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BOWLBY”
Indice
1 INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 4
2 JOHN BOWLBY E MARY AINSWORTH ------------------------------------------------------------------------------- 6
3 LA RELAZIONE MADRE – BAMBINO E LA FORMAZIONE DEI MODELLI OPERATIVI INTERNI 9
4 L’INDIVIDUAZIONE DEI PATTERN DI ATTACCAMENTO INFANTILI ----------------------------------- 11
4.1. LA PROCEDURA DELLA STRANGE SITUATION ( AINSWORTH, WITTIG, 1969) -------------------------------------- 11
5 LA VALUTAZIONE DELL’ATTACCAMENTO NELL’ETÀ ADULTÀ : L’ADULT ATTACHMENT
INTERVIEW -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 17
6 CONSIDERAZIONI FINALI ----------------------------------------------------------------------------------------------- 19
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Introduzione
L’etologia è quella disciplina scientifica che studia il comportamento animale nel suo
ambiente naturale. Essa analizza le modalità attraverso le quali l’animale interagisce con
l’ambiente e aiuta a chiarire sia il ruolo della componente istintiva sia quello della capacità innata
di rispondere alle situazioni. Dall’interazione di queste due forze nasce il motore
dell’apprendimento che, utilizzato per la prima volta durante lo sviluppo, marcherà in maniera
indelebile il carattere dell’animale per tutto il resto della sua vita.
L'etologia si interessa di vari aspetti legati al comportamento animale, e tra questi, in particolare :
l’apprendimento, il corteggiamento, le cure parentali, l’organizzazione sociale e il comportamento
sessuale.
Konrad Lorenz è universalmente considerato uno dei padri fondatori della moderna etologia.
Celebri sono i suoi studi sull’imprinting, effettuati nel 1930, attraverso i quali osservò quella
particolare modalità di apprendimento che si stabilisce in un determinato periodo della vita del
cucciolo, detto fase sensibile. In questo periodo il cucciolo è biologicamente predisposto ad
apprendere ed in lui si fissano degli specifici modelli di comportamento. Nel cucciolo esistono degli
schemi comportamentali innati che se sono stimolati a manifestarsi nella fase sensibile si rafforzano
in lui. Affinché ciò è accada è necessaria la presenza di alcuni stimoli esterni. L’episodio che portò
Lorenz alla scoperta di questo fenomeno fu la nascita della sua ochetta Martina. Appena l'ochetta
ruppe col becco l'uovo e guardò fuori, Lorenz si accovacciò e si allontanò facendo il verso delle
oche selvatiche. La cosa stupefacente è che l'ochetta lo seguì immediatamente e che, da quel
momento in poi, non volle più essere posta accanto alla madre: per lei la madre era Konrad Lorenz
e lo seguiva ovunque andasse. Da qui il grande etologo comprese che le oche identificano come
propria "madre" il primo essere che vedono in movimento appena nascono. Non importa se ha la
barba bianca, non ha le ali e nemmeno le zampe palmate: per le ochette la loro madre è,
irreversibilmente, il primo essere che si è mosso davanti ai loro occhi quando sono venute al
mondo.
Sulla scia di questa pioneristica intuizione ne seguirono molte altre e, a poco a poco, l’etologia andò
affermandosi sempre più come fonte privilegiata a cui attingere per la comprensione del
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comportamento umano in tutte le sue sfaccettature. Così, a partire dagli anni Cinquanta, i principi
dell'etologia sono penetrati gradualmente nelle scienze sociali arrivando a esercitare, negli ultimi
decenni, una forte influenza in svariati campi. Quali sono questi principi? Tra i più importanti vi è
l'idea secondo la quale lo studio del comportamento debba iniziare con osservazioni e descrizioni
accurate effettuate in condizioni che siano naturali per le specie considerate, e che questo tipo di
analisi debba essere unita alla consapevolezza che l'insieme è qualcosa di più della semplice somma
delle parti. Inoltre gli etologi hanno ritenuto che la piena comprensione di un aspetto del
comportamento richieda una risposta a quattro domande fondamentali: "Che cos'è che determina il
comportamento?" (in questo caso riferendoci a fattori sia interni sia esterni all'organismo); "Come si
sviluppa nell'individuo?"; "Come si è evoluto?" e "Qual è o qual è stata la sua funzione?" ovvero,
per essere più precisi "Quali sono le conseguenze adattative per cui tale comportamento si è, o si
era, conservato nel repertorio comportamentale di una specie?".
