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LE FASI DELL'INTERVENTO

Novecento ha definito→ il fanciullo paragonandolo giuridicamente al bambino,


diverso dalla persona adulta.

Purtroppo, ci sono bambini che vengono maltrattati, poiché non è stato possibile bandire del
tutto gli abusi sui minori.

L'azione dell’operatore non si esaurisce nel rilevamento del problema,


ma gli interventi nei confronti dei minori vittime di abuso e violenza generalmente
si suddivide in 3 momenti→ il rilevamento,
→ la diagnosi,
→ la presa in cura del minore.

1. Rilevare un caso di maltrattamento minorile

Gli operatori devono essere dotati di particolare sensibilità,


per riconoscere→ le situazioni a rischio di maltrattamento,
→ sia quelle in cui il maltrattamento è già in corso.

Occorre infatti dedicare grande attenzione ai comportamenti dei minori per cogliere
eventuali sintomi e indicatori di uno stato di disagio.
Bisogna procedere con cautela, cercando di analizzare i fatti in maniera oggettiva,
senza essere allarmisti ma neanche semplicisti.

L’operatori che può effettuare il rilevamento di una condizione a rischio = pediatra,

che conoscono il bambino


fin da piccolo e ne seguono
lo sviluppo dalla nascita.

Durante le visite, può accorgersi della presenza di particolari lesioni o di comportamenti


non adeguati al momento evolutivo del bambino.

*Nei casi di famiglie maltrattanti, spesso le visite dal pediatra sono poco frequenti o
inesistenti, il che rende difficile un intervento appropriato del medico.

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Altre figure professionali possono essere→ gli psichiatri, Che hanno in
→ gli psicoterapeuti cura gli adulti.

Nella realtà dei fatti, il più delle volte accade che il bambino, nel momento in cui
inizia a frequentare luoghi di socializzazione (nidi d'infanzia, scuola dell'infanzia…),
manifesti un comportamento di disagio che attira l'attenzione degli educatori o degli
insegnanti, ai quali può sorgere il dubbio di essere di fronte a un caso di
maltrattamento.
Spesso il rilevamento avviene proprio grazie alla professionalità e alla sensibilità di queste
figure.

Rilevato l'abuso, bisogna segnalare il caso ai servizi sociali della zona di


competenza affinché il minore possa essere preso in carico.
La segnalazione→ va fatta se il sospetto risulta fondato, importante è confrontarsi
con i colleghi o con professionisti che hanno una competenza specifica in merito

2. Diagnosticare il maltrattamento minorile

Dopo la segnalazione ai servizi sociali di zona, occorre effettuare una diagnosi che
confermi l'abuso e ne determini le specificità.

È necessario considerare alcuni elementi fondamentali:

• i fattori socio-culturali a disposizione della famiglia del minore (isolamento,


emarginazione sociale, condizioni abitative inadeguate, situazione familiare
irregolare, malattie mentali, dipendenze ecc.);

• il disagio manifestato dal bambino attraverso sintomi di diversa natura:


comportamentali, psicosomatici e psichiatrici.

La diagnosi deve comprendere 2 fasi:

1. Medica si basa su diverse visite ed esami→

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a. Radiografie, per rilevare eventuali traumi, contusioni e fratture.

b. TAC cerebrale, per accertare o escludere possibili traumi al cervello, ed


ecografie addominali, per controllare eventuali lesioni agli organi interni
provocate dalla violenza fisica.

c. Esami del sangue, per escludere→ somministrazione farmaci impropri,


→ sostanze tossiche o stupefacenti,
→ valutare eventuali carenze nutrizionali
dovute a trascuratezza.

2. Psicologica, volta a valutare l'importanza del disagio, a tracciare un profilo


della personalità della presunta vittima e ad individuarne punti di forza e di
debolezza.

3. Prendere in cura il minore maltrattato


Dopo la diagnosi è fondamentale farsene carico nella maniera adeguata.

La presa in cura del minore si basa su una terapia che può essere:

1. Medica→ obiettivo di curare le lesioni fisiche e le patologie conseguenti alla


violenza, comprende controlli periodici per monitorare le condizioni fisiche
del minore e valutare il suo livello di crescita.
2. Psicologica: prevede un percorso psicoterapeutico individuale o di gruppo che
persegue diversi obiettivi, tra i quali:

a. aiutare i soggetti coinvolti a elaborare le reazioni emotive suscitate dalla


violenza subita e a imparare a gestirle;
b. aiutare il minore a recuperare la relazione compromessa con i genitori;
c. attenuare la sintomatologia manifestata dal minore.

La psicoterapia indirizzata ai bambini vittime di abuso utilizza strategie diverse da


quelle a cui si ricorre con l'adulto.
È fondamentale l'utilizzo di strumenti che permettano al bambino di esprimersi con
un linguaggio consono alla sua età→ il gioco,
→ il disegno. Fase diagnostica, terapeutica.
* Utile per i bambini fino ai 10 anni;
gli adolescenti preferiscono parlare.

