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PREMESSA

Come docente ho visto i bambini nella scuola con Dsa aumentare di anno in anno. Non
si parla più di un alunno per classe. La media è di solito di due o tre, una percentuale di
circa il 7%.In alcune classi la percentuale sale: si concentrano cioè non solo bambini affetti
da dislessia, ma anche da disgrafia, disortografia, più rara la discalculia. Ci sono alunni
che possono presentare solo uno dei sintomi, e bambini che possono averli tutti. Io
personalmente lavoro in una classe di 24 alunni con 6 Dsa. Non è semplice: ognuno di
questi alunni ha un Piano Didattico Personalizzato (PdP, previsto dalla legge 170/2010)
per cui vengono adottate misure compensative e dispensative per favorire il processo di
apprendimento. Ma è anche stimolante poiché questi bambini di solito hanno più
sviluppate altre abilità in linea con la teoria delle Intelligenze Multiple di Gaardner ripresa
poi dallo psicologo americano Armostrong nel testo A modo loro. Non è raro trovare alunni
dislessici particolarmente dotati nella sfera artistica : si tratta di favorire approcci di lavoro
differenti da quelli standard che nella scuola prediligono lo sviluppo solo dell’ intelligenza
linguistica e logico-matematica. Questo apre il grande dibattito sulla Didattica Inclusiva,
dove ognuno ha il diritto di sviluppare appieno il proprio potenziale , dove non c’è diversità
ma unicità.

I disurbi specifici dell’apprendimento

Secondo i criteri utilizzati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, “i disturbi evolutivi


specifici delle abilità scolastiche comprendono gruppi di condizioni morbose che si
manifestano con specifiche e significative compromissioni dell’apprendimento delle abilità
scolastiche.” Importante è però tener presente che tali problematicità possono manifestarsi
senza che ci siano altre patologie legate per esempio a deficit neuropsicologici. Specifica
l’Oms: “L’eziologia dei disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche non è nota, ma si
suppone che vi sia un intervento significativo di fattori biologici i quali interagiscono in
modo significativo con fattori non biologici. " Praticamente ci si trova davanti a bambini
intelligenti, spesso intelligentissimi che trovano degli scogli in aree dell’apprendimento
legati alla lettura e spesso alla scrittura per cui il decorso, se così si può chiamare, è
quello dell’insuccesso scolastico. Dei test di letto-scrittura somministrati a scuola in prima
e seconda classe possono evidenziare la situazione di problematicità:se i risultati sono al
di sotto della media rispetto a quanto previsto in base all’età scatta un campanello
dall’allarme . In questo caso il bambino verrà valutato da un’equipe specialistica dell’Ausl
che emetterà una diagnosi e stilerà un percorso di recupero. Legati alla dislessia ci
possono essere, ma possono anche manifestarsi autonomamente e in diverso grado:
disgrafia, disortografia, discalculia,……
Disgrafia: La disgrafia è un disturbo specifico della scrittura nella riproduzione di segni
alfabetici e numerici.
Disortografia: è un disturbo specifico della scrittura che non rispetta regole di
trasformazione del linguaggio parlato in linguaggio scritto, non c’è cioè la capacità di
trasformare i fonemi in grafemi.
Discalculia: è una condizione caratterizzata da marcata difficoltà negli apprendimenti
matematici in presenza di normale intelligenza.

La Dislessia

Che cos’è la Dislessia? Questa la definizione dell’ Associazione Italiana Dislessia:


“La dislessia è il disturbo specifico dell’apprendimento della lettura e della scrittura, per cui
permane una difficoltà a rendere automatica la corrispondenza fra i segni grafici e i suoni
(vocali e consonanti); pertanto la lettura risulta faticosa e rallentata. Allo stesso modo
risultano rallentate molte altre attività che richiedono l’uso di questi processi mentali di
codifica dell’informazione. Il bambino dislessico si stanca rapidamente, commette errori,
rimane indietro, non impara”.
Solitamente, per questo, come detto i dislessici hanno anche problemi di disortografia e
discalculia.
La dislessia può essere di due tipi acquisita ed evolutiva. Dislessia acquisita:si manifesta
in persone che hanno subito un danno cerebrale in cui le abilità di lettura erano, in
precedenza, normali.
Dislessia evolutiva: si riferisce al disturbo di lettura di persone che non hanno mai
imparato a leggere correttamente e rapidamente.
Il bambino dislessico

I bambini affetti da dislessia non presentano di solito deficit di intelligenza, né problemi


ambientali o psicologici, sensoriali o neurologici. In genere Si tratta di bambini intelligenti,
vivaci e creativi ove non si sviluppa, o si sviluppa in modo incompleto e con difficoltà,
l’automatizzazione dell’identificazione della parola e/o della scrittura. Le difficoltà
scolastiche di un bambino dislessico sorgono già nei primi anni di scuola e persistono nel
tempo. A volte l ‘alunno finisce con l’avere anche problemi psicologici, ma questa è una
conseguenza e non una causa della dislessia.. Secondo le ultime statistiche il disturbo
sembra essere presente nel 7% circa della popolazione scolastica, con maggiori
segnalazioni nei maschi che nelle femmine. Come ci si accorge se un bambino è
dislessico? Ci possono essere diversi segnali: frequentemente compie errori nella lettura e
nella scrittura, per esempio invertendo lettere e numeri (61 diventa 16), sostituendo
lettere (n/m; f/v; d/v). Ha difficoltà a memorizzare le tabelline, sequenze (come le lettere
dell’alfabeto, i giorni della settimana).Un altro segnale è legato alla spazialità: spesso i
bambini dislessici fanno confusione con i rapporti spazio-temporali (confondono destra e
sinistra, ieri e domani). A volte non riescono ad esprimere ciò che pensano, altre
manifestano problemi in alcune abilità pratiche ( allacciarsi le scarpe è la più frequente),
nel calcolo e nella concentrazione. Hanno difficoltà a copiare dalla lavagna, a prendere
appunti. Tutti questi disagi possono portare a problemi psicologici per questo è necessario
intervenire per tempo.  

