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NEUROPSICHIATRIA INFANTILE

LEZIONE 1 19/10/2022

Video 1

(bambino di 14 mesi, che interagisce con la terapista, a fianco c’è la mamma).


Si tratta di un bambino che comunica: la terapista lo sollecita, gli fa una richiesta, e lui
risponde e stabilisce anche una comunicazione di tipo sociale. Prima di interagire, guarda
mamma (come per dire “posso?”), questa è una comunicazione, anche se non di tipo
linguistico. Un’altra cosa
importante è l’attenzione condivisa (guarda lo sticker sul muro con la terapista) à questo è
uno dei segni predittivi più importanti per l’autismo; se abbiamo un bambino di 13-14 mesi
che non fa questo, non significa che sia autistico, anche perché la diagnosi si fa a 3 anni;
quindi, prima la diagnosi la possiamo solo sospettare. Un altro segno predittivo importante è
la mancata risposta al proprio nome. Questo è quindi un bambino con uno sviluppo tipico:
ha una comunicazione, usa il gesto per comunicare, interagisce con l’operatore, ha
un’attenzione condivisa. Inoltre, è in grado di fare delle richieste: la terapista sta cambiando
gioco, ma lui sembra richiedere di volere quello precedente.

Video 2

(bambino di 14 mesi che interagisce col papà)

Il bambino guarda le bolle ma non interagisce col papà, poi gli partono le stereotipie.
Poi non ha un’attenzione condivisa (quando gli indica le cose lui non interagisce).
C’è inoltre una mancata risposta al proprio nome.
Un’altra cosa è l’attenzione al dettaglio, al particolare, non all’insieme: quando il papà
indica una cosa, guarda il dito, non la direzione in cui punta; non tiene conto del contesto
sociale, della conversazione, non stabilisce una comunicazione con il papà, è molto passivo
nell’interazione. È un bambino a rischio di un
disturbo dello spettro autistico.

Video 3

(bambino intorno ai 18 mesi che interagisce con il papà)

Competenze sociocomunicative: non risponde alle gratificazioni del papà, non c’è uno
scambio comunicativo. Il contatto oculare è poco modulato, è un contatto che non serve alla
comunicazione (ogni tanto lo guarda). Quando il papà cerca l’interazione, lui si scosta, lo
evita, ha una difficoltà a comunicare. È un bambino molto passivo.

Video 4

(bambina con una psicologa)

Mancata risposta al nome, anche se viene sollecitata più volte. La mancata risposta al nome
è una difficoltà sociocomunicativa, questo è il motivo per cui questi bambini vengono
interpretati dai genitori come bambini sordi.
Video 5

(bambino che interagisce con un terapista)

Dentro la scatola ci sono dei cracker, il terapista lo sollecita, il bambino è interessato al


contenuto della scatola, ma non riesce a chiedere aiuto. È molto isolato, non entra
minimamente in relazione con l’altro.

Video 6

La psicologa sta parlando con il genitore, il bambino è quindi isolato dal contesto, fa delle
stereotipie motorie.

Per poter fare una diagnosi di autismo è necessario che ci siano tutti questi segni insieme, in
maniera più o meno marcata, però se ci sono dei bambini che hanno stereotipie motorie,
non significa che siano autistici, esiste per esempio il disturbo da stereotipie motorie. La
cosa che va cercata per una diagnosi di autismo è il disturbo sociocomunicativo, la chiusura.
Ci sono forme però in cui c’è un disturbo sociocomunicativo ma non ci sono le stereotipie o
gli interessi ristretti, quello si chiama disturbo socio pragmatico.

In diagnosi differenziale quindi cosa ci dobbiamo chiedere per una diagnosi di autismo?

Ø Se è sordo, perché se lo fosse alcuni comportamenti potrebbero essere spiegati.

Ø Se ha un grave ritardo dello sviluppo, perché in tal caso sarebbero bambini che
possono comportarsi in maniera simile al bambino autistico. Come facciamo a
differenziarli? Cerchiamo la risposta al nome, la comunicazione gestuale, ma soprattutto
lo sviluppo motorio. Un bambino autistico in genere (non è vero sempre), cammina entro
l’anno, non ha un ritardo motorio. I bambini autistici hanno dapprima uno sviluppo tipico,
ma poi una regressione, si fermano.

Ø Disturbo del linguaggio, la cui diagnosi parte dai 4 anni, prima parliamo di ritardo
semplice di linguaggio. Un bambino con un ritardo semplice di linguaggio comunica,
non con le parole ma con il gesto; mentre nel bambino autistico troviamo, se non
l’assenza, comunque un’alterata qualità della comunicazione: quando sono piccoli non
rispondono nemmeno agli stimoli positivi, per esempio le facce sorridenti, oppure il
pianto per una richiesta, non utilizzano l’altro nel contesto comunicativo, un bambino con
un ritardo del linguaggio invece sì.

DISTURBI DEL NEUROSVILUPPO.

Cosa sono? Disturbi legati alla maturazione del sistema nervoso, si presentano infatti
precocemente. Quali sono? Autismo, disabilità intellettiva, disturbo di
linguaggio, ADHD, disturbo della coordinazione motoria, DSA.

Questi sono quindi tutti disturbi legati a un’alterata maturazione del SN, e che si
accompagnano nel corso dello sviluppo (per es. nei DSA finché non vanno a scuola, non ci
sono predittori).
Dunque, l’autismo è un disturbo del neurosviluppo, è un disturbo biologico.
Disturbo dello spettro autistico è un termine introdotto di recente, con il DSM V
(pubblicato nel 2013); prima si parlava di autismo, sindrome di Asperger, disturbo non
altrimenti specificato. Perché il DSM V
sostituisce tutta questa nomenclatura con un termine più ampio?
Perché la letteratura ci dice che non è sempre facile distinguere un autismo da alto
funzionamento (Asperger) da un autismo con QI non verbale alto, quindi le diagnosi non
sono settoriali, ma in realtà ci sia una continuità di una con l’altra. Per esempio, la febbre:
37.1 è febbre, anche 38,39, ma la gravità del disturbo fa la differenza. Il disturbo dello
spettro autistico è la stessa cosa: è un disturbo dimensionale, non categoriale. Altri
disturbi dimensionali sono l’ipertensione, il diabete, dove quindi la gravità fa la differenza.