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LA TERAPIA BASATA SUL GIOCO

Il gioco= l'attività fondamentale dell'infanzia, attraverso la quale il bambino,


sviluppa→ abilità sensoriali,
→ motorie,
→ cognitive, Rappresentando il proprio mondo interiore
→ esprime emozioni, e la propria percezione di quello esterno.
→ vissuti personali.

La modalità ludica, permette di rielaborare in modo spontaneo i diversi aspetti della


realtà e di manifestare apertamente la propria personalità.

Tramite→ il corpo,
→ il movimento,
→ i temi e contenuti del gioco.

Dal punto di vista psicologico, il gioco si rivela un mezzo fondamentale per conoscere la
personalità del piccolo.

Il gioco in ambito terapeutico risulta decisivo per "entrare" nel mondo del bambino,
comprenderne comportamenti e stati d'animo.
In terapia il gioco viene osservato e ascoltato dal terapeuta, che ha il compito non
soltanto di cogliere gli aspetti singoli dell'attività ludica, ma avvicinarsi
emotivamente al piccolo paziente, decifrando le sue emozioni e fornendo una chiave
di lettura di quanto ha rappresentato giocando.

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LE CARATTERISTICHE DEL GIOCO NEI BAMBINI MALTRATTATI

Il gioco permette al bambino maltrattato di rappresentare in modo più distaccato, gli


eventi che lo hanno traumatizzato e di avvicinarsi lentamente a ciò che ha provocato
in lui sofferenza.
Grazie al percorso terapeutico riesce a rielaborare i contenuti negativi arrivando a
tollerarli e a superarli.
Spesso durante il gioco il bambino può mostrarsi→ agitato,
→ aggressivo,
→ incapace di rappresentare storie
congruenti e con un lieto fine.
L'attività ludica ha→ un inizio (dopo la fase del pre-gioco= preparazione del gioco),
→ uno sviluppo,
→ una fine.

Quando il bambino vive una situazione di disagio,


questa prima fase è molto prolungata, il gioco vero
proprio stenta a emergere e si registra una certa
difficoltà nello svolgere azioni spontanee.

Se il minore ha subito un maltrattamento, di frequente il suo modo di giocare


presenta le caratteristiche seguenti:
a. il bambino mostra un atteggiamento di controllo sia nei confronti dell'adulto
sia nelle interazioni tra i personaggi che animano le sue storie.
b. Le azioni del bambino sono spesso ripetitive, disorganizzate e non sono inserite
all'interno di un tessuto narrativo sensato: il piccolo cambia attività
frequentemente senza mostrare un vero interesse per nessuna.
c. Gli scenari rappresentati sono poveri, a volte addirittura assenti, e
l'immaginazione e la creatività sono estremamente limitate.

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I CONTENUTI DEL GIOCO NEI BAMBINI MALTRATTATI

I giochi dei bambini maltrattati spesso hanno tematiche che ricorrono con
particolare frequenza, tra cui:

1. la cura e l'accudimento quotidiano: rappresenta la mamma che mette a letto il


bimbo / la bimba o che prepara il pranzo / la cena;
2. il bisogno di essere protetti: vuole essere preso in braccio, coccolato o cullato
oppure rappresenta personaggi nei confronti dei quali vengono compiute
queste azioni;
3. la rabbia e l'aggressività: lancia oggetti, colpisce il terapeuta, rappresenta
mostri cattivi o animali che vengono picchiati:
4. il pericolo, la sopraffazione e il senso di vuoto: rappresenta situazioni di pericolo
in cui si devono nascondere o proteggere da mostri cattivo da adulti che
minacciano, forzano o costringono a fare ciò che non si vuole. In queste
situazioni, il bambino spesso è solo, orfano, oppure, per svariati motivi, non
può essere consolato da nessuno.

In particolare, nei casi di abuso sessuale possono emergere anche tematiche legate:

1. alla sessualità, che il bambino richiama attraverso allusioni o vaghi


riferimenti;
2. il disgusto, esprime tramite sensazioni verbalizzate o un eccessivo
bisogno di lavarsi e pulire ciò che gli sta intorno;
3. alla vergogna, che si concretizza in personaggi che compiono azioni
sbagliate, nascondono oggetti o provano imbarazzo per qualcosa.

Difficilmente nel gioco compaiono figure dolci e amorevoli, mentre sono presenti di
frequente figure cattive e aggressive, che abbandonano i piccoli.
Nel momento in cui iniziano ad apparire personaggi teneri e premurosi, che
supportano, consolano e accudiscono nella giusta maniera, si può iniziare a sperare
di essere sulla "via della guarigione".

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LA TERAPIA BASATA SUL DISEGNO

Il disegno= attività più creative del comportamento ludico del bambino e va


considerato come una sorta di "linguaggio"che comunica e rendere visibile il mondo
interiore del piccolo.

