può dirmi di più su questo argomento?”, “vai avanti..”.
- Validazione empatica: non è l’attività dell’empatia. Deriva dall’empatia, ma secondo
Gabbard è una frase che tenta di far arrivare all’altro il fatto che probabilmente ho capito.
- Interventi psicoeducazionali: il paziente fornisce ai pazienti informazioni specifiche
correlate alla sua formazione professionale.
- Consigli ed elogi: è sbagliato dare consigli dal piano personale, ma è giusto avere
atteggiamenti costruttivi.
ASPETTATIVA in ambito clinico
- Intensità ed urgenza del bisogno che richiede una soddisfazione
- Qualità del beneficio che il soggetto si aspetta
- Grado di consapevolezza dell’aspettativa stessa
- Nel contesto di ricerca non abbiamo tutto l’aspetto del bisogno
Qual è lo scopo del colloquio?
Noi ci relazioniamo con la realtà psichica del soggetto, non con la realtà. Dev’essere molto chiaro
questo nella testa di chi conduce il colloquio, non può essere dimenticato che le cose dette sono
state filtrate da loro. Dobbiamo avere un rapporto di accoglienza, creare una cesta in cui lui può
mettere dentro le proprie cose.
- Scopo diagnostico: di assestment, cercare di capire la domanda del paziente e fare
diagnosi.
- Scopo di ricerca: ricerche di psicologia sociale, pedagogia, analisi di mercato ecc.
- Scopo clinico di ricerca: le ricerche che si svolgono in ambito clinico, quindi un colloquio
diagnostico nell’ambito della ricerca
- Scopo terapeutico
- Scopo supportivo (counselling)
Spesso lo psicologo di trova a dover ben esplicitare (ed a volte in più riprese nello stesso colloquio)
il “perché” siamo qui. Molte volte il paziente tende a buttare giù tutto ciò che ha da dire, a creare
una mappa di tutto ciò che sta vivendo.
Prerequisiti mentali dello psicologo: disponibilità e professionalità
Se mancano rischiamo di far male a noi stessi e agli altri.
Lavorare sul proprio stile personale di colloquio: lavorare affinchè ogni professionista riesca a
mettere insieme uno stile di colloquio che, nel rispetto delle regole del colloquio, rifletta il suo
normale stile comunicativo. Noi comunque dobbiamo arrivare alla persona.
Fondere la propria tecnica personale con la tecnica del colloquio significa riuscire ad elaborare uno
stile comunicativo che consente al paziente che non ha di fronte una statua o un pasticcione ma
una persona disponibile e sinceramente incuriosita che ha a propria disposizione i mezzi tecnici
per facilitargli un compito che non è facile.
Disponibilità: quando si entra in colloquio non esistono più i cazzi miei, devo ESSERE lì per lui o per
lei. Non essere nel mio mondo e pensare alle mie cose. Devo essere lì pronto ad accogliere.
Regola della frustrazione  durante il colloquio, bisogna evitare di soddisfare i desideri consci ed
inconsci del paziente. Questo per impedire che il paziente e lo psicologo agiscano assieme
soddisfacendo il secondo le richieste inconsce del primo e cercando invece che il paziente prenda
coscienza di quale sia la situazione dei suoi desideri profondi. Tale regola non significa in ogni caso
che si debba essere maleducati, scontrosi, caustici con il paziente.
Un occhio distaccato, uno su di noi e uno sul paziente.
Non colludere a livello conscio e inconscio con il paziente. Non colludere con i suoi meccanismi di
difesa. Non funzionare da tampone, e non assecondare ma cercare di tirare fuori le cose del
paziente.
Nel primo colloquio si chiede il mantenimento della neutralità: un atteggiamento attivo di
curiosità, disponibilità e di attenzione che fa si che noi ci tiriamo da parte per lasciare che il
paziente si esprima quanto meglio può. (Semi, 1985) essere neutrali non vuol dire essere assenti,
ma far sempre capire che si è lì: con la testa e con il corpo.
- Una disponibilità attenta e rispettosa
- Una curiosità attiva ma non invadente
- Una capacità di essere “attivamente” naturali
- Una coscienza sufficiente del proprio stile comunicativo
- Una chiarezza circa gli scopi del colloquio
 Rendono lo psicologo in grado di ascoltare.

