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Primo Modulo

Introduzione al counseling

ASPIC
Associazione per lo Sviluppo Psicologico dell’Individuo e della Comunita

COUNSELING - DEFINIZIONE
Il counseling professionale e un’attivita il cui fine e quello di garantire il miglioramento della
qualita di vita e del benessere del cliente, a partire dai suoi punti di forza e dalle sue risorse che
ha gia in se. Rinforzando le capacita di scelta e cambiamento, il counselor accompagna il cliente
(mettendosi al suo fianco in questo percorso) offrendogli un spazio sicuro di ascolto e
riflessione ed esplorando le sue difficolta e fragilita. Puo essere rivolto al singolo, alle coppie,
alle famiglie, ai gruppi e in vari ambiti come quello privato, aziendale, sanitario o scolastico.

COUNSELING - STORIA
Il counseling nasce negli USA intorno al 1920, arriva in Europa intorno agli anni 30 (per
l’esattezza in Gran Bretagna) e in Italia una definizione di competenza del counseling arriva
negli anni 80. Viene riconosciuta come professione solo nel 2013 con la legge 4/2013 e ancora
oggi non e una professione regolamentata.

DIFFERENZA TRA COUNSELING E PSICOTERAPIA


La Psicoterapia e rivolta al passato, si occupa della ristrutturazione di personalita, agevolando
la rielaborazione e la ricucitura di ferite e traumi del passato. Si indaga il mondo intrapsichico
del paziente e si lavora sui deficit del paziente.

Il Counseling e rivolto al presente in prospettiva del futuro, e un percorso breve (10-15 incontri)
e si lavora per obiettivi specifici. Il counselor conosce la storia del cliente, vede il suo passato
ma non ci entra, si posiziona nel presente di fianco al cliente e con lui si rivolge al futuro. Il
counselor tiene conto del contesto ambientale specifico del cliente e delle risorse che mette in
campo.

MODELLO PLURALISTICO INTEGRATO


Il modello pluralistico integrato e basato sul presupposto che la realta non ha un’unica lettura,
esistono diversi punti di vista e lo stesso fenomeno puo essere analizzato attraverso teorie
differenti.

Per PLURALISMO si intende che esistono metodi terapeutici diversi per teorie e prassi.
Le teorie hanno tutte la stessa importanza e dignita, sono tutte ugualmente valide e quindi tutte
possibili strade percorribili per “leggere” il nostro cliente. Nello specifico esso trae le sue origini
dalla FENOMENOLOGIA e DALLA PSICOLOGIA UMANISTICA.

La fenomenologia (Husserl-Hegel) e una disciplina filosofica che studia i fenomeni per come
questi si manifestano e studia come essi appaiono al soggetto.
- Sospensione del giudizio;
- Esistenza di molteplici verita.

La psicologia umanistica (Maslow-Rogers) individua nella crescita e nell’affermazione di se le


spinte principali del comportamento umano e il senso di autostima dello stesso e il presupposto
fondamentale dell’equilibrio personale. La persona e dunque vista nella sua interezza, sono
valorizzate l’autorealizzazione, la creativita, la dignita e il potere personale di ciascuno.
Il M.P.I. include
- Elementi di Gestalt
- Elementi di analisi transazionale
- Elementi cognitivo comportamentali
- Elementi di terapia centrata sul cliente
- Elementi di approccio corporeo
- Elementi di elementi provenienti dal modello sistemico.
- Elementi dell’immaginario e dell’espressione creativa.

ORIGINI DELL’INTEGRAZIONE
L’integrazione in psicologia e nel counseling ha lo scopo di far interagire diversi modelli che in
questo modo arricchiscono maggiormente il lavoro del counselor con il proprio cliente: nessuna
teoria psicologica e superiore alle altre o e piu efficace, tutte hanno del potenziale e uguale
dignita.

Esistono tre tipologie di integrazione:


1. Eclettismo tecnico: il counselor seleziona gli interventi piu adatti al suo cliente, prendendo
elementi dalle diverse teorie.

2. Integrazione teorica: da diversi modelli di partenza il counselor ne crea uno nuovo adatto al
suo cliente.

3. Fattori comuni transteorici: tutti i metodi condividono fattori determinanti per la buona
riuscita del percorso. Tra i piu importanti troviamo
- L’alleanza operativa, che e determinante per il successo della relazione di counseling;
- L’ambiente esterno, che da senso a tutte le relazioni, anche a quella tra counselor e
cliente;
- Il tempo, che e la dimensione invisibile della relazione (il qui ed ora).

IL COUNSELOR INTEGRATO
Anche il counselor sperimenta su se stesso una forma di integrazione tra:
- Il sapere (livello cognitivo): include studio e impegno, per possedere una base di
conoscenze a livello teorico
- Il saper fare (esperienza): passa per l’applicazione a livello esperienziale di cio che si
appreso in linea teorica.
- Il saper essere (crescita personale): e la “competenza trasversale” che unisce il
professionista al proprio essere persona, con le sue capacita e limiti.
Secondo Modulo
Il colloquio nella relazione d’aiuto

GLI ELEMENTI DEL COLLOQUIO


Gli elementi fondamentali che caratterizzano un colloquio nella relazione di aiuto sono:
- Modalità di conduzione: il counselor deve avere il proprio stile ed essere coerente con
se stesso nella conduzione del colloquio, non deve mascherarsi.
- Paradigma di riferimento: per gli studenti ASPIC il paradigma di riferimento ad esem-
pio e la Gestalt.
- Scopo del colloquio: l’obiettivo degli incontri che viene definito con il cliente.
- Motivazione del cliente: qualche motivazione di solito c’e sempre ma non per forza e
sufficiente (normalmente i primi tre incontri servono per definire il contratto, ma anche
per capire se il cliente se la sente ed e abbastanza motivato per iniziare il percorso).
- Alleanza operativa: si intende la capacita del counselor e del cliente di lavorare
insieme in una relazione di collaborazione basata sulla fiducia reciproca, sul le-
game e l’impegno al lavoro nella relazione di aiuto.
- La cornice: e lo spazio dell’incontro o di lavoro.

