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CAPITOLO 1: IL LAVORO DI COUNSELING CON BAMBINI E ADOLESCENTI

L’intervento cognitivo comportamentale applicata soggetti in età evolutiva ha la caratteristica di


essere nella maggior parte dei casi di tipo breve strutturato e basato sul principio che pensiero,
emozione e comportamento sono tre aspetti del funzionamento dell’individuo che interagiscono
in continuazione e si influenzano reciprocamente.
Dato che riuscire a cambiare le emozioni disfunzionali in modo diretto è molto difficile, l’intervento
cognitivo comportamentale mira a questo obiettivo in modo indiretto, cercando di cambiare i
modi di pensare e i modi di agire associati a queste emozioni.
Se i principi su cui si basa la CBT rimangono gli stessi anche quando viene applicata al bambino, il
modo in cui questi principi vengono applicati può variare notevolmente.
I fattori che possono rendere difficoltoso stabilire una relazione di aiuto con il bambino sono:
- INCONSAPEVOLEZZA: se l’adulto cerca aiuto spontaneamente in quanto è consapevole
delle sue difficoltà, il bambino spesso non lo è, E il fatto di andare da un estraneo per
ricevere aiuto potrebbe essere da lui vissuto come una sorta di punizione
- DIVERSITÀ: solitamente il bambino non è a conoscenza di coetanei che abbiano avuto
bisogno di essere aiutati per i propri problemi e quindi potrebbe arrivare a considerare se
stesso diverso dagli altri;
- LIVELLO COGNITIVO: spesso il bambino può mostrarsi reticente a riferire i propri problemi,
e a seconda del suo livello cognitivo, potrebbe avere difficoltà a comprendere la
connessione tra pensieri, emozioni e comportamenti.

IL PRIMO COLLOQUIO CON IL BAMBINO E L’ADOLESCENTE


I principali obiettivi da conseguire attraverso il colloquio con il bambino sono:
- Far capire il ruolo del counselor;
- Ottenere informazioni sulle situazioni specifiche in cui si manifestano le difficoltà;
- ottenere quei dettagli che aiutano a capire come il bambino percepisce le proprie difficoltà;
- Ricavare una descrizione di quali sono le conseguenze situazionali di certi suoi
comportamenti;
- Giungere a una prima identificazione delle modalità di pensiero prevalenti nel bambino;
- ottenere un primo accordo sugli obiettivi da raggiungere.

ADATTARE L’INTERVENTO ALLA FASE EVOLUTIVA DEL BAMBINO


Una volta accertata la necessità di un intervento è importante che questo sia adattato al livello di
sviluppo cognitivo del bambino. Vanno perciò indagate fattori relativi al contesto familiare e
sociale, alle loro capacità intellettive, linguistiche, di memoria e di assunzione di prospettive
diverse.
Se l’intervento è calibrato a un livello troppo elevato il bambino non riuscirà a impegnarsi e a
partecipare attivamente al processo di cambiamento; se al contrario è tarato troppo al ribasso
rispetto alle capacità del bambino, questi potrebbe sentirsi poco valorizzato.
Secondo la teoria degli stadi evolutivi di Piaget la capacità di svolgere operazioni formali viene
acquisita tra i sette e gli 11 anni; perciò il pensiero metta cognitivo o riflessivo non è presente fino
che non si raggiunge la fase delle operazioni formali, durante l’adolescenza.
In realtà già dei sette anni, secondo una sempre più emergente conferma clinica, il bambino può
trarre beneficio dall’applicazione di strategie cognitive. Con i bambini al di sotto dei sette anni è
più indicato un intervento che dia meno rilievo gli aspetti cognitivi e più a quelli comportamentali.
Gli interventi di counseling gay sono basati essenzialmente sul dialogo e il linguaggio è il mezzo
principale attraverso cui far emergere emozioni pensieri: è bene non dare per scontato le abilità
display espressione linguistica e di comprensione del bambino ma è necessario verificarli
accuratamente.
Bambini più piccoli rispondono meglio a domande specifiche dirette. È bene che il counselor faccio
a suo il linguaggio del bambino e utilizzi le sue stesse parole per descrivere i problemi; oltre
lavorando con i bambini è bene fare uso di materiale visivo, grafico e di oggetti concreti
(pupazzetti per il role playing, carte delle emozioni, schede da completare).

L’ETÀ PRESCOLARE
Bambini di 45 anni il mondo è un luogo governato dalla fantasia. Il loro livello di sviluppo cognitivo
è nella fase pre operatoria e questo limita la loro capacità di pensare in modo logico e di
comprendere concetti astratti. In età prescolare i bambini sono molto egocentrici quindi risulta per
loro impossibile riuscire ad assumere la prospettiva di un’altra persona. Inoltre l’autostima è
abbastanza elevata e tendono a sovrastimare le loro capacità. Hanno poi difficoltà a comprendere
l’intenzionalità delle azioni e per questo motivo possono interpretare in modo errato il
comportamento delle persone e reagire in modo inappropriato.

I problemi tipici di questa età sono: paure irrazionali, difficoltà a giocare in modo cooperativo, in
capacità di controllare i propri impulsi, difficoltà a comprendere la morte e la separazione dei
genitori.

L’INFANZIA
Fra i sei e i 10 anni la comprensione di sé e del mondo circostante migliora, e lo sviluppo fisico
consente di padroneggiare molte abilità motorie. Quando i bambini entrano nella fase delle
operazioni concrete il loro pensiero diventa più logico, ma non sono ancora in grado di pensare in
modo astratto o di considerare una gamma di possibili alternative. In questa fase i bambini
cominciano a confrontarsi con gli altri e questo può facilitare un atteggiamento troppo critico
verso se stessi e lo sviluppo di sensi di inferiorità. La capacità di socializzare adeguatamente È un
elemento cruciale per il benessere emotivo. Man mano che un bambino sviluppa la capacità di
assumere la prospettiva altrui, diventa in grado di cogliere interpretare adeguatamente i segnali
sociali e quindi utilizzare tali segnali per risolvere i conflitti intrerpersonali.
I problemi tipici di questa età sono: ansia sociale, ansia prestazionali, bassa autostima.

L’INIZIO DELL’ADOLESCENZA
Fra gli 11 e i 15 anni comincia un graduale spostamento dalla fase delle operazioni concrete alla
fase delle operazioni formali. I ragazzi cominciano a pensare in modo più astratto e sviluppano la
capacità di generare ipotesi e di pensare in modo più logico. Spesso però non sono in grado di
applicare tali capacità a se stessi e questo rende loro difficile collegare eventi situazioni e
sentimenti. A questa età gli adolescenti sono estremamente attenti a se stessi per cui possono
ritenere di essere osservati da tutti e che tutti si accorgono di un loro difetto. Questo comporta
un’eccessiva preoccupazione per il proprio aspetto e spesso ad un drastico calo dell’autostima.
I problemi tipici di questa età sono: frequenti sbalzi di umore influenzati da cambiamenti biologici,
iper reattività al comportamento altrui, rapporto difficile con i genitori, ansia e depressione
associata a un senso di inadeguatezza nel confronto con gli altri, eccessiva conformità al
comportamento dei pari, senso di colpa e imbarazzo associati alla sessualità, uso e abuso di
sostanze
ADOLESCENZA AVANZATA
Questa fase dell’adolescenza, compresa tra i 16 e i 19 anni, è caratterizzata da una maggiore
stabilità rispetto il periodo iniziale. L’aumentata capacità di ricorrere alle operazioni formali porta i
ragazzi a pensare in modo più sofisticato, formulare ipotesi complesse e considerare eventi futuri
possibili conseguenze. In questa fase i ragazzi tendono a impegnarsi per ottenere una maggiore
indipendenza e cominciano a sperimentare nuove responsabilità. A causa dei cambiamenti
cognitivi, affrontano i rapporti con i coetanei con maggior maturità, sviluppano una maggiore
tolleranza per le diversità e cominciano a dipendere meno degli amici. Nell’ambito dei rapporti
affettivi si presentano nuove sfide riguardanti le relazioni amorose e la sessualità.
I problemi tipici di questa età sono: ansia riguardo alla scelta degli studi o l’inserimento nel lavoro,
rabbia associata al desiderio di indipendenza dalla famiglia, senso di solitudine dovuta ai
cambiamenti nei rapporti interpersonali, ansia riguardo ai rapporti con l’altro sesso, errori nelle
proprie scelte dovuti a scarsa esperienza

LIVELLI DI INTERVENTO DI COUNSELING PSICOLOGICO IN Età EVOLUTIVA


1. LIVELLO 1: COUNSELOR E BAMBINO: intervento diretto sul bambino;
2. LIVELLO 2: COUNSELOR, BAMBINO, GENITORI ED EVENTUALMENTE INSEGNANTI: ottimale;
3. LIVELLO 3: COUNSELOR, GENITORI ED EVENTUALMENTE INSEGNETI, BAMBINO: soprattutto
quando si tratta di particolari problematiche esternalizzazione ad esempio ADHD.
4. LIVELLO 4: COUNSELOR, GENITORI, ED EVENTUALMENTE INSEGNANTI: quando non è
possibile lavorare direttamente sul bambino a causa di un suo rifiuto o impedimenti legali.
5. LIVELLO 5: COUNSELOR, BAMBINO, MEMBRI DELLA FAMIGLIA: vengono coinvolti altri
membri della famiglia con i quali il bambino passa parte della sua giornata.
6. LIVELLO 6: COUNSELOR, COPPIA DI GENITORI: parent training sulla gestione
comportamentale del bambino;
7. LIVELLO 7: COUNSELING DI GRUPPO CON ALTRI BAMBINI
N.B: questi livelli non vanno considerati come opzioni mutualmente escludentisi, anzi talvolta è
opportuno attuare un’integrazione tra i diversi livelli soprattutto se durante il percorso, cambiando
qualcosa nella situazione del bambino o della sua famiglia, si rende necessario passare da un
livello all’altro.

CAPITOLO 2: I PROBLEMI INTERNALIZZATI

I problemi internalizzati costituiscono una specifica tipologia di difficoltà emotive e


comportamentali caratterizzata da sintomi di iper controllo: significa che la persona tende a
controllare o a regolare i propri stati interni emotivi e cognitivi in modo eccessivo o inappropriato.

RELAZIONE TRA PROBLEMI INTERNALIZZATI ED ESTERNALIZZATI


I problemi esternalizzazione sono considerati frutto di una carenza di controllo o di
un’autoregolazione è troppo scarsa. Tuttavia, ciò non significa che la presenza dei problemi
esternalizzazione escluda un problema internalizzato, e viceversa: alcuni soggetti infatti
presentano entrambi i tipi di problemi.

QUATTRO TIPI DI PROBLEMI INTERNALIZZATI


1. ANSIA: l’ansia differisce da molti altri sintomi psicologici, in quanto può essere un disturbo
di per sé oppure il sintomo di qualche altro disturbo. I disturbi d’ansia rientrano in una
categoria molto vasta, ma tutti i disturbi d’ansia coinvolgono solitamente tre tipologie di
sintomi:
- Stati d’animo soggettivi (disagio, paura, terrore)
- Comportamenti manifesti (Evitamento, fughe)
- Reazioni fisiologiche (nausea, tremori, sudorazione e innalzamento generale dell’arousal)
I sintomi più comunemente descritti nei problemi d’ansia in età evolutiva sono:
 Pensieri negativi e irrealistici;
 Interpretazioni errate di sintomi ed eventi;
 Attacchi di panico;
 Ossessioni e o comportamenti compulsivi;
 Attivazione fisiologica;
 Ipersensibilità a segnali fisici; paura e ansia relativi a specifici eventi o situazioni;
 Preoccupazioni eccessive e generalizzate.