Un campo nel quale l'approccio etologico ha avuto implicazioni di ampia portata è quello del ruolo
del rapporto tra genitore e figlio nello sviluppo della personalità (Bowlby). Nel caso invece delle
scienze sociali dell’uomo come la psicologia sociale, l’antropologia e la sociologia il contributo
dell’etologia è stato quello di ampliare il punto di vista su fenomeni come: le relazioni tra i
comportamenti degli individui, i rapporti interindividuali e la struttura sociale del gruppo.
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Sia Mary Ainsworth che John Bowlby si interessarono allo sviluppo della personalità e al
ruolo fondamentale che hanno gli scambi tra genitori e figli in questo percorso di crescita. John
Bowlby (Londra, 1907 – Isola di Skye, 1990) si laureò in medicina per poi specializzarsi in
psichiatria. Partendo da un’esperienza di volontariato in una scuola residenziale per bambini
disadattati nacque in lui il desiderio di diventare uno psichiatra infantile. Negli anni della seconda
guerra mondiale lavorò come psichiatra dell’esercito, e al suo ritorno ottenne la direzione del
dipartimento infantile della Tavistock Clinic. I suoi interessi principali ovvero lo sviluppo infantile
e la psicoanalisi, lo avvicinarono inizialmente alla scuola Kleiniana da cui però ben presto si
allontanò. Dal suo punto di vista l’autrice poneva un’attenzione eccessiva sulle vicende del mondo
interno. Concetti come pulsioni, conflitti e fantasie, tipici dell’approccio psicoanalitico tradizionale,
lo portarono a nutrire un’insoddisfazione sempre maggiore verso quel quadro di riferimento
teorico.
In un articolo del 1991 pubblicato sull’ “American Psychologist “ John Bowlby e Mary Ainsworth
definiscono la teoria dell’attaccamento come un approccio etologico allo sviluppo della
personalità. All’interno di questo percorso evolutivo, Bowlby sottolinea il primato dei legami
emotivi tra il bambino e le sue figure di accudimento, in particolar modo la madre. Egli fu molto
colpito, dagli effetti negativi sullo sviluppo del bambino che sono provocati da carenze in queste
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precoci relazioni d’attaccamento e perciò iniziò ad interessarsi alla loro natura e alla loro origine.
Notò in particolare i lavori di Harlow (1958, 1959) sui piccoli di scimmie Rhesus; questi
esperimenti mostravano che, quando ai piccoli veniva offerta l’occasione di scegliere tra due
surrogati materni, essi preferivano trascorrere la maggior parte del tempo aggrappati alla madre che
offriva il piacere del contatto, piuttosto che a quella che offriva nutrimento. Il termine attaccamento
definisce perciò la relazione, il legame tra quello specifico bambino e le persone che si prendono
cura di lui. Bowlby affermò a gran voce che l’attaccamento fosse un sistema motivazionale
fondamentale. Riflessioni di questo tipo ponevano Bowlby nella scomoda posizione di andare ad
intaccare uno dei cardini della teoria freudiana : il primato dell’oralità, opponendovi il “primato dei
legami emotivi intimi” ( Bowlby, 1988). Per la psicoanalisi classica infatti, il bambino ricerca il
piacere, e quindi il legame che egli stabilisce con la madre è soltanto una conseguenza diretta del
soddisfacimento di una pulsione. Nella teorizzazione classica quindi, il legame di attaccamento è
secondario e subordinato al soddisfacimento orale. E’ con la pubblicazione di Attaccamento e
perdita, che Bowlby espone in maniera più chiara e completa il piano concettuale della teoria
dell’attaccamento sostenendo che : “L’attaccamento è un sistema motivazionale primario con i suoi
modi di operare e si interfaccia con gli altri sistemi motivazionali”. L’ attaccamento determina la
vicinanza tra il bambino e l’adulto di riferimento. Ma in che modo avviene ciò ? Avviene attraverso
l’uso di alcuni segnali tipici come ad esempio il pianto, che ha proprio la funzione richiamare
l’attenzione della madre, ed altri come il chiamare, il seguire e l’aggrapparsi. Questi sono tutti
comportamenti innati del bambino, ma allo stesso tempo sono anche influenzati dall’ambiente.
