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Questi alunni se frequentano le scuole secondarie spesso abbandonano la scuola prima della
fine dell’anno.Il fenomeno dell’ abbandono scolastico e della dispersione è un fatto molto
preoccupante(drop-outs),secondo i dati del MIUR in Italia la dispersione scolastica arriva al
17,6% e nell’Unione Europea al 14,1%.
Questi dati mostrano un diffuso malessere. Nonostante questa problematica stia assumendo
connotazioni davvero preoccupanti, si sta facendo ben poco per affrontare e risolvere il
problema: c’è molto disinteresse soprattutto da parte dei docenti (se un alunno che presenta
problemi non è certificato e affidato a un insegnante di sostegno non viene nemmeno
considerato e si ricorre alla bocciatura).
È necessario focalizzare l’attenzione sulla qualità della vita scolastica, che deve essere
favorita non solo agli allievi senza difficoltà, ma per tutti , il sistema deve funzionare in
maniera tale che l’accoglienza dell’allievo, la presa in carico da parte della scuola, la
programmazione della didattica, le relazioni, le verifiche, i rapporti con i genitori e con i
servizi del territorio, possano essere coordinati in un’azione di qualità che diventi totale.
Infatti, se una scuola fa in modo che le potenzialità dell'alunno si esprimano in tutti i
contesti scolastici, i risultati concreti saranno positivi e avranno anche delle benefiche
conseguenze sul soggetto con difficoltà.
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La qualità scolastica influisce anche sulla relazione interpersonale educatore-educando.Ogni
persona per offrire il meglio di sé ha bisogno di sentirsi accettata, rispettata nelle proprie
idee.. Le relazioni che l’insegnante sa generare in classe e con il singolo allievo assumono
un ruolo decisivo nella creazione di benessere.
La scuola di Palo Alto ha fatto degli studi in merito ,ed è emerso che, i problemi relazionali
sono la conseguenza di un sistema di relazioni e non una colpa dell’individuo.
Le ricerche effettuate in tutto il mondo ci dicono che con il soggetto problematico è
essenziale la relazione, l’incontro vero, carico di autenticità e rispetto che contraddistingue
la relazione educatore – educando.
Non è possibile che l’uomo possa essere motivato a soddisfare i bisogni di crescita se prima
non ha soddisfatto i bisogni di mancanza. Afferma inoltre che solamente quei soggetti che
hanno appagato quei bisogni di mancanza sono in possesso di tutti i requisiti per effettuare
scelte oculate per la propria esistenza personale e sociale, mentre, coloro i quali non
riescono a risolvere i bisogni primari sono candidati a un’esistenza problematica perché
impossibilitati a compiere scelte adeguate.
Ha elaborato tesi su questi comportamenti problematici,se una persona avverte dei pericoli
che minacciano il suo equilibrio psicofisico reagisce chiudendosi in sé per cercare sicurezza.
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-Robert W.White elabora il bisogno di competenza (o di efficacia) :è un impulso psichico
che dirige e incanala in gran parte i processi decisionali comportamentali. Ogni persona in
età evolutiva è spinta a interessarsi e ad apprendere i dettami necessari all’inserimento
proficuo in un determinato ambiente socio-culturale dal bisogno di sentirsi efficace nei
confronti della realtà.
-E.L. Deci elabora il bisogno di competenza(esigenza di sentirsi capace di esercitare un
ruolo attivo), deve essere salvaguardato anche nella scuola, se un allievo sperimenta sempre
il fallimento a scuola sarà costretto ad assumere comportamenti che possano soddisfare il
suo bisogno di competenza ed inizierà ad adottare comportamenti o atteggiamenti di sfida o
di chiusura, di non rispetto delle regole o di devianza in maniera tale da accrescere il senso
di autoefficacia.
-Atkinson elabora il bisogno di successo in cui ogni persona vuole conseguire risultati
positivi nelle attività che è chiamata a svolgere e se ciò si realizza si ha un aumento della
motivazione.
-Ausubel afferma che il bisogno di affermazione personale ha un grande ruolo nella
motivazione al successo. L’affermazione personale va di pari passo con quella di successo.
Ausubel e Atkinson sottolineano la pericolosità dell’istanza,strettamente connessa al
bisogno di evitare l’insuccesso, i soggetti regrediscono all’angoscia di non stare al passo e
al pensiero di avere insuccessi.
Il bisogno di successo emerge soprattutto a scuola, anche se molti soggetti, invece, sono
costretti al fallimento.