2. DEPRESSIONE: È il più conosciuto ed evidente tra i problemi internalizzarti; sia nei bambini
che negli adolescenti, la depressione è riconoscibile dal cunei caratteristiche fondamentali:
- Umore depresso o tristezza eccessiva;
- Irritabilità;
- Perdita di interesse nelle attività;
- Alterazioni del sonno;
- Ritardo psicomotorio o lentezza del movimento o, in qualche caso, agitazione fisica;
- Affaticabilità o mancanza di energia;
- Percezione di inadeguatezza;
- Preoccupazioni relative alla morte;
- Lamentele somatiche;
- Variazione del peso corporeo (aumento o diminuzione);
N.B: non è necessario che siano presenti tutti questi sintomi, ne bastano cinque di cui
almeno uno deve essere umore depresso o perdita di interesse per un periodo di almeno
due settimane.

3. RITIRO SOCIALE: bambini e ragazzi socialmente ritirati evitano attivamente la compagnia


altrui. Può essere una caratteristica passeggera o un tratto stabile. Il ritiro sociale nei
bambini e nei ragazzi presenta diverse caratteristiche:
- Solitamente non è considerato un disturbo a sé stante, ma una componente importante di
diversi disturbi;
- Può implicare un’autovalutazione irrealistica della performance sociale;
- Può implicare una mancanza di interesse nell’interazione sociale;
- Può essere complicato da paura eccessiva;
- Può implicare un deficit nei comportamenti di approccio sociale.

4. PROBLEMI PSICOFISIOLOGICI: per definizione sono lamentele di fastidi, malattie o dolori


fisici che non hanno una base medica accertata. Ciò non significa che si tratti di problemi
immaginari: il disagio è reale. Com’è il ritiro sociale, anche i problemi psicofisiologici sono
considerati secondari ad altri disturbi principali, quali ansia o depressione, piuttosto che
problemi internalizzati a sé stanti. Le lamentele somatiche più frequenti in età evolutiva
sono:
- Mal di stomaco, dolori addominali o nausea;
- Mal di testa;
- Dolore agli occhi;
- Dolore agli arti e alle articolazioni;
- Sensazione di formicolio o di torpore alle estremità;
- Vertigini;
- Senso di debolezza;
- Sensazione di svenimento.
In alcuni casi i problemi fisiologici provocano un po’ di fastidio ma non sono debilitanti, mentre
altri disturbi vengono sperimentati con una tale severità da risultare un grosso ostacolo per un
buon funzionamento nella vita quotidiana.

SVILUPPO DEI PROBLEMI INTERNALIZZATI E SCELTA DELL’INTERVENTO


Tra i fattori Eziologici che spesso concorrono a creare e mantenere un problema internalizzato
troviamo:
- Fattori biologici (temperamento, sistema endocrino, neurotrasmettitori);
- Fattori familiari;
- Stress psicologico ed eventi di vita;
- Fattori cognitivi (impotenza appresa, triade cognitiva depressiva, altre distorsioni cognitive
e idee disfunzionali);
- Fattori comportamentali (fughe ed evitamenti)
Il trattamento deve essere calibrato in base alla natura delle sue cause. Grazie a diversi studi si
possono evidenziare alcune caratteristiche dei problemi che insorgono in età evolutiva:
- I sintomi gravi internalizzati in età evolutiva possono persistere mediamente dai due ai
cinque anni;
- I disturbi emotivi comportamentali dell’età evolutiva in generale aumentano la probabilità
che dopo un primo episodio ci siano futuri episodi, talvolta persino più gravi del primo;
- In alcuni casi c’è una forte probabilità che i problemi internalizzati emersi in età evolutiva
persisti no nell’età adulta.

PROBLEMATICHE ASSOCIATE
Alcune tra le più comuni problematiche associate ai problemi internalizzati sono:
1. BASSA AUTOSTIMA: l’autostima si compone di due elementi:
 Il concetto di se è, cioè l’immagine globale che l’individuo ha di se stesso;
 La valutazione delle caratteristiche che rientrano in tale immagine.
Se il concetto di se è di una persona è in accordo con gli standard che si propone, allora
avrà un buon livello di autostima. Se un bambino o un ragazzo si trova ad avere un
concetto di se è negativo questo porta inevitabilmente a un basso livello di autostima.
Esiste una relazione negativa tra livello di autostima e sintomi internalizzati in generale: più
sono gravi i problemi internalizzati, più è probabile che l’autostima del soggetto sia scarsa.

2. PROBLEMI SCOLASTICI: la depressione ma mano che si fa più severa riduce le capacità di


concentrazione e le energie necessarie per affrontare gli impegni scolastici incidendo sul
livello di motivazione.
Per quanto riguarda l’impatto dell’ansia sui risultati scolastici a livelli moderati questa può
addirittura essere un fattore motivante per il ragazzo: una lieve ansia porta il soggetto a
rimandare altre distrazioni e a studiare per evitare un brutto voto. ma se l’ansia va oltre un
certo livello, la performance di studio decade ed il soggetto non riesce più a concentrarsi.
E paure e fobie specifiche possono interferire con l’adattamento scolastico e le prestazioni.
3. SCARSE RELAZIONI SOCIALI: difficoltà con i pari possono essere sia causa che conseguenza
di problemi internalizzati quali ansia o depressione.
DIFFERENZIARE I PROBLEMI ASSOCIATI: Ecco alcune linee guida per distinguere meglio ansia e
depressione da altri problemi che spesso coinvolgono una sovrapposizione di sintomi.
 DEPRESSIONE E DISTURBI BIPOLARI DELL’UMORE: la caratteristica che e meglio distingue
un problema di depressione unipolare dei disturbi bipolari e la presenza o l’assenza di
almeno un episodio maniacale o ipomaniacale oppure un marcato e inusuale periodo di
umore elevato o espansivo o di irritabilità che può diventare problematico di perse.
 DISTURBO DELLA CONDOTTA E DEPRESSIONE: l’unica area di sintomi che potrebbe creare
qualche confusione è quella dell’irritabilità. Al fine di discriminare con accuratezza questi
due problemi o è fondamentale evitare di focalizzarsi esclusivamente sui sintomi manifesti
dell’intensa irritabilità, così da verificare se siano presenti altri sintomi e caratteristiche
legati alla depressione, come: perdita di interesse, problemi di sonno, stanchezza o apatia,
perdita di peso e bassa autostima (tutte caratteristiche che non appartengono ai
comportamenti dirompenti)
 ABUSO DI SOSTANZA: ragazzi con problemi di abuso di sostanze possono sviluppare
sintomi simili a quelli dell’ansia (attacchi di panico e ritiro sociale) e della depressione
(sbalzi di umore e cambiamenti nei pattern di sonno o alimentari). Porre in questi casi
tener conto degli eventuali indicatori manifesti di abuso di sostanze come la comparsa di
nuovi discutibili amici ,comportamenti di mascheramento e la comparsa di somme di
denaro senza giustificazione.
 DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE: anoressia nervosa e bulimia nervosa
presentano spesso anche sintomi che si sovrappongono ad ansia e depressione. I disturbi
del comportamento alimentare e la depressione hanno alcune caratteristiche comuni:
disturbi dell’umore, bassa autostima, perdita di peso o mancato raggiungimento del peso
atteso per l’età.
In comune con l’ansia, invece, i disturbi del comportamento alimentare hanno
preoccupazioni eccessive, fobie, aspetti ossessivo-compulsivi. Ciò che distingue i vari
problemi internalizzati da quelli del comportamento alimentare sono le peculiarità di
questi ultimi: rifiuto di mangiare, digiuni, abbuffate, esercizio fisico eccessivo, intense
preoccupazioni per l’aspetto fisico, vomito autoindotto, abuso di diuretici o lassativi.

CAPITOLO 3: I PROBLEMI ESTERNALIZZATI


Si tratta di problemi che si contraddistinguono per il fatto che il disagio del bambino o
dell’adolescente si riversa verso l’esterno. Le principali caratteristiche del bambino o
dell’adolescente con problema esternalizzato sono:
- Pretesa che i bisogni personali abbiano la precedenza sui bisogni degli altri;
- Ricorso all’aggressività per ottenere ciò che si vuole;
- Oppositività e trasgressione di norme sociali e legali.
Le principali problematiche esternalizzate del bambino e dell’adolescente sono:
1. Disturbo da deficit d’attenzione e iperattività;
2. Disturbo oppositivo provocatorio;
3. Disturbo della condotta

IL BAMBINO CON DISTURBO DA DEFICIT D’ATTENZIONE E IPERATTIVITÀ


Il deficit d’attenzione è un problema neurologico che interessa il bambino fin dai primi anni di vita,
che si mantiene per tutta l’infanzia e l’adolescenza e che spesso persiste anche in età adulta. Nella
maggior parte dei casi si presenta in associazione all’iperattività e in questo caso si parla di ADHD
di tipo combinato. Le caratteristiche tipiche di questo disturbo sono:
- difficoltà di attenzione;
- impulsività e iperattività;
I bambini fanno fatica a mantenere l’attenzione e a concentrarsi, hanno la tendenza ad agire senza
pensare, hanno difficoltà a modificare il loro comportamento sulla base dei loro errori e non
riescono a stare tranquillamente seduti a lungo. La comparsa di queste manifestazioni si manifesta
dai sette ai 10 anni.

COME RICONOSCERE IL BAMBINO IPERATTIVO


La descrizione clinica del disturbo include tre costellazione di sintomi che riguardano il deficit di
attenzione, l’iperattività e l’impulsività.
1. Deficit d’attenzione: sarebbe più corretto parlare di deficit nel regolare l’attenzione, in
quanto il bambino avrebbe la potenzialità di saper prestare attenzione, ma non riesce a
dirigere l’attenzione in modo funzionale verso determinati compiti e attività.
2. Iperattività: significa eccesso di movimenti. L’iperattività si può riferire a un aumento del
ritmo delle normali attività, a un aumento di azioni senza uno scopo, a movimenti
secondari delle mani il rilevanti per il compito, o a un aumento dei movimenti dell’intero
corpo.
3. Impulsività: significa agire senza riflettere. Può implicare il non attenersi alle regole o
all’irruenza.

I SINTOMI TIPICI DEL BAMBINO CON ADHD SONO I SEGUENTI:


1. Ha difficoltà a rimanere seduto quando gli viene chiesto di farlo;
2. Si muove in continuazione anche quando è seduto;
3. Spesso fa cose pericolose senza pensare alle conseguenze;
4. Fa fatica a giocare in modo tranquillo;
5. Spesso parla eccessivamente rispetto ai coetanei;
6. Ha difficoltà ad attendere il proprio turno nei giochi o nelle attività di gruppo;
7. È il movimento di continuo come se avesse dentro un motore;
8. Risponde impulsivamente prima che la domanda sia stata terminata;
9. Interrompe o si intromette in modo inadeguato;
10. Passa da un’attività a un’altra senza concluderne nessuna;
11. Non sembra ascoltare quando gli si parla direttamente;
12. Si fa facilmente distrarre da altri stimoli;
13. Ha difficoltà a organizzarsi nelle attività che dovrebbe svolgere;
14. Fatica a mantenere l’attenzione sia nelle attività scolastiche che nel gioco;
15. Ha difficoltà a seguire le istruzioni che gli vengono date;
16. Perdevo dimentica il necessario per l’attività a casa o a scuola;
17. Evita o è riluttante a impegnarsi in compiti che richiedono sforzo mentale prolungato;
18. È sbadato nelle attività quotidiane.
RICERCA SULLE ORIGINI DELL’ADHD
Per comprendere la natura dell’ADHD è necessario ricorrere a un modello multifattoriale:
- Influenze genetiche e organiche
- Fattori socio economici e strutturali
- Fattori messi in luce da un’analisi cognitivo comportamentale (gestione incoerente da
parte dei genitori contribuiscono significa mente alla persistenza del disturbo)

COM’È LA VITA DI UN BAMBINO /RAGAZZO IPERATTIVO?


