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Il colloquio nel Counseling

ad indirizzo Psicobiologico

Dr. GUIDO A. MORINA


Università Popolare di Scienze della Salute Psicologiche e Sociali (UNIPSI)
“Attingendo alla mia grande padronanza
della lingua, non dissi nulla”
Arthur Beckley

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Cosa non è il colloquio nel counseling
• una conversazione
• una discussione
• un’ intervista
• un interrogatorio
• un discorso dell'intervistatore
• una confessione
• una anamnesi
• non mira a una diagnosi.
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Cos’è
Nel counseling esso non è concepito come
strumento perché non è funzionale a nessuno scopo
concreto: il colloquio è soltanto il terreno di incontro
che consente al counselor di comprendere i qualia
della vita della persona, cioè quelle qualità proprie
dell’esistenza di ognuno che non possono essere
comprese e conosciute se non vivendole, e per
viverle esse richiedono una partecipazione empatica
e non solo freddamente cognitiva alla relazione.
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Scopi

Quando parliamo di modificazione della personalità


del cliente non intendiamo una azione strutturata e
finalizzata direttamente a produrre tale
trasformazione, quanto una relazione assolutamente
priva dell’intenzione e della finalità di produrre un
cambiamento in una direzione prefissata, ma solo
quello che spontaneamente possa emergere dalla
dinamica della relazione stessa e che il counselor non
conosce a priori
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Il problema

“La formulazione di un problema è molto più essenziale della


sua soluzione, che può essere effettuata con una semplice abilità
matematica o sperimentale. Porre nuove questioni, nuove
possibilità, considerare vecchi problemi da un nuovo punto di vista
è qualcosa che richiede un’immaginazione creativa e segna un reale
progresso nella scienza”.

A. Einstein e L. Infeld, The evolution of fisics, Simon and Schuster,


1938, citato da Maslow, 1973, p.59.

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Alcune regole pratiche.
★ Primo contatto
★ Setting e agio del cliente
★ Abbigliamento
★ Sorriso
★ Ritardo (del cliente e del terapeuta)
Tutti questi aspetti vanno valutati con la massima attenzione sulla base
della propria sensibilità, personalità ed esperienza, ma facendo
riferimento anche ai suggerimenti e agli stimoli contenuti nel manuale
contenuto nel prossimo ciclo di lezioni.
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Sguardo

“L’accoglienza fredda e impacciata di Don Abbondio,


quel suo parlare stentato e insieme impaziente, quei due
occhi grigi che, mentre parlava, erano sempre andati
scappando qua e là come se avessero avuto paura di
incontrarsi con le parole che gli uscivano di bocca”.

A. Manzoni, I promessi sposi


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Meta significato
“Papà, tutti i miei compagni hanno una bicicletta”.

La risposta limitata al significato letterale e razionale può essere:

“Non lo sapevo”, oppure,

”Non è possibile, qualcuno non l'avrà di sicuro”, oppure

“che cosa me ne importa?”.

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Meta significato

Invece il significato è:
•vorrei una bicicletta
•voglio essere come gli altri
•non mi sento pari agli altri
•non oso chiederti di comprarmi la bici
•non mi sento a mio agio con te al punto di provare imbarazzo
e paura a manifestare i miei problemi e le mie esigenze o
desideri.
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Meta significato

Nel counseling psicobiologico, la relazione


comunicativa deve essere condotta dal
counselor attraverso la ricerca continua del
significato più profondo della relazione stessa
che egli sia in grado di cogliere.

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Il problema
Il problema (il disagio, il disturbo, la malattia) non va compreso per
le sue caratteristiche oggettive (diagnosi medica o psicologica) e
tantomeno per la sua salienza rispetto all’esperienza del counselor.

