LA SINDROME DI DOWN La sindrome di Down (SD), definita anche “trisomia 21”, venne descritta nel 1862 dal medico inglese John Langdon Haydon Down, che lavorava in un centro per individui con ritardo mentale in Inghilterra. In un articolo del 1866, individua una somiglianza fisica tra i soggetti con la sindrome di Down e la popolazione mongola. Nel 1959 il genetista Jerome Lejeune scoprì che la sindrome down era un disturbo genetico provocato dalla presenza di un cromosoma in più. Tale cromosoma venne identificato come il ventunesimo e la sindrome definita “trisomia del cromosoma 21”. Per scoprire un eventuale trisomia, è possibile effettuare una prevenzione secondaria,tramite una diagnosi prenatale che prevede l’uso di tre tecniche: -l’amniocentesi -la villocentesi -tri-test. L’amniocentesi è consigliato alle donne al di sopra di 35 anni,e consiste nel prelevare una certa quantità di liquido amniotico utile ad effettuare l’analisi cromosomica su alcune cellule del feto. La villocentesi consiste nel prelievo dei villi coriali tra l’ottava e la dodicesima settimana di gestazione, cioè delle cellule dalle quali si sviluppa la placenta. Infine il Tri-test consiste in un prelievo tra la quindicesima e la diciassettesima settimana di gestazione,per rilevare sostanze che vengono prodotte dalla placenta. Caratteristiche fisiche Le persone con la sindrome di down presentano alcune caratteristiche fisiche: occhi a mandorla,il collo ampio e corto, la bocca è protrusa tra le labbra a causa dell’ipotonia dei muscoli facciali,il viso piatto e slargato, con orecchie e bocca piccole, e la lingua grossa. La statura risulta inferiore rispetto alla media, le mani sono corte e larghe, i padiglioni auricolari presentano malformazioni. La rima palpebrale è ridotta ed obliqua dall’interno all’esterno, e l’angolo interno delle palpebre è caratterizzato da una plica cutanea,definita epicanto. La cute è ruvida e secca,con tendenza alla desquamazione. Oltre a presentare tratti dismorfici, le persone affette da sindrome di down, possono presentare alcune malformazioni a carico degli organi interni e alterazioni del sistema immunologico. La sindrome di down è associata alla malattia cardiaca congenita, e addirittura nei primi due anni di vita, possono andare incontro alla morte a causa di essa. La maggior parte dei soggetti, con la sindrome di down, presentano una maggiore prevalenza di ipotiroidismo congenito e disfunzione tiroidea, e ciò impedisce il flusso di informazioni tra le cellule, provocando sovrappeso e obesità. Disabilità intellettiva La sindrome può presentare, nei soggetti, anche una disabilità intellettiva, che può essere lieve ( con QI tra 70 e 50), moderato (con QI tra 50 e 35), e grave nei casi rari (con QI tra 35 e 20). Il ritardo mentale, in realtà, è provocato dal deficit di un sistema cognitivo complesso,caratterizzato da varie componenti indipendenti che sono connesse tra di loro, anche se è più adeguato parlare di disabilità intellettiva o deficit cognitivi. Le aree maggiormente colpite sono la percezione, la soluzione dei problemi, l’astrazione e la memorizzazione. I bambini con la sindrome di down hanno prestazioni inferiori nei compiti verbali e visuo-spaziali della memoria di lavoro,in particolare in quelle attività che necessitano di un elevato grado di controllo rispetto ai bambini della stessa età mentale. Il QI tende a subire un rapido declino con l’avanzare dell’età,vi è una debolezza più rapida delle componenti verbali dell’intelligenza rispetto a quelle non verbali. L’area maggiormente compromessa nella sindrome di down è il linguaggio rispetto alle competenze motorie,sociali e visuo-spaziali.Le difficoltà che interessano la produzione fonologica e l’articolazione verbale fonatoria causano un linguaggio telegrafico che è caratterizzato da una bassa fluenza verbale,da molte pause,e da omissioni di fonemi e sillabe. Le prime parole si sviluppano con un ritardo di circa un anno; intorno ai 4 anni i bambini sono capaci di mettere insieme due o più parole, con un ritardo di 2 anni rispetto ai bambini con uno sviluppo tipico. Con l’adolescenza e l’età adulta il linguaggio dal punto di vista morfosintattico è povero, invece il contenuto è ricco,si riscontra un divario tra la forma e il contenuto. La morfosintassi e la fonologia rimangono i punti di debolezza,la pragmatica e la semantica rappresentano i punti di forza. La comprensione del brano appare ridotta, la lettura di parole risulta essere migliore in confronto alle non parole, ciò è dovuto ad una comprensione della lettura che interessa i processi fonologici. Anche le abilità di scrittura risultano inferiori rispetto a quelle di lettura,ciò è provocato da una difficoltà nel controllo dei movimenti essenziali allo sviluppo della scrittura. Lo sviluppo delle capacità linguistiche, delle competenze motorie, per il benessere e il senso di auto-efficacia ,che vanno ad influire sullo sviluppo delle capacità cognitive dipendono dalla relazione che si instaura tra madre e bambino. Numerose ricerche hanno dimostrato il tipo di interazione che si stabilisce tra le madri con i figli Down rispetto alle madri con bambini normodotati,le madri di bambini con sindrome di Down presentano un linguaggio semplice e utilizzano un interazione più direttiva rispetto alle madri di bambini con uno