Il deficit influenza tutti i principali ambiti della vita di un bambino o adolescente:
- Ambito familiare: i bambini con queste caratteristiche mettono a dura prova i genitori.
Sono bambini che sono di continuo alla ricerca di attenzione, dimenticano facilmente le
richieste dei genitori, perdono costantemente le loro cose, sono disorganizzati e sempre in
movimento. Hanno inoltre difficoltà ad andare d’accordo con fratelli e sorelle e si sentono
frustrati con facilità. Gli interventi più efficaci per favorire la serenità familiare e migliorare
il comportamento del bambino sono basati sull’acquisizione e il perfezionamento di
specifiche competenze genitoriali nel gestire i comportamenti problema del bambino.
- Stasera scolastica: i bambini con questo disturbo spesso hanno difficoltà di apprendimento,
come deficit di memoria a breve termine, problemi di coordinazione, calligrafia illeggibile,
difficoltà di linguaggio, di lettura, ortografia, calcolo, problemi di elaborazione delle
informazioni visive e uditive. Del 40% dei bambini con ADHD presenta difficoltà nelle fasi
iniziali di produzione del linguaggio. Sono spesso presenti problemi di coordinazione con
me nell’equilibrio, nella postura, nel lanciare e afferrare, allacciare le scarpe, scrivere e
disegnare. Il bambino non riesce a mantenere l’attenzione abbastanza a lungo da elaborare
e trattenere correttamente le informazioni uditive.
- Sfera sociale: i bambini con ADHD sono spesso succede il mente poco abili. Farsi degli amici
e mantenere con loro delle relazioni soddisfacenti diventa spesso difficile. La scarsa
tolleranza alle frustrazioni è il motivo che spiega il frequente comportamento capriccioso e
la facilità con cui il bambino mette il broncio. Sono spesso presenti incapacità di adattarsi ai
cambiamenti e problemi legati all’autostima.

COSA INFLUENZA L’EVOLUZIONE NEL TEMPO DELL’ADHD?


Principali fattori di rischio sono:
- Depressione o malattia mentale nella madre;
- Padre antisociale;
- Difficoltà coniugali tra i genitori;
- Mancanza di mutuo supporto all’interno del matrimonio;
- Alto livello di emotività negativa espressa in famiglia;
- Genitori troppo permissivi e incoerenti;
- Genitori troppo direttivi, che danno molti ordini al bambino;
- Genitori poco disponibili all’interazione;
- Alto livello di iperattività quando il bambino è piccolo;
- Ambiente scolastico sfavorevole;
- Bassa autostima;
- Scarse abilità sociali;
- Aggressività;
- Disturbo della condotta;
- Difficoltà sociali, scolastiche o di apprendimento.

RICERCA SUL TRATTAMENTO DELL’ADHD


Esistono soluzioni magiche per questo problema, ma è certamente possibile gestirlo. Il solo
impiego di farmaci non basta a migliorare tutti gli aspetti associati (90% interventi educativi 10%
interventi farmacologici). Le ricerche dimostrano che la forma di intervento più efficace deve agire
su più fronti e può comprendere:
- Consulenza e sostegno ai genitori;
- Terapia del comportamento;
- Consulenza alla scuola su strategie comportamentali;
- Training di abilità sociali;
- Interventi di potenziamento dell’apprendimento;
- Interventi cognitivo comportamentali per incrementare l’autostima.
Le quattro strategie comportamentali che sono risultate essere più efficaci sono:
1. Strategie basate sull’uso di rinforzatori e sulla token economy
2. Costo della risposta (combinazione di procedure di rinforzatori positivi e di penalità
attraverso l’uso di gettoni o bollini premio)
3. Strategie punitive di riduzione del comportamento;
4. Parent training o consulenza genitoriale.

IL DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO


Alcuni specifici comportamenti che un bambino con questo disturbo può manifestare sono:
violazione di regole, attacchi di collera, polemizzare gli adulti, uso di parolacce, disturbare,
attribuire ad altri le cause dei propri comportamenti. I primi segnali si manifestano prima degli
otto anni è quindi possibile identificarli verso i 5-6 anni. Circa il 50-65% dei bambini che presenta
ADHD sviluppa anche disturbo oppositivo provocatorio.

CARATTERISTICHE DEL BAMBINO CON DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO


Questi bambini manifestano disobbedienza, umore negativo E sono spesso irritabili. Per arrivare a
una diagnosi clinica di questo disturbo dovrebbero essere presenti almeno quattro delle seguenti
caratteristiche:
- Va in collera facilmente;
- Spesso litiga anche con gli adulti;
- Spesso sfida attivamente gli adulti o si rifiuta di rispettare le loro richieste e le loro regole;
- Tende ad irritare deliberatamente le persone;
- Spesso accusa gli altri per i propri errori;
- È spesso suscettibile o facilmente irritato;
- Tende a mostrare rabbia e rancore;
- E spesso dispettoso e vendicativo.

POSSIBILI CAUSE
Sono state ipotizzate sia cause neurologiche che predisposizione temperamentale. Non è però da
sottovalutare il ruolo che l’ambiente scolastico nel favorire o accentuare problematiche
comportamentali del bambino. In particolare questo può verificarsi quando:
- L’insegnante è poco sensibile ai bisogni del bambino;
- L’insegnante ha aspettative non realistiche nei confronti del bambino;
- L’ambiente scolastico fornisce al bambino modelli di comportamento inadeguati;
- Vengono commessi errori nella conduzione della classe;
- Le modalità disfunzionali di comportamento che il bambino manifesta scuola vengono
accidentalmente rinforzate;
- L’insegnante ha idee o atteggiamenti erronei in fatto di intervento sui problemi di
comportamento.

IL DISTURBO DELLA CONDOTTA


Bambini e ragazzi con disturbo della manifestano persistenti modalità di comportamento
caratterizzate dal violare i diritti degli altri e le norme di convivenza. Alcuni comportamenti
implicano azioni palesemente prevaricante, come aggressività fisica o violenza sessuale, altri
invece riguardano comportamenti quali furti, fuga da casa, marinare la scuola. Il disturbo. della
condotta è poco frequente al di sotto degli otto anni, ma come ADHD e disturbo oppositivo
provocatorio, è maggiormente presente nei maschi. I casi più gravi tendono a evolvere in disturbo
antisociale di personalità in età adulta.

CARATTERISTICHE DEL BAMBINO/ADOLESCENTE CON DISTURBO DELLA CONDOTTA


Per fare diagnosi di disturbo della condotta, almeno tre delle seguenti modalità comportamentali
devono essersi manifestate almeno una volta negli ultimi 12 mesi e almeno una di esse deve
essere stata espressa negli ultimi sei mesi.
- AGGRESSIONE A PERSONE O ANIMALI:
 Spesso fa il prepotente, minaccia o intimorisce gli altri;
 Spesso da inizio a colluttazioni fisiche;
 Ha usato un’arma;
 È stato fisicamente crudele con persone e o con animali;
 Ha rubato affrontando la vittima;
 Ha forzato qualcuno ad attività sessuali.
- DISTRUZIONE DELLA PROPRIETà
 Ha deliberatamente appiccato il fuoco con l’intenzione di causare seri danni;
 Ha deliberatamente distrutto proprietà altrui.
- FRODE O FURTO
 È penetrato in un edificio, domicilio, o automobile altrui;
 Spesso mente per ottenere vantaggi o favori o evitare obblighi;
 Ha rubato articoli di valore.
- GRAVI VIOLAZIONI DI REGOLE
 Sto trascorre fuori la notte nonostante le proibizioni dei genitori;
 È fuggito da casa di notte almeno due volte;
 Marina spesso la scuola, con inizio prima dei 13 anni di età.

POSSIBILI CAUSE E SVILUPPO


Sono state ipotizzate varie possibili cause all’origine del disturbo della condotta, alcune delle quali
sono di natura biologica. Alcune ricerche hanno dimostrato che vi sono:
- Livelli più bassi di dopamina
- Livelli più alti di testosterone
Risultano altrettanto importanti influenze di tipo genetico e di tipo ambientale come la
composizione della famiglia, le condizioni economiche e culturali.

STILI GENITORIALI
Alcuni studi hanno individuato quattro principali stili genitoriali: stile autorevole, stile autoritario,
stile indulgente e stile negligente. La nuova tendenza nell’ambito dello studio dello sviluppo
infantile è rappresentata dal modello interattivo secondo il quale le caratteristiche del bambino
influenzano l’atteggiamento del genitore e viceversa.

L’AGGRESSIVITÀ NEL BAMBINO


I soggetti aggressivi tendono a pensare e ad agire in modo diverso rispetto ai soggetti non
aggressivi. Spesso essi hanno il convincimento che il mondo sia un luogo ostile e che le altre
persone agiscono in modo ostile nei loro confronti. Inoltre molti bambini aggressivi non hanno
sviluppato un adeguato repertorio di abilità sociali.

CAPITOLO 4: LA RELAZIONE DI AIUTO CON IL BAMBINO E CON L’ADOLESCENTE


Nel counseling con i bambini è necessario costruire un buon rapporto. Dal momento che spesso
sono portati da uno esperto dai genitori e non di loro spontanea volontà, il bambino o il ragazzo si
sentono sovente a disagio.
Innanzitutto è opportuno chiarire il proprio ruolo in quanto counselor.

COME FACILITARE LA COSTRUZIONE DI UNA RELAZIONE DI AIUTO CON BAMBINI E ADOLESCENTI


Ecco alcune indicazioni generali:
- Nell’iniziare il rapporto con un bambino bisognerà tener conto del fatto che gli potrebbe
vivere con una certa ansia il primo contatto. è bene quindi cercare di capire se il bambino
provassi a e quale ne è l’origine.
- Con i bambini più piccoli è bene evitare di posizionarsi dietro la scrivania, ma è preferibile
sedersi entrambi.
- Evitare di fissare troppo intensamente il bambino;
- Procedere con cautela nel porre le domande ed evitare un ritmo troppo pressante;
- Inizialmente astenersi dall’esprimere commenti;
- Evitare di usare un tono di voce da bambino piccolo;
- Nella fase iniziale parlare con il bambino dei suoi principali interessi e gradualmente
spostarsi su ambiti più personali;
- Per non far sentire a disagio il bambino tenerlo impegnato mentre si parla;
- Mostrarsi sempre empatici;
- Evitare di interagire con il bambino alla stregua di un genitore o di un insegnante;
- Cercare di essere il più possibile flessibili e creativi;
- Essere il più possibile onesti con il bambino riguardo acciò che noi conosciamo di lui;
- Trasmettere partecipazione e genuinità;
- Rassicurare il bambino riguardo alla riservatezza di ciò che riferirà;
- Utilizzare l’auto apertura;
- Quando si lavora con soggetti con problemi di controllo della collera è bene avere molto
tatto e procedere con cautela nella riferire che loro problema deriva dal loro modo distorto
di pensare.
- Importante sapersi vendere.

