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MARGINALITA’ E APPRENDIMENTO

Capitolo 1 BISOGNI, MOTIVAZIONI E TECNICHE NELLA PRASSI EDUCATIVA

1.Allievi diversi, difficili, problematici


Nelle scuole sta sempre di più emergendo il problema di quegli allievi che, pur possedendo
capacità cognitive nella norma:

● non riescono ad adattarsi ai consueti canoni di convivenza sociale delle agenzie


formative.
● non si impegnano nello studio.
● in classe manifestano comportamenti inadatti.

Questi alunni se frequentano le scuole secondarie spesso abbandonano la scuola prima della
fine dell’anno.Il fenomeno dell’ abbandono scolastico e della dispersione è un fatto molto
preoccupante(drop-outs),secondo i dati del MIUR in Italia la dispersione scolastica arriva al
17,6% e nell’Unione Europea al 14,1%.

Dai dati si ricava che:


● 1 ragazzo su 3 abbandona la scuola statale superiore italiana prima del dovuto.
● Quasi 3 milioni sono gli studenti italiani iscritti alle scuole superiori statali che non
hanno completato il corso di studi.
● Nel 2014 i ragazzi che hanno abbandonato gli studi della scuola secondaria superiore
sono circa il 27,9%.
● Il 15% dei ragazzi italiani nell’a.s. 2013/14 ha deciso di non frequentare più la scuola
dopo il primo biennio delle superiori.
● Le percentuali di abbandono cambiano a seconda degli indirizzi scolastici, negli
istituti professionali l’abbandono è più frequente che nei licei.
● Il problema della dispersione è comune in tutte le regioni italiane e il numero delle
bocciature è elevato.
● I giovani che non studiano e non lavorano in Italia sono oltre 2 milioni (24%).

Questi dati mostrano un diffuso malessere. Nonostante questa problematica stia assumendo
connotazioni davvero preoccupanti, si sta facendo ben poco per affrontare e risolvere il
problema: c’è molto disinteresse soprattutto da parte dei docenti (se un alunno che presenta
problemi non è certificato e affidato a un insegnante di sostegno non viene nemmeno
considerato e si ricorre alla bocciatura).
È necessario focalizzare l’attenzione sulla qualità della vita scolastica, che deve essere
favorita non solo agli allievi senza difficoltà, ma per tutti , il sistema deve funzionare in
maniera tale che l’accoglienza dell’allievo, la presa in carico da parte della scuola, la
programmazione della didattica, le relazioni, le verifiche, i rapporti con i genitori e con i
servizi del territorio, possano essere coordinati in un’azione di qualità che diventi totale.
Infatti, se una scuola fa in modo che le potenzialità dell'alunno si esprimano in tutti i
contesti scolastici, i risultati concreti saranno positivi e avranno anche delle benefiche
conseguenze sul soggetto con difficoltà.

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La qualità scolastica influisce anche sulla relazione interpersonale educatore-educando.Ogni
persona per offrire il meglio di sé ha bisogno di sentirsi accettata, rispettata nelle proprie
idee.. Le relazioni che l’insegnante sa generare in classe e con il singolo allievo assumono
un ruolo decisivo nella creazione di benessere.
La scuola di Palo Alto ha fatto degli studi in merito ,ed è emerso che, i problemi relazionali
sono la conseguenza di un sistema di relazioni e non una colpa dell’individuo.
Le ricerche effettuate in tutto il mondo ci dicono che con il soggetto problematico è
essenziale la relazione, l’incontro vero, carico di autenticità e rispetto che contraddistingue
la relazione educatore – educando.

2.La motivazione nei soggetti difficili


Esistono molti fattori che condizionano il processo educativo: affettivi, sociali, relazionali,
cognitivi. Per gli educatori di soggetti difficili è la motivazione l’aspetto più importante da
tenere in considerazione per ottenere risultati educativi soddisfacenti.
La motivazione deve nascere dal desiderio di mettere in pratica quello che sà nella vita.
La motivazione non è un comportamento, è un’astrazione, non possiamo osservarla. Non
è manifesta, non si nota, ma la si deve dedurre da altri comportamenti è necessario che
educatore e insegnante imparino a interpretare le azioni dell’educando per poter inferire i
nessi causali di determinati comportamenti disadattivi.
Chi interpreta però è sempre esposto da inconsapevoli presupposizioni mentali e dal
fraintendimento. Gadamer afferma che questo problema è risolvibile attraverso l’apertura
all’opinione altrui. L’apertura all’altro presuppone, oltre alla capacità di ascolto, un modo
d’essere teso alla disponibilità e all’accettazione, rimandando il giudizio

3.I bisogni motivanti


Nella didattica la motivazione influenza l’apprendimento e l’apprendimento stesso influenza
la motivazione ad esempio impostando in modo affascinante un determinato contenuto.
Maslow ha contribuito nella comprensione delle dinamiche motivazionali: nell’uomo ci
sono bisogni che vanno soddisfatti prima di altri. Esistono molteplici bisogni che guidano
l’agire umano e possono essere divisi in 2 categorie:
1. BISOGNI DI MANCANZA legati alla sfera della sopravvivenza psicofisica.
2. BISOGNI DI CRESCITA realizzazione di sé, conoscenza, comprensione, estetici.

Non è possibile che l’uomo possa essere motivato a soddisfare i bisogni di crescita se prima
non ha soddisfatto i bisogni di mancanza. Afferma inoltre che solamente quei soggetti che
hanno appagato quei bisogni di mancanza sono in possesso di tutti i requisiti per effettuare
scelte oculate per la propria esistenza personale e sociale, mentre, coloro i quali non
riescono a risolvere i bisogni primari sono candidati a un’esistenza problematica perché
impossibilitati a compiere scelte adeguate.

Ha elaborato tesi su questi comportamenti problematici,se una persona avverte dei pericoli
che minacciano il suo equilibrio psicofisico reagisce chiudendosi in sé per cercare sicurezza.

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-Robert W.White elabora il bisogno di competenza (o di efficacia) :è un impulso psichico
che dirige e incanala in gran parte i processi decisionali comportamentali. Ogni persona in
età evolutiva è spinta a interessarsi e ad apprendere i dettami necessari all’inserimento
proficuo in un determinato ambiente socio-culturale dal bisogno di sentirsi efficace nei
confronti della realtà.
-E.L. Deci elabora il bisogno di competenza(esigenza di sentirsi capace di esercitare un
ruolo attivo), deve essere salvaguardato anche nella scuola, se un allievo sperimenta sempre
il fallimento a scuola sarà costretto ad assumere comportamenti che possano soddisfare il
suo bisogno di competenza ed inizierà ad adottare comportamenti o atteggiamenti di sfida o
di chiusura, di non rispetto delle regole o di devianza in maniera tale da accrescere il senso
di autoefficacia.
-Atkinson elabora il bisogno di successo in cui ogni persona vuole conseguire risultati
positivi nelle attività che è chiamata a svolgere e se ciò si realizza si ha un aumento della
motivazione.
-Ausubel afferma che il bisogno di affermazione personale ha un grande ruolo nella
motivazione al successo. L’affermazione personale va di pari passo con quella di successo.
Ausubel e Atkinson sottolineano la pericolosità dell’istanza,strettamente connessa al
bisogno di evitare l’insuccesso, i soggetti regrediscono all’angoscia di non stare al passo e
al pensiero di avere insuccessi.
Il bisogno di successo emerge soprattutto a scuola, anche se molti soggetti, invece, sono
costretti al fallimento.

Deci e Ryan elaborano il bisogno di autodeterminazione, affermano che c’è una


propensione innata che spinge l’organismo ad assumere certi comportamenti sulla base delle
proprie scelte libere piuttosto che di imposizioni o coercizioni,ogni persona vive con disagio
quelle esperienze dove la propria affermazione soggettiva viene controllata da altre persone
o dall’ambiente stesso. Il bisogno di effettuare scelte libere è un’istanza che viene
continuamente frustrata a scuola (l’insegnante per tradizione effettua un controllo autoritario
sugli allievi e gli allievi possono sentirsi pressati dagli interventi direttivi dei prof)
A tal proposito Franta fa un elenco dei più comuni interventi direttivi inappropriati e quindi da
evitare:

1. Statement descrittivo sul comportamento deviante.


2. Appellarsi alle regole.
3. Ricordare avvenimenti passati.
4. Ordini, richieste e proibizioni.
5. Domande.
6. Minacce.
7. Svalutare, squalificare.
8. Rimprovero.
9. Istruire.
10. Sarcasmo e ironia.
L’insegnante può favorire il soddisfacimento del bisogno di autodeterminazione adottando
un coinvolgimento del soggetto a tutti i livelli: da quello relativo al programma
d’insegnamento, a quello valutativo e a livello disciplinare.

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E’ fondamentale anche il bisogno di appartenenza: ogni persona per essere tale ha necessità
di essere ancorata agli altri. Questo bisogno è diretto al successo scolastico non come
possibilità di raggiungere un certo status ma perché garantisce l’approvazione di una
persona o gruppo di superiori con cui il soggetto si identifica in senso dipendente. E ‘
fondamentale la relazione con i superiori ma serve anche tra pari, in un gruppo classe dove
ci sono positive dinamiche relazionali.

4.La motivazione negli educatori


Nell’animo di molti insegnanti ed si impone sempre di più un sentimento di DISAGIO che
si traduce spesso in:
● Una demotivazione nel “fare scuola” .
● Considerarsi vittime di un sistema burocratico che soffoca la “voglia di educare" che
va verso il cuore del problema educativo.