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E’ fondamentale anche il bisogno di appartenenza: ogni persona per essere tale ha necessità
di essere ancorata agli altri. Questo bisogno è diretto al successo scolastico non come
possibilità di raggiungere un certo status ma perché garantisce l’approvazione di una
persona o gruppo di superiori con cui il soggetto si identifica in senso dipendente. E ‘
fondamentale la relazione con i superiori ma serve anche tra pari, in un gruppo classe dove
ci sono positive dinamiche relazionali.
I docenti per molti anni, sollecitati da precise direttive, hanno messo in atto tecniche di
programmazione e di valutazione, effettuato aggiornamenti e approfondimenti e si sono
adeguati alle prescrizioni ministeriali. Dopo aver fatto acquisire le competenze tecniche
indispensabili per l’insegnamento, non si è tenuto conto che l’educazione non si può ridurre
a questo è molto importante la motivazione personale dell’insegnante e se questa manca
l’insegnante si riduce a eseguire in classe solo un’azione istruttiva, asettica, priva di
intenzionalità educativa.
Walter Schraml mette in luce le dinamiche personali e le motivazioni che condizionano il
lavoro dell’educatore e dell’insegnante:
Bisogna avere motivazioni personali molto forti per poter operare con serenità specie
quando l’educatore non riesce a percepire quel sentimento di efficacia derivante dai risultati
positivi che riscontra nel proprio operare nonostante l’impegno e la disponibilità nel
rispettare le direttive tecniche proposte.
Per la crescita di un’ efficace motivazione è fondamentale anche la relazione con gli altri , se
ci sono delle relazioni significative tra i docenti si riescono anche a superare meglio i
momenti di scoraggiamento dovuti alle mille problematiche esistenti nel lavoro didattico.
È fondamentale anche l’azione delle autorità direttive, hanno responsabilità nel sollecitare
adeguatamente i docenti, nell’appoggiare la loro azione formativa, nel favorire gli incontri
di gruppo e nel suscitare la volontà di cooperare, infatti l’attività del dirigente scolastico è
fondamentale.
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Capitolo 2. PRINCIPI E STRATEGIE PEDAGOGICHE
Si parla di educazione sin dai primi momenti di vita del bambino.Quando si esaminano le
tematiche in ambito pedagogico concreto bisogna affrontare le incognite dell’
apprendimento.
Conseguenze… sull’istruzione
Per Skinner l’insegnamento ha la funzione di favorire l’apprendimento e le acquisizioni
idonee al fine di accelerare un inserimento socio – culturale proficuo. Dalle sue convinzioni
sull’apprendimento nasce l’idea dell’ISTRUZIONE PROGRAMMATA cioè il bisogno di
pensare in modo analitico al fatto educativo, l’esigenza di pensare e pianificare l’azione
didattica, sono idee assunte in tutti i contesti formativi e scolastici.
Un altro campo in cui la teoria comportamentista ha trovato sviluppo è quello relativo alla
sua applicazione in contesti di DEVIANZA, DISADATTAMENTO e DISABILITA’
MENTALE e in questi ambiti si usa il termine di MODIFICAZIONE DEL
COMPORTAMENTO per indicare un metodo di insegnamento.L’obiettivo è quello di
cambiare il comportamento inadeguato del soggetto in modo tale che possa apprendere un
comportamento idoneo. Per fare ciò vengono impiegate le tecniche comportamentiste.
2. Il cognitivismo
Le teorie cognitiviste spaziano dai problemi neurologici a quelli educativi, da quelli
psicologici a quelli linguistici fino ad abbracciare una prospettiva informatica e
computazionale. Il filo conduttore che unisce queste prospettive di ricerca è la motivazione a
capire come avviene la conoscenza nell’uomo.
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L’approccio cognitivista si interessa e cerca di mettere in luce quei processi e quelle
rappresentazioni di CONOSCENZE che sono difficilmente osservabili in modo manifesto
perché si desumono da altre manifestazioni comportamentali. Per i cognitivisti è importante
L’ORGANIZZAZIONE INTERNA MENTALE che promuove tali atteggiamenti manifesti.
il cognitivismo con il suo approccio ideale alle problematiche della conoscenza umana ha
apportato in campo pedagogico un’innovazione nella progettazione educativa e didattica e
con l’avvento della prospettiva cognitivista la progettazione educativa sposta gli interessi e
gli obiettivi sulle rappresentazioni interne e sui processi intellettivi necessari a un corretto
apprendimento, da attivare con un’adeguata azione educativa; mentre prima la prospettiva
behaviorista sollecitava l’educatore a interessarsi del comportamento e delle azioni
manifeste del soggetto.
Il cognitivismo secondo Gardner nasce negli anni ’50, quando la psicologia si stava
muovendo lungo diverse direttive di ricerca, una delle quali aveva come scopo comprendere
se la mente umana potesse essere paragonata a un computer.
