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L’ADHD (Attention Deficit Hyperactivity Disorder) è un tipo di disabilità (che a sua volta è un BES,
ovvero bisogno educativo speciale) consistente nel disturbo da deficit di Attenzione ed Iperattività.
Colpisce nella gran parte dei casi i bambini e si manifesta sottoforma di disturbo dello sviluppo
neuropsichiatrico. I sintomi di questa malattia sono:
- INATTENZIONE ED, ovvero facile distraibilità (situazioni come gli incidenti stradali),
difficoltà nel seguire un discorso, interruzione di attività iniziate e rinuncia ad attività che
richiedono grosse capacità esecutive e cognitive (abbandono della scuola o scarso
rendimento lavorativo);
- IPERATTIVITÀ, ovvero incapacità di stare fermi, attività motoria disorganizzata, rumorosa
e senza alcun fine, eccessive verbalizzazioni;
- IMPULSIVITÀ, ovvero scarsa capacità riflessiva, impazienza del proprio turno, mancata
previsione delle conseguenze di un'azione e di evitamento di situazioni pericolose, difficoltà
di controllo comportamentale (pochi amici, gravidanze precoci ecc.).
Secondo le ricerche e gli studi scientifici, in molti paesi del mondo, Italia inclusa, dal 3 al 5% dei
bambini in età scolare si manifesta questa disabilità. Inoltre si trova una piccolissima percentuale
(1%) che costituisce quelle forme di ADHD particolarmente severe e forti.
I bambini che soffrono di questo tipo di disabilità, tendenzialmente vengono messi in disparte dai
compagni di classe e dai coetanei e, di conseguenza, hanno difficoltà a socializzare con loro,
inoltre tendono ad essere aggressivi e vengono continuamente ripresi e/o puniti per i lori anomali
comportamenti, ma soprattutto non sono solo loro a soffrire, bensì anche le famiglie ne risentono
del loro disturbo, al punto di non essere coinvolte nelle attività sociali con parenti ed altri amici.
Nell’individuo con ADHD scarseggia l’autostima dell’individuo anche per colpa del giudizio negativo
degli insegnanti, dei genitori e dei coetanei, che spesso porta a far uso di tabacco, ad una caduta
in depressione o addirittura ad un comportamento di autodistruzione. Ma, anche per questo
motivo, chi soffre di questo disturbo non ha fiducia in sé stesso e non si considera una persona
intelligente.
Le cure delle quali la famiglia e la scuola dispongono sono rispettivamente:
Riguardo proprio alla scuola, se il disturbo dell’ADHD scatta nella legge 104 del 1992 (disabilità), si
ricorre all’insegnante di sostegno, se invece scatta nel DSA (disturbo specifico dell’apprendimento)
o in altri tipi di BES (bisogni educativi speciali), allora non si ricorre all’insegnante di sostegno. La
scuola così interviene mediante una risposta progettuale: il PEI (piano educativo individualizzato),
progetto il cui artefice è il GLO (gruppo lavoro operativo), formato da docenti, famiglie e servizi
sanitari. Il progetto viene ideato e realizzato in funzione dell’interessato, ma ciò vale solo per la
disabilità.
DISABILITÀ UDITIVE E VISIVE
Con disabilità uditiva, meglio conosciuta come sordità, si definisce una scarsezza patologica
dell’udito. È quindi un disturbo di tipo sensoriale, che raramente (come nel caso dell’ADHD) è
totale, ma per questa ragione, può arrivare anche a manifestarsi sotto forma di IPOACUSIA o
AUTOLESIONE.
Chi è sordo può comunque apprendere una lingua anche se in modo limitato e possiede quindi
delle potenzialità e delle risorse (a differenza del sordomuto).
Le cause della disabilità uditiva sono 3:
• Endogena: dovuta ad un fattore ereditario legato al cromosoma x;
• Esogena congenita: dovuta ad un’infezione contratta dalla madre durante la gravidanza;
• Esogena acquisita: dovuta a traumi o infezioni post natali.
TIPI DI SORDITÀ
Trasmissive, che interessano le parti dell’orecchio funzionali alla trasmissione del suono,
quindi orecchio esterno e medio. Quindi le onde sonore non arrivano o arrivano
parzialmente all’orecchio interno. Qui si tratta di sordità lievi;
Nelle sordità percettive quindi la trasmissione avviene normalmente ma non si riesce a convertire
le informazioni in percezioni uditive. La sordità in questo caso può essere da lieve a gravissima.
Per determinare di che tipo di sordità si tratta, si usano degli esami clinici:
Boel test (7-8 mesi): si utilizzano un bastoncino rosso e dei campanellini, il terapista
richiama l’attenzione del bambino con il bastoncino rosso e poi gli fa udire i vari suoni
DISABILITÀ VISIVA
La disabilità visiva è una condizione caratterizzata da assenza o riduzione delle capacità di vedere.
Il livello di cecità di cui è vittima una persona è stato definito con la legge 138 del 2001 sulla base
di criteri stabiliti dalla medicina oculistica internazionale:
Nella legge le disabilità visive sono classificate in relazione a due indicatori: il visus e il campo
visivo, individuando cinque livelli che vanno dalla cecità totale alla ipovisione lieve. Questa
classificazione riporta il livello di deficit visivo della persona in modo riduttivo non tenendo conto di
altri fattori che incidono sul piano funzionale, come l’emeralopia, le alterazioni del senso
cromatico, del senso luminoso, della sensibilità al contrasto, della capacità di fissazione.
Se le variabili presentate individuano il livello di deficit che può essere oggettivamente riscontrato,
il livello di disabilità è determinato dall’incidenza di altre variabili che sono essenzialmente:
Il modo in cui le persone significative (genitori, parenti insegnanti, amici, operatori) entrano
in relazione con essa;
La competenza e l’efficienza dei professionisti di creare sinergie positive tra loro e con gli
altri soggetti interessati.
Tipi di malattia e disabilità
La tipologia del deficit visivo influenza anche le strategie di adattamento per l'uso delle
informazioni provenienti dalla vista (in base al grado di ipovisione) e dagli altri sensi.
La presenza del deficit visivo dalla nascita, inoltre modifica il percorso di sviluppo psicomotorio,
cognitivo ed affettivo-relazionale, spostando in avanti nell'età il raggiungimento di alcune tappe.
Questo scarto esiste solo fino al momento dell'adolescenza, età in cui non è più evidente una
differenza tra i giovani con minorazione visiva e i normovedenti.
Se la disabilità in età evolutiva la si osserva alla luce di come il sistema educativo, sanitario e
sociale agiscono per diminuire e compensare i danni procurati dal deficit visivo, si può dire che si
tratta di una condizione di “disabilità compensata” dove una virtuosa sinergia tra tutte le
componenti interessate riesce ad assicurare alla persona disabile un gratificante accesso alle
dimensioni esistenziali fondamentali: istruzione, appartenenza familiare, integrazione sociale,
adeguatezza delle relazioni affettive e dei livelli di autonomia, acquisizione di autostima e di una
sicura identità.
SITOGRAFIA
https://www.uiciechi.it/Psicologi/La_disabilit%C3%A0_visiva.doc ;
https://www.tesionline.it/appunti/psicologia-dell-handicap/disabilit%C3%A0-uditiva/745/6