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L’ansia può essere considerata come un’esperienza normale del genere umano e come tale anche del
bambino. Essa si manifesta con modalità diverse in rapporto al livello di sviluppo. L’ansia, come esperienza
normale, ha un profondo significato adattativo ed evoluzionistico, rappresentando quello stato emozionale
sollecitato da situazioni nuove e/o potenzialmente pericolose,che induce ad adottare comportamenti
rispondenti alle specifiche esigenze del contesto. L’ansia normale è definita in quanto:
Non anacronista
- Legata ad esperienze presenti e non collegata ad esperienze passate
Non fantasmizzata
- Legata a situazioni reali e non immaginarie
Non stereotipata e ricorrente
- Non fa parte delle modalità abituali di comportamento
Nelle forme patologiche l’ansia si caratterizza come uno stato d’animo abituale che si manifesta con
sentimenti di inadeguatezza, indecisione, irritabilità, instabilità ed uno stato d’allarme al quale corrisponde
una sintomatologia vegetativa caratterizzata da dilatazione pupillare, secchezza delle fauci, nausea,
tachicardia, sudorazione, minzione imperiosa.
Ipotesi costituzionalista
- Disfunzione dei sistemi di controllo dell’ansia e dei processi neurovegetativi ad essa correlata.
Ipotesi psico-analitica
- Conflitto tra le pulsioni (Es) e le istanze interiorizzate (Super-Io)
Ipotesi cognitivo-comportamentale
- Quotidianamente tutti interpretano gli eventi che si verificano. Tali interpretazioni portano ad
auto convincimenti che possono essere più o meno aderenti alla realtà e più o meno funzionali
al benessere della persona. Si raggiungono :
a) Convinzioni profonde: schemi cognitivi di base attraverso i quali la persona organizza il suo
pensiero ed interpreta la realtà circostante. Esiste appunto uno schema del sé, schema
dell’altro, schema interpersonale (sulla base delle relazioni che vengono istaurate con
l’altro)
b) Convinzioni intermedie: schemi meno radicati e meno rigidi che permettono di prendere
decisioni in breve tempo e di orientarsi nella relazioni
c) Pensieri automatici: idee del sé, dell’altro e delle relazioni interpersonali che agiscono ad
un livello più superficiale, più consapevole e quindi conscio.
I disturbi d’Ansia dell’età evolutiva sono rappresentati dal Disturbo d’Ansia di Separazione (DAS), Disturbo
d’Ansia Generalizzata (DAG), Fobie
Disturbo d’Ansia di Separazione (DAS)
Il prototipo dell’ansia di separazione è rappresentato dalle reazioni che il bambino palesa intorno al 8°mese
di vita quando la madre si allontana. Il pianto indica che è avvenuta l’acquisizione della capacità di
discriminare fra le figure dell’ambiente significativo e di definire quella privilegiata come figura di
accudimento. Il bambino individua nella figura materna una esistenza autonoma, una figura da cui si sente
dipendente e sulla quale non ha possibilità di controllo onnipotente. Normalmente l’alternarsi delle fasi di
allontanamento e riavvicinamento, in un contesto affettivo-relazionale stabile e rassicurante permette al
bambino di gestire ed elaborare tale esperienza. In altri contesti invece questa iniziale ansia di separazione
persiste,condizionando lo sviluppo e le modalità comportamentali ed esperienziali del bambino.
Il quadro clinico è caratterizzato da malessere che insorge tipicamente quando il bambino si allontana da
casa o si separa dalle figure a cui è maggiormente legato. Il quadro varia in relazione all’età. I bambini più
piccoli non sono in grado di restare soli in camera e hanno bisogno di una presenza fisica e spesso
richiedono che la madre si addormenti accanto a loro. I bambini più grandi quando si allontanano da casa
senza genitori in occasioni di gite, feste o passeggiate si mostrano nostalgici, ansiosi ed a disagio. Chiamano
spesso i loro genitori per sapere dove si trovino e spesso inventano scuse per poter ritornare a casa. Sono
assaliti dalla paura di:
Nell’ambito dei DAS viene inserito il quadro clinico della Fobia Scolare. La fobia scolare è il rifiuto della
scuola. I bambini al mattino prima di andare a scuola presentano profondi segni d’ansia correlati al distacco
dal nucleo familiare. Tuttavia spesso la fobia scolare può essere reattiva a situazioni contingenti
all’ambiente scolastico; quindi il rifiuto si manifesta per ansia prestazionale o in seguito ad esperienze
traumatiche vissute a scuola.
Fobie
Le fobie sono paure ingiustificate legate ad un oggetto specifico, verso il quale il bambino nutre un
profondo stato di angoscia ed ansia.
Il DSM V distingue:
fobia sociale: paura rispetto a situazioni che possono comportare un sentimento di umiliazione
derivante dal giudizio degli altri. Il bambino pertanto assume una condotta evitante.
fobia specifica: paura in relazione ad un oggetto specifico
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
farmacologici
psicoterapeutici
educativi
IL DISTURBO OSSESSIVO-COMPULSIVO
Il disturbo ossessivo compulsivo (DOC), è quel quadro clinico caratterizzato dalla presenza di ossessioni e/o
compulsioni, che interferiscono in maniera marcata sulla vita del soggetto affetto.
Le ossessioni sono idee ricorrenti o persistenti che la volontà non riesce ad eliminare dal campo della
coscienza a tal punto da essere motivo di turbamento e disagio. Tra le ossessioni più frequenti:
Il soggetto con ossessioni in genere cerca di ignorare tali pensieri ripetitivi o di neutralizzarli con altre idee o
con determinate azioni (compulsioni)
Le compulsioni sono comportamenti ripetitivi che hanno lo scopo di ridurre il senso di malessere che
accompagna un’ossessione. Tra le compulsioni più frequenti:
lavarsi le mani
controllare che la porta sia chiusa
riordinare gli oggetti
Manifestazioni di tipo ossessivo si possono riscontrare fisiologicamente in età evolutiva a seconda della fase
di sviluppo:
verso la fine del 1° anno di vita il bambino può presentare comportamenti ripetitivi nei confronti di
un oggetto (sbattere un oggetto, farlo cadere, azionare un giocattolo sonoro)
nel 2°-3° anno il bambino presenta comportamenti ritualizzati connessi al controllo sfinterico
(pretende che l’atto venga svolto nello stesso posto e con le medesime modalità)
nel 3°-4° anno il bambino presenta comportamenti ritualizzati nella fase di addormentamento
(richieste di baci o che venga raccontata la stessa favola)
in età scolare il bambino presenta comportamenti compulsivi rispetto ad alcune attività
Tali comportamenti assumono il carattere di vere e proprie manifestazioni ossessivo compulsive quando :
sono anacronistiche
caratterizzate da contenuti insoliti
interferiscono sul funzionamento del soggetto
si associano ad uno stato di ansia
I DISTURBI DEPRESSIVI
I disturbi depressivi includono una serie di quadri clinici in cui l’elemento caratterizzante è rappresentato da
una deflessione del tono dell’umore.