Il bambino proietta all'esterno tensioni, ansie e desideri, e dà forma ciò che è


presente nella sua immaginazione.
A tutti i bambini, piace tracciare linee su un foglio con un pennarello, poiché si
sentono gratificati dalla potenza del gesto e scoprono di essere gli artefici di qualcosa che
è creato da loro.
In seguito, le forme assumono significati e diventano la rappresentazione della
realtà.

Il disegno è uno spazio da riempire in cui il bambino sa di potersi esprimere


liberamente, senza vincoli o costrizioni: rappresenta un luogo simbolico che "accoglie"
e "contiene" i suoi vissuti e le sue emozioni.

Dal punto di vista clinico→ si ricorre al disegno in ambito terapeutico poiché è un


modo naturale e poco invadente per entrare in sintonia con i bambini.

L'attività grafica, costituisce una modalità di espressione alternativa quando il


soggetto non è in grado di esternare a parole ciò che prova o quando non riesce ad
affrontare argomenti “proibiti", considerati moralmente inaccettabili.

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IL DISEGNO NEI BAMBINI MALTRATTATI

In ambito terapeutico→ la letteratura specifica individua nel disegno infantile alcuni


indicatori tipici di maltrattamento, anche se sottolinea la necessità di non generalizzare
e di non basarsi unicamente su di essi per una diagnosi di abuso.

Le informazioni che si possono trarre sono ricavabili dalle caratteristiche


→ del tratto,
→ dalle forme,
→ dal contenuto,
→ dallo spazio utilizzato.

Importante→ modo in cui il bambino accoglie l'idea di fare un disegno,


→ quanto tempo ci mette per eseguirlo,
→ come si comporta durante la sua realizzazione.

Alcuni bambini si rifiutano di disegnare, criticando la consegna che viene suggerita loro e/o
evitando di usare i colori.

Tale atteggiamento provocatorio è rappresentativo di chiusura e sospetto nei confronti


del terapeuta e rappresenta un modo per difendersi.

Le vittime di maltrattamenti imparano a mantenere un certo distacco nelle relazioni,


perché risultano pericolose a causa dell'invasione intima.
Nei disegni spesso sono presenti alcuni
indicatori grafici nella figura umana
riconducibili → impulsività,
→ rabbia,
→ aggressività.

I bambini vittime di violenze fisiche o sessuali hanno un'immagine di sé distorta,si


ritengono→ privi di valore,
→ immeritevole,
→ incapaci.
Sono frequenti la bassa autostima, autocritiche e commenti come: “Che schifo di
disegno!”, “Non sono capace di disegnare!”; emerge anche da alcuni indicatori
grafici, come la figura umana ha le sembianze di un essere mostruoso.

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Una delle emozioni che traspare dal disegno dei bambini maltrattati è l'ansia, che si
può leggere→ nella velocità di esecuzione del disegno,
→ nella continua distrazione,
→ nell'agitazione psicomotoria,
→ nell'ascolto eccessivamente attento delle consegne.
Il bambino assume un atteggiamento di iperattenzione perché è preoccupato dalle
reazioni dell'adulto e vuole farsi accettare e voler bene.

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LE MODALITÀ DI INTERVENTO SUI FAMIGLIARI MALTRATTANTI

Quando ci si trova di fronte a casi di violenza intrafamiliare occorre prendere in


carico→ il minore maltrattato,
→ chi maltratta.

L'intervento sui famigliari maltrattanti è fondamentale perché può risultare


→ introduttivo all'intervento sul minore;
→ permette di agire alla fonte del problema e può offrire l'opportunità di ristabilire
un equilibrio familiare.

Bisogna lavorare sulla genitorialità= assunzione di responsabilità nella gestione


della relazione con i figli in tutte le sue componenti→ psicologiche,
→ affettive,
→ educative,
→ culturali,
→ etiche,
→ sociali.
Per svolgere appropriatamente i loro compiti i genitori devono promuoverne
l’autonomia e le capacità.
La genitorialità non è una qualità innata perché a essere genitori si impara
quotidianamente e in modo continuo, seguendo con regolarità e sollecitudine le
tappe di sviluppo dei propri figli, attraverso ripetuti tentativi e progressivi
adattamenti alle diverse situazioni che si presentano nel tempo.

Ci sono persone più inclini a ricoprire questo ruolo e altre, che necessitano di un sostegno per
imparare la genitorialità.

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LA PREVENZIONE

In un nucleo familiare in difficoltà, il minore rischia di trasformarsi in una vittima di


maltrattamenti fisici o psicologici, che possono compromettere seriamente il suo
sviluppo.
La diagnosi psicologica, permette allo specialista di comprendere
→ composizione della struttura familiare,
→ verificare la presenza di eventuali patologie (disturbi della personalità...) tra i
membri della famiglia,
→ di individuare possibili fattori di rischio che predispongono alla violenza,
→ valutare le risorse disponibili in funzione protettiva.