Il ruolo degli educatori

Gli adulti che convivono con un bambino con disturbo specifico dell’ apprendimento
devono mettere in moto dei meccanismi relazionali particolari. Specialisti, genitori e
familiari, insegnanti è bene che intreccino una rete di rapporti collaborativi e costruttivi, in
grado acquisire tutte le conoscenze necessarie per affrontare il deficit per aiutare il
bambino in primis a costruirsi una nuova un’immagine, integrando gli aspetti deficitari a
quelli normali,a prendere contatto con i propri limiti ma soprattutto con le proprie risorse,
contrastando il senso di disfatta con la positività. 

In questo senso il ruolo dell’educatore nei confronti di un bambino dislessico deve


orientarsi necessariamente su due fronti: quello del bambino e quello della sua
famiglia. E’ necessario adottare strategie per la riabilitazione delle competenze nella
lettura,con lo sviluppo di tutte le abilità ad essa connesse, e coinvolgere la famiglia. In che
modo? Aprendosi al confronto costante con i genitori, fornendo linee guida per aiutare il
bambino per i processi di apprendimento, far capire l’importanza non tanto del “problema
di salute”  che è stato rilevato, quanto la necessità di sviluppare tutte le potenzialità del
bambino fornendo casi ed esempi di altri bambini che hanno affrontato lo stesso disagio e
che sono approdati poi alla vita adulta con successo. In particolare gli insegnanti sono
figure cruciali nel percorso di un bambino dislessico :

- devono graduare le difficoltà degli argomenti che presentano al bambino


- rispettare i tempi di apprendimento
- selezionare con cura i contenuti privilegiando spesso la qualità rispetto alla
quantità
- devono saper motivare e coinvolgere tutti gli alunni senza creare rapporti di
preferenza
- devono usare le gratificazioni con oculatezza e come rinforzo costruttivo
- devono favorire le occasioni nelle quali sia possibile parlare delle difficoltà e delle
diversità

EMOZIONI E D.S.A.
 

Dalle frasi, spesso spesso ambivalenti, pronunciate dai bambini con dislessia evolutiva si
può capire il grado di disagio e sofferenza che questi affrontano:
“Fino a che età dovrò andare a scuola ? Voglio essere come gli altri. Da solo non so fare i
compiti. Quando leggo, io capisco ma gli altri no”.
La cosa più difficile per molti bambini è capire, riguardo allo loro esperienza scolastica,
cosa dipende dal loro impegno e cosa dal disturbo di lettura.
Si strutturano così alcune caratteristiche psicologiche, per cui nei bambini dislessici si
possono ritrovare questi atteggiamenti:
 
 Non sapere quanto tempo serve per imparare
 Non sapere cosa si deve ricordare
 Dimenticare troppo
 Sapere già tutto
 Non vedere i propri sbagli
 Non poter sbagliare
 Fare resistenza di fronte ai compiti nuovi
 Non sapere cosa si sa già
 Non sapere cosa si deve inventare
 Inventare troppo
 Non sapere niente
 Non poter autocorreggersi
 Confondere conoscenze, opinioni e giudizi
 Non avere curiosità
 
La difficoltà nel percorso scolastico porta inevitabilmente a un tipo di relazione con
gli adulti dove possono ritrovarsi queste caratteristiche comportamentali:
 
 
 Voler fare tutto come gli altri
 Non saper chiedere aiuto
 Chiedere sempre conferme esterne
 Essere pigro,sfaticato
 Opporsi a tutte le richieste
 Non voler fare da solo
 Autovalutazione sempre estrema
 Essere provocatorio, disinteressato
 
Da analisi dei comportamenti descritti fatte nel corso degli anni si è visto che le emozioni
principali provate a scuola dai bambini con DSA sono quattro: la vergogna, la paura , la
rabbia e l’apatia.

La vergogna

Nasce nel non riuscire a fare come gli altri, nel sentirsi diversi e perciò inferiori, nel temere
il giudizio di compagni, insegnanti e genitori, nell’osservare la propria prestazione di livello
basso rispetto ai canoni richiesti di tempo, correttezza e forma. Spesso leggere di fronte
agli altri per un bambino dislessico è umiliante; come lo è anche non riuscire, nonostante
l’impegno, a memorizzare calcoli e tabelline.

La paura
 
Nasce dal temere le continue difficoltà che si devono affrontare. I bambini con dsa si
trovano in un ambiente che è loro ostile per struttura: pieno di scritte e numeri : un luogo
di sfide ed insidie. Sempre abili a compensare la loro disabilità sviluppano caratteri
ansiosi e cercano di controllare il più possibile la realtà che li circonda per evitare scivoloni
e adeguarsi al gruppo.

