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METODI E TECNICHE PSICODIAGNOSTICHE

Professionalizzante: sinonimo di utile per degli obiettivi.

1. Quali erano le aspettative, pensieri che abbiamo avuto in questi giorni pensando a questo corso ? Un
proseguimento del corso di teoria e tecnica del colloquio clinico.

2. Cosa vogliamo portare a casa? strumenti utili per una valutazione psicodiagnostica.

3. Di che cosa è esperto lo psicologo e che cosa fa? Psicologo come esperto della relazione e non delle
persone.

Perché una persona va dallo psicologo?

1. Utilizzo della simbolizzazione emozionale delle professioni forti dove la competenza è coerente coi
problemi loro posti (immaginario psicologo come curatore dei disturbi mentali).
2. Perché lo psicologo esiste culturalmente e lo simbolizza emozionalmente (domanda coerente con la
competenza dello psicologo MA la psicologia non è ancora fondata su una tradizione tale da
consentire una domanda coerente con la competenza che lo psicologo può offrire).

Obiettivi dell’analisi della domanda:

 Analizzare le dinamiche collusive istituite con la domanda stessa.


 Conoscere e orientare la relazione tra chi pone la domanda e lo psicologo.
 Promuovere lo sviluppo attraverso l’attivazione di competenze e la promozione della convivenza.

La domanda assume centralità non tanto per il contenuto ma per iniziare a creare una relazione con il
professionista. La domanda dà forma ad una relazione ed è il modo in cui il soggetto si connette in maniera
rigida con il proprio il mondo. In questo senso la teoria dell’analisi della domanda è una teoria sulla
relazione, che permette di leggere, creare e vivere la relazione verso il cambiamento. La competenza dello
psicologo sta nel leggere la relazione in maniera non scontata, cogliere informazioni implicite, accogliere la
domanda e attivare risorse di cui il paziente dispone orientando il tutto al cambiamento. Psicologo non è il
medico della mente, non ha strumenti concreti, ma può creare le condizioni per stare bene.

L’analisi della domanda parte dal processo istituente della relazione strettamente correlato al contesto in
cui essa ha luogo e che riguarda quelle categorie condivise, e quelle azioni concordate, attraverso le quali i
suoi attori si danno certe condizioni, per perseguire lo scopo convenuto.

Quali sono i principali strumenti per uno psicologo?

1. Epistemologia teoria di come noi consosciamo il mondo e di come il soggetto è in relazione con il
proprio contesto (epistemologie a confronto: positivista (realtà esiste ed è conoscibile direttamente e
oggettivamente) /della complessità (realtà esiste ed è conoscibile solo dal punto di vista soggettivo) vedi
slide).

Es. mondo interno non tangibile direttamente ma tramite soggettività.

2. Teoria della mente teoria di come funziona la mente. (individuale/relazionale).

Es. mente come processo relazionale complessoindividuo esiste solo in relazione al mondo che vivo.

3. Teoria della tecnica/metodo teoria che giustifica le tecniche in funzione del raggiungimento
dell’obiettivo.

Es. obiettivo: riattivare capacità insite nel processo relazionale.


4. Tecniche le prassi o procedure utilizzate nell’intervento per raggiungere gli obiettivi. (forti, esterne,
invarianti/deboli, soggettive, contestuali).

Es. colloquio, test, setting diversi, come proposte relazionali.

Simbolizzazione affettiva è il modo in cui il soggetto organizza implicitamente, emozionalmente la relazione


con il proprio contesto. Riguarda le identità, le posizioni, i ruoli, le regole che organizzano implicitamente la
relazione, gli obbiettivi emozionali della relazionedimensione inconscia propria della relazione.

Es. parlo con una persona da una posizione gerarchica di superiorità o inferiorità e quindi adeguo la
conversazione o la relazione implicitamente in base a ciò. All’interno della relazione terapeutica si può
parlare di transfer e contro-transfer come simbolizzazione affettiva.

Collusione è la simbolizzazione affettiva comune del contesto da parte di chi condivide il contesto stesso. Si
parla di condivisione implicita di una medesima simbolizzazione affettiva. La dinamica collusiva consente di
costruire emozionalmente la relazione in interazione con la dinamica cognitiva-percettiva (noi siamo qui per
far lezione). La collusione assicura identità e connessioni implicita, è l’aspetto più informativo e utile al
cambiamento per terapeuta e paziente. Es. accettiamo la collusione del committente (mia figlia si droga,
psicologo salvatore) ma ne proponiamo un’altra con l’utente.