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Le strategie cognitive potrebbero essere raggruppate in 4 famiglie:
3. Il costruttivismo piagetiano
PIAGET sosteneva che lo sviluppo sia caratterizzato da una costruzione attiva della
conoscenza e il bambino agisce intenzionalmente sull’esistenza e opera con la
RAZIONALITA’ in suo possesso. Gli stadi di accrescimento necessari allo sviluppo
dell’uomo condizionano fortemente l’apprendimento. L’evoluzione mentale, la maturazione
intellettiva, consistono nello sviluppo graduale, sequenziale e logico di numerosi schemi.
HANS AEBLI cerca di applicare e tradurre in ambito didattico i dettami psicologici della
teoria piagetiana.
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● L’insegnante deve essere attento all’ INTERIORIZZAZIONE da parte del discente
con attività pratiche, sollecitando l’allievo a ripensare le azioni effettuate e
ricostruendo la rappresentazione sotto forma interiorizzata.
4. La corrente umanistica
Ciò che unisce questi studiosi è una visione dell’uomo come essere POSITIVO, ricco di
risorse significative, teso alla conquista e all’espansione delle proprie potenzialità e un
rispetto assoluto per tutto ciò che concerne lo sviluppo di una personalità sana, equilibrata,
volta al possesso della propria umanità e al raggiungimento della libertà individuale.
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L’uomo è un essere che progredisce verso mete e progetti, verso un’AUTOREGOLAZIONE
della propria esistenza l’apprendimento viene concepito come APPRENDIMENTO
BIOGRAFICO poiché si apprende solo ciò che si è disposti ad acquisire intenzionalmente
A. ha dunque una concezione dell’Io molto alta. L’Io concorre in modo profondo a definire
l’ambito della conoscenza e degli interessi personali.
Un altro aspetto che per lui caratterizza la crescita della personalità umana è l’adesione
dell’individuo a valori sociali e religiosi.
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formare l’uomo, o piuttosto guidare lo sviluppo dinamico per mezzo del quale l’uomo forma
sé stesso a essere uomo. L’educazione deve istruire, ispirare, disciplinare e purificare,
ammaestrare e illuminare in modo tale che l’uomo nelle sue attività diminuisca il peso delle
tendenze egoistiche e aumenti invece il peso delle aspirazioni proprie alla personalità e alla
sua generosità spirituale Per ottenere questo Maritain propone che nell’ educando siano
favorite 5 disposizioni fondamentali:
È indispensabile inoltre che l’educatore cerchi di portare a UNITA’ tutte le abilità dell’uomo
l’uomo è unità e bisogna ricondurre tutto a questo principio fondamentale anche se il mondo
moderno, le conquiste della scienza sempre più varie e complesse, non favoriscono questo
fondamento.
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5. obiettivi > il sogg. viene sollecitato ad apprendere uno schema cognitivo utile a
definire la meta un'azione
6. pianificare > per apprendere a progettare adeguatamente le soluzioni > analisi di
obiettivi, conseguenze, fattori, idee
7. priorità > il sogg. viene aiutato a collocare su una scala di valori le opportunità dell'azione
8. alternative > vaglio delle possibili alternative
9. altri punti di vista > per comprendere l'importanza di usare uno schema cognitivo
necessario per guidare il valore positivo che possono avere le opinioni altrui.
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5. strategia ADI (accordo, disaccordo, irrilevanza): per comprendere i punti decisivi di
accordo o meno relativi ad una discussione, dove l'altro non è un antagonista, ma ha
dignità e rispetto.
6. dimostrare la ragione: comprende le strategie di “spiegare” (tutto ciò che viene usato
per provare un punto di vista), “fare riferimento” ( collegare o richiamare le ragioni
delle nostre tesi a fonti esterne di supporto) e quelle di “denominare” (bisogno di
etichettare una situazione) e “giudicare” (mette in evidenza il fatto che i giudizi sono
spesso distruttivi se non veicolati da atteggiamenti e parole rispettose della dignità
altrui).
7. riconoscere il torto: comprende le strategie di “esagerare”, “omettere” e “errore”,
“pregiudizio”
Per svilupparlo si sollecita il soggetto a sviluppare una strategia di pensiero nuova, partendo
da un'idea conosciuta per arrivare ad un territorio inesplorato. Una tecnica do sollecitazione:
“parola a caso”. Il soggetto viene ad acquisire la strategia della “sfida concettuale” che
consiste nel prender visione di concetti, opinioni, convincimenti e sfidarne le idee alla base.