Tale sistema si è evoluto proprio per assolvere la funzione biologica di assicurare protezione
sostengo e conforto ai membri più giovani all’interno di alcuni gruppi di primati. Nonostante
quindi il bambino abbia una capacità innata a formare dei legami di attaccamento, egli svilupperà
uno specifico legame, che risulterà funzionale o disfunzionale, proprio a causa delle cure genitoriali
a cui è esposto nei primi anni di vita. Quello che emerge quindi dalla pagine scritte dall’autore è che
lo sviluppo dell’organizzazione infantile dell’attaccamento ha basi esperenziali interattive e reali.
La realtà una volta per tutte si sostituisce alla fantasia.
Mary Ainsworth (Glendale, 1913 – Charlottesville, 1999) nata nell’ Ohio si trasferì a Toronto
dove si specializzò in psicologia. Nel 1950 un nuovo trasferimento, questa volta a Londra, le diede
l’occasione di diventare membro dell’unità di ricerca di Bowlby alla Tavistock Clinic; tra i due
autori inizio così una lunga e felice collaborazione. I numerosi dati raccolti permettevano di
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sostenere le ipotesi fatte in precedenza sul ruolo centrale che ha nello sviluppo del bambino il suo
forte attaccamento alla madre. Evidenze empiriche che vennero ulteriormente avvalorate da alcuni
studi effettuati tendendo in considerazione gli effetti negativi che possono provocare le esperienze
di separazione dalla madre, come ad esempio, periodi di permanenza in istituto o di malattia. I
lavori osservativi condotti con il Ganda Project in Uganda e, successivamente, quelli del Baltimore
Project, insieme al perfezionamento della Strange Situation Procedure(di cui ci occuperemo a
breve) confermarono la piena adesione dell’autrice all’approccio etologico della teoria
dell’attaccamento.
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Anche Bowlby sosteneva che : “ Esiste nel primo periodo di vita una fase sensibile, trascorsa la
quale sviluppare una capacità di instaurare attaccamenti sicuri e diversificati diventerebbe sempre
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7) L’estranea ritorna e cerca, se necessario, di consolare il bambino. Poi si accomoda sulla sedia ( al
massimo 3 minuti).
8) Seconda riunione. La madre ritorna e l’estranea esce dalla stanza in maniera discreta. La madre
consola il bambino, se necessario, e cerca di ritornare sulla sedia ( 3 minuti).
(Ainsworth,Wittig,1969)
( intrusività- distanza)
(Zeanah,1993)
L’ipotesi iniziale è che il comportamento osservato sia rappresentativo delle quotidiane esperienze
d’attaccamento del bambino con la madre.. I bambini classificati come sicuri, tipo B (66% del
campione ), erano quelli che al momento della separazione potevano piangere oppure no ma che si
avvicinavano alla loro madre al momento della riunione ricercando il contatto e la vicinanza. Erano
in linea di massima facilmente consolabili quando mostravano rabbia ed erano in grado di
riprendere agevolmente l’esplorazione dell’ambiente. Circa il 20% del campione comprendeva quei
bambini definiti insicuri – evitanti ( con attaccamento di tipo A); essi sembravano non risentire
dell’allontanamento dalla madre, né tanto meno al suo ritorno cercavano di avvicinarsi a lei; rispetto
all’estraneo il loro comportamento era freddo e distaccato, la loro attenzione era rivolta soprattutto
all’ambiente circostante. La terza categoria di bambini, quelli ansiosi - resistenti ( con attaccamento
di tipo C) corrispondenti al 12% del campione apparivano agli occhi dell’osservatore come
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I bambini “sicuri” (tipo B) alla separazione dalla madre piangono, si disperano, la chiamano
affannosamente e cercano di seguirla; al ricongiungimento cercano subito un contatto con lei. Una
volta tranquillizzati sono in grado di riprendere il gioco interrotto e di esplorare liberamente
l’ambiente intorno a loro, appaiono di nuovo felici e sicuri. Le osservazioni domestiche
evidenziarono che questi bambini sicuri potevano fare affidamento su delle madri affettuose ed
attente che spesso si intrattenevano con loro. Nel bambino l'aspettativa circa l'accessibilità e
responsività della madre si costruisce proprio attraverso l'esperienza di averla vissuta come
generalmente sensibile e responsiva ai propri segnali. Egli ha interiorizzato una buona fiducia di
base nei confronti della madre percependola come una base sicura alla quale può fare sempre
riferimento in tutti i momenti di paura, difficoltà, stress e dolore.