Percezione e collusione istituiscono la relazione tra individuo e contesto consentendo di organizzarlo in


dimensioni coerenti con le competenze percettive ed emozionali, quindi mentali della persona.

La collusione serve a ridurre la polisemia. La polisemia confonde ed omogeneizza, fondandosi sui principi
della generalizzazione e della simmetria proposti da Mattè Blanco. Colludere, in questo senso, significa
trasformare la polisemia emozionale di base in emozioni differenziate. Si può passare però da: dinamica
simbolica altamente polisemica a  categorizzazioni della realtà più organizzate e differenziate, quali le
neoemozioni, quindi le culture locali, culture collusive specifiche di determinati contesti.

I sintomi sono un modo per costruire la relazione, una parte della relazione. La diagnosi è già parte della
relazione e dell’intervento, striamo già condizionando il nostro rapporto con il paziente. La soggettività è il
miglior strumento diagnostico che possiamo utilizzare e di conseguenza diveniamo esperti della relazione
più delle tecniche.

Committenza è in genere colui che chiede di intervenire e generalmente paga l’intervento, l’utente è colui
che subisce l’intervento mentre il MANDATO SOCIALE è ciò che la cultura assegna come prioritario per la
soluzione, serve a legittimare l’intervento ma se assunto come unico riferimento, senza costruzione di
committenza, ne limita e ne condiziona la funzione, ancorandola al modello da perseguire. Noi accettiamo il
mandato sociale ma lo sfruttiamo a vantaggio delle nostre competenzequello che la committenza chiede
di risolvere non coincide con il nostro modo di agire e i nostri obbiettivi in comune con l’utente. Se
accettiamo l’epistemologia della complessità non possiamo aspettarci, in qualità di psicologi, una relazione
causa-effetto netta come intervento di prevenzione quando una committenza si pone come diversa dal
cliente dell’intervento la assimiliamo a mandato sociale; committente è colui che vuole discutere con lo
psicologo i propri obiettivi, e in questo si mette in gioco.

Costruzione della committenza non vuol dire soltanto non colludere con chi vorrebbe lo psicologo dedito al
paziente designato. Significa far assumere, a chi pone la domanda, una committenza sul pensiero, al posto
di una prescrizione ad agire fantasie collusive. Si tratta di invitare il committente a guardare criticamente ai
motivi che sostengono la sua domanda e di sconfermare la teoria per cui i fatti sono fatti; si pensa di
portare dati di fatto, e si scopre che i dati di fatto sono propri modi di simbolizzare emozionalmente la
realtà.
Lo psicologo si situa tra committente ed utente: da una parte il committente chiede un intervento
ortopedico spesso in accordo con il mandato sociale (il mandato sociale tutela le dimensioni conformiste
della professione); dall’altra magari l’utente è restio alla terapia e fa opposizione. Lo psicologo deve
lavorare sulla relazione tra le due persone e NON COLLUDERE con nessuna delle due proposte di collusione
fondate sulla condivisione di fantasie neoemozionali basate sulla pretesa.

MODELLO ISO (individuo-organizzazione-setting): L’analisi della domanda consente una visione multilivello
dell’intervento che considera la relazione.

Si analizza la narrazione entro il rapporto e grazie al rapporto per sviluppare l’interazione con il contesto.

 Individuo: persona o componente organizzativa che pone la domanda (I)


 Setting: lo psicologo, teorie, regole e persona (S)
 Organizzazione: contesto entro cui sorge il problema (O)

Narrazione del problema (là e allora) a partire dal contesto che non viene modificato dallo psicologo che
invece interviene nel qui e ora e quindi nel vissuto emozionale.

Fallimento collusivo è il venire meno della collusione nel contesto originario del soggetto per eventi o
cambiamenti spazio-temporali o relazionali intervenuti nel tempo. Avviene in parte anche nel contesto
terapeutico che è ricercato per ricreare la collusione perduta ma alla non collusione con la proposta del
paziente il terapeuta ne ripropone un’altra di tipo conoscitivo e di sviluppo.

Estraneo è colui del quale non si può dire di conoscere, al di fuori della comunicazione con lui, cosa pensa o
come vive il rapporto con noi. L’estraneità, quindi comporta la comunicazione e lo scambio d’informazioni
quale condizione necessaria di conoscenza. L’estraneità comporta una lotta dura con gli stereotipi,
pregiudizi e in generale delle conoscenze non fondate. L’estraneo è l’amico ignoto, mentre le conoscenze
non fondate sullo scambio d’informazioni, configurano, di contro, l’amico noto. E’ la dimensione
scontatamente buona dei legami familiari a creare il familismo.