È necessario comprendere l'idea dominante, così come definire il problema. Infine, per
acquisire l'abilità del pensiero laterale, il soggetto deve apprendere la capacità di: eliminare
gli errori, associare i vari aspetti presenti nelle idee, chiarire le esigenze di ciascuna opinione
e valutare adeguatamente i risultati.
I METODI che ogni soggetto mette in gioco per apprendere le nozioni sufficienti a un
inserimento sociale e professionale proficuo sono sostanzialmente 2:
1. METODO UDITIVO si richiamano alla mente immagini VERBALI delle parole
utili, sotto forma di linguaggio interiore.
2. METODO VISIVO si richiamano alla mente immagini figurate
Secondo lui esiste una tendenza innata nelle persone ad acquisire un’abitudine evocativa:
ogni individuo possiede una forma fondamentale di abitudine evocativa che chiama
MADRELINGUA PEDAGOGICA differenziandola dall’altra forma evocativa denominata
SECONDA LINGUA PEDAGOGICA una persona, pur possedendo innatamente
un’abitudine evocativa precisa (uditiva o visiva), può apprendere anche l’altra e quindi
completare le sue abilità mentali. Il problema delle ATTITUDINI SCOLASTICHE è
strettamente legato a queste tesi
le attitudini derivano dalle abitudini evocative e non sono innate nell’individuo
se un allievo non dimostra una particolare predisposizione per una data disciplina in realtà
non è perché non ha le abilità necessarie per riuscire bene in quella disciplina ma è per
mancanza di conoscenze di come metterle in pratica.
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Da questa tesi emerge che l’educatore, prima di attivare la sua azione formativa, è
necessario conosca:
● Il SUO PROFILO PEDAGOGICO conoscere sé stessi significa riconsiderare le
competenze acquisite alla luce delle abitudini evocative e della seconda lingua
pedagogica.
● IL PROFILO PEDAGOGIO DEI SUOI ALLIEVI solo con un’accurata
conoscenza delle abitudini evocative degli allievi si possono impostare azioni
educative e metodologiche adeguate alle esigenze di ogni soggetto.
3.1 Le difficoltà
Barth analizza i motivi degli insuccessi scolastici e le difficoltà che i soggetti incontrano
nell’acquisizione dei contenuti delle varie discipline. 2 tipi di difficoltà:
1. RELATIVA ALLA STRUTTURA DEL SAPERE.
2. LIVELLO DEL PROCESSO INTELLETTUALE.
Le due difficoltà sono strettamente correlate in quanto, per acquisire nuove conoscenze,
bisogna rendersi conto della natura del problema che si incontra e successivamente delle
strategie necessarie alla sua soluzione. Spesso gli allievi non posseggono gli strumenti
mentali per risolvere queste due istanze.
L’educatore deve seguire l’allievo nello sviluppo delle abilità mentali e divenire una guida
necessaria all’acquisizione dei processi cognitivi basilari per l' apprendimento della capacità
di astrazione, punto finale dello sviluppo intellettivo. In questo sostegno il ruolo affettivo è
decisivo ma lo sono anche l’impegno, l’interesse, il coinvolgimento da parte degli allievi nei
processi scolastici.
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3.2 Il cognitivo
Prendendo spunto da Bruner la Barth afferma che quando si apprende si acquisiscono dei
CONCETTI (= PENSIERI ASTRATTI) indicati tramite una parola che designa un elenco di
attributi e che è suscettibile di essere applicata a degli esempi. La formazione dei concetti
avviene in modo spontaneo nelle persone. Anche l’acquisizione dei concetti avviene molto
presto, ma si differenzia in quanto il soggetto, per acquisire un concetto, deve imparare a
raggruppare le qualità e gli attributi secondo regole ideate da altri.
3.3 L’insegnamento
La studiosa propone una METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO divisa in 3 fasi:
1. OSSERVAZIONE ED ESPLORAZIONE occorre che l’insegnante strutturi il
compito motivando il soggetto all’apprendimento, suscitando in lui la voglia di
imparare l’argomento proposto. Prerequisito per sollecitare la motivazione
all’impegno cognitivo è che l’allievo sappia di poter commettere sbagli, errori,
inesattezze. Occorre dunque instaurare un clima di libertà nella ricerca di soluzioni
senza l’assillo della sanzione o valutazione. Alcuni modi per guidare l’allievo
possono essere le domande di chiarimento e le definizioni.
2. RAPPRESENTAZIONE MENTALE scopo: verificare l’apprendimento mentre il
processo si sta compiendo, permettendo così all’insegnante di offrire gli opportuni
chiarimenti al discente.
3. VALUTAZIONE FINALE scopo: verificare che l’apprendimento sia avvenuto. La
valutazione deve avvenire tenendo conto di 3 elementi che compongono un concetto:
gli esempi di riferimento, le qualità distinguibili in esso e l’etichetta che lo definisce.