L’umore può essere definito come una tonalità emotiva di fondo, che ha una certa durata nel tempo, nasce
in maniera spontanea, permea in maniera diffusa tutto il modo d’essere, influenzando l’atteggiamento
posturale del soggetto, i livelli di attività motoria e le modalità di rapportarsi alla realtà. I disturbi
dell’umore possono avere diverse connotazioni:
Disturbo depressivo maggiore: quadro clinico caratterizzato dalla ricorrenza di uno o più episodi
depressivi, intesi come periodi di almeno due settimane, durante i quali si verificano sintomi
depressivi.
Disturbo depressivo persistente: quadro clinico caratterizzato da un umore cronicamente depresso.
Per gli adulti l’intervallo temporale è di almeno 2 anni. Per i bambini l’intervallo temporale è di solo
1 anno.
Fattori di rischio
Familiarità
I soggetti con ascendenti (ossia i genitori) e collaterali (ossia fratelli e sorelle) affetti da depressione ,
presentano un rischio maggiore di sviluppare disturbo depressivo.
Disordini neuroendocrinologici
Ambiente
Ambiente familiare in cui vi sono problemi di natura affettivo-relazionale e di comunicazione.
Eventi stressanti
Divorzio
Morte di un genitore o persona significativa per il bambino
Malattia di un genitore o del bambino
Ipotesi Psicodinamica
- Inizialmente Freud differenziò il lutto come la reazione ad una perdita reale di una persona
significativa, e la melanconia intesa come reazione simile al lutto ma legata ad una perdita
immaginaria dell’oggetto d’amore. Nell’ipotesi Freudiana i sentimenti di autosvalutazione sono
legati ad una identificazione dell’Io con l’oggetto amato perduto. Successivamente Melanie
Klein identificò nei primi due anni di vita del bambino, due fasi critiche: la posizione schizo-
paranoide e la posizione depressiva. Nella posizione schizoparanoide, il bambino nell’incapacità
di comprendere gli oggetti nella loro interezza, li scinde in una componente buona e cattiva.
Egli poi, per un processo di identificazione con gli oggetti, interiorizza quelli buoni e proietta la
componente negativa, all’esterno. Successivamente il bambino riesce a ricostruire l’oggetto
nella sua interezza, constatando che l’oggetto può essere sia buono che cattivo. A causa dei
sentimenti ambivalenti di amore ed odio che prova verso lo stesso oggetto, il bambino assume
un atteggiamento depressivo. Queste teorie mettono in luce l’importanza dei processi di
evoluzione.
Ipotesi Cognitivista
- La percezione negativa di se stessi e della qualità delle relazioni non sono la conseguenza di un
disturbo depressivo, ma rappresentano il disturbo stesso. Si configura quindi uno stile cognitivo
o schema mentale, secondo il quale il bambino elabora in maniera atipica e negativa le
esperienze.
Ipotesi Neurobiologica
- Deficit funzionale delle amine biogene, dei singoli neurotrasmettitori (noradrenalina,
serotonina, dopamina, GABA).
Le singole ipotesi non forniscono un valido sostegno nel definire la causa del disturbo depressivo. La
depressione è infatti un disturbo ad eziopatogenesi multifattoriale per cui le varie ipotesi e dinamiche si
intrecciano tra loro. I fattori genetici che causano alterazioni neurobiologiche fungono da substrato. Queste
insieme a fattori esterni ambientali favoriscono l’insorgenza del disturbo. Inoltre è stato evidenziato come
eventi stressanti in età precoce, determinino una vulnerabilità nei confronti della quale, i successivi fattori
ambientali possono favorire lo slatentizzarsi di manifestazioni depressive.
Clinica
La difficoltà clinica risiede nel fatto che i bambini possono avere una scarsa verbalizzazione che può rendere
meno palese il disagio che nasce da un disturbo depressivo. In generale il bambino presenta un’espressione
triste, povertà mimica, sguardo assente, rarità del sorriso, pianto per motivi futili. Si osserva un
rallentamento psicomotorio, una graduale perdita di interesse generale con apatia, scarsa concentrazione e
calo del rendimento scolastico, una condotta evitante con difficoltà ad inserirsi in un gruppo. Si possono
riscontrare alterazione del ritmo sonno-veglia, mancanza di energia, disturbi del comportamento
alimentare.
Diagnosi
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
farmacologici
- SSRI, Triciclici, Stabilizzanti dell’umore
psicoterapeutici
- Lo psicoterapeuta aiuta il bambino a prendere consapevolezza del sé in modo da avere un
maggior controllo sui pensieri negativi che inibiscono le sue prestazioni e determinano la
flessione del suo umore, rafforza le competenze psicologiche che sono alla base
dell’autoaffermazione e insegna ad apprendere strategie che permettano di fronteggiare l’ansia
e lo stress. Importante è il coinvolgimento del nucleo familiare e dell’ambiente significativo.
Educativi
- Interventi atti ad assicurare condizioni di vita che favoriscano il crearsi di rapporti positivi
indispensabili al bambino per acquisire fiducia in se stessi e negli altri.
Disturbo caratterizzato dall’alternanza di fasi depressive e maniacali. La fase maniacale si caratterizza per
Autostima ipertrofica
Diminuito bisogno di sonno
Maggiore loquacità
Maggiore ricchezza di idee
Agitamento psicomotorio
I criteri diagnostici per l’adulto sono poco applicabili all’età evolutiva. I sostenitori dell’esistenza di un
disturbo bipolare già in pre adolescenza propongono infatti:
Allucinazioni
- Le allucinazioni sono percezioni vissute e descritte dal soggetto come reali, malgrado l’assenza di
ogni segnale sensoriale, in quanto manca l’oggetto capace di evocarle. Sono anche definite
percezioni senza oggetto. Possono interessare tutte le modalità sensoriali, anche se le allucinazioni
uditive e visive sono le più frequenti.
Delirio
- Falsa convinzione basata su erronee deduzioni riguardanti la realtà esterna. Queste idee possono
avere contenuti persecutori, religiosi o somatici.
Disturbi del pensiero
- Disturbi che riguardano l’aspetto quantitativo del pensiero (rallentamento o vivacità del pensiero),
l’aspetto qualitativo (pensiero illogico ed inadeguato), perdita dei nessi associativi. L’eloquio si
presenta quindi disorganizzato.
Con il termine Schizofrenia vengono indicati diversi quadri clinici caratterizzati da un’evoluzione cronica, un
deterioramento della personalità e la presenza di sintomi psicotici (allucinazioni, deliri, catatonia,
disorganizzazione ideativa) almeno in alcune fasi del decorso.