Possono rivelarsi utili interventi di mediazione familiare finalizzati a prevenire


comportamenti violenti e ad affrontare eventuali situazioni conflittuali tra i coniugi.

La mediazione familiare= strumento che permette ai coniugi in crisi di affrontare i


conflitti in maniera civile e di risolverli nel rispetto delle
esigenze e dei bisogni di entrambi.

Nasce negli Stati Uniti alla fine degli anni 60, a causa dell'aumento delle separazioni
e dei divorzi.

Essa si riconosce come uno spazio di incontro in cui una terza figura imparziale e
neutrale aiuta i membri della famiglia a negoziare e a trovare un accordo sulle
questioni familiari più controverse.

Può risultare un trattamento utile in tutti quei casi in cui esista una conflittualità
elevata ma al tempo stesso gestibile.

La mediazione familiare si rivela una strategia di prevenzione precoce delle


manifestazioni di violenza e uno strumento utile per evitare che le crisi familiari
sfocino in situazioni patologiche o croniche.

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Il mediatore familiare che ha il compito di:
1. creare le condizioni per un dialogo costruttivo e uno spazio di ascolto
adeguato;
2. ridurre il conflitto tra i membri della famiglia, favorendo il raggiungimento di
accordi consensuali;
3. ascoltare e accogliere le esigenze di ciascuno, valorizzando i punti di vista di
entrambi i coniugi;
4. non esprimere giudizi né valutazioni sull'operato delle parti: non è chiamato a
proporre soluzioni, ma ad aiutare la coppia in crisi a negoziare per trovare
soluzioni accettabili da entrambi i componenti.

La mediazione familiare avviene in sedute di circa 1 ora / 1 ora e mezza ciascuna, con
cadenza settimanale o bisettimanale, che variano da un minimo di 6 a un massimo di
15 in relazione alle necessità della famiglia.

E preferibile che alle sedute non partecipino i figli, poiché è compito dei genitori
riorganizzare la vita familiare e prendere decisioni adeguate alla risoluzione dei
conflitti.

La mediazione familiare può essere svolta da→ avvocati,


→ psicologi,
→ operatori sociali,
→ assistenti sociali.

Per ottenere la qualifica di "esperto mediatore familiare" occorre conseguire una laurea specialistica
(preferibilmente in giurisprudenza, psicologia, sociologia, servizio sociale, scienze della formazione o
dell'educazione), per poi frequentare un corso di perfezionamento in mediazione familiare
organizzato da agenzie formative accreditate. Questa professione può venire esercitata sia in regime
di libera professione sia all'interno di strutture pubbliche o private.

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LA TERAPIA FAMILIARE BASATA SUL GIOCO

In alcuni casi a necessitare di sedute terapeutiche non è soltanto la coppia, ma


l'intero nucleo familiare.

La terapia familiare è un tipo di psicoterapia che considera la famiglia come un


sistema, un insieme di elementi in stretta relazione tra loro, che si influenzano
vicendevolmente.

Questo trattamento non si concentra sui processi intrapsichici dell'individuo, ma


sull’influenza reciproca che caratterizzano il gruppo familiare, e considera la
posizione che ciascun componente occupa all'interno del sistema.
L'obiettivo= modificare il contesto all'interno del quale è emerso il disagio.

Alla seduta terapeutica sono invitati tutti i membri della famiglia.


Questo rende la terapia di non facile applicazione, sia per il costo sia per la difficoltà di
radunare molte persone nello stesso luogo e nello stesso momento.

Il gioco può essere un valido strumento in ambito psicoterapeutico.

Può trovare impiego anche nella terapia familiare,


osservare e analizzare l'attività ludica che coinvolge i componenti della famiglia.

Il terapeuta deve considerare tutto ciò che accade all'interno del setting terapeutico
(contesto specifico e sicuro" in cui si svolge l'azione terapeutica).
Fa attenzione ai seguenti indicatori relativi al gioco:
1. la coreografia che fa da sfondo al gioco: verificare se gioca da solo o cerca la
presenza dei genitori, se li coinvolge o li rifiuta; importante anche la reazione
dei genitori al gioco scelto dal figlio, i commenti che fanno, la partecipazione;
2. l'analisi descrittiva del gioco occorre analizzare il pre-gioco e il gioco
rilevando eventuali ripetitività e contenuti maggiormente presenti, è
importante anche le modalità attraverso cui gioca (parla durante l'attività
ludica o sta in silenzio);
3. l'affettività del bambino e della famiglia: È importante cogliere l'umore dei
membri, la presenza di eventuali meccanismi difensivi e le emozioni, sia
quelle espresse sia quelle trattenute.

