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I disturbi del neurosviluppo sono in gruppo di condizioni con esordio nel periodo dello sviluppo. I
disturbi si manifestano tipicamente nelle prime fasi dello sviluppo, spesso prima che il bambino
inizi la scuola elementare, e sono caratterizzati da deficit nello sviluppo che causa una
compromissione del funzionamento personale, sociale, scolastico o lavorativo. Il range dei deficit
dello sviluppo varia da limitazioni molto specifiche dell’apprendimento o del controllo delle
funzioni evolutive fino a compromissione globale delle abilità sociali o dell’intelligenza. I disturbi
del neurosviluppo si presentano frequentemente in concomitanza… In alcuni disturbi il quadro
clinico comprende sintomi di eccesso (es. iperattività), ma anche deficit e ritardi nel raggiungimento
delle tappe attese (es. DSA).
- Disturbi dell’apprendimento
- ADHD
- Disturbi del movimento
- Disturbi della comunicazione
- Disturbo dello spettro autistico
- Disabilità intellettiva
Modelli multipatogenetici dei DNS
L’interpretazione dei disturbi di sviluppo come causati da fattori singoli, ed il tentativo di
individuare dei sottogruppi omogenei sono destinati al fallimento.
La presenza di ciascun disturbo può essere letta come la conseguenza di una costellazione specifica
di più deficit cognitivi.
I singoli deficit sono presenti anche nella popolazione generale e quindi singolarmente non sono né
necessari né sufficienti per determinare la presenza del disturbo.
Alcuni deficit sembrano avere un ruolo in più disturbi, altri appaiono appannaggio esclusivo di un
solo disturbo.
PRATICA DI ENTRATA I: IL BAMBINO G. DA UN PENSIERO CLASSIFICATORIO AD
UN PENSIERO DIAGNOSTICO CAUSALE. ATTENZIONE AI PENSIERI E AI
PROCESSI DELLA VOSTRA MENTE.
Programmazione a ritroso: parte dal risultato che vuole ottenere, per poi andare a definire gli
obiettivi e i contenuti da presentare all’interno del corso.
Caso: 8 anni, frequenta la III primaria. I genitori si rivolgono ad un servizio per i disturbi del
neurosviluppo perché preoccupati per lo scarso rendimento della lettura. Il bambino oltre ad essere
molto lento deve rileggere molte volte un testo per poterlo ricordare e sintetizzare. I genitori
riferiscono anche errori nella scrittura per esempio: “ristrio” al posto di “rischio”, “maggione” al
posto di “maglione”. In matematica i risultati sono invece ottimi. La madre dice che è molto lento
nel leggere, legge facendo una sorta di analisi mentale, cioè legge a mente e poi ripete, non è fluido.
Inizialmente hanno pensato che fosse una situazione di (sovrapposizione del padre). Il padre dice
completando il pensiero della madre: “esercizio”. La madre dice “sì perché non gli piace leggere,
quindi lo abbiamo spinto a leggere”. Padre: “naturalmente leggendo in questo modo ha difficoltà a
ricordare le cose che legge, è troppo concentrato a leggere e non riesce a costruire le parole dentro
la mente”.
Dal primo colloquio con i genitori (anamnesi) è emerso che G. è stato in trattamento logopedico in
età prescolare. Il padre riferisce: attualmente c’è anche una lentezza nello sviluppo del discorso, ha
povertà lessicale, utilizza vocaboli poco appropriati. Osservano che a volte il bambino ha difficoltà
a “trovare le parole”. Ad esempio pur conoscendo la parola “cinturino” fatica a recuperarla e alla
fine dice “ciondolo dell’orologio”. Entrambi i genitori riferiscono che G. è molto curioso, dal punto
di vista sociale viene descritto come bambino che manifesta una iniziale timidezza nella relazione
con gli altri. La madre dice che è come se avesse paura delle sue potenzialità. È come se avesse
bisogno di essere spinto. Dopo le iniziali titubanze G. sembra in grado di socializzare anche con
bambini che conoscono la sua lingua.
Riflettiamo sui processi che sono scattati nella mente mentre leggevamo queste informazioni:
- i genitori cercano di dare una spiegazione di quello che vive il figlio, analizzano il processo
- sono due genitori adeguati, c’è sintonia tra loro
- difficoltà di accesso e recupero al lessico, sul piano della sintomatologia determina delle latenze
anomiche (ci pensa molto nel costruire un discorso, probabilmente quel pensare molto è un tentativo
di recuperare le etichette lessicali). Questa difficoltà può essere recuperata con delle circonlocuzioni.
- Nell’età prescolare ha avuto un disturbo fonologico-espressivo. Intorno ai 5 anni i bambini con
questo disturbo tendono a recuperare. Due pediatri statunitensi hanno scoperto il fenomeno del
recupero illusorio, quindi non è falso che il bambino abbia recuperato (prima parlava male,
semplificava, ora non più). Quando si confrontano le traiettorie di sviluppo c’è una sovrapposizione
delle due traiettorie, però poi andando avanti sparisce. Non bisogna disinvestire dal bambino, anche
se nelle fasi iniziali sembra parlare bene (problemi meta-fonologici a livello di accesso lessicale). I
genitori descrivono il processo senza sapere i processi dei modelli.