L’esordio si colloca fra i 18 e i 25 anni per i maschi e qualche anno più tardi per le femmine. Anche se
raramente, la Schizofrenia può insorgere in età evolutiva: in adolescenza ed anche nell’infanzia. Con
riferimento all’età di esordio, le forme precoci di schizofrenia vengono suddivise in due gruppi:
Cause
Ipotesi genetiche
Il modello monogenetico è stato abbandonato, per cui non esiste il gene della schizofrenia. L’approccio
attuale è quello poligenetico secondo il quale la malattia sarebbe il risultato dell’effetto additivo di più geni.
Ovviamente i disturbi dello spettro della schizofrenia sono ad eziopatogenesi multifattoriale, per cui agenti
esterni agiscono su un substrato che è quello genetico. I soggetti con ascendenti (ossia i genitori) e
collaterali (ossia fratelli e sorelle) affetti da schizofrenia , presentano un rischio maggiore di sviluppare
disturbo.
Ipotesi neurotrasmettitoriali
nigro-striatale
mesolimbico (recettori D2)
mesocorticale (recettori D1, D4)
tubero-infundibolare
Si è riscontrato un aumento dei livelli di dopamina a livello del sistema mesolimbico, mentre una riduzione
a livello del sistema mesocorticale. Tale alterazione, in riferimento anche al profilo recettoriale, si pone
come substrato neurobiologico nella diversificazione dei sintomi caratteristici:
Il sistema serotoninergico svolge un ruolo nella modulazione degli impulsi. Pertanto si pensa che una
iperattività serotoninergica si pone come responsabile dell’impulsività esasperata degli schizofrenici.
Ipotesi neuroendocrinologiche
Ipotesi neuropatologiche
Ipotesi psicogenetiche
Al di là del modello, l’approccio psicoanalitico ha sempre posto la figura materna quale elemento critico
nella genesi del disturbo schizofrenico (madre schizofrenogenica). Attualmente il ruolo della madre è stato
ridimensionato con il ricorso al
La famiglia assume un ruolo di fondamentale importanza. I genitori incapaci di ricoprire il loro ruolo,
utilizzano il bambino per il completamento del sé o per il mantenimento del legame coniugale. Inoltre nelle
famiglie di psicotici si assiste al contrasto tra la facciata ipercontrollata e la sottostante tensione che può
sfociare in fenomeni di aggressività coinvolgendo tutti i membri del nucleo.
La schizofrenia è considerata una sindrome multifattoriale ove fattori esterni agiscono su di un substrato
genetico. Se il soggetto vive in un contesto in cui le dinamiche familiari e relazionali sono fluide e sane,
difficilmente eventi stressanti esterni favoriranno lo slatentizzarsi dell’esofenotipo schizofrenico.
Sintomi caratteristici
Distinguiamo:
Sintomi positivi
- Distorsioni o esagerazioni del pensiero deduttivo (deliri),
- Distorsioni o esagerazioni della percezione (allucinazioni)
- Distorsioni o esagerazioni del linguaggio e della comunicazione (eloquio disorganizzato)
- Distorsioni o esagerazioni del controllo del comportamento (comportamento disorganizzato o
catatonico)
Sintomi negativi
- Restrizione nello spettro e nell’intesità delle espressioni emotive (appiattimento dell’affettività)
- Restrizione nella fluidità e nella produttività del pensiero e dell’eloquio (alogia)
- Restrizione nell’iniziare comportamenti finalizzati a una meta (abulia o inerzia)
Decorso
La fase prodromica
- Progressivo cambiamento del modo di essere e di comportarsi del soggetto.
Il soggetto avverte ansia: il che lo conduce ad assumere condotte di evitamento, significativo calo
del rendimento scolastico o lavorativo; maggiore irritabilità che può sfociare in atteggiamenti
aggressivi. Si osservano manifestazioni psicosomatiche con dolori vaghi soprattutto addominali.
Possono comparire esperienze di depersonalizzazione auto psichica (il soggetto si sente come se
stesse perdendo la sua identità), depersonalizzazione allo psichica (il soggetto riferisce
l’impressione di avvertire la realtà esterna trasformata e minacciosa), depersonalizzazione somatica
(il soggetto avverte cambiamenti del proprio corpo)
La fase attiva
- Presenza di sintomi psicotici propriamente detti.
La fase residua
- Attenuazione dei sintomi psicotici positivi e negativi.
Il soggetto presenta pensieri bizzarri ma non tali da essere definiti deliranti, esperienze percettive
abnormi ma non tali da essere definite allucinazioni, eloquio vago ed astratto ma comprensibile. Il
soggetto presenta disinteresse per le relazioni interpersonali e appiattimento dell’affettività .
Diagnosi
Anamnesi volta a valutare la familiarità, ambiente significativo, eventi stressanti, sintomi del
soggetto.
Esame neuropsichiatrico volto a valutare il profilo funzionale del soggetto (area neuromotoria,
linguistica, cognitiva, affettivo-relazionale)
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
farmacologici
- antipsicotici tipici o di prima generazione (aloperidolo) che agiscono su recettori D2
- antipsicotici atipici o di seconda generazione (clozapina, olanzapina, quetiapina, risperidone) che
agiscono su svariati sistemi recettoriali.
psicoterapeutici
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Disturbi dell’Umore
Depressione Maggiore
Disturbo bipolare
Disturbo Post traumatico da stress
Disturbi dello spettro autistico
Condizioni mediche generali
Epilessie ed encefalopatie eredo-degenerative
Abuso di Sostanze
Bouffee delirante acuta
Sindrome Borderline
L’anoressia nervosa
L’anoressia nervosa è una situazione caratterizzata da una deliberata perdita di peso, indotta e sostenuta
dal soggetto. Tale condotta è sottesa da due elementi caratterizzanti: una preoccupazione abnorme di
diventare grassi ed una percezione alterata del proprio peso e della propria immagine corporea.
Cause
Clinica
L’esordio è graduale ed è caratterizzato da una generica decisione di iniziare una dieta per migliorare il
proprio aspetto. Nelle fasi iniziali il soggetto dichiara di avere fame ma di essersi imposto di non mangiare
per paura di acquistare peso. Il soggetto comincia a sviluppare una polarizzazione ideativa su quanto
attiene al cibo: la quantità degli alimenti da ingerire (sempre meno), la qualità (basso contenuto calorico), la
cadenza dei ritmi di assunzione (rigidi e sfalsati rispetto al nucleo familiare). Nelle adolescenti compare
amenorrea. Con l’inizio del dimagramento, il soggetto presenta uno stato di euforia che sfocia in proficuo
impegno in attività fisiche atte a ridurre il peso. La fame negata può a volte esplodere in crisi bulimiche a cui
il soggetto pone rimedio con il vomito o lassativi. Con il progressivo dimagramento si assistono ad
alterazioni dell’omeostasi con turbe gastroenterologi che, ematologiche, compromissione degli organi
interni. A questo punto, all’euforia si sostituisce l’apatia, astenia ed un quadro depressivo. Nonostante il
dimagramento il soggetto ha terrore di prendere peso e mostra una spiccata dispercezione corporea.