OBIETTIVI METODOLOGICI

NO Obiettivo trasformativo (cambiamento da far compiere al paziente predefinito orientato a standard di


benessere prefissati) si basa sul modello medico che opera senza badare al processo istituente e all’analisi
della domanda. Nel caso della prassi medica, d’altronde il medico è obbligato legalmente a intervenire ed è
importante sottolineare come la scissione tra parte malata e parte sana della persona sia evidente. Il
medico può intervenire sulla parte malata, rispettando la persona nel suo insiemeobiettivi ortopedici di
guarigione del paziente e di riconduzione entro specifici parametri che definiscono la normalità.

SI’ Obiettivo di sviluppo parte dall’analisi della domanda e dal processo istituente e si propone di lavorare
entro la relazione. A differenza della prassi medica, quando si lavora su comportamento e personalità è
difficile distinguere tra “bene proprio” e “male altro” intesi come persona nel suo insieme e dimensione
specifica della malattia.

Creare contesti dove si attivino processi di conoscenza e sviluppo che ci permettano di arrivare ad acquisire
una competenza.

Non si rincorre l’adeguamento a modelli precostituiti in base al mandato sociale o a modelli ortopedici
(obiettivo trasformativo volto a riportare il sistema entro il quale si interviene ad un modello considerato
come utile e desiderabile). Lo sviluppo si fonda sulla competenza a trattare con l’estraneo, ad istituire una
relazione di scambio con l’altro. Al centro degli obiettivi di sviluppo si pongono due dimensioni fondanti: il
distacco da relazioni familistiche e il perseguimento della solitudine come punto di partenza per la relazione
con l’estraneo.

Relazione Familistica: assomiglia a ciò che avviene in una famiglia nell’aspetto più collusivo, è volta alla
negazione dell’estraneità, nel tentativo di ricondurre ogni relazione agli stilemi stereotipati della relazione
familiare; nelle relazioni familistiche vengono fuse e confuse emozioni d’amore e
d’aggressivitàdinamiche familistiche vere e proprie resistenze sul cammino dello sviluppo.

Solitudine: riconoscere che dell’altro so poco o nulla, non posso pretendere emozionalmente che agisca
come mi aspetto. La solitudine rappresenta l’obiettivo metodologico dello sviluppo personale, condizione
necessaria per l’interazione produttiva e per lo scambio. La solitudine è data dal superamento della
confusione emozionale che deriva dal mettere negli altri le proprie fantasie, seguendo la sostituzione del
mondo esterno con il mondo interno quale modo di funzionamento del sistema inconscio. Con la solitudine
si può riorganizzare il proprio sistema emozionale, costruendo nuove dinamiche collusive risultanti di un
pensiero emozionato sulla propria simbolizzazione affettiva del contesto, come su quella dell’estraneo.

Regole del gioco: La convivenza è segnata da due modalità di relazione: la modalità fondata sul potere delle
regole e quella fondata sulla competenza. Ciò significa che la convivenza è organizzata attorno a due
dimensioni relazionali, strettamente collegate: l’adempimento e l’attesa di un prodotto competente. “Le
regole del gioco” è un mediatore che permette la convivenza di due o più estranei. In altri termini, si pone
quale dimensione intermedia tra la fusionalità, che nega l’estraneità, e lo scambio. La regola del gioco è il
primo passo che si compie verso l’emancipazione dalla fusionalità.

Analizziamo la caratteristica del sistema inconscio che, con Freud, chiamiamo “sostituzione della realtà
esterna con la realtà interna”: un processo che utilizza gli stimoli che provengono dal mondo esterno, in
particolare gli stimoli che derivano dalle relazioni oggettuali. Questi oggetti esterni vengono permeati,
intenzionati, animati tramite le emozioni che la persona vive al suo interno. Si ha quindi una sostituzione di
un dato di realtà, l’oggetto esterno, con un’emozionalità che utilizza tale oggetto per manifestarsi. Si può
dire che la regola del gioco pone un limite, condiviso, all’emozionalità dilagante nel rapporto con la realtà
esterna. Sono le regole del gioco dello scambio e della produttività.

Le regole del gioco, in sintesi, sono la condizione che consente di passare dall’agito emozione alla
simbolizzazione emozionale dei vari aspetti della realtà. Torniamo ora alla funzione dello psicologo clinico:
facilitare una relazione ove sia possibile sostituire l’azione emozionata con il pensiero sulle emozioni che
sostengono l’azione. Lo psicologo ha bisogno di una specifica regola del gioco, la sospensione dell’agito
emozionale che consente una produzione di senso, fondata sul riconoscimento di risorse e sulla rinuncia
all’onnipotenza (lo psicologo non è un medico salvifico o un tecnico che risponde coerentemente con la
simbolizzazione emozionale del committente). La relazione tra problema, tecnica e prodotto risolutivo del
problema, forma la triade che regge ogni relazione che ricorre alla competenza professionale.