LE CARATTERISTICHE:

Ø C’è una compromissione generalizzata, i comportamenti dei bambini, per essere


definiti autistici devono essere presenti in tutti i contesti del bambino: se un bambino si
comporta a scuola come i bambini dei video, ma a casa no, non ha un disturbo
generalizzato, ma è una manifestazione del comportamento legata a uno specifico
contesto. Oppure quel bambino a casa funziona male e in terapia invece no, non ha un
disturbo, ma ha una difficoltà nella relazione con i genitori. Il nucleo
del disturbo è la compromissione generalizzata della comunicazione e interazione
sociale. Prima del 2013 questi aspetti erano divisi, nelle definizioni di autismo vecchie, si
parlava di una triade, mentre adesso si parla di una diade (due sintomi principali). La
triade era composta da: disturbo della relazione, disturbo della comunicazione e poi
presenza interessi ristretti. Non si distingue più comunicazione e interazione sociale
perché si è visto che non è facile se quello è un problema di comunicazione o di
interazione sociale (quel bambino non comunica con l’adulto perché c’è un problema di
comunicazione o perché non interagisce da un punto di vista sociale?). dato che non è
facile distinguerla, si preferisce tenerlo insieme: disturbo sociocomunicativo.

Ø Comportamenti, interessi ed attività ristretti, ripetitivi e stereotipati. Stereotipie


motori (sfarfallio, guardare avanti e indietro, il camminare sulle punte dei piedi). Sono
bambini affascinati dai particolari, per esempio hanno sempre un gioco prediletto (la
macchina, di quella gli piace vedere la ruota che gira, si stimolano molto). Interessi
ristretti, il sapere tutto di una determinata cosa (per es. sapere tutti i nomi dei dinosauri).

L’autismo non è necessariamente una malattia, per essere un disturbo deve compromettere
la qualità di vita del bambino e dell’intero nucleo familiare. Ci sono forme di autismo
compatibili con la vita normale. Alcuni hanno grosse difficoltà a vivere le relazioni,
l’intelligenza sociale, sono quelli che dicono e cose più tremende, inopportune, non valutano
l’impatto emotivo di alcune forme di comunicazione. L’autismo è uno spettro,
ci sono forme anche di normalità, nel senso di autonomia possibile, tant’è che si parla di
condizione autistica, un po’ come la sindrome di Down, non è di per sé una malattia, è una
condizione, che poi in molti casi si esprime come ritardo mentale, disturbo del
comportamento, del linguaggio, e lì diventa un disturbo.
In psichiatria per l’autismo, per il ritardo mentale non si hanno test che consentono di fare
diagnosi, nessuna diagnosi si basa su un test in psichiatria. Per poter definire un bambino
con ritardo mentale è necessario un QI inferiore a 70, ma è necessario anche che non
risponda alle richieste che il contesto di vita gli pone davanti. Ci sono bambini con un Q.I. di
60 ma che sono perfettamente inseriti nel loro contesto. Quindi un bambino autistico può
avere qualche interesse ristretto, ma non avere problemi a relazionarsi, oppure può non
guardarti negli occhi, o ancora avere una prosodia piatta (elemento caratteristico), ma non
avere un disturbo.

I core sintoms sono:

Ø Deficit della reciprocità socio-emotiva, noi questa condizione la vediamo


frequentemente: quando saliamo su un ascensore e c’è una persona, generalmente
guardiamo per terra e aspettiamo di arrivare al piano in silenzio, cioè una condizione in
cui il livello di reciprocità socio-emotiva con l’altro è praticamente nullo, questa è
un’esperienza autistica, ma la differenza sta nel fatto che gli autistici non lo fanno in
maniera volontaria, noi si.

Ø Deficit nei comportamenti comunicativi non verbali utilizzati per l’interazione


sociale, difficoltà nell’uso della gestualità, della prosodia, che accompagnano il
linguaggio verbale.

Ø Deficit nello sviluppo e nella gestione delle relazioni, il prof. racconta un esempio
di un quindicenne mai diagnosticato, portato dalla madre in quanto il figlio non esce più
di casa. Alla domanda del perché non vuole più uscire di casa, il ragazzo risponde che
degli altri non gli interessa più niente, l’unico interesse che lui ha è la fama. Ha già
100.000 followers e vuole arrivare al milione, così sarebbe diventato ricco. Lui è un
autistico, anche se si va a rivedere la storia, ci sono dettagli che sono stati sottovalutati
da piccolo (mancata risposta al nome, difficoltà di inserimento nel gruppo di pari) che ne
fanno un autistico ad alto funzionamento. Quindi
queste persone non vuol dire che non siano empatiche, ma è proprio un disinteresse
della relazione con l’altro.

ALTRI PATTERN COMPORTAMENTALI (non devono per forza presentarsi tutti insieme)

- Movimenti motori, eloquio o uso degli oggetti stereotipato e ripetitivo:

o stereotipie motorie

o ecolalia => l’ecolalia è una stereotipia verbale: è la ripetizione dell’ultima


frase che il bambino sente. Le ecolalie possono essere la ripetizione fuori
contesto che i bambini hanno sentito in un cartone animato, ma non a
scopo comunicativo.

o uso ripetitivo degli oggetti

o frasi idiosincratiche => frasi che non c’entrano nulla con il contesto

- Interessi molto limitati o anormali per intensità e profondità


- Difficoltà nell’adattarsi ai cambiamenti ed eccessiva aderenza alla routine (ad
esempio un bambino che deve andare all’asilo e si dispera se per andare la mamma
cambia strada, i traslochi, spostare l’ordine di alcuni oggetti/mobili)

- Iper o ipo-reattività a input sensoriali: hanno fastidio ai rumori (alle feste di


compleanno scappano disperati, con urla e pianto quando si canta tanti auguri, mani alle
orecchie se sentono parlare un po’ più alto. Oppure sono particolarmente sensibili al
tatto, per cui non vogliono essere toccati. Sono molto sensibili agli stimoli dolorosi (per
cui si possono far del male senza accorgersene) e agli stimoli visivi (tanto che a volte
arrivano ad autostimolarsi, ad esempio muovendo le dita davanti agli occhi: non è una
stereotipia ma una stimolazione della vista + sguardo tangenziale)

Qualcuno parla anche di SELETTIVITA’ ALIMENTARE: mangiano soltanto alcune cose =>
questo è legato ad una ipersensorialità, ad esempio mangiano cose di un certo colore o di
una certa consistenza. La SENSORIALITA’ è un aspetto che va stimolato molto e i
logopedisti sono chiamati nel trattamento della disprassia verbale che spesso si associa a
questi casi: molti bambini con disturbo dello spettro vengono trattati con il metodo PROMT
perché fanno molta fatica a masticare. Questo metodo migliora la coordinazione oro
facciale.