I docenti per molti anni, sollecitati da precise direttive, hanno messo in atto tecniche di
programmazione e di valutazione, effettuato aggiornamenti e approfondimenti e si sono
adeguati alle prescrizioni ministeriali. Dopo aver fatto acquisire le competenze tecniche
indispensabili per l’insegnamento, non si è tenuto conto che l’educazione non si può ridurre
a questo è molto importante la motivazione personale dell’insegnante e se questa manca
l’insegnante si riduce a eseguire in classe solo un’azione istruttiva, asettica, priva di
intenzionalità educativa.
Walter Schraml mette in luce le dinamiche personali e le motivazioni che condizionano il
lavoro dell’educatore e dell’insegnante:

● Possedere UN’IDENTITÀ PROFESSIONALE riconosciuta e percepire che il proprio


lavoro è stimato e condiviso dagli altri è fondamentale per poter operare in modo
adeguato.
● Il SENTIMENTO DI SODDISFAZIONE che scaturisce dai risultati evidenti e
positivi frutto del proprio operato.

Bisogna avere motivazioni personali molto forti per poter operare con serenità specie
quando l’educatore non riesce a percepire quel sentimento di efficacia derivante dai risultati
positivi che riscontra nel proprio operare nonostante l’impegno e la disponibilità nel
rispettare le direttive tecniche proposte.
Per la crescita di un’ efficace motivazione è fondamentale anche la relazione con gli altri , se
ci sono delle relazioni significative tra i docenti si riescono anche a superare meglio i
momenti di scoraggiamento dovuti alle mille problematiche esistenti nel lavoro didattico.
È fondamentale anche l’azione delle autorità direttive, hanno responsabilità nel sollecitare
adeguatamente i docenti, nell’appoggiare la loro azione formativa, nel favorire gli incontri
di gruppo e nel suscitare la volontà di cooperare, infatti l’attività del dirigente scolastico è
fondamentale.

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Capitolo 2. PRINCIPI E STRATEGIE PEDAGOGICHE
Si parla di educazione sin dai primi momenti di vita del bambino.Quando si esaminano le
tematiche in ambito pedagogico concreto bisogna affrontare le incognite dell’
apprendimento.

1.Il comportamentismo (o behaviorismo)


Nasce in America con John Watson e le sue ricerche sugli animali (1903). Da queste
scaturisce l’idea di base della scuola comportamentista , ossia che l’interesse dello
scienziato, dello psicologo, dell’educatore deve concentrarsi solo sul comportamento
manifesto dell’individuo.Sono importanti solo le azioni, i gesti e la condotta che l’uomo
assume in quanto solo questi possono essere osservati e degni di approfondimento
scientifico. Pavlov parlò con la sua teoria del condizionamento classico , di riflesso
condizionato non innato, cioè la possibilità di condizionare una risposta con stimoli
esterni. Secondo Skinner è possibile incidere sul comportamento di ogni individuo tramite
dei rinforzi (positivi o negativi)che il soggetto riceve in base alle proprie prestazioni.
quindi per lui il condizionamento classico di Pavlov non è sufficiente per spiegare come
vengono apprese nuove risposte perché si rinforzano i riflessi già posseduti . Per sapere
come avvengono gli apprendimenti bisogna fare riferimento a un altro tipo di meccanismo:
il condizionamento operante di Skinner, un organismo quando apprende opera
sull’ambiente e l’ambiente in cui il soggetto vive agisce in maniera tale da consolidare la
risposta corretta (tramite i rinforzi). Si aiuta a realizzare nuovi apprendimenti non compresi
nel corredo innato e alla fine il soggetto darà spontaneamente la risposta corretta in quanto
ha appreso cosa può ottenere tramite un determinato comportamento.

Conseguenze… sull’istruzione
Per Skinner l’insegnamento ha la funzione di favorire l’apprendimento e le acquisizioni
idonee al fine di accelerare un inserimento socio – culturale proficuo. Dalle sue convinzioni
sull’apprendimento nasce l’idea dell’ISTRUZIONE PROGRAMMATA cioè il bisogno di
pensare in modo analitico al fatto educativo, l’esigenza di pensare e pianificare l’azione
didattica, sono idee assunte in tutti i contesti formativi e scolastici.
Un altro campo in cui la teoria comportamentista ha trovato sviluppo è quello relativo alla
sua applicazione in contesti di DEVIANZA, DISADATTAMENTO e DISABILITA’
MENTALE e in questi ambiti si usa il termine di MODIFICAZIONE DEL
COMPORTAMENTO per indicare un metodo di insegnamento.L’obiettivo è quello di
cambiare il comportamento inadeguato del soggetto in modo tale che possa apprendere un
comportamento idoneo. Per fare ciò vengono impiegate le tecniche comportamentiste.

2. Il cognitivismo
Le teorie cognitiviste spaziano dai problemi neurologici a quelli educativi, da quelli
psicologici a quelli linguistici fino ad abbracciare una prospettiva informatica e
computazionale. Il filo conduttore che unisce queste prospettive di ricerca è la motivazione a
capire come avviene la conoscenza nell’uomo.

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L’approccio cognitivista si interessa e cerca di mettere in luce quei processi e quelle
rappresentazioni di CONOSCENZE che sono difficilmente osservabili in modo manifesto
perché si desumono da altre manifestazioni comportamentali. Per i cognitivisti è importante
L’ORGANIZZAZIONE INTERNA MENTALE che promuove tali atteggiamenti manifesti.

il cognitivismo con il suo approccio ideale alle problematiche della conoscenza umana ha
apportato in campo pedagogico un’innovazione nella progettazione educativa e didattica e
con l’avvento della prospettiva cognitivista la progettazione educativa sposta gli interessi e
gli obiettivi sulle rappresentazioni interne e sui processi intellettivi necessari a un corretto
apprendimento, da attivare con un’adeguata azione educativa; mentre prima la prospettiva
behaviorista sollecitava l’educatore a interessarsi del comportamento e delle azioni
manifeste del soggetto.

Il cognitivismo secondo Gardner nasce negli anni ’50, quando la psicologia si stava
muovendo lungo diverse direttive di ricerca, una delle quali aveva come scopo comprendere
se la mente umana potesse essere paragonata a un computer.

BRUNER JEROME fu il capostipite della corrente cognitivista ed evidenziò la necessità di


insegnare allo studente ad afferrare e acquisire le strutture portanti di una disciplina se
l’allievo riesce a comprendere i rapporti globali che fondano uno specifico campo di studio,
saprà in seguito ricordarsi meglio e capire in modo profondo i contenuti e le eventuali
applicazioni reali è necessario che l’insegnante programmi le discipline e predisponga le
attività in modo tale che gli allievi arrivino a risolvere i problemi e le questioni in modo
autonomo.

Il filo conduttore che unisce le ricerche in ambito cognitivo è la consapevolezza che l’


APPRENDIMENTO è UN’ATTIVITA’ MENTALE, UNA STRUTTURA INTERNA
DELLA CONOSCENZA.

Sono state identificate dagli psicologi cognitivisti 3 tipi di conoscenza:

1. DICHIARATIVA è la conoscenza di base che si può generare attraverso il


linguaggio ed è rappresentata nella memoria
2. PROCEDURALE permette di possedere l’ordine, i vari passaggi e i tempi implicati
in una determinata azione.
3. CONDIZIONALE descrive il contesto e le circostanze entro le quali un’azione è
appropriata.

Possiamo avere una conoscenza dichiarativa, procedurale e condizionale efficace solo se


siamo coscienti dei vari passaggi cognitivi necessari all’apprendimento. inoltre si parla di
metacognizione intendendo sia il fatto di essere consapevoli di come funzionano i processi
cognitivi, ma anche la capacità di progettare, controllare, porsi interrogativi e autodirigersi
nei processi cognitivi.

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Le strategie cognitive potrebbero essere raggruppate in 4 famiglie:

1. STRATEGIE DI RAGGRUPPAMENTO→ composta da strategie “organizzanti o


raggruppamenti".
Due classi di strategie:
● spazio – lineare, che comprende anche quelle temporali, procedurali, di
organizzazione logica
● di classificazione/categorizzazione della realtà

2. DI APPRENDIMENTO SPAZIALE→ 3 generi di strategie di apprendimento spaziale:


- di ordinamento strutturale si possono utilizzare per comprendere o trovare il contesto,
la struttura o lo schema cognitivo entro cui assimilare i fatti, i concetti e le idee. le
strutture di questo genere possono essere di due tipi:
- a griglia o matrice il soggetto deve immettere i dati acquisiti quasi meccanicamente.
- simile al precedente ma con la differenza che deve seguire una legge, un principio
base, per completare la griglia di riferimento predisposta.

3.DI COLLEGAMENTO→ comprende le “strategie di recupero” atte a richiamare alla


memoria ciò che si è acquisito precedentemente in modo tale da poter trasferire queste
conoscenze a nuovi apprendimenti e sono gli organizzatori avanzati e le metafore

DI PROPOSIZIONI GENERALI→ composta da strategie molto diverse tra loro.


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Quelle che assumono valenza educativa:
● strategie di ripetizione
● strategie di immagini aiutano il soggetto a richiamare alla mente avvenimenti
complessi e difficili da memorizzare.
● strategie mnemoniche per richiamare alla memoria specifici argomenti.

3. Il costruttivismo piagetiano
PIAGET sosteneva che lo sviluppo sia caratterizzato da una costruzione attiva della
conoscenza e il bambino agisce intenzionalmente sull’esistenza e opera con la
RAZIONALITA’ in suo possesso. Gli stadi di accrescimento necessari allo sviluppo
dell’uomo condizionano fortemente l’apprendimento. L’evoluzione mentale, la maturazione
intellettiva, consistono nello sviluppo graduale, sequenziale e logico di numerosi schemi.
HANS AEBLI cerca di applicare e tradurre in ambito didattico i dettami psicologici della
teoria piagetiana.