Scambio verbale
Si differenzia a seconda delle tipologie del colloquio. Quando si parla di stile personale si tratta
anche di integrare stili di linguaggio, regole comunicative che si differenziano a seconda del luogo
e del lavoro che si sta andando a fare.
1) Scelta del linguaggio:
Adatto al soggetto (età, livello socioculturale, personalità)
2) Modo di porre le domande:
La domanda dev’essere comprensibile.
può essere diretta: particolarmente utili per esplorare aspetti di conoscenza e razionalità
può essere indiretta: utile nell’esplorazione di materiale emotivo o di sentimenti
può essere proiettiva: quando chiediamo alla persona di immaginare una situazione
ipotetica, o di pensare alle ragioni per cui altri si comportano in un certo modo (utili per
esplorare sentimenti ed emozioni)
ALTRI ASPETTI COSTITUTIVI DEL COLLOQUIO
- CNV (comunicazione non verbale): è il linguaggio di relazione, definisce a caratterizza il tipo
di relazione che stiamo vivendo. Sicuramente è meno facile da controllare rispetto al
comportamento verbale. Lascia filtrare i contenuti profondi della comunicazione. Con
variabile tempo, corpo, posizione del corpo, espressioni facciali, gesti delle braccia, segni di
nervosismo o irrequietezza.
- Silenzio: esistono tanti silenzi con differenti significati, bisogna imparare a leggere il silenzio
come si leggono le parole
- Ascolto
- Relazione
AMBIENTE
Quattro aspetti importanti:
1) Ambiente istituzionale: qual è l’ambito in cui si svolge il colloquio. È lo schema di
riferimento in cui si svolge, si inscrive quel determinato colloquio. È una potenziale terza
struttura che entra nel colloquio in modo fantasmatico (es. colloquio per il personale, per
avanzamento di carriera). Carli (psicologo clinico che ha dedicato gran parte della sua vita a
lavorare sulle istituzioni) dice che se il contesto istituzionale non è riconosciuto si possono
attivare difese, con due modelli: modello liturgico (il colloquio si trasforma in un gioco di
ruolo, una liturgia che viene seguita e perseguita. Adesione formale che può portare lo
psicologo a perdere di vista che di fronte a se c’è una persona con questo modello c’è una
riduzione della dimensione empatica) o modello agonistico (i due attori diventano due
contendenti e si sfidano, non si crea un’alleanza di lavoro. Le difese legate al colloquio sono
tante e la dimensione empatica sparisce).
2) Stanza di consultazione: il luogo dove io faccio il colloquio. Importanti sono l’astinenza e la
neutralità. È importante ricordare che c’è valore simbolico in gioco anche nei fattori
materiali (lo psicologo non deve però perdere di spontaneità=stare in equilibrio)
3) Setting: to set (disporre).
Setting esterno: luogo fisico, durata del colloquio, onorario ecc. tutte le caratteristiche di
strutturazione esterna
Setting interno: l’insieme degli elementi dell’apparato psichico (e l’insieme dei contenuti
specifici in esso presenti) dello psicologo che sono al lavoro durante l’incontro. Io il setting
lo devo avere interno: senza il setting esterno io il colloquio lo posso fare ma senza quello
interno io non lo posso fare. anche solo come prendiamo gli appuntamenti, come
riceviamo è già un elemento del setting.
4) Ambiente “interno”
L’OGGETTO del colloquio come contenuto, tema, problema, argomento del colloquio.
- Centrato su un tema molto ristretto e specifico
- Centrato su un tema molto specifico da approfondire nei suoi diversi aspetti
- Centrato su diverse aree congruenti
- Colloquio libero
FASI DI SVOLGIMENTO
3 fasi nel colloquio di ricerca
- Iniziale: il paziente deve essere aiutato a contestualizzarsi. Si deve creare alleanza: aiutare
la persona nel senso di proporle una situazione nella quale si lavorerà insieme per
raggiungere un obiettivo
- Intermedia: si capisce il contesto e si fa una elaborazione
- Finale: restituire al soggetto almeno ciò che lui ci ha dato
4 fasi nel colloquio psicodiagnostico (progettazione con il paziente su cosa fare)
CONCLUDERE IL COLLOQUIO
Background teorico di partenza.
Teoria specifica  analisi della letteratura
Individuazione di aree e sottoaree
Formulazione delle domande
TECNICHE DI FACILITAZIONE
- Riformulazione: ripresa parole chiave in forma interrogativa
- Reiterazione a riflesso semplice: riassunto come sprone
- Sintesi: riproporre temi importanti
- Riflesso parziale: focus su un tema
- Verbalizzazione di sentimenti: riproporre sentimenti impliciti
- Comportamento a eco: anche non verbale. Sottolinea, riflette, accentua alcuni aspetti
- Riconduzione del soggetto al tema: distogliere da divagazioni.
- Chiarificazione: allo scopo di ottenere risposte più soddisfacenti.
Modificazione del contenuto ristrutturazione cognitiva (insight), confrontazione
(incongruenza), interpretazione (conscio-inconscio), silenzio (non aggressivo o difensivo)