ABILITÀ FONDAMENTALI DEL COUNSELOR


Le abilita fondamentali del counselor sono:
- Autenticità, il counselor e autentico con il cliente, mostrandosi così com’e e senza so-
vrastrutture che ne descrivono una persona completamente differente.
L’autenticita si realizza in due livelli:
o Intrapersonale (il counselor e capace di far emergere nella propria coscienza
qualsiasi stato d’animo);
o Interpersonale (il counselor e libero di comunicare al cliente i propri sentimenti
e il proprio vissuto attraverso un autosvelamento).
- Congruenza, la chiara coincidenza tra cio che dico (essere) e cio che faccio (fare). La
persona incongrua e quella che si comporta come se fosse diversa da come e.
- Accettazione incondizionata (VISSI): accettare l’altro per quello che e sapendo che e
al massimo della sua funzionalita e che in quel momento ti sta dando il suo meglio. Il
counselor accetta interamente il cliente e lavorare sulle eventuali resistenze che doves-
sero infrapporsi.
- Empatia: per Rogers e innata. Il counselor entra nel mondo del cliente COME SE fosse il
suo, consapevole che sia del cliente e non confondendolo il suo.
Ci sono tre tipi di empatia:
o Cognitiva: si resta nella parte razionale del cervello e sui contenuti. Permette di
intuire quello che l’altra persona pensa.
o Emotiva o affettiva: in questo tipo di empatia si viene coinvolti totalmente a li-
vello emotivo tanto da non comprendere a volte il contenuto. Si crea un rapporto
piu profondo e si e in grado non solo di comprendere ma anche di provare dav-
vero dentro se stessi le sensazioni delle altre persone.
o Comprensione empatica (modello rogersiano): forma di empatia piu auten-
tica, e l’unione dei due tipi di empatia precedenti. Rende possibile comprendere
le emozioni dell’altro e poterlo aiutare poiche coesiste lo stare con l’altro sia da
un punto di vista cognitivo che emotivo.
VISSI
- Valutazione: valutare la situazione del cliente sul proprio parametro di vita, cadendo
nel giudizio.
- Interpretazione: non e una riformulazione, e una lettura di cio che il cliente dice fatta
con le lenti personale del counselor.
- Sostegno: inteso come guidare o direzionare il cliente andando oltre il prenderlo per
mano, riportando il counselor ad un atteggiamento paternalista.
- Soluzione del problema: dire al cliente come deve risolvere il problema, usando le pro-
prie lenti interpretative.
- Investigazione: fare domande che soddisfano la propria curiosita e non finalizzate
all’esplorazione.

RIFORMULAZIONE
Uno degli strumenti dell’ascolto attivo che permette al counselor di predisporsi
all’atteggiamento di comprensione e la riformulazione, ovvero: riproporre al cliente lo stesso
messaggio da lui comunicato, per
- Far sentire la propria partecipazione al cliente;
- Evitare di esprimere giudizi sul cliente;
- Rendere esplicito il contenuto vago, offrendo al cliente la possibilita di potersi correg-
gere o integrare;
- Verificare l’aderenza di cio che ci e arrivato al pensiero e allo stato d’animo del cliente.

I principali tipi di riformulazione sono:


 Riflessa semplice: riformulare l’intera frase detta dal cliente utilizzando le sue stesse
parole per accertarsi di aver capito.
 Eco: ripetere anche solo una parola, ad esempio l’ultima o le ultime dette per vedere se
cliente vuole aggiungere qualcosa o sta in silenzio.
 Parafrasi: riformulare il concetto utilizzando altre parole.
 Delucidazione: chiedere al cliente qual e il sentimento provato nel raccontare.
 Riepilogo: si utilizza normalmente alla fine del colloquio, rimandare la fotografia dell’in-
tero colloquio cosicche il cliente percepisca come si e “spostato” durante il colloquio.
 Domanda aperta: tutte quelle domande che NON prevedono risposta sì/no e che per-
mettono al cliente di raccontarsi.

La comunicazione non verbale

COMUNICAZIONE NON VERBALE


La comunicazione non verbale e quel tipo di comunicazione che viene fatta tramite segnali
non verbali, come sguardi, espressioni del viso, gesti, postura e quel processo di scambio di
informazioni e messaggi che va oltre al linguaggio semantico.

COMUNICAZIONE PARAVERBALE
La comunicazione paraverbale e quella comunicazione che passa attraverso la voce, tenendo
conto non di quanto comunicato ma degli elementi propri caratterizzanti la voce stessa, come il
timbro, il tono, il volume ecc.