Impotenza e pretesa: entro la domanda vengono agite neoemozioni basate sulla PRETESA. Pretendere
significa trasformare una relazione di convivenza simmetrica in una asimmetrica dove una qualsiasi ragione
o pretesto funge da motore per creare rapporti di potere. Il possesso e lo scambio sono le due dimensioni
principali che fondano la relazione sociale. Il possesso (potere senza competenza) esaurisce la
simbolizzazione emozionale dell'altro, negandone l'estraneità. È la fantasia che regge le relazioni entro
sistemi familisti, fondati sull'affiliazione e sul potere (senza competenza). È il potere dato dal ruolo. Lo
scambio (potere competente), di informazioni e di conoscenza competente, è possibile solo dal
riconoscimento di estraneità e dalla nascita di un prodotto comune che si origina dalla reciproca
competenza. È il potere basato non sul ruolo formale, bensì sulle reali competenze che ho.

Il pensiero emozionato è una competenza potenzialmente accessibile a tutti che va costruita, sviluppata,
dove il cliente diviene protagonista del suo cambiamento, agente di cambiamento di sé stesso e dove
acquisisce o riacquisisce competenze e capacità decisionali. Il pensiero emozionato fonda la possibilità di
mettersi in rapporto con l'altro come estraneo. Il passaggio dall'agito di fantasie al pensiero emozionato
attraverso il percorso di differenziazione e riorganizzazione categoriale è strettamente legato alla capacità,
entro la relazione contesto, di sospendere l'agito. Con l'analisi della domanda si persegue un pensiero,
anch'esso inevitabilmente emozionato.

I PRINCIPALI MODELLI DI CURA:

-Modello del conflitto pulsionale (Freud e psicoanalisi dell’Io): vedi slide.

-Modello relazionale (prospettiva intersoggettiva/relazionale)

-Modello dell’arresto evolutivo o deficit (teoria della relazione oggettuali e della psicologia del sé)

Il nostro obiettivo da psicologi, nell’epistemologia della complessità, non è determinare ciò che è realmente
vero o falso, ma ci interessa vedere come le persone raccontano la loro storia trasformandola a proprio
modo per ottenere un determinato stato emozionale.

Cose da chiedersi…

 Quali domande, aspettative, richieste?


 Quale/i evento/i ha/hanno portato al suo fallimento?
 Quale relazione e neoemozione?
 Quali obiettivi propriamente psicologici dell’intervento?

Inconscio: vedi pagina 138. Analisi della domanda.

Teoria della mente per Freud: tre sono le rappresentazioni della mente per Freud: il modello telescopico, I
topica, II topica.

Il modello telescopico pensa alla mente come uno strumento ottico complesso, fatto di molti elementi
disposti in sequenza che trasformano lo stimolo e l’energia. La mente come apparato di parti consapevoli e
non.

I Topica: la mente è più chiusa e da una parte ci sono il confine somato-psichico e le pulsioni, da una parte il
preconscio e infine l’inconscio (vige il principio di piacere e di soddisfazione delle pulsioni primarie). Si parla
di zone della mente.

II Topica: attenzione alle zone della mente e non alla qualità dei processiinconscio coincide con l’Es, parte
del super Io e parte dell’Io. Il problema centrale consiste nel trovare l’equilibrio di forze. L’inconscio diventa
una cosa interna e individuale, intima e pericolosa (punto di vista condiviso dal senso comune quando va
dallo psicoanalista).

Di tutto questo modello freudiano traiamo l’importanza della distinzione tra i diversi processi (consapevoli e
inconsapevoli). Per Freud, concezione individualista dell’inconscio e non relazionale
Matte Blanco voleva formalizzare il modello freudiano e in particolare la prima topica. Egli parte dalla prima
topica e pensa all’inconscio come una qualità relazionale e non come una zona della mente. Conscio (logica
razionale) e inconscio (logica emotiva) come modi di essere della mente che seguono due logiche differenti
(bi-logica).

Il sistema inconscio tratta una cosa individuale come se fosse un membro o un elemento di un insieme o
classe che contiene altri membri. I membri della classe diventano equivalenti. Inconscio come modo di
stare in relazione con il nostro contesto e con il nostro presente e che ci permette di connetterci in maniera
intuitiva e immediata senza porsi in maniera asimmetrica ogni volta. Inconscio diventa qualcosa di
pensabile e che viviamo emotivamente tutti i giorni, un’elaborazione emozionale della realtà contestuale e
primariamente sociale (stabilizzatore sociale).