BIAS DEL CONDUTTORE


 Effetto alone: generare da un tratto singolo a tutta la personalità dell’individuo
 Errore logico: nella correlazione di tratti e fatti
 Pregiudizio contagioso: appiccicare il pregiudizio a quel paziente
 Effetto indulgenza: essere buonisti con il paziente è un meccanismo collusivo, e
serve per non fare sentire stronzo il terapeuta. Bisogna essere seri.
Il colloquio psicologico in psichiatria
Salute mentale è diverso da non avere malattia mentale. Salute mentale è benessere: essere
contenti di ciò che si è, di ciò che si fa.
In psichiatria il ruolo del terapeuta non è semplicemente “a tavolino”, vedi video di Patch Adams.
Attenzione a non rimanere incastrati in una procedura standard. La situazione la si costruisce di
volta in volta nella situazione dialogica. Ogni paziente va incontrato come essere unico e
irripetibile che è così perché ha una storia che solo lui ha avuto. Profondo rispetto della persona
che c’è di fronte a noi. Dobbiamo pensare di essere sempre degli ospiti, la delicatezza prima di
tutto.
Il colloquio psicologico è uno strumento di conoscenza, è lo strumento principale della nostra
cassetta degli attrezzi. Ha lo scopo di raccogliere info e acquisire conoscenza che riguardano
l’ambito d’interesse della psicologia, con fini di ricerca, di diagnosi o di presa in carico per un
determinato trattamento. Presuppone che uno dei partecipanti abbia conoscenze e competenze
psicologiche, titolo per usarle, e che le usi in accorto con gli interlocutori.
Lo psicologo cerca di giungere ad una relazione che faciliti la libera espressione dei processi
mentali della persona permettendo al suo paziente la libertà necessaria per aprirsi; si realizza un
incontro in cui “capire” è un processo dialogico che nasce dall’interazione di entrambi i
partecipanti. Dalla relazione che si struttura tra cliente e psicologo dipende tutto ciò che avviene
nel colloquio.
CHE COS’E’ LA PSICHIATRIA? È una branca della medicina che ha per oggetto i disturbi psichici o
mentali e ne studia la natura e i rimedi. Per disturbi psichici si intendono sia quei comportamenti
devianti sia anche quegli stati di sofferenza soggettiva, che sono ragionevolmente attribuibili a
disfunzione, cioè a patologia, della normale capacità individuale di elaborare i dati dell’esperienza.
Non rientrano dunque nella psichiatria né i comportamenti devianti di interesse strettamente
criminologico, dove la capacità di elaborare l’esperienza ordinaria non è di per sé patologicamente
alterata, né quelle sofferenze soggettive, come per esempio la depressione del lutto oppure la
risposta di ansia o di panico a situazioni rischiose, che possono essere intese come elaborazioni
commisurate all’evento.
La psichiatria è un’organizzazione di servizi e di risposte a quella dimensione patologica del
disturbo mentale.
Nei servizi di salute mentale (psichiatria) sono presenti:
- Differenti strutture operative (CSM: centro di salute mentale, SPDC: servizio psichiatrico di
diagnosi e cura chiamato repartino perché ha un numero limitato di posti, Day Hospital,