Per suscitare l’apprendimento bisogna programmare l’azione didattica in questo modo:


● Facendo in modo che l’alunno stesso costruisca da sé il proprio sapere tramite la sua
ATTIVITA’ DIRETTA. Il compito dell’educatore è quindi quello di impostare
l’attività didattica con materiali e oggetti utili a questo scopo, sempre rispettando il
livello intellettivo e il grado di sviluppo del pensiero del discente.
● ESSERE MOLTO CHIARI nell’esposizione di un problema.

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● L’insegnante deve essere attento all’ INTERIORIZZAZIONE da parte del discente
con attività pratiche, sollecitando l’allievo a ripensare le azioni effettuate e
ricostruendo la rappresentazione sotto forma interiorizzata.

Un altro contributo è quello di FURTH e WACHS e secondo loro si possono ricavare 7


principi cardini della teoria di Piaget utili e funzionali al piano educativo:

1. Lo sviluppo generale dell’ INTELLIGENZA, che è la base su cui poggia ogni


specifico apprendimento.
2. La concezione INTERAZIONISTA dello sviluppo: l’ambiente sociale in cui vive il
soggetto e la sua maturazione fisiologica non bastano a spiegare il processo di
crescita. Ci vuole anche l’intelligenza.
3. Riconoscimento dell’importanza del pensiero ad alto livello, il solo necessario allo
sviluppo intellettivo.
4. Il pensiero matura e si sviluppa indipendentemente dall’apporto linguistico.
Pensiero e intelligenza sono sinonimi:
5. Il PENSIERO è USO ATTIVO DELL’INTELLIGENZA.
6. e 7: sostengono che L’INTELLIGENZA sia creativa e costruttiva e che pensiero e
intelligenza siano sinonimi; L’INTELLIGENZA è LO STRUMENTO PER MEZZO
DEL QUALE UN INDIVIDUO PENSA.

La progettazione di un’azione educativa efficace pone le sue basi su questi principi e ha


come scopo la salute intellettuale dei discenti, perseguita attraverso la sollecitazione di
alcuni apprendimenti: l’uso cosciente del pensiero creativo, l’acquisizione di un’immagine
positiva di sé, la maturazione di atteggiamenti di cooperazione, la capacità di conoscere e
valutare le dinamiche socio – ambientali e personali.

4. La corrente umanistica
Ciò che unisce questi studiosi è una visione dell’uomo come essere POSITIVO, ricco di
risorse significative, teso alla conquista e all’espansione delle proprie potenzialità e un
rispetto assoluto per tutto ciò che concerne lo sviluppo di una personalità sana, equilibrata,
volta al possesso della propria umanità e al raggiungimento della libertà individuale.

4.1 Gordon William Allport


Si interessò allo studio dello sviluppo, dell’organizzazione e dell’espressione della
personalità.
Secondo lui nella persona esistono 3 aspetti:
1. PERSONALITA’ organizzazione dinamica di quei sistemi psicofisici che
determinano il comportamento e il pensiero che gli sono caratteristici.
2. CARATTERE gli aspetti morali più profondi dell’individuo.
3. TEMPERAMENTO caratteristica biologica ereditaria che concorre a condizionare
lo sviluppo verso la maturazione.

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L’uomo è un essere che progredisce verso mete e progetti, verso un’AUTOREGOLAZIONE
della propria esistenza l’apprendimento viene concepito come APPRENDIMENTO
BIOGRAFICO poiché si apprende solo ciò che si è disposti ad acquisire intenzionalmente
A. ha dunque una concezione dell’Io molto alta. L’Io concorre in modo profondo a definire
l’ambito della conoscenza e degli interessi personali.
Un altro aspetto che per lui caratterizza la crescita della personalità umana è l’adesione
dell’individuo a valori sociali e religiosi.

4.2 Abraham H. Maslow


L’uomo è colui che si attua nel mondo cercando di realizzare un proprio progetto di vita. In
campo educativo è dunque necessario lasciare liberi i discenti di poter effettuare le loro
scelte. Gli educatori hanno il compito di favorire loro, progettando le opportunità necessarie
alla loro evoluzione, avendo fiducia nelle loro capacità di affrontare la vita positivamente e
attivamente nel rispetto delle libertà individuali.

4.3 Carl R. Rogers


Lui ritiene che la RELAZIONE è determinante nel rapporto educativo. 3 qualità che
caratterizzano la figura del facilitatore:
1. GENUINITA’ che tradotta nella relazione educativa diventa semplicità, assenza di
artifizi di ruoli
2. STIMA NELL’ALTRO fiducia nelle capacità del soggetto di progredire e
svilupparsi.
3. COMPRENSIONE EMPATICA DELL’EDUCANDO.

Il ruolo dell’educatore è necessario in quanto sostiene e facilita il cammino del discente


verso una crescita personale e sociale responsabile dove la libertà e l’autonomia favoriscono
la maturazione di personalità sicure in grado di superare le difficoltà.

5. L’approccio del personalismo


Non è possibile sostenere il valore in sé, unico e irripetibile di ogni persona prescindendo
dal fatto che tutto ciò si può ottenere solo con un’educazione tesa a favorire una formazione
dell’uomo totale.
Per il PERSONALISMO l’uomo è un’ ESSENZA SPIRITUALE che incarna in sé VALORI
SPIRITUALI.
È L’AMORE che permette la piena espansione dell’umanità della persona e favorisce il
riconoscimento pieno, globale e soggettivo dell’altro. Solo l’amore permette di comprendere
l’altro, di trattarlo e considerarlo come un essere presente e irripetibile.
In questo contesto di orientamenti ideali ed etici si inserisce a pieno titolo il valore
dell’educazione.
JACQUES MARITAIN contribuì a fondare l’approccio personalista. Per lui l’uomo è tale e
raggiunge la piena umanità riconoscendo la sua natura peccatrice.
Un’educazione che riconosca la natura integrale della persona valorizza l’uomo in tutte le
sue componenti. Per Maritain il compito principale dell’educazione è soprattutto quello di

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formare l’uomo, o piuttosto guidare lo sviluppo dinamico per mezzo del quale l’uomo forma
sé stesso a essere uomo. L’educazione deve istruire, ispirare, disciplinare e purificare,
ammaestrare e illuminare in modo tale che l’uomo nelle sue attività diminuisca il peso delle
tendenze egoistiche e aumenti invece il peso delle aspirazioni proprie alla personalità e alla
sua generosità spirituale Per ottenere questo Maritain propone che nell’ educando siano
favorite 5 disposizioni fondamentali:

1. Sollecitare l’ AMORE PER LA VERITA’.


2. Dedizione per il BENE e la GIUSTIZIA.
3. Favorire un atteggiamento positivo nei confronti dell’esistenza.
4. Sviluppo di una giusta disposizione del discente verso il LAVORO. L’importanza del
lavoro manuale come mezzo formativo è rimarcato più volte in M.
5. Favorire un atteggiamento di COOPERAZIONE attiva nei confronti degli altri.

È indispensabile inoltre che l’educatore cerchi di portare a UNITA’ tutte le abilità dell’uomo
l’uomo è unità e bisogna ricondurre tutto a questo principio fondamentale anche se il mondo
moderno, le conquiste della scienza sempre più varie e complesse, non favoriscono questo
fondamento.

Capitolo 3.PROGRAMMI E METODOLOGIE COMPLETE


Nel panorama pedagogico mondiale sono stati ideati diversi programmi metodologici per la
risoluzione di problematiche educative

1. Il programma Cort Thinking


Ideato da EDWARD DE BONO. Definisce il PENSIERO come “abilità operante con la
quale l’intelligenza agisce sull’esperienza”. Frutto di apprendimento deve essere
riconosciuta come ABILITA’ AUTONOMA che può essere migliorata tramite programmi
che pongono attenzione su determinati aspetti del pensiero.

1.1 Struttura del programma didattico


Il programma è formato da 6 parti. Scopo insegnare le STRATEGIE BASILARI PER
PENSARE CORRETTAMENTE:

1. AMPIEZZA DI VEDUTE la presa di coscienza dei vari avvenimenti per convogliare il


pensiero nella giusta direzione. Obiettivo: allargare le abilità di percezione affinché il
pensiero sia esercitato a seguire differenti direzioni nella soluzione dei problemi.
È divisa in 9 sezioni funzionali all’acquisizione di altrettante strategie di pensiero:
1. analisi delle idee > per prendere coscienza degli aspetti positivi, negativi, interessanti
di un problema
2. considerare tutti i fattori > permette di evidenziare tutti i fattori di un problema prima
di prendere una decisione operativa
3. esercitazione sulle regole propedeutiche alle strategie di pensiero precedenti
4. conseguenze > permette di effettuare previsioni future sulle conseguente operative
delle nostre scelte

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5. obiettivi > il sogg. viene sollecitato ad apprendere uno schema cognitivo utile a
definire la meta un'azione
6. pianificare > per apprendere a progettare adeguatamente le soluzioni > analisi di
obiettivi, conseguenze, fattori, idee
7. priorità > il sogg. viene aiutato a collocare su una scala di valori le opportunità dell'azione
8. alternative > vaglio delle possibili alternative
9. altri punti di vista > per comprendere l'importanza di usare uno schema cognitivo
necessario per guidare il valore positivo che possono avere le opinioni altrui.