Il problema va compreso per


quello che significa per il
cliente.
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Il problema
Non importa quanto sia ovvio PER NOI, quanto
sia incomprensibile, assurdo, ridicolo, banale,
facilmente risolvibile, PER NOI.
L’importante è che il counselor sia capace di
viverlo per come lo sta vivendo il cliente, con i
suoi precedenti e il suo contesto, altrimenti la
seduta non può procedere.
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Il problema
Attenzione! Sebbene i clienti si rivolgano al counselor perchè
spinti da una situazione negativa, di disagio, di incertezza, o
persino da un malessere, non è ad essi che si rivolge l’attività
professionale del counselor psicobiologico.
Lo psicologo, che utilizzi o meno l’approccio del counseling, si
occupa di problemi e disagio per risolverli.
Il counselor psicobiologico deve gestirli, ma solo nel senso che
essi sono lo spunto per portare il cliente a un nuovo e diverso
livello di consapevolezza in ordine sl significato della sua vita,
non per combattere patologie, malessere o disagio psichico, e
tantomeno per risolvere problemi al posto del cliente.
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La Restituzione
La relazione di counseling è una relazione di tipo comunicativo, e
quindi richiede la reciproca e consapevole intenzione che
l’interlocutore divenga consapevole dell’intenzione comunicativa
dell’altro.

In altri termini, il significato che il counselor ricava dall’interazione


col cliente deve essere sottoposto al vaglio di quest’ultimo, e poi
rielaborato. In ciò consiste la “restituzione”, la quale, quindi, non
è qualcosa di simile alla consegna di un pacco postale o di un
referto diagnostico, ma solo una proposta di interpretazione.
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Mucchioli riferisce quello che Rogers, in “ Comunicazione,
blocco e facilitazione” (1951), definisce in proposito un vero
e proprio esperimento scientifico:
"Voglio proporvi un piccolo esperimento di laboratorio
che potrete tentare per saggiare la qualità della vostra
comprensione.

La prossima volta che avrete una discussione con vostra


moglie, o con un vostro amico, o con un gruppetto di
amici, fermate la discussione e, per esperimento, ponete
questa regola: che ognuno non possa esprimere la propria
argomentazione se non dopo aver preliminarmente
riesposto le idee e le sensazioni dell'interlocutore con
esattezza e con la conferma di costui...
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... Questo vorrebbe dire semplicemente che, prima di
presentare il proprio punto di vista, sarebbe necessario
assimilare il quadro di riferimento dell'interlocutore, per
comprendere le sue idee e le sue sensazioni, così da
essere in grado di riassumerle al posto suo. Semplice,
vero? Ma, se fate la prova, scoprirete che è una delle
cose più difficili che abbiate mai tentato di fare."

Noi sentiamo ma non ascoltiamo. L'ascolto comprensivo


è, come la capacità di osservazione, un processo che
avviene qui e ora, ed è la chiave del colloquio di aiuto.
(Mucchioli, 1983, p.41).
La fase della restituzione del
significato
Durante il colloquio il counselor dovrebbe
interrompere la narrazione o la risposta del
cliente solo in due casi:
•se non ha sentito o capito ciò che il cliente ha
appena detto o ha bisogno di un chiarimento.
•per dirigere il colloquio verso aspetti cruciali la
cui analisi non può essere rimandata.

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La fase della restituzione del
significato
La tecnica della riformulazione, se ben applicata, può essere uno degli
strumenti più utili allo scopo. Essa consiste nel ripetere con altre parole, in
maniera più concisa e più chiara, ciò che l'altro ha appena detto. Gli scopi
che ci si prefigge tramite la riformulazione, più in dettaglio, sono i seguenti:

• riconoscere sentimenti e significati che la persona sta esprimendo


• lasciar esprimere alla persona il suo punto di vista
• accettare il contenuto soggettivo, il punto di vista della persona
• ricollegare la situazione alla sua responsabilità, escludendo nel contempo
la sua colpevolezza.
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Riformulazione
• la riformulazione “riflesso” è la forma più semplice, e consiste in pratica in una
“risposta eco” oppure, preferibilmente, con altre parole;

• la riformulazione “riassunto”, quella più frequente nel corso del colloquio,


mediante la quale il counselor cerca di riassumere, insieme col cliente, i termini
del problema in forma sintetica.

• La riformulazione “per eccesso” consiste invece nel proporre la stessa


affermazione del cliente portandola alle sue estreme conseguenze. Per esempio,
alla affermazione mi sembra di ingrassare ogni giorno di più, rispondere: “quindi
si sente obesa”.

• La riformulazione provocatoria: “Mi sembra che gli altri non mi capiscano”:


“quindi non sono intelligenti come lei’, oppure, quindi sono tutti insensibili?
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Primo colloquio

Dopo aver messo a suo agio il cliente, è importante conoscere la


motivazione (perché il cliente si è rivolto a noi, chi l’ha mandato?)

