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Assia Riccioni,

U.O.C. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Tor Vergata


MODELLI EZIOPATOGENETICI E
NEUROBIOLOGICI NELL’ADHD
OUTLINE

DEFINIZIONE

EZIOLOGIA 1: I FATTORI GENETICI

EZIOLOGIA 2: I FATTORI AMBIENTALI

NEUROBIOLOGIA DELL’ ADHD


“Sono alcuni di quei bambini che troviamo alle feste dei nostri figli,
nei bus o sul treno, nelle scuole o per la strada e che si mostrano
continuamente agitati, in continuo movimento, che non riescono a
stare mai fermi, che si dimenano continuamente e che i genitori
trovano grande difficoltà a tenere buoni…

….Quando poi iniziano a frequentare la scuola, sono quei bambini che


le insegnanti non vorrebbero mai tenere: si alzano continuamente dal
loro posto, danno fastidio ai compagni, non riescono a svolgere i
compiti loro assegnati e finiscono spesso per cambiare banco, classe e
talvolta scuola.

Il loro profitto scolastico proprio per la ridotta capacità di


concentrazione è spesso scarso o comunque sufficiente e difficile è il
loro rapporto con i coetanei, ma anche con gli adulti per la grande
impulsività”.

(AIFA, Associazione Italiana Famiglie ADHD)


DISTURBO DA DEFICIT DI
ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ (DDAI)

L’ADHD è un disturbo neurobiologico


dovuto alla
disfunzione di alcune aree e di alcuni
circuiti del cervello
e allo squilibrio di alcuni neurotrasmettitori,
responsabili del controllo di
attività cerebrali come l’attenzione e il movimento.
DISTURBO DA DEFICIT DI
ATTENZIONE/IPERATTIVITÀ (DDAI)
CENNI STORICI
ADHD: fu identificato per la prima volta agli inizi del 1900 anche
se non era ancora chiamato così.
Dopo la 1° Guerra Mondiale, i ricercatori notarono che i bambini
che avevano contratto l’encefalite mostravano un’alta incidenza di
iperattività, impulsività e disturbi della condotta.

Anni ‘40: militari che avevano subito danni al cervello furono


trovati affetti da disturbi comportamentali. Sembrava abbastanza
probabile che alcuni tipi di lesione provocassero iperattività.
Altre forme di danni cerebrali furono identificate come cause di
iperattività (esposizione al piombo, intossicazione fetale da droghe
o alcool).
Dopo che in alcuni pazienti il danno cerebrale accertato
venne considerato causa di iperattività, i ricercatori
supposero che quest’ultima fosse sempre causata da danni
cerebrali, anche quando di essi non vi era traccia.

Questo spiega perché un tempo l’ADHD fosse chiamato


“disfunzione cerebrale minima”.

È proprio in virtù di questa associazione fra danni cerebrali e


iperattività che le caratteristiche dell’ADHD sono tuttora
ritenute da molti conseguenza di un disturbo organico del
SNC.
CRITERI DIAGNOSTICI
A. O (1) o (2):

1) 6 o più dei seguenti sintomi di disattenzione sono persistiti per almeno 6


mesi con una intensità che provoca disadattamento e che contrasta
con il livello di sviluppo:

Disattenzione

a) Spesso non fa attenzione ai dettagli o fa errori di distrazione a scuola, nel lavoro


o in altre attività

b) Spesso ha difficoltà nel sostenere l’attenzione in compiti assegnati o in attività


ludiche

c) Spesso non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente

d) Spesso non segue le istruzioni e non porta a termine i compiti scolastici, o i


doveri nel posto di lavoro (non per oppositività o scarsa comprensione delle
istruzioni)
CRITERI DIAGNOSTICI
e. Spesso ha difficoltà ad organizzare compiti e attività

f. Spesso evita, o non gradisce (o è riluttante ad iniziare) compiti che


richiedono uno sforzo mentale sostenuto (come compiti in classe o a
casa)

g. Spesso perde gli oggetti necessari per i compiti o le attività (per es.
giocattoli, compiti scolastici, matite, libri o strumenti vari)