Un ulteriore passo consiste nel valutare se il soggetto non solo ha acquisito il
concetto, ma anche se riesce ad attuare il transfer dello stesso in altre situazioni.
L'obiettivo è desumere le direttive pedagogiche utili allo sviluppo cognitivo verso l'
ASTRAZIONE.
L'iter cognitivo essenziale per arrivare all'acquisizione del concetto: percezione, confronto,
inferenza, ipotesi, verifica. Dall'astrazione è poi necessario il ruolo dell'educatore che deve
sollecitare l'individuo alla generalizzazione (non avviene in automatico).
La Barth propone un modello pedagogico dal quale emergono due modalità di trattamento
dell'informazione: modo analitico e modo globale. Il metodo di insegnamento deve
implicare entrambe le modalità in un processo di alternanza simultanea.
STIMOLO-MEDIAZIONE-ORGANISMO-MEDIAZIONE-RISPOSTA
L’insegnante, nella sua azione, deve avere ben chiari i criteri relativi all’apprendimento mediato:
● INTENZIONALITA’ EDUCATIVA principio di approccio relazionale a tutta
l’esperienza formativa.
● TRASCENDENZA DELL’ATTO EDUCATIVO la proposta e l’impegno cognitivo
non hanno scopo immediato ma vengono programmati.
● SIGNIFICATO e motivazione conseguente che l’atto educativo deve sempre
manifestare al discente che apprende.
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Il programma è basato su una concezione molto precisa dello sviluppo intellettivo che
considera l’ INTELLIGENZA come il RISULTATO DI UNA COMPLESSA
COMBINAZIONE DI INFLUENZE GENETICHE E AMBIENTALI.
5.1 L’organizzazione
Il programma è formato da 7 unità cognitive:
1. AUTOREGOLAZIONE i soggetti imparano a controllare il proprio corpo anche in
contesti sociali.
2. CONCETTI NUMERICI vengono introdotti i prerequisiti fondamentali
all’apprendimento del concetto di quantità.
3. COMPARAZIONE individuare similitudini e differenze.
4. COMPRENSIONE DEI RUOLI
5. CLASSIFICAZIONE il discente impara a classificare in 3 dimensioni: colore,
grandezza e forma.
6. SEQUENZE E MODELLI gli allievi apprendono l'importanza di seguire i modelli
presenti nell’ambiente e le sequenze per raggiungere determinati obiettivi.
7. CONCETTI DI FIGURA – LETTERA gli alunni apprendono i prerequisiti
necessari all’apprendimento delle lettere dell’alfabeto.
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Capitolo 4. LE TECNICHE NELLA PRASSI EDUCATIVA DELL’ALLIEVO
PROBLEMATICO
Prendersi carico di chi si trova in una situazione di disagio, disadattamento o devianza
significa, in campo educativo, possedere le competenze necessarie per poter affrontare e
risolvere i problemi che le persone presentano.
1. Mastery Learning
=APPRENDIMENTO DELLA PADRONANZA se si riescono a offrire le condizioni adatte
il 90 – 95% degli studenti riesce a padroneggiare la maggior parte degli obiettivi, mentre il
restante 5 – 10% non ci riesce si cerca di capire perché alcuni studenti non riescono a
raggiungere la padronanza e quale possa essere la soluzione.
Il M.L. propone 3 concetti funzionali nella prassi didattica con il diverso:
1. Tutti i discenti hanno il diritto di raggiungere le mete educative e disciplinari previste
nel curriculum di studi.
2. I tempi di apprendimento non sono simili per ciascun allievo.
3. È necessario predisporre degli itinerari formativi individualizzati.
Strettamente connesse tra di loro un’istruzione può essere definita di qualità se è progettata
in maniera tale da essere funzionale alle abilità di apprendimento del discente.
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Fondamentale in questo contesto è la frequenza dei successi scolastici e quindi delle
gratificazioni personali che l’allievo riceve nel percorso formativo, funzionali alla sua
crescita motivazionale.
2. Gentle Teaching
È un approccio metodologico alla RISOLUZIONE DELLE PROBLEMATICHE
COMPORTAMENTALI.
I sostenitori criticano ogni metodologia che non rispetti l’uomo in tutta la sua globalità
(come la teoria comportamentista).
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scolastico o nelle problematiche socio – ambientali che il soggetto
involontariamente porta in classe.
2. Approfondire se il problema è reale e giustificato.
3. Trovare possibili soluzioni al problema e valutare se la soluzione scelta sia
stata efficace.