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4. la componente cognitiva e l'uso del linguaggio: è necessario comprendere la
complessità del gioco e il tipo di linguaggio che il bambino utilizza, mettendo
questi indicatori in relazione all'età e alle tappe evolutive di riferimento;
5. la componente simbolica: ogni gioco ha una propria valenza simbolica ed è
importante conoscere quale lettura ne dicano i genitori, in modo che il
terapeuta possa poi suggerire una lettura condivisa. In questo modo si evita
che le azioni del bambino vengano interpretate in maniera univoca o che egli
venga frainteso.

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I SERVIZI A DISPOSIZIONE DELLE FAMIGLIE E DEI MINORI

I servizi sociali e socio-sanitari presenti, hanno finalità differenti come:


1. favorire la pratica e la cultura del gioco, servizi per gestire il tempo libero e
avere una funzione ricreativa per bambini e adolescenti;
2. sostenere la genitorialità, consultori o i centri per le famiglie
3. tutelare i diritti del minore rimuovendo gli ostacoli che gli impediscono una
crescita sana ed equilibrata, i servizi residenziali.

1. Servizi socio-educativi, ricreativi e per il tempo libero

Alcuni dei servizi perseguono l'obiettivo primario favorire la socializzazione tra


bambini e/o adolescenti e il gruppo dei pari, sotto la supervisione di figure adulte
competenti in grado di proporre attività socio-educative adeguate all'età di
riferimento.
Questi servizi svolgono il delicato compito di sostenere la famiglia
→ nell'accudimento dei figli,
→ nelle scelte educative appropriate per uno sviluppo sano e armonico della
personalità del bambino

a. I nidi d'infanzia: rivolti a bambini da 3 mesi a 3 anni; la finalità è occuparsi


della formazione e della socializzazione dei piccoli utenti, sviluppandone le
abilità cognitive, affettive e relazionali.
I professionisti→ educatori; perché oltre ad accudire i bambini permettono ai
genitori di regolarsi con il lavoro, propongono attività specifiche che
sviluppano l'autonomia personale e il controllo emotivo e affettivo.
b. I centri aggregativi: centri rivolti a preadolescenti, adolescenti e giovani
finalizzati a favorire la socializzazione e migliorare le capacità relazionali,
rispondendo ai bisogni tipici di questa fascia d'età; riducono i rischi di
disadattamento offrendo attività culturali di vario genere.
c. I servizi per il tempo libero e per l'animazione estiva: servizi offerti durante
il periodo estivo, al termine delle scuole, per un appoggio ai genitori che
lavorano e occasioni di incontro, socializzazione e divertimento a bambini .
● centri estivi, organizzati generalmente nel luogo di residenza degli utenti,
che accolgono minori dai 3 ai 14 anni di età dal mattino al pomeriggio:
● soggiorni estivi, rivolti ai ragazzi e realizzati in campeggio o in alberghi in
località di mare o di montagna.

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2. Servizi a sostegno della genitorialità

Per sostenere la famiglia durante l'attesa e dopo la nascita del piccolo sono stati
istituiti i consultori familiari, i quali perseguono diverse finalità, tra cui:

● fornire le informazioni che servono ad assumere il ruolo di genitori in modo


consapevole e responsabile;
● prestare assistenza ginecologica, psicologica e sociale;
● organizzare corsi di preparazione al parto;
● prestare assistenza pediatrica al nuovo nato.

I centri per le famiglie→ offrono occasioni di aggregazione sociale, spazio di incontro e


di confronto tra le coppie che necessitano di condividere problemi e soluzioni con
altre famiglie, anche tramite i gruppi di mutuo aiuto.

3. Servizi residenziali per minori in situazioni di disagio

Può accadere che i genitori non siano in grado di prendersi cura del figlio e di
assicurargli condizioni di benessere psicofisico adeguate. E bene sottolineare che
bisogna ricorrere all'inserimento in comunità soltanto nei casi di effettiva necessità,
in cui non vi sono alternative percorribili.

a. Il lavoro con le famiglie dei minori allontanati

Nel caso in cui figli siano stati temporaneamente accolti in comunità, è importante
intervenire nei confronti→ dei minori (garantendo la tutela e realizzando un progetto
di intervento personalizzato),
→ dei genitori (aiutandoli a recuperare, potenziare e
mantenere le competenze genitoriali).

Ovviamente questo è possibile se i genitori non sono deceduti, se non sono emigrati in altri
Paesi o se il giudice non ha disposto il divieto di avvicinarsi ai figli.

Gli operatori non si devono sostituire ai famigliari ma devono valorizzando le


risorse del suo contesto originario e coinvolgendo i genitori nella definizione e nella
realizzazione del progetto che riguarda il suo benessere. i risultati saranno positivi se
l’intervento è destinato sia per il ragazzo che per la famiglia; al contrario se

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l'intervento viene fatto solo per il ragazzo risulterà più facile metterlo in atto ma con
un effetto meno duraturo.