La rabbia
Nasce dalla frustrazione: da una parte i bambini con D.S.A. non ottengono i risultati degli
altri nonostante l’impegno e la fatica e a volte non vengono creduti. Questo accade perché
se non si è individuato con precisione il problema essi   possono essere etichettati come
disinteressati e non impegnati. Il che mette in gioco il ruolo dell’educatore che ha il
compito informarsi e formarsi sul tema della dislessia per poter gestire al meglio il grande
ventaglio di casistiche a cui potrebbe far fronte.

L’apatia

Ovviamente poiché non si ottengono i livelli degli altri, non ci si sente compresi, ogni
sforzo sembra inutile e allora : a che giova impegnarsi? Meglio lasciar perdere e scivolare
in una specie di auto anestesia.
 

COME AIUTARE : STRUMENTI COMPENSATIVI E DISPENSATIVI


 
Un insegnante può fare moltissimo e il suo compito cambia a seconda della fase in cui
lavora con i bambini.
All’inizio della scuola primaria i docenti devono confrontarsi con alunni di cui non
conoscono nulla ma negli anni successivi possono avere più chiaro il quadro delle abilità
e dei deficit.
Nella prima fase il compito dell’educatore è quello di identificare e facilitare l’acquisizione,
ma, attenzione, il periodo di rieducazione ha un suo periodo sensibile, chiamato finestra
evolutiva in cui l’attività di recupero ha la massima efficacia, che poi tende rapidamente a
ridursi fino a scomparire.
Dopo una prima fase la disabilità di lettura, in cui si giova della rieducazione specialistica,
deve essere affrontata con un approccio più globale, che accompagna gli sforzi dell’allievo
con strumenti compensativi, cioè con supporti tecnologici che semplificano l’attività
svolgendo una serie di operazioni automatiche che il dislessico ha difficoltà a svolgere.
Sono disponibili programmi di sintesi vocale che consentono aun dislessico di ascoltare
un testo invece di leggerlo. Egli può ascoltarlo e riascoltarlo fino a quando non lo ha
imparato!
La videoscrittura : produce due effetti vantaggiosi per il bambino, da un lato lo assiste
segnalandoli gli errori e dall’altro gli consente di rileggere il testo.
Le agevolazioni informatiche innalzano notevolmente il livello di autonomia e consentono
di studiare e di eseguire le prove di verifica. Il bambino dislessico ha bisogno dell’ausilio
delle nuove tecnologie in modo stabile e non saltuario : potrà essere lui stesso nel
momento in cui si sente più sicuro a provare a rinunciare a qualche sussidio.
Tra gli strumenti compensativi essenziali  sono compresi :

 La tabella dei mesi, dell’alfabeto e dei vari caratteri.


 La tavola pitagorica
 La tabella delle figure e delle formule  geometriche
 Calcolatrice
 Registratore
 Scanner
 Enciclopedia multimediale

Tanto più gli strumenti compensativi saranno disponibili per ogni attività, tanto più la
disabilità del bambino potrà essere ridotta.
Inoltre è necessario prevedere l’introduzione di misure dispensative, cioè modifiche nello
svolgimento delle attività scolastiche. Per esempio per i dislessici vengono raccomandate
ove possibile prove orali al posto di quelle scritte, oppure si suggerisce di ridurre la
lunghezza della prova o di raddoppiare il tempo a disposizione . Per lo studio a casa si
raccomanda di dare una minor quantità di lavoro da svolgere, oppure di indirizzare il
lavoro in ambiti verso i quali il bambino possa avvalersi dei vari strumenti compensativi.
 

COME PREVENIRE , RIDURRE E INTERVENIRE  


 
 
UN RIFERIMENTO IMPORTANTE :   LE INTELLIGENZE MULTIPLE
 
Il modello già citato delle intelligenze multiple di Gardner si basa sulla individuazione di
diversi processi intellettivi e li caratterizza sia in termini neurologici che psicologici.
Gardner descrive 7 intelligenze, che seppur interconnesse, sono riconoscibili nella loro
specificità :

1)     Intelligenza linguistica :  serve a convincere, ricordare, spiegare e riflettere


sul linguaggio sesso,consiste nell’abilità nell’uso del linguaggio e delle parole. Riguarda
i bambini che amano raccontare storie e giochi linguistici.

2)    Intelligenza musicale : abilità che si rivela nella composizione dei brani musicali,
nonché nella capacità di discriminare con precisione altezza dei suoni ,timbri e
ritmi.Riguarda i bambini che hanno buona capacità di memorizzare melodie e
tenere il ritmo, spesso chiedono di leggere con sottofondo musicale.

3)    Intelligenza logico matematica: è quella in cui meglio si verifica il modello di


sviluppo del pensiero cognitivo di Piaget, si fonda sullo sviluppo del
ragionamento.Sono bambini che individuano subito i concetti, schematizzano,
cercano categorie.

4)    Intelligenza spaziale : abilità nel percepire e rappresentare gli oggetti visivi,


manipolandoli idealmente, anche in loro assenza. Riguarda i bambini abili nel
disegno , procedono per immagini.
5)    Intelligenza corporeo cinestesica : implica un forte controllo da parte del
cervello su tutti i muscoli del corpo per coordinarli. Appartiene a bambini che per
apprendere hanno bisogno di praticità e movimento, di imparare attraverso il corpo.