2. ORGANIZZAZIONE scopo sollecitare l’allievo a eseguire schemi cognitivi utili


all’organizzazione del pensiero. È divisa in 10 lezioni funzionali all’acquisizione di
altrettante strategie di pensiero: riconoscere, analizzare, confrontare, selezionare, trovare
altre vie (modalità necessarie per organizzare le idee di base partendo da un concetto
iniziale), iniziare, organizzare, focalizzare, consolidare, concludere (organizzazione
generale del pensiero).
1. Riconoscere: strategia fondamentale, permette di identificare correttamente il
problema prima di tentare di risolverlo
2. Analizzare: suddivisione corretta del problema per risolverlo con efficacia
3. Confrontare: confronta cosciente fra avvenimenti, cose e problemi
4. Selezionare: avere delle esigenze, selezionare/scegliere/giudicare/combinare/adattare
il modo migliore per soddisfarle
5. Trovare altre vie: ricercare le possibili alternative
6. Iniziare: appropriata riflessione prima della risposta definitiva, entrare nell'argomento
con un atto di pensiero corretto e non casuale
7. Organizzare: contempla le regole per pianificare adeguatamente ogni soluzione
8. Focalizzare: prendere coscienza in ogni momento delle varie situazioni
9. Consolidare: valutare adeguatamente ciò che è stato sino a quel momento per
collocarlo nella giusta prospettiva
10. Concludere: arrivare ad una soluzione efficace al problema

3. INTERAZIONE sviluppo del PENSIERO INTERATTIVO E CRITICO, i modi che


usiamo per dimostrare di avere ragione o comprendere gli errori. 7 lezioni con strategie di
pensiero:
1. esaminare parti contrastanti: analizzare le ragioni di opinioni in contrasto con le
nostre per poterle sostenere tutte con motivazioni razionali adeguate.
2. tipi di prove: sollecitare il soggetto a distinguere i fatti oggettivi accettati da tutti dalle
opinioni caratterizzate da istanze personali
3. valore delle prove: imparare a distinguere il valore di una prova in rapporto a ciò che
si vuole dimostrare
4. struttura di una prova: capire la dipendenza o l’indipendenza che una prova possiede
nei confronti del contesto

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5. strategia ADI (accordo, disaccordo, irrilevanza): per comprendere i punti decisivi di
accordo o meno relativi ad una discussione, dove l'altro non è un antagonista, ma ha
dignità e rispetto.
6. dimostrare la ragione: comprende le strategie di “spiegare” (tutto ciò che viene usato
per provare un punto di vista), “fare riferimento” ( collegare o richiamare le ragioni
delle nostre tesi a fonti esterne di supporto) e quelle di “denominare” (bisogno di
etichettare una situazione) e “giudicare” (mette in evidenza il fatto che i giudizi sono
spesso distruttivi se non veicolati da atteggiamenti e parole rispettose della dignità
altrui).
7. riconoscere il torto: comprende le strategie di “esagerare”, “omettere” e “errore”,
“pregiudizio”

4.CREATIVITA’ obiettivo insegnare lo sviluppo di nuove idee. La creatività che si intende


è quella dove l’intuizione o PENSIERO LATERALE svolge un ruolo primario.
*approfondimento sul pensiero laterale
=processo attraverso cui si arriva ad una ristrutturazione dei contenuti percettivi, cioè al
cambiamento del modo con cui guardiamo le cose.

Per svilupparlo si sollecita il soggetto a sviluppare una strategia di pensiero nuova, partendo
da un'idea conosciuta per arrivare ad un territorio inesplorato. Una tecnica do sollecitazione:
“parola a caso”. Il soggetto viene ad acquisire la strategia della “sfida concettuale” che
consiste nel prender visione di concetti, opinioni, convincimenti e sfidarne le idee alla base.
È necessario comprendere l'idea dominante, così come definire il problema. Infine, per
acquisire l'abilità del pensiero laterale, il soggetto deve apprendere la capacità di: eliminare
gli errori, associare i vari aspetti presenti nelle idee, chiarire le esigenze di ciascuna opinione
e valutare adeguatamente i risultati.

5.INFORMAZIONI E SENSAZIONI come acquisire le strategie più adeguate per


reperire informazioni e fare in modo che le emozioni e i valori che stanno alla base di ogni
comportamento siano inseriti in un giusto quadro concettuale.

Percorso di acquisizione di tali strategie:


● sollecitare il soggetto ad apprendere l'abilità di percepire il contesto, le qualità delle
informazioni presenti e assenti.
● importanza di saper effettuare domande esplorative e domande di verifica, di saper
usufruire correttamente degli indizi e di riuscire ad accorgersi degli errori attraverso
la percezione delle contraddizioni e le false conclusioni.
● acquisire la capacità di impostare giuste supposizioni, di utilizzare correttamente le
convinzioni personali e altrui e l'uso dei pregiudizi.
● si affronta il problema delle emozioni sull'uso corretto del pensiero, sul ruolo giocato
dai valori nei processi cognitivi e le strategie più adatte per convogliare tutto in una
giusta scala di importanza.
● uso di una strategia per l'utilizzo delle semplificazioni e dei chiarimenti per il
processo di riflessione cognitiva.
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6. AZIONE pensiero rivolto all’agire. Il programma sollecita due gruppi di strategie: OAS
(Obiettivo, Analisi, Sintesi) non richiede approfondite riflessioni e SISDA (Scopo,
Informazioni, Soluzioni, Decisioni, Azione) da applicarsi a una questione difficoltosa.
De bono sostiene che i vari processi cognitivi e le strategie per un pensiero corretto posso
essere appresi se opportunamente organizzati in sequenze didattiche, dove i soggetti
vengono sollecitati a prendere coscienza dei vari procedimenti attraverso una molteplicità di
esercitazioni cognitive.
Il programma Thinking prevede sezioni pratiche e suggerimenti metodologici precisi.
Principi per portare a termine il programma:
● FOCALIZZAZIONE indirizzare l’attenzione su molteplici componenti del processo
di pensiero.
● CRISTALLIZZAZIONE rinsaldare in concetti precisi tale processo.

De Bono usa le SIGLE per denominare sinteticamente le varie strategie di pensiero al


duplice scopo di distinguere immediatamente le varie strategie di pensiero utilizzate e
sollecitare l’attività mentale per la costruzione delle strategie stesse.
Obiettivo proposte didattiche ESERCITARE IL PENSIERO in modo tale che il suo corretto
utilizzo diventi un automatismo cognitivo normale per l’individuo.

2. Il programma di sviluppo delle abilità evocative


Ideato da ANTOINE DE LA GARANDERIE spesso i risultati negativi che molti studenti
riscontrano in alcune materie non sono dovuti tanto allo scarso impegno allo studio o a
scarse abilità intellettive, ma dipendono dai PROCEDIMENTI PERSONALI DI LAVORO
che ogni persona possiede. Le sue ricerche confermano questa sua idea.

I METODI che ogni soggetto mette in gioco per apprendere le nozioni sufficienti a un
inserimento sociale e professionale proficuo sono sostanzialmente 2:
1. METODO UDITIVO si richiamano alla mente immagini VERBALI delle parole
utili, sotto forma di linguaggio interiore.
2. METODO VISIVO si richiamano alla mente immagini figurate

Secondo lui esiste una tendenza innata nelle persone ad acquisire un’abitudine evocativa:
ogni individuo possiede una forma fondamentale di abitudine evocativa che chiama
MADRELINGUA PEDAGOGICA differenziandola dall’altra forma evocativa denominata
SECONDA LINGUA PEDAGOGICA una persona, pur possedendo innatamente
un’abitudine evocativa precisa (uditiva o visiva), può apprendere anche l’altra e quindi
completare le sue abilità mentali. Il problema delle ATTITUDINI SCOLASTICHE è
strettamente legato a queste tesi
le attitudini derivano dalle abitudini evocative e non sono innate nell’individuo
se un allievo non dimostra una particolare predisposizione per una data disciplina in realtà
non è perché non ha le abilità necessarie per riuscire bene in quella disciplina ma è per
mancanza di conoscenze di come metterle in pratica.

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Da questa tesi emerge che l’educatore, prima di attivare la sua azione formativa, è
necessario conosca:
● Il SUO PROFILO PEDAGOGICO conoscere sé stessi significa riconsiderare le
competenze acquisite alla luce delle abitudini evocative e della seconda lingua
pedagogica.
● IL PROFILO PEDAGOGIO DEI SUOI ALLIEVI solo con un’accurata
conoscenza delle abitudini evocative degli allievi si possono impostare azioni
educative e metodologiche adeguate alle esigenze di ogni soggetto.

Dopo la conoscenza bisogna ADDESTRARE L’EDUCANDO ALL’ABITUDINE


EVOCATIVA MANCANTE occorre che l’allievo acquisisca la seconda lingua pedagogica
che, in maniera inconscia, ogni soggetto abbandona dopo aver scelto di utilizzare
esclusivamente la propria madrelingua pedagogica: la prima sollecitazione che l’educatore
deve mettere in programma nei confronti dell’allievo è una corretta riflessione sulle
abitudini mentali l’ INTROSPEZIONE è fondamentale senza un’opportuna riflessione sui
propri mezzi cognitivi che vengono usati abitualmente per apprendere, non può esserci
sviluppo e crescita.

3. Il programma di sviluppo cognitivo verso l’astrazione


Ideato da BRITT- BARTH è possibile guidare gli allievi a costruire in modo cosciente i loro
pensieri, sollecitandoli nell’imparare a costruire un proprio sapere autonomo (ottica di
stampo cognitivista).
Vuole approfondire come sviluppare negli allievi lo sviluppo di strategie di pensiero utili
all’apprendimento del reale e quali metodi usare per acquisire le abilità di astrazione.