h. Spesso è facilmente distratto da stimoli esterni

i. È spesso sbadato nelle attività quotidiane


CRITERI DIAGNOSTICI
2. 6 o più dei seguenti sintomi di iperattività-impulsività sono persistiti per
almeno 6 mesi con una intensità che causa disadattamento e
contrasta con il livello di sviluppo:
Iperattività
a. Spesso giocherella con le mani e con i piedi e non sta fermo sulla sedia
b. Spesso si alza dal suo posto in classe o in altre situazioni dove si
dovrebbe rimanere seduti
c. Spesso corre di qua e di là o si arrampica in modo esagerato in situazioni
non consone (negli adolescenti e negli adulti, può limitarsi a sensazioni
soggettive di irrequietezza)
d. Spesso ha difficoltà a giocare o a dedicarsi ad attività di svago in modo
tranquillo
e. È spesso “in movimento” o agisce come se fosse “attivato da un
motorino”.
f. Spesso parla troppo.
CRITERI DIAGNOSTICI
Impulsività
g. Spesso risponde precipitosamente prima che la domanda venga
completata
h. Ha spesso difficoltà ad aspettare il proprio turno. Spesso non riesce a
stare in fila o ad aspettare il proprio turno nei giochi o in gruppo
i. Spesso interrompe o si intromette (per es. si intromette nella
conversazione o nel gioco altrui)
B. Alcuni dei sintomi di iperattività-impulsività o di disattenzione che
causano compromissione erano presenti prima dei 7 anni d’età
C. I sintomi devono essere presenti in due o più contesti (es. scuola
(lavoro) e a casa)
D. Deve esserci una evidente compromissione clinicamente
significativa del funzionamento scolastico, sociale o lavorativo
E. I sintomi non si manifestano esclusivamente durante il decorso di un
DPS, di schizofrenia e non sono attribuibili ad un altro disturbo
mentale (dist. Ansia, dell’umore o di personalità)
I SOTTOTIPI DELL’ADHD

1. Tipo combinato: se sono presenti 6 o più


sintomi di inattenzione ed iperattività negli
ultimi 6 mesi.

2. Tipo con Disattenzione predominante: 6


o più sintomi di inattenzione e meno di 6 nei
sintomi d’iperattività/impulsività

3. Tipo con Iperattività/Impulsività


predominante: almeno 6 dei 9 sintomi di
iper./imp. e meno di 6 nei sintomi di
disattenzione
COMORBIDITA’
80% dei pazienti presenta almeno una comorbidità
60% dei pazienti presenta almeno due comorbidita:
• Disturbo oppositivo- provocatorio (40-60%)
• Disturbi d’Ansia (34-44%)
• Disturbo di Condotta (14-44%)
• DSA (40%)
• Disturbi Depressivi (4-34%)
• Ritardo Mentale (13%)
• Tics (11%)
• Disturbo Bipolare
• Disturbo Ossessivo-Compulsivo
• Disturbi Adattamento
•Disturbi Spettro Autistico
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Problemi ambientali:
•inadeguato supporto scolastico (lieve ritardo / particolare vivacità intellettiva)
•inadeguato supporto familiare (ambiente caotico, divorzio, abuso, abbandono)

Disturbi neurologici e patologie mediche:


•Disturbi sensitivi (sordità , deficit visivi)
•Epilessia
•Dist. Tiroidei
•Trauma Cranico / neoplasie lobo frontale
•Abuso di sostanze
•Intossicazione da piombo
•Farmaci (Antistaminici, benzodiazepine, beta-agonisti, antiepilettici)
PREVALENZA

La prevalenza nei bambini e negli adolescenti è del 5.9-7.1 %


La prevalenza negli adulti è del 5 % (self report!)

Non ci sono differenze significative nei diversi paesi

In tutti gli studi vi è una prevalenza nei maschi, malgrado la


diagnosi nelle femmine sia sottostimata

E’ necessario ancora studiare l’effetto dello status socio


economico e dell’etnicità sulla prevalenza dell’ADHD
EVOLUZIONE DEL DISTURBO

 Massima incidenza tra i 6 e i 10 anni.


 Intorno ai 6 anni (ingresso scuola elementare, regole da
rispettare, compiti da eseguire) la presenza del disturbo
espone questi bambini a una forte compromissione in ambito
scolastico e nelle relazioni sociali; in questa fase si
evidenziano, oltre alle manifestazioni negative del
comportamento, le difficoltà cognitive tipiche dell’ADHD.
 Il rischio di persistenza dei sintomi ADHD in adolescenza e
nella prima età adulta è elevato
COME POSSONO
CAMBIARE
I SINTOMI
DELLA
DISATTENZIONE

PERMANE LA DISATTENZIONE
con conseguenze negative nelle capacità di organizzare studio e lavoro.