Una volta risolti i problemi, non bisogna interrompere i rapporti tra genitori e figli,
ma, fare in modo che questi rapporti vengano risanati e rafforzati attraverso incontri
e scambi relazionali regolari.

I genitori provano rabbia e sofferenza→ allontanamento del figlio perché non ne


colgono appieno le ragioni, assumono atteggiamenti di scontro con gli educatori.

Escluderli dalla vita del loro bambino non fa altro che alimentare la loro ostilità, che
diventa controproducente; bisogna cercare la loro collaborazione nel favorire il
raggiungimento degli obiettivi prefissati.

b. Le comunità

Sul nostro territorio nazionale sono presenti diversi tipi di comunità:

○ Comunità di accoglienza (o comunità alloggio): vengono suddivise per fasce


di età. In generale, le comunità di accoglienza ospitano 6/8 minori e prevedono
la presenza costante di educatori che condividono gli spazi e i tempi con gli
ospiti.

Nelle comunità che accolgono bambini da 0 a 6 anni, che:


→ non sono stati riconosciuti alla nascita;
→ sono stati abbandonati alla nascita;
→ sono oggetto di questione da parte dei genitori, che vogliono evitare
l'adozione o l'affidamento.

Questi bambini devono trattenersi nella comunità per un periodo breve, della
durata di qualche mese, non di anni.
La comunità, per come è organizzata, difficilmente riesce a fornire figure
stabili che possano assolvere il compito così delicato di essere una figura di
riferimento.
Gli operatori possono soddisfare i bisogni primari del bambino, ma non possono
assicurargli uno sviluppo affettivo adeguato, che sarebbe garantito dalla
famiglia. Perciò prima si riesce a trovare una famiglia adottiva al bambino
meglio è, per il suo benessere psicologico.

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○ Comunità per gestanti o per madri con bambino: Si occupano di ragazze
minorenni e non solo; si tratta di una comunità a cui si ricorre solo in
situazioni estreme e di effettiva necessità→ mancanza di familiari di riferimento,
→ disoccupazione,
→ problemi di natura psichiatrica,
→ status di immigrate.
L’obiettivo principale→ responsabilizzare le mamme affinché possano creare
condizioni di vita stabili per se stesse e per i loro figli, ad esempio trovare un
lavoro, una casa ecc.

○ Comunità di pronta accoglienza: comunità a cui si ricorre in caso di estrema


urgenza, quando il minore viene trovato privo di tutela o, a causa di una
(situazione molto grave, deve essere allontanato dal proprio nucleo familiare).

Accolgono minori di età tra 6 e i 17 anni che necessitano→ ospitalità,


→ protezione,
→ mantenimento.
Il compito degli operatori è→ accogliere il minore,
→ soddisfare i suoi bisogni primari,
→ trovare un canale di comunicazione adeguato;
→ ed infine di rassicurarlo sul suo futuro (progetti
di vita individualizzato).

○ Comunità di tipo familiare: Servizio che accoglie minori, caratterizzato dalla


presenza di una coppia di adulti (uno educatore professionale)
sposati/conviventi con o senza figli che si impegnano a condividere
un'esperienza basata sul modello familiare.
I compiti della comunità sono→ il sostegno della genitorialità,
→ mantenimento dei legami tra figlio e genitori
(rientro del minore in famiglia).

La comunità di tipo familiare non deve sostituirsi alla famiglia di origine, ma,
deve fungere da anello di congiunzione con il minore, si ristabiliscano legami
soldi.

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○ Strutture post-comunità: compiuta la maggiore età, il soggetto non ha più i
requisiti per occupare un posto all'interno della struttura, si trova costretto a
lasciare, pur non avendo la possibilità di andare altrove.
A 18 anni si frequenta l'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado
e non è ancora in grado di mantenersi da solo e di abitare per conto proprio.

Sono nate strutture che accolgono giovani dai 18 ai 20 o 21 anni, offrendo vitto
e alloggio per 1 o 2 anni al massimo. Si cerca di sostenere il ragazzo nel
conseguimento del diploma e nella ricerca di un lavoro e di un alloggio che
possano permettergli di diventare autonomo a tutti gli effetti.
I tempi di permanenza sono minimi, per evitare una dipendenza dai servizi
sociali.

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UN AMBIENTE TERAPEUTICO

Le comunità devono corrispondere a quello che lo psicoanalista Bruno Bettelheim


(1903-1990) chiama ambiente terapeutico globale = Lo spazio totalmente positivo a
disposizione di soggetti sofferenti, finalizzato a permettere loro di ritrovare fiducia
nel mondo esterno e una condizione di benessere psicologico.

All'interno dei servizi residenziali tutto diventa "terapeutico"→ ambiente di vita,


→ attività giornaliere,
→ le regole da rispettare.

L'ambiente di vita svolge un ruolo riparativo (recupero delle condizioni prima


dell'evento traumatico) e assolve la funzione di rieducare alla vita

L'ambiente è un fattore di grande rilevanza, deve essere→ accogliente;


→ permettere di muoversi
liberamente e di
sentirsi a proprio
agio.