È un disturbo DIMENSIONALE, e non categoriale (autismo sì e autismo no).

MODIFICATORI (DSM5)

· Il DSM 5 si è inventato degli SPECIFICATORI perché il disturbo di autismo


spesso si associa ad altri disturbi, come tutti gli altri disturbi del neurosviluppo,
perché il cervello va incontro a maturazione alterata che quindi non è così
selettiva: non colpisce solo il disturbo del linguaggio, ma spesso i bambini con
disturbo del linguaggio sono anche iperattivi (classica figura del bambino che
parla male ed è obeso), quindi c’è una sovrapposizione tra ritardo del linguaggio
se ha 3 anni e iperattività, oppure autismo e ADHD, autismo e disabilità intellettiva
=> i disturbi del neurosviluppo hanno come caratteristica la COMORBIDITA’ che
ovviamente porta ad una condizione più grave rispetto a chi magari ha un solo
disturbo. Quindi per modificatore si intende questo e quando faccio una diagnosi
di disturbo dello spettro autistico devo indicare se ci sono o no associate la
compromissione intellettiva e la compromissione del linguaggio

Un altro modificatore è se c’è una condizione genetica associata anomala: quando


questo c'è, ci troviamo di fronte alle condizioni più gravi (il 30% dell’X fragile ha un
autismo)

Associato a un altro disturbo del neurosviluppo, mentale o comportamentale

È importante inquadrare i disturbi associate, perché spesso c'è il fenomeno di


OVERSHADOWING, ossia di MASCHERAMENTO => “bhe è autistico per forza non
dorme la notte, bhe è autistico per forza che è iperattivo, bhe è autistico per forza che
è ansioso”: e questo porta i medici a non trattare la comorbidità, lasciando che la
qualità di vita del soggetto sia peggiore.
· Quindi quando facciamo la diagnosi definiamo anche un LIVELLO DI GRAVITÀ:
l’intensità del disturbo fa la differenza

- Livello 1: è necessario un minimo supporto

- Livello 2: è necessario un supporto significativo

- Livello 3: è necessario un supporto molto significativo

L’autismo è un disturbo molto frequente: quasi il 2% della popolazione è autistica


(comprendendo anche la condizione autistica). I bambini tra i 6 e i 10 segnalati nella scuola
italiana è lo 0,7%. Il rapporto è più frequente nei maschi piuttosto
che nelle femmine, come in tutti gli altri disturbi del neurosviluppo: questo perché c'è una
componente genetica rilevante (nelle donne invece sono più frequenti la depressione e i
disturbi alimentari). Questo rapporto di 4:1 forse non è corretto perché probabilmente noi
siamo meno pronti a fare diagnosi di autismo nelle bambine piuttosto che nei bambini: e
questo è un dato culturale => in molte culture il fatto che le bambine siano più riservate
introverse è più accettato rispetto a che lo siano i maschi, quindi il comportamento di
chiusura delle bambine viene interpretato come un comportamento di inibizione, tipico di
alcune culture (esempio di alcune regione italiane).

I casi sono aumentati notevolmente perché cambiano i criteri diagnostici: il concetto di


spettro mette dentro anche i casi lievi, le condizioni di autismo. Siamo anche più attenti e più
bravi a fare diagnosi. Trent’anni fa le forme gravi magari venivano classificate come ritardi
mentali. Anche i pediatri fanno degli screening sull’autismo che prima non facevano. Ma
l’ipotesi che ci sia un reale aumento non può essere scartata del tutto.

CONDIZIONI DI RISCHIO

- Fattori genetici

- Fattori ambientali (come ad esempio l’inquinamento)

L’assistenza delle persone autistiche costa molto perché una condizione cronica e
l'aspettativa di vita di queste persone è molto simile a quella della popolazione generale.

DIAGNOSI è non è responsabilità della logopedista ma è bene saperlo. La diagnosi certa di


fa a 3 anni, prima dei 3 anni dobbiamo parlare di un sospetto, di un rischio di disturbo dello
spettro autistico. Tutte le linee guida dicono che se c’è un sospetto, quello va trattato come
se lo fosse per ridurre il rischio che questa diagnosi si confermi a 3 anni => fino a 3 anni c’è
una buona possibilità che i bambini recuperino. . Dopo i 3 anni la diagnosi se è eseguita
correttamente, diventa DIAGNOSI CRONICA (comprende anche il rischio che subentrino
“comportamenti problema”) => la guarigione si recupera solo al 7%, quindi c’è ancora la
possibilità di uscire dallo spettro. La diagnosi è CLINICA => si basa sull’OSSERVAZIONE. Il
test è uno strumento che guida l'osservazione (c’è l’ADOS, ma non è che un punteggio
positivo dell’ADOS consente di fare diagnosi).

Gli esami strumentali che devono essere richiesti sono esame audiometrico e esame
genetico (array CGH che è il sequenziamento del DNA che si fa perché nel 30% dei casi ci
sono delle alterazioni del DNA che sono compatibili al disturbo dello spettro e quindi ci
aiutano a capire l'origine del disturbo). Tutti gli altri sono esami di secondo livello, cioè si
fanno solo in alcune condizioni (come ad esempio nei bambini che hanno la tendenza al
peggioramento, ad una regressione grave: la regressione è quella condizione in cui i
bambini hanno uno sviluppo normale fino ai 18 mesi, poi regrediscono, perdono le
acquisizioni fatte prima. Se c’è una regressione grave allora si consiglia una risonanza
magnetica. Elettroencefalogramma solo se ci sono convulsioni (perché questi esami
richiedono un’anestesia, la quale prima dei 5 anni ha un impatto sullo sviluppo cognitivo).

CRITERI:

Ø Osservazione dell’interazione sociale

Ø Compromissione dell’attenzione condivisa:

- Contatto oculare, solo per brevi momenti

- Non lo utilizzano per dirigere l’attenzione su oggetti o eventi fonte di


interesse condivisi

- Appaiono «isolati» o «passivi», con mancanza di iniziativa sociale

- Stile relazionale caratterizzato da sola osservazione degli altri

Ø Compromissioni qualitative della comunicazione

- Alcuni bambini non rispondono al loro nome quando vengono chiamati


dai genitori e spesso danno l’impressione di essere sordi.