5 ASSIOMI DELLA COMUNICAZONE


1. Non si può non comunicare. Comunichiamo sempre facendo o non facendo, dicendo o
non dicendo, il comportamento e comunicazione.
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione. Un messaggio
viene trasmesso con efficacia in base alla qualita della relazione che c’e tra emittente e
ricevente (comprensione o incomprensione) e rispetto al contenuto invece ci puo essere
accordo o disaccordo.
3. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comuni-
cazione. Per punteggiatura intendiamo le reazioni che si innescano di risposta ad un
messaggio, che non sono altro sintesi del nostro punto di vista. Alcuni messaggi che tra-
smettiamo o riceviamo possono compromettere la relazione emittente-ricevente, in
quanto spesso non teniamo conto delle punteggiature altrui ma solo della nostra. Pos-
siamo interrompere questa escalation di botta e risposta interrompendo uno schema,
modificando o depotenziando una nostra punteggiatura consueta o attraverso due ap-
procci:
- Calibrazione. Processo con cui prestiamo attenzione al verbale, paraverbale, non
verbale degli altri per riconoscere gli schemi e comprenderne le reazioni
- Metacomunicazione. Utilizzo del verbale per confrontarsi e stabilire nuovi pre-
supposti.
4. La comunicazione può essere analogica o numerica
- Analogica. Comunicazione trasmessa attraverso il linguaggio non verbale (corpo
o voce), piu simbolica, potente ed immediata.
- Numerica o digitale. Comunicazione trasmessa attraverso il linguaggio verbale,
richiede l’uso di un codice linguistico comune all’emittente e al ricevente.
5. Tutti gli scambi di comunicazione sono complementari o simmetrici
- Complementare. Una persona e UP, l’altra e DOWN. Uno guida, l’altro segue.
- Simmetrica. Relazione piu alla pari e competitiva.

MODELLO DI COMUNICAZIONE DI SHANNON - WEAVER


L’emittente manda un messaggio al ricevente. Con un messaggio verbale ovviamente ne riesce
a dire solo un pezzo e chi lo riceve lo fa con i propri filtri, tutto cio si verifica all’interno di un
contesto che presenta dei fattori ostacolanti la trasmissione del messaggio (rumori). Il canale
di trasmissione influenza anche molto la trasmissione del messaggio, ad esempio esso puo
permettere o non permettere al non verbale di passare oppure permette o meno il feedback
immediato.

META-MESSAGGIO
Ogni comunicazione ha due livelli
- Il messaggio che determina il contenuto
- Il meta-messaggio (meta=sopra) che determina la relazione con l’interlocutore.
Quindi il meta-messaggio e un messaggio supplementare che serve all’interlocutore per
interpretare la comunicazione.

BOLLA PROSSEMICA
Per prossemica intendiamo la distanza che c’e tra due persone, la loro posizioni e i conseguenti
movimenti di avvicinamento e allontanamento. Possiamo parlare invece di bolla prossemica
quando si stabilisce una distanza di sicurezza, limite entro il quale ci sentiamo a nostro agio
nella relazione.

RAPPORT
Essere in rapport vuol dire stabilire una sintonia con l’interlocutore, per “mettere in comune”
la nostra mappa con la sua. Per fare cio possiamo ricorrere al mirroring con il nostro cliente,
utilizzando il rispecchiamento e imitando quindi il suo linguaggio, voce, postura ecc.
Terzo Modulo
Modello Rogersiano e sviluppi

LA STORIA
La psicologia umanistica nasce a partire dagli anni 50 con le ricerche di Charlotte Buhler e James
Bugenthal, i quali concentrano l'attenzione sulla persona e sui concetti di creativita e
autorealizzazione, restituendo dignita alla persona e promuovendone lo sviluppo del
potenziale.

Rogers, Maslow e May sono stati i capostipiti della psicologia umanistica, definita anche come
terza forza.

Prima forza: la psicoanalisi di Sigmund Freud


Lui era molto pessimista riguardo la natura umana, ritenendo che essa fosse governata da forze
inconsce che l'uomo non avrebbe mai potuto governare pienamente.

Seconda forza: la scuola comportamentista


Questa corrente di pensiero e convinta che gli esseri umani venivano plasmati esclusivamente
dagli stimoli dell'ambiente

Terza forza: psicologia umanistica


Essa riteneva che la principale spinta nell'essere umano, che determina quindi i suoi
comportamenti, fosse il bisogno di crescita personale, autoaffermazione e autostima. Rogers
infatti parla di Tendenza Attualizzante e cioe la tendenza presente in ogni essere
umano che lo porta alla realizzazione di se stesso (diventare cio che si e). I vissuti emotivi
diventano quindi qualcosa di cui prendere consapevolezza, per coglierne il significato e agire di
conseguenza. La psicologia umanistica ha una radice filosofica nella fenomenologia, lo studio
dei fenomeni e di come vengono interpretati dal soggetto che li vive. Questa visione ha
contribuito a mettere a punto una formula di rispecchiamento e riformulazione che si chiama
feedback fenomenologico.

FEEDBACK FENOMENOLOGICO
Il feedback fenomenologico e quello strumento utilizzato dal counselor nel corso di un
colloquio e ha diverse finalita, come quella di:
- Comunicare all’altro la nostra presenza e compartecipazione, confermandogli il
nostro ascolto attivo e la nostra presenza.
- Inibire l'interpretazione e il giudizio nei confronti del cliente, mostrando la nostra
esperienza immaginativa, emotiva e cognitiva e dando l'opportunita al cliente di
rielaborare la sua esplorazione.
Tutto cio e possibile condividendo con il cliente quello che noi abbiamo visto, ascoltato,
immaginato e sentito durante il colloquio, osservando le sue reazioni nel corso del tempo
passato insieme.