Tutte le azioni sono terapeutiche, contribuiscono "ricostruire" la dignità personale,


è necessario che gli operatori sappiano comunicare affetto e protezione con i gesti
quotidiani, per sostenere e infondere in loro sicurezza.
(Raccontare una fiaba prima che vadano a dormire, mostrare come ci si lava i denti o
come si fa la doccia da soli, augurare la buona notte, rimboccare le coperte…).

LA ROUTINE QUOTIDIANA E LE REGOLE

Fondamentali è la routine quotidiana, la suddivisione della giornata in momenti ben


precisi aiuta a imparare ad alternare l'impegno con il tempo libero nella giusta
misura.
Scandire la giornata in modo predefinito infonde sicurezza negli ospiti spesso
traumatizzati (ansia).
Un altro elemento fondamentale sono le regole→ la gestione della quotidianità (orari),
→ per evitare conflitti tra gli utenti
(chi sceglie il programma televisivo).

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Fondamentale è che l'équipe stabilisca le regole in relazione alle specifiche necessità
dei minori.
Per far sì, poi, che esse vengano rispettate bisogna condividerle con i
bambini/ragazzi che vivono nella comunità e stringere una sorta di patto formativo.
Anche gli operatori devono osservare le regole, fornendo un modello di comportamento
che possa facilitare l'interiorizzazione delle norme condivise.

Se vengono violate, l'équipe può dare una punizione= no come unica modalità per
ottenere il rispetto delle regole.
Di fronte alla trasgressione→ ci si deve interrogare sul motivo che ha indotto quel
comportamento e non escludere che si tratti di una modalità usata dal ragazzo per
comunicare un disagio.

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LE PATOLOGIE NELLA CURA

I DOVERI DEI GENITORI

La trascuratezza= una forma di disattenzione e discuria nei confronti dei minori,


rientrando dunque in una delle forme di incapacità genitoriale.
Il nostro codice civile, all’articolo 147, chiarisce quali sono i doveri dei genitori nei
confronti dei figli→ educazione,
→ istruzione,
→ mantenimento.
→ cura,
→ protezione,
→ accudimento,
→ vicinanza,
→ sostegno.

Quando sono gravemente assenti, si verifica una carenza di responsabilità


genitoriale.

Negligenza e trascuratezza sono forme (dis)educative che possono comportare gravi


conseguenze sullo sviluppo futuro del bambino.

Si parla di patologia nella cura= i genitori non provvedono in modo adeguato al


corretto soddisfacimento dei bisogni del bambino, a volte, il comportamento
inadeguato di chi esercita la potestà genitoriale deriva da una scelta inconsapevole.

In molti casi, si tratta di una conseguenza di condizioni di povertà→ materiale,


→ culturale.

Impedisce al genitore di comprendere


quali comportamenti sono da adottare
per il benessere del bambino.

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IL RUOLO DELLA GENITORIALITÁ
La patologia delle cure→ forme di maltrattamenti sui bambini ed è intesa come una
prassi educativa e di genitorialità errata.
Nello specifico, rientrano in questa definizione l’ipercuria, tipica del modello
educativo di iperprotezione, e l’incuria.
Gli studi sulla prevenzione dei comportamenti devianti e negligenti dimostrano che
ci sono alcune condizioni per le quali le condotte di trascuratezza possono
verificarsi con maggiore probabilità.
Nello specifico, è possibile analizzare il nucleo familiare ed individuare alcuni
fattori di rischio che sono alla base della messa in atto di maltrattamenti sui
bambini.

FATTORI DI RISCHIO PRIMARIO


I fattori di rischio più influenti nel condizionare le condotte genitoriali sono:
1. Condizioni economiche precarie;
2. Posizione lavorativa incerta;
3. Condizioni abitative non agiate;
4. Difficoltà socio-relazionali dei genitori;
5. Famiglie disgregate e conflittuali;
6. Sfiducia verso le istituzioni;
7. Trascorsi e vissuti di violenza.

Dietro le forme di negligenza educativa vi sono dunque fattori estremamente legati


alla situazione della coppia genitoriale.
Anche la giovane età dei genitori ed un basso livello di istruzione influenzano i
fattori di rischio.