3.1 Le difficoltà
Barth analizza i motivi degli insuccessi scolastici e le difficoltà che i soggetti incontrano
nell’acquisizione dei contenuti delle varie discipline. 2 tipi di difficoltà:
1. RELATIVA ALLA STRUTTURA DEL SAPERE.
2. LIVELLO DEL PROCESSO INTELLETTUALE.

Le due difficoltà sono strettamente correlate in quanto, per acquisire nuove conoscenze,
bisogna rendersi conto della natura del problema che si incontra e successivamente delle
strategie necessarie alla sua soluzione. Spesso gli allievi non posseggono gli strumenti
mentali per risolvere queste due istanze.

L’educatore deve seguire l’allievo nello sviluppo delle abilità mentali e divenire una guida
necessaria all’acquisizione dei processi cognitivi basilari per l' apprendimento della capacità
di astrazione, punto finale dello sviluppo intellettivo. In questo sostegno il ruolo affettivo è
decisivo ma lo sono anche l’impegno, l’interesse, il coinvolgimento da parte degli allievi nei
processi scolastici.

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3.2 Il cognitivo
Prendendo spunto da Bruner la Barth afferma che quando si apprende si acquisiscono dei
CONCETTI (= PENSIERI ASTRATTI) indicati tramite una parola che designa un elenco di
attributi e che è suscettibile di essere applicata a degli esempi. La formazione dei concetti
avviene in modo spontaneo nelle persone. Anche l’acquisizione dei concetti avviene molto
presto, ma si differenzia in quanto il soggetto, per acquisire un concetto, deve imparare a
raggruppare le qualità e gli attributi secondo regole ideate da altri.

3.3 L’insegnamento
La studiosa propone una METODOLOGIA DI INSEGNAMENTO divisa in 3 fasi:
1. OSSERVAZIONE ED ESPLORAZIONE occorre che l’insegnante strutturi il
compito motivando il soggetto all’apprendimento, suscitando in lui la voglia di
imparare l’argomento proposto. Prerequisito per sollecitare la motivazione
all’impegno cognitivo è che l’allievo sappia di poter commettere sbagli, errori,
inesattezze. Occorre dunque instaurare un clima di libertà nella ricerca di soluzioni
senza l’assillo della sanzione o valutazione. Alcuni modi per guidare l’allievo
possono essere le domande di chiarimento e le definizioni.
2. RAPPRESENTAZIONE MENTALE scopo: verificare l’apprendimento mentre il
processo si sta compiendo, permettendo così all’insegnante di offrire gli opportuni
chiarimenti al discente.
3. VALUTAZIONE FINALE scopo: verificare che l’apprendimento sia avvenuto. La
valutazione deve avvenire tenendo conto di 3 elementi che compongono un concetto:
gli esempi di riferimento, le qualità distinguibili in esso e l’etichetta che lo definisce.
Un ulteriore passo consiste nel valutare se il soggetto non solo ha acquisito il
concetto, ma anche se riesce ad attuare il transfer dello stesso in altre situazioni.

L'obiettivo è desumere le direttive pedagogiche utili allo sviluppo cognitivo verso l'
ASTRAZIONE.
L'iter cognitivo essenziale per arrivare all'acquisizione del concetto: percezione, confronto,
inferenza, ipotesi, verifica. Dall'astrazione è poi necessario il ruolo dell'educatore che deve
sollecitare l'individuo alla generalizzazione (non avviene in automatico).

La Barth propone un modello pedagogico dal quale emergono due modalità di trattamento
dell'informazione: modo analitico e modo globale. Il metodo di insegnamento deve
implicare entrambe le modalità in un processo di alternanza simultanea.

4. The Instrumental Enrichment


Ideato da REUVEN FEUERSTEIN. Finalità: sviluppo delle abilità intellettive di allievi in
situazioni problematiche sia dal punto di vista culturale che cognitivo.
Per F. è possibile sviluppare e potenziare le abilità cognitive dei soggetti con difficoltà di
apprendimento in modo tale da renderli capaci di rispondere attivamente agli svariati stimoli
della società.
Il METODO di F. si basa su una concezione ottimistica delle potenzialità umane.
Non bisogna soffermarsi all’handicap o agli svantaggi socio – culturali, ma è necessario
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intervenire sul soggetto credendo possibile modificare la sua situazione per mezzo di
sollecitazioni cognitive strutturate atte a sviluppare nuove abilità di pensiero. Solamente con
l’appoggio di un educatore che organizza e programma le stimolazioni cognitive più
adeguate è possibile ottenere una reale modificazione nelle dinamiche cognitive dei soggetti
svantaggiati. Occorre per cui la MEDIAZIONE EDUCATIVA le variabili che concorrono
allo sviluppo cognitivo (fattori genetici ereditari, stimoli ambientali, retroscena culturale…)
contribuiscono al raggiungimento di un adeguato sviluppo cognitivo solo se sono filtrate
dalla mediazione. Di contro, quando si verificano carenze nello sviluppo cognitivo la causa
è da ricercare nella carenza di un’esperienza di apprendimento mediato.

STIMOLO-MEDIAZIONE-ORGANISMO-MEDIAZIONE-RISPOSTA
L’insegnante, nella sua azione, deve avere ben chiari i criteri relativi all’apprendimento mediato:
● INTENZIONALITA’ EDUCATIVA principio di approccio relazionale a tutta
l’esperienza formativa.
● TRASCENDENZA DELL’ATTO EDUCATIVO la proposta e l’impegno cognitivo
non hanno scopo immediato ma vengono programmati.
● SIGNIFICATO e motivazione conseguente che l’atto educativo deve sempre
manifestare al discente che apprende.

Molto interessante sul piano metodologico è anche la LEZIONE STANDARD divisa in 4


fasi:
1. INTRODUZIONE agisce prevalentemente l’operatore con lo scopo di collegare ciò
che si propone con i contenuti appresi precedentemente (5 – 10 min).
2. ATTIVITA’ PRATICA vera e propria dove l’educatore indica le istruzioni per il
compito (20 – 25 min).
3. BRIGHT scopo: sollecitare il soggetto ad attuare spontaneamente le
generalizzazioni più opportune alla luce del compito eseguito.
4. RIEPILOGO di quanto emerso durante la lezione.

L’intervento dell’educatore è essenziale perché controlla lo svolgersi del processo, lo dirige


e adatta i necessari aiuti per far sì che ogni discente possa risolvere l’esercizio.

5. Il programma Bright Start


Ideato da CARL HAYWOOD, PENELOPE BROOKS E SUSAN BURNS è indirizzato a
bambini di età prescolare, a coloro che hanno una disabilità intellettiva e ai soggetti affetti
da deprivazione ambientale e culturale il programma è focalizzato sullo sviluppo delle
operazioni precognitive, cognitive e meta cognitive necessarie a un inserimento significativo
nella scuola primaria.
Obiettivi del programma:
● Aumentare e accelerare lo sviluppo delle funzioni cognitive di base.
● Identificare e rimediare alle funzioni cognitive non ancora espresse adeguatamente.
● Sviluppare la motivazione intrinseca.
● Aumentare l’efficacia e la prontezza nell’acquisire gli apprendimenti scolastici.
● Prevenire gli insuccessi cognitivi.

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Il programma è basato su una concezione molto precisa dello sviluppo intellettivo che
considera l’ INTELLIGENZA come il RISULTATO DI UNA COMPLESSA
COMBINAZIONE DI INFLUENZE GENETICHE E AMBIENTALI.

Gli autori prendono da:


● Piaget i concetti di assimilazione e accomodamento come principi basilari per
l’adattamento dell’individuo.
● Vygotsky l’importanza del ruolo rivestito dall’ambiente socio – culturale nello
sviluppo intellettivo dell’individuo.
● Feuerstein il ruolo decisivo della mediazione educativa che deve avere l’adulto e la
modificabilità della struttura cognitiva.

Il programma è focalizzato ad aumentare la motivazione intrinseca all’impegno personale


nell’apprendimento. La MOTIVAZIONE INTRINSECA spinge l’uomo a impegnarsi in
compiti culturali e scolastici. I discenti che hanno una motivazione intrinseca acquisiscono
risultati scolastici nettamente superiori.

5.1 L’organizzazione
Il programma è formato da 7 unità cognitive:
1. AUTOREGOLAZIONE i soggetti imparano a controllare il proprio corpo anche in
contesti sociali.
2. CONCETTI NUMERICI vengono introdotti i prerequisiti fondamentali
all’apprendimento del concetto di quantità.
3. COMPARAZIONE individuare similitudini e differenze.
4. COMPRENSIONE DEI RUOLI
5. CLASSIFICAZIONE il discente impara a classificare in 3 dimensioni: colore,
grandezza e forma.
6. SEQUENZE E MODELLI gli allievi apprendono l'importanza di seguire i modelli
presenti nell’ambiente e le sequenze per raggiungere determinati obiettivi.
7. CONCETTI DI FIGURA – LETTERA gli alunni apprendono i prerequisiti
necessari all’apprendimento delle lettere dell’alfabeto.

I cardini metodologici del programma sono 2:


1. STILE D’INSEGNAMENTO MEDIAZIONALE condizione necessaria per lo
sviluppo della motivazione e delle abilità cognitive. Il mediatore offre l’aiuto
indispensabile per acquisire funzioni cognitive fondamentali per un inserimento
cosciente nel mondo.
2. COLLEGAMENTO termine che si riferisce a quell’aspetto dei processi intellettivi
che favorisce le connessioni significative concrete tra i processi di pensiero e la loro
applicazione.