Mentre tu… (parlavi, lavoravi, eri in silenzio…):


Ho VISTO (pugni chiusi, mimica ...)
Ho ASCOLTATO (che dicevi, citavi ...)
Ho IMMAGINATO (che eri arrabbiato ...)
Ho SENTITO (in me calore, tensioni, un rilassamento...)
LA PIRAMIDE DEI BISOGNI
Maslow individua all’interno di una piramide tutti i bisogni dell’essere umano, distinguendoli
in primari, sociali e del se. Grazie ai suoi studi constato con sorpresa che spesso le persone piu
sane fisicamente avevano avute esperienze interiori critiche, cio vuol dire che gli individui
autorealizzati hanno cioe soddisfatto ad ogni livello i loro bisogni.
Quarto Modulo
Le fasi del counseling, il feedback fenomenologico* ed alleanza operativa**
* vedi lezione 2
**vedi lezione 5
La salutogenesi

In linea generale, le fasi di un percorso di counseling, o di un singolo colloquio, sono:

Fase iniziale: 1 - 3 incontro PRE CONTATTO


In questa fase si definisce la problematica e la motivazione del cliente (scopo e aspettative). Si
stabilisce un accordo tra i partecipanti (ogni quanto si fissano gli appuntamenti, come e
strutturato il percorso, il pagamento) tendenzialmente verso il 3° incontro. Ci si avvia ad una
prima conoscenza di base, cercando di far sentire il cliente accolto e a suo agio. Diamo il
massimo per conquistare la fiducia del cliente, il counselor utilizza tecniche di ascolto attivo,
vissi, domande aperte.

Avvio alla fase centrale: 3 - 5 incontro. AVVIO AL CONTATTO


Processo di conoscenza reciproca e approfondimento di temi e argomenti oggetto del colloquio.
Lavoriamo su cio che emerge, anche se e una necessita diversa da quella espressa dal cliente
come obiettivo. Definiamo l’obiettivo, il contratto, si costruisce l’alleanza operativa con il cliente.

Fase centrale: 6 - 11 incontro. CONTATTO PIENO


Applicazione della prassi: rispecchiamento empatico, particolare attenzione alla
comunicazione non verbale.
- Elementi salienti della narrazione biografica del cliente – album fotografico
- Diagramma familiare
- Assegnazione dei compiti fuori dal colloquio
- Strumenti per la creativita e l’espressivita
- Uso del diario, agenda pianificata

Fase finale: 12 - 14 incontro. POST CONTATTO


Si fa una sorta di resoconto del percorso fatto, si verifica e si valuta l’efficacia dell’intervento, e
ci si avvicina alla chiusura. Riguarda l’insieme delle modalita utilizzate per terminare l’incontro:
la conclusione e, infatti, parte integrante del colloquio stesso e va gestita con particolare
attenzione e sensibilita.
- Resoconti e note di progresso
- Feedback sui miglioramenti
- Impatto ambientale dei cambiamenti
- Verifica della realizzazione del contratto
- Stabilita ed uso della rete sociale per l’autosostegno
- Follow up (incontro di verifica dopo un mese / mese e mezzo per valutare l’efficacia del
percorso svolto

Parallelamente alle fasi del colloquio/percorso si “aprono” 3 piani di lavoro:


- Piano dell’osservazione: strettamente legato al counselor
- Piano dell’intervento: incentrato sulla relazione che si crea counselor-cliente
- Piano del risultato: attenta considerazione dell’esigenza del cliente
La salutogenesi

La salutogenesi si occupa infatti delle fonti della salute, analizzando cio che mantiene l’uomo in
salute, e non l’origine o le cause della malattia. Si interessa quindi a cio che crea salute,
analizzando le risorse e le capacita che l’uomo utilizza anche in situazioni di avversita.

La salute dell’individuo viene collocata in un contesto sociale: l’ambiente, le condizioni


lavorative e i rapporti umani sono condizioni essenziali per la crescita personale. L’individuo e
responsabile della propria salute, ed esserne consapevole e un elemento di crescita
fondamentale.

Nello specifico lo stress e il costo dell’adattamento. I nostri livelli di stress sono lo specchio del
nostro incontro con il mondo. Il nostro obiettivo deve essere quello di raggiungere un buon
equilibrio nella gestione dello stress. Cio e possibile allenando la nostra capacita di resistenza,
anche definita come resilienza

La ricerca sulle forze di resilienza ha evidenziato che l’ereditarieta e l’ambiente non sono
fondamentali per lo sviluppo umano, mentre e determinante un terzo fattore, che finora non era
mai stato considerato con molta attenzione: il fattore della relazione umana.

E la capacita di resistere, ma anche di “ricostruire” la propria dimensione, il proprio percorso


di vita, trovando una nuova chiave di lettura di se, degli altri e del mondo, scoprendo una nuova
forza per superare le avversita.

I punti su cui si articola la salutogenesi sono la prevenzione, la promozione ed il miglioramento


della qualita della vita. Tali obiettivi si realizzano principalmente con la consulenza e
l’educazione. La prevenzione in particolare ha 3 aspetti:
- Primaria: agire prima che avvenga il danno
- Secondaria: assistere le persone durante la crisi
- Terziaria: migliorare la qualita della vita dopo la malattia o nella fase cronica

Elenco di strategie alla resilienza:


- saper dire di no
- stabilire le priorita
- definire gli obiettivi reali
- esplorare il concetto di «perfezionismo»
Quinto Modulo
Alleanza Operativa | Gestione dello Stress

Alleanza operativa
E la forza della relazione tra counselor e cliente, determinata dall'impegno reciproco.