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
farmacologici ed internistici
psicoterapeutici
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Bulimia nervosa
A differenza dell’anoressia nervosa, il peso corporeo si mantiene nei limiti della norma.
LA DISABILITA’ INTELLETTIVA
Si definisce Disabilità Intellettiva l’insieme dei quadri clinici a diversa etiologia, caratterizzati da significative
limitazioni che investono sia il funzionamento intellettivo che il comportamento adattativo, con
compromissioni delle competenze sociali e delle competenze necessarie a provvedere alle abituali richieste
nelle attività quotidiane.
L’elemento caratterizzante è rappresentato da una intelligenza che si attesta ad un livello inferiore rispetto
al livello atteso, tenendo conto dell’età, dello stato socio economico e del contesto socio-culturale. È
difficile fornire una definizione di intelligenza. Abitualmente si utilizzano dei reattivi mentali standard,
ovvero test costituiti da una serie di prove che vanno ad investigare le molteplici sfaccettature
dell’intelligenza (prove verbali, di ragionamento, di problem solving). Al termine delle prove è possibile
elaborare il quoziente intellettivo (QI). L’elemento significativo della disabilità intellettiva e che il QI assume
un valore inferiore a 70, ovvero 2 derivazioni standard al di sotto della media.
comunicazione
cura di se stessi
abilità domestiche
abilità sociali
autonomia
abilità nel provvedere alla propria salute e sicurezza
abilità lavorative
abilità accademico-scolastiche
abilità nella gestione del proprio tempo libero
Cause
1. Fattori Genetici
Anomalie presenti nel patrimonio genetico le quali incidono sui processi di formazione e sviluppo
del SNC.
2. Fattori Acquisiti
Noxae patogene che agiscono dall’esterno sul SNC. Tali fattori possono essere suddivisi in prenatali
(infezioni da rosologia, citomegalovirus, toxoplasmosi), perinatali (sofferenze fetali acute quali
ipossia), postnatali (traumi, infezioni)
Clinica
Diagnosi
Anamnesi
Valutazione di consanguineità
Valutazione della presenza di casi fra ascendenti e collaterali: il che conduce verso una ricerca
genetica
Ricerca di cause pre-peri-post-natale
Ricerca di elemneti che possono indirizzare la diagnosi verso quadri sindromici complessi. Ad esempio la
presenza di tratti dismorfici può essere indicativa di una patologia genetica
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Riabilitativi
- La terapia dello neuro e psico-motricità dell’età evolutiva .
Prevede interventi riabilitativi: rivolti alle alterazioni delle funzioni cognitive di base (funzioni
mentali del movimento, del linguaggio)
Prevede interventi abilitativi: rivolti alla facilitazione delle attività motorie, della comunicazione
- Logopedia
Trattamento che ha lo scopo di organizzare le funzioni linguistiche. Mira a stimolare il linguaggio in
tutte le sue forme: parlato, scritto, letto
- Terapia occupazionale
Interventi organizzati in laboratori opportunamente strutturati in base al livello cognitivo del
soggetto.
farmacologici
- nei casi di ipotiroidismo neonatale, malattie del metabolismo.
psicoterapeutici
- interventi a sostegno del bambino (incremento dell’autostima , della sicurezza, della condotta ) e
della famiglia
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Clinica
I disturbi dello spettro autistico rappresentano un gruppo eterogeneo di condizioni cliniche che
condividono alcune caratteristiche comuni che vanno a definire una categoria nosografica unitaria. Tali
caratteristiche sono rappresentate da:
Presenza di rigidità dei processi mentali che si traduce in comportamenti atipici. Le atipie si riferiscono al
modo in cui il soggetto si rapporta all’oggetto, al tipo di interessi che lo coinvolgono e alle caratteristiche
con cui si impegna nell’attività. Il pattern di comportamento , interessi o attività ristretti e ripetitivi (DSM V),
viene soddisfatto quando compaiono due o più elementi:
I disturbi associati
Disabilità intellettiva
Epilessie
Disturbi del neurosviluppo
Cause
Cercare le cause del Disturbo autistico significa cercare un qualcosa che è al di sotto del fenotipo
comportamentale osservabile. Mutazioni genetiche e ambiente esterno (in particolare ambiente familiare e
affettivo-relazionale) determinano il substrato che influenza l’endotipo funzionale (insieme delle strutture
neurobiologiche di fondo). Questo investe quelle funzioni che si ascrivibili ad un deficit dell’interazione
della comunicazione sociale e attività ed interessi ristretti e ripetitivi (endotipo funzionale). L’endotipo
funzionale si esprime come fenotipo comportamentale, ovvero l’insieme dei comportamenti osservabili in
clinica.
L’endotipo strutturale
L’endofenotipo strutturale si riferisce a quelle anomalie del substrato neurobiologico che sono alla base
dell’endofenotipo funzionale. RM, SPECT, PET permettono di individuare una serie di strutture encefaliche
che fungono da impalcatura per le funzioni coinvolte nel comportamento sociale. Il neonato, come detto in
precedenza, è da subito interessato ad interagire con le figure dell’accudimento. Tale carattere innato
induce a ritenere la presenza alla nascita di una specifica organizzazione anatomo-funzionale del SNC. Da
qui l’enfasi sul ruolo dell’amigdala e dell’ossitocina nel determinare tale disposizione. Ultime ricerche
rilevano come anomalie dell’amigdala e dei network che vedono la partecipazione dell’ossitocina
rappresentino la base strutturale per l’insorgenza di comportamenti autistici. Grande importanza è data ai
Mirror Neuron o neuroni a specchio che si attivano nel bambino nel momento in cui si interfaccia con
l’altro. L’Amigdala, giro fusiforme e solco temporale superiore sono strutture che si attivano nelle
esperienze emozionali. La corteccia orbito-frontale svolge un ruolo fondamentale nel problem solving.
Ovviamente tali strutture non devono essere analizzate singolarmente ma in senso globale.
Fattori etiologici
Diagnosi
Anamnesi
- Anamnesi familiare alla ricerca di causi di autismo o neuropsichiatrici diversi dall’autismo
- Consanguineità dei genitori
- Noxae-patogene pre-peri-post-natale.
Esame clinico-generale
- Ricerca di elementi che possono indirizzare la diagnosi verso quadri sindromici complessi. Ad
esempio la presenza di tratti dismorfici può essere indicativa di una patologia genetica.
Esame neurologico
- Fornisce validi elementi per valutare lo stato neurologico del soggetto e a verificarne l’eventuale
presenza di quadri clinici nosograficamente definiti
a) nervi cranici
b) tono, forza, trofismo muscolare
c) riflessi superficiali e profondi
d) coordinazione generale
e) prassie
f) sensibilità
Esame psicologico
- Tramite l’osservazione, colloquio e somministrazione di reattivi mentali si può
a) confermare un disturbo dello spettro autistico
b) valutare la presenza di quadri psicopatologici che simulano un quadro autistico
c) definire il profilo funzionale del soggetto (lieve, moderato, severo o livello 1,2 ,3) ed il suo
adattamento.