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Capitolo 4. LE TECNICHE NELLA PRASSI EDUCATIVA DELL’ALLIEVO
PROBLEMATICO
Prendersi carico di chi si trova in una situazione di disagio, disadattamento o devianza
significa, in campo educativo, possedere le competenze necessarie per poter affrontare e
risolvere i problemi che le persone presentano.

1. Mastery Learning
=APPRENDIMENTO DELLA PADRONANZA se si riescono a offrire le condizioni adatte
il 90 – 95% degli studenti riesce a padroneggiare la maggior parte degli obiettivi, mentre il
restante 5 – 10% non ci riesce si cerca di capire perché alcuni studenti non riescono a
raggiungere la padronanza e quale possa essere la soluzione.
Il M.L. propone 3 concetti funzionali nella prassi didattica con il diverso:
1. Tutti i discenti hanno il diritto di raggiungere le mete educative e disciplinari previste
nel curriculum di studi.
2. I tempi di apprendimento non sono simili per ciascun allievo.
3. È necessario predisporre degli itinerari formativi individualizzati.

I fondatori di questa metodologia sono JOHN B. CARROL e BENJAMIN S. BLOOM


bisogna rispettare le caratteristiche personali di ogni allievo FE00 è necessario che ogni
compito possa essere svolto dal soggetto rispettando le sue attitudini particolari in un lasso
di tempo sufficiente per arrivare a padroneggiare il contenuto di ogni obiettivo scolastico.
Per ottenere ciò bisogna organizzare l’insegnamento in modo da poter offrire tutte le
possibilità per raggiungere le mete educativo – didattiche anche a chi si trova in situazioni di
disagio e demotivazione.

CARROL la MOTIVAZIONE è legata al fattore TEMPO, ma non il tempo da impiegare


per raggiungere un determinato obiettivo bensì il tempo che l’ educando è disposto a
impiegare per conseguire quell’obiettivo.

Ci sono inoltre 2 componenti che influenzano il tutto:


• QUALITA’ DELL’ISTRUZIONE
• CAPACITA’ DEL SOGGETTO DI CAPIRE LE ISTRUZIONI FORMATIVE

Strettamente connesse tra di loro un’istruzione può essere definita di qualità se è progettata
in maniera tale da essere funzionale alle abilità di apprendimento del discente.

BLOOM Strategie da impiegare per raggiungere la qualità dell’istruzione:


● INSTAURARE PICCOLI GRUPPI DI STUDIO in modo tale che la situazione
cooperativa possa favorire l’apprendimento.
● AIUTO TUTORIO. Per B. il tutor è quella persona capace di comprendere possibilità
e difficoltà del discente favorendo un contenimento personale efficace e divenendo
un punto di riferimento affettivo rilevante.
● VARIARE COSTANTEMENTE LA SOMMINISTRAZIONE DEI MATERIALI
DIDATTICI.

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Fondamentale in questo contesto è la frequenza dei successi scolastici e quindi delle
gratificazioni personali che l’allievo riceve nel percorso formativo, funzionali alla sua
crescita motivazionale.

2. Gentle Teaching
È un approccio metodologico alla RISOLUZIONE DELLE PROBLEMATICHE
COMPORTAMENTALI.
I sostenitori criticano ogni metodologia che non rispetti l’uomo in tutta la sua globalità
(come la teoria comportamentista).

Punti fondanti di questo approccio:

• BONDING LEGAME, relazione affettiva educatore – educando. Il programma utilizza


svariate tecniche per far si che questo legame possa essere valorizzato:
-COINVOLGIMENTO.
-UTILIZZO COSTANTE DEL DIALOGO.
-CONTROLLO AMBIENTALE predisposizione dello spazio fisico e delle variabili che
condizionano i vari comportamenti negativi.

•ATTEGGIAMENTO INCONDIZIONATAMENTE POSITIVO che l’educatore deve


dimostrare nella relazione con l’ educando.

•FREQUENTI MESSAGGI VALORIZZANTI che favoriscono lo sviluppo della


personalità dell’ educando.

• Il rapporto interpersonale fondato sul RISPETTO dell’altro individuo e sulla fiducia.

Ciò che caratterizza questo approccio è l’ ATTEGGIAMENTO POSITIVO, FIDUCIOSO,


SOLIDARISTICO dell’operatore educativo nei confronti del discente e delle sue
potenzialita’.

3. Tet (The Teacher Effectiveness Training)


Per alcuni aspetti simile al Gentle Teaching. Ideato da THOMAS GORDON I conflitti che
nascono in un gruppo o nel singolo allievo si possono risolvere solamente con una
COMUNICAZIONE REGOLATIVA che comporti un cambiamento efficace nella relazione
educativa.
Idea di fondo dell’approccio ogni individuo è in grado di acquisire dalla propria esperienza
le direttive necessarie alla propria autoregolazione se sostenuto e facilitato con un’azione
educativa efficace.

Per ottenere questo è necessario che:


1. L’insegnante percepisca la natura del problema che emerge in classe o durante
il processo formativo. Una volta capito la sua risposta dovrà essere
necessariamente diversa a seconda che la vera causa risieda nell’insuccesso

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scolastico o nelle problematiche socio – ambientali che il soggetto
involontariamente porta in classe.
2. Approfondire se il problema è reale e giustificato.
3. Trovare possibili soluzioni al problema e valutare se la soluzione scelta sia
stata efficace.

4. L’automonitoraggio
Con l’ automonitoraggio i discenti sono sollecitati a prendere coscienza delle proprie abilità
e degli apprendimenti ottenuti grazie al loro impegno personale. Infatti questa tecnica
prevede che il discente autonomamente valutati, su apposite schede di verifica o su registri, i
propri apprendimenti o atteggiamenti.
L' automonitoraggio favorisce il processo di consapevolezza riflessiva.
Il compito dell’educazione è infatti quello di EDUCARE ALL’AUTOCOSCIENZA.

5. Variazione nell’uso di codici linguistici


A scuola molto viene veicolato per via linguistica la maggior parte dei contenuti trasmessi
nelle attività didattico – formative è comunicata ai discenti per via orale.
Con i soggetti difficili occorre però ideare una comunicazione educativa e didattica non
legata esclusivamente a parametri linguistici. Questo perché comprendere il linguaggio
verbale altrui non è sempre facile colui che parla, ad esempio l’insegnante, costruisce dei
propri contenuti simbolici che cerca di trasmettere agli altri. Colui che ascolta, il discente, è
costretto a seguire una costruzione simbolica che non gli appartiene, ma che allo stesso
tempo è costretto a interpretare. Chi ascolta si fa degli abbozzi anticipatori di quello che gli
viene proferito e se questi si realizzano la comunicazione può avvenire con una forte
motivazione, se invece non si realizzano subentrano la delusione, la noia, la demotivazione
che annullano l’efficacia della comunicazione è necessario trovare un linguaggio che sia
comprensibile a tutti per essere efficaci occorre accompagnare le spiegazioni orali con
schemi visivi, cartelloni illustrativi o prendere spunto da video, filmati e diapositive per
arrivare a sintetizzare i contenuti spiegati oralmente.

6. Istruzione consequenziale
È una metodologia di conduzione unitaria dei processi educativo – didattici dove tutti gli
insegnanti implicati nelle attività con il discente lavorano in stretta collaborazione e unità
d’intenti sia per quanto concerne il programma da eseguire sia per quanto riguarda le
tecniche da usare bisogna porre molta attenzione sulla PROGETTAZIONE DEL
PROGRAMMA da somministrare all' educando.
In questa metodologia didattica è costantemente contemplata la sollecitazione complessiva e
consequenziale delle capacità e delle strategie apprese.
L’istruzione consequenziale consente ai soggetti problematici di:
● Aumentare il proprio impegno scolastico.
● Capire che tutto ciò che si propone a scuola ha un senso e uno scopo chiaro.
● Maturare e proiettare il proprio pensiero in un futuro adeguato legato alla propria
esperienza di vita.

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7. Problem solving
La nostra è una società che richiede un’alta capacità di risolvere problemi è necessario
impostare attività didattiche e processi educativi dove venga previsto il problem solving.
GAGNE’EAUSUBEL 4 fasi caratterizzano il processo di soluzione dei problemi:
● PRESENZA DEL PROBLEMA che crea nel soggetto uno stato di disagio.
● Inizio del processo di ricerca della SOLUZIONE più idonea.
● PROGETTAZIONE DELL’IPOTESI da sperimentare per la risoluzione della
questione.
● VERIFICA indispensabile per capire se la soluzione ideata ha avuto il suo impatto
positivo o meno.

Il soggetto con problemi di fronte alle difficoltà invece di trovare la motivazione che lo
spinga a superare questa difficoltà abbandona è qui che l’intervento e la mediazione
dell’insegnante è essenziale bisogna insegnare ad analizzare, a notare gli elementi essenziali
di ogni avvenimento, così come è necessario sollecitare gli allievi a estrapolare dal proprio
bagaglio cognitivo i concetti e le operazioni mentali più consone alle situazioni che vengono
sperimentate.

8. Tecniche specifiche
Tecniche proficue nell’educazione del soggetto diverso e funzionali al raggiungimento di
determinati obiettivi:

8.1 Ipotesi Beta


Ideatore è KNIGHT DUNLAP.
I soggetti difficili non riescono a effettuare autonomamente una valutazione del proprio
comportamento per cui hanno anche molta difficoltà a capire gli errori che commettono
l’ IPOTESI BETA è una tecnica che aiuta a sviluppare una maggiore consapevolezza degli
errori. Questa tecnica consiste nell’enfatizzare un determinato errore ricorrente con lo scopo
di rendere evidente all’individuo il suo errore in maniera tale che ne prenda coscienza e
riesca a non commetterlo più.