“L'individuo non può definire sé stesso se non grazie all'altro”

L'alleanza operativa quindi nel counseling e come se fosse un ecosistema, una vera e propria
relazione circolare tra counselor e cliente senza la quale e impossibile pensare ad una relazione
d'aiuto. Per poter comprendere appieno che cos'e l'alleanza operativa nel counseling non
possiamo prescindere dalla sua storia nel corso del tempo.

STORIA DELL'ALLEANZA OPERATIVA


Freud
E con Freud che si riconosce che l'alleanza con il cliente e una vera e propria terapia necessaria
per la guarigione. In questo caso la relazione fra il terapeuta e il paziente diventa paternalistica
asimmetrica in quanto e il terapeuta che possiede gli strumenti per “leggerti” e ti chiede di
fidarti di lui nel corso della terapia.
Anni ‘50 del 900
La visione si trasforma in un'alleanza di lavoro con un approccio contrattualistico puntando
sulla motivazione del cliente (conscia e razionale) e ponendo il counselor e il cliente sullo stesso
livello, progettando insieme il percorso da fare, gli obiettivi da raggiungere, l'impegno da
investire e i compiti da portare a termine.
Anni ‘70 del 900
L'alleanza operativa in questa fase diventa un vero e proprio approccio relazionale di fiducia, in
cui il counselor e il cliente guardano insieme verso il medesimo obiettivo con l'interesse
costante ad individuare dei fattori comuni e nel determinare l'efficacia del trattamento. Il
counselor infatti e a fianco del cliente e, mettendo in luce le sue risorse, guardano insieme verso
un obiettivo comune.

GLI STRUMENTI DELL’ALLEANZA OPERATIVA

STRUTTURALE RELAZIONALE

- Il contratto - Attitudini Rogersiane del counselor


(che indica il come) - Empatia
L’insieme delle norme giuridiche, il - Accettazione incondizionata
calcolo economico e temporale - Autenticita e congruenza
dell'incontro, i diritti e i doveri
- Rapport (ricalco, rispecchiamento fisico
reciproci concordati da ambedue le
parti. Puo essere sia formale (scritto e non verbale del cliente)
e firmato da ambedue le parti, con
delle clausole specifiche) che di
relazione (stabilisce le modalita per
contattare il counselor in caso di
bisogno, la durata dell'incontro ecc)
- Spazio di lavoro
(che indica il dove)
- L'obiettivo
(che indica il verso cosa vogliamo
andare)

MINACCE PER L'ALLEANZA OPERATIVA


Alcuni atteggiamenti che possano tradire la fiducia del cliente potrebbero essere:
- Espressione aperta di sentimenti di confronto o astio da parte di ambedue le parti
- Disaccordi sugli obiettivi e i compiti dati dal counselor da parte del cliente
- Acquiescenza (remissivita, condiscendenza piu o meno palese, come ad esempio l'atteg-
giamento del “bambino adattato” oppure alcune espressioni del tipo “da quando vengo
da te sto da Dio”)
- Manovre di evitamento (come ad esempio la continua disdetta di incontri da parte del
cliente)
- Carenza di autostima da parte del counselor (se io non mi fido di me come puoi cliente
fidarsi di me?)
- Locus of control solo esterno (il cliente tende sempre a colpevolizzare gli altri, il counselor
di rimando potrebbe accompagnare il cliente alla riflessione “invece di chiederci cosa sba-
gliano gli altri, perché non parliamo di che relazione hai tu con gli altri”)

CONTRATTO FORMALE
1. Consenso informato
- Che cos'e il counseling
- Riferimento alla legge 4/2013
- Accordo sul percorso
- Ruolo professionale
- Approccio metodo pluralistico
- Deontologia
- Reciproche responsabilita
2. Parte formale
- Quanto dura l'incontro
- Come puoi contattarmi
- Quando e come possiamo prendere l'appuntamento ecc
3. Privacy e obbligo di riservatezza

DEFINIZIONE DELL'OBIETTIVO
Non e inserito nel contratto formale perche viene stabilito nei primi incontri e puo variare in
corso d'opera. L’obiettivo e la nostra bussola o stella polare e parte da due punti specifici:
- Punto di partenza (necessita attuale del cliente)
- Punto di arrivo (risultato che il cliente vuole raggiungere)
L'obiettivo che viene stabilito viene definito SMART in quanto ha le seguenti caratteristiche:
- S - Specific (sotto la responsabilita del cliente)
- M - Measurable (qual e il primo passo fenomenologicamente osservabile, misurabile?)
- A - Achievable (raggiungibile, qual e la spinta motivazionale, stabilire il valore dell'o-
biettivo e rinforzare la motivazione del cliente)
- R - Relevant (realistico, fattibile e attendibile, tenendo conto delle risorse e dei limiti del
cliente, sostenibile per la vita del cliente ed ecologico)
- T - Time based (entro quando? basato su un tempo riscontrabile)

LIVELLI DI OBIETTIVO
1. Il cliente non ha ancora il desiderio di cambiare perche manca in lui la consapevolezza,
riconosce comunque il desiderio di chiedere accoglienza.
2. Il cliente inizia ad avere la volonta di fare un cambiamento importante.
3. Padronanza sociale: indica l’azione di recupero delle risorse e delle capacita decisionali
in alcuni ambiti della vita.

Gestione dello stress

Lo stress e la reazione emozionale intensa dovuta ad una serie di stimoli esterni, che mettono
in moto risposte fisiologiche e psicologiche di natura additiva e a tal proposito abbiamo definito
il modello diatesi-stress.

