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Silvia Vicario Tecchio

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Corso di studio: Filosofia e scienze umane

Didattica. STUDIO DI CASO, Anno 2022-2023

Studenti con DSA: Tra sfatare falsi miti e imparare qualcosa in più

Il caso reale da me analizzato inizia da una piccola cittadina del nord Italia, in particolare in uno dei licei
scientifici della città, dove ho conosciuto questo ragazzo che aveva delle difficoltà di apprendimento.

La famiglia si trovava ad affrontare la crisi economica che aveva colpito un po' tutto il paese. In ogni caso,
entrambi i genitori cercavano con i loro lavori, seppur umili, di garantire l’istruzione a tutti e tre i figli. Il
padre lavorava in un ufficio postale e la madre era infermiera in ospedale, e con quello che guadagnavano
cercavano anche di mantenere la casa di campagna, ereditata, dove vivevano e vivono tutt’ora.

Il ragazzo di cui non diremo il nome per motivi di privacy, fisicamente di bell’aspetto, alto, castano, occhi
azzurri, sportivo, appassionato di basket e componente di una squadra di calcio, è in realtà timido e molto
introverso. Si trovava al suo primo anno di scuola secondaria di primo grado (scuole medie), in una nuova
casa e in una nuova città. Era evidente che avesse delle difficoltà a trovare amici ed ambientarsi.

I compagni di scuola lo escludevano per via dei problemi di DSA (Disturbi Evolutivi Specifici di
Apprendimento). I professori, la maggior parte almeno, cercavano di aiutarlo e di essere comprensivi. Il
ragazzo aveva anche un insegnante di sostegno, per poter essere nelle condizioni di studiare di volta in
volta gli argomenti affrontati classe. I genitori invece, svolgendo varie attività erano molto occupati a livello
lavorativo e sociale (avendo delle associazioni benefiche in gestione) e non abbastanza presenti con i loro
figli.

Il ragazzo quindi non si integra nel gruppo classe, non ha amicizie, si sente isolato, anche nella squadra di
calcio viene bullizzato verbalmente, e si vergogna di avere un insegnante solo per lui. Questa situazione
continuò per un po' di tempo senza che il ragazzo si confidasse con qualcuno. Di conseguenza si instaurò un
meccanismo negativo: non riuscendo velocemente come gli altri a raggiungere gli stessi risultati, si
arrendeva prima di provarci. Non avendo più lo stimolo e l’interesse di impegnarsi, si sentiva frustrato.

La situazione di criticità emerse in questo contesto. L’insegnante di sostegno che si dovrebbe


principalmente dedicare al soggetto con difficoltà, non è un insegnante adeguato. Non ha la capacità di
spiegare gli argomenti più complicati, semplificandoli (ad esempio tramite immagini, riassunti, schemi).

Fa addirittura sentire l’alunno ancora più a disagio, esprimendo commenti negativi di fronte ai compagni
quando non comprende alcune cose, quando è lento a svolgere determinati compiti, o per le assenze
continue, dovute al clima negativo presente in classe, con i compagni. Viene quindi spesso preso in giro con
discorsi inappropriati sulle sue capacità.

Un suo compagno di classe ha sentito dire dall’insegnante in questione: “Visto che non sei in grado come gli
altri devi impegnarti di più, non di meno. Non essere svogliato o rimarrai indietro, lo sai?”.

Mi ha inoltre raccontato che alcuni giorni l’insegnante svolgeva altre operazioni o si interessava ai suoi
bisogni personali (stando al telefono) lasciando l’alunno seguire la lezione da solo, senza un minimo aiuto.
Una compagna della sua classe invece si ricorda che anche i vari insegnanti rimproveravano spesso l’alunno
di errori nella lettura di una frase, di una parola, o per la lentezza, ma in modo eccessivo secondo lei. Era
giusto correggere l’errore, altrimenti lo avrebbe ripetuto, ma avrebbero dovuto gestirlo con tranquillità e
calma senza creare ulteriori sentimenti di inadeguatezza per lo studente con DSA.

Chiedendo informazioni e opinioni riguardo questo caso, ho raccolto pareri interessanti. Alcuni ragazzi
giovani, di età compresa tra i 20 e i 25 anni, commentano che questa è una situazione molto diffusa, da loro
riscontrata anche in altri ambienti, città e contesti.

“Sarebbe necessario in generale aumentare la comunicazione tra i docenti, perché intervengano al fine di
eliminare questi casi di bullismo verbale e di commenti inadeguati; Importante anche individuare come
l’alunno si trovi meglio ad apprendere e incentivare quel modo specifico. Credo sia utile anche chiedersi se
ha davvero capito, deve essere al pari di tutti a livello di importanza. Ogni singolo studente è
fondamentale“.

“Io proporrei un corso per tutti i professori dell’istituto, perché magari alcuni non essendo specializzati e
informati su questo tema non saprebbero come gestire situazioni del genere. Similmente potrebbe essere
utile una lezione agli studenti, in cui presentare che cosa sono questi disturbi di apprendimento e con tutta
una serie di attività, mostrare i punti di forza e di debolezza. Questo per sensibilizzare, ridurre al minimo le
opinioni errate e far notare anche i pregi, non solo i difetti, di questi ragazzi/e. “

“È importante trovare i punti forti e spronare in modo positivo, così da ottenere migliori risultati. Non è
sano scolasticamente né psicologicamente, far sentire sbagliati e svogliati i ragazzi. Trovo necessario,
inoltre, avere un ‘gruppo classe’ solido con cui poter lavorare in squadra, e per ottenere ciò serve avere un
clima di coesione con i compagni e con i professori. “ Essenziale, inoltre, sostengono alcune delle persone
intervistate, che i professori o il preside convochino i genitori per spiegare chiaramente la situazione, in
caso non ne fossero pienamente consapevoli, e proporre una serie di soluzioni.