Indagini strumentali e laboratoristiche
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Riabilitativi
Gli interventi riabilitativi lavorano su aree dello sviluppo che per definizione sono deficitarie:
a) Alterazioni delle funzioni psicosociali del pensiero da cui dipendono i disordini relazionali
b) Alterazioni delle funzioni mentali del linguaggio da cui dipendono i disordini della
comunicazione
c) Alterazioni delle funzioni psicomotorie e cognitive da cui dipendono le atipie nell’uso del corpo
e degli oggetti.
Il Disturbo di Rett
Interessa il sesso femminile con insorgenza fra i 12-18 mesi ed i 4 anni, di comportamenti autistici.
L’interesse del sesso femminile ha permesso l’ipotesi di una tesi che vede coinvolta regione del cromosoma
X che codifica per il gene MECP2. Tale gene codifica per una proteina in grado di determinare una
repressione trascrizionale di alcuni geni. Quindi la patogenesi sarebbe ricondotta ad una abnorme
regolazione epigenetica.
Il Disturbo di Asperger
Si ipotizza la presenza di una Disfunzione cerebrale minima che segnala la presenza di fenomeni cerebro
lesivi sottostanti. Si pensa che alla base possa esserci una ipofunzionalità del sistema dopaminergico con
alterazioni delle connessioni fra specifiche aree cerebrali (lobo frontale) preposte alla regolazione e al
controllo dell’attività motoria.
Clinica
L’iperattività
- Caratterizzata da livelli di attività motoria molto elevati. Il soggetto è incapace di restare fermo e
anche quando gli si impone di restare fermo si agita muovendo in continuazione mani, piedi, capo.
Avendo difficoltà nell’effettuare in maniera continuativa giochi tranquilli (giochi da tavolo) o nello
stare sul proprio posto (scuola, ambiente di lavoro) si dedica esclusivamente a giochi che
prevedono un’intensa attività motoria.
L’impulsività
- Modo di essere e di relazionarsi caratterizzato dall’incapacità di riflettere,mediare, dilazionare le
risposte comportamentali tenendo conto delle esigenze definite dal contesto. Il soggetto non pensa
prima di agire o di rispondere. Il soggetto è incapace di attendere il proprio turno nelle attività, si
intromette nei giochi, nelle attività, nelle conversazioni degli altri in maniera invadente
interrompendole.
La disattenzione
- Incapacità di mantenere l’attenzione in maniera stabile su un determinato compito e di resistere
all’azione di distrattori. Il soggetto non presta attenzione ai particolari, commette errori di
distrazioni nei compiti scolastici, è sbadato nelle attività lasciandosi distrarre, non porta a termine
le consegne e sembra non ascoltare.
Decorso
Si manifesta in epoca prescolare ma il disturbo comincia ad avere una maggiore rilevanza sul piano
adattativo del bambino in età scolare. In adolescenza l’iperattività si trasforma in irritabilità e stati d’ansia. Il
disturbo può persistere nell’età adulta anche se attenuato. Persistono delle lacune in ambito affettivo-
relazionale
Diagnosi
La diagnosi viene formulata in base ai criteri comportamentali che possono essere osservati attraverso:
Disturbi associati
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Riabilitativi
- La terapia dello neuro e psico-motricità dell’età evolutiva .
Prevede interventi riabilitativi: rivolti alle alterazioni delle funzioni cognitive di base (funzioni
mentali del movimento, del linguaggio)
Prevede interventi abilitativi: rivolti alla facilitazione delle attività motorie, della comunicazione
- Logopedia
Trattamento che ha lo scopo di organizzare le funzioni linguistiche. Mira a stimolare il linguaggio in
tutte le sue forme: parlato, scritto, letto
- Terapia occupazionale
Interventi organizzati in laboratori opportunamente strutturati in base al livello cognitivo del
soggetto, al fine di prolungare i tempi di attenzione, potenziare i processi di controllo degli impulsi,
rispetto dei turni, pianificare le azioni ed educare alle emozione.
farmacologici
- atomoxetina (inibitore selettivo del meccanismo di ricaptazione della noradrenalina)
psicoterapeutici
- interventi a sostegno del bambino (incremento dell’autostima , della sicurezza, della condotta ) e
della famiglia
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Si definisce Disturbo della Condotta quel quadro clinico caratterizzato da una serie di comportamenti
inadeguati in cui le norme della società vengono violate. Tale disturbo è persistente e pervasivo, ovvero
rappresenta il modo di essere e di relazionarsi del soggetto nei vari contesti di vita.
Clinica
1. In età scolare prevalgono comportamenti di bullismo, disubbidienza nei confronti delle figure
genitoriali o delle istituzioni scolastiche e sociali in generale. Facilmente danno inizio a colluttazioni
e scontri fisici o con oggetti/armi nei confronti di persone o animali.
2. In adolescenza prevalgono comportamenti disfunzionali a carattere sessuale (stupri, abusi ). Si
riscontrano atti delinquenziali.
In ambito scolastico il rendimento è al di sotto del livello previsto per età ed intelligenza. Vanno spesso in
contro a fenomeni di frustrazione che sfociano in atti di esplosione di rabbia. A causa della loro condotta, le
dinamiche affettivo-relazionali sono compromesse, ragion per cui tali soggetti presentano un difficile
inserimento nei vari contesti sociali. Tali soggetti presentano tratti calloso-anemozionali:
assenza di sensi di colpa e di rimorso nei confronti delle conseguenze delle loro azioni
scarso interesse nei confronti dei sentimenti degli altri con scarsa empatia
appiattimento delle emozioni
scarso interesse verso le attività
Cause
I disturbi della condotta presentano una eziopatogenesi multifattoriale, per cui fattori ambientali agiscono
su un substrato genetico. Frequente è la presenza tra collaterali ed ascendenti di disturbi della condotta o
altri disturbi di natura neuropsichiatrica. Quindi abbiamo un endofenotipo strutturale che è costituito da
anomali di strutture neurobiologiche; tali anomalie vanno a determinare atipie funzionali (endofenotipo
funzionale); l’endofenotipo funzionale sottende il fenotipo comportamentale.
Diagnosi
La diagnosi viene formulata in base ai criteri comportamentali che possono essere osservati attraverso:
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Riabilitativi
Interventi riabilitativi vanno presi in considerazione qualora il disturbo della condotta si associ a
disturbo del neuro sviluppo, quali disturbo della comunicazione, apprendimento , della
coordinazione.
- La terapia dello neuro e psico-motricità dell’età evolutiva .