EUSTRESS (reazione
che ha un impatto e funge da
stimolo)
STRESSOR -> vulnerabilita e fattori individuali ->
DISTRESS (una
reazione troppo protratta nel
tempo e disfunzionale)

Lo stress e caratterizzato da una serie di fasi:

1. Allarme
Una sorta di SOS con effetti sul corpo, dovuti principalmente agli ormoni. Gli effetti che
possono avere sul nostro corpo sono ansia, percezione di difficolta, sensazioni di carico
e pressione
2. Resistenza
L'organismo vuole ristabilire lo stato precedente attraverso delle risposte mirate al
fattore che ha scatenato lo stress e quindi siamo spinti a mantenere lo status quo
3. Adattamento
Il nostro corpo in questa fase risponde con un adattamento alla situazione che sta
vivendo

Le reazioni che noi abbiamo di fronte ad una situazione di stress si possono collocare nelle
seguenti quattro aree:

1. Esternalizzazione
Azioni messe in campo nella gestione dello stress che hanno coinvolto persone o fattori
esterni
2. Internalizzazione
Tutte quelle azioni rivolte su se stessi
3. Emozioni
Azioni volte a gestire le emozioni che si sono manifestate
4. Problema
Azioni svolte e mirate ad una possibile risoluzione del problema di quella particolare
situazione

AREE DI QUALITÀ DELLA VITA


Attraversa la realizzazione di un grafico a torta potremmo invitare il cliente a riflettere su cosa
attualmente fa parte della sua vita e in quale percentuale (lavoro, affetti, benessere, comunita,
denaro, casa eccetera) per poi realizzare una seconda torta all'interno della quale modificare le
percentuali con l'obiettivo di focalizzare cosa effettivamente vuole nella sua vita affinche stia
meglio rispetto alla sua situazione attuale.

5 AREE DI BISOGNO DI VITA


Un'altra analisi che potremmo proporre al cliente e quella di realizzare un schema composto da
un pentagono, che rappresenta la rete delle sue relazioni rispetto a 5 aree di bisogno di vita che
sono:
- Materiale
- Economico
- Informativo
- Sociale
- Emotivo
-
Individuare la propria rete di relazioni diventa efficace al fine di migliorare il proprio stile di
vita.
Sesto Modulo
Vivere il tempo | Stili di attaccamento

Vivere il tempo

Il tema del tempo e fondamentale nel counseling in quanto si puo lavorare su due fronti:
- esplorazione del cliente: la sua percezione del tempo e gli ostacoli che gli impediscono
di vivere pienamente il tempo;
- gestione del tempo (strumento dell’agenda, approfondimento a settembre).

Inoltre ogni persona possiede un diverso orientamento al tempo (al passato, al presente, al
futuro) e questo determina un impatto sia nel modo in cui si vive e sia sulla qualita della vita.

CRONEMICA
Definizione: modo in cui gli individui percepiscono e usano il tempo per organizzare le loro
attivita e per scandire la propria esperienza.

DEFINIZIONE DI OBIETTIVI
- Compiti evolutivi: gli obiettivi definiti devono essere in linea con l’eta anagrafica del
soggetto.
- Orientati al risultato l’obiettivo deve essere definitivo in maniera esaustiva, completo di
risultato da ottenere, scadenza e piano d’azione.
- SMART
Specifico (positivo)
Misurabile (positivo e personale)
Attraente (personale)
Raggiungibile (personale e coerente)
Temporizzato (coerente)

PROCRASTINAZIONE
- Rinviare: rimandare a "dopo" qualcosa che dovrebbe essere fatto subito, che induce a
una vera e propria lotta contro il tempo.
- Il procrastinatore potrebbe essere consapevole di essere tale, ma non riesce a fare di-
versamente. Vive nella possibilita, invece che nella realta.
- Bisogna capire perche lo fa, perche rimanda? Che bisogno soddisfa, procrastinando?
Acquisire questa consapevolezza, del perche (per che cosa - finalita) si temporeggia e il
primo passo per produrre il cambiamento e sperimentare il piacere di raggiungere i
propri obiettivi -> esplorare con il cliente le ragioni per cui si temporeggia.
- Promuovere il cambiamento. La perfezione non e in cio che si fa, ma in quello che si
vorrebbe fare (valore della persona nel fare e non nell’essere).

SAPER DELEGARE
Delegare e saper cedere parte di un’attivita a un’altra persona. Si possono incontrare degli
ostacoli (come la “mania di controllo”), ma ci sono anche i vantaggi della delega (“win-win”).
Per essere una delega di successo, occorre avere la volonta (essere disposti) e la capacita
(essere in grado) di delegare.
STRUMENTI PER VIVERE MEGLIO IL TEMPO
- Test esplorativi: bisogna essere sicuri di essere al momento giusto nell’alleanza opera-
tiva, per fare test di questo tipo. Sottoponendo i test al cliente, si evitano atteggiamenti
che fanno entrare nei VISSI.
- Agenda: elemento strutturale
- Diario: elemento di contenuto ed espressione dei propri vissuti

Gli stili di attaccamento

DEFINIZIONE
Il legame/comportamento di attaccamento si manifesta in una persona che consegue o
mantiene una prossimita nei confronti di un’altra persona (o figura di attaccamento), ritenuta
in grado di affrontare il mondo in modo adeguato.

John Bowlby (1907-1990), psicologo e psicoanalista britannico di origini alto borghesi, ha


elaborato la Teoria dell’Attaccamento.

Nella Teoria dell’Attaccamento, si parte dalla figura della madre (caregiver), che rappresenta
solitamente la figura di riferimento primaria che si prende cura del figlio, per poi passare alla
considerazione delle forze esterne ed interne. Il legame di attaccamento, che si definisce nella
fascia di eta 0 - 3 anni, si compone di 4 fasi.