I bambini classificati come insicuri – evitanti ( tipo A) al momento della separazione non appaiono
particolarmente stressati, il pianto è breve o inesistente. Al ricongiungimento il loro comportamento
è distaccato, sia il contatto che l’interazione sono attivamente evitati. Questi bambini indirizzano la
loro attenzione su oggetti neutri dell'ambiente e paradossalmente sembra che esplorino più di
quanto facessero un attimo prima, ignorando la madre al suo rientro. lei. Se la madre li prende in
braccio, essi non si aggrappano, né mostrano resistenza. Le osservazioni domestiche mostrarono
delle madri rifiutanti nei confronti dei comportamenti d’attaccamento dei figli; parliamo di madri
fredde, distaccate che si intrattenevano con loro in un’interazione puramente funzionale, diretta
soltanto a soddisfare le esigenze fisiche del bambino. In rapporto a ciò il figlio sviluppa una scarsa
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fiducia circa una pronta e adeguata risposta alle proprie difficoltà. Tende così a mantenere un
atteggiamento di autosufficienza allo scopo di minimizzare le occasioni di vicinanza alla madre
evitando il rischio di un possibile rifiuto.
I bambini classificati come insicuri – resistenti o ambivalenti (tipo C) alla separazione esprimono
una forte angoscia, il pianto è forte e rabbioso e al ricongiungimento sono difficili da calmare; una
volta presi in braccio tentano in tutti i modi di divincolarsi. Il loro comportamento è contraddittorio,
da un lato ricercano il contatto e la vicinanza con la madre ma allo stesso tempo cercano di
discostarsene ad esempio distogliendo lo sguardo o manifestando forti scoppi di rabbia;
difficilmente riprendono l’esplorazione dell’ambiente circostante ed il gioco appare fortemente
inibito. Le osservazioni domestiche ci offrono un profilo tipico di queste madri che sono
fondamentalmente imprevedibili; a volte appaiono affettuose mentre alte volte, magari proprio
quando il bambino ne ha più bisogno, si dimostrano assenti o non disponibili. Il comportamento
della madre non consente al bambino di prevedere quali saranno le reazioni materne di fronte alle
sue richieste.
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Riporto sintetizzata una storia scritta da me alcuni anni fa. Vuole essere un modo concreto per
evidenziare alcuni stili di attaccamento.
Davide, nel frattempo, corse via e raggiunse un gruppetto di bambini vicini allo scivolo. “Ciao!”,
fece una vocina affabile. Sostituendomi a Davide, che non sapeva parlare, chiesi: “Come ti
chiami?”. Rispose: “Beatrice”. Sempre rivolta a Davide, allungandogli la manina, la bimba
aggiunse: “Vuoi giocare con me?”. Davide, eccitato, provava ad imitarla nel risalire lo scivolo al
contrario. Un altro bambino un po’ più grande, sui sette /otto anni borbottava: “Insomma! Sei
sempre la solita! Fai cose pericolose e io sono costretto a seguirti per evitare che ti faccia male!”.
Lo guardai, aveva qualcosa di buffo nelle movenze e nel tono, come di chi vuole sembrare più
grande: un piccolo uomo! Gli chiesi come si chiamasse: “Mi chiamo Andrea, ho otto anni,
frequento la terza elementare. Sono al parco per fare compagnia a mia cugina. Mamma è seduta lì
in fondo su una panchina; mi ha raccomandato di essere attento a Beatrice che ha solo cinque
anni”. Pensai “Mio Dio! Questo bambino parla come un libro stampato!”..