INDICAZIONI SPECIFICHE PER IL LAVORO CON GLI ADOLESCENTI


Spesso gli adolescenti negano di avere un problema affermando che sono gli altri a costruirlo. Con
i ragazzi più grandi è bene accertarsi che non siano stati portati dal professionista contro la loro
volontà: è opportuno avere quindi un colloquio con l’adolescente ancora prima di ascoltare i
genitori, dimostrando così che si intende dare priorità a ragazzo. Per la costruzione di una
relazione di aiuto con l’adolescente È particolarmente utile creare un’atmosfera in cui il giovane si
senta libero di parlare dei suoi problemi personali più intimi e delle sue difficoltà. Gli adolescenti
sono di solito riluttanti a dedicarsi a qualche compito che non comporti risultati immediati. È
meglio quindi che il counselor abbia aspettative realistiche riguardo alla collaborazione con il
ragazzo. Ecco alcuni suggerimenti utili per favorire un atteggiamento collaborativo
dell’adolescente:
- Spiegare che problemi psicologici ed emotivi spesso derivano da abitudine che possono
essere cambiate;
- Verificare le attese dell’adolescente riguardo alla terapia;
- Attenersi alla terminologia utilizzata da ragazzo;
- Esemplificare nell’adolescente modalità di pensiero razionali.
CAPITOLO 5: LA PRATICA DELLA REBT CON BAMBINI E ADOLESCENTI
La terapia comportamentale relazionale emotiva è una teoria e prassi psicoterapeutica ideata
dallo psicologo Albert Ellis.
La REBT può essere considerata la madre di tutte le psicoterapie cognitive comportamentali e
secondo il suo assunto fondamentale il nostro modo di reagire emotivamente e il nostro
comportamento sono in gran parte influenzati dalla nostra visione della realtà, ossia da come
percepiamo, interpretiamo e valutiamo ciò che accade. Questa teoria riconosce anche l’influenza
che possono avere sul comportamento e sulle emozioni le condizioni fisiche, le esperienze passate
e i meccanismi di condizionamento.

L’ABC DELLE EMOZIONI


L’essenza della REBT È riassunta nel modello ABC delle emozioni:
- A: evento attivante. È la situazione esterna o interna che la persona sta vivendo.
- B: sistema di convinzioni. Insieme di processi cognitivi che compaiono nella mente
dell’individuo riguardo all’evento attivante sottoforma di pensieri, considerazioni,
commenti interiori. Possono essere razionali e irrazionali.
- C: conseguenze emotive e comportamentali. Reazioni emotive e comportamentali che
comunemente si ritiene siano causate dall’evento attivante
Il percorso che conduce a un cambiamento emotivo prevede però anche una fase De una fase E.
La messa in discussione (D) è il processo attraverso cui si cerca di mettere alla prova la veridicità e
la consistenza logica delle convenzioni irrazionali. Gli effetti (E) di questo processo di confutazione
consistono in cambiamenti a livello cognitivo, emotivo e comportamentale.
All’interno della REBT viene considerato razionale un modo di pensare che sia logico, congruente
con la realtà, flessibile e funzionale, che favorisca quindi il benessere psicofisico e il
conseguimento di scopi. Il pensiero irrazionale è invece caratterizzato da illogicità, assunti non
convalidati, deduzioni e erronee e generalizzazioni.

I VELENI DELLA MENTE


Ellis formulò un elenco delle più frequenti idee irrazionali riscontrabili all’origine della maggior
parte dei problemi emotivi e comportamentali.
- Pretese assolute
- Bassa tolleranza alla frustrazione o insopportabilità
- Catastrofismo
- Giudizi globali su di sé o sugli altri.
Ellis si rese inoltre conto che era possibile considerare tutte le convinzioni razionali come derivate
da tre doverizzazioni di base:
1. Doverizzazioni su se stessi
2. Doverizzazioni sugli altri
3. Doverizzazioni sulle condizioni di vita

LA RISTRUTTURAZIONE COGNITIVA
La più nota tra le tecniche di ristrutturazione cognitiva e la messa in discussione. La
ristrutturazione cognitiva mira a operare una trasformazione delle modalità irrazionali di pensiero
del soggetto consentendo di giungere a conseguenze cognitive, emotive e comportamentali
alternative e più funzionali. Il counselor Deve guidare l’individuo nella confutazione di una data
convenzione utilizzando uno stile socratico attraverso tre modalità di argomentazione:
- Empirica: si esaminano le prove che possono dimostrare la veridicità o la falsità di un dato
convincimento;
- Logica: viene esaminato se un certo pensiero, partendo da determinate premesse, arrivi a
conclusioni logiche o illogiche;
- Funzionale: viene esaminato quanto un dato pensiero favorisca il conseguimento del
proprio benessere e dei propri scopi.
N.B: con i bambini viene utilizzata anche una quarta modalità, quella semantica, in base alla quale
un pensiero viene messo alla prova in base al significato attribuito a un evento o una situazione.

CAPITOLO 6: LA VALUTAZIONE (ASSESSMENT) DEL BAMBINO E DELL’ADOLESCENTE


Nel lavoro con bambini e adolescenti è bene essere elastici soprattutto per quanto riguarda la
modalità di assessment. Non sempre l’utilizzo immediato di test e questionari è la scelta migliore.
Attraverso procedure informali, infatti, si possono ottenere alcune informazioni che potrebbero
anche sfuggire utilizzando strumenti formali di valutazione. Modalità:
- Uso dei pupazzetti
- Termometro delle mie emozioni
- Barometro delle emozioni
- Frasi da completare
- Questionari

ASSESSMENT EMOTIVO: INDIVIDUARE LE REAZIONI EMOTIVE DEL BAMBINO


Alcuni utili strumenti per elicitare la verbalizzazione delle emozioni e qualntificarle sono il
barometro e il termometro delle emozioni. Inoltre tra un incontro e l’altro si potrà chiedere di
prendere nota su un apposita tabella degli episodi spiacevoli vissuti, indicando il tipo di emozione
provata e l’intensità di tale emozione.

ASSESSMENT COGNITIVO: INDIVIDUARE I MODI DI PENSARE DELL’ADOLESCENTE


Uno degli strumenti utilizzati e l’inventario delle convenzioni adatto a soggetti dai nove ai 12 anni.
È bene dire che malgrado sia possibile utilizzare questi strumenti per ottenere valori interpretabili
secondo parametri statistici, è molto più importante utilizzarli per ottenere un’interpretazione
qualitativa, cercando di individuare quali sono le affermazioni che un bambino un ragazzo
sottoscrive con il massimo livello di accordo. Queste affermazioni ci danno indizi su quali
potrebbero essere le modalità di pensiero in determinate situazioni problematiche.

COME FAR VERBALIZZARE I PROPRI PENSIERI


1. Porre domande dirette: per identificare i pensieri del bambino è bene iniziare con strategie
più semplici ovvero chiedere direttamente cosa pensava quando si è verificata una
determinata situazione.
2. Porre domande evocative: questa tipologia di domande viene combinata a quelle di tipo
aperto per elicitare nel paziente la consapevolezza dei propri pensieri. Una strategia utile È
denominata concatenazione delle inferenze: consiste nel considerare momentaneamente
veritiere le interpretazioni o le aspettative del bambino riguardo all’evento, chiedendogli
cosa significa per lui il fatto che tale interpretazione sia vera.
3. Ipotesi deduttiva: se il bambino ha difficoltà a individuare i propri pensieri può essere utile
ricorrere a questa strategia che consiste nel proporre, come ipotesi dedotta dalla sua
reazione emotiva all’evento, un pensiero che il professionista suppone sia stato presente
nella mente del bambino (di solito sei un bambino si arrabbia perché pensa che non sia
giusto. Anche tu quella volta hai pensato così?)
4. Rievocazione immaginativa: con questa procedura il bambino viene invitato a rivivere con
l’immaginazione la situazione problematica, cercando di rievocare tutti dettagli come se
stesse rivivendo in quel preciso istante l’accaduto. Poi gli viene chiesto di focalizzare
l’attenzione sui pensieri cercando di verbalizzarli.

L’ASSESSMENT COMPORTAMENTALE: INDIVIDUARE I COMPORTAMENTI PROBLEMA


L’assessment comportamentale prevede la raccolta e l’analisi di dati ed informazioni allo scopo di
individuare e descrivere il comportamento problema, identificarne le possibili cause, scegliere le
appropriate strategie di trattamento per modificarlo e valutare i risultati dell’intervento. Il primo
passo consiste nel descrivere in modo concreto i comportamenti problema.
- Un buon punto di partenza per la valutazione comportamentale può essere quello di
elencare i comportamenti che si vorrebbe incrementare in modo da facilitare anche
l’individuazione degli obiettivi da raggiungere.
- Una volta definiti i comportamenti problematici in termini operazione ali, va stabilito
l’ordine in cui affrontarli, in termini di priorità e secondo criteri di opportunità
- Va poi stabilito quando il comportamento si verifica: si potrebbe rilevare che il problema
compare solo in determinate circostanze;
- Va poi stabilita la situazione o il luogo in cui il comportamento problematico avviene in
quanto in alcuni casi sono elementi scatenanti di tale comportamento.
- Infine va stabilito ciò che mantiene il problema attraverso L’ANALISI FUNZIONALE. Questa
procedura cerca di dimostrare che il verificarsi di un comportamento è funzione di
determinate variabili che lo controllano. Un’ipotesi funzionale consiste semplicemente nel
determinare le condizioni stimolo che inducono il comportamento.

OSSERVARE E REGISTRARE UN COMPORTAMENTO: L’OSSERVAZIONE SISTEMATICA


Una volta specificati i comportamenti problematici si procede con un’analisi funzionale per
verificare sotto quali influenze questi vengono messi in atto. L’osservazione sistematica è una
tecnica valida utilizzabile nei contesti di vita naturali: a casa, a scuola, nei centri di cura eccetera.
Condurre un’osservazione sistematica significa rivolger è l’attenzione al comportamento
effettivamente messo in atto in una precisa situazione, registrando fedelmente le informazioni
ricercate.
Nell’osservazione sistematica i comportamenti possono essere registrati:
- in modo continuo: registrazione di tutte le volte in cui si verifica un comportamento
durante un determinato segmento di tempo;
- a intervalli: viene selezionato uno specifico arco di tempo durante il quale un determinato
comportamento viene rilevato e annotato;
- a campionamento a tempo: modalità che viene utilizzata nel caso in cui il comportamento
non sia facilmente identificabile ovvero non sia agevole identificarne l’inizio e la fine.

L’IMPORTANZA DEI METODI SISTEMATICI DI ASSESSMENT


Un assessment funzionale accurato aiuta a individuare meglio le strategie di trattamento, ma ci
sono molte altre ragioni per registrare dati precisi durante la fase di misurazione di base. Eccone
alcuni:
- Un accurato assessment comportamentale fornisce una descrizione del problema che
aiuterà il consulente a decidere se la persona più indicata per elaborare un adeguato
programma di trattamento;
- 1:00 misurazione di base potrebbe rivelare che siamo davanti ha un non problema.
- La raccolta di dati accurati durante tutto il trattamento permette di verificare in modo
certo sei un programma abbia determinato Ostia determinando il cambiamento
desiderato;
- Rappresentare graficamente le registrazioni sistematiche di un comportamento ed esporre
in pubblico può costituire uno stimolo a effettuare un programma;
- Talvolta la visibilità dei dati relativi a un determinato comportamento può portare a
miglioramenti, a prescindere da qualsiasi ulteriore programma di trattamento.

CAPITOLO 8: IL LAVORO COI GENITORI


In una prospettiva cognitivo comportamentale le linee d’azione e gli obiettivi da porsi nel lavoro
con i genitori sono:
- Confrontarsi coi genitori sull’importanza di mantenere all’interno della famiglia una chiara
distinzione tra sistema dell'autorità genitoriale e sotto sistema dei rapporti tra fratelli.
- Affrontare con i genitori il tema delle diverse modalità di prendersi cura dei figli;
- Confrontarsi sulle abilità di base dei genitori;
- Insegnare ai genitori l’ABC delle emozioni;
- Fornire ai genitori suggerimenti su come influenzare gli stati d’animo dei propri figli;
- Confrontarsi con i genitori circa l’opportunità di insegnare ai propri figli convinzioni
razionali.