NEOEMOZIONI

Secondo Carli, Si possono distinguere e classificare entro il loro progressivo specializzarsi e differenziarsi nei
contesti di convivenza. Modalità implicite secondo cui si organizza l’emozione (sinonimo di collusione o
simbolizzazione affettiva).

Possedere come macro-emozione è tutto ciò che appartiene alle neoemozioni ovvero utilizzare l’altro per
colludere. Più la collusione è specifica più scendiamo nel contesto. Usate per differenziarle dalle emozioni
primarie come reazioni fisiologiche. Servono per dare senso e scopo alla relazione, esistono solo nella
relazione e no sono caratteristiche dell’individuo. Sono un modo di organizzare la relazione su base
emozionale e non di realtà per raggiungere obiettivi identitari.

Le neoemozioni sono culture locali a cui un determinato contesto attribuisce implicitamente maggiore
salienza all’interno di vari repertori condividi a livello sociale più ampio, ovvero sono culture collusive che
organizzano implicitamente la relazione in specifici contesti. Mappe, idealtipi da contestualizzare non
sovrapponibili alla realtà.

Possedere l’altro per raggiungere i propri fini emozionali, negandone l’autonomia e l’estraneità. Possedere
con lo psicologo si ricerca lo psicologo per ristabilire la collusione che è venuta a mancare nel proprio
contesto.

Pretendere è una neoemozione che consente di dare potere all’identità fondata sul ruolo. Significa chiedere
qualcosa all’altro senza mettere in gioco la propria identità, competenza… Il pretendere con lo psicologo è
un procedimento a due vie dando importanza al ruolo e non alla competenza dello psicologo oppure da
parte del paziente che può pretendere in base al suo ruolo nella relazione con lo psicologo. Sin che dura la
pretesa non si costruisce uno spazio di riflessione.

Controllare-diffidare rappresentano modalità emozionali per stare nei contesti produttivi e non, senza
confrontarsi con la competenza propria e degli altri, senza confrontarsi con la realtà. Controllare con lo
psicologotest da parte del paziente sullo psicologo o controllo di un terzo sullo psicologo. Diffidare con lo
psicologochiede aiuto ma diffida della sua amicizia e competenza, convincere il diffidente è impossibile.
Bisogna accettare il controllo o la diffidenza e le provocazioni, ma saperla leggere in maniera non scontata
in modo da capire il motivo per cui esiste questo controllo e diffida all’interno della vita del paziente.

ESERCITAZIONE DA VEDERE SUL FOGLIO.

Provocare-Situazione A definizione di relazione di potere o di conflitto. Chi provoca vuole rovesciare le


regole del gioco esistenti e sostituirle con continue eccezioni alla regola, fondate sul potere del più forte.
Chi provoca utilizza l’altro per vivere le proprie emozioni, dipendenza dall’altro per definire sé stessi. Chi
provoca ha bisogno di un contesto competitivo e di sfida continua (non accetta indifferenza). Si provoca chi
è ritenuto più potente (non a caso Alex va da Paul, che secondo lui è il più bravo) e quindi in grado di
tollerare la provocazione.

Provocare con lo psicologoattacco al setting, parlare d’altro, dettare le condizioni del lavoro, sottolineare
che il lavoro non serve.

Regola della coerenza nel provocare: tra là e allora, narrazione e qui e ora.

Là ed allora:

 difficoltà a dare gli esami.


 viene su consiglio della madre/padre.
 padre/madre fanno lo stesso lavoro del figlio.

Narrazione:

 genitori come causa della difficoltà.


 ai genitori piacerebbe che facesse loro stesso lavoro.
 non vuole che gli paghino la terapia.

Qui e ora:

 diffidenza/controllo su competenza.
 su chi decide e chi no.
 su chi impone e chi subisce.

Domande esplicite e implicite:

 allearci contro i genitori,


 accusare/combattere imposizione dei genitori,
 non darla vinta ai genitori (non facendoli pagare, boicottando terapia ed esami),
 allearci con i genitori per rimettere su retta via il figlio, aiutarlo a passare esami,
 dargli degli strumenti per studiare,
 riconoscere competenza e ruolo.

Relazione o neoemozione:

 provocare (attacco alle regole o meglio a chi le decide),


 mettere in scacco lo psicologo e insieme i genitori, non dartela vinta. Risposta emotiva collusiva
mostrare qualifiche, ristabilire chi decide le regole.