L’Anamnesi, in medicina e psicoterapia è rivolta a conoscere, dei


seguenti fatti, solo quelli che possono servire a formulare una
diagnosi di patologia. Per il counseling si tratta di una analisi rivolta
alla conoscenza della persona sotto gli aspetti storici, personali,
medici, circa la famiglia d’origine (costellazione familiare: figlio
maggiore, minore, unico), la scuola e il lavoro.

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Primo colloquio
• quando ha iniziato a parlare
Se possibile, cioè se il cliente e camminare,
è in grado di fare un
resoconto sintetico e chiaro • nido, materna, primo ricordo
(piacevole o spiacevole?)
della propria vita, è
importante conoscere fin dal • ospedalizzazioni,
primo colloquio le tappe di
sviluppo: • scolarizzazione e socialità,
• che tipo di bimbo è stato, per • giochi,
vedere se c’è blocco dello
sviluppo e regressione a • mestruazioni,
comportamenti infantili)
• relazioni affettive,
• gravidanza, par to,
svezzamento, • lavoro, relazione con colleghi
e capo.
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Primo colloquio

•esame obiettivo (postura, linguaggio, come si


presenta, puntualità, abbigliamento, dinamica)

•eventuali test psicobiologici (locus test)


•sintesi diagnostica: area cognitiva, affettiva,
relazionale.

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Narrazione
Nel momento in cui il cliente si rende conto di
essere accolto e di potersi fidare del terapeuta, il
suo eloquio spesso si trasforma in un flusso di
informazioni simile a un fiume in piena, rispetto al
quale l’esperienza del counselor deve trovare il
modo di contemperare l’esigenza di lasciar libero
il cliente di esprimersi con quella di frenarne
l’impeto, che condurrebbe altrimenti a prolungare
la seduta oltre limiti ragionevoli.
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Informazione, non azione
Aspetto distintivo dell’attività del counselor rispetto
a quella del medico o del terapeuta, i quali devono
sempre concludere la loro attività con una diagnosi
precisa.
Il counselor, invece, sottopone al cliente un
suggerimento relativo a un altro punto di vista,
argomentando le sue affermazioni, ma non
presentandole come principi assoluti.
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Sintesi
•ascoltare con metodo e professionalità empatica il cliente
•aiutarlo a individuare e ad esprimere i diversi aspetti del
suo problema

•aiutarlo a comprendere le radici più profonde della sua


personalità, là dove nasce il problema

•evidenziare le risorse, i fattori, i rapporti che daranno al


cliente una nuova comprensione di sé stesso e metterlo
così in grado di risolvere il problema.
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Trasformazione della
personalità
Il counselor non ha la funzione di promuovere
tale trasformazione della personalità attraverso un
intervento attivo a fianco del cliente, ma
specialmente quello di mostrare a quest’ultimo gli
ostacoli che si frappongono al raggiungimento
della meta. Da questo punto di vista, la metafora
del counselor come guida ci sembra molto
azzeccata.
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Suggestione
La trasformazione della personalità del cliente, quindi, più
che attraverso consigli e suggerimenti improntati al buon
senso, passa attraverso la tecnica della suggestione, intesa
come presentazione di possibili alternative al modo di vedere
la realtà attuale da parte del cliente.
Si tratta, cioè, di lanciare vere e proprie esche psicologiche,
osservando attentamente le reazioni del cliente, il quale potrà
“abboccare” a qualcuna, ma non ad altre. Tali suggestioni
implicano una certa capacità di visualizzazione da parte del
cliente, capacità che il counselor potrà sviluppare nei soggetti
predisposti.
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Suggestione
Si tratta cioè di prospettare al cliente la visione di
determinati aspetti del suo problema da un punto di vista
che egli non ha mai preso in considerazione, ma che pure
esiste, e poi cercare insieme quali ostacoli si frappongono
all’adozione di esso.
In questo modo, il cliente è costretto, magari per la prima
volta nella vita, a mettere in dubbio le proprie convinzioni o
credenze, e a osservarsi per quello che realmente è.
Naturalmente, le alternative che prospettiamo devono
essere costruttive e realizzabili.
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Strategie

“Per quanto si dica e si faccia, un essere


umano non modificherà mai il proprio
modello di personalità fino a che non ne
sia costretto dalla sofferenza”.
(May, 1991, p. 98)
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Ignoranza e autoinganno
Il disagio e la sofferenza psicologica (e le loro conseguenze sul piano
fisico) nascono dall’ignoranza del problema e delle sue sfaccettature
ed implicazioni: la persona non è in grado di conoscere i termini del
problema e quindi di comprenderlo, per cui, non avendo neppure la
possibilità di affrontarlo, è costretta a creare una serie di schemi fittizi
e illusori di interpretazione della realtà.