RELAZIONE COUNSELOR-GENITORI
Nel colloquio con i genitori è bene tener presente che molti di loro sono ipersensibili a ciò che
percepiscono come critica nei propri confronti o nei confronti del figlio. Il counselor dovrà dedicare
molta attenzione a salvaguardare la relazione, evitando attentamente di assumere un
atteggiamento che possa essere percepito come critico nei loro confronti e troppo direttivo. È da
tenere presente che alcuni genitori potrebbero aver piacere nel ricevere consigli e indicazioni già
dal primo incontro. Per aiutare i genitori a comprendere le principali caratteristiche del
dell’intervento è utile consegnare loro una scheda che riassuma in modo semplice gli aspetti
principali del lavoro che faremo. Nel corso dei primi contatti con i genitori si devono prendere in
considerazione i seguenti punti:
- Le abilità genitoriali di gestione del figlio sono sufficienti per permettere ai genitori di
risolvere i problemi rilevati?
- Lo stile educativo dei genitori contribuisce ai problemi del figlio?
- Lo stato emotivo dei genitori relativamente alle difficoltà del figlio contribuisce al
problema?
- La relazione dei genitori offre sufficiente supporto?
- Il rapporto dei genitori con il figlio è adeguatamente differenziato a seconda delle
situazioni, in modo da permettere loro una funzione idonea di guida e di controllo?
Va poi valutato se i genitori dispongono di una tolleranza alla frustrazione sufficiente per poter
fronteggiare adeguatamente il difficile comportamento del figlio. Qualche genitore può apparire
reticente nel discutere con il professionista alcuni dettagli concernenti le proprie difficoltà
personali: questo è dovuto alla convenzione che aver bisogno di aiuto per gestire le proprie
difficoltà e segno di totale incapacità. È bene aiutare i genitori a superare il pregiudizio.
È bene poi aiutare i genitori ad apprendere strategie per mantenere uno stato d’animo adeguato
in quanto avere genitori emotivamente alterati nei confronti dei figli rende più difficile la
modificazione del comportamento target.

COINVOLGIMENTO DEI GENITORI NELL’ASSESSMENT


Nell’assessment condotto con i genitori dove sono gli obiettivi più importanti:
- L’individuazione del problema;
- L’analisi del problema.
N:B: valutare se sia il caso di vedere prima il genitore o prima il figlio: quando il figlio ha meno
di 13 anni è preferibile vedere prima ai genitori; se si tratta di un adolescente è preferibile
vedere prima il figlio; se però il figlio presenta problematiche internalizzate nel il primo
incontro potrebbe essere più costruttivo vedere il ragazzo insieme ai genitori.
Gli obiettivi dell’assessment condotto con i genitori sono:
- Raccogliere informazioni rilevanti sul bambino e sui problemi che presenta;
- Raccogliere informazioni sul ruolo che i genitori giocano nel creare o mantenere il
problema;
- Portare alla luce inferenze Fallaci, convinzioni irrazionali che sottendono stati d’animo e
comportamenti genitoriali disattivi;
- Stabilire una strategia per modificare reazioni emotive e comportamenti disfunzionali dei
genitori;
- Formulare un piano di modificazione del comportamento problematico del bambino.

GLI STILI GENITORIALI


Stili genitoriali in adeguati contribuiscono all’insorgere di varie difficoltà nei figli e possono causare
un peggioramento della situazione nei bambini con temperamento difficile. Di seguito sono
presentate le principali modalità di accudimento dei figli in base alle combinazioni di due
caratteristiche del genitore: La capacità di manifestare affetto e la capacità di manifestare
fermezza.
1. Modalità caratterizzata da scarso effetto ed eccessiva fermezza: il genitore stabilisce regole
rigide, non permette ai figli di mettere in discussione l’autorità del genitore, si focalizza sui
comportamenti sbagliati del figlio, attacca la personalità del figlio.
IMPATTO: I bambini possono arrivare a considerarsi persone inferiori e prive di valore.
CONVINZIONI GENITORIALI:
- Arrabbiarsi è un modo efficace per correggere il comportamento di mio figlio;
- La rabbia aiuta a portare a compimento le cose;
- I bambini sono naturalmente indisciplinati e i genitori devono metterli in riga;
- Il bambino e il suo comportamento sono un tutt’uno.
- Quando il bambino si comporta bene Lodi e premi non sono necessari ma anzi rischiano
di viziarlo;
- I genitori hanno sempre ragione;
- In qualità di genitore o il potere di far fare a mio figlio qualunque cosa io voglia.
2. Modalità caratterizzata da molto affetto ma priva di fermezza: I genitori non vogliono che il
figlio sperimenti frustrazioni o sensi di colpa.
IMPATTO: I bambini possono diventare deboli, egocentrici, emotivamente infantili e
dipendenti, bassa tolleranza alla frustrazione.
CONVINZIONI GENITORIALI:
- Bambini non devono provare frustrazione;
- Qualsiasi punizione è sbagliata;
- I bambini dovrebbero essere liberi di esprimersi;
- I genitori dovrebbero essere buoni e disponibili;
- Qualsiasi cosa che risulti piacevole va bene;
- Io mi sento così debole e senza risorse che non so quale sia la cosa giusta da fare quindi
la decido in base al momento.
3. Modalità caratterizzata da poco affetto e scarsa fermezza: genitori poco presenti
nell’esercitare il proprio ruolo. Tendono a criticare aspramente i propri figli quando si
comportano male e difficilmente li lodano per i comportamenti positivi.
IMPATTO: I bambini possono sviluppare stati emotivi cronici di rabbia e frustrazione per il
fatto di non riuscire mai a piacere ai genitori; potrebbero tentare di oltrepassare i limiti,
infrangere continuamente regole.
CONVINZIONI GENITORIALI:
- Mostrarsi troppo affettuosi con i figli li farà crescere deboli;
- Mio figlio deve imparare ad arrangiarsi da solo;
- Adesso non posso togliere troppo tempo ai miei impegni;
- È troppo impegnativo occuparsi sempre dei problemi dei figli.
4. Modalità educativa improntata su affetto e fermezza: è la forma preferibile. Le critiche dei
genitori si concentrano sul comportamento da correggere ma non sono rivolti al bambino
come persona; pongono limiti in modo che la violazione di una regola porti a conseguenze
chiare, stabiliscono punizioni che siano mirate a imparare la regola.
IMPATTO: I bambini sperimentano spesso benessere sociale ed emotivo;
CONVINZIONI GENITORIALI:
- Modi di pensare caratterizzati da realismo, obiettività, flessibilità e senso logico.

AIUTARE I GENITORI A CORREGGERE LE PROPRIE CONVINZIONI IRRAZIONALI


È necessario far capire ai genitori che occorre prima di tutto modificare le loro forti reazioni
emotive verso loro figlio e verso il suo comportamento, affinché essi possono favorire qualsiasi
progresso nell’oro bambino. È utile utilizzare tabelle nelle quali annotare le convinzioni irrazionali
che alimentano l’ansia dei genitori e, a lato, indicare quali potrebbero essere le eventuali
alternative razionali.

IL PARENT TRAINING RAZIONALE EMOTIVO


È una forma particolare di parent training e nel corso del quale si affrontano in gruppo le
problematiche emotive dei genitori. Gli obiettivi principali sono:
- Insegnare ai genitori il modello dell’emozione utilizzato nella REBT: si tratta quindi di
guidarli ad apprendere che la causa dei loro stati d’animo negativi risiede non tanto
negli eventi che si verificano ma nella rappresentazione mentale di tali eventi.
- Mostrare i genitori come applicare il modello dell’emozione hai problemi emotivi del
bambino;
- Insegnare ai genitori abilità di problem solving per affrontare i problemi del bambino.

CAPITOLO 9: LA PSICOEDUCAZIONE: FAVORIRE LA CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA


Bambini e ragazzi hanno spesso difficoltà a indicare quali sono i loro stati d’animo. Non bisogna
mai dare per scontato che un bambino possa prendi care in modo preciso ciò che sente.
- Per aiutare il bambino nella discriminazione emotiva si potrà usare un foglio nel quale
tracciare una linea verticale per dividerlo in due parti (emozioni piacevoli ed emozioni
spiacevoli).
- Il passaggio successivo consiste nell’aiutare il bambino a perfezionare il riconoscimento
delle emozioni dall’espressione del viso.
- Con gli adolescenti possono essere messi appunto brevi storie con più personaggi, i
quali potrebbero avere diverse possibili reazioni emotive.
- Dopo aver affrontato in modo impersonale il riconoscimento delle emozioni ci si potrà
spostare verso le esperienze personali.
CAPITOLO 10: LA PSICOEDUCAZIONE: INSEGNARE L’ABC DELLE EMOZIONI
Vi sono varie modalità attraverso cui si può insegnare la connessione tra pensiero ed emozioni:
1. PROCEDURA BASATA SUL CONFRONTO CON ALTRE PERSONE supponi che a 100 bambini
capitasse di essere presi in giro, credi che tutti quanti si sentirebbero come te?
2. PROCEDURA BASATA SUL MODELLO ABC
3. PROCEDURA BASATA SUL PENSIERO ALTERNATIVO: riprendere un episodio emerso durante
il colloquio con il bambino per fargli notare che il verificarsi di un dato evento ha portato a
una particolare reazione emotiva. Si prosegue poi proponendo il bambino un diverso modo
di pensare riguardo al medesimo evento e successivamente di si chiede se secondo lui con
quel pensiero si otterrebbe la medesima reazione emotiva.
4. PROCEDURA BASATA SU VIGNETTE A FUMETTI: lo scopo è sempre quello di far notare che
davanti alla stessa situazione ci si può sentire in modo diverso a seconda di quali siano i
pensieri che prevalgono.

CAPITOLO 11: LA MESSA IN DISCUSSIONE DEI PENSIERI


Per prima cosa è necessario insegnare ai bambini i concetti di razionale e irrazionale secondo
l’approccio REBT.
La persona che pensa in modo razionale sa ricorrere a modi di pensare e costruttivi per affrontare
le difficoltà e quindi esercitare un certo dominio sulla propria emotività. Per pensiero irrazionale si
intende invece un modo di pensare estremamente rigido, non obiettivo, distorto che porta a
reazioni emotive disfunzionali. (invece di razione e irrazionale utilizzare i termini “positivo” e
“negativo”)
Successivamente con i bambini più grandi si potrà procedere insegnando loro ad analizzare i
pensieri irrazionali attraverso la procedura della messa in discussione. Prima di mettere in
discussione le modalità di pensiero irrazionale è bene far comprendere la differenza tra fatti ed
opinioni. Nell’aiutare il bambino a cambiare i propri pensieri disfunzionali il counselor potrà
ricorrere a due tipologie di stili:
- Stile didattico: implica spiegare direttamente al bambino perché è un certo modo di
pensare è dannoso;
- Stile socratico: implica il ricorso ad una serie di domande aventi lo scopo di spingere il
bambino a riflettere sul suo modo di pensare e a rendersi conto che ciò che pensa non
corrisponde al vero;

STRATEGIE PER LA MESSA IN DISCUSSIONE DEI PENSIERI


1. DISSUASIONE EMPIRICA: si basa sul mettere alla prova un pensiero cercando le prove a
sostegno della sua veridicità.
2. DISSUAUSIONE SEMANTICA: implica guidare il bambino verso un chiarimento sul significato
di alcuni termini che utilizza quando esprime un modo irrazionale di pensare su quanto
accade.
3. DISSUASIONE FUNZIONALE: si aiuta il bambino a mettere alla prova un pensiero
esaminando quanto esso sia utile per sentirsi bene e raggiungere un certo obiettivo;
4. DISSUASIONE LOGICA: mettere alla prova la conclusione a cui il ragazzo è pervenuto
partendo da una data premessa (come puoi dimostrare di essere assolutamente un buono
a niente?)
N.B: queste strategie sono applicabili con bambini che abbiano almeno 10 anni, ma le prime tre
possono essere applicate con bambini più piccoli qualora risultino essere particolarmente brillanti.
LA RIFORMULAZIONE RAZIONALE
È la sostituzione del pensiero nocivo con un pensiero utile e funzionale al benessere del bambino.
(Se come abbiamo visto questo pensiero non dice cose vere e non ti aiuta a stare bene, cosa
potresti dire a te stesso di diverso?)