- Può essere presente ecolalia precoce

- Intonazione del linguaggio piatta, monotona, senza particolari inflessioni


emotive

- Incapaci di iniziare o sostenere una conversazione con una modalità


bidirezionale

- Incapacità di fare richieste di aiuto

- Il bambino con DSA può anche usare neologismi

- Difficoltà di modulare il lessico e lo stile conversazionale ai diversi


contesti.

Ø Comportamenti, interessi e attività ristrette, ripetitive e stereotipate


- Interesse inusuale e intenso verso determinati oggetti o attività.

- Assorbiti in rituali e routine quotidiani fissi.

- Preoccupati nel mantenere l’immodificabilità dei contesti, sia a casa sia a


scuola

- Intense reazioni emozionali e persino aggressività co i cambiamenti

- Stereotipie, ovvero la ripetizione di una sequenza invariata e costante di


comportamento

DISTURBI ASSOCIATI ALL’AUTISMO: l’autismo non si presenta quasi mai da solo, ma


perlopiù associato ad altri disturbi

· Disturbi dello sviluppo

- Disabilità intellettiva 45%

- ADHD 28-44%

- Disordini da Tic 14-38% => non sempre è facile distinguere i tic dalle
stereotipie

· Disturbi medici

- Epilessia 8-30

- Disturbi gastrointestinali (diarrea, stipsi e vomito) 9-70%

- Disturbi del sonno 50-80% à anche questi vanno trattati

· Disturbi psichiatrici (man mano che i soggetti crescono e diventano adolescenti)

- Disturbo da abuso di sostanze < 16%

- Disturbo oppositivo provocatorio 16-28%

- Disturbi alimentari (picacismo) 4-5%

· Disturbi comportamentali

- Comportamenti aggressivi

- Comportamenti autolesivi

- Ideazione suicida/tentativo di suicidio (a cui spesso arrivano secondo un


meccanismo razionale: che senso ha vivere)
L’autismo non è solo un disturbo, ci sono anche dei punti di forza. Gli autistici ad alto
funzionamento possono avere una serie di abilità particolari.

CAUSE AUTISMO: (eziopatogenesi multifattoriale)


Nei primi anni molte motivazioni erano di tipo psicologico: questi aspetti poi intorno agli anni
’70 sono caduti in disuso. Abbiamo molte prove che così non è. Ci sono molti fattori che
documentano come queste situazioni compaiono a causa di alterazioni che si presentano
già prima della nascita (ad esempio l'uso di farmaci in gravidanza).

- Fattori genetici: il rischio di avere un figlio autistico è circa l’1%, Se però una
coppia ha già un figlio autistico e fa un secondo figlio, la probabilità che questo
sia autistico sale al 18%, se poi è maschio sale al 26% => questa è
un’informazione che i genitori devono possedere. Abbiamo una popolazione ad
alto rischio di autismo: sono i fratellini, i bambini maschi nati dagli stessi genitori.

La genetica spiega molti dei fattori, spiega fino al 90%. La genetica può dire non che c’è
necessariamente qualcuno in famiglia che già è autistico, ma che il disturbo è legato da una
segregazione all’interno Delle famiglie del disturbo. La genetica spiega moltissimo dei
disturbi del neurosviluppo e in particolare dell’autismo.

FATTORI DI RISCHIO è vuol dire che determinati fattori possono aumentare la probabilità
che questi disturbi si verifichino. Se pratichiamo una vita sedentaria abbiamo maggior rischio
di sviluppare malattie cardiovascolari, se fumiamo il tabacco abbiamo un rischio ancora più
alto per malattie cardiovascolari e tumori ai polmoni. RISCHIO NON VUOL DIRE
CERTEZZA CLINICA, non è che tutti quelli che fumano avranno il cancro ai polmoni, o quelli
che stanno sul divano invece che in palestra avranno un infarto, è un fattore di rischio, è un
elemento che aumenta la probabilità che un certo fenomeno si verifichi. Nessuno di questi
fattori da solo è sufficiente né necessario.

- Esposizione in gravidanza ad agenti inquinanti: vivere vicino ad un’autostrada,


aumenta la probabilità di avere figli autistici piuttosto che in campagna. Oppure vivere in
una grande città a pianterreno porta un rischio maggiore rispetto a vivere all’attico.

- Basso peso alla nascita e prematurità: il 10% dei nati prematuri ha ADHD o
autismo. Il basso peso è molto legato all’uso di fumo in gravidanza.

- Avanzata età paterna: questo in realtà è un dato su cui si discute ancora molto,
non ci sono dati definitivi. Con l'avanzamento dell'età paterna c'è un maggior rischio
perché la spermatogenesi, a differenza dell’ovogenesi (ovociti presenti sin dalla nascita e
vanno incontro solo a maturazione periodica), è un fattore continuo, ogni 3 mesi si
rinnova tutto il patrimonio di spermatozoi => questo determina una frequenza di divisione
cellulare molto alta, e ogni divisione cellulare si porta con sé il rischio di microerrori
(microduplicazioni e microdelezioni) che ci consentono di non essere identici ad esempio
a nostro fratello/sorella e che nella maggioranza dei casi non si associano alla malattia,
ma in altri casi possono determinare l’autismo. questo fattore è legato proprio a qualcosa
che si trasmette nel corso delle generazioni: anche se il nonno del bambino autistico ha
concepito più avanti nell’età, questo si porta dietro nelle generazioni successive.
Ultimamente va “di moda” la relazione tra il microbioma e autismo => il microbioma è la flora
batterica che ognuno di noi ha nell’intestino, ed è un patrimonio particolarmente utile che
contribuisce alla variabilità individuale. Noi prendiamo in prestito il genoma dei batteri che ci
portiamo dietro. Ma è importante anche il fatto che c’è una forte corrispondenza tra cervello
e intestino: quando si forma l'embrione, i tessuti embrionali da cui derivano il sistema
nervoso e l'intestino sono gli stessi. E c’è tutto un filone di ricerca che mette in relazione la
comparsa di molti disturbi anche autoimmuni con alterazioni proprio a livello intestinale
(sclerosi multipla, depressione) e questo ha trovato forti basi nel modello animale: noi
abbiamo modelli animali per molti disturbi (topo autistico, topo depresso) => si è visto che se
trapiantiamo le feci di un topo depresso in un topo sano, quel topo sano diventa depresso =>
questo si è visto anche con l'autismo. C’è un piccolo particolare: quando proviamo a
trasmettere questo modello dell'animale all’uomo, funziona meno bene, l’effetto è meno
netto, quindi è meno chiaro l’impatto che il microbioma può avere sullo sviluppo di alcuni
disturbi.
I bambini autistici in una percentuale molto alta presentano disturbi gastrointestinali =>
quindi può avere senso misurare il microbioma, si può valutare che tipo di flora batterica c'è
nell'intestino, e si può correggere con degli integratori, e lì dove è sufficiente si arriva a fare il
trapianto fecale: si annullano tutti i batteri intestinali del bambino e si prendono dei donatori
sani (donatori che hanno uno spettro batterico intestinale conservato.
(questo ci porta a dire che c’è una natura biologica del disturbo)