6)    Intelligenza intrapersonale : riguarda la conoscenza del sé, delle proprie


emozioni e dei propri sentimenti.Riguarda i bambini riservati, autodidattici in molte
attività, indagatori del campo emozionale e spirituale

.7)    Intelligenza interpersonale : è attiva nel rapporto con gli altri, riguarda la


capacità di rilevare  e far propri i vissuti di altri individui . Riguarda i bambini che
sono bravi mediatori, spesso sono pacificatori tra litiganti, hanno buone capacità
comunicative.
 
I diversi tipi di intelligenza convivono in tutti gli esseri umani e la differenza tra le relative
caratteristiche intellettive e prestazioni è da ricercare nelle rispettive combinazioni. A
partire da questo approccio Gardner si occupò anche dell’ideazione di strumenti per
migliorare l’apprendimento e la creatività attraverso forme di insegnamento e di
valutazione maggiormente personalizzata. Il modello di Gardner, basato sull’inclusività,
evidenzia i limiti di un ambiente scolastico nel quale si privilegiano esclusivamente le
competenze linguistiche e logiche, in modo che gli studenti dotati di intelligenza spaziale,
musicale e personale trovano la scuola molto più impegnativa di quelli che possiedono
una miscela di intelligenza linguistica e logica.
A maggior ragione si può estendere questa riflessione ai bambini con disturbi specifici di
apprendimento per i quali riveste maggior rilevanza la negatività di un ambiente rigido e
ripetitivo. .
I suoi principi  invitano  il docente a riflettere sulle diversità individuali e sulla ricerca di
canali comunicativi efficaci e strategie didattiche vincenti. Ricordiamo che lo stesso
Gaardner smise di fare l’insegnante specialista quando si rese conto che un approccio
inclusivo all’apprendimento permetteva lo sviluppo delle potenzialità dei bambini
indirizzandoli verso il successo scolastico. Per un docente inserito in un sistema
scolastico strutturato in maniera rigida come il nostro non è semplice, ma la grande
battaglia per l’inclusività nell’educazione , a cui fanno riferimento le norme ministeriali del
2012 per i BES (Bisogni Educativi Speciali), sta gradualmente sensibilizzando tutti gli
educatori.
 LA COMUNICAZIONE DIDATTICA ED EDUCATIVA
 
A questo punto diventa fondamentale il ruolo della comunicazione con gli alunni, con tutti
ma in special modo con i bambini affetti da DSA, poiché essa diventa educativa quando è
funzionale ai bisogni dell’altro e riesce a incidere nel lavoro del docente.
Segnalo sette forme di comunicazione educativa che si possono ritrovare nei rapporti tra
insegnanti e studenti . Queste modalità non possono essere usate a caso o
indifferentemente : hanno effetti diversi e sono contestuali alle situazioni o a chi abbiamo
davanti. E’ importante conoscere le caratteristiche di queste modalità, affinché siano
efficaci.
Significa dotarsi di strumenti per riuscire a rendere la comunicazione il più efficace
possibile con gli alunni più diversi in modo da rinforzare il comportamento positivo  e
contenere quello negativo.
Quando il nostro modo di comunicare è , per modelli acquisiti o per strategie a noi
funzionali, frutto di rigidità è facile a cadere in fraintendimenti e a volte in veri e propri
conflitti. Ecco di seguito elencate e brevemente spiegate le forme di comunicazione a cui
mi riferisco .

Il  rimprovero

Purtroppo è molto facile nella scuola assistere a rimproveri che non sono altro che sfoghi
di aggressività o di fastidio verso i bambini espressi con eccessiva tensione, nel primo
caso e addirittura con nevrastenia nel secondo. L’esito è quasi sempre l’inefficacia, la lite
o l’oppressione.
Non è facile rimproverare .Il rimprovero serve a criticare un comportamento negativo o a
prevenirlo nel momento in cui sta per essere messo in atto. Per rimproverare occorre un
tono fermo, deciso e autorevole che si esprime con una comunicazione breve, forte,
centrata sui fatti concreti, analitica, precisa e pacifica. Occorre equilibrio, in una situazione
dove emotivamente si può “scatenare la tempesta”. L’arte del rimproverare non è semplice
e necessita di una riflessione per tendere all’autocritica e non all’innesco di suscettibilità.
Al rimprovero deve seguire un silenzio lapidario che fa entrare in profondità  il messaggio
appena lanciato.
L’incoraggiamento
 

Consiste nel saper dare carica e trasmettere motivazione alle altre persone. Per
incoraggiare è prima necessario costruire e dare forma all’energia dentro di sé e,poi,
comunicarla in modo persuasivo per indurre all’azione .Richiede impegno e forza in chi lo
vuol far percepire agli altri. Non si può incoraggiare e rimproverare nello stesso momento,
l’incoraggiamento deve essere puro. I bambini destinatari sono soprattutto quelli
demotivati dove è evidente una scarsa stima in sé, che sono rinunciatari e poco fiduciosi
nelle loro capacità. L’obiettivo è fargli desiderare un risultato. L’incoraggiamento all’azione
può essere realizzato anche attraverso l’intervento del bambino su un ambiente, o su una
circostanza che abbia bisogno di lui e dove egli stesso possa riconoscere il suo valore e la
sua unicità.
L’insegnamento

E’ la comunicazione più diversificata che vuole far prendere coscienza di contenuti, far
ragionare e riflettere. Si tratta di saper mettere il bambino alla giusta distanza dal sé, dalle
relazioni, dal mondo, a liberarsi così dai pregiudizi verso se stesso e ad alzare il grado di
autostima depotenziando il senso di vergogna.
Il coinvolgimento emotivo

E’ l’obiettivo legato più di tutti alla comunicazione espressiva ed artistica ed ha lo scopo di


aprire l’altro alla percezione di sensazioni ed allo sperimentare emozioni.Aiuta a vincere le
proprie inibizoni a caricarsi emotivamente.