CAPITOLO 12: ALLENAMENTO ALLE AUTOISTRUZIONI


È una tecnica ampiamente utilizzata per allenare il bambino a ricorrere a modalità di pensiero
nuove e più ad attive, nell’affrontare diversi tipi di difficoltà.
PROCEDURA:
Il soggetto inizialmente osserva un adulto modellare il copione di auto istruzioni. Un training di
auto istruzioni per bambini deve procedere attraverso cinque passaggi:
1. Scegliere un comportamento che per il soggetto è difficile mettere in atto a causa della
forte ansia che prova nelle situazioni in cui dovrebbe eseguirlo;
2. Il soggetto esegue la stessa azione con la guida esterna e le istruzioni esplicite dell’adulto;
3. Il soggetto passa quindi a eseguire la prova sotto la propria guida pronunciando ad alta
voce le auto istruzioni stabilite nel copione;
4. Il soggetto mette di nuovo in atto l’azione ripetendosi le auto istruzioni sottovoce;
5. Infine il soggetto esegue la prova sotto la guida delle auto istruzioni in maniera del tutto
celata.
(davanti al compito di matematica potrebbe dirsi: mi sento in ansia? Ok, allora devo seguire il mio
piano. Devo eseguire solo un esercizio una volta e alla fine di ciascuno fare un respiro profondo e
rilassante.)

CAPITOLO 13: L’UTILIZZO DI AFFERMAZIONI POSITIVE


Una tecnica utile per modificare i pensieri disfunzionali consiste nell’allenare il soggetto a
formulare affermazioni positive le quali devono essere sufficientemente realistiche, credibili e
personalizzate.
 ESEMPIO COMPILAZIONE SCHEDA UTILIZZO AFFERMAZIONI POSITIVE
ISTRUZIONI:
- Fai un elenco delle situazioni per te problematiche;
- Fai un elenco di numerose affermazioni che potrebbero esserti utili in queste situazioni;
- Scegli da questo elenco le affermazioni che ti appaiono più realistiche e che ritieni
potrebbero essere più utili per te;
- Scrivile poi su questa scheda e mettila in un posto in cui la puoi vedere spesso.
SITUAZIONE PROBLEMATICA AFFERMAZIONI POSITIVE
Compito in classe  È impossibile non fare mai errori
 Anche se qualcosa non mi riesce
potrò prendere lo stesso la
sufficienza
 Gli errori a volte servono per
imparare meglio

CAPITOLO 14: LA NARRAZIONE ORIENTATA SULLE EMOZIONI


Ricorrere all’utilizzo di racconti può essere utile per favorire nel bambino un ragazzo alcuni insight
concernenti le proprie emozioni. La fine del racconto si possono proporre una serie di domande,
ad esempio:
- Che cosa provava realmente dentro di sé X quando risposai in modo rabbioso alla
professoressa?
- Secondo te perché X era così triste?
- Quando tu sei triste, di solito, quali sono i motivi? Ecc.

CAPITOLO 15: L’USO DELLA IMMAGINAZIONE


La maggior parte dei bambini dimostra di possedere un’immaginazione molto fertile, per cui può
risultare vantaggioso far ricorso a tecniche immaginative per fini terapeutici.
L’immaginazione può essere utilizzata per favorire uno stato di rilassamento, per contrastare
l’insorgere di ansia e per favorire l’apprendimento di nuove modalità di interpretare e valutare gli
eventi.
Un efficace procedura immaginativa per bambini fobici è la VISUALIZZAZIONE EMOTIVA: si basa sul
contro condizionamento e consiste nell’associare ripetutamente l’immagine mentale dello stimolo
fobico all’immagine mentale di uno stimolo altamente gratificante per il bambino. In seguito a
questa associazione ripetuta, lo stimolo fobico perde gradualmente la sua connotazione
ansiogena.
Esempio di visualizzazione emotiva: l’eroe preferito. .Si chiede di individuare un personaggio
preso dalla tv o dai fumetti; poi si propone al bambino di immaginarsi nella situazione temuta e di
costruire una storia fantastica in cui lui è il protagonista che, affiancato dall’eroe, affronta con
successo la situazione temuta
Un’altra tecnica immaginativa è l’immaginazione razionale emotiva: questa tecnica ha lo scopo
di aiutare il bambino a interiorizzare e a far suo un modo di pensare funzionale riguarda una data
situazione problematica. Viene chiesto al bambino di immaginare l’evento spiacevole cercando di
calarsi nella situazione mentre ripeto è dentro di sé quelle affermazioni che possono aiutare a
evocare uno stato d’animo più sereno.

CAPITOLO 17: LE STRATEGIE BASATE SUL RINFORZO. LA GESTIONE DELLE CONTINGENZE


Quando vogliamo incrementare in un bambino alcuni comportamenti positivi, è necessario
verificare se gli possiede già le abilità necessarie per mettere in atto tali comportamenti.
- Il bambino sa che cosa fare?
- Il bambino sa come farlo?
- Il bambino sa quando farlo?

INDIVIDUARE I RINFORZATORI
Il primo passo consiste nell’individuare i rinforzatori utilizzabili nell’ambiente quotidiano del
soggetto. Alcune classi di rinforza tori sono efficaci per molti soggetti, mentre altri sono molto
specifici. Il counselor deve individuare rinforzatori che siano più forti di quelli che il soggetto riceve
per il suo attuale comportamento indesiderabile.
N:B: le strategie basate sul rinforzo sono le prime da utilizzare in un intervento
comportamentale, sia perché innalzano la motivazione e l’autostima sia perché favoriscono
relazioni positive tra lui e gli adulti coinvolti.
Prima di avviare qualsiasi strategia basata sul rinforzo è bene fornire ai genitori alcune
informazioni di base sui prerequisiti educativi cui necessario attenersi al fine di rendere più efficaci
tali strategie:
- Usare la massima coerenza tra familiari;
- Dare al bambino regole chiare;
- Rimproveri punizioni vanno dati immediatamente dopo il manifestarsi del
comportamento su cui si vuole agire;
- Fare maggior ricorso all’incoraggiamento;
- Quando è possibile utilizzare come punizione conseguenze negative naturali piuttosto
che infliggere qualcosa di sgradevole;
- Evitare di fare promesse mentre il bambino manifesta un comportamento inadeguato;
- Evitare la svalutazione.

Per individuare i rinforzatori efficaci si può chiedere al bambino:


- Mi dici alcune cose che ti piace fare?
- Quali giochi ti piacciono di più?
- Con chi ti piace stare di più?

Con i bambini che abbiano più di otto anni può essere utilizzato un apposito questionario sulle
preferenze personali; un’altra fonte di informazioni può essere l’osservazione formale del
bambino nel suo ambiente naturale.

CREARE UNO SPECIFICO MENÙ DI RINFORZATORI


Per ogni soggetto è possibile creare uno specifico menu di rinforzatori ovvero l’elenco dei premi a
cui egli può accedere se mette in atto il comportamento desiderato prestabilito.

ACCORGIMENTI SUI RINFORZATORI


- Il rinforzo attore deve essere somministrato immediatamente dopo che il
comportamento desiderato è stato messo in atto;
- È possibile assegnare subito al soggetto un premio simbolico (bollini) che poi potrà
essere scambiato con il rinforzatore materiale;
- Sono da preferire rinforzatori che abbiano meno probabilità di saturare il soggetto. Per
prevenire il rischio di saturazione si possono avere alcuni accorgimenti:
 Avere a disposizione un menu variato di rinforzatori;
 L’intervallo di tempo entro cui un comportamento desiderabile viene rinforzato
dovrebbe essere breve;
 Associare più rinforzi tra loro e utilizzare rinforzi che abbiano un alto potere
condizionante;
- Il rinforzo deve essere compatibile con il programma di trattamento;
- Il rinforzo deve essere il più economico possibileil più economico è l’incoraggiamento
positivo: un rinforzo socio affettivo che consiste in una formula di comunicazione
suddiviso in due parti: la prima parte comunica al bambino una semplice descrizione
obiettiva del suo comportamento, la seconda parte consiste nell’esprimere
apprezzamento per quel comportamento (così va bene)

ERRORI PIÙ COMUNI NELL’UTILIZZO DEL RINFORZO


- Offrire enormi ricompense per un miglioramento ero troppo grande da realizzare in un
modo completo;
- Rinforzare un comportamento prima che sia avvenuto;
- Promettere al bambino una ricompensa per far cessare il suo comportamento positivo
(se un bambino sta facendo i dispetti al fratello sarebbe sbagliato dire “se smetti di dare
fastidio a tuo fratello, ti compro le figurine”il bambino imparerebbe che
comportamenti di disturbo “rendono”, in quanto lo portano a ottenere la promessa di
una ricompensa)

CAPITOLO 18: L’IGNORARE STRATEGICO. ELIMINARE CIÒ CHE RINFORZA IL COMPORTAMENTO


DESIDERABILE
Si sa che il rinforzo produce un aumento della probabilità che un comportamento venga ripetuto;
una logica applicazione di tale principio consiste perciò nell’eliminare in modo sistematico le
conseguenze rinforzanti che mantengono un comportamento indesiderabile. Questo è il
meccanismo dell’estinzione in ambito comportamentale.
In ambito di counseling si parla di strategia DELL’IGNORARE STRATEGICO. Questa tecnica è
possibile solo se sono soddisfatti alcuni presupposti:
- Il comportamento indesiderabile può essere temporaneamente tollerato;
- Un incremento del comportamento indesiderabile può essere temporaneamente
tollerato;
- È improbabile che il comportamento indesiderabile venga imitato;
- È possibile evitare che il soggetto riceva un rinforzo per il comportamento
indesiderabile;
- Sono stati individuati comportamenti desiderabili alternativi.
ES: sei un bambino di tre anni e mezzo ripetere a pappagallo ciò che la madre dice che questa,
infastidita, lo rimprovera il bambino ripete tale comportamento sempre più spesso. Si può
ipotizzare che la reazione della madre sia rinforzante per tale comportamento. Se per la madre
tale comportamento è fastidioso, le si può proporre di ignorarlo, sopportando un eventuale
incremento dello stesso nelle prime fasi, ma sapendo che poi probabilmente si estinguerà o
perlomeno ridurrà.
Se l’ignorare strategico non è applicabile o non ha funzionato, si può passare alla scelta successiva,
cioè applicando il TIME-OUT oppure mettendo in atto il COSTO DELLA RISPOSTA.

CAPITOLO 19: IL CONTRATTO COMPORTAMENTALE


L’impiego di un contratto comportamentale allo scopo di favorire una maggiore
responsabilizzazione del soggetto verso le proprie azioni. Si può usare solo quando il soggetto, che
si rende conto delle conseguenze negative di un proprio comportamento, è disponibile a fare
qualcosa per ridurlo.
Le linee guida per la stesura di un contratto comportamentale sono:
- Il contratto deve essere espresso in forma affermativa. Ad esempio anziché scrivere
“Paolo deve smettere di…” È preferibile scrivere “Paolo dovrà…”.
- Il contratto deve esplicitare chiaramente la responsabilità di tutte le parti;
- In ogni contratto andrebbe inclusa un’indicazione temporale, che specifichi
chiaramente quanto tempo il soggetto ha a disposizione per soddisfare le richieste.
- Quando il soggetto non compie almeno i primi progressi in un’unità di tempo
ragionevole, si dovrebbe provvedere a una rinegoziazione del contratto.