Collusione e suo fallimento:

 rapporti famigliari sulla prioritaria definizione e gestione del potere nella relazione,
 la collusione non regge più ora che sta finendo il percorso di studi e con i cambiamenti che questo
comporta?
 Il desiderio di ribaltare i ruoli ha come esito la riproposizione della collusione che però fallisce,
 coinvolgimento di un terzo per produrre lo stesso gioco

Obiettivi intervento:

 Non trasformativi (fare esami o cambiare genitori) ma metodologici: attivare conoscenza e risorse
per creare nuove connessioni con il contesto.
 Rilevare incongruenza tra chiedere aiuto e depotenziarlo (vieni da me ma poi metti in discussione
tutto).
 Rilevare congruenza tra qui e ora e là ed allora.
 Rilevare il proprio contributo nella riproposizione della proposta collusiva.
 Rilevare sovrapposizione di contesti
 Venire qui è una sconfitta o fare esami è un cedere a qualcuno? Allora dobbiamo fallire. Possiamo
fare altro?

Anoressia nervosa, bulimia e obesità psicogena come alcune delle possibilità su cui costruire la
neoemozione del PROVOCARE. Nei disturbi alimentari, i soggetti riescono a non cedere ai bisogni biologici o
al contrario non riesce ad opporsi allo stimolo biologico. Dire al nostro corpo che siamo talmente forti
mentalmente da resistere al bisogno biologico, vuol dire sentirsi talmente superiori da saper vincere questa
sfida.

Altri disturbi associati alla neoemozione possono essere: disturbo d’ansia sociale, da disformismo corporeo,
esplosivo intermittente, oppositivo provocatorio, della condotta.

Disturbi della personalità associati invece possono essere quello narcisistico, antisociale, paranoide.

Lamentarsisituazione C: creazione di una relazione dove lamentarsi del fatto che gli altri non mi danno
abbastanza affetto, è centrale. È la parte passiva del pretendere, ma c’è anche una parte attiva distruttiva. Il
desiderio (di affetto/riconoscimento) viene trasformato in lamento o rabbia, impedendolo o delegando
tutto all’altro.

Il lamentarsi è un desiderio di possesso dell’altro che è fallito (anche quando aggredisco denuncio il
fallimento). Lamentarsi con un terzo evita di contrattare il desiderio con l’oggetto del desiderio. Obiettivo è
creare una relazione basata sulla delusione e non più il desiderio reale. È l’amara denuncia che l’altro è
diverso da quello che si vorrebbe, è già una resa. L’oggetto del lamento non è mai preciso, è totale così che
sia impossibile.

Lamentarsi con lo psicologo si domanda di essere accettati nel proprio lamento ma nell’impossibilità di
fare alcunché. Chi si lamenta è un paziente ideale, alla ricerca di terapeuti affettuosi (ma incompetenti
perché l’obiettivo neoemozionale deve rimanere quello di cercare affetto che non soddisferò mai).
Invasione di emozionalità, dispersione e impotenza funzionali alle premesse (il fine non è risolvere ciò di cui
si lamenta, ma ottenere riconoscimento/accettazione e certificare l’impossibilità di ottenerla). Non
ascoltare rinnova l’abbandono, ascoltare rende complici: ascoltare per dare senso alla richiesta, riprendere
contatto con la realtà della relazione, riprendere delega (tutta la vita di questi pazienti si appoggia sugli
altri).

Là ed allora:

 Difficoltà a dare gli esami


 Alla fine si ritira dall’esame
 Chiede terapia supportato da amica
 Condivide con amica i momenti di scoraggiamento

Narrazione:

 Nonostante sforzi non riesce a rendere come vorrebbe


 I genitori non lo capiscono e non lo capirebbero
 Non lo sostengono abbastanza
 Per loro è un peso e una delusione

Qui e ora:
 Triste e scoraggiato
 Chiede comprensione per aumentare autostima

Domande:

 Dammi supporto e rafforza la mia autostima


 Condividi con me giudizio su non supporto e sfiducia dei genitori
 Rendimi amabile ai loro occhi, sii amico con cui sfogo il mio scoraggiamento

Relazione o neoemozione:

 Si lamenta di sé e degli altri


 Comunica impotenza, scoraggiamento e disperazione
 Dammi tu soluzione anche se non ci credo che tu lo possa fare
 Consolatore, colmatore… genitore buono

Collusione e suo fallimento:

 Conclusione del percorso universitario come possibile cambiamento nella relazione coi genitori, che
non permette più di sentirsi di peso e trascurato?
 L’amicizia si fa più stretta e impone cambiamenti negli affetti e per questo bisogna bloccare tutto?