La tranquillizzazione

Spegne le tensioni che impediscono decisioni lucide ed obiettive e si attua calmando il


bambino in preda all’ansia, alla paura , alla rabbia o semplicemente a un generico
nervosismo legato alla difficoltà di produrre prestazioni efficaci. Chi intende tranquillizzare
deve riuscire ad essere una spugna senza restituire alcun segnale all’altro se non di
comprensione e di apertura. A tal fine deve fare assoluta calma dentro di sé e non deviare
dal discorso comunicativo scelto dall’altro.
Il sostegno

Consiste nel saper sorreggere le difficoltà. La comunicazione di sostegno è a volte


silenziosa. Sostenere richiede una grande abilità poiché è l’azione educativa meno
gratificante. Chi sostiene infatti non vede i risultati della sua fatica se no quelli del mancato
peggioramento di chi si aiuta. La comunicazione di sostegno è allusiva, mai diretta. Il
processo di tale dialogo non è di tipo persuasivo. Sostenere è saper soffrire con il ragazzo
fino a quando non trova la strada per uscire dalla situazione.

La gratificazione
 

Si tratta di mettere in luce una potenzialità che non conoscevamo. Ad esempio un


bambino iperstimolato che non riesce a trovare soddisfazione in nulla non deve essere
sottoposto ad una nuova proposta,ma invitato a ricordare qualcosa di vecchio e usuale
come un bel gioco nel quale si è divertito il giorno prima,in modo da poter uscire dalla
confusione. La gratificazione ha anche un risvolto di gratificazione di un vissuto. 
L’IMPORTANZA DELL’EMPATIA
 

Attraverso l’empatia un educatore può riconoscere il vissuto altrui e comprendere quale


itinerario attuare, quale modalità di relazione attivare.
L’empatia produce una conoscenza approfondita di emozioni e sentimenti senza la quale
non si può essere buoni educatori.
Nel 1921 Freud scrive “si tratta di quell’atteggiamento senza il quale non è possibile la
comprensione della vita mentale di un’altra persona.”
Si tratta di vedere il mondo con gli occhi dell’altro. Brammer (1973)insiste sulla necessaria
disposizione anche posturale di chi ascolta, per comunicare calore e interesse con
atteggiamento rilassato e naturale e con il contatto con gli occhi. In secondo luogo
l’educatore deve saper rilevare il substrato emozionale presente nella comunicazione, cioè
cogliere le emozioni specifiche del particolare vissuto del soggetto. Si è visto, che
costantemente, ai disturbi specifici di apprendimento si accompagnano difficoltà
psicologiche che possono acutizzarsi e diventare devianza. L’educatore attraverso
l’empatia deve interpretare correttamente le emozioni specifiche del bambino che ha di
fronte e rispondere al sentimento dell’altro con la comprensione, la tranquillizzazione, per
lenire il disagio e far tacere le ansie legate alla mancata autocomprensione delle emozioni
provate, ma anche ribaltare le tensioni trovandone possibili vie di sfogo, trasformare i
conflitti in possibilità dinamiche da gestire ed impiegare in nuove direzioni. Si ritiene che la
capacità empatica sia una capacità superiore dell’uomo, localizzabile nei lobi frontali
anteriori del cervello ed è considerata distintiva di un’alta complessità delle funzioni
cognitive ed emotive e, dunque, come indice di una buona organizzazione delle
comunicazioni tra emisfero destro ed emisfero sinistro.(Clark 1980)
Prevenire il disagio derivante da un D.S.A ed intervenire su esso è anche fornire ai ragazzi
la capacità di sentire gli stati d’animo, insegnare a contenerli e a gestirli.
 
La Dislessia in musica

In sintesi nella dislessia in musica si ha:

Deficit di elaborazione veloce

Memoria di lavoro limitata

Deficit di Automatizzazione del codice di corrispondenza simbolo – significato -


suono

 L’automatizzazione della lettura, difficoltosa nei dislessici, riguarda anche la lettura


della notazione musicale. Ma ogni dislessico ha un profilo individuale e per ognuno
vi sono problemi, soluzioni e strategie differenti.

 I dislessici hanno problemi con il tempo (in tutti i sensi del termine) e questo può
coinvolgere la musica. Per alcuni dislessici la lettura della musica è più facile della
lettura delle parole, mentre per altri è il contrario.

 Invece possono essere molto dotati nell’apprezzamento del timbro e


dell’intonazione, nella discriminazione di suoni e nell’associazione suono-tasto sul
pianoforte.