VACCINI
Diciamo adesso due cose sui vaccini, questa questione ci aiuterà a capire uno dei concetti
centrale, ovvero il rapporto temporale rispetto al rapporto causale.
La storia dei vaccini nasce nel 1988 quando venne pubblicato un articolo su un giornale
inglese, in cui un medico di nome Andrew Wakefield presentò 12 casi in cui metteva in
relazione in 8 di questi, la comparsa di sintomi autistici dopo la vaccinazione (in particolare il
vaccino per la trivalente). Poco dopo si è scoperto il conflitto di interesse dell'autore, il quale
era collegato ad un'industria farmaceutica che promuoveva un nuovo vaccino, e quindi la
conseguente falsità dei dati riportati, con il solo scopo di sostituire il vaccino diffamato con il
proprio.
Sembrava tutto finito, ed anche altri studi nel tempo hanno dimostrato come i vaccini non
hanno una correlazione con i sintomi dell'autismo (studi fatti dall'OMS, paesi che hanno
sospeso le vaccinazioni nei quali tuttavia non vi è stata una diminuzione dei casi ma anzi un
leggero aumento)

Nel 2019 è stato pubblicato poi un altro articolo in cui, in Danimarca, hanno seguito 157.000
bambini (nati in un determinato periodo) sino al compimento dei 3 anni. Hanno valutato poi,
quanti e quali di questi bambini erano diventati autistici e quali no, confrontando questi dati
con chi era stato vaccinato e chi no, sia nel gruppo di bambini risultati con autismo, sia nel
gruppo dei risultati neurotipici. Non trovarono nessuna differenza. Non risultava che nel
gruppo di bambini con autismo ci fosse una percentuale di vaccinati maggiore rispetto
all'altro gruppo.

Questo mito continua tuttavia a sopravvivere, perché c'è in realtà un RAPPORTO


TEMPORALE:
I sintomi dell'autismo diventano molto evidenti intorno ai 18 mesi, tra il primo e il secondo
anno di vita, nello stessa fascia d'età in cui i bambini vengono vaccinati. C'è quindi un nesso
temporale, coincidono i tempi. I sintomi dell'autismo compaiono quindi più o meno nel
periodo in cui si fa il vaccino, questo nesso temporale non è da considerare un nesso
causale. Non è detto che, quando due eventi si verificano contemporaneamente, uno causi
l'altro (es. Estrema unzione correlata alla morte, non è che l'estrema unzione causa la morte
di una persona solo perché quella persona poco dopo muore, semplicemente si fa nello
stesso periodo, c'è un nesso temporale).
Ed è proprio per questa correlazione temporale che sopravvive il mito del vaccino che causa
autismo. Questo fa sì che molti bambini non vengano vaccinati.

TRATTAMENTI: NECESSITÀ DI INTERVENTI PRECOCI

Ciò che sappiamo sull'autismo è che ha necessità di interventi precoci.


Dobbiamo quindi arrivare alla diagnosi più precocemente possibile. Tutti gli studi mostrano
che ogni trattamento è più efficace se iniziato il più presto possibile. Quanto è presto? Se
possibile anche a 18 mesi, il bambino che ho mostrato ad inizio lezione, quello di 14 mesi,
già richiederebbe un intervento precoce. Anche se non abbiamo la certezza della diagnosi,
abbiamo solo elementi di rischio, dobbiamo intervenire molto precocemente.
Abbiamo bisogno quindi di una diagnosi precoce.

La Diagnosi di autismo è una diagnosi clinica, basata sull’osservazione. Inoltre abbiamo


degli strumenti che ci aiutano nell’osservazione: i test.

Si valutano sempre i vari Profili del bambino


● PROFILO COGNITIVO: deve essere valutata la comorbidità con la Disabilità
intellettiva. A seconda dell’età e del livello di partecipazione si può scegliere tra
diverse scale.
○ GMDS II: è la scala Griffiths, che ci dà il Quoziente di Sviluppo.
○ LEITER 3: la scala non verbale, da usare nei bambini non verbale, a partire
anche già dai 2 anni
○ scale WECHSLER
○ Matrici di Raven: anche queste non verbali
● PROFILO SINTOMATOLOGICO: descrivono i sintomi principali dell’autismo, dal
disturbo socio comunicativo alla presenza di interessi ristretti
○ ADOS-2: per poterlo somministrare, occorre fare un percorso formativo
specifico che abilita con una sorta di “patentino” (di solito psicologi abilitati)
○ ADI-R: è un’intervista fatta ai genitori, molto utile con i ragazzini più grandi,
per sapere se già da piccolo mostrava dei sintomi di autismo.
○ CARS 2: (scaricabili gratuitamente) affidabile quasi quanto l’ADOS ma solo
sui casi gravi. Si fa molta più fatica ad intercettare i casi lievi.
○ M-CHAT: (scaricabili gratuitamente) screening utilizzato spesso dai pediatri,
con delle domande da fare alla mamma, e delle richieste.
○ SCQ e SRS: sono due test sulle abilità socio-comunicative e sulla relazione.
Altamente predittivi rispetto ad una corretta diagnosi anche se non sono
direttamente legati all'osservazione del bambino.