sviluppo tipico con la stessa età cronologica. Il modo in cui le mamme percepiscono i figli Down, influenza il loro atteggiamento nei confronti dei quest’ultimi, le donne che vedono i propri figli come comunicativi,tenderanno ad assumere un atteggiamento stimolante e partecipativo nei confronti dei figli, invece le madri oppressive non tengono conto delle capacità del bambino, ignorano i loro bisogni, provocando problemi relazionali. I genitori nel momento in cui ricevono la diagnosi sono attraversati da una moltitudine di sensazioni ed emozioni quali disperazione,rifiuto, desiderio di poter cancellare quello che è avvenuto e rimuoverlo dalla propria memoria,spesso la comunicazione viene fatta ad un unico genitore,che deve comunicare la notizia al proprio coniuge. L’accettazione avviene quando i genitori riconosceranno i bisogni del bambino e troveranno i modi utili al loro soddisfacimento, e in questo obiettivo deve collaborare anche la scuola, in vista di una cultura inclusiva. Il ruolo della scuola La scuola è definita inclusiva quando garantisce un libero accesso a tutti gli studenti, anche a quelli che hanno disabilità sia fisiche che intellettive. Il modello inclusivo rispetta l’unicità di ogni alunno, nell’ottica di una formazione che distingue le differenze e i bisogni di ciascuno in maniera positiva. L’inclusione da parte degli insegnanti, dovrebbe comprendere la valutazione delle differenze tra insegnanti ed alunni come preziose risorse,la partecipazione e la collaborazione tra insegnanti e studenti. L’inclusione sociale,scolastica e poi anche lavorativa deve includere principi essenziali come la libertà di accesso alle risorse comunitarie,la comprensione e il sostegno degli altri; si ritiene necessario anche il sostegno a favore delle famiglie di bambini e adulti con la sindrome di Down. I diritti delle persone sono uguali, è differente il modo in cui i diritti vengono esercitati, si ritiene che la società debba modificare le regole adattando le opportunità di lavoro a favore delle persone con disabilità. La disabilità non è un attributo della persona, ma è il risultato di una relazione disomogenea tra l'individuo e l'ambiente in cui vive, che deve essere valutato progettando la vita quotidiana di tutti gli individui.
Ho scelto di prendere in analisi la sindrome di Down, in quanto è stata oggetto di
osservazione peiochè mio cugino di secondo grado Daniele ne è affetto. Daniele è nato nell’Agosto 1996 da parto naturale. Mia zia mi ha raccontato che il primo periodo di gravidanza è stato caratterizzato da difficoltà e da minaccia di aborto verso il 3° mese e di non aver fatto alcun tipo di srcreening neonatale in quanto al tempo aveva 29 anni. La diagnosi di Sindrome di Down è stata fatta alla nascita. I miei zii mi hanno spiegato di aver reagito bene alla comunicazione e di essere stati molto sostenuti dalle loro rispettive famiglie. Mi hanno raccontato poi di aver intrapreso subito dopo la nascita dei percorsi riabilitativi incentrati inizialmente nell’area psicomotoria; poi all’entrata nella scuola primaria sono stati avviati anche trattamenti logopedici. Verso i dieci anni però a causa della scarsa trattabilità di Daniele i trattamenti sono stati sospesi con un invio per un nuovo trattamento psicomotorio che tenesse conto delle criticità della fase adolescenziale. Daniele si era progressivamente richiuso in se stesso, era quasi sempre passivo, e aveva peggiorato anche le vecchie stereotipie: manipolazione di un fazzoletto da cui non si staccava mai, e l’uso del linguaggio verbale era quasi del tutto sparito. Nell’ambito scolastico mia zia mi ha riferito che per tutto il periodo di frequenza Daniele ha usufruito di un insegnante di sostegno e di un accudiente e di essersi sempre trovata bene con le diverse insegnanti di sostegno che si sono succedute negli anni. Nella scuola media e superiore aveva avuto un buon inserimento: con i pari c’era una relazione di accettazione. Mia zia mi ha descritto com’è ora Daniele dicendomi che si trova in una fase che lei ha definito “di stallo”: tende a chiudersi di fronte ai cambiamenti, è più oppositivo con la madre, ascolta di più i fratelli e fa le cose che chiedeva il papà. Il fatto che non parla molto crea delle difficoltà e si innervosisce se gli si chiede di esprimersi; lo fa invece attraverso i gesti. Guarda spesso la televisione, usa il registratore, e usa diverse ore il cellulare. Non ama le attività creative; nè sporcarsi né dipingere. Nel corso degli anni non ho avuto molto modo di conoscere Daniele, in quanto, essendo parenti “alla lontana” non sono state molte le occasioni per conoscerci. Sono comunque andata a trovarlo durante le feste natalizie e oggi Daniele appare un ragazzo di corporatura media, dai tratti contraddistinti della Sindrome di Down. E’ molto restio e indietreggia se gli viene rivolta parola. E’ un po’ curvo su se stesso, mugugna tenendo il suo fazzoletto per una delle punte, lo sguardo un po’ basso rivolto verso la porta di uscita. Guarda il viso delle altre persone solo di nascosto, non interagisce e risponde solo con risposte secche se glie viene fatta qualsiasi tipo di domanda.
2001 La relazione tra costellazione affettiva e valutazione scolastica degli insegnanti in un contesto sociale di marginalità un contributo di ricerca in preadolescenza