 Tipici errori di un bambino/ragazzo che studia musica con Dsa :


trasposizione di terza e di seconda, difficoltà nella lettura verticale , difficoltà nel leggere
linee e spazi.

 “ L’errore più grave è quello di spegnere la passione musicale in un ragazzo che ce


l’ha, solo a causa delle difficoltà di lettura della notazione…”
Musica e cervello

Molte attività musicali dipendono da aree dell’emisfero destro.


Ad esempio nel caso di una lesione all’emisfero emisfero sinistro: il paziente è afasico
ma può cantare.
L’orecchio sinistro ha maggiori capacità di riconoscere le melodie rispetto all’orecchio
destro.
L’emisfero sinistro ha capacità linguistiche, quello destro capacità non verbali ( ad
esempio musicali ).

Nei musicisti i compiti musicali sono svolti con il contributo di entrambi gli emisferi

L’istruzione musicale sviluppa un approccio analitico che richiede l’attività dell’emisfero


sinistro.
Il musicista professionista usa tutto il cervello, non solo le are di destra.
Gi studi più recenti hanno da un lato approfondito il problema della dislessia ma anche
complicato il quadro delle conoscenze sull’elaborazione di diversi aspetti della musica.

Che fare con alunni dislessici?

Conoscere per prima cosa la normativa in materia musicale per i DSA che permette di
adottare la costruzione di buone pratiche didattiche.

Cosa dice la legge?

Nota MIUR prot. 2623 del 11/05/2011


Disturbi specifici di apprendimento
Consiglio Nazionale AFAM

studio dello strumento – la dislessia rende faticosa la decodifica, l’apprendimento e la


realizzazione immediata e simultanea di tutti i segni dello spartito (alterazioni, legature,
segni di articolazione, dinamica, gruppi irregolari, ecc..) che il dislessico riesce a integrare
nell’esecuzione solo attraverso uno studio costante e ripetuto, il che comporta tempi di
preparazione più lunghi della norma.

materie compositive e teoriche scritte (tutte le prove di composizione scritta, analisi,


teoria e analisi, armonia principale, armonia complementare, 2^ prova scritta di teoria e
analisi del liceo musicale). Il dislessico memorizza a fatica i contenuti teorici basilari, e cioè
scale, intervalli, alterazioni, tonalità, modulazioni, ecc., e costruisce gli accordi con
difficoltà poiché le note che li formano, i gradi che queste note rappresentano nella
tonalità e la tonalità stessa ogni tanto tendono a “svanire” o a confondersi nella sua mente,
anche quando tali elementi sono ben presenti nella sua memoria a lungo termine. Per
procedere deve “ritrovare” questi elementi e tenerli sotto controllo affinché non sfuggano
nuovamente. Ciò comporta tempi di elaborazione più lunghi della norma e controlli
defatiganti e ripetuti che mettono a repentaglio il completamento della prova.

Lo studente dislessico sostenga in DUE SESSIONI SEPARATE NEL TEMPO i seguenti


esami:

STRUMENTO

esami di passaggio, di compimento e di diploma di tutti gli strumenti;


esami di passaggio e di Licenza di Lettura della partitura;
esami passaggio e di Licenza di Pianoforte complementare.

ANALISI, TEORIA E COMPOSIZIONE SCRITTA

esami di passaggio, di compimento e di diploma di Composizione,


di Direzione di coro e di Strumentazione per banda;
esami di passaggio di Armonia principale;
Licenza di Solfeggio, Teoria e Dettato musicale.

In sede di qualsiasi esame di ANALISI E DI COMPOSIZIONE SCRITTA (compresa la


Licenza di armonia complementare e la 2^
prova scritta del liceo musicale – analisi o corale –), lo studente dislessico, a seconda del
livello e del tipo di esame, disponga dei seguenti supporti:

computer con un programma di scrittura musicale tipo Finale;


prospetto delle scale maggiori e maggiori armoniche; minori naturali, armoniche e
melodiche;
prospetto degli accordi che si formano su ciascun grado della scala maggiore e
minore;
prospetto degli intervalli consonanti e dissonanti;
prospetto delle tonalità (vicine e lontane);
prospetto delle principali cadenze;
prospetto degli accordi di settima con risoluzioni e rivolti;
regola dell’ottava.
Quali sono le buone pratiche?

 Attivare accoglienza, fiducia, motivazione (l’insegnante può fare davvero la


differenza!)

 Concentrarsi sulle potenzialità e non sulla “disabilità”

 Lavorare se possibile sul contesto e sull’ambiente (meno confusione, meno


richieste contemporaneamente, prediligere il lavoro individuale senza escluderlo da
attività di gruppo come la musica d’insieme)

 Non dimenticare mai di “mettersi nei panni di”

 Cercare di ridurre il più possibile le informazioni sulla partitura! Tenere presente che
un alunno dislessico più cose deve guardare e tenere sotto controllo e più fatica
farà.Tante cose si possono verbalizzare! (es. dinamiche, legature, tempo)

 Ricordare che il più delle volte le cose si possono scrivere o trascrivere in modo
diverso!

 Procedere sempre per gradi.

 Evitare di “mettere troppa carne al fuoco”, evitando anche di sovrappore sinonimi di


terminologie muscali.

 La diteggiatura è un problema in più per la lettura! Ove possibile è da evitare .