CAPITOLO 20: LA TOKEN ECONOMY


La token economy, detta anche economia simbolica o sistema a punti, È una tecnica che consiste
in un accordo con il soggetto che per un certo comportamento corretto quest’ultimo riceverà un
bollino o un gettone. Ogni volta che il bambino e metterà il comportamento desiderabile potrà
ricevere un bollino/gettone che in seguito, quando avrà raggiunto la quantità stabilita, gli
consentirà di ottenere il premio stabilito. La token econimy viene attuata secondo 4 fasi:
1. Il primo passo consiste nello stabilire quali comportamenti danno diritto a guadagnare
bollini; si stende poi il menu dei rinforzatori; occorre poi stabilire quanti bollini il bambino
può guadagnare per ogni comportamento specifico.
2. Si deve dare un valore a ciascuna voce presente nel menu di rinforzi.
3. Si dovrebbero scegliere i bollini facilmente maneggiabili e facilmente trasportabili (esempio
carta di credito su cartoncino);
4. Affinché i bambini comprendono il significato e il valore rinforzante dei token, e si vanno
dati immediatamente dopo l’esecuzione del comportamento desiderato.

CAPITOLO 21: IL TIME OUT


Questa tecnica consiste nel rimuovere il soggetto dalla situazione in cui ha manifestato il
comportamento problema, in modo da isolarlo da qualsiasi fonte di rinforzo. Il bambino, non
appena si verifica il comportamento indesiderabile, viene allontanato dalla situazione in cui si
trova, collocato in un luogo tranquillo nel quale rimarrà fino a quando il segnale di un timer
indicherà la fine del periodo di Timeout.
Questo metodo si propone due obiettivi:
- Cercare di interrompere quanto prima possibile il comportamento problema;
- Aiutare il bambino a raggiungere una certa capacità di autodisciplina.
Il bambino può essere visibilmente arrabbiato e turbato quando viene messo in Timeout, ma
l’adulto non deve perdere di vista i propri obiettivi (far cessare all’istante il comportamento
bersaglio).
Se il bambino è di mal umore dopo essere uscito dal Timeout, ne ha pieno diritto e non va per
questo rimproverato.

CAPITOLO 22: IL COSTO DELLA RISPOSTA


Consiste nel privare il bambino di un rinforzo. In base a questa strategia, quando il soggetto mette
in atto il comportamento indesiderabile, deve pagare una sorta di penalità, rinunciando a qualcosa
che precedentemente aveva acquisito.
Il costo della risposta può essere applicato anche quando non è in corso una token economy: in
questo caso si fornisce al bambino un bonus di una certa quantità di token che avrà a disposizione
ogni giorno; perderà un token ogni volta che si manifesta uno dei comportamenti indesiderabili.
Questa strategia risulta particolarmente utile con soggetti estremamente impulsivi, i quali sono di
solito più motivati a impegnarsi per non perdere ciò che già hanno a disposizione (token).

INDICAZIONI PER RENDERE EFFICACE IL COSTO DELLA RISPOSTA


- Un programma basato sul costo della risposta non deve prevedere rinforzi facilmente
rimpiazzabili.
- Sono preferibili conseguenze logiche anziché penalità arbitrarie che non abbiano alcuna
relazione con il comportamento indesiderabile.
- Quando il costo della risposta viene applicato assieme ad una token economi, la
quantità di rinforzi simbolici guadagnati deve mantenersi molto superiore a quelli persi.
- È necessario che venga data una chiara spiegazione della relazione tra ciascuna risposta
indesiderabile e la penalità adeguatamente assegnata;
- È bene rinforzare i comportamenti desiderabili alternativi, perciò quando si ricorda il
soggetto quale penalità è prevista per il comportamento indesiderabile, è bene far
presente anche la conseguenza rinforzante per il comportamento alternativo.
- Il counselor dovrebbe comunque usare con moderazione il costo della risposta.
CAPITOLO 23: CONSEGUENZE NATURALI E CONSEGUENZE LOGICHE
La tecnica delle conseguenze naturali consiste nel lasciare che il bambino sperimenti le
conseguenze del proprio comportamento in termini di eventi naturali, cioè che non dipendono
direttamente dall’intervento di altre persone. (se il bambino rifiuta di indossare qualcosa di
pesante quando la temperatura si è abbassata, piuttosto di intavolare una discussione risulta più
efficace lasciare che prenda pure un po’ di freddo).
La tecnica delle conseguenze logiche consiste invece nel lasciare che il ragazzo sperimenti le
conseguenze sociali logicamente con legate al suo comportamento. (Se il bambino impiega troppo
tempo a prepararsi per andare a scuola, allora arriverà in ritardo e affronterà il rimprovero
dell’insegnante).

CAPITOLO 24: STRATEGIE DI PROBLEM SOLVING


I metodi di problem solving mirano a insegnare come procedere, attraverso un ragionamento
logico, per raggiungere la soluzione di diversi problemi personali; inoltre questa strategia permette
di correggere eventuali ragionamenti erronei, atteggiamenti impulsivi o modi di pensare troppo
emotivi. La procedura di problem solving può essere sintetizzata in quattro passi:
1. Definire qual è il problema;
2. Fare un brainstormingesaminare le alternative possibili.
3. Prevedere le possibili conseguenze di ciascuna delle diverse soluzioni e
soppesarleattribuire un punteggio per ciascun pro e ciascun contro. Alla fine sottrarre
dal punteggio totale dei pro il punteggio totale dei contro.
4. Scegliere la soluzione migliore e applicarla.

N.B: con i bambini più piccoli la procedura va semplificata: il primo passo consiste sempre
nell’individuare il problema, poi si passa ad elencare le possibili soluzioni, ma le possibili
conseguenze vengono valutate facendo a prendere il bambino tre domande chiave da porsi:
- sarebbe utile?
- sarebbe giusto?
- come si sentirebbe l’altra persona?

CAPITOLO 25: TRAINING DELLE ABILITÀ SOCIALI


Bambini e ragazzi con problemi di ansia sociale o che tendono ad isolarsi hanno frequentemente
deficit nelle abilità necessarie per risolvere le difficoltà interpersonali. Quindi i soggetti che
soffrono di ansia sociale e che tendono a evitare situazioni sociali hanno meno probabilità di loro
coetanei di possedere le necessarie abilità per negoziare efficacemente in tali situazioni (È più
probabile che lascino perdere, si scoraggino e si isolino).
Il training di abilità sociali è uno strumento di intervento pratico, volto ad aumentare in questi
bambini le abilità di gestire situazioni sociali. Si tratta di un intervento di natura cognitivo
comportamentale, in quanto è composto sia di aspetti cognitivi (valutazione della propria
prestazione e confutazione di idee disfunzionali) sia di esercizi comportamentali veri e propri
(modelling e role playing).

DEFICIT DI ABILITÀ E ANSIA SOCIALE


Non tutti i ragazzi che mostrano ansia sociale presentano deficit di abilità sociali: alcuni infatti
possiedono le abilità necessarie, ma non riescono a metterle in atto per la forte attivazione
emotiva in questi casi si parla di ansia sociale.
Modi più semplici per stabilire se si tratti di un deficit di abilità o di un deficit di prestazione
consiste nel proporre al soggetto un role playing individuale su situazioni sociali comuni
osservandolo ci si deve chiedere: “ il ragazzo riesce a mettere in atto le abilità sociali in un
contesto protetto come questo?” La risposta è no allora significa che è necessario individuare le
abilità di cui è carente e fargliele a prendere; se invece il ragazzo presenta le necessarie abilità gli si
può attribuire un deficit di prestazione E l’intervento più indicato sulle difficoltà cognitive ed
emotive sottostanti.

8 PASSI FONDAMENTALI DI TRAINING COGNITIVO-COMPORTAMENTALE DI ABILITÀ SOCIALI


1. Presentare e definire il problema: il conduttore presenta le principali situazioni
problematiche per poi aiutare il gruppo a definire l’effettivo problema;
2. Individuazione delle soluzioni: il conduttore aiuta i membri a individuare le componenti
delle varie soluzioni costituite di abilità sociali. Una volta individuato la soluzione migliore il
conduttore fornisce adeguata istruzione il gruppo su come mettere in atto il
comportamento sociale desiderato;
3. Modelling: prima che i membri del gruppo mettono in atto personalmente le nuove abilità,
il conduttore deve modellarle correttamente. Questa pratica include due componenti:
quella cognitiva e verbale (il conduttore pensa a voce alta i passi della messa in atto delle
abilità) e quella comportamentale (il conduttore dimostra la vera e propria esecuzione
della abilità);
4. Ripetizione del comportamento e role playing: una volta che il conduttore ha mostrato le
auto istruzioni verbali delle abilità e un esempio comportamentale, ciascun membro del
gruppo esegue la stessa prova;
5. Feedback sulla performance: dopo che il soggetto ha ripetuto il comportamento gli va
subito dato un feedback sulla sua performance: se la prova è stata adeguata lo si deve
rinforzare, mentre se non lo è stata e necessario dargli indicazioni su come migliorare.
6. Gestione dei comportamenti problematici: non sempre è necessario, lo diventa quando i
membri del gruppo si comportano in modo inadeguato. Sembra essere molto efficace
l’applicazione di un piano comportamentale basato sul rinforzo (token economy)
7. Auto istruzioni e autovalutazione: ai partecipanti viene chiesto di pensare ad alta voce
durante gli incontri. Ciò serve a individuare eventuali autoaffermazione distorte o sistemi di
credenze disfunzionali. In ultima analisi i partecipanti dovrebbero sviluppare le capacità di
gestirsi da soli nelle situazioni problematiche e quindi di autovalutarsi.
8. Training per la generalizzazione e il mantenimento delle abilità apprese: questo passo è
fondamentale per la completa riuscita dell’intervento:. Per favorire la generalizzazione è
bene che le situazioni e degli esercizi scelti nel corso di intervento siano il più possibile
realistici e comunque simili alle situazioni sociali che i partecipanti vivono nel loro
ambiente naturale. Ulteriori elementi essenziali per la generalizzazione sono i compiti
assegnati a casa e le comunicazioni.

CAPITOLO 26: LA PROGRAMMAZIONE DI ATTIVITÀ PIACEVOLI


Il criterio su cui è basata la programmazione delle attività piacevoli e quello della riduzione della
depressione per mezzo di un incremento delle attività rinforzanti. Con questa procedura si cerca di
coinvolgere il bambino in una programmazione settimanale, sistematica e ragionata di attività
piacevoli. Se il bambino si impegna in attività piacevoli questo gli fornirà occasioni di rinforzo
positivo.
Ci si aspetta poi che con l’aumentare del coinvolgimento del soggetto in attività piacevoli il suo
umore migliori e la depressione si riduca.
COME ATTUARE LA PROGRAMMAZIONE DI ATTIVITÀ PIACEVOLI
Nella prima fase vengono spiegate al bambino e ai genitori il senso e l’utilità di questa strategia.
Vengono poi individuate alcune attività che siano piacevoli per il soggetto e che dovrà poi mettere
in atto (sono preferibili attività creative e che comportino anche esercizio fisico)
Le attività vanno scelte in base alla loro realizzabilità e inserite nelle attività settimanali del
soggetto con gradualità tenendo conto di diversi fattori necessari a prevenire il fallimento (mezzi
necessari per eseguire le attività, bilancio di costi, disponibilità delle altre persone).
Dopo aver programmato le attività da svolgere, si dovrebbe monitorare direttamente l’adesione
del soggetto al programma e rinforzarlo con Lodi ed incoraggiamenti. Al fine di verificare l’efficacia
dell’intervento di programmazione di attività piacevoli, è molto utile la scheda di registrazione
dell’attività piacevoli, che andrebbe compilata direttamente dal soggetto come compito per casa e
che registra in quante e quali attività e gli si è impegnato.