Obiettivi intervento:

 Non trasformativi, ma metodologici e conoscitivi rispetto al proprio modo di vivere l’affetto e il


riconoscimento
 Rilevare sovrapposizione di contesti: il supporto e l’autostima che senti mancare sono connessi con
quello che chiedi in terapia?
 Evidenziare la delega della soluzione all’altro per costruire con posizione attiva le relazioni che per
questo divengono soddisfacenti
 Differenziare la relazione terapeutica delle altre relazioni: per supporto e consolazione c’è amica/o

DSM

Scopo del DSM: assistere clinici esperti nella diagnosi dei disturbi mentali dei propri pazienti come parte di
una valutazione della formulazione del caso che conduce a un piano di trattamento costruito su tutte le
informazioni disponibili per ciascun individuo.

Il DSM assiste nella diagnosi in quanto si pone come strumento utile a fornire una nomenclatura uniforme e
condivisa a livello internazionale (agevola la comunicazione tra scuole diverse di pensiero), nata da un
approccio ateoeretico e nosografico-descrittivo (osservo segni e sintomi del paziente e li categorizzo).

Clinico esperto: è necessario sia abile nel sapersi orientare verso un determinato gruppo di disturbi mentali
e nel distinguere le cause dovute ad effetti fisiologici di sostanze o farmaci.

Disturbo mentale: sindrome (insieme di sintomi) caratterizzata da un’alterazione clinicamente significativa


della sfera cognitiva, della regolazione delle emozioni o del comportamento di un individuo, che riflette una
disfunzione dei processi psicologici, biologici o evolutivi che sottendono il funzionamento
mentaleemergono aspetti prettamente medici come il concetto di disfunzione e normalità. I disturbi
mentali sono solitamente associati a un livello significativo di disagio o disabilità in ambito sociale,
lavorativo o in altre aree importanti.
Non è disturbo mentale una reazione prevedibile o culturalmente approvata a un fattore stressante o una
perdita comuni, come la morte di una persona cara.

DIAGNOSI: Esperienza soggettiva Categoria diagnostica. (processo medico)

FORMULAZIONE DEL CASO: Modello teorico di riferimento Esperienza soggettiva. (processo più
prettamente tipico dell’analisi della domanda).

Introduzione DSM-5:

 Sono necessarie diagnosi affidabili per orientare le indicazioni terapeutiche, definendo i tassi di
prevalenza per la pianificazione dei servizi di salute mentale, identificare i gruppi di pazienti per la
ricerca clinica e di base, e di fornire importanti informazioni di salute pubblica, come i tassi di
mortalità e di morbilità. (obiettivi più statistici che relazionali o psicologici).
 I sintomi nei nostri criteri diagnostici sono parte di un repertorio limitato di risposte emotive a
fattori stressanti interni ed esterni che sono generalmente mantenuti in un equilibrio omeostatico
senza uno scompenso del normale funzionamento. (distinzione chiara tra ciò che è patologico e
cosa non lo è).
 La diagnosi di un disturbo mentale dovrebbe avere utilità clinica: dovrebbe aiutare i clinici a
stabilire prognosi, piani terapeutici e risultati potenzialmente attesi dal trattamento per i propri
pazienti. (interpretazione deterministica e neopositivista del trattamento).

Valutazione multiassiale -> assi sono sezioni del manuale

ASSE I – disturbi clinici (riguardano un solo problema)

- Disturbi mentali dovuti ad una condizione medica generale


- Schizofrenia
- D’ansia
- Dell’umore
- Dissociativi
- Alimentazione
- Altri disturbi oggetto di attenzione clinica

Nell’ASSE II troviamo disturbi di personalità descritti come pattern pervasivi della totale personalità e di
mal funzionamento a livello sociale ecc.

Sono divisi in cluster

CLUSTER A: eccentrico/bizzarro

CLUSTER B: Drammatico/emotivo/ esplosivo

CLUSTER C: ansioso/timoroso
L’ossessivo compulsivo diverso da disturbo ossessivo compulsivo di personalità.

ASSE III -> condizioni mediche generali. Mette in evidenza patologie mediche rilevanti. Evidenziare relazioni
causale tra disturbi di ASSE III e uno di ASSE I.

ASSE IV-> problemi psico-sociali ed ambientali (abitativi, lavorativi ecc)

ASSE V-> punteggio da 1 a 100 sul funzionamento globale del soggetto. Ci sono definizioni predefinite.