comunità terapeutiche o riabilitative, gruppi appartamento
- Diverse professioni (psicologi, infermieri, educatori, assistenti sociali, tecnici della
riabilitazione psichiatrica)
DSM (dipartimento di salute mentale)  attività di coordinamento e di programmazione delle
attività territoriali ed ospedaliere dell’assistenza psichiatrica e delle strutture che operano nella
stessa ASL. Include il CSM e SPDC e le strutture residenziali e semi – residenziali (comunità, gruppi
appartamento, luoghi in cui le persone con problemi mentali possono vivere). Il fatto che queste
cose siano all’interno degli ospedali è un passaggio filosofico di notevole importanza (si
considerano come patologie), legge 180 chiusura dei manicomi (Basaglia 1978).
DENTRO E FUORI
Il setting è una condizione mentale.
Nel colloquio psicologico un’adeguata percezione da parte dell’operatore della relazione che
s’instaura con il paziente, nei suoi aspetto fenomenologici e dinamici, è un punto fondamentale
per una buona conduzione del colloquio.
Fondamentale per la valutazione della dinamica relazionale è la capacità dello psicologo di essere
nella relazione e contemporaneamente essere consapevole di ciò che sta avvenendo, osservando
se stesso e l’altro, raccogliendo gli elementi che provengono dalle parole sue e del paziente.
1. Intensità della relazione
S’intende il grado di coinvolgimento emotivo dei partecipanti al colloquio. Si valuta
mediante osservazione e autosservazione di indici verbali, elementi espressivi della voce,
espressioni facciali delle emozioni, sguardo, gesti e movimenti del corpo in avanti e
indietro, modificazioni della distanza interpersonale.
2. Qualità della relazione
Può essere descritta fenomenologicamente attraverso alcune dicotomie comportamentale,
poste lungo un continuo d’intensità e variamente interagenti e correlate fra di loro:
cooperazione/competizione, dominanza/sottomissione, fiducia/diffidenza,
apertura/chiusura ecc. (queste dimensioni relazionali possono essere spiegate, a seconda
della teoria di riferimento)
3. Contatto psicologico
Si fa riferimento ad un complesso insieme di disposizioni verso di sé e verso l’altro che dà
luogo ad una apertura relazionale che permette di comunicare in modo sincero,
partecipato e congruente, e di essere ascoltati con interesse e partecipazione. Su di esso
possono influire la tipologia del colloquio, il modo di condurlo, le caratteristiche
dell’intervistatore, le caratteristiche dell’intervistato.
4. Congruità della dinamica relazionale
Il grado di strutturazione, modo di conduzione, scopo, paradigma di riferimento sono tutte
caratteristiche che modificano l’assetto del colloquio e rispetto alle quali noi dobbiamo
valutare la congruità. Le varie combinazioni di questi fattori possono dare luogo a diverse
cornici, ognuna delle quali delimiterà un particolare ambiente psicologico entro cui si
svolge il colloquio ognuna delle quali delimita un particolare ambiente psicologico che può
essere anonimo oppure più o meno caldo.