● PROFILO ADATTIVO: Importante perché noi andiamo a valutare l’impatto che la


sintomatologia autistica ha sulla qualità di vita (QoL) che abbiamo detto essere uno
dei criteri diagnostici importanti. Il provino adattivo deve essere valutato sempre, in
tutti i disturbi dello sviluppo (disabilità intellettiva, ADHD)
○ ABAS II: scala con una somministrazione più rapida rispetto alle VABS
○ VABS II: (Vineland) sono le scale più articolate
A seconda del tempo a disposizione si sceglierà una scala piuttosto che l'altra. Inoltre
queste scale sono somministrabili dai logopedisti.

● PROFILO COMPORTAMENTALE PATOLOGICO: ricordiamoci che l'autismo spesso


si associa ad una comorbidità psichiatrica, non solo in età adolescenziale ma anche
in età pediatrica (come l'ADHD o il disturbo oppositivo provocatorio).
○ CBCL: un questionario auto somministrato dato ai genitori ed al ragazzo un
po' più grande, se collaborante. Questo ci dà un profilo con una serie di
prodotto scale per la presenza di alcuni disturbi psicologici (es. In adattivo,
disturbi internalizzanti, disturbi del comportamento, depressione, ansia).
○ K-SADS: è un'intervista semistrutturata, molto più articolata della CBCL, non
è un test autosomministrato, che lo psicologo realizza direttamente
intervistando i genitori. Intervista semistrutturata significa che non vengono
fatte domande precise con domanda e risposta, ma organizzo un discorso
intorno ad alcune domande (es. Ti senti mai triste? Ti senti mai solo? Hai mai
pensato a farti del male per questo motivo? Hai mai pensato di voler morire
per questo motivo?). È quindi un'intervista più articolata ed è consigliabile un
periodo di formazione. Ma soprattutto è fondamentale conoscere il DSM 5
che indaga tutti i quadri psicopatologici compresenti.

● PROFILO LINGUISTICO: questa parte è di competenza del logopedista.


○ PVB: (primo vocabolario del bambino)
○ PingG:
○ BVL: (batteria verbale)
○ CCC-2: prove sulla pragmatica del linguaggio, l'aspetto più funzionale del
linguaggio che è l'aspetto più critico in un bambino con disturbo nello spettro
autistico.
La necessità di utilizzare questi test non è scritta da nessuna parte, nessuno ci dice che
debbano essere utilizzati. Questo è quello che viene fatto al Bambino Gesù. Questo è ciò
che verrà trovato come raccomandazione per esplorare queste diverse aree.
La valutazione è comunque impegnativa, al Bambino Gesù impiegano tre mezze giornate
per poterla realizzare. Ci sono altre scuole di pensiero, con forte impostazione psicoanalitica
(un po' più vecchie), ed in queste, le diagnosi duravano anche 6 mesi perché bisognava
accompagnare il genitore ad accettare la diagnosi. Ma adesso la corrente di pensiero è che
sostiene che la diagnosi debba essere il più tempestiva e precoce possibile così da poter
iniziare un trattamento il più precocemente possibile.

Questo protocollo ci suggerisce che le migliori valutazioni sono le valutazioni svolte in


equipe. Un lavoro in equipe mista, in cui il neuropsichiatra lavora direttamente con lo
psicologo, con il logopedista. Ognuno con la propria libertà ed autonomia professionale, il
bambino viene quindi visto sotto diversi punti di osservazione, ed infine viene fatta una
sintesi comune. Non devono essere nemici/avversari i partecipanti all'equipe, si collabora
per poter intercettare il funzionamento del bambino secondo più punti di vista, e questo è
una ricchezza, non una debolezza.
(Es. neuropsichiatra→aspetti comportamentali, la storia clinica, le basi biologiche;
psicologo→aspetti comportamentali; logopedista→aspetti comunicativi, qualità della
comunicazione, è solo un disturbo di tipo socio pragmatico o invece è un disturbo dello
spettro autistico?)
Ognuno ha una competenza differente, e questo andrebbe valorizzato.

Con questo schema entriamo un po' più nel


dettaglio di alcuni dei test precedentemente
visti.
● STRUMENTI DIRETTI:
legati direttamente all'osservazione
● STRUMENTI INDIRETTI:
autosomministrati o test da fare ai genitori.

LINEE GUIDA PEDIATRICS 2020

Vediamo ora le ultime linee guida del 2020 pubblicate sul Pediatrics (associazione pediatrica
americana). Questa ci presenta come andrebbe approcciato un bambino. Sono sicuramente
più audaci, facendo diagnosi di autismo già verso i 18 mesi di età, anche se poi, le
raccomandazioni internazionali restano quelle di aspettare i 3 anni per la certezza. Dare una
diagnosi a 18 mesi, significa più che altro, che appena il bambino viene sospettato come
autistico, l’intervento deve iniziare.
Abbiamo bisogno di diagnosi precoci.

SEGNI PRECOCI, PREDITTIVI DI AUTISMO

Per fare una diagnosi precoce, abbiamo bisogno di segni precoci che ci dicano che il
bambino è a rischio di autismo.
COME SI INDIVIDUANO
Posso chiedere ai genitori dei video.
Posso seguire la popolazione ad alto rischio→i fratelli dei bambini autistici (rischio del 26%).
Per questo sono nati una serie di consorzi che vanno a testare i fratelli dei bambini autistici
(anche in Italia). Quando in una famiglia con un bambino con autismo nasce un altro figlio si
chiede alla famiglia di poterlo seguire, anche se non è detto che lo sia.

QUALI SONO
Ovviamente, non è detto che tutti quelli che presentano questi segni diventino autistici, vuol
dire solo che sono dei bambini con un rischio maggiore di autismo.
Tutti questi sono dei campanelli di allarme, la presenza di uno o più segni non implica la
certezza che il bambino sia autistico.

● 6 mesi:
Il bambino è poco attento alle scene sociali, ovvero quello che succede davanti a lui
in famiglia, alle facce dei genitori. Se risponde meno al sorriso, alle smorfie. Ai
genitori viene detto di stimolare molto il bambino su questo aspetto, come limitazione
delle espressioni facciali, di cercare di ingaggiare il più possibile all'interno della
relazione.
● 12 mesi:
Attenzione condivisa assente;
Il bambino fa fatica ad essere coinvolto in un gioco con il papà o con la mamma
(anche un giocare fisico), quindi l'interazione;
Una minore risposta agli stimoli positivi, "che bravo! Battiamo le mani!" Mentre il
bambino non partecipa;
Difficoltà ad agganciare l'attenzione, lo sguardo, non si aggancia neanche quando gli
viene chiesto di guardarci.
Tutti questi sono, ovviamente, tutti aspetti socio-comunicativi.