FATTORI DI RISCHIO SECONDARI


È possibile individuare alcuni fattori secondari riferiti a situazioni di debolezza e fragilità
del singolo genitore o della coppia, che sono causa della vulnerabilità educativa.
Possiamo individuare:
1. Dipendenze da gioco, sostanze, alcol;
2. Conflitti di genere nella coppia;
3. Scarsi livelli di empatia;
4. Condizione psicologica dei genitori;
5. Eventuale situazione di malattia o disabilità del minore

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Tre sono le categorie cliniche, per quanto riguarda la patologia nella
somministrazione delle cure:
1. l’incuria;
2. la discuria;
3. l’ipercuria

1. INCURIA
Incuria= mancanza di cure, di premure e di attenzioni da parte dei genitori verso i figli.

Rientrando nelle forme di trascuratezza, l’incuria può essere:


a. Fisica: presentano carenze alimentari, insufficienza di materiale scolastico,
vestiti sporchi, larghi e non adatti, problemi sanitari;
b. Emotiva: il genitore mantiene un atteggiamento di indisponibilità,
disattenzione, apatia, mancato ascolto e comunicazione con il figlio;
c. Educativa: i figli non sono sostenuti, seguiti, affiancati, presentano carenze
scolastiche legate a compiti non fatti, cambio frequente delle scuole
frequentate;
d. Medico-sanitaria: il rifiuto di sottoporre il figlio a cure mediche, terapie,
esami, controlli e visite, da parte del genitore.

Ecco l’incuria medico-sanitaria può essere correlata ad uno dei fattori di rischio.

CONSEGUENZE DELL’INCURIA

Il bambino non sperimenta l’empatia dell’adulto che gli consente di comprendere e


vivere in modo egosintonico ( soddisfare i bisogni dell’IO) il proprio mondo emotivo,
pertanto diventerà a sua volta incapace di stabilire rapporti comunicativi con i
coetanei e con gli adulti.

I bambini trascurati presentano→ una crescita inadeguata all'età;


→ mostrano un inserimento scolastico carente;
→ scarso rendimento negli apprendimenti;
→ possono allontanarsi totalmente della scuola.

Questi bambini presentano uno scarso vigore fisico.


Inoltre, manifestano una forte propensione agli incidenti domestici tra cui
l’ingestione accidentale di farmaci o sostanze nocive lasciate incustodite o alla facile
portata dei bambini.

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GLI INDICATORI DELL’INCURIA
1. Notizie sullo stato di salute: -notizie anamnestiche mancanti o parziali,
-assenza del monitoraggio dello stato di accrescimento e di azioni preventive
periodiche quali le vaccinazioni,
-disturbi organici,
- patologie croniche non adeguatamente curati o considerati.
2. Segnali fisici: - vestiti inadeguati all’età, al sesso, alla stagione;
- scarsa igiene e dermatiti recidivanti;
- distorsione delle abitudini alimentari con denutrizione o ipernutrizione;
-problemi di salute non riconosciuti dai genitori;
-rallentamento della crescita con rachitismo (quando il bambino viene
allontanato dalla situazione deprivante si assiste ad un graduale recupero di
statura e peso).
3. Segnali comportamentali: -ritardo del linguaggio,
-ritardo psicomotorio;
- iperattività e disturbo dell’attenzione,
- pseudoinsufficienza mentale;
- frequenti assenze scolastiche fino all’evasione dell’obbligo;
- scarso rendimento scolastico;
- frequenti incidenti domestici, ingestione di sostanze tossiche e difficoltà a
riconoscere il pericolo;
- pigrizia, svogliatezza e stanchezza;
- difficoltà di rapporto con i coetanei,
- tendenza alla adultomorfismo con inversione dei ruoli;
- disturbi alimentari,
- uso precoce di tabacco alcool e droghe,
- possibile sfruttamento lavorativo e sessuale.

LA DISCURIA
La discuria= quando le cure non sono adeguate al momento evolutivo.
Tali Cure si basano su un’immagine distorta che l’adulto si rappresenta del bambino.
Tale situazione è estremamente simile a quella del maltrattamento psicologico.
La discuria produce:
1. Anacronismo delle cure (ad esempio, alimentazione inadeguata per l’età)
2. Ritmi di acquisizione precoci (richieste irrealistiche del controllo sfinterico,
della deambulazione);
3. Aspettative irrazionali (richiesta di prestazioni superiori alla norma: deve
essere il più bravo).

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IPERCURA
L’ipercura= atteggiamento di cura esagerata ed eccessiva del bambino.
Questo comportamento si fonda su una visione non realistica del bambino e dei suoi
bisogni.
Può essere catalogata in 5 tipologie:
1. sindrome di Munchausen per procura,
2. medical shopping per procura,
3. help seeker,
4. abuso chimico,
5. sindrome da indennizzo per procura.

La Munchausen per procura è la forma più grave→ il genitore, inventa sintomi e


malattie per poter sottoporre il minore ad accertamenti e cure, producendo gli
talvolta gravi danni fisici oltre che psicologici.
Il comportamento conduce l’abusante a procurare lesioni e a distorcere i risultati
delle analisi non mira coscientemente a danneggiare il minore, ma a procurargli
attenzioni e cure da parte degli altri.
Si tratta di persone gravemente depresse, ansiose, solitamente maltrattate nell’infanzia,
che usano i figli per trovare una forma labile di compenso a serie patologie di tipo
dissociativo.

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