CAPITOLO 27: ALLENAMENTO ALL’ASSERTIVITÀ

IN COSA CONSISTE L’ASSERTIVITÀ


Per assertività si intende la capacità di esprimere le proprie idee, le proprie esigenze e i propri stati
d’animo in modo sincero, diretto e non aggressivo. Utilizzare una modalità assertiva significa
anche saper difendere i propri diritti senza offendere le altre persone o negare loro diritti.
Per essere assertivi occorre essere capaci di:
- Identificare i propri bisogni e desideri, così come quelli degli altri;
- Comunicare i propri bisogni e desideri in modo fermo e gentile, così da aumentare la
probabilità che vengano soddisfatti;
- Mantenere il più possibile una buona relazione con gli altri.

LA MODALITÀ DI INTERAZIONE ASSERTIVA


Le persone assertive sono consapevoli dei propri diritti, ma si rendono anche conto dei diritti degli
altri. Si preoccupano dei sentimenti altrui e perciò tendono a fare le loro richieste e le loro critiche
in modo da non offendere e turbare altre persone. Hanno il senso del dare e il senso dell’avere, e
nelle situazioni di conflitto il loro atteggiamento le porta spesso a passare dal conflitto alla
negoziazione.

LA MODALITÀ DI INTERAZIONE PASSIVA


Chi assume una modalità passiva tende ad anteporre le esigenze altrui alle proprie. Spesso ritiene
che le sue esigenze siano meno importanti di quelle degli altri. Anche quando è insoddisfatto delle
decisioni altrui, tende ad accettarle. Le persone remissive possono soffrire per il fatto di non
riuscire a far rispettare le proprie esigenze e iniziano a provare rabbia e risentimento. Inoltre, chi è
molto remissivo tende a perdere il rispetto da parte degli altri perché viene considerato incapace
di difendere i propri diritti.

LA MODALITÀ DI INTERAZIONE AGGRESSIVA


L’aggressività si manifesta con la tendenza a difendere i propri diritti in modo prepotente,
aggressivo, violando i diritti o urtando i sentimenti delle altre persone. Gli individui aggressivi
generalmente sentono un forte bisogno di competere con gli altri e sono convinti di avere più
diritti degli altri e di meritare dei privilegi. Qualche volta, d’altra parte, pur credendo che gli altri
abbiano uguali diritti, si comportano in modo aggressivo per eccesso di impulsività. Possono
incutere timore ma alla lunga tendono a perdere il rispetto degli altri. Inoltre hanno spesso
difficoltà a iniziare e mantenere le relazioni personali.
N.B.: mentre una modalità di interazione passiva rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo
di problemi di depressione, una modalità aggressiva pone il ragazzo a rischio di conflitto con gli
altri e di rifiuto da parte dei coetanei.

CAPITOLO 28: LA NEGOZIAZIONE


La negoziazione implica il saper assumere il punto di vista altrui e comunicare assertivamente la
presa di decisione nell’affrontare possibili situazioni interpersonali conflittuali. È bene spiegare
quali sono I tre passaggi della negoziazione al ragazzo (tu, l’altro, giusto accordo).
Il counselor darà una dimostrazione di come applicare la procedura. Attuando una role playing
verrà dimostrato ragazzo come applicare le fasi: utilizzando un problema emerso in precedenti
discussioni dovrà verbalizzare ogni fase e si assumerà la responsabilità di raggiungere l’accordo.
Esempio: un tuo amico ti chiede in prestito il motorino, ma l’ultima volta che glielo avevi prestato
te lo aveva restituito senza benzina. Un possibile accordo sarebbe: acconsentire a prestare il
motorino ma mettendo la benzina.

CAPITOLO 29: L’ALLENAMENTO AL RILASSAMENTO


Per quanto il sistema nervoso autonomo non sia sotto il controllo diretto e consapevole del nostro
cervello, è possibile sviluppare la capacità di influire sull’attivazione orto simpatica. Uno dei modi
per raggiungere un maggior controllo del proprio organismo è costituito dalle varie tecniche di
rilassamento le quali hanno un obiettivo comune: promuovere una migliore autoregolazione e un
miglior auto controllo attraverso la percezione e la modificazione consapevole di alcuni parametri
fisiologici. Si tratta di un apprendimento sistematico che richiede esercizi quotidiani di qualche
minuto. L’utilizzo di una tecnica di rilassamento è indicato a tutte le età, ma in particolare dagli
otto anni in su.
Di più utilizzati è il TRAINING DI RILASSAMENTO MUSCOLARE PROGRESSIVO (JACOBSON) il quale è
costituito da contrazioni e successivi rilassamenti di diversi gruppi muscolari. Secondo il principio
base il rilassamento che segue una fase di contrazione è più facilmente avvertibile.

SUGGERIMENTI PER FAVORIRE IL RILASSAMENTO IN BIMBI E RAGAZZI:


- Predisporre il contesto in modo da favorire la calma: luci soffuse, temperatura né
troppo caldo né troppo bassa, assenza di rumori disturbanti;
- Fare accomodare il soggetto su una sedia o su uno sgabello; dopo determinate fasi si
può far sdraiare su un materassino;
- Usare la voce con cadenza monotona, calma, a volume non troppo alto, facendo
opportune pausa, così che ai soggetti venga facilitato il rilassamento. È utile anche
l’impiego di un’audioregistrazione che potrà essere duplicata per la ripetizione
dell’esercizio a casa;
- Alcuni ragazzi le prime volte potrebbero essere a disagio: cercare di mettere a proprio
agio magari dicendo qualcosa di divertente prima del training;
- Alcuni soggetti potrebbero trovare difficoltà nel restare concentrati sugli esercizi di
rilassamento. Si può risolvere questo problema allenandoli a dirigere volontariamente
la propria attenzione su un determinato focus magari aiutandosi ripetendo
mentalmente affermazioni come “mi sento molto tranquillo”.
- Può anche accadere che qualcuno abbia spasmi ho crampi muscolari o che sia in
determinate situazioni fisiche da non poter svolgere gli esercizi. In questi casi sono più
indicati training di rilassamento basati su immagini mentali.
- Può accadere che in un training di gruppo alcuni soggetti ridono o disturbino. Se ciò
diventa un problema si può spiegare loro l’importanza del training e chiedere a chi non
riesce ad impegnarsi di stare tranquillo senza disturbare gli altri;
- Con i bambini al di sotto dei 10 anni è bene far assistere un genitore, con l’accortezza di
toccare il bambino solo in sua presenza.

LA RESPIRAZIONE
Molti bambini che manifestano frequenti tensioni emotive quali ansia o esplosione di collera,
tendono ad avere un ritmo respiratorio piuttosto elevato e una respirazione di tipo toracico. Il
counselor verificherà il modo in cui il bambino respira sedendosi di fronte a lui e osservando si
solleva il torace quando inspira. Gli chiederò poi di mettere la mano sull’addome in modo che
posso sentire la mano che si solleva e si abbassa mentre respira. Quando il bambino riuscirà ad
effettuare in modo naturale una respirazione diaframmatica potrà essere allenato a usare il
respiro come un potente veicolo di rilassamento attraverso le seguenti istruzioni:
- Mettiti seduto con la schiena dritta, le mani appoggiate sulle gambe e ascolta
attentamente le mie istruzioni;
- Respira lentamente e profondamente con il naso. Cerca di rimanere perfettamente
immobile con il resto del corpo;
- Mentre respiri cerca di sentire il respiro che arriva fino alla pancia;
- Lascia che la tua pancia si riempie d’aria come un palloncino… Poi, mentre l’aria esce
fuori, cerca di sentire la pancia che si sgonfia… Mentre respiri continua a mantenere
l’attenzione sulla pancia, non pensare ad altro… Tutta la tua attenzione sulla pancia che
si sgonfia e si gonfia… Il tuo respiro va e viene in modo naturale… Mantieni l’attenzione
sulla pancia che si gonfia quando entra l’aria e si sgonfia quando esce l’aria.
- Continua così…
- Rimanere in silenzio per un minuto;
- Adesso fai due respiri più profondi e con calma cominciamo averti.
Questo esercizio è inizialmente durerà circa tre minuti poi gradualmente potrà essere esteso a 5-6
minuti. Con gli adolescenti durerà almeno 10 minuti. Con gli adolescenti si può applicare un’altra
forma di rilassamento, la quale si prefigge l’induzione di uno stato di rilassamento profondo.

CAPITOLO 30: LA DESENSIBILIZZAZIONE SISTEMATICA


La desensibilizzazione sistematica è un processo di contro condizionamento secondo cui la risposta
di paura o ansia può essere inibita o ridotta sostituendola con una reazione antagonista e con esso
incompatibile (tipicamente è la calma). Tramite questa procedura si insegna al soggetto ad
associare ripetutamente la risposta di rilassamento alle situazioni che creano ansia. La procedura è
articolata in tre fasi:
1. APPRENDIMENTO DI UNA TECNICA DI RILASSAMENTO; al training di rilassamento, in fase di
apprendimento, viene associata ad ogni ripetizione un’immagine mentale piacevole e
rilassante scelta insieme al soggetto in base alle sue preferenze. Tale immagine mentale,
detta anche scena di controllo, acquisirà un potere rilassante e sarà utilizzata nella fase di
desensibilizzazione sistematica.
2. COSTRUZIONE DI UNA GERARCHIA DI STIMOLI ANSIOGENI; occorre creare una gerarchia di
almeno 10 situazioni diverse ordinate dalla meno alla più ansiogena. Si può aiutare il
soggetto a inserire i vari item in un continuum come quello riportato nella scheda “le mie
paure, dalla più piccola alla più grande”.
3. ESPOSIZIONE GRADUALE A TALI STIMOLI IN IMMAGINAZIONE (TALVOLTA IN VIVO). Si
segue uno schema come questo:
 Il soggetto viene fatto rilassare per qualche minuto;
 Il counselor descrive la prima situazione della gerarchia partendo da quella meno
ansiogena.
 Se il soggetto sperimenta ansia associata alla situazione immaginata, da il segnale
concordato (alzare un dito); il counselor gli descrive quindi la sua scena di controllo
aiutandolo così a ritornare ad uno stato di rilassamento profondo. Dopodiché si
ripropone nuovamente la situazione ansiogeno e se il soggetto non dà segnali di
ansia per 10 secondi si passa alla fase successiva.
 Si propone al soggetto la stessa situazione fino a che non viene segnalato alcun
sintomo di ansia per tre ripetizioni consecutive;
 Dopo tre ripetizioni senza comparsa di ansia, si passa alla descrizione dell’item
immediatamente successivo nella gerarchia, ripetendo tutti i passaggi;
 Si procede quindi presentando ogni situazione ansiogeno fino a che il soggetto
riesca a immaginare la prima volta consecutiva per 10 secondi senza essere in ansia;
 Tentato con successo anche l’ultima situazione si propone un rilassamento
profondo di qualche minuto;
 A questo punto la desensibilizzazione sistematica in immaginazione è terminata e si
può procedere con una forma di esposizione graduale in vivo a diverse situazioni.

CAPITOLO 31: L’ESPOSIZIONE


Lo scopo dell’esposizione è quello di abituare il soggetto ad affrontare gradualmente le situazioni
di paura che solitamente tende ad evitare. Affinché l’esposizione sia efficace è necessario che
venga applicata con queste modalità:
- Deve essere sufficientemente prolungata;
- Deve essere vissuta con piena consapevolezza;
- Deve essere ripetuta con una frequenza ravvicinata;
Inizialmente si potrà applicare un’esposizione immaginativa successivamente si avrà l’esposizione
in vivo. Ciò significa che sarebbe auspicabile collocare il bambino nella situazione concreta. Alcune
situazioni disposizione possono essere predisposte nel luogo stesso dove avvengono gli incontri
con il bambino (ad esempio andare a presentarsi a qualcuno in sala d’attesa o chiedere
informazioni).
Molto importante che durante l’esposizione in vivo il bambino sperimenti in modo totale la
propria ansia. L’adulto dovrà quindi astenersi dal rassicurare o confrontare il bambino, affinché
questi possa sviluppare autonomamente le proprie abilità per affrontare la situazione.

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