Fase 1 - Preattaccamento (0 - 3 mesi)


Il bambino non riconosce ancora se stesso e il caregiver come due identita distinte e si riconosce
piuttosto in un “io sono”, quindi agisce per istinto, con funzioni biologiche per assicurarsi il
benessere e la sopravvivenza. Produce dei richiami per ottenere cure e quindi la vicinanza di un
qualsiasi essere umano.

Fase 2 - Attaccamento in formazione (3 - 6 mesi)


Il bambino non ha ancora piena consapevolezza, ma inizia a distinguere qualcuno che si avvicini
alla figura di riferimento.

Fase 3 - Angoscia (6 - 24 mesi)


Il bambino impara a camminare e inizia ad esplorare il mondo. In questa fase, mantiene un
avvicinamento preferenziale con la figura di riferimento, mentre le altre persone familiari
diventano figure secondarie. Iniziano anche la paura verso l'estraneo e l’ansia da separazione.
Il bambino manifesta il timore di essere lasciato da solo e riesce a identificare la propria figura
di attaccamento preferenziale. Il bambino piange per vedere se il caregiver da segnali di risposta
tali da garantirgli fiducia.

Fase 4 - Legame (dai 24 mesi in poi)


Il bambino stabilisce un rapporto di reciprocita con la madre (non piu unidirezionale). Dopo i 3
anni, la maggior parte dei bambini sa che se la mamma sparisce poi ritorna, e riescono quindi a
sentirsi sempre piu sicuri in ambienti estranei.

STRANGE SITUATION
Test effettuato Mary Ainsworth (1978), allieva e collaboratrice di Bowlby per lo studio di
osservazione del comportamento del bambino e le relative reazioni al distacco e al
ricongiungimento con la madre in presenza o in assenza di una persona estranea.
In altre parole, l’esperimento studia il comportamento del bambino sottoposto a situazioni
potenzialmente generatrici di stress relazionale (cosa fa il bambino, come reagisce in
presenza/assenza della mamma all’interno di una stanza).

ADULT ATTACHMENT INTERVIEW (AAI)


Negli anni ’90, Mary Main porto avanti una ricerca per comprendere come evolvesse lo stile di
attaccamento in eta adulta. Lo strumento utilizzato, un questionario programmato, tiene conto
dei seguenti indicatori:
- la ricostruzione del passato avviene tramite le esperienze attuali del soggetto,
- il racconto dell'adulto circa le sue esperienze dell’infanzia avviene spesso con l'idealizza-
zione, in particolare, delle esperienze negative.

I QUATTRO STILI DI ATTACCAMENTO

1. Stile sicuro
Modello si se positivo e dell’altro positivo.
Riesce ad essere in relazione in modo funzionale, “sano” e senza difficolta.
Le sue relazioni di coppia sono caratterizzate da intimita, rispetto, apertura emotiva e
dialoghi costruttivi con il partner (lo accoglie).

2. Stile ambivalente / preoccupato


Modello di se negativo e dell'altro positivo.
L’adulto con questo stile di attaccamento ha scarsa autostima, e costantemente preoccupato
ed e abituato all'imprevedibilita. Fa un passo avanti e subito dopo uno indietro.
La considerazione positiva che ha dell'altro lo porta alla continua ricerca di attenzioni,
essendo oltretutto dipendente dal giudizio altrui.
Le sue relazioni sono un’alternanza di passione, rabbia, ossessivita, tendendo pero a
rimandare la rottura del rapporto.

3. Evitante / distanziante
Modello di se positivo e dell'altro negativo.
Non si mette in discussione e non si esprime, preferisce evitare le situazioni conflittuali,
andandosene.

4. Stile timoroso / evitante


Modello di se negativo e dell’altro negativo
Il modello negativo ha di se stesso lo porta ad avere bassa autostima e molte incertezze verso
se stesso e verso gli altri.
Il modello negativo che ha dell’altro lo porta ad evitare le richieste d’aiuto, evita i conflitti ed
ha difficolta a fidarsi degli altri.
Settimo Modulo
Stili di comunicazione e compatibilità interpersonale

Lo stile di comunicazione

Lo stile di comunicazione è il modo in cui ogni persona comunica con gli altri e ciascun essere
umano impara, senza un consapevole impegno, uno stile comunicativo.

STILE PASSIVO
Comporta l’inibizione delle proprie emozioni. Va da sé che chi possiede, seppur inconsapevol-
mente, questa modalità subisce il comportamento degli altri e quindi ne dipende. Soffre un
senso di timore e tende a scusarsi anche quando non serve. Per questi motivi ha estrema diffi-
coltà nel soddisfare un suo bisogno e/o desiderio. Fatica ad esprimere una sua opinione e a
sentirsi meritevole di apprezzamenti. Non ha consapevolezza di sé.

STILE AGGRESSIVO
Comporta l’ostinato tentativo di realizzare i suoi desideri a discapito di chiunque altro. Ha una
forte tendenza nel provare a risolvere con una violenza e verbale e fisica inaspettata le situa-
zioni problematiche. La sua abitudine ad imporsi lascia poco spazio agli altri. Non ammette mai
di avere torto o di sbagliare.

STILE ASSERTIVO
Comporta la leale espressione di tutto ciò che lo nutre e lo arricchisce, dai suoi bisogni alle sue
emozioni passando per i suoi desideri, in una maniera così adeguata da non provare imbarazzo
o sentimenti di colpa. Agisce per sé, pur nel totale rispetto anche degli altri. Non si svaluta e non
mette in discussione il suo valore neppure se in qualche circostanza gli capita di imbattersi in
un fallimento. Il suo equilibrio è tale da non provare né creare difficoltà.