Prevede interventi riabilitativi: rivolti alle alterazioni delle funzioni cognitive di base (funzioni
mentali del movimento, del linguaggio)
Prevede interventi abilitativi: rivolti alla facilitazione delle attività motorie, della comunicazione
- Logopedia
Trattamento che ha lo scopo di organizzare le funzioni linguistiche. Mira a stimolare il linguaggio in
tutte le sue forme: parlato, scritto, letto
- Terapia occupazionale
Interventi organizzati in laboratori opportunamente strutturati
farmacologici
psicoterapeutici
- interventi a sostegno del bambino (incremento dell’autostima, della percezione del sé, dell’altro,
facilitazione nell’istaurare relazioni intersoggettive) e della famiglia
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
IL DISTURBO OPPOSITIVO-PROVOCATORIO
Il Disturbo Oppositivo Provocatorio è caratterizzato da un insieme di comportamenti che assumono
l’aspetto di una costante sfida nei confronti delle figure dell’ambiente significativo.
Clinica
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Riabilitativi
Interventi riabilitativi vanno presi in considerazione qualora il disturbo della condotta si associ a
disturbo del neuro sviluppo, quali disturbo della comunicazione, apprendimento , della
coordinazione.
- La terapia dello neuro e psico-motricità dell’età evolutiva .
Prevede interventi riabilitativi: rivolti alle alterazioni delle funzioni cognitive di base (funzioni
mentali del movimento, del linguaggio)
Prevede interventi abilitativi: rivolti alla facilitazione delle attività motorie, della comunicazione
- Logopedia
Trattamento che ha lo scopo di organizzare le funzioni linguistiche. Mira a stimolare il linguaggio in
tutte le sue forme: parlato, scritto, letto
- Terapia occupazionale
Interventi organizzati in laboratori opportunamente strutturati in base al livello cognitivo del
soggetto, al fine di prolungare i tempi di attenzione, potenziare i processi di controllo degli impulsi,
rispetto dei turni, pianificare le azioni ed educare alle emozioni.
farmacologici
psicoterapeutici
- interventi a sostegno del bambino (incremento dell’autostima , della sicurezza, della condotta,
riconoscimento del sé, dell’altro, facilitazione di relazioni intersoggettive e analisi delle dinamiche
affettivo-relazionali ) e della famiglia
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Clinica
1. Età prescolare
Goffaggine nel correre e nel saltare. Le cadute ei rispettivi trami ortopedici sono frequenti. Le
difficoltà a carico della motricità fine possono passare inosservate. Le difficoltà nelle autonomie
personali come lavarsi il viso, le mani, lavarsi i denti, indossare indumenti vengono in genere
attribuite a pigrizia. Si assiste ad un ritardo nell’acquisizione delle competenze linguistiche.
2. Età scolare
Poiché le richieste dell’ambiente si fanno più pressanti, i deficit a carico della coordinazione fine e
grossolana si slatentizzano. Il bambino ha difficoltà in attività ludiche, sportive, nello scrivere
(disgrafia). Difficoltà nell’articolazione del linguaggio. Le difficoltà nelle autonomie personali si
rendono maggiormente evidenti e hanno un grande impatto sulla vita del bambino.
3. Adolescenza e giovane adulto
Il disturbo subisce in adolescenza un’accentuazione. La crescita somatica si verifica infatti ad un
ritmo che sopravanza la capacità di mettere in atto dei sistemi di controllo motorio e adattativi. Nel
giovane adulto gli equilibri, seppur precari tendono a ristabilirsi. L’adulto deve però rinunciare ad
impegnative attività sportive e far ricorso eventualmente ad opportuni ausili.
Cause
Fattori ambientali poggiano su un substrato genetico. Le principali componenti deficitarie, che sono poi
causa di tale disturbo sono:
La componente senso-percettiva
- Insieme dei processi che portano all’acquisizione dei dati necessari a permettere l’azione. Ci si
riferisce alle caratteristiche spaziali in cui deve svolgersi l’azione, alla disposizione degli oggetti, alla
distanza corpo-oggetto, percezione del proprio corpo e del proprio corpo nello spazio. La
componente senso-percettiva è attiva prima dell’azione al fine di preparare l’atto motorio, durante
l’azione al fine di apporre le necessarie modifiche in itinere, dopo l’azione per memorizzare lo
schema motorio.
La componente elaborativa
- Insieme dei processi preposti al pensare l’azione e a conservarla mentalmente. La componente
elaborativa permette di richiamare schemi motori depositati in memoria, selezionare e combinare
gli schemi motori funzionali all’azione da svolgere, depositare in memoria gli schemi che si sono
mostrati funzionali. La presenza di operazioni mentali che precedono l’atto motorio ha fatto si che
si comprendesse come nei soggetti affetti da disturbo della coordinazione vi fosse un’incapacità nel
pensare l’azione, nel selezionare e combinare schemi motori.
La componente esecutiva
- La realizzazione del movimento avviene grazie a strutture quali neuroni, vie nervose, muscoli,
giunzioni neuromuscolari, che traducono il movimento pensato in azione. Vi è incapacità delle
strutture di base a rispondere ai comandi che provengono dall’alto.
Diagnosi
La diagnosi viene formulata in base ai criteri comportamentali che possono essere osservati attraverso:
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Riabilitativi
- La terapia dello neuro e psico-motricità dell’età evolutiva .
Prevede interventi riabilitativi: rivolti alle alterazioni delle funzioni cognitive di base (funzioni
mentali del movimento, del linguaggio)
Prevede interventi abilitativi: rivolti alla facilitazione delle attività motorie, della comunicazione
- Logopedia
Trattamento che ha lo scopo di organizzare le funzioni linguistiche. Mira a stimolare il linguaggio in
tutte le sue forme: parlato, scritto, letto
- Terapia occupazionale
Interventi organizzati in laboratori opportunamente strutturati
psicoterapeutici
- interventi a sostegno del bambino (incremento dell’autostima, della percezione del sé, dell’altro,
facilitazione nell’istaurare relazioni intersoggettive) e della famiglia
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
IL DISTURBO DA TIC
Il disturbo da Tic è un quadro clinico caratterizzato dalla presenza di Tic. Il Tic è un movimento improvviso,
rapido, ricorrente e aritmico (tic motorio). L’ipercinesia involontaria può investire anche la muscolatura
fono-articolatoria, determinando la produzione di suoni (tic vocali). Il tic è avvertito come irresistibile, per
cui i tentativi di reprimerlo, di durata limitata, determinano un notevole stato di disagio e tensione. I tic
sono accentuati dallo stress, mentre si attenuano durante attività che richiedono concentrazione (leggere,
scivere) e solitamente scompaiono durante il sonno. Distinguiamo:
Cause
Etiopatogenesi multifattoriale ove fattori ambientali agiscono su fattori genetici pre-esistenti. È stata
riscontrata un’alterazione del sistema dopaminergico. I gangli della base sono investiti da dopamina. In
particolare si è vista una disfunzione al livello dello striato il quale avrebbe una minore capacità di inibire i
neuroni talamici. Di conseguenza si determina una liberazione di impulsi eccitatori talamo-corticali con
stimolazione dei centri motori corticali. Dal punto di vista ambientale, fattori emotivi quali ansia, disagio,
tensione, stress, possono incidere sullo slatentizzarsi di fenomeni involontari.
il linguaggio verbale
linguaggio non verbale (gesti, mimica, atteggiamenti posturali)
elementi del contesto che integrano il significato del messaggio veicolato
Secondo la definizione del DSM V, i disturbi della comunicazione comprendono deficit dell’eloquio, del
linguaggio e della comunicazione; dove per eloquio si intende la produzione espressiva di suoni e
comprende articolazione, fluenza, voce e qualità di risonanza; per linguaggio si intende la forma,la funzione
e l’utilizzo di un sistema convenzionale di simboli con modalità governata da regole; per comunicazione si
intende qualsiasi comportamento verbale e non verbale che influenza il comportamento, le idee e attitudini
di un altro individuo.