Intanto, Beatrice aveva completamente conquistato Davide che, urlando, la seguiva felice,
nonostante non riuscisse a muoversi agilmente come lei. Aiutai mio figlio. Beatrice mi piaceva, era
viva e serena. Andrea, invece, faticava a risalire su per la scala al contrario. Non mi guardava, nè
sembrava interessato alla mia vicinanza. Appariva piuttosto freddo.
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Mentre Davide giocava con Beatrice che lo aveva completamente affascinato, arrivò un gruppetto
di altri bambini che si rincorrevano. Mi colpì tra loro uno veloce e agile, ma talmente esuberante
da cadere e farsi male, facendo male. Gli altri lo prendevano in giro e tendevano ad allontanarlo.
Lui rispondeva con forte aggressività. Passava poi a ritirarsi spaventato. Ad un certo punto, stava
per scoppiare una rissa tra lui ed un altro bambino. Intervenne Francesco, il leader, e lo
allontanò.
Cosa ho visto negli occhi di questi bambini? Negli occhi della bambina senza nome ho colto il
dolore, in quelli di Beatrice la speranza, in quelli di Andrea il vuoto, in quelli di Massimo
l’agitazione
Ritornando agli stili di attaccamento: Beatrice presenta un attaccamento sicuro, Andrea ansioso-
evitante, Massimo ansioso-ambivalente e La Bambina senza nome quello disorganizzato
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Gli studi di Mary Main e colleghi, ideatori dell’ Adult Attachment Interview (AAI), hanno
permesso di identificare l’esistenza di un forte legame tra il tipo attaccamento del genitore e quello
del bambino che si manifesta attraverso la capacità della madre di rispondere in maniera adeguata
alle richieste del piccolo e di interpretare correttamente i suoi bisogni.
I soggetti classificati come sicuri – autonomi (free), parlano in maniera sicura delle proprie
esperienze di attaccamento, il loro racconto è coerente. Il quadro che emerge attraverso i loro
ricordi non è per forza quello di un’ infanzia totalmente felice e spensierata, ma sono comunque
arrivati ad elaborare le proprie esperienze con le figure di accudimento in maniera chiara e
consapevole. Sono in grado di parlare liberamente sia degli gli aspetti piacevoli che di quelli
dolorosi.
Gli adulti classificati come distanzianti – dismissing (Ds), hanno pochi ricordi, le risposte sono
generalmente brevi . Essi tendono a minimizzare l’influenza che tali esperienze hanno avuto sulla
loro vita. La descrizione è spesso idealizzata o al contrario svalutante.
Gli adulti definiti preoccupati – coinvolti, entangled (E), riportano generalmente frasi lunghe e
confuse, incomplete o incomprensibili. Il loro stato mentale è confuso e non obiettivo rispetto alla
propria esperienza di attaccamento. Spesso usano frasi dirette, rivolte al genitore come se fosse lì
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presente. Rabbia e confusione la fanno da padroni. Si tratta di persone ancora coinvolte, invischiate
in dinamiche familiari passate e presenti.
Infine, gli adulti assegnati alla categoria non risolto – unresolved (U), manifestano una mancata
risoluzione di episodi traumatici come lutti e abusi. I soggetti manifestano un coinvolgimento
ancora vivido e quindi attuale, unitamente a uno stato mentale disorientato, rispetto a queste
esperienze traumatiche. Questa classificazione è sempre accostata a una delle altre tre categorie
principali per meglio definire l’intervista nel suo complesso.
La cosa più rilevante che emerge dai diversi studi che correlano l’AAI alla SSP, è che non sono
tanto gli eventi infantili dei genitori in quanto tali, positivi o negativi che siano, a predire la qualità
della relazione di attaccamento con i propri figli, bensì quanto questi siano stati elaborati e integrati
in un modello coerente di sé (Caviglia,2003).