8.2 L’apprendimento discriminativo senza errori


Questa tecnica consiste nel porre inizialmente l’enfasi sulla risposta corretta per poi
aggiungere delle “distrazioni” simili all’item esatto. Questa tecnica permette di sollecitare il
soggetto in modo graduale a ottenere il pieno possesso della risposta corretta e di saperla
discriminare senza errori dai molteplici stimoli.
Gli elementi caratterizzanti di questa tecnica sono 2:
1. L’AUMENTO graduale della FORZA E DELL’INTENSITA’ dei
DISTRATTORI.
2. L’applicazione di un NUMERO SEMPRE PIU’ VASTO di DISTRATTORI.
Esempio: Come si scrive IERI in inglese? Risposta: YESTERDAY.
Come si scrive IERI? Le risposte sono: TONIGHT o YESTERDAY. Come si scrive IERI?
IESTERDAY, YASTERDAY, YESTARDAY, YESTERDAY, YESTERDEY.

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8.3 La tecnica dell’oggetto mancante
È una tecnica che serve a favorire nell’allievo con grossi problemi cognitivi l’espressione
spontanea di richieste personali. Essa consiste nella progettazione di situazioni di vita dove
l’insegnante deliberatamente dimentica di inserire una importante situazione dell’attività
coinvolta.
Scopo: osservare se il soggetto si accorge del fatto mancante e quindi favorire la capacità di
richiesta spontanea.
L’allievo non solo deve rendersi conto dell’incompletezza dell’attività proposta, ma è
sollecitato a prendere coraggio e a chiedere conto dell’anomalia riscontrata. Con questa
tecnica molti allievi ansiosi, introversi, timorosi con problemi relazionali evidenti possono
migliorare i rapporti interpersonali e vincere le proprie timidezze e ritrosie.

9. Due semplici tecniche per imparare a studiare


Tecniche che possono essere utili per apprendere una strategia di studio funzionale
all’acquisizione di contenuti scolastici organizzati con soggetti difficili.

9.1 Il metodo Sq3r e Pqrst


- il METODO SQ3R, ideato da FRANCIS P. ROBINSON, propone di seguire delle fasi
consequenziali di apprendimento strategico:
1. SURVEY gli studenti devono effettuare una rassegna del materiale da studiare per
cercare di avere un’idea complessiva degli aspetti principali.
2. QUESTION gli studenti esaminano gli argomenti più importanti e formulano una domanda.
3. READ leggono il compito per trovare una risposta alla domanda.
4. RECITE cercano di rispondere alla domanda.
5. REVIEW attuano una revisione per poter richiamare alla mente i punti principali del
compito per un’adeguata esposizione.

- il METODO PQRST, ideato da THOMAS e ROBINSON, è simile al Sq3r. utilizza le


stesse fasi.

Dalle ricerche emerge che gli studenti che effettuano un training di insegnamento con questi
metodi eseguono meglio le loro performance scolastiche rispetto ad altri soggetti che non
hanno avuto la possibilità di affrontare queste strategie d’apprendimento.

10. Tecniche d’intervento comportamentale

10.1 Task Analysis


Ideata intorno agli anni ‘20 con lo scopo di strutturare un’organizzazione didattica
funzionale al cambiamento del comportamento. Per fare ciò occorre analizzare i compiti che
il discente è chiamato a eseguire per decidere quali azioni l’individuo deve effettuare per
attuare tale cambiamento.
La procedura di analisi del compito implica la necessità di scomporre i problemi e gli
incarichi da eseguire e da far apprendere nelle loro componenti più piccole e facilmente
specificabili, ossia nelle operazioni che li compongono.
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Questa scomposizione è funzionale all’insegnamento in quanto permette di:
● Possedere un quadro chiaro delle varie tappe di apprendimento che il soggetto deve
conseguire per riuscire a svolgere il compito.
● Avere presente i prerequisiti in termini di abilità necessarie alla realizzazione
complessiva del compito.

Con la Task Analysis l’insegnante ha pronto il cammino didattico da proporre al soggetto,


queste operazioni sono una traccia di monitoraggio utile alla verifica globale dell’obiettivo
comportamentale finale.

10.2 Prompting
Utilizzo di aiuti (promps), lo scopo è far sì che il soggetto riesca ad essere autonomo
nell’esecuzione del compito, anche per mezzo di aiuti che dovranno sempre di più attenuarsi
fino a scomparire del tutto.
I promps possono essere di tipo verbale, manuale ed imitativo.

10.3 Chaining
Il soggetto deve essere in grado di apprendere una catena di sequenze di atti ben precisa per
padroneggiare l’obiettivo in questione. Il chaining o concatenamento consiste infatti nella
capacità di apprendere tutta la sequenzialità dei passaggi funzionali affinché l’obiettivo
venga raggiunto.

10.4 Shaping
Tecnica di “approssimazione graduale” che prevede il rinforzo iniziale di comportamenti e
apprendimenti non completamente corretti che il discente mette in atto durante lo sforzo di
acquisizione dell’obiettivo previsto. Lo shaping (modellaggio) può essere effettuato anche
programmando una gradualità delle difficoltà che il soggetto incontra nell’esecuzione del
compito.

10.5 Rinforzi
Per il comportamentismo è indispensabile dare rinforzi, feedback, ricompense concrete
quando gli alunni riescono a raggiungere l’obiettivo desiderato. Attraverso l’uso corretto dei
rinforzi un comportamento può essere aumentato o diminuito ogni azione ha delle
conseguenze:
● Se sono positive ciò permetterà al soggetto di proseguire con fiducia e di aumentare
così il comportamento corretto.
● Se sono negative queste azioni saranno necessariamente modificate o si
estingueranno non essendo fonti di rinforzo convenienti per il soggetto.

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11. Tecniche particolari per favorire l’attenzione
La capacità di attenzione è un prerequisito fondamentale per ogni tipo di apprendimento.
Le difficoltà a mantenere l’attenzione:
● Scarsa motivazione verso il compito assegnato o all’argomento.
● Il discente vuole attrarre l’interesse sulla sua persona. Questo è frequente soprattutto
se nei legami il soggetto soffre di deprivazione affettiva.

11.1 Tecniche di autoistruzione verbale


Si basa sulle tesi di Vygotsky e Lurija sul ruolo del LINGUAGGIO INTERIORE nello
sviluppo della mediazione cognitiva e nella regolazione del comportamento. Ideatori:
KIRBY E GRIMLY propongono di strutturare un training cognitivo comportamentale volto
a favorire lo sviluppo e l’utilizzo ottimale del linguaggio interiore.

12. Tecniche per favorire il transfer


Uno degli scopi principali dell’educazione, oltre a fare in modo che gli educandi apprendano
i contenuti, è fare in modo che queste acquisizioni possano essere generalizzate al di fuori,
in altri contesti.
Gagnè 2 tipologie di transfer:
● LATERALE l’effetto che un determinato tipo di apprendimento può avere su
situazioni nuove e reali.
● VERTICALE l’effetto che un determinato tipo di apprendimento può avere
sull’acquisizione di conoscenze ulteriori.

Per favorire il transfer degli apprendimenti è necessario che:


● Un determinato contenuto sia appreso autenticamente, con una riflessione profonda
sui suoi principi strutturali.
● L’operatore pedagogico programmi l’acquisizione del contenuto di apprendimento
predisponendo materiali e attività analoghi alle situazioni esterne che il soggetto
incontrerà nella sua esperienza.
● Mettere in luce il ruolo che gli esempi assumono nei processi formativi gli allievi
devono avere la possibilità di esercitare le loro acquisizioni con varie simulazioni.
Più esperienze si effettuano, più il soggetto si esercita nel mettere in atto i contenuti
acquisiti, più si favorisce il transfer.

Capitolo 5. LA PRASSI EDUCATIVA


La scuola deve essere un SERVIZIO FORMATIVO PER TUTTI, sia per gli allievi che si
ritrovano in situazioni non difficoltose sia per coloro che presentano ritardi cognitivi o
momenti di disagio.
L’educatore per poter operare deve seguire quella chè è la Prassi Educativa in quanto il
servizio educativo deve essere ben pianificato per avere una base di partenza solida e valida.

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1.Unitarietà d’intenti
Per poter offrire a tutti gli utenti un buon servizio è necessario che tutti lavorino in stretta
collaborazione con una profonda unità di intenti, in questo senso il dirigente scolastico
deve promuovere, indirizzare e sollecitare, tutto deve muoversi in UNITA’, ogni azione
deve avere lo scopo di soddisfare il bisogno di ogni allievo di trovare un posto, un ruolo e
una funzione fin dai primi momenti in cui incontra l’istituzione scolastica. È Fondamentale
il lavoro di equipe,non si può lavorare in autonomia.
Un’altra variabile che incide sul lavoro di équipe è l’ informazione e il dirigente scolastico
ne deve essere il promotore. Il passaggio corretto delle informazioni rappresenta un’ azione
formativa di qualità volta a operare con i soggetti problematici.
È molto importante che l’autorità direttiva faccia sentire la sua presenza agli insegnanti non
solo per le questioni burocratiche, ma anche per i problemi educativi:
● Deve conoscere le questioni difficili che riguardano gli allievi e può indirizzare le
metodologie più idonee alla risoluzione delle problematiche che emergono in classe.
● La sua azione è decisiva quando si devono affrontare e risolvere le problematiche nel
rapporto fra genitori e docenti. Inoltre può permettere l'incontro personale con il
singolo allievo, poiché quest’ultimo può confidarsi più facilmente ad un’autorità
esterna al professore.