4. L’automonitoraggio
Con l’ automonitoraggio i discenti sono sollecitati a prendere coscienza delle proprie abilità
e degli apprendimenti ottenuti grazie al loro impegno personale. Infatti questa tecnica
prevede che il discente autonomamente valutati, su apposite schede di verifica o su registri, i
propri apprendimenti o atteggiamenti.
L' automonitoraggio favorisce il processo di consapevolezza riflessiva.
Il compito dell’educazione è infatti quello di EDUCARE ALL’AUTOCOSCIENZA.
6. Istruzione consequenziale
È una metodologia di conduzione unitaria dei processi educativo – didattici dove tutti gli
insegnanti implicati nelle attività con il discente lavorano in stretta collaborazione e unità
d’intenti sia per quanto concerne il programma da eseguire sia per quanto riguarda le
tecniche da usare bisogna porre molta attenzione sulla PROGETTAZIONE DEL
PROGRAMMA da somministrare all' educando.
In questa metodologia didattica è costantemente contemplata la sollecitazione complessiva e
consequenziale delle capacità e delle strategie apprese.
L’istruzione consequenziale consente ai soggetti problematici di:
● Aumentare il proprio impegno scolastico.
● Capire che tutto ciò che si propone a scuola ha un senso e uno scopo chiaro.
● Maturare e proiettare il proprio pensiero in un futuro adeguato legato alla propria
esperienza di vita.
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7. Problem solving
La nostra è una società che richiede un’alta capacità di risolvere problemi è necessario
impostare attività didattiche e processi educativi dove venga previsto il problem solving.
GAGNE’EAUSUBEL 4 fasi caratterizzano il processo di soluzione dei problemi:
● PRESENZA DEL PROBLEMA che crea nel soggetto uno stato di disagio.
● Inizio del processo di ricerca della SOLUZIONE più idonea.
● PROGETTAZIONE DELL’IPOTESI da sperimentare per la risoluzione della
questione.
● VERIFICA indispensabile per capire se la soluzione ideata ha avuto il suo impatto
positivo o meno.
Il soggetto con problemi di fronte alle difficoltà invece di trovare la motivazione che lo
spinga a superare questa difficoltà abbandona è qui che l’intervento e la mediazione
dell’insegnante è essenziale bisogna insegnare ad analizzare, a notare gli elementi essenziali
di ogni avvenimento, così come è necessario sollecitare gli allievi a estrapolare dal proprio
bagaglio cognitivo i concetti e le operazioni mentali più consone alle situazioni che vengono
sperimentate.
8. Tecniche specifiche
Tecniche proficue nell’educazione del soggetto diverso e funzionali al raggiungimento di
determinati obiettivi:
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8.3 La tecnica dell’oggetto mancante
È una tecnica che serve a favorire nell’allievo con grossi problemi cognitivi l’espressione
spontanea di richieste personali. Essa consiste nella progettazione di situazioni di vita dove
l’insegnante deliberatamente dimentica di inserire una importante situazione dell’attività
coinvolta.
Scopo: osservare se il soggetto si accorge del fatto mancante e quindi favorire la capacità di
richiesta spontanea.
L’allievo non solo deve rendersi conto dell’incompletezza dell’attività proposta, ma è
sollecitato a prendere coraggio e a chiedere conto dell’anomalia riscontrata. Con questa
tecnica molti allievi ansiosi, introversi, timorosi con problemi relazionali evidenti possono
migliorare i rapporti interpersonali e vincere le proprie timidezze e ritrosie.
Dalle ricerche emerge che gli studenti che effettuano un training di insegnamento con questi
metodi eseguono meglio le loro performance scolastiche rispetto ad altri soggetti che non
hanno avuto la possibilità di affrontare queste strategie d’apprendimento.
10.2 Prompting
Utilizzo di aiuti (promps), lo scopo è far sì che il soggetto riesca ad essere autonomo
nell’esecuzione del compito, anche per mezzo di aiuti che dovranno sempre di più attenuarsi
fino a scomparire del tutto.
I promps possono essere di tipo verbale, manuale ed imitativo.
10.3 Chaining
Il soggetto deve essere in grado di apprendere una catena di sequenze di atti ben precisa per
padroneggiare l’obiettivo in questione. Il chaining o concatenamento consiste infatti nella
capacità di apprendere tutta la sequenzialità dei passaggi funzionali affinché l’obiettivo
venga raggiunto.
10.4 Shaping
Tecnica di “approssimazione graduale” che prevede il rinforzo iniziale di comportamenti e
apprendimenti non completamente corretti che il discente mette in atto durante lo sforzo di
acquisizione dell’obiettivo previsto. Lo shaping (modellaggio) può essere effettuato anche
programmando una gradualità delle difficoltà che il soggetto incontra nell’esecuzione del
compito.