- Pensiero di tipo classificatorio, associazione del bozzetto clinico alla parola “dislessia”. Ci porta
subito a pensare ad un’ipotesi.
Pensiero causale-dinamico/diagnostico: Vygotskij.
Quali “consigli” per aiutare G.?
Se avete cercato di spiegare:
o Avete interpretato le difficoltà di G. come sintomi di un disagio emotivo?
o Avete pensato che il disagio emotivo possa essere l’unico fattore scatenante?
o Avete pensato a una concausa?
o Avete pensato di dover compiere come primo passo una “misurazione” dei sintomi?
Dobbiamo capire quali sono le pratiche che ci consentono di misurare i sintomi di G.
In che modo le informazioni a disposizione possono orientare l nostre prime ipotesi per la
valutazione?
Aspetti problematici Fattori di rischio Fattori di protezione
dell’apprendimento
Scarsa fluenza nella lettura Lieve disturbo fonologico in Genitori che cercano una
età prescolare spiegazione delle difficoltà del
figlio
Errori nella scrittura Insicurezza emotiva Buone relazioni con le
nell’affrontare situazioni insegnanti di classe
nuove
Difficoltà a memorizzare le Scarsa stima di sé Ambiente familiare che
informazioni di un testo propone esperienze sociali e
cognitive
Lentezza nel costruire un Atteggiamento genitori?
discorso
(difficoltà di tipo cognitivo)
Occasionali difficoltà lessicali
(difficoltà di tipo cognitivo)
o Passo 2: verificare, sulla base di un modello teorico, l’efficienza dei processi implicati
nella lettura e il loro livello di sviluppo. Andiamo a vedere i processi, perché la lettura è
lenta? Modello di lettura a 2 vie. Quando leggiamo non utilizziamo un unico processo ma 2.
Il primo è la lettura sublessicale: di fronbte ad una parola segmento la parola in grafemi,
associo ad ogni grafema il fonema e poi faccio l’assemblaggio fonemico. Sono tre
operazioni cognitive: segmento la parola in grafemi, faccio corrispondere ad ogni lettera il
fonema corrispondete e poi faccio la sintesi ovvero: assemblaggio fonemico. Questa
condizione, ovvero la possibilità di leggere senza comprendere, è: iperlessia. Il secondo
processo è la lettura lessicale. Le due vie lavorano in parallelo, quando non conosciamo una
parola entra in gioco la lettura sublessicale.
Il modello presentato è però dell’adulto, per quanto riguarda lo sviluppo del bambino dobbiamo
capire quali sono le tappe delle due vie.
o Passo 3: verificare i fattori che hanno ostacolato lo sviluppo tipico della lettura di G.
VNP (valutazione neuropsicologica) delle funzioni cognitive.
A 5-6 anni il linguaggio si “normalizza” recupero illusorio.
(Scarborough y Dobrich, 1990).
- typically developing
- late developing
CV CVCV CVCVCV (fino a qui replicazione sillaba piana variata) CVCCV
(barca), ci sono due consonanti.
Sillaba: unità motoria minima del linguaggio.
Processi fonologici alterati:
- Difficoltà di programmazione fonologia (più la parola è lunga e complessa, più richiede
pianificazione e controllo: programmazione fonologica). Es: GLOBALISMO:
CCV+CV+CV+CCV.
Somministriamo il CMF
I punteggi bassi risultano in: sintesi fonemica e segmentazione fonemica.
Quindi la memoria BTF e di lavoro.
Denominazione rapida automatizzata (RAN): capacità implicata nei compiti che richiedono al
bambino di dire il nome di stimoli presentati visivamente. Nelle fasi avanzata: il RAN è legato al
recupero veloce delle rappresentazioni fonologiche di parole intere (recuperare etichette).
Ciò che predice non è la velocità, ma il tempo che intercorre tra la denominazione di uno stimolo e
l’altro. Perché? Pause più lunghe potrebbero indicare un più lento accesso lessicale.
G. ha una difficoltà ad automatizzare l’uso ripetuto di etichette morfologiche: prestazione
deficitaria.
Il RAN diventa un predittore in III primaria, verso la fine della II. Quando c’è il passaggio dalla
lettura sublessicale alla lettura lessicale, quest’ultima consente al bambino di fare un’analisi delle
lettere che compongono la parola, non più in serie ma in parallelo (affinché si velocizzi la lettura).
Modello a due vie: modello della lettura esperta.
G. racconta alla psicologa (P) che lui non sa leggere bene e aggiunge
G: non capisco bene quello che leggo.