2.Accoglienza e accompagnamento
L’accoglienza è utile per iniziare un percorso collaborativo tra scuola e famiglia, funzionale
alle esigenze formative dell'alunno problematico. Per poter avviare una relazione con questi
allievi è necessario che i primi approcci istituzionali siano il più possibile sereni e
improntati sul rispetto reciproco. Ciò avviene in primo luogo con la famiglia, i primi contatti
scuola – famiglia sono molto delicati e possono compromettere, se non sono ben condotti,
l’atteggiamento verso l’intera esperienza scolastica dell’allievo, è per cui importante che
l’accoglienza sia impostata su solide basi relazionali; solo in questo modo l’accoglienza
potrà evolversi in accompagnamento.

L’accompagnamento sono tutte quelle azioni volte a seguire con attenzione e costanza l’iter
dell’esperienza educativa del soggetto problematico. Ogni educatore, per predisporre un
programma adeguato ai ritmi e alle potenzialità evolutive individuali dell’alunno, deve
considerare la persona per ciò che è, per ciò che ha in termini di esperienze cognitive,
conoscenze individuali e capacità pratiche già acquisite. Per reperire queste informazioni
bisogna coinvolgere non solo la famiglia ma anche gli insegnanti della scuola di
provenienza, l’assistente sociale, lo psicologo, il neuropsichiatra infantile,gruppi
giovanili,animatori.Bisogna inoltre conoscere le abilità acquisite , le capacità relazionali, le
potenzialità,l’ambiente familiare in cui vive. Fondamentale è l’accompagnamento, anche
per instaurare contatti collaborativi efficaci tra componenti socio-ambientali-sanitari.
L’accoglienza e l’accompagnamento avverranno anche nel primo giorno di scuola del
soggetto problematico,l'accoglienza dovrà essere positiva, e l'accompagnamento dovrà
avvenire da un insegnante che tenterà l’aggancio affettivo-relazionale ,sarà colui che
accompagnerà il discente in tutta l’esperienza formativa.
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3 La figura dell’insegnante – tutore (paola)
Per una corretta azione formativa è necessario che questi allievi instaurino un rapporto
relazionale solido con un INSEGNANTE – TUTORE i discenti problematici hanno
bisogno di una figura educativa di riferimento che risulta decisiva soprattutto nei momenti di
crisi o difficoltà. Il tutor svolge una funzione importante anche nei confronti dell’intera
istituzione scolastica in quanto può chiarire eventuali controversie suscitate dal
comportamento stesso del soggetto o da qualche docente.
Questo rapporto tutore – allievo deve essere continuativo in modo tale da permettere al
soggetto di affezionarsi alla persona adulta e di acquisirne i valori espressi con la sua azione.

4 Consequenzialità della proposta formativa


Programmare un’azione formativa unitaria con caratteristiche curricolari sequenziali in cui
vi sia una continuità di contenuti sia pratici che teorici. A questo proposito sono
fondamentali le riunioni di èquipe dove si gettano le basi per una proposta didattica
collegiale è importante che tutti i docenti implicati nell’azione didattica partecipino
attivamente.
La pianificazione didattica ed educativa per i soggetti problematici deve fondarsi su 3
pilastri:
1. DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI permette agli insegnanti di approntare tutte
quelle attività educativo – didattiche utili al conseguimento degli obiettivi stessi. È da
essi che si ricavano la scelta dei contenuti e le prove per il controllo dei risultati
ottenuti.
2. IL DATO CONCRETO, IL FATTO REALE, L’OGGETTO MATERIALE
MOTIVAZIONALE su cui impostare l’unita’ didattica di partenza dell’intera
progettazione nella programmazione dell’attività è importante partire con un’attività
didattica che possa sollecitare il soggetto a un interesse concreto e preciso. Il team dei
docenti deve scegliere un argomento, un’abilità pratica o un oggetto concreto attorno
al quale impostare il lavoro programmatico e contenutistico da esplicitare nelle varie
discipline.
3. LA PROGRAMMAZIONE INTERDISCIPLINARE tutti i vari insegnamenti
devono essere funzionali al raggiungimento dell’obiettivo didattico programmato.

5 Parametri metodologici da rispettare


Il soggetto problematico vive nel concreto e nel presente ed è incapace di oltrepassare con il
pensiero la sfera del quotidiano per iniziare un’operazione educativa di valore è utile
utilizzare una METODOLOGIA DEDUTTIVA:
l’insegnante deve partire dal dato concreto per arrivare poi alla riflessione astratta.
Oltre a essere molto ancorato al concreto è anche incapace di affrontare con strategie
cognitive valide le problematiche legate agli apprendimenti. La moderazione
comportamentale, la calma, l’equilibrio negli atteggiamenti rappresentano dei prerequisiti
per ogni attività cognitiva imparare le abilità di pensiero significa apprendere una strategia
cognitiva fondata sul dominio dei propri impulsi il soggetto deve acquisire l’abitudine

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intellettiva di analizzare la situazione iniziale problematica verificandone tutti gli aspetti
implicati.
Prima di tutto, quando l’insegnante propone un contenuto da far acquisire allo studente
problematico, occorre:
1. Presentare la STRUTTURA ORGANIZZATIVA di tale argomento.
2. L’allievo deve essere sollecitato a valutare un possibile modo alternativo di
organizzare il contenuto proposto per sollecitare questa ATTIVITA’ DI
ELABORAZIONE MENTALE è molto indicato insegnare ai soggetti
problematici a schematizzare in griglie semplici le informazioni derivanti da
una vicenda accaduta, da un avvenimento visto in TV o da un testo scritto e
aiutarlo ad acquisire una CAPACITA’ RIFLESSIVA che gli permetta di
riflettere sul problema in oggetto. Per acquisire questa capacità occorre:
-analizzare gli aspetti positivi e negativi delle varie ipotesi ideate.
-prevedere le conseguenze che esse possono scaturire.
-scegliere la soluzione che appare più adeguata.

6. Essere affascinanti
Essere affascinanti, avvincenti nelle cose che si propongono è un prerequisito indispensabile
nell’opera educativa con soggetti problematici l’educatore deve cercare di pianificare
un’azione didattica tale che possa suscitare immediatamente l’interesse nell’allievo.
Deve conquistare la sua attenzione con gesti e azioni al di fuori dei normali canoni di
istruzione verbale deve predisporre UN’AZIONE FORMATIVA INNOVATIVA che
contempli metodi e contenuti che si scostano dalle normali esperienze di apprendimento
scolastico come l’uso di supporto video – film, le visite fuori dalla scuola, l’intervento di
esperti che completino in classe gli argomenti scelti per il programma, i lavori di gruppo, e
fare ricorso a strumenti didattici alternativi che possano aiutare nelle attività formative,
come computer o tablet.

7. Proposte didattiche che creano serenità


Gli allievi con problemi vivono con sofferenza le proposte formative perché reduci da
esperienze scolastiche caratterizzate da insuccessi e limitate relazioni positive per cui
nutrono una naturale diffidenza nei confronti delle nuove proposte formative.
È importante per cui che la proposta formativa venga impostata sulla
RASSICURAZIONE, proponendo esperienze didattiche confortanti che il soggetto possa
sostenere tranquillamente devono essere alla portata del soggetto.

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La valutazione
E' la terza fase del processo di pianificazione di un’azione formativa dopo il momento
progettistico e il processo formativo vero e proprio. Essa necessita di essere pianificata. 4
tappe vanno a formare un adeguato processo di valutazione o controllo di qualità efficace:
● DEFINIZIONE DEI PARAMETRI per controllare la qualità di un prodotto è
necessario definire in modo analitico quando un obiettivo può essere considerato
raggiunto dall’allievo.
● PIANIFICAZIONE DELLE PROVE DI VERIFICA occorre progettare delle prove
di verifica che offrano la possibilità di comprendere se l’obiettivo è stato raggiunto.
● VALUTAZIONE DELLE STESSE consiste nella formulazione di un giudizio. Gli
insegnanti sono chiamati a esprimere una valutazione dell'allievo, sui suoi
comportamenti, sulle conoscenze che ha acquisito e se sono stati raggiunti i livelli di
apprendimento ipotizzati nelle fasi precedenti.
● IL FEED-BACK O RETROAZIONE DEI RISULTATI il soggetto problematico ha
bisogno di conoscere i risultati del suo impegno, di continui feedback per capire se il
suo impegno ha un’evoluzione positiva e, allo stesso tempo, mantenere viva la spinta
motivazionale nel raggiungere la meta ipotizzata e concordata.

Elasticità e coinvolgimento
Fondamentale per l’azione metodologica è che l’iter formativo abbia come caratteristica l’elasticità
del suo ordinamento strutturale gli allievi, infatti, a seconda delle loro potenzialità, devono avere la
possibilità di accedere a PROGRAMMI FORMATIVI INDIVIDUALIZZATI; non è possibile
pensare che tutti gli allievi debbano acquisire gli stessi contenuti e conseguire determinati obiettivi
con i medesimi ritmi di apprendimento.
Per individualizzare l’azione didattica occorre il più possibile variare i materiali e i metodi
educativi da utilizzare in base alle esigenze degli allievi. L’allievo in ogni caso dovrà essere
un soggetto ATTIVO nel proprio progetto formativo, cioè dovrà essere continuamente
sollecitato a partecipare direttamente alle sue esperienze formative.
Un altro aspetto che occorre salvaguardare è anche il BISOGNO DI AUTODETERMINAZIONE.

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