STILE MANIPOLATIVO
Nella bassa autostima si fondano le radici del comportamento manipolativo.
Chi ne è in possesso si aspetta che l’altro debba supporre le sue intenzioni pur non specifican-
dole. Non prevede un tentativo malvagio e consapevole di indurre un dato comportamento ne-
gli altri, al tempo stesso lo fa per evitare di sentirsi in colpa.
Per ridurre il proprio disagio, la persona manipolativa mette in scena delle strategie che ven-
gono cosi specificate:
1. Comportamento colpevolizzante: è un modo subdolo di attribuire all’altro la responsa-
bilità dello stato in cui spesso si trova. Es: madre che ripete al figlio ormai cresciuto “Sai
che finché non arrivi a casa non riesco a prendere sonno”. Quindi se IO non dormo la
colpa è TUA.
2. Comportamento inferiorizzante: pone l’altro in una condizione di immobilità per paura
di sbagliare dal momento che il manipolatore tende a farlo sentire inferiore sottoponen-
dolo a ripetute critiche.

STILE PASSIVO-AGGRESSIVO
Viene messo in atto con una modalità che non rende l’atteggiamento subito individuabile no-
nostante sia un comportamento molto diffuso. Attraverso la proiezione della sua velata aggres-
sività suscita negli altri controreazioni come perplessità, silenzio, tristezza e talvolta reazioni
di risposta rabbiose e aggressive. Con questa modalità si convince e prova a convincere l’altro
di essere lui la vittima, negando le sue cattive intenzioni. Ha uno spirito di competizione mal-
sano e inconcludente, quindi nutre una forte gelosia. NON MOSTRA MAI I SUOI VERI SENTI-
MENTI.

La compatibilità personale

La compatibilità personale è la capacità che un essere umano ha di entrare in relazione positiva


con sé stesso e con gli altri.

L’OMS ha identificato 10 competenze base che favoriscono la capacità di agire in modo positivo
ed efficace sia sul piano personale che sul piano sociale, definendo questi tratti LIFE SKILLS:

- Consapevolezza di sé
- Gestione delle emozioni
- Gestione dello stress
- Empatia
- Creatività
- Senso critico
- Prendere buone decisioni
- Risolvere problemi
- Comunicazione assertiva
- Relazioni efficaci

Per agire con intelligenza relazionale sono fondamentali dei passaggi:

- Riconoscere il proprio stile comunicativo al fine di sapere da dove si parte


- Padroneggiare i propri punti di forza in modo tale da sfruttarli al meglio in ogni co-
municazione, prima ancora di lavorare per cambiare qualcosa nel proprio modo di porsi
- Lavorare sulle proprie aree di miglioramento attraverso l’autocritica rispetto a
quelli che riteniamo atteggiamenti naturali, ma che possono mettere a disagio l’interlo-
cutore. Questo può contribuire a migliorare le relazioni interpersonali.
- Riconoscere lo stile dell’interlocutore per capire quali sono le sue modalità comuni-
cative e la tipologia di relazione che preferisce
- Adattare il proprio stile alle situazioni senza modificare in maniera drastica la pro-
pria personalità. È un invito ad abbassare l’importanza che diamo agli stili comunicativi
che preferiamo.
Ottavo Modulo
Le metafore nel counseling
L’uso del diario come narrazione per l’autosostegno

Le metafore nel counseling

La metafora e una figura retorica ampiamente usata in letteratura che, nella relazione d’aiuto,
viene utilizzata per approcciare il problema, affrontandolo da una prospettiva diversa. Nel
colloquio con l’adulto emerge proprio come l’esprimersi tramite una metafora sia ad esso di
aiuto.

QUANDO USIAMO LA METAFORA?


Proponiamo al cliente di lavorare su una metafora che ha portato se si e gia stabilita una buona
alleanza operativa. E importante non aggiungere un ulteriore contenuto alla metafora portata
dal cliente e non interpretare (VISSI). Altrimenti sporcheremmo il vissuto del nostro cliente.

USO DELLA METAFORA


Approccio centrato sul cliente: agevolare il cliente ad una piu profonda esplorazione del suo
vissuto. Cio ci permette di:
- Incrementare le nostre capacita di ascolto attivo
- Migliorare il clima di fiducia e accoglienza
- Entrare in una profonda sintonia

L’uso del diario come narrazione per l’autosostegno

AGENDA
E un elemento strutturale al cui interno spesso c’e la cosiddetta To do list. Una mappa personale
con azioni a breve, media e lunga scadenza. Da una visione d’insieme della vita personale e
professionale, permette di allocare il tempo e verificare quanto sono stato efficace (ex-ante ed
ex-post).

DIARIO
La scrittura e un pre-requisito per un diario e narrarsi fa parte dell’essere umano. Il diario
quindi diventa uno strumento di:
- Autonarrazione
- Consapevolezza
- Automonitoraggio (della propria crescita)
- Autosostegno

IL DIARIO NEL COUNSELING


All’interno del percorso di counseling, quando si e gia stabilita una buona alleanza operativa, il
diario garantisce un contatto con il percorso tra una seduta e l’altra.

Puo essere uno strumento da proporre al cliente al fine di:


- Stimolare e promuovere l’autoesplorazione del proprio mondo interiore
- Riconoscere il proprio empowerment e la propria autodeterminazione

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