P: forse perché quando leggi tutta l’attenzione la metti nel riconoscere le parole e così alla fine
ricordi poco quello che hai letto.
G: però quello che mi dispiace di più è che i compagni mi prendono in giro, perché leggo come un
bambino piccolo.
P: e tu cosa pensi?
G: penso che abbiano ragione
Modelli teorici che orientano lo psicologo nella valutazione dello sviluppo cognitivo.
Dalla Neuropsicologia dell’adulto alla Neuropsicologia cognitiva dello sviluppo. Il
Neocostruttivismo. La riconciliazione tra il costruttivismo piagetiano e l’approccio innatista-
modulare. Il contributo delle Neuroscienze cognitive dello sviluppo.
EMOZIONI
Processi innescati da S (trigger) interni o esterni
- Percepite come positive o negative o neutre
- Differenziabili su una scala: valenza
- Durata temporale limitata (non confondiamo le emozioni con gli stati d’animo o con i
sentimenti)
- Innesco veloce
- Difficoltà a modificare il decorso una volta innescate
LETTURA
La difficoltà con la lettura può creare una reazione di allontanamento dalla lettura. Per G. è
importante prendersi cura del suo rapporto con il leggere (ricostruire una motivazione,
l’automatizzazione è raggiungibile con la lettura, tutta via questa non è sempre possibile in ogni
caso di dislessia). Per alcuni bambini infatti questo rapporto può deteriorarsi, si viene a perdere il
piacere di leggere, piacere che deve essere ridato e stimolato dai professionisti.
Emergono vergogna e rabbia. Pensieri come “ce la faccio” inducono una mitigazione di vergogna e
rabbia e quindi in risposta: un maggior controllo sulle risposte emotive.
In un’ottica evolutiva
- un bambino di 8 anni e 10 mesi con scarsa fluidità nella lettura, senza problemi di natura
intellettiva (QI nella forma).
- con questo quadro sintomatologico è molto probabile che al bambino che venga
diagnosticato un disturbo dell’apprendimento (DA).
- La valutazione neuropsicologica ricerca ritardi/atipie (nel linguaggio e in altre funzioni
cognitive con la MTBF e di lavoro) in una fase più precoce;
- Ricerca la “deviazione” dal percorso tipico in un momento precedente (nel quale
sarebbe stato possibile fornire dei supporti per ri-orientare il decorso atipico).
- In un’ottica evolutiva, l’approccio NP esplora come si è formato quel disturbo (profilo,
fattori di protezione di rischio) e come evolverà con una sinergia di interventi).
CARATTERISTICA
Usare il termine di Caratteristica (Difference) del funzionamento cognitivo:
G. è un bambino aperto, nonostante alcune iniziali titubanze, nello stabilire nuove relazioni sociali e
consapevole di avere alcune difficoltà linguistiche., ha una forte sofferenza ogni volta che
percepisce di non eseguire bene un compito. Nel dominio visuo-spaziale il ragionamento e la
memoria sono punti di forza. Le difficoltà nella lettura compromettono invece una buona
comprensione di testi scritti, alcune difficoltà nelle funzioni esecutive e nella memoria di lavoro non
supportano efficacemente la decodifica…
NPS ad orientamento cognitivo dispone di modelli che spiegano il funzionamento della mente e le capacità
mentali (es. un modello che spiega il processo di lettura è il modello a 2 vie). Le capacità mentali sono
studiate attraverso i processi utilizzati per elaborare l’informazione. Essa dispone di modelli che possono
essere verificati (scientificamente) /falsificati attraverso procedure sperimentali (processo di ricerca,
sottoporre al vaglio critico le ipotesi).
Le ricerche consentono di verificare l’effettiva utilità pratica/clinica/diagnostica/riabilitativa, del modello
cognitivo alla base del disturbo (es. disturbo spettro autismo, ci sono vari modelli, come quello della teoria
della mente, o funzioni esecutive, o coerenza centrale debole ecc.; le ricerche consentono di verificare
l’effettiva utilità pratica di tali modelli lavorare con bambino con disturbo spettro autismo senza disabilità
intellettiva, con importante caduta cognizione sociale, applico protocollo basato su evidenza per potenziare
capacità/abilità, per cui le ricerche consentono di identificare l’utilità pratica, in genere sono le meta-analisi
che ci permettono di individuare la strategia migliore e più efficacia).
La valutazione permette di verificare le componenti del modello adottato (es modello a 2 vie, verificare
procedure lettura sub lessicale e lessicale) in rapporto allo sviluppo del bambino (modello evolutivo della
lettura).