INFANZIA ADOLESCENZA ETA’ ADULTA

Difficoltà nel mantenere l’attenzione Disorganizzazione


Non ascolta Difficoltà di pianificazione
Non conclude le azioni Lascia lavori
Perde le cose Inefficace gestione del tempo
Evita i compiti che richiedono att. Sost. Difficoltà nella memoria di lavoro
Difficoltà nell’organizzazione Instabilità emotiva
Si distrae facilmente Difficoltà nell’attenzione sostenuta
COME POSSONO CAMBIARE I SINTOMI DI
IPERATTIVITÀ ED IMPULSIVITÀ

Iperattività molto Diminuzione Impatto emotivo


evidente dell’iperattività

INFANZIA ADOLESCENZA ETA’ ADULTA

E’ irrequieto Ricerca un lavoro attivo


Corre ovunque Bassa tolleranza alla frustrazione
E’ sempre attivo Lascia lavori
Difficoltà a giocare con calma Rompe relazioni
Parla troppo Personalità soggetta a dipendenza
Difficoltà ad aspettare il turno Va sempre di fretta
Risponde senza pensare E’ sempre troppo impegnato
EVOLUZIONE DEL DISTURBO
Fino a non molti anni fa si riteneva che l’ADHD si risolvesse
favorevolmente con lo sviluppo.
Per circa 1/3 dei bambini l’ADHD costituisce semplicemente un
ritardo nello sviluppo delle funzioni esecutive: con l’età adulta essi
non manifestano più sintomi di disattenzione o iperattività.
40% dei casi i sintomi permangono in adolescenza e età adulta con
correlate difficoltà sociali, emozionali e di inserimento lavorativo.
15% - 20% oltre ai sintomi tipici mostrano altri disturbi
psicopatologici (alcolismo, Disturbo Antisociale di personalità).
Il più importante indice predittivo di tale evoluzione è la presenza in
infanzia di una comorbilità ADHD-DC; tale associazione ha una
prognosi significativamente peggiore di quella di un DC puro.
DECORSO DELDISTURBO: CRESCENTI COMPLICAZIONI

Comportamento
antisociale
 Disturbo Allontanamento
 Bassa autostima dalla scuola
oppositivo
 Comportamento  Scarse attitudini Abuso di
Solo distruttivo  Disturbo
sociali sostanze
ADHD  Disturbate  dell'umore stupefacenti
 Problemi di  Comportamento
relazioni familiari Disturbo di
apprendimento provocatorio
condotta
Demotivazione
Difficoltà di
apprendimento

Età
QUAL È LA CAUSA DELL’ADHD?
Disturbo a genesi multifattoriale
Vulnerabilità genetica – fattori ambientali

Conseguenti alterazioni neurobiologiche


(neuro-trasmettitori\strutture anatomiche)

22
EZIOLOGIA
IL RUOLO DELLA GENETICA:
 Genetica delle popolazioni: studia le cause dei
comportamenti confrontando gemelli omozigoti e gemelli
dizigoti.
 Gemelli omozigoti: stesso patrimonio genetico; ogni
differenza di comportamento sarà imputabile all’ambiente
(condiviso e non)
 Gemelli dizigoti: somiglianze nel patrimonio genetico
paragonabili a quelle tra due fratelli.
IL RUOLO DELLA GENETICA:
Uno degli aspetti più indagati per dimostrare la componente
innata dell’ADHD.
E’ stata dimostrata una forte componente genetica nella sua
eziologia:
Fratelli e sorelle di bambini ADHD hanno una probabilità di
sviluppare il disturbo da 5 a 7 volte maggiore rispetto a famiglie
senza casi ADHD.
Figli di un genitore ADHD fino al 50% di probabilità di
sviluppare le stesse difficoltà.
Studi su gemelli monozigoti suggeriscono un’ereditabilità
dell’80%, per i gemelli dizigoti la probabilità che entrambi
presentino il disturbo, scende al 30% - 35%.
VARIANTI GENICHE PIÙ STUDIATE:
• Geni molto attivi soprattutto nelle cellule della corteccia prefrontale, in
quelle dei nuclei della base e nelle cellule delle aree limbiche
• Geni coinvolti nella trasmissione sinaptica che prevede l'utilizzo della
dopamina.