Un altro fattore predittivo molto importante è L'AUTOREGOLAZIONE. Se per esempio a 2


anni un bambino si butta per terra per un qualsiasi no, ogni volta fa molta confusione, non
mangia e non dorme, occorre preoccuparsi perché potrebbe essere autistico, o presentare
in età adolescenziale dei disturbi mentali. Il miglior predittore di salute mentale in
adolescenza è proprio il dormire e mangiare bene da piccoli.

La regolazione sia degli aspetti biologici che di quelli emotivi, è estremamente importante.
Bisogna quindi insegnare ai genitori a giocare con il figlio, a farlo mangiare bene, facendolo
masticare il più possibile.
C'è una correlazione tra l’iperattività, il disturbo del linguaggio ed obesità: questi sono
bambini che utilizzano il biberon a lungo, che non masticano, che mangiano solo frullato.
Masticare libera dopamina, che facilita il controllo del comportamento e delle emozioni.

Hanno fatto uno studio sui fratelli dei bambini con


autismo, osservandoli dai 18 ai 36 mesi, vedendo
quanti di loro diventassero autistici (circa il 25% dei
719 osservati) per vedere quali caratteristiche
presentassero a 18 mesi.
Identificarono tre indici precoci:
1. Scarso contatto oculare in assenza di
gesto comunicativo e gesto di dare: è quindi importante il contatto oculare se
associato ad una difficoltà comunicativa.
2. Scarso contatto oculare in assenza di gioco immaginativo.
3. Assenza del gesto di dare e presenza di comportamenti ripetitivi, anche se in
presenza di contatto oculare.
Bambini che presentano queste caratteristiche a 18 mesi vanno presi in trattamento.
Ovviamente non è il logopedista che decide di fare iniziare un trattamento ad un sospetto
autistico.
Lavorare in equipe mista e utile anche per questo motivo, se è presente un neuropsichiatra
o uno psicologo, questi possono indirizzarci su un trattamento con più tranquillità. Inoltre lo
psicologo è fondamentale per il parent training.

Il problema di questi indici, è che ci permettono di identificare facilmente un autistico con


basso funzionamento, ma non con alto funzionamento

C’è bisogno di insegnare al genitore, come vivere una genitorialità positiva/educante.

TRATTAMENTI SPECIFICI

Quindi, bisogna essere tempestivi nella diagnosi, individuare i bambini a rischio e trattarli.
Logopedia e Psicomotricità non sono dei trattamenti specifici particolarmente indicati per un
bambino con autismo, l’autismo non richiede l’intervento del logopedista, quantomeno non
nelle fasi più precoci.
Il trattamento deve quindi essere intenso, precoce, deve coinvolgere molto i genitori e gli
insegnanti, bisogna insegnare agli educatori come relazionarsi con il bambino, come favorire
la comunicazione (iniziando dall'indicazione).
INDICAZIONE
Solitamente un bambino con autismo quando vuole qualcosa tende a portare l'adulto verso
l'oggetto, questa non è una forma di comunicazione da rinforzare. Va invece rinforzata
l'indicazione. Se per esempio il bambino che vuole l'acqua, prenderà l'adulto portandolo fino
al rubinetto, l'adulto dovrà poi farlo scegliere tra un altro oggetto e l'acqua, il bambino
inizialmente tenderà ad allungare la mano verso l'oggetto desiderato (una proto indicazione).
Le case dei bambini con autismo dovrebbero essere per questo motivo vuote facendo sì che
il bambino sia obbligato a interagire con l'adulto per poter raggiungere ed ottenere quello
che vuole. Tutte le cose di loro interesse vengono messe NON alla loro portata. Bisogna fare
attenzione a non mandare il bambino in frustrazione, comunque dobbiamo aiutarlo a
raggiungere l’oggetto da lui desiderato, proprio perché va incoraggiata la comunicazione.
AGGANCIO DELLO SGUARDO
Quando il bambino è piccolo, anche questo è un elemento che va rinforzato molto.
IL GESTO
Mentre si parla, il gesto comunicativo viene enfatizzato e rinforzato.
Il gesto preludio del linguaggio, non lo ostacola mai.

I trattamenti basati sull'evidenza nell'autismo sono pochi e poco diversificati.


Cosa si intende per trattamenti basati sull'evidenza?! Intanto bisogna dire che è necessario
fare questa tipologia di interventi basati sull'evidenza o si rischia di essere perseguibili
penalmente. Occorre seguire le linee guida che sono basate sulla raccolta dell’evidenza.
Sfortunatamente i dati di evidenza sono molto pochi.

Come potete vedere da questo schema, noi abbiamo livelli di efficacia moderata o bassa.
Questo vuol dire che funzionano su alcuni bambini e non su tutti, solo in alcuni casi. Ma
questi sono gli unici trattamenti che hanno evidenza
● PECS: l'uso di immagini per facilitare la comunicazione (CAA). La comunicazione
aumentativa alternativa si inizia ad utilizzare fin da subito, proprio perché il bambino
inizia a comunicare fin da subito. Se il bambino non parla utilizza un gesto, se il
gesto non basta utilizza un'immagine. Piano piano poi il bambino imparerà ad
utilizzarli in autonomia.
Purtroppo c'è ancora una corrente di pensiero, che crede che l'utilizzo dei gesti o
delle immagini possa inibire il linguaggio verbale, perché è più comodo il gesto. Ma
questo non è vero, perché tutti abbiamo iniziato a parlare utilizzando i gesti. Quando
la parola è diventata più economica, più frequente, in quanto abbiamo avuto a
disposizione un lessico molto più ampio, abbiamo abbandonato il gesto.
Facciamo l'esempio di una lingua straniera, quando di quella abbiamo all'incirca 200
parole in uso, non si utilizza più il gesto punto al contrario, quando non conosciamo
una lingua tendiamo a farci capire usando i gesti.
La CAA è una grandissima risorsa, perché permette al bambino di comunicare, e la
comunicazione è il prerequisito fondamentale per il linguaggio verbale.
● EIBI (Early Intensive Behavioral Intervention-Intervento comportamentale
intensivo e precoce): fino a 20 sedute settimanali, non solo a studio, ma anche con i
genitori e gli insegnanti in occasione di apprendimento. Dati in evidenza fino ai 5 anni
● ABA e DENVER (ESDM-Early Start Denver Model): sono efficaci se iniziano molto
precocemente. Dati in evidenza nei primi periodi dello sviluppo. Dopo i 5-6 anni
perde di efficacia, diventa meno utile.
● TEACCH: bambini più grandi.