La corrispondenza tra attaccamento sicuro o insicuro del bambino e del genitore è del 78% (Main
1995). Tutti questi dati non fanno altro che avvalorare l’ipotesi bowlbiana della trasmissione
intergenerazionale dei modelli operativi interni.
Attaccamento con lutti o traumi non risolti (U) Attaccamento disorganizzato (D)
(Hesse,1999)
Alla base di tali corrispondenze categoriali vi è, dunque, l’ipotesi per cui le madri che hanno
accettato e integrato le proprie esperienze infantili e che valorizzano le relazioni, sono nella
situazione migliore per fornire delle cure sensibili ai loro bambini e per promuovere in essi un
sentimento di sicurezza ( Zeanah et al.,1993).
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6 Considerazioni finali
L’opera di Bowlby negli ultimi decenni ha dato il via a una mole impressionante di ricerche
che si sono soffermate sulla relazione tra l’attaccamento del bambino e il suo funzionamento in altre
aree come : la competenza sociale con i pari, il comportamento scolastico, le manifestazioni di
aggressività fisica e la tendenza esplorativa verso l’ambiente sociale. Quello che questi studi hanno
confermato , anche molti decenni dopo le intuizioni dell’autore, è che il modello di attaccamento
sicuro garantisce una comunicazione libera ed efficace , una conoscenza di sé e degli altri più
concreta e funzionale e quindi assicurerebbe un maggior adattamento sociale e una più elevata
probabilità di sopravvivenza. Bowlby è stato rivoluzionario anche da un punto di vista teorico.
Infatti egli ha identificato quegli aspetti del funzionamento mentale inconscio che sono indipendenti
dai processi dinamici descritti da Freud e dagli psicoanalisti classici. L’elaborazione dei MOI, e dei
processi di apprendimento implicito a questi collegati, ha costituito un’innovazione a cui hanno
aderito molte delle teorie psicoanalitiche contemporanee. Per concludere citiamo anche l’ambito
clinico dove la teoria bowlbiana dell’attaccamento aprì la strada alla nascita di un nuovo paradigma
concettuale per lo studio della psicopatologia evolutiva, stiamo parlando della Developmental
Psychopathology; disciplina orientata alla comprensione del disturbo psichico in una prospettiva
che sottolinea l'importanza delle relazioni per lo sviluppo normale e patologico che offriva così una
valida alternativa all’approccio psichiatrico tradizionale.
ESEMPIO
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sembra non avere alcuna idea sua personale si lascia trascinare dagli altri da cui dipende
completamente (attaccamento con lutti o traumi non risolti/ disorganizzato). .
Voi siete affascinati e vi trovate molto bene con il primo, siete in imbarazzo con il secondo perché
sembra disconfermare continuamente quanto dite, non è mai entusiasta veramente ed assume un
atteggiamento di superiorità distaccato. Vi sentite invece confusi ed irritati con il terzo che in certi
momenti vi idealizza e in altri vi svaluta completamente non riuscendo a reggere nessuno dei
piccoli problemi che gli portate. Verso l’ultimo provate molta pena e pensate che sia una fortuna per
lui che abbia trovato degli amici che gli vogliono bene, altrimenti sarebbe completamente da solo e
perso.
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Bibliografia
Ainsworth M.D.S., 1963: Lo sviluppo dell’interazione fra il bambino e la madre tra i
Ganda, in Id., Modelli di attaccamento e sviluppo della personalità, Raffaello Cortina, 2006.
Bowlby J., Attaccamento e Perdita, vol I : L’attaccamento alla madre, Boringhieri, 1972
Bowlby J., Attaccamento e Perdita, vol II : La separazione dalla madre, Boringhieri, 1975
Bowlby J., : Attaccamento e Perdita, vol III : La perdita della madre, Boringhieri, 1983
DSM – IV, : Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Masson, 1996
Fonagy P., Steele M., Steele H., : L’integrazione della teoria psicoanalitica e del lavoro
2008
Meins E., : Sicurezza e sviluppo sociale della conoscenza, Raffaello Cortina, 1999
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Zeanah C.H., Disturbi dell’attaccamento, in Manuale della salute mentale infantile, Milanno,
1996
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