Se l’inganno in cui il cliente si lascia avvolgere, come estrema quanto


irrazionale forma di difesa, viene smascherato con l’aiuto del
counselor, egli si troverà di fronte al problema correttamente
formulato e rappresentato, e non potrà far altro che cercare di
comprenderlo e risolverlo secondo regole corrette e non ingannevoli.
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Provocazione
In estrema sintesi, si tratta di una tecnica la quale,
anziché agire sugli aspetti positivi che ci si aspetta
dal cambiamento, si tratta di far leva su quelli
negativi legati alla stasi, mettendo il cliente, che non
riesce a trovare una sufficiente motivazione
all’azione nella prospettiva di un ipotetico
miglioramento, di fronte invece alla prospettiva
reale di ciò che lo aspetta perseverando ed
enfatizzando il comportamento scorretto.
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Scenari

Se il problema del cliente è il sovrappeso, per esempio, ma


egli non ha nessuna motivazione né intenzione di cambiare
stile di vita, è utile prospettargli, con la sua collaborazione,
lo scenario che lo aspetta, con una avvertenza: non si
commetta l’errore di illustrargli solo gli aspetti negativi, ma
li si elenchi con freddezza insieme con quelli positivi.
In concreto, occorre far visualizzare al cliente, seguendo le
sue istruzioni e dandogli solo alcuni suggerimenti, quale
possa essere il suo scenario di vita nei successivi cinque
anni, per esempio. Occorre fargli rappresentare questo
scenario come un vero e proprio film, con tutti i particolari.
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Visualizzazione
In concreto, occorre far visualizzare al cliente, seguendo le
sue istruzioni e dandogli solo alcuni suggerimenti, quale possa
essere il suo scenario di vita nei successivi cinque anni, per
esempio. Occorre rappresentare questo scenario come un
vero e proprio film, con tutti i particolari: è necessario che il
cliente abbia una visione la più realistica, vivida, dettagliata
possibile dei possibili scenari che la vita gli pone davanti. Ma,
ripetiamo, questi scenari non gli devono mai essere imposti,
ma devono essere quelli che egli stesso considera realistici e
inevitabili.
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Visualizzazione

È solo nel confronto tra i possibili scenari, alcuni


brutti e tristi, altri meno, che egli potrà riportare a
sé la responsabilità della propria salute.
Il risultato che si vuole ottenere non è quello di
convincere dall’esterno il cliente a modificare il
proprio stile di vita, ma quello che sia il cliente
stesso a volerlo fare.
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Provocazione
La provocazione, di solito, si esprime concretamente nel suggerire una
rappresentazione simbolica della realtà portata all’eccesso. Si tratta,
anziché di vietare un certo comportamento, di permetterlo ma
vivendolo con la massima intensità possibile: per esempio, la persona
che lamenta la sua paura o disagio nei rapporti con gli altri, ma che non
riesce ad accettare la necessità di un’ analisi del suo problema e di
affrontarlo, può sottoporsi alla cura seguente: scegliere due giorni
della settimana in cui isolarsi totalmente dal mondo, chiudendosi in
casa, al buio, staccando i telefoni e rinunciando ad ogni contatto col
mondo esterno.

Ciò è utile se il cliente approfitta di questo esperimento per guardarsi


dentro e valutare con la massima profondità di indagine introspettiva le
sensazioni, le emozioni, i pensieri che lo accompagnano durante
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Coraggio

“Si dice che il cliente dovrebbe uscire dallo studio del


counselor più contento di quando vi è entrato [...].
Il cliente dovrebbe in genere uscire dallo studio più
coraggioso, ma coraggioso pur con la dolorosa
consapevolezza che la sua personalità va trasformata”
(May, 1991, p.100).