 Riscrivere se possibile la partitura (es. evitando la chiave di basso per la mano
sinistra e trascrivendo le note in chiave di violino ,ovviamente dovranno essere
eseguita un’ottava sotto)

 Per analisi, composizione, etc gli alunni devono potersi appoggiaread uno
strumento musicale (misure compensative)r

 Ingrandire la partitura, lavorare sulla postura, illuminare bene l’ ambiente …

A questo proposito Matilde Bufano , in Il dislessico e la musica dalla scuola


elementare al conservatorio (Elisabetta Salvi Editore, 2015).

dà in linea generale dei suggerimenti:

 Adottare tempistiche maggiori


 Dato che la lettura sarà faticosa (così come portare lo sguardo dalla
 Partitura allo strumento), prediligere quindi, quando possibile,
l’apprendimento del brano intero a memoria (ovviamente bisogna
considerare le sue caratteristiche di apprendumento).
 Far ascoltare tante volte il brano assegnato sottolineandone il senso
musicale e le caratteristiche interpretative
 Rassicurare
Il pentagramma colorato

Quando l’alunno, spesso spontaneamente, comincerà a leggere da solo la pagina di


musica, non leggerà le note, ma un disegno formato da palline che lui, una alla volta, in
base alla posizione che occupano sul pentagramma, abbina a un suono, a un dito, a un
tasto, a una corda o a un foro dello strumento a fiato che suona.Per cui è importante
assecondare questo suo modo di leggere, vedere, la musica.

Per gli alunni dislessici è importante avere un approccio alla scrittura e lettura
multisensoriale. Per imparare la notazione musicale può essere utile il pentagrama
colorato, ideato da Margaret Hubicki.

Si tratta di un metodo e di un kit di materiali dove si accoppia un colore ad ogni linea e a


ogni spazio del pentagramma doppio di 11 linee chiamato endecalineo, che comprende
l’usuale tessitura della voce umana. Vi è un pentagramma superiore e uno inferiore. Il do
centrale è in mezzo rappresentato con un taglio addizionale nero. Lo scopo di questo
pentagramma è per prima cosa fissare i simboli nella mente del bambino dislessico: per
questo il kit dei fornisce dei pentagrammi vuoti su cui aggiungere e togliere le note come
su una lavagna magnetica. Il secondo obbiettivo è acquisire il concetto delle diverse
chiavi.

Il pannello dei colori

Ogni colore del kit rappresenta una nota e permette di vedere la collocazione esatta di
ogni suono. Non deve essere considerato un tipo diverso di notazione,ma uno strumento
multisensoriale in cui l’uso del colore non implica la relazione tra altezza del suono e
colore. (Per rappresentare altezza e durata).

Per individuare sullo strumento i suoni con il proprio nome il kit fornisce dei quadratini
colorati, un colore per una delle sette note, su ognuno dei quali è stampato il nome della
nota.Ad esempio per memorizzare il suono la, andrà posizionato il quadratino su tre ottave
della tastiera (quella centrale e le due ottave vicine, inferiore e superiore) diversi la della
tastiera facendogli ben osservare la sua posizione rispetto ai tasti neri.E’ importante per il
bambino rendersi conto che benché la tastiera si usi in posizione orizzontale i suoni
diventano sempre più acuti sul lato destro e più gravi sul lato sinistro. Per familiarizzare
con questa “spazialità” del suono si possono inventare alcuni giochi di individuazione del
la grave, acuto e centrale.

Per gli altri suoni,si do re mi fa sol, si adotterà lo stesso procedimento, posizionandoli alla
destra del suono la. Si potranno così effetturae giochi di individuazione delle diverse note
sulla tastiera: trovare il si alla destra della tastiera (acuto), trovare il re al centro,etc.
L’esercizio costanza di questa pratica serve per individuare correttamente la posizione dei
suoni e per interiorizzarla.

Rettangoli e note

Il kit fornisce poi dei rettangoli da posizionare sul pentagramma colorato,l’endacalineo,


sempre con i nomi delle note, in modo che si trovi la corrispondenza tra la posizione della
nota sulla tastiera e quella sul rigo. Un gioco successivo sarebbe quello di fare collocare i
rettangoli prima sulla tastiera e poi sul pentagramma per creare l’esatta corrispondenza. Il
passo successivo sarà quello di utilizzare un foglio pentagrammato in bianco e nero e
invitare il bambino a scrivere un segno ovale, la nota vera e propria, negli stessi spazi
dove aveva prima inserito i rettangolini. Lo stesso procedimento si userà per passare agli
altri suoni.
Questo sistema multisensoriale che crea corrispondenza tra tastiera e pentagramma può
essere adattato anche agli altri strumenti.

Chiavi

Le chiavi vengono presentate scritte in maniera molto evidente, grandi, sull’endecalineo


colorato in modo che il bambino possa percepire da dove partono ( per esempio per la
chiave di violino il ricciolo intorno alla riga del sol). L’allievo è poi invitato a toccarle più
volte e a calcolare su quale pentagramma e da quale rigo partano.