DAT1: codifica per il trasportatore della Dopamina

DRD4: codifica per il recettore D4 della Dopamina

DAT: principale responsabile della rimozione della dopamina dalla fessura


sinaptica e quindi della terminazione del segnale.

D4: l’espressione di questo recettore è moderata nella corteccia prefrontale e


suggerisce un possibile coinvolgimento nei processi della working-memory
FATTORI BIOLOGICI ACQUISITI
 Esposizione intrauterina ad alcool o nicotina
 Nascita pretermine e basso peso alla nascita
 Complicazione pre-peri-postnatali
 Disturbi cerebrali (encefaliti, traumi)
 Allergie alimentari (?)

In ogni caso, non è stata riscontrata una correlazione diretta tra


complicazioni pre, peri e post-natali e ADHD,
piuttosto una maggior frequenza, nei bambini con un tale
trascorso, sia di disturbi cognitivi che di natura
psicotica in genere.
FATTORI BIOLOGICI ACQUISITI
LA SINDROME FETO- ALCOLICA
 Ritardo nella crescita prenatale e/o postnatale
 Anomalie cranio-facciali caratteristiche
 Coinvolgimento del sistema nervoso centrale che comprende
• microcefalia
• ritardo mentale
• elevata frequenza di ADHD/ altre psicopatologie

10 mesi 3 anni 10 anni


FATTORI AMBIENTALI

Se è vero che alcuni bambini nascono con una predisposizione


genetica-neurobiologica a sviluppare l’ADHD, è anche vero che
le modalità con cui esso si esprime permangono durante la
crescita e sono legate al contesto culturale e sociale del bambino.

Gli studi della genetica delle popolazioni affermano che le cause


dell’ADHD siano da imputare per il 70% a fattori di tipo
genetico, mentre per il restante 30%, esso potrebbe derivare da
cause di tipo ambientale.
BASI NEUROBIOLOGICHE:
NEUROANATOMIA
Aree del SNC di dimensioni inferiori:

Encefalo (4%): lobo frontale destro (8%)


Gangli della base (6%)  Normalizzazione (18 anni)
Cervelletto (12%)  Più evidente (18 anni)

Le differenze in volume:
 Si manifestano presto ( 6 anni)
 Sono correlate alla gravità dell’ADHD
 Non sono influenzate dal trattamento farmacologico
 Non sono influenzate dalle comorbidità
BASI BIOLOGICHE E FUNZIONI ESECUTIVE:
Le funzioni esecutive si definiscono come “una serie di abilità cognitive per il
controllo e il monitoraggio di azioni complesse, nuove e incongruenti rispetto agli
schemi di comportamento abitualmente applicati”

La capacità di inibire alcune risposte motorie ed emotive a stimoli esterni, al


fine di permettere la prosecuzione delle attività in corso (autocontrollo), è
fondamentale per l’esecuzione di qualsiasi compito.
Durante lo sviluppo, la maggior parte dei bambini matura la capacità di
impegnarsi in attività mentali che li aiutino a non distrarsi, a ricordare gli
obiettivi, a compiere i passi necessari per raggiungerli
Da un punto di vista neurobiologico, lo sviluppo dei processi di
autoregolazione è strettamente determinato dalla maturazione delle
aree anteriori del cervello. Pertanto l’attenzione, e più in generale
l’autoregolazione, si sviluppa nella maggior parte dei bambini, tra i
3 e i 10 anni, proprio a causa della maturazione dei lobi frontali e
della corteccia cerebrale.

L’autoregolazione implica anche l’aumento di abilità inibitorie sia a


livello comportamentale che cognitivo.
Studi di imaging hanno dimostrato che pazienti ADHD presentano
alterazioni a carico della corteccia prefrontale, rilevando una debole
attivazione della stessa quando essi sono impegnati nel regolare
l’attenzione e il comportamento.

Altri studi hanno dimostrato che bambini


ADHD confrontati con bambini di controllo,
mostrano una sottile riduzione del volume
totale del cervello di circa il 4%;
oltre a questa globale riduzione, tecniche di
RMN hanno messo in evidenza che anche la
corteccia frontale e alcuni nuclei della base
(nucleo caudato e globo pallido) risultano più
piccoli
tali differenze sono maggiori nell’emisfero
destro.
Le aree cerebrali di dimensioni ridotte sono proprio quelle
che regolano l’attenzione.