Fin dalla sua nascita la neuropsicologia dello sviluppo è stata fortemente influenzata dalla neuropsicologia
cognitiva adulta. Gli studiosi hanno iniziato a osservare i bambini con disturbi e difficoltà cognitive di varia
natura ed eziologia più o meno nota, utilizzando la prospettiva teorica e i metodi già adottati nel campo dello
studio degli adulti. Ma i ricercatori interessati allo studio dei disturbi evolutivi si trovavano davanti a una
serie di fatti empirici, per la spiegazione dei quali i modelli adulti apparivano inappropriati. (modelli
utilizzati trasferiti da adulti a sviluppo erano inappropriati) esistono difficoltà nell’applicare l’approccio della
neuropsicologia ad un sistema cognitivo in via di sviluppo (per la neuroplasticità e la formazione del
cervello, adulti danni alla corteccia ed emisferi intreccio tra corticali e sottocorticali…)
Le parole e le non parole si utilizzano due metodi diversi sublessicale segmentazione dei grafemi
e la via lessicale riconoscere la forma ortografica delle parole e accedere al suono delle parole.
Un paziente ha alterata la procedura sublessicale e ha preservato la lettura, l’altro ha alterata la
procedura lessicale.
Doppia dissociazione Due pazienti (p1 e p2) e abbiamo due compiti (A e B) lettura di parole e di
non parole. P1 la capacità alla base del compito A è funzionale mentre nel compito B è deficitaria, il
contrario per il P2.
La doppia dissociazione è importanti in quanto indica l’indice genuino di modularità, quando trovo
una doppia dissociazione posso dire che i compiti A e B sono due diverse capacità.
La neuropsicologia cognitiva, parte da una lesione e tra inferenze sui processi cognitivi normali,
arriva a definire l’architettura di una funzione. Per fare questo opera su alcuni assunti:
1. Modularità: i processi mentali sono articolati in componenti distinti o moduli (NPS classica,
Approccio HIP)
2. Corrispondenza: esiste una relazione tra l’organizzazione funzionale della mente e quella
neurologia del cervello
3. Costanza: dopo una lesione cerebrale la struttura anatomo-funzionale dei processi mentali
non si riorganizza in modo da risultare qualitativamente diversa da quella esistente prima
della lesione la lesione non determina una completa alterazione o riorganizzazione dei
processi cognitivi ma sottrae cioè rende non più funzionale alcuni componenti (moduli) del
sistema.
Modulo 1
Prima di entrare, si dice ai genitori che vogliamo vedere come il bambino fa le cose da sole e se il
bambino chiama i genitori di aiutalo come farebbero a casa. E si decide prima di entrare chi dei due
genitori parlerà con lo psicologo quando gli farà una domanda.
Quando il bambino entra si trova dei giochi, che in parte sono sul tavolo e in parte sul tappeto per
terra.
1. Gioco libero
Sul tavolo: giochi pop-up, telefono giocattolo, libro cartonato, quattro pezzi di filo, blocco di legno
ruvido
Sul pavimento: scatola musicale, pupazzo nella scatola, camion, bambolotto (con occhi che si
aprono e chiudono), 8 cubetti con le lettere, palla di media grandezza, 2 macchinine piccole, 4
piccole posate, 4 piattini
Gioco senso-motorio di esplorazione dell’oggetto, in questo caso bisogna prestare attenzione alla
tipologia dell’oggetto e se il bambino compie delle azioni singole o delle sequenze di azioni. Vedere
se inizia come un gioco senso-materio e poi ricade nella stereotipia. Schema motorio semplice:
battere l’oggetto sul tavolo. Schema motorio complesso: lasciar cadere l’oggetto a terra, o mettere
un oggetto dentro l’altro, o lanciare l’oggetto. Se sono generici possono essere di tipo analitico a
specifico.
Gioco di costruzione Dai 18 masi. 6 cubetti, uno sopra l’altro, un bambino con sviluppo tipico lo
sa fare a due anni. Fare un ponte 2 anni e 6 mesi
Uso funzionale dell’oggetto bere dalla tazzina
Gioco di finzione un’oggetto diventa nella realtà della finzione un’altra cosa. 1. Livello Prendere
un cubetto e lo usa come telefono. 2. Livello un’oggetto diventa una realtà fittizia. 3 livello
un’oggetto assenza lo invento con la fantasia (usa la mano per far bere il peluche di cane)
Obiettivo: osservare come il bambino si adatta alla stanza, come e se usa gli oggetti.
Dopo 3 minuti di gioco unirsi al suo gioco per consentire una fase di gioco condiviso.
Se passati 2 minuti il bambino non gioca proviamo a farlo giocare con il genitore.
- Il bambino cerca l’interazione con il genitore?
- Condivide gli oggetti?
- Ricerca solo affetto o aiuto?
- Quanto porta avanti un’attività? Passa da un oggetto all’altro?
Mostrare ≠ Dare
2. Risposta al nome
Mentre il bambino è impegnato in un’azione, lo psicologo a distanza di un metro lo chiama per
nome e valuta:
Distoglie l’attenzione dall’oggetto
Se ruota il capo verso il mio
Se aggancia il mio sguardo
Se non sono riuscito ad elicitare la risposta al nome chiedo al genitore di chiamarlo per nome per 2
volte, se il bambino non si volta neanche con i genitori, chiedo al genitore di produrre un suono
familiare o di attivare un’azione che implica il tocco, ma senza toccarlo. Se non si gira neanche così
chiediamo al genitore di toccarlo.