Daltonismo

Il kit propone altri strumenti per chi è affetto da daltonismo o per chi non riesce ad
associare il rigo alle note . Si tratta di un gruppo di sette figure (animali) Il cui nome
contiene la sillaba della nota:

Dodo: Do
Renna: Re
Millepiedi: Mi
Farfalla: Fa
Sole: Sol
Lama: La
Sirena: Si

Il bambino però può scegliere altri soggetti che gli piacciono di più da applicare sulla
tastire con i rettangolini di carta e sul pentagramma.
Altri esempi per la lettura facilitata
Il Tempo

Per i simboli del tempo il kit propone indicazioni operative: far percepire , toccando con le
dita, la suddivisione del valori con dei gettoni colorati (potrebbero andar bene anche i
regoli usati inmmatematica) associandoli successivamente ai simboli di semibreve,
minima, etc….

Il Ritmo

Se non si ha un buon senso del ritmo è necessario fare degli esercizi mirati per
svilupparlo. Alcune strategie possono essere le seguenti:

 Ascoltare il battito di un orologio ed imitarlo


 Pronunciare parole battendo le mani
 Marciare , danzare battendo le mani
 Accompagnare la scansione ritmica esegue fa il bambino indicando i suoni
ritmici scritti per far acquisire la consapevolezza che i suoni procedono da
sinistra a destra.
 Iniziare con il quarto e poi con confronto fra quarto e ottavo. 6
 Aggiungere gradualmente altre figure.

https://www.youtube.com/watch?v=hWcnfFh_2RQ

Lettura e intonazione

Partire dalla nota che l’alunno intona bene e gradualmente aggiungere le altre. Far
accompagnare il canto portando la mano dall’altezza dello stomaco alla testa.

Un’esperienza

Una delle prime docenti che si sono occupate di dislessia all’interno dei conservatori è
Matilde Bufano. Ha insegnato Teoria e solfeggio nei Conservatori dal 1978 e a Milano dal
1991. La sua attività con gli allievi dislessici è iniziata nel  2000 ed è proseguita, per
decisione del Conservatorio milanese, anche dopo il suo pensionamento. Ha tradotto in
italiano Ascolto strutturale di Felix Salzer (LIM), L'arte dell'esecuzione di Heinrich
Schenker (Rugginenti), Musica e dilessia di Miles e Westcombe (Rugginenti). Sono in
corso di pubblicazione le sue traduzioni di Sheila Oglethorpe, Instrumental music for
dyslexics e di Frédéric Chopin, Esquisses pour une méthode de piano.
 
Ecco una su testimonianza tratta da: .

Quando Cristina cominciò a frequentare le mie lezioni di solfeggio, notai anch’io che c’era
una discrepanza fra le sue abilità ritmiche e percettive e un blocco totale sia davanti alla
pagina di solfeggio parlato, sia davanti a un gruppo di 3-4 note da cantare a prima vista.
Man mano che passavano i mesi, mi rendevo conto che per Cristina era impossibile
nominare le note, cioè associare ogni nota al proprio nome, specie a una certa velocità:
era questo il vero motivo per il quale non riusciva a fare il solfeggio parlato! Ma le difficoltà
di Cristina erano anche altre: tempo dopo scoprii che avrei dovuto attribuirle alla sua
scarsa memoria a breve termine. Per esempio, non ricordava le alterazioni in chiave delle
scale, il nome degli intervalli, la serie dei diesis e dei bemolli e gli argomenti di teoria in
generale, mentre suonava perfettamente una scala maggiore o minore se stando davanti
al pianoforte, le chiedevo: “Suona la scala minore armonica partendo dal Re”.Riguardo al
ritmo, bisognava ripeterle diverse volte e per alcune lezioni le figurazioni nuove, ma una
volta che le aveva imparate, non le dimenticava più.

Nessuno mi aveva detto che Cristina era dislessica. Io non sapevo nemmeno che cosa
fosse la dislessia e lavorando insieme a lei cercavo solo di capire che cosa fosse meglio
fare per assecondare, sfruttare e fare emergere le sue qualità musicali. Purtroppo non mi
fu possibile promuoverla.

Tabella per l’insegnante tracciata dal Prof. Stefano Galeone al seminario di Musica e
Dislessia tenutosi in Conservatorio nel marzo 2016:

Otto cose che un insegnante deve sapere …

1. La dislessia è una realtà


2. La dislessia non è un problema della vista
3. La dislessia non scompare con l’età
4. La dislessia non è un deficit di intelligenza
5. Il ragazzo dislessico ha bisogno di un intervento
sistematico e metodologicamente corretto
6. Gli studenti dislessici hanno bisogno di strumenti
compensativi
7. La dislessia è riconosciuta dalla legge
8. È l’insegnante che può fare la differenza!

Indicazioni bilbiografiche sulla dislessia in musica


“Fatti di musica. La scienza di un'ossessione umana” Daniel J. Levitin, Codice Edizioni
(2006)
“La mente musicale” J. A. Sloboda, Il Mulino (2002)
“La musica, il linguaggio il cervello” Aniruddh D. Patel, G.Fioriti Editore (2014)
“Neurology of music” F. Clifford Rose, Imperial College Press (2010)
“Psicologia della musica” D. Schӧn, T. Vecchi, Carocci (2007)
“La musica fa bene ai bambini” E. Flaugnacco, L. Lopez et al. in -Psicologia
contemporanea- n. 239, pp. 76 – 80
“Metodo per la pratica al pianoforte dell’allievo dislessico” Mauro Montanari, Rugginenti
(2015)
“Dislessia nota per nota.manuale di pratica dell’allievo dislessico allo strumento” Mauro
Montanari, Rugginenti (2014)

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