La corteccia prefrontale destra è coinvolta nella


programmazione e nel controllo del comportamento, nella
capacità di resistenza alle distrazioni, nell’esecuzione
motoria delle risposte e nella consapevolezza di sé e del
tempo.

Il nucleo caudato e il globo pallido agiscono


interrompendo le risposte automatiche per permettere una
decisione più accurata da parte della corteccia cerebrale e
per coordinare gli impulsi che raggiungono le diverse
regioni della corteccia.
L’autoregolazione include la capacità di posticipare una
gratificazione, il controllo degli impulsi e delle emozioni, il
controllo dell’attività motoria e di quella verbale; essa include
dunque tutte quelle abilità che consentono di orientare il
comportamento rispetto alle richieste interne ed esterne.

I bambini ADHD sanno che un certo compito è importante e


andrebbe portato a termine ma non riescono ad
autoregolare il proprio sforzo per raggiungere l’obiettivo; da
qui la convinzione di non essere in grado di affrontare e
risolvere i problemi.
MATURATIONAL DELAY IN ADHD
• La maturazione corticale nei pazienti con ADHD (età 8-16) è in
ritardo di circa 3 anni rispetto ad i coetanei soprattutto a livello
della corteccia prefrontale laterale, importante nei processi cognitivi
di ordine superiore come la working memory, il processamento
temporale e la capacità d’inibizione.

• L’ADHD può essere considerato un


disturbo nel quale vi è un ritardo
maturativo cerebrale piuttosto che
una deviazione dello sviluppo.

• I cambiamenti delle traiettorie di


sviluppo giustificano anche la differente
sintomatologia che l’ADHD presenta
nello sviluppo individuale del soggetto.
MATURATIONAL DELAY IN ADHD
• Alcuni studi hanno correlato il reperto di neuroimaging di
sviluppo alle performance in un task di tipo Go/Nogo in
pazienti con ADHD (dai 7 ai 12 anni)

• Il miglioramento nella performance si associava anche ad


un progressivo sviluppo del network che comprende lo
striato, ACC e lobo temporale mediale

• L’unica area corticale che sviluppa prima negli ADHD è


l’area motoria primaria. Per tale motivo si ipotizza che
l’iperattività sia il risultato di uno sbilanciamento nello
sviluppo delle aree motorie primarie rispetto a quello delle
aree cognitive responsabili del controllo motorio.
I SISTEMI NEUROBIOLOGICI ALLA
BASE DELLA RICOMPENSA…
L’area della corteccia mediale orbitofrontale è responsabile del
controllo dell’attribuzione di un valore ad una ricompensa.
Nei pazienti con ADHD c’è una disregolazione in quest’area
che determina una sopravvalutazione di un piccola ricompensa.

Quest’area cerebrale fa parte di un circuito


legato alla capacità di prendere decisioni ed
all’autoregolazione.

Una disfunzione nelle aree dopaminergiche


responsabili dei meccanismi di ricompensa è
stata documentata in uno studio con adulti
ADHD.
…E IL LORO CORRELATO CLINICO
I bambini con ADHD sono meno capaci di dilazionare nel tempo la
gratificazione

Hanno una preferenza maggiore per una ricompensa immediata, anche se più
piccola, rispetto ad una dilazionata più grande

La preferenza del bambino ADHD per l’immediato può essere ridotta dalla
presentazione di uno stimolo visivo immediato durante il periodo di attesa

Le scelte dei bambini con ADHD sono soprattutto influenzate dall’immediatezza


del rinforzo, mentre le scelte dei bambini senza ADHD sono soprattutto
influenzate dalla qualità del rinforzo
L'INTERVENTO FARMACOLOGICO
NELL'ADHD:
quando è utile e necessario, come
gestirlo e monitorarne l'efficacia.
LA TERAPIA FARMACOLOGICA
Nei paesi anglosassoni, l’ADHD viene affrontato soprattutto con farmaci che
stimolano l’attività cerebrale.
L’efficacia e la tollerabilità degli psicostimolanti è stata descritta per la prima
volta da Bradley nel 1937 ed è stata documentata da circa 60 anni di
esperienze cliniche.
Questo approccio è giustificato da molti risultati scientifici secondo i quali
circa il 70-80% dei bambini ADHD trattati con metilfenidato, mostra una
riduzione dei sintomi uguale o superiore al 50%.
I farmaci registrati in Italia per la terapia farmacologica dell’ADHD sono il
Metilfenidato (Ritalin/Equasym/Medikinet) e l’Atomoxetina (Strattera).
Modelli basati sulla farmacoterapia

Sia una stimolazione molto bassa che una troppo elevata,


compromettono la modulazione dell’attenzione sostenuta,
della working memory a delle capacità di inibizione delle
risposte automatiche.