Si definisce linguaggio la forma,la funzione e l’utilizzo di un sistema convenzionale di simboli con modalità
governata da regole. È una funzione complessa che si sviluppa progressivamente nel tempo attraverso la
maturazione di una serie di strutture:
Il disturbo del linguaggio può essere primario o secondario a quadri sindromici complessi quali malattie
eredo-degenerative, Sindrome di Down, etc.
Cause
La capacità di parlare e di comprendere il linguaggio deriva dall’integrità di strutture di base e dallo sviluppo
di una serie di competenze:
competenza fonologica
- riconoscimento e gestione dei suoni che compongono il linguaggio
competenza morfo sintattica
- riconoscimento e gestione delle parole e delle regole che le legano nelle frasi
competenza semantica
- attribuzione del significato delle parole e delle frasi
All’organizzazione del linguaggio partecipano alcune strutture encefaliche specifiche in particolare, l’are di
Wernike (centro verbo-acustico) e l’area di Broca (centro verbo-motore). Una lesione nella regione
mediana del lobo temporale medio dell’emisfero dominante (in genere il sx), comporta l’incapacità di
comprendere il senso di quanto ascoltato. Una lesione in un’area situata nel piede della circonvoluzione
frontale ascendete dell’emisfero dominante (in genere il sx), determina l’incapacità di formulare
verbalmente un pensiero. Ovviamente all’organizzazione del linguaggio non partecipano sono i centri
specifici, ma l’encefalo nella sua globalità.
Clinica
Il bambino presenta un ritardo nell’accedere alle tappe del linguaggio previste dallo sviluppo tipico.
1. Forme lievi
- Le forme lievi esordiscono e si risolvono con l’ingresso nella scuola primaria. Il bambino all’età di 2
anni ha un vocabolario molto ridotto. All’età di 3 anni il bambino arricchisce il vocabolario che
risulta ancora scarno con incapacità di associare due o più parole. La componente fonologica è
compromessa e si traduce in dislalie (difetti di pronuncia), errori di omissione e sostituzione di
fonemi (tato per andato). All’età di 4 anni il bambino coinvolge maggiormente il canale
comunicativo verbale e nonostante le difficoltà nella comprensione morfo-sintattica e semantica,
presenta un enunciato sufficiente. All’età di 5 anni il linguaggio subisce una forte accelerazione e le
difficoltà si attenuano fino a scomparire.
2. Forme media gravità
- La differenza con le forme lievi risiede nella durata, più che nella severità dei sintomi.
3. Forme gravi
- L’entità del deficit permane nell’adulto.
Diagnosi
Anamnesi
Esame clinico generale
Esame neurologico
Esame psichico
Indagini laboratoristiche e strumentali
hanno lo scopo di :
Gli interventi terapeutici da adottare dipendono dall’età del bambino, dai disturbi associati e dalle
caratteristiche dell’ambiente significativo. La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico
Integrato che prenda in considerazione diversi interventi:
Riabilitativi
La terapia dello neuro e psico-motricità dell’età evolutiva.
Prevede interventi riabilitativi: rivolti alle alterazioni delle funzioni cognitive di base (funzioni
mentali del movimento, del linguaggio)
Prevede interventi abilitativi: rivolti alla facilitazione delle attività motorie, della comunicazione
Logopedia
Trattamento che ha lo scopo di organizzare le funzioni linguistiche. Mira a stimolare il linguaggio in
tutte le sue forme: parlato, scritto, letto
Terapia occupazionale
Interventi organizzati in laboratori opportunamente strutturati in base al livello cognitivo del
soggetto, al fine di prolungare i tempi di attenzione, potenziare i processi di controllo degli impulsi,
rispetto dei turni, pianificare le azioni ed educare alle emozione.
psicoterapeutici
- interventi a sostegno del bambino (incremento dell’autostima , della sicurezza, della condotta ) e
della famiglia
educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Le balbuzie sono un disturbo dell’articolazione della parola dovuto ad uno spasmo intermittente
dell’apparato fonatorio, per cui l’eloquio si presenta esitante o con ripetizioni.
Cause
Secondo l’orientamento organicista alla base del disturbo vi è un fattore organico caratterizzato da una
fragilità dell’organizzazione neurologica, a forte componente genetica:
familiarità
- casi di balbuzie o di disturbi del linguaggio in collaterali ed ascendenti
sesso
- Prevalenza del sesso maschile
disturbi della lateralizzazione
- Lateralizzazione mal definita e preferenza di un lato nell’esecuzione di compiti funzionali
ritardi del linguaggio
- competenza fonologica
- competenza morfo-sintattica
- competenza semantica
tonica
- spasmo che ostacola l’avvio del suono ed il passaggio da un suono a quello successivo
clonica
- l’ostacolo nell’eloquio è dovuto alla ripetizione di un suono che è in genere la prima sillaba o la
prima parola della frase
Il disturbo della fluenza è accompagna da sincinesie facciali o diffuse a tutto il corpo. Frequente è
l’associazione con turbe vegetative (rossore, sudorazione) e respiratorie. La balbuzia si accentua in
situazioni di intenso coinvolgimento emotivo mentre si attenua nelle circostanze in cui il linguaggio è
automatizzato (canto).
Terapia
Interventi riabilitativi
- Stimolare il controllo emozionale
- Favorire la riorganizzazione funzionale attraverso esercizi respiratori, esercizi su cui si pone enfasi
sulla ritmicità delle parole
Interventi psico-educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Interventi psicoterapeutici
- Miglior controllo della sfera emozionale e comprensione del sè
Interventi farmacologici
- In situazioni particolari qualora l’ansia (ansiolitici) sia particolarmente invalidante
Disturbo che origina dal deficit di una specifica componente del linguaggio: la pragmatica. Per pragmatica si
intende la capacità di comprendere il significato di una parola o di una frase facendo riferimento al
contesto. Le difficoltà comportano l’incapacità di cogliere le sfumature meno esplicite della comunicazione
e di comprendere metafore e motti di spirito.