Il ragazzo, comunque, durante l’anno scolastico continuò a studiare, facendo però molte assenze e
rischiando di venire bocciato. Si trovò insufficiente in alcune materie, ma deciso a non cambiare scuola, a
rimanere e dimostrare le sue capacità, decise di aprirsi emotivamente: Cercò e ottenne l’aiuto dei genitori e
di alcuni compagni del suo istituto.

Venne sostenuto nello studio, aiutato nel fare degli schemi per studiare più facilmente e ad applicare dei
metodi a lui più utili. A fine anno ottenne così la promozione, con solo una materia insufficiente, che
avrebbe recuperato a settembre. Diplomato e laureato, attualmente lavora presso i servizi sociali della sua
città natale.

PARTE II, RIFLESSIONI PERSONALI

Si pensa diffusamente che questi non siano problemi seri, che i casi di difficoltà di alcuni studenti fossero
dovuti a pigrizia e svogliatezza. Oggi sappiamo che non è così. Tutti i disturbi specifici dell’apprendimento
sono legati principalmente alle diversità del nostro cervello, quindi alla neurobiologia. Alcuni sostengono
che sia un disturbo raro e che i soggetti in questione non siano intelligenti. Al contrario si è studiato e
stimato che circa il 20% della popolazione manifesti i sintomi tipici del DSA e anche persone famose come
Richard Branson, Whoopi Goldberg, Jim Carrey, Albert Einstein ne soffrono/ne hanno sofferto.

Questi disturbi sono definiti “alterazioni funzionali di determinati gruppi di neuroni coinvolti
nell’apprendimento di abilità specifiche”, il quoziente intellettivo, quindi, non è “coinvolto” (anche perché il
primo criterio comune per la diagnosi è verificare che non sia presente un deficit/carenza di intelligenza).
Queste problematiche non implicano un’incapacità di imparare. Questi falsi miti, ancora troppo diffusi,
allarmano i genitori e ancor di più i figli. La difficoltà però sta nel metodo con cui impara, non nel
funzionamento intellettivo/cognitivo.

Il Ministero dell’istruzione ha pubblicato i dati sugli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento in
Italia, in riferimento all’anno scolastico 2019/2020 e 2020/2021.

Per quanto riguarda le scuole statali, dalla scuola primaria alla scuola secondaria di secondo grado, in Italia,
nell’a. s 2019/2020 sono 291.567 gli alunni che soffrono di DSA su un totale di 5.646.493 (5,16%). Si è
riscontrato un aumento dello 0,14% nell’anno scolastico 2020/2021, con 298.787 alunni su 5.632.677
studenti totali (5,30%).

Altre ricerche hanno evidenziato che all’alunno con disturbi di apprendimento in 6 casi su 10 viene
affiancato un professore senza preparazione specifica. Ciò è dovuto al fatto che ogni anno 5mila insegnanti
lasciano il ruolo di sostegno per una disciplina curricolare e questo crea una carenza di personale
qualificato.

Come afferma il pedagogista Luigi D’Alonzo, autore de “La differenziazione didattica per l’inclusione”:
“Occorre motivare i ragazzi con una didattica attraente, non stantia. E se in classe si hanno problematiche,
bisogni e abilità differenti, ci saranno modi di apprendimento differenti. Non si può pretendere che tutti
facciano la stessa cosa nello stesso momento.”

Tra le varie ricerche ho “incontrato” la storia di Marco Mondini, ora laureato in Biotecnologie industriali,
che ha sofferto di dislessia, discalculia, disgrafia e disortografia. Lui racconta: “Non ho trovato insegnanti
attenti alle necessità di bambini come me e nonostante tutti gli sforzi, venivo accusato di non impegnarmi
abbastanza. Ciò che mi ha aiutato a continuare gli studi è stato trovare dentro di me la fiducia di potercela
fare e il coraggio di provarci nonostante tutto. Bisogna imparare a conoscere quali sono le proprie reali
capacità, senza aver paura di chiedere aiuto, attraverso un percorso anche assistito”.

A livello di potenziali soluzioni per un miglior apprendimento ci sono varie tecniche che potrebbero essere
utilizzate. Spesso infatti sono gli educatori e gli studenti stessi che possono aiutare a sviluppare varie
tipologie di strumenti a livello didattico, che vadano a compensare. Ad esempio l’uso di un registratore:
Molti problemi con i materiali scolastici sono collegati alla difficoltà nella lettura e questo andrebbe a
ridurli.

L’insegnante può inoltre aiutare sottolineando o evidenziando le parti significative delle indicazioni del
compito, perché contengono spesso parecchie unità di informazioni in un unico paragrafo. Questo può
essere opprimente per molti studenti.

Alcuni materiali invece non prevedono abbastanza attività pratiche per far sì che gli studenti con difficoltà
abbiano padronanza nelle abilità prefissate. Gli esercizi pratici raccomandati sono attività di insegnamento
tra pari, uso di materiali che si autocorreggono, programmi software per il computer e fogli di lavoro
aggiuntivi. Infine, potrebbe aiutare l’alunno avere un glossario suddiviso per aree di contenuto, con il
lessico specifico di ogni disciplina e le relative definizioni.

Un’altra soluzione possibile è adottare procedure di insegnamento esplicite: gli insegnanti possono
includere passaggi di insegnamento espliciti all’interno delle loro lezioni (ad esempio dimostrando le abilità,
dando delle guide pratiche). Infine per aiutare anche l’organizzazione dell’alunno, sarebbe opportuno
mantenere delle routine giornaliere e fargli utilizzare calendari e agende per le varie scadenze.

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