3. Sorriso sociale di risposta
Sorride in risposta al sorriso dell’altro. Ad esempio si possono fare dei complimenti al bambino,
sorridergli, fare una vocina. Per dare punteggio zero (quindi funzionale) deve sorridere
immediatamente e vi deve essere un sorriso pieno.
4. Risposta all’attenzione
Attenzione condivisa: attenzione all’oggetto, attenzione all’altro e attenzione all’altro e all’oggetto.
Materiali: coniglio o macchinina. Prima richiesta: Edo guarda. Se non guarda si dice Edo guarda
quello se non guarda Edo guarda quello + indicazione, se non guarda si attiva la macchinina.
5. Gioco delle bolle
Il bambino deve essere distratto o impegnato in una attività ci si pone di lato a 1m e mezzo, si
avverte il genitore di non far notale le bolle. L’esaminatore spara le bolle per 5 secondi e incoraggia
uno scambio affettivo e li costituirsi di una routine. (es. esplodere le bolle). Questo ci permette di
vedere come il bambino richiedere per continuare il gioco, quando mettiamo le bolle di sapone non
a portata del bambino. Per valutare l’inizio dell’attenzione condivisa.
6. Anticipazione di una routine con gli oggetti
Tenere un palloncino, portarlo alla bocca, lo gonfiamo, lo mettiamo sopra la testa del bambino e
dire: pronti partenza e via. E si lascia andare il palloncino. Valutare in che modo far ripetere questa
sequenza. Se spaventato cambiare oggetti. Si da un punteggio zero quando: non annusa, non lecca,
non tocca ripetutamente, non osserva la situazione in maniera particolarmente intensa.
Oppure cucù settete o il solletico
7. Imitazione funzionale simbolica
8. Festa di compleanno
Materiali: bambola con occhi che si aprono e chiudono, piatto, coltello, forchetta piatto.
Bisogna fare insieme al bambino la torta per il compleanno. Si mettono le candeline, l’esaminatore
fa finta di accendere le candeline e di bruciarsi. Si canta la canzone si vede se il bambino prova a
spengere le candeline e si chiede passo passo cosa bisognerebbe fare dopo. Si mangia la torta, si dà
alla bambola. Poi l’osservatore fa cadere (per finta) il succo e si vede come reagisce.
9. Snack
Si mettono diverse scelte diverse al bambino e vediamo come sceglie. Poi mettiamo le diverse
merende in scatole trasparenti diverse e vediamo se indica la scatola con la merenda che aveva
scelto.
Dopo 40 min. Alla fine si chiede ai genitori: mi sono fatto un’idea giusta?
- Si, quello che ha in mente è proprio nostro figlio
- No, a casa è completamente diverso
DSA: questo termine si riferisce a un gruppo eterogeneo di disturbi che si manifestano con molte
difficoltà nell’acquisizione e nell’uso delle abilità di ascolto, espressione orale, lettura,
ragionamento e matematica, queste presumibilmente dovute a una disfunzione del sistema nervoso
centrale. Possono coesistere con i DSA problemi nell’autoregolazione comportamentale, nella
percezione sociale e nell’interazione sociale.
Criteri diagnostici
Fine 1 classe: pochissimi errori nella decifrazione fonemi e alta percentuale di parole riconosciute.
È riconoscibile una lettura lessicale, ma prevale la lettura fonologica
Fine 2 classe: aumenta ulteriormente la percentuale di parole riconosciute correttamente. Prevale la
lettura lessicale
3-4 anno: la lettura dei bambini diviene sempre più veloce ad automatizzata. Entro il 4-5 anno la
lettura si stabilizza. Alla fine del 3 anno è di tipo adulto esperto.
MEMORIA DI LAVORO
La memoria di lavoro permette di mantenere temporaneamente attive nella mente informazioni
provenienti da input esterni o dalla memoria a lungo termine MTL e, simultaneamente, di
aggiornarle e di elaborarle. Ha alcuni limiti: capacità limitata delle informazioni che riesce a
mantenere attive, la breve duratura in cui sono trattenute, la velocità con cui sono elaborate, la
sensibilità alle interferenze e il rischio di carico eccessivo che può essere determinato sia dalla
quantità di informazioni sia dal livello di complessità dei processi elaborativi da svolgere.
La memoria di lavoro è coinvolta nell’apprendimento ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo:
quando dobbiamo elaborare i collegamenti logici e semantici tra differenti concetti, quando
dobbiamo elaborare il significato di una parola nuova.
Apprendere significa prima di tutto elaborare. Ma l’elaborazione non può avvenire senza un
meccanismo che, da una parte mantenga attivi e disponibili i dati da elaborare, dall’altra utilizzi le
risorse attentive per le operazioni di elaborazione richieste.
L’esecutivo centrale attua operazioni cognitive di tipo intenzionale e coordina il lavoro dei tre
servosistemi. Ci sono tre meccanismi funzionali specifici propri dell’esecutivo centrale:
- L’inibizione: capacità di focalizzare, cioè di essere attenti in maniera selettiva solo alle
informazioni rilevanti per il compito in corso. E comprende anche la capacità di controllare
le interferenze.
- L’aggiornamento: sostituzione di informazioni non più rilevanti per il compito, che
decadono nello spazio mentale, per lasciare il posto a nuove informazioni in entrate
- Lo switching: spostamento rapido da un’informazione o da una strategia a un’altra ossia alla
flessibilità cognitiva.
Il ciclo fonologicospecializzato nella codifica verbale dell’informazione, è suddiviso in due
sotto-componenti:
- Il magazzino: ha una funzione passiva di deposito dell’informazione
- Il meccanismo di ripasso articolatorio o ripetizione subvocalica: rinfresca l’informazione al
fine di mantenerla attiva, altrimenti decade rapidamente
Il taccuino visuo-spaziale conserva ed elabora informazioni visive e spaziali ed è anche preposto
alla generazione e alla manipolazione di immagine mentali (es. immagina le lettere J e D, e falle
ruotare: fontana, ombrello.. immagine temporaneamente attivata nel nostro taccuino visuo-
spaziale). Anche le rappresentazioni visuo-spaziali, come quelli verbali, svaniscono se non vengono
ripassate.
Il buffer episodico (o magazzino episodico) mette in relazione l memoria di lavoro con la MLT.
Attraverso l’utilizzo di un codice multimodale, integra informazioni della MLT e degli altri
servosistemi, mantenendole per un tempo limitato ma di più lunga durata rispetto a quest’ultimi.
(ess. Immagine un elefante che gioca a tennis). Permette di integrare e manipolare il materiale
contenuto negli altri servosistemi con il materiale recuperato dalla MLT. La possibilità di elaborare
un nuovo episodio esige di resistere alle distrazioni interne o esterne che durante l’elaborazione
potrebbero portare la nostra mente a vagare.
Fattori di rischio:
- nascita pre-termine
- basso peso alla nascita
- lento e/o irregolare sviluppo delle abilità psicomotorie.
Tappe motorie e modelli cognitivi del movimento
12 mesi deambulazione autonoma. Può variare, bambini precoci introno ai 9 mesi.
4 anni in grado di camminare su tutte le superfici (in salita, in discesa, salire le scale), camminata
esperta. La coordinazione motoria nel cammino migliora fino ai 5anni
Tra i 4 e i 6 anni compare la corsa per scopi ludici
3 anni e mezzo riuscire a vestirsi da solo, e a mettersi le scarpe
6-7 anni allacciarsi le scarpe e sono presenti abilità fondamentali come: correre, saltare, lanciare,
afferrare, lavarsi, vestirsi, scrivere e disegnare.
Il funzionamento del sistema motorio è influenzato dai circuiti corticali e sottocorticali, responsabili
della pianificazione ed esecuzione del movimento.
Hulme e Snowling (2009), ritengono che nei bambini con DCM l’informazione visiva relativa alla
localizzazione nello spazio di un oggetto sia degradata: questo deficit determinerebbe delle
difficoltà nella creazione della rappresentazione della mappa senso-motoria, di conseguenza il
bambino non riuscirebbe a integrare l’azione attraverso le informazioni percettivo-spaziali.
Un deficit, a livello cognitivo, della memoria senso-motoria o nella percezione visuo-spaziale,
porterebbe a livello comportamentale un deficit nelle abilità fino-motorie (disegnare, scrivere, usare
le forbici ecc.). Mentre a livello cognitivo, un deficit dell’equilibrio posturale, porterebbe ad un
deficit nelle abilità grosso-motorie come correre, saltare, andare in bici.
Criteri diagnostici
DSM-5, criteri di inclusione:
- l’acquisizione e l’esecuzione delle abilità di coordinazione motoria sono al di sotto dei
livelli attesi per l’età cronologica e per le opportunità ricevute.
- Il deficit nelle abilità motorie deve interferire con lo svolgimento delle attività di vita
quotidiana attese per l’età. L’impatto del disordine ricade anche in ambito scolastico e
lavorativo.
Il disturbo non deve essere spiegato dalla presente di disabilità intellettiva, deficit visivo o altre
condizioni neurologiche.
Prove di valutazione
La prova che permette di valutare la presenza di un DCM è il MABC-2 (Movement Assesment
Battery for Children -2). Questo è utilizzato per identificare e quantificare difficoltà del movimento
che potrebbero influenzare l’integrazione sociale e scolastica. Offre la possibilità di valutare la
presenza di difficoltà motorie, individuando i bambini a rischio.
Il MABC-2 è composto da due parti:
- Test standardizzato: va somministrato individualmente e si chiede al bambino di eseguire
dei compiti motori divertenti. È composto da 24 prove organizzate in gruppi da 8 compiti. Il
punteggio totale esprime il livello di abilità motoria del bambino, è possibile ottenere anche
un punteggio per le tre aree: destrezza manuale, mira e afferramento, equilibrio.
- Checklist di osservazione: deve essere compilata da un adulto che abbia familiarità con
l’attività motoria quotidiana del bambino. È comporto da 43 items relativi al comportamento
del bambino, divisi in tre aree: le prime due, considerano la performance del bambino in
situazioni progressivamente più complesse. La terza, valuta quanto alcuni atteggiamenti
(distrazione, timidezza eccc) possono influenzare la performance motoria.
IL PROGRAMMA APISMELA
Il training Apismela è costituito da attività e giochi che, in maniera diretta, stimolano:
- L’attenzione
- Il controllo motorio
- Lo switching
- La memoria di lavoro nel dominio verbale
Le attività e i giochi formano una sequenza caratterizzata da crescente complessità: si inizia
stimolando l’orientamento attentivo e l’attenzione esecutivasi procede con esercizi che
coinvolgono il controllo inibitorio attività che implicano il dividersi dell’attenzione sulla doppia
richiesta di categorizzare stimoli e di selezionare quelli da memorizzaresi rende più complessa la
richiesta di elaborazione infine compiti che coinvolgono maggiormente la memoria di lavoro
nella sua componente di magazzino episodico (episodic buffer).
I materiali dei compiti e dei giochi del training stimolano la categorizzazione semantica e una
capacità di integrare significati attraverso legami narrativi o inferenziali.
La stessa funzione (es. memoria di lavoro) viene stimolata con compiti molti vari piuttosto che con
lo stesso tipo.
L’Apismela include anche una componente di strategy-based, insegnando ai partecipanti a
focalizzarsi sullo scopo dell’attività, a controllare di averlo compreso, a esplicitare le procedure d
mettere in atto. Nel training il linguaggio ha un ruolo cruciale: i partecipanti vengono stimolati a
utilizzare il discorso come strumento di regolazione dell’attenzione e di elaborazione cognitiva. Il
linguaggio è lo strumento che permette l’insegnamento di strategie da parte dell’adulto e lo
strumento che accompagna i partecipanti l’uso di strategie.
Il ruolo del conduttore nelle attività e nei giochi
Co-costruzione
Una parte del training Apismela non è costituita da esercizi o giochi, ma dalle abilità dell’esperto
che sa adottare le difficoltà al livello del singolo bambino e che attraverso una co-costruzione
promuove esperienze metacognitive (attenzione consapevole sulla propria esperienza cognitiva) e
insegna strategie. Seguendo Vygostkij nell’apprendimento un’acquisizione di procedure e strategie
viene promossa dalle interazioni sociali, partendo dalla co-costruzione con qualcuno più esperto,
passando attraverso una progressiva interiorizzazione della nuova strategia, fino al controllo interno
e autonomo della strategia. Nelle attività l’adulto insegna nuove strategie e promuove una
riflessione sull’esperienza di usarle e sulla percezione di efficacia da parte del partecipante. Il
conduttore interagisce nella attività in modo da stimolare la consapevolezza in diversi ambiti.
Gradualmente cercherà di portare il bambino a darsi da solo autoistruzioni e a poter così
autoregolare il proprio comportamento attraverso l’uso del linguaggio.
Guidare l’aiuto
L’obiettivo degli interventi del conduttore è lasciare al bambino il massimo dell’iniziativa possibile
garantendo al tempo stesso la sua possibilità di riuscita. Se l’adulto aiuta troppo può limitare
eccessivamente l’esercizio che il bambino fa e l’intervento risulterà così poco efficacie. D’altra
parte, lasciare il bambino troppo solo nell’affrontare la complessità può far emergere un sentimento
di frustrazione che non aiuta l’attivazione di processi di pensiero e di controllo che vorremmo
perseguire. Saper guidare l’aiuto in funzione di ciò che osserviamo nel bambino è la competenza
che l’adulto costruisce gradualmente.
Nei giochi l’adulto partecipa svolgendo in minor misura una funzione esplicativa di guida. Il
conduttore è un partecipante esperto nel gioco, orienta il bambino mostrandogli in maniera diretta
come fare. Quando è il conduttore a giocare, descrive ad alta voce ciò che vede, si chiede quale
regola convenga applicare, spiega ad alta voce le proprie scelte. Mentre gioca, l’adulta parla sempre
ad alta voce, per mostrare al bambino come pensa.
Facilitare la fiducia e la regolazione emotiva
Le attività vengono presentate come “allenamenti” che permettono di potenziare alcune risorse che
ogni essere umano possiede. Questo termine permette ai partecipanti di impegnarsi con maggiore
serenità, rispetto al termine compito o esercizio.