10.5 Rinforzi
Per il comportamentismo è indispensabile dare rinforzi, feedback, ricompense concrete
quando gli alunni riescono a raggiungere l’obiettivo desiderato. Attraverso l’uso corretto dei
rinforzi un comportamento può essere aumentato o diminuito ogni azione ha delle
conseguenze:
● Se sono positive ciò permetterà al soggetto di proseguire con fiducia e di aumentare
così il comportamento corretto.
● Se sono negative queste azioni saranno necessariamente modificate o si
estingueranno non essendo fonti di rinforzo convenienti per il soggetto.
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11. Tecniche particolari per favorire l’attenzione
La capacità di attenzione è un prerequisito fondamentale per ogni tipo di apprendimento.
Le difficoltà a mantenere l’attenzione:
● Scarsa motivazione verso il compito assegnato o all’argomento.
● Il discente vuole attrarre l’interesse sulla sua persona. Questo è frequente soprattutto
se nei legami il soggetto soffre di deprivazione affettiva.
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1.Unitarietà d’intenti
Per poter offrire a tutti gli utenti un buon servizio è necessario che tutti lavorino in stretta
collaborazione con una profonda unità di intenti, in questo senso il dirigente scolastico
deve promuovere, indirizzare e sollecitare, tutto deve muoversi in UNITA’, ogni azione
deve avere lo scopo di soddisfare il bisogno di ogni allievo di trovare un posto, un ruolo e
una funzione fin dai primi momenti in cui incontra l’istituzione scolastica. È Fondamentale
il lavoro di equipe,non si può lavorare in autonomia.
Un’altra variabile che incide sul lavoro di équipe è l’ informazione e il dirigente scolastico
ne deve essere il promotore. Il passaggio corretto delle informazioni rappresenta un’ azione
formativa di qualità volta a operare con i soggetti problematici.
È molto importante che l’autorità direttiva faccia sentire la sua presenza agli insegnanti non
solo per le questioni burocratiche, ma anche per i problemi educativi:
● Deve conoscere le questioni difficili che riguardano gli allievi e può indirizzare le
metodologie più idonee alla risoluzione delle problematiche che emergono in classe.
● La sua azione è decisiva quando si devono affrontare e risolvere le problematiche nel
rapporto fra genitori e docenti. Inoltre può permettere l'incontro personale con il
singolo allievo, poiché quest’ultimo può confidarsi più facilmente ad un’autorità
esterna al professore.
2.Accoglienza e accompagnamento
L’accoglienza è utile per iniziare un percorso collaborativo tra scuola e famiglia, funzionale
alle esigenze formative dell'alunno problematico. Per poter avviare una relazione con questi
allievi è necessario che i primi approcci istituzionali siano il più possibile sereni e
improntati sul rispetto reciproco. Ciò avviene in primo luogo con la famiglia, i primi contatti
scuola – famiglia sono molto delicati e possono compromettere, se non sono ben condotti,
l’atteggiamento verso l’intera esperienza scolastica dell’allievo, è per cui importante che
l’accoglienza sia impostata su solide basi relazionali; solo in questo modo l’accoglienza
potrà evolversi in accompagnamento.
L’accompagnamento sono tutte quelle azioni volte a seguire con attenzione e costanza l’iter
dell’esperienza educativa del soggetto problematico. Ogni educatore, per predisporre un
programma adeguato ai ritmi e alle potenzialità evolutive individuali dell’alunno, deve
considerare la persona per ciò che è, per ciò che ha in termini di esperienze cognitive,
conoscenze individuali e capacità pratiche già acquisite. Per reperire queste informazioni
bisogna coinvolgere non solo la famiglia ma anche gli insegnanti della scuola di
provenienza, l’assistente sociale, lo psicologo, il neuropsichiatra infantile,gruppi
giovanili,animatori.Bisogna inoltre conoscere le abilità acquisite , le capacità relazionali, le
potenzialità,l’ambiente familiare in cui vive. Fondamentale è l’accompagnamento, anche
per instaurare contatti collaborativi efficaci tra componenti socio-ambientali-sanitari.
L’accoglienza e l’accompagnamento avverranno anche nel primo giorno di scuola del
soggetto problematico,l'accoglienza dovrà essere positiva, e l'accompagnamento dovrà
avvenire da un insegnante che tenterà l’aggancio affettivo-relazionale ,sarà colui che
accompagnerà il discente in tutta l’esperienza formativa.