Il logopedista entra in gioco più tardi, sul facilitare la comunicazione.


Diventa poi importante nelle età successive, quando per esempio il bambino inizia a
produrre delle parole, ha dei processi fonoarticolatori importanti, ha difficoltà masticatoria.
Questo fa sì che abbia bisogno di un trattamento specifico del distretto oro-buccale.

FARMACI

Non esistono trattamenti farmacologici efficaci nell’autismo. Non esiste nessun farmaco che
curi l'autismo. Ci sono dei farmaci che possono essere utilizzati per trattare le comorbidità.
Si può intervenire sui comportamenti fortemente iperattivi, l'aggressività che possono essere
trattati con antipsicotici; se è anche un adhd si può utilizzare uno psico-stimolante.
Questi trattamenti funzionano meno che nella popolazione non autistica, ma possono
comunque essere utili.

Vediamo poi altre linee guida che riepilogano alcuni trattamenti su cui ci sono
raccomandazioni, non proprio dati in evidenza.
È infatti un pochino più ampio come spettro di interventi. Tra questi vediamo a interventi
basati sulla conversazione del linguaggio, ed in questi potremmo vedere un intervento
logopedico, ma sempre nella logica comportamentale vista precedentemente.

Non è corretto chiamare terapia tutto quello che viene fatto insieme al bambino, la terapia ha
un significato ben preciso.
Il rischio è quello di chiamare terapia tutto ciò che è piacevole per il bambino, ma non tutto
quello che è piacevole per il bambino può essere considerato una terapia.

TERAPIA È CIÒ CHE PRODUCE UN CAMBIAMENTO STABILE NEL TEMPO.

La logoterapia è un trattamento perché, i trattamenti che noi osserveremo in un bambino, o


nell'adulto afasico, diventano stabili. Non sono legati a quel momento.
(Il bambino che va a cavallo per fare ippoterapia, sta bene in quel momento, ma quando
scende da cavallo torna come prima, o al massimo sta meglio per poco tempo)
È considerabile terapeutico quello che almeno per un periodo provvisorio produce un
cambiamento stabile nel tempo.

La logopedia nell'autismo non è un trattamento di prima scelta.


È un trattamento molto utile però in molti altri disturbi (Disturbi del Linguaggio, ADHD, DPA,
etc).
I bambini di 14 mesi, come quello visto nel primo video, fare un trattamento di logopedia non
serve a nulla. Avrebbe necessità di un trattamento comportamentale, del coinvolgimento dei
genitori nella gestione della frustrazione.

Il pericolo in cui incorro logopedista è quello di fare terapia anche quando non ha senso,
porti guadagnare soldi in ambito privato o in studi.
È sempre bene chiedersi "la terapia che sto facendo a questo bambino, è terapia? Produce
un cambiamento nel bambino? E se sì, di quanto?". Per vedere se il comportamento si
modifica, è consigliabile farlo valutare da una persona esterna. Quello che vediamo noi
potrebbe non essere oggettivo, in quanto lavoriamo insieme a quel bambino, siamo
condizioni dal fatto che lo conosciamo.
È anche molto importante valutare quanti di quei cambiamenti sono esportati all'esterno
della seduta di terapia. Bisogna vedere se il bambino generalizza il comportamento che fa a
terapia.

Per VALUTARE L'EFFICACIA DEL TRATTAMENTO occorrerebbe fare periodicamente dei


test, delle valutazioni strutturate (fatti da altri operatori, diversi da quelli che generalmente lo
seguono).
Non bisogna avere paura di dire che un determinato trattamento non funziona su un
determinato bambino. Se non funziona bisogna cambiare terapia, non è colpa del terapista
né del bambino, semplicemente non funziona e bisogna modificarlo.

Ci sono molti studi, per valutare l'efficacia del trattamento, ma solitamente, i trattamenti più
efficaci sono quelli che vedono coinvolti i genitori ed insegnanti. È sempre consigliabile far
entrare all'interno della terapia la mamma ed il papà, per fargli vedere come devono
relazionarsi con il loro figlio. I genitori non sono lì per rubare il lavoro al terapista, molto
spesso chiedono di essere coinvolti e poi si spaventano quando gli viene chiesto di fare
qualcosa. Ma è molto importante, perché se si insegna la corretta modalità di richiesta ad un
genitore, questo può essere molto utile al bambino, alla famiglia, e anche a garantire il
successo professionale del terapista stesso.

TERAPIA MEDIATA DAI GENITORI

Le terapie comportamentali viste prima (ABA, DENVER, etc) sono molto costose. Non sono
terapie per tutti ed il sistema sanitario nazionale fa molta fatica ad erogarli. Noi dobbiamo
cercare delle terapie che siano efficaci, ma che siano meno costose. Una possibile
soluzione è questa TERAPIA MEDIATA DAI GENITORI: questo vuol dire insegnare ai
genitori a fare terapia.
È strutturato in 10 sedute, una volta a settimana i genitori entrano nella stanza insieme
all'operatore, l'operatore fa vedere come possono mediare il comportamento del proprio
figlio, per favorire alcune acquisizioni (contatto di sguardo, uso del gesto comunicativo,
gestione/contenimento della frustrazione, etc).
Si è visto che questo trattamento migliora la qualità comunicativa, non riduce l'isolamento, e
migliora l'interazione mamma-figlio/genitore-figlio.

Ci sono in corso vari studi, finanziati specificatamente, in Giordania, nei quali si insegna dei
genitori o agli educatori, guardi gli insegnanti, come gestire i comportamenti dei ragazzini
autistici. Questo produce dei miglioramenti.
Anche nella parte nord della Sardegna si sta facendo la stessa cosa ed in Messico.
In questi paesi l'ADOS è troppo costoso e non viene comprato, I bambini sono
istituzionalizzati e non c'è attenzione al trattamento, grazie a questo intervento mediato dai
genitori si è iniziato a trattarli. E questo ci fa capire che è una soluzione possibile.

Il compito del riabilitatore è quello di cercare soluzioni possibili rispetto ai bisogni che i
bambini hanno, adattare quindi le nostre conoscenze, a quella che la realtà nella quale ci
troveremo ad operare.

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