La capacità degli psicostimolanti di attivare sistemi


catecolaminergici ipofunzionanti, inibendo quelli
iperfunzionanti, spiegherebbe come tali farmaci possono
modulare le capacità d’attenzione, WM, in pazienti con
ADHD indipendentemente dal sottotipo clinico..
MODELLI BASATI SULLA FARMACOTERAPIA

In Italia i farmaci a disposizione sono


il metilfenidato e l’atomoxetina

Metilfenidato  Inibitore del reuptake della dopamina


(noradrenalina)

 Effetti prevalenti nello striato

Atomoxetina  Inibitore del reuptake della noradrenalina


(dopamina)
 Aumenta la noradrenalina (dopamina) nella
corteccia prefrontale, ma non nel nucleo
accumbens/striato
METILFENIDATO
Riduce l’inattenzione, l’impulsività, l’iperattività, l’aggressività
e migliora l’interazione sociale
Assunzione orale (raccomandata prima della colazione).
Ha un rilevante metabolismo epatico (effetto di primo passaggio)
che modifica gli effetti clinici del farmaco rispetto alle
anfetamine assunte per via endovenosa o inalatoria
diminuendone il potenziale d’abuso.
A rilascio immediato raggiunge il picco plasmatico dopo 1 ora
con una durata terapeutica di 2-5 ore che richiede più
somministrazioni nella giornata
Gli effetti del Metilfenidato sul comportamento dei bambini sono rapidi e
intensi e permettono allo stesso di controllare l’iperattività e
l’inattenzione.
Durante l’assunzione del farmaco risultano migliorate le risposte ai test di
attenzione, di vigilanza, di apprendimento visivo e verbale e di memoria a
breve termine.
I bambini ADHD, oltre ad essere meno impulsivi, irrequieti e distraibili,
sono anche maggiormente capaci di tenere a mente informazioni
importanti, di interiorizzare meglio il discorso autodiretto, di avere un
maggior autocontrollo

In genere il farmaco viene somministrato durante la frequenza scolastica attuando,


quando possibile, una sospensione nel periodo estivo; bisogna tenere sempre
presente, però, che una volta sospesa la terapia gli effetti del farmaco svaniscono.
IL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Deve essere all’interno di un trattamento multimodale

Prima di iniziare identificare gli obiettivi

La decisione di utilizzare un farmaco deve essere fondata


su una valutazione molto approfondita della gravità e della
cronicità dei sintomi del paziente in relazione alla sua età
(dai 6-7 anni)
Una volta iniziato, il trattamento prosegue in genere per alcuni anni
valutando, almeno una volta l’anno, l’utilità di continuare.

Nei bambini, gli effetti terapeutici degli psicostimolanti non diminuiscono


con l’uso prolungato e l’abuso e la dipendenza sono praticamente
inesistenti.

G. M. Marzocchi (2008): “E’ doveroso precisare che non tutti i bambini ADHD
necessitano di un trattamento farmacologico. Dopo un’attenta valutazione
medica, la decisione di usare farmaci deve basarsi sulla severità dei sintomi, sul
consenso dei genitori e del bambino, sulle risorse cognitive del bambino, sulle
capacità di genitori e insegnanti di gestire i problemi comportamentali e sui
risultati di precedenti terapie”.
LA TERAPIA COMBINATA
L’obiettivo di ogni intervento terapeutico, per quel che riguarda
l’ADHD, non è quello di far scomparire completamente i sintomi,
ma di sviluppare un adeguato benessere che dipende anche dalle
relazioni familiari e con gli insegnanti.
Un trattamento, dunque, che includa tutte le persone coinvolte nella
vita del bambino ADHD è la risposta più efficace per contrastare le
difficoltà innescate dal disturbo stesso.

La terapia combinata include sia la terapia psicologica che quella


farmacologica. La terapia psicologica può comprendere a sua volta
diversi interventi, dalla consulenza agli insegnanti, alla formazione dei
genitori, fino al training cognitivo e metacognitivo per il bambino.
L’intervento psicologico che riguarda tutte e tre le figure coinvolte nel
problema (insegnanti, genitori, bambino), viene detto multimodale.

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