Il coinvolgimento emotivo e la motivazione vengono curati attraverso la costruzione di una
relazione sicura tra il conduttore e partecipante/i.
I BES tendono ad avere paura di fronte ai comiti complessi, sono timorosi di venire a contatto con
un’immagine di sé interpretata come incompetente. L’adulto saprà restare calmo e scegliere le
parole giuste per sostenere il bambino, e potrà mentalizzare le emozioni del bambino (es. vedo che
ti senti un po’ spento, quando leggevamo che cosa dobbiamo fare in questo allenamento, forse hai
pensato che il compito è molto difficile). Il conduttore si porrà quindi come base sicura.
L’uso del “noi” nel linguaggio dell’adulto, crea una condivisione degli obiettivi e facilita nel
bambino la consapevolezza di non essere solo nel lavoro che si sta svolgendo.
Il fine principale che sta dietro la funzione di sostegno emotivo e di facilitatore della
consapevolezza emotiva è quello di favorire nel bambino una nuova immagine si sé.
Gestire gli errori
Quando un errore si verifica, l’adulto opera in modo da favorire un’autocorrezione. Questa ha
diverse finalità:
- Permette al partecipante di mantenere un alto senso di agentività
- Attenua la frustrazione
- Continua a lavorare sul controllo e sull’autoregolazione
Ogni volta che si verifica un errore partiamo da ciò che il bambino ha detto o fatto e ne chiederemo
una spiegazione. Chiederemo poi di verificare ri-costruendo l’elemento del compito che non è stato
ben interpretato e daremo un suggerimento parziale. Se anche questo suggerimento non avesse
successo nello stimolare un’autocorrezione, allora produrremo una correzione, stando attenti ad
esprimerla in modo mitigato.
Secondo te, secondo voi
Scopo alla base di tutto l’intervento: aiutare il bambino ad appropriarsi del proprio pensare.
Contribuire a rendere il pensiero più efficace, capace di tener conto delle informazioni disponibili,
consapevole di dover monitorare il proprio procedere, flessibile nel passare da una situazione
all’altra.
Un riconoscimento dell’intelligenza richiede all’adulto di saper riconoscere il valore del pensiero
formulato dal bambino. Non è necessario manifestare accordo, ma mostrare di pensare e dare valore
alle parole del bambino. Ci sono alcune espressione con cui l’adulto può veicolare questo
riconoscimento di intelligenza come ad esempio “secondo te”. Questa espressione fa sentire il
bambino autorizzato a mostrare il proprio personale modo di sapere le cose.
Un altro scopo è aiutare il bambino a sentirsi più autonomo di fronte a compiti di una certa
complessità. Questo richiede all’adulto una buona capacità di dosare l’aiuto e diminuire i
suggerimenti. Lavorare per l’autonomia richiedere coraggio, sia al bambino che si deve sentire in
grado di…, sia all’adulto che non deve considerare gli orrori dei bambini come un semplice non
sapere.
La sequenza delle attività in ogni incontro
Il training Apismela, se svolto con due incontri settimanali di circa 100 minuti ognuno, si articola in
10-12 settimane. In ogni incontro c’è un’articolazione simile delle attività.
Raccontarsi per costruire una certa intimità (15-20 min) il conduttore esprime piacere di
incontrarsi e chiede di raccontare. Con questa richiesta l’adulto intende stimolare un piacere di
raccontare e di condividere. Anche l’adulto dice qualcosa di sé. Man mano che aumenta la
conoscenza reciproca l’adulto può raccontare di sé qualcosa che da ragazzino ha creato un po’ di
dispiacere, aspetta che il bambino prenda la parola lasciando massima libertà di contiinuare sulla
stesa tematica o di cambiarla.
Alleniamoci con un’attività si propone un’attività con PowerPoint (30 min). L’adulto segue le
istruzioni riportate nelle schede, ma è presente nella situazione: ascolta ciò che il partecipante dice,
lo guarda e sorride spesso, osserva se ci sono segni di tensione. È utile dire qualcosa che può
allentare la tensione. Nel corso delle attività bisognerebbe evitare i commenti tipo “bravo!”, sono
più utili commenti specifici del tipo: “ho notato che sei stato molto attento”
Riposiamoci un po’ al termine dell’attività segue una breve pausa in cui l’adulto propone di
scrivere i punti che la partecipazione ad ogni attività comporta e chiede al partecipante se conosce
un gioco e ha piacere ad insegnarglielo. In alternativa, si può disegnare insieme.
Alleniamoci con un gioco Si riprende il lavoro scegliendo un gioco di Apismela che allena la
stessa funzione controllata nell’attività precedente (30 min). Alla fine del gioco si fa una riflessione
metacognitiva sulle strategie utilizzate, su ciò che è risultato facile o difficile. Se si notano
espressioni di noia durante questo tipo di dialogo si può commentare: lo so che è più divertente
giocare che fare queste riflessioni, però lo sai che questi discorsi sono importanti, ci aiutano a
imparare.