Prevalenza
Interessano circa il 20% dei soggetti della scuola primaria. Maggiore frequenza nei maschi rispetto alle
femmine con rapporto (4:1)
Cause
Si ipotizza che fattori ambientali possano agire su un substrato genetico (che comporta anomalie
neuropsicologiche di fondo). La presenza di un substrato genetico di fondo è avallato dall’aumento
dell’incidenza in famiglie con ascendenti e collaterali affetti da DSA e dalla maggiore incidenza negli
individui di sesso maschile.
1. Fattori Genetici
Anomalie presenti nel patrimonio genetico le quali incidono sui processi di formazione e sviluppo
del SNC.
2. Fattori Acquisiti
Noxae patogene che agiscono dall’esterno sul SNC. Tali fattori possono essere suddivisi in prenatali
(infezioni da rosologia, citomegalovirus, toxoplasmosi), perinatali (sofferenze fetali acute quali
ipossia), postnatali (traumi, infezioni)
Clinica
È il sottotipo che include i casi in cui è interessato l’apprendimento della lettura. Le difficoltà si manifestano
con l’inizio della scuola primaria o quando le richieste eccedono le limitate capacità del soggetto. Il soggetto
legge male per:
Deficit di accuratezza
- Errori che un soggetto fa durante la lettura. Gli errori più frequenti sono:
a) Sostituzione di fonemi simmetrici (b-p-d)
b) Sostituzione di fonemi opposti (m-n)
c) Omissione lettere, sillabe
d) Inversione lettere, sillabe
e) Omissione o unione di parole
f) Mancata osservanza degli accenti e punteggiatura
g) Confusione nel cambio di riga nell’andare a capo
h) Inadeguata intonazione
Deficit della rapidità
- Tempo che il soggetto impiega nel leggere un brano. Relativamente alla rapidità, il soggetto legge
male quando:
a) Impiega un tempo eccessivamente lungo
b) Segue le parole con il dito
c) Insiste su una lettura di una sillaba
d) Intervalla la lettura con lunghe pause
Deficit della comprensione
- Incapacità del soggetto di comprendere quanto letto. Tale incapacità non riguarda i processi di
decodifica grafema-fonema, ma l’incapacità di acquisire informazioni e conoscenze, che è il fine
stesso della lettura.
È il sottotipo in cui è interessato l’apprendimento della scrittura. Nel percorso di acquisizione della scrittura
il bambino deve padroneggiare il fonema (suono) ed il grafema (segno). Lentamente impara gli aspetti
ortografici della scrittura con le sue regole e i movimento necessari a tradurre nello spazio grafico
l’elaborato mentale. Pertanto un bambino può scrivere male per:
disgrafia
- deficit che riguarda l’acquisizione dei programmi motori che permettono di tradurre sullo spazio
grafico quanto elaborato mentalmente.
a) Eccessiva o scarsa velocità nello scrivere
b) Irregolarità delle lettere fino all’illegibilità
c) Alterazioni della fluidità del tratto
d) Eccessiva o scarsa pressione sul foglio
disortografia
- deficit relativi ai processi di decodifica fonema-grafema e di padroneggia mento delle regole che
governano la lingua.
a) Inversioni
b) Omissioni
c) Confusione tra grafemi simili
d) Errori di punteggiatura, accento
composizione del testo
- la costruzione del testo scritto è deficitaria per povertà lessicale, inadeguatezza della struttura della
frase, errori grammaticali e di punteggiatura.
Diagnosi
Si valutano le abilità raggiunte nelle aree di lettura, scrittura e calcolo tramite prove specifiche.
1. Esame della lettura viene eseguito attraverso la lettura di brani scelti in base all’età e alla classe
frequentata e vengono valutati:
Il numero di errori commessi
il tipo di errori
velocità di lettura
comprensione
2. Esame della scrittura viene effettuato attraverso il dettato e la composizione libera. Si valutano:
Il numero di errori commessi
Il tipo di errori commessi
La velocità di scrittura
La ricchezza del vocabolario
3. Anche per il calcolo vengono utilizzate prove standardizzate per valutare il livello prestazionale
Di fondamentale importanza è la diagnosi differenziale con altri quadri che possono inficiare le abilità di
lettura, scrittura e calcolo come:
disturbi d’ansia
disturbo del linguaggio
disturbo da deficit di attensione con iperattività
disturbi della condotta
disturbi dello spettro autistico
disabilità intellettiva
carenze socio-culturali
Terapia
Gli interventi terapeutici da adottare dipendono dall’età del bambino, dai disturbi associati e dalle
caratteristiche dell’ambiente significativo. La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico
Integrato che prenda in considerazione diversi interventi:
riabilitativi
- Attività che hanno per oggetto la prestazione deficitaria. Il presupposto è che la ripetizione guidata,
facilitata e rinforzata consenta l’apprendimento e l’automatizzazione dei processi coinvolti.
Abbiamo :
a) Esercizi di lettura
b) Esercizi di dettato
c) Esercizi di calcolo
psico-educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto.
Psicoterapeutici
- Interventi di rassicurazione, sostegno e rinforzo positivo del bambino al fine di superare i
sentimenti di inadeguatezza e frustrazione.
I DISTURBI DELL’EVACUAZIONE
ENURESI
Con il termine enuresi viene indicata una minzione involontaria di un bambino di età superiore ai 5 anni,
epoca in cui dovrebbe aver acquisito il controllo volontario dello sfintere vescicale.
L’enuresi è definita:
diurna
notturna
mista
primaria
- se il bambino non è mai stato continente
secondaria
- se il bambino è stato continente per almeno 6 mesi
Cause
Normalmente nelle primissime fasi dello sviluppo, lo svuotamento della vescica avviene in via riflessa:
quando la quantità di urina raggiunge la capacità critica di contenimento vescicale, il muscolo detrusore si
contrae determinando la minzione. Nel corso della crescita si sviluppa la percezione cosciente dello stato di
pienezza vescicale. Ciò permette al soggetto di contrarre volontariamente il muscolo detrusore per mingere
oppure di inibire il detrusore per rimandare la minzione al momento opportuno. Durante il sonno si verifica
una riduzione della produzione di urina per effetto dell’ormone antidiuretico e per una maggiore capacità
vescicale (rilassamento del viscere). Nel passaggio dal sonno profondo al sonno leggero può essere
avvertito lo stimolo ad urinare. Da quanto detto sono state proposte diverse cause del disturbo:
Clinica
L’enuresi si associa abitualmente a disturbi emotivi. È possibile rilevare ansia, insicurezza, bassa autostima.
Questi però rappresentano più una conseguenza del disturbo che il movens primum. La presenza di enuresi
condiziona infatti l stato emotivo dei genitori i quali assumono un carattere ambivalente nei confronti del
figlio: preoccupazione ed affetto e dall’altro rabbia e insofferenza. Tali stati d’animo si ripercuotono sul
bambino.
Diagnosi e Terapia
psico-educativi
- presa in carico degli elementi dell’ambiente significativo al fine di realizzare le condizioni atte a
promuovere il miglioramento del soggetto
Farmacologici
- