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I Legami e il dono – Il care giver

materno
All’inizio della vita, ognuno esiste perché parte di una relazione e il suo
sviluppo dipende dal soddisfacimento del bisogno primario di
attaccamento..
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ID Articolo: 165976 - Pubblicato il: 13 giugno 2019
di Mariano Indelicato

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Freud, in Al di là del principio di piacere, attraverso il
concetto di “coazione a ripetere” afferma che gli adulti
ricreano nei rapporti interpersonali della propria vita le
esperienze di relazioni della prima infanzia. Ciò implica
l’esistenza negli individui della capacità d’interiorizzazione e
perpetuare modelli di relazione.

Freud e il dono della madre


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Le relazioni riguardanti la prima infanzia per Freud riguardano, seppure nelle varie
fasi dello sviluppo, il soddisfacimento dei bisogni fisiologici. Il neonato vive in uno
stato di “narcisismo primario” e sperimenta l’angoscia riguardo al bisogno di
nutrimento. La madre che per il tramite del seno fornisce il cibo diventa oggetto di
amore per la sua capacità di attenuare, con la sua presenza e disponibilità,
l’angoscia.
Infatti, il dono per Freud è la presenza della madre che tramite il cibo soddisfa i
bisogni del bambino. Da ciò si deduce che l’assenza di dono ovvero una madre
che non soddisfa questi bisogni primari non stabilisce un legame rassicurante per il
bambino.
In seguito Freud nel saggio Inibizione, sintomo e angoscia introduce il concetto di
segnale di angoscia in cui il bambino si sente rassicurato dalla presenza della
madre e sviluppa l’angoscia in caso di separazione o di assenza. In questo caso
il dono per il bambino è la presenza della madre.

Harlow: attaccamento genera attaccamento


Harlow, in seguito, nei suoi studi sull’attaccamento, dimostrò che le scimmie
rheus preferivano la mamma surrogata di peluche piuttosto che quella con il
biberon ma solo di filo metallico. Ciò permise ai coniugi Harlow di dimostrare che i
piccoli macao si sentivano protetti dalla presenza della madre, anche se surrogata
da un peluche, piuttosto che dal soddisfacimento dei bisogni fisiologici.
Harlow con i suoi esperimenti andò oltre tenendo i piccoli macao in piccole gabbie
in assoluto isolamento ma con grande disponibilità di acqua e cibo. Dopo un po’ di
tempo i piccoli cominciarono a mostrare una serie di alterazioni comportamentali.
Addirittura quelli che rimasero rinchiusi all’incirca un anno mostravano un
comportamento catatonico, non manifestando nessun interesse per l’ambiente
esterno. Le scimmie una volta raggiunta l’età adulta non riuscivano a relazionarsi in
modo corretto non cercando e trovando un partner, non mostrando nessuna
necessità di avere figli. Alcuni macachi, inoltre, si lasciavano morire smettendo di
mangiare e bere. Le femmine non mostravano nessun interesse ad avere
figli, Harlow li fece fecondare contro la loro volontà. I risultati furono terribili poiché
non si curavano per niente dei figli, non gli davano da mangiare e addirittura
arrivavano a mutilare i loro piccoli.
Gli studi di Harlow sembrano indicarci, da un lato, che la presenza della madre e
il dono dell’affetto fanno nascere un debito positivo che genera nei figli il bisogno
successivo alla cura, mentre l’assenza della madre non genera legame poiché crea
un debito negativo che tende a mantenersi. La mamma è fonte di affetto e di
sicurezza se dona la sua presenza al figlio. Inoltre, Harlow tende ad accennare a
un concetto generativo dell’attaccamento per cui attaccamento genera
attaccamento.

Melanie Klein e le relazioni oggettuali


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Gli studi di Harlow nascono nell’ambito delle teorizzazioni sull’attaccamento
infantile dovute agli studi di M. Klein che apporta alle teorie freudiane alcuni
elementi di novità dovuti in particolar modo al suo lavoro con i bambini. Fermo
restando il soddisfacimento dei bisogni fisiologici, introduce anche il concetto
di relazioni oggettuali. Secondo questo modello il bambino non interiorizza più un
oggetto o una persona ma l’intera situazione relazionale caratterizzata da un
vissuto emotivo, un modo di sentire se stessi e un modo di sentire l’altro. Le
interiorizzazioni possono essere connotate positivamente e, quindi, costituire un
oggetto buono o, al contrario, negativamente e costituire un oggetto cattivo. La
novità della teoria della Klein è costituita, inoltre, dalle influenze che il mondo
interno del bambino ha sulla relazione. La nostra autrice ipotizza l’esistenza di un
istinto di morte. E’ la presenza di questo istinto che fa si che la prima relazione con
la madre è pervasa dall’invidia primitiva, da fantasie sadiche, da meccanismi di
proiezione che possono provocare delle distorsioni percettive. L’istinto di morte è
preesistente rispetto alla relazione oggettuale ed ha una forte influenza su
quest’ultima. Ciò che s’inizia a ipotizzare con le teorie Kleiniane è il ruolo del
sedimento culturale presente all’interno dell’inconscio che è sì la sede delle pulsioni
ma anche di una trasmissione filogenetica che viene da lontano.
In sostanza con gli studi della Klein, prima, e di Bolbwy, Harlow, Winnicott, Bion,
Stern e altri si passa da una concezione, tipicamente freudiana, di relazione madre-
figlio totalmente simbiotica che può essere rotta solo dall’intervento del terzo (fase
edipica), a una relazione diadica o oggettuale in cui i due attori – madre e figlio –
interagiscono tra di loro essendo dotato il neonato da un patrimonio genetico
efficace sin dalla nascita a promuovere vicinanza e contatto con la madre. La
differenza non è di poco conto poiché il nucleo delle disfunzioni successive in
Freud va ricercato nel legame simbiotico madre-bambino mentre, per i secondi, va
trovato nelle relazioni tra il bambino e l’oggetto che nel primo periodo non può che
essere la madre o parti di essa.

Margaret Mahler e il concetto di separazione-individuazione


La Mahler, attraverso lo sviluppo del concetto di separazione-individuazione e di
distinzione fra sé e non sé, supera questa dicotomia descrivendo uno sviluppo in
fasi che prevede la presenza sia delle fasi simbiotiche sia di quelle oggettuali in
relazione allo sviluppo psicobiologico del bambino:
▪ fase autistica: da 0 a 2 mesi in cui il bambino pensa alla sua sopravvivenza

più ché alle relazioni oggettuali;


▪ fase simbiotica: da 2 a 6 mesi riesce ad avere una vaga coscienza della

mamma e si percepisce come totalmente in simbiosi e dipendenza con


quest’ultima;
▪ fase di separazione-individuazione: da 6 a 36 mesi in cui attraverso la

differenziazione, la sperimentazione, il riavvicinamento e la costanza


oggettuale, il bambino differenzia il sé dagli altri.
Se la differenziazione fra l’immagine del sé e quella degli oggetti fallisce, vi è un
terreno fertile per lo sviluppo successivo delle psicosi. La Mahler sostiene che la
fase simbiotica richiede che il bambino si comporti come se lui e la madre fossero
una cosa sola e “un sistema onnipotente, un’unità duale racchiusa dentro gli stessi
confini”. Nella psicosi simbiotica vi è fusione, dissolvimento e mancanza di
differenziazione tra il sé e il non sé: una completa indefinizione dei confini. Questa
ipotesi ci ha condotto allo studio della normale formazione di un’entità separata e di
un’identità. Quando in certi casi il ritardo delle funzioni autonome dell’io è unito a un
concomitante ritardo della prontezza emotiva a funzionare separatamente dalla
madre, dà origine a un panico a livello di organismo. E’ questo panico che causa la
frammentazione dell’io e genera così il quadro clinico della simbiosi psicotica
infantile. Racamier, in Genio delle origini, afferma che la rottura della fase
simbiotica sia il primo dei lutti che il bambino deve imparare a elaborare al fine
di elaborare i vari lutti che nella vita è costretto a superare:
Il lutto originario è dunque la prima e prolungata prova che l’io deve affrontare per
scoprire l’oggetto. In virtù di un paradosso fondatore, questo è perduto prima che
trovato, allo stesso modo non si trova l’io se non accettando di perdersi.

Il legame madre-bambino e l’importanza dei confini


Da ciò deriva che il legame madre-bambino prevede una differenziazione tra i due
nuclei con lo stabilizzarsi dei relativi confini senza che venga meno il processo di
legame, cosi come descritto in precedenza.
Lo strutturarsi di fenomeni psicotici, in sostanza, è legato alla fusione dei due nuclei
più che a un interscambio di elettroni. Se all’inizio (fase autistica e fase simbiotica),
la fusione, in senso chimico e fisico, apporta calore alla relazione, in assenza di
differenziazione si determina una deflagrazione.

Il calore, inoltre, come sostenuto in precedenza, costituisce l’energia di legame in


grado di fare cambiare stato alla materia da solida in liquida o da liquida in
gassosa. E’ attraverso il calore della relazione che il soggetto è in grado di
differenziare il sé e conquistare una propria identità. Da notare, ancora una volta,
che per acquistare (identità o consapevolezza di sé) si deve perdere la funzione
protettrice della simbiosi. Ritorna la funzione del dono nel senso del perdere al
fine d’acquistare nuovi legami.
Uscire dalla simbiosi, infatti, vuol dire acquistare consapevolezza di sé e in forza di
questa nuova immagine d’identità potersi predisporre al legame con gli altri.
Conquistare una nuova stabilità con confini chiari apre alla possibilità di potersi
legare con altri soggetti esattamente come fanno i composti in chimica. Se ci
trasformiamo in molecola, abbiamo la possibilità, attraverso i legami secondari, a
unirci ad altre molecole in modo da formare altri composti. Essendo un processo
che si perpetua all’infinito, non vi è dubbio che assuma forme antropologiche e
simboliche.

Al contrario, i processi che impediscono, provenienti sia dalla madre sia dal
bambino, come vedremo in seguito, il processo di differenziazione non danno la
possibilità di formare nuovi legami. E’ quello che succede ai primati di Harlow alle
quali, attraverso l’isolamento, non si da la possibilità di sperimentare la fase
simbiotica e, di conseguenza, di potersi differenziare e conquistare una
consapevolezza di sé e, quindi, di poter stabilire legami stabili nel momento in cui
vengono liberate. E’ quello che succede alle relazioni in cui le madri trattengono i
figli in simbiosi con loro e non permettono la perimetrazione del territorio attraverso
la creazione di confini. Levy, a questo proposito parla di madri iperprotettive che,
a loro volta, avevano avuto profonde carenze e che, in qualche modo, le spingono
“a cercare di ottenere dai figli ciò che non avevano ottenuto dalle proprie madri“.
Lidz , definisce queste madri come impenetrabili ai bisogni dei figli che
continuamente propongono la mancanza di significato della loro vita .
Winnicott, afferma che, all’inizio della vita, ognuno esiste solo perché parte di una
relazione e, le sue possibilità di vivere e svilupparsi, dipendono totalmente dal
soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento e appartenenza a un Altro
(madre/caregiver) che si prenda cura di lui e gli dia qual senso di sicurezza e
intimità che sono basilari per la crescita. Sarà proprio in rapporto alla qualità
affettiva di tale relazione primaria, da quanto la figura di attaccamento sarà
disponibile, protettiva, affidabile, costante e capace di un contatto caldo e
rassicurante che dipenderà lo sviluppo sano del suo vero Sé. Da questo
presupposto nasce la good enough mother che è quella madre che sa regredire,
diventare piccola come il suo bambino, per sintonizzarsi meglio su di lui, sul suo
mondo interno e su i suoi bisogni.

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Argomento dell'articolo: Psicologia
Si parla di: Attaccamento e Teoria dell'attaccamento, Bambini, Gravidanza e
Genitorialità, Psicoanalisi e Terapie Psicodinamiche, Società & Antropologia
Scritto da: Mariano Indelicato
Sono citati nel testo: Bowlby John, Freud Sigmund, Harlow Herry, Klein Melanie, Mahler
Margaret, Winnicott Donald
Categorie: Il dono - Monografia
Consigliato dalla redazione

Il dono nel legame di coppia


Il rapporto madre-figlio è più forte del legame tra gli stessi genitori così come quello
tra marito-moglie è maggiore di quello con le famiglie di origine.
Bibliografia
▪ Freud, S., (1920), Jenseits des Lustprinzips, University of Michigan Libraries
(trad. It. Colorni, R., Marietti, A. M., Al di là del principio del piacere, Torino:
Bollati Boringhieri, 2000)
▪ Freud,
S, inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti: 1924-
1929, Torino, Bollati Boringhieri, 2000
▪ Harlow,
H.F., Dodsworth R. O., Harlow M. K., Total social isolation in
monkeys, Proc Natl Acad Sci U S A. 1965.
▪ Klein,
M., Nuove vie della psicanalisi. il significato del conflitto infantile nello
schema del comportamento dell’adulto, in Milano: Il Saggiatore, 1966
▪ Klein,
M., o sviluppo libidico del bambino 1921-23, prefazione di Franco De
Masi, Torino: Bollati Boringhieri, 2013
▪ Mahler M. ( e altri),La nascita psicologica del bambino, Torino: Boringhieri,,
1978
▪ Mahler M,Le psicosi infantili, Torino: Boringhieri, , 1972
▪ Racamier, P., il genio delle origini, Psicoanalisi e psicosi, Milano: Raffaello
Cortina, 1993
▪ Sullivan, H. S., Teoria Interpersonale della psichiatria, Milano: Feltrinelli,
1972
▪ Thompson, C., Psicoanalisi interpersonale, Torino: Bollati Boringhieri, 1972
▪ Winnicott, D., Il bambino e la famiglia, Firenze: Giunti e Barbera, 1975

▪ Per saperne di più: https://www.stateofmind.it/2019/06/care-giver-madre/

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