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3 La figura dell’insegnante – tutore (paola)
Per una corretta azione formativa è necessario che questi allievi instaurino un rapporto
relazionale solido con un INSEGNANTE – TUTORE i discenti problematici hanno
bisogno di una figura educativa di riferimento che risulta decisiva soprattutto nei momenti di
crisi o difficoltà. Il tutor svolge una funzione importante anche nei confronti dell’intera
istituzione scolastica in quanto può chiarire eventuali controversie suscitate dal
comportamento stesso del soggetto o da qualche docente.
Questo rapporto tutore – allievo deve essere continuativo in modo tale da permettere al
soggetto di affezionarsi alla persona adulta e di acquisirne i valori espressi con la sua azione.
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intellettiva di analizzare la situazione iniziale problematica verificandone tutti gli aspetti
implicati.
Prima di tutto, quando l’insegnante propone un contenuto da far acquisire allo studente
problematico, occorre:
1. Presentare la STRUTTURA ORGANIZZATIVA di tale argomento.
2. L’allievo deve essere sollecitato a valutare un possibile modo alternativo di
organizzare il contenuto proposto per sollecitare questa ATTIVITA’ DI
ELABORAZIONE MENTALE è molto indicato insegnare ai soggetti
problematici a schematizzare in griglie semplici le informazioni derivanti da
una vicenda accaduta, da un avvenimento visto in TV o da un testo scritto e
aiutarlo ad acquisire una CAPACITA’ RIFLESSIVA che gli permetta di
riflettere sul problema in oggetto. Per acquisire questa capacità occorre:
-analizzare gli aspetti positivi e negativi delle varie ipotesi ideate.
-prevedere le conseguenze che esse possono scaturire.
-scegliere la soluzione che appare più adeguata.
6. Essere affascinanti
Essere affascinanti, avvincenti nelle cose che si propongono è un prerequisito indispensabile
nell’opera educativa con soggetti problematici l’educatore deve cercare di pianificare
un’azione didattica tale che possa suscitare immediatamente l’interesse nell’allievo.
Deve conquistare la sua attenzione con gesti e azioni al di fuori dei normali canoni di
istruzione verbale deve predisporre UN’AZIONE FORMATIVA INNOVATIVA che
contempli metodi e contenuti che si scostano dalle normali esperienze di apprendimento
scolastico come l’uso di supporto video – film, le visite fuori dalla scuola, l’intervento di
esperti che completino in classe gli argomenti scelti per il programma, i lavori di gruppo, e
fare ricorso a strumenti didattici alternativi che possano aiutare nelle attività formative,
come computer o tablet.
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La valutazione
E' la terza fase del processo di pianificazione di un’azione formativa dopo il momento
progettistico e il processo formativo vero e proprio. Essa necessita di essere pianificata. 4
tappe vanno a formare un adeguato processo di valutazione o controllo di qualità efficace:
● DEFINIZIONE DEI PARAMETRI per controllare la qualità di un prodotto è
necessario definire in modo analitico quando un obiettivo può essere considerato
raggiunto dall’allievo.
● PIANIFICAZIONE DELLE PROVE DI VERIFICA occorre progettare delle prove
di verifica che offrano la possibilità di comprendere se l’obiettivo è stato raggiunto.
● VALUTAZIONE DELLE STESSE consiste nella formulazione di un giudizio. Gli
insegnanti sono chiamati a esprimere una valutazione dell'allievo, sui suoi
comportamenti, sulle conoscenze che ha acquisito e se sono stati raggiunti i livelli di
apprendimento ipotizzati nelle fasi precedenti.
● IL FEED-BACK O RETROAZIONE DEI RISULTATI il soggetto problematico ha
bisogno di conoscere i risultati del suo impegno, di continui feedback per capire se il
suo impegno ha un’evoluzione positiva e, allo stesso tempo, mantenere viva la spinta
motivazionale nel raggiungere la meta ipotizzata e concordata.
Elasticità e coinvolgimento
Fondamentale per l’azione metodologica è che l’iter formativo abbia come caratteristica l’elasticità
del suo ordinamento strutturale gli allievi, infatti, a seconda delle loro potenzialità, devono avere la
possibilità di accedere a PROGRAMMI FORMATIVI INDIVIDUALIZZATI; non è possibile
pensare che tutti gli allievi debbano acquisire gli stessi contenuti e conseguire determinati obiettivi
con i medesimi ritmi di apprendimento.
Per individualizzare l’azione didattica occorre il più possibile variare i materiali e i metodi
educativi da utilizzare in base alle esigenze degli allievi. L’allievo in ogni caso dovrà essere
un soggetto ATTIVO nel proprio progetto formativo, cioè dovrà essere continuamente
sollecitato a partecipare direttamente alle sue esperienze formative.
Un altro aspetto che occorre salvaguardare è anche il BISOGNO DI AUTODETERMINAZIONE.
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