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Il secondo elemento
Si tratta, in altre parole, di raccogliere sufficienti risorse di
interesse per rivolgerle verso il perseguimento di obiettivi sani.
Questo dirottamento di energie avrà come necessaria
conseguenza quella di sottrarre energie che erano fino a quel
momento assorbite da interessi “insani”, ma senza creare una
crisi di astinenza, perché la carica vitale del cliente non è stata
ridotta, ma solo distribuita diversamente.
In tutto questo, occorre che questo secondo elemento non sia
inserito artificialmente dall’esterno all’interno dello stile di vita
del cliente.
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fenomenologia, ermeneutica,
causalismo
“Guarda come piove! Le foglie dell’albero davanti a casa sono
cadute tutte da un giorno all’altro!”

Reazione:” le previsioni l’avevano detto”, oppure, “certo, è


autunno!”

Noi dobbiamo prima lasciare spazio all’esperienza di vita


dell’altro, e non sottoporgli immediatamente la risposta
razionale: sentire cosa significa quell’esperienza, viverla insieme
al cliente, lasciarsi trasportare da essa, poi cercare insieme la
causa e un significato.
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Riepilogo

Gestire il silenzio, lasciare sfogare il dolore.


Gestire la tendenza al Locus esterno del cliente:
l’ho fatto per causa di, sostituito da:
l’ho fatto al fine di..
Chiedersi sempre, quando si afferma qualcosa,
se e quanto ci fa comodo credere in essa.
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Riepilogo
Principi generali Metodi e tecniche

Riportare tutto a zero, togliere al • Gestione del silenzio, ascolto


cliente, dopo che si è sfogato, le sue partecipante.
sovrastrutture, portare il cliente dal
caso personale a quello universale, • non riportare il caso esposto dal
togliergli la presunzione di essere cliente alla propria esperienza, ma
unico, cercare di alternare analisi di collocarla sempre in senso universale
esperienze negative con ricerca di
quelle positive. • far esporre il problema, poi cercare
di farglielo descrivere in termini di
bisogni e paure universali

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Domande
Legami: “Cosa è disponibile ad abbandonare per cambiare vita?

Casa, famiglia, città, lavoro ecc.?

Cosa è disposto a rinunciare o quale sacrificio e a che scopo?

Per quale motivo vale la pena vivere, secondo lei?

Quali conquiste può rivendicare nella sua vita? (cosa ha cambiato in


meglio)

Non esitate a chiedere “cosa significa” e a interrompere il cliente se


non capite. Il terapeuta deve capire immedesimandosi e non con
comprensione solo razionale.
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Riepilogo
Chiedere sempre perchè una persona si è arrabbiata o ha fatto qualcosa.
Finché non si è consapevoli del motivo per cui ha agito, si è preda
dell’irrazionalità: chiedere sempre cosa c’è dietro, aiutando il cliente a
mettersi nei panni della persona che gli crea problemi, perchè agisce in un
certo modo, cosa la spinge e cosa la attira.

Cosa c’è dietro ogni affermazione data per scontata: non dare mai niente
per scontato.

Non dare istruzioni di fare qualcosa quando si è in una situazione diversa da


quella che si dovrà affrontare (inizio la dieta lunedì, ma adesso vado in
trattoria con gli amici).

La psicobiologia non è analisi ma creazione, la terapia è creazione di una


nuova visione della realtà che nasce dall’incontro.
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Riepilogo
Mettersi nei panni dell’altro e fare domande come se si fosse il cliente, per
esempio, al cliente in sovrappeso:

“Io mi sento a disagio a essere sovrappeso, mi vergogno”. Il cliente è


costretto a esprimere il suo stato d’animo, confortato dall’apertura di
fiducia verso di lui da parte del terapeuta.

Ricordare che la restituzione è un procedimento scientifico oggettivo: non


si restituisce un fatto o una diagnosi, ma una impressione personale, la
quale è vera per chi l’ha vissuta. Restituite sempre al cliente l’impressione
che ricavate dalle sue parole, nella maniera giusta: nessuno può contestarvi
una sincera impressione.

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“La speranza ha due bei figli: la rabbia
e il coraggio.
La rabbia, nel vedere come vanno le
cose.
Il coraggio, di vedere come potrebbero
andare.”

Sant’Agostino.
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