Rielaborazione formale del DSM-5

 Una delle principali problematiche della categorizzazione della psicopatologie è il confine non
sempre chiaro tra alcune di esse. Molte categorie condividono sintomi e fattori di rischio che
rendono la distinzione di esse inappropriata. Con il DSM-5 viene proposto un approccio
dimensionale alternativo, che mira ad una categorizzazione fondata sull’identificazione di
dimensioni psicopatologiche.
 In quest’ottica gli assi I,II,III sono stati fusi a favore di una diagnosi più complessiva.

 La fusione tra gli assi non è avvenuta del tutto perché i disturbi di personalità hanno un loro
capitolo a parte.
 Il disturbo ossessivo-compulsivo non è un disturbo d’ansia ma piuttosto una conseguenza.
 Sono macro categorie all’interno ci sono le vere diagnosi

Per ogni categoria ci sono dei criteri da soddisfare con presenza/assenza. 5 o più sintomi per almeno 2
settimane. Alcuni molto più presenti di altri.

Se sintomi causano disagio clinicamente compromissivo.

Non devono essere collegati a farmaci.

Modello alternativo per i disturbi di personalità

- I disturbi di personalità sono caratterizzati da compromissioni del funzionamento della personalità


e da tratti di personalità patologici
- Sono descritti da questo modello il disturbo antisociale, evitante, borderline ecc
- Può essere formulata una diagnosi di disturbo di personalità tratto-specifico -> viene fatto ad hoc.

DIAGNOSI CASO ALEX CON DSM

 Episodi tragici: bombardamento scuola, morte cardiaca


 Presuntuosità, saccenteria

Disturbo post traumatico da stress-> NO

Disturbo narcisistico di personalità -> SI

Disturbo antisociale-> NO

LIMITE DEL DSM

- Poco utile per formulazione dei casi clinici


- Priorità alla coerenza interna
- Sintomi descritti come stabili
- Non tiene conto delle risorse
- Fattore di etichettamento
- Comorbilità e problema del criterio presenza/assenza
- Distinzione asse I e II.

SWAP

Valutazione dei tratti e degli stili sani e patologici, della personalità tramite una procedura che colmi il gap
tra la pratica clinica e la ricerca empirica.

Tratti

- non intesi come tratti stabili, acontestuali e a carico dell’individuo ma come delle tendenze a
reagire in modi specifici e relativamente stabili a situazioni intrapersonali e interpersonali
- In ottica dimensionale, tratti comparati con criteri diagnostici

4 domini funzionali :

 Motivazioni, standard ideali, valori morali


 Stili cognitivi ecc
 Rappresentazione di sé
 Sviluppo di questi domini

Una volta che abbiamo dato un punteggio ai tratti e stili, questi vengono paragonati con prototipi
diagnostici, di due tipi:

1. Personality discorderei dal DSM


2. Prototipo di alto funzionamento
L’innovazione è l’introduzione di fattori Q-> dipende dal modo in cui vengono attributi i punteggi. I termini
sono gli stessi del DSM ( ossessivo, paranoie ecc). Ciò che differenzia i due prototipi diagnostici è il modo in
cui sono stati creati: a dei clinici è stato chiesto di descrivere le categorie diagnostiche con i punti da
attribuire nel tentativo di distinguere una categoria astratta di disturbo. Nel secondo caso è chiesto di
pensare ad un proprio paziente a cui era stata fatta una diagnosi e di descriverlo. Primo caso molto astratto,
nel secondo caso concreto di persone.

Sono stati creati 7 fattori Q

Sono 200 item a cui si assegna un punteggio da 0 a 7. Si assegna un punteggio non in base a criteri di
assenza/presenza ma in base a quanto quel tratto descrive il paziente rispetto agli altri.

Per i 200 item c’è una divisione precisa dei punteggi. A 100 item bisogna dare 0 punti, a 8 item 7 punti ecc.

L’attribuzione fissa è limitante.

Procedura prototype- matching

Vedere quanto una descrizione prototipica si avvicina ai soggetti.

SWAP-CASO DI ALEX

 Messo in luce molti tratti narcistici di Alex all’item si aspetta di essere perfetto (6/7). Si sente
privilegiato (punteggi elevati), si sente importante.
 Punteggio basso -> tende ad esprimere affetti adeguati.

ESERCITAZIONE 31/03/2021

Domande esplicite: relative al sintomo

Domande implicite: l’obiettivo emozionale che ha mosso il soggetto a richiedere l’intervento dello psicologo
e ad includerlo nel proprio contesto relazionale.

Fallimento collusivo: si tratta di uno o più eventi specifici che hanno messo in crisi il sistema collusivo
basato sulla neoemozione principale

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