Modalità comunicative che bisogna essere in grado di fare 


COMUNICAZIONE OGGETTIVA: saper dire quel che percepisco, senza altre informazioni o almeno,
riducendo al minimo le altre informazioni. È un modo per evitare di inserire troppa proiezione.
COMUNICAZIONE RAPPRESENTATIVA: rappresento all’altro un mio stato d’animo assumendomene
la responsabilità (so che è roba mia) e circostanziando il più possibile (voglio farti arrivare il più
precisamente possibile quando mi capita un determinato stato d’animo).
COMUNICAZIONE EMPATICA: convalidazione empatica, Gabbard. Informo l’altro riguardo ai miei
pensieri o stati d’animo che nascono dalla risonanza interna legata all’incontro. Non va confusa
con la comunicazione gentile, morbida. Quella empatica è una comunicazione i cui contenuti
nascono dalla risonanza interna. Concetto complesso: empatia. Quanto bisogna essere empatici
nei confronti dei pazienti? Che cosa vuol dire essere empatici nei loro confronti? In nome
dell’empatia noi spesso corriamo il rischio di violare il setting. È giusto che anche all’interno
dell’empatia ci siano degli aspetti che vadano frustrati.
COMUNICAZIONE NON VERBALE: il corpo parla. Non si tratta di controllare, ma di arrivare ad avere
la capacità di assumere un assetto mentale di attenzione acuta e tranquilla, fluttuante (Freud),
“senza memoria né desiderio” (Bion).
Allentare e tensioni, lavoro su di me come unico metodo possibile.
COMUNICAZIONE EFFICACE IN AREA COUNSELLING: informazione efficace= quella che può essere
raccolta, rimanere capita e compresa
MODALITA’ BARRIERA:
- Dare ordini
- Minaccia
- Richiamare alla ragione
- Sostituirsi
- Giudicare
- Interpretare/argomentare senza permesso
- Investigare (dev’esserci un sincero interesse nei confronti del mondo dell’altro)

RICORDA che le comunicazioni lasciano residui. In linea generale esplicitare verbalmente tanto più
è possibile: infatti, quel che resta non esplicitano viene spesso interpretato della persona
Comunicazione oggettiva
Saper dire ciò che percepisco senza altre informazioni o almeno riducendo al minimo altre
informazioni solitamente però nelle nostre comunicazioni non viene fatta sempre la
comunicazione oggettiva ,ma va allenata a farla, per evitare nel colloquio psicologico troppa
proiezione

Comunicazione rappresentativa

Rappresentato all’altro un mio stato d’animo assumendomene la responsabilità ( se per esempio


le persone parlano io mi innervosisco ma è un mio stato d’animo è una responsabilità mia, è vero
mi sto innervosendo non per colpa mia ma arrabbiarmi è una mia responsabilità)e circostanziando
il più possibile. Simile a quando dico (quando…io mi sento…)quando è una richiesta
rappresentativa

Comunicazione empatica

Informo l’altro riguardo hai miei pensieri o stati d’animo che nascono dalla risonanza interna
legata all’incontro, quindi imparare ad usare frasi di circostanza per far sentire l’altro a sentirsi a
suo agio. L’empatia è una cosa complessa, si impara con l’esperienza, il nome dell’empatia molto
spesso viola il setting, spesso però è proprio l’empatia che mi aiuta a capire gli elementi frustranti

Comunicazione non verbale


-il corpo parla

-non si tratta di controllare ma di arrivare ad avere la capacità di assumere un assetto mentale di


attenzione acuta e tranquilla, fluttuante (Freud)”senza memoria e desiderio (Bion)allentare le
tensioni lavoro su di me come unico metodo possibile.

Comunicazione efficace in area couseling

Informazione efficace =quella che può ESSERE RACCOLTA,RIMANERE, ESSERE CAPITA E


COMPRESA. essere sempre molto sobri ed empatici, disciplina e capacità di abbracciare l’altro
questo è quello che fa un buon terapeuta

Modalità barriera

-Dare ordini= psicologo\a interloquisca con un paziente che ha bisogno di un trattamento


neurologico prima del trattamento psicodiagnosi, quindi io gli do un ordine. Spesso le persone non
fanno delle cose se si ordina,, infatti bisognerebbe dare pochi ordini così come una minaccia,
anche richiamare alla ragione (cosa molto utilizzata da giovani psicologi) es dovrebbe capire che
andare dal neurologo non è una punizione, è un aiuto che le consiglio

Sostituirsi

È un altro modo di dare consigli

-es faccia come le dico :mi telefoni dopo la visita dal neurologo…es capisco le sue difficoltà, ma io
le consiglio di andare dal neurologo

Giudicare

-se lei non va dal neurologo è un irresponsabile…

Investigare bisogna andare alla ricerca e indagare ma indagare nel sincero modo es” Mah è
proprio sicuro che lei ha telefonato al neurologo” non è una modalità che aiuta

Argomentare senza permesso

“gli studi dicono che molto spesso è più valido fare la picodiagnosi dopo la visita neurologica”

È importante capire che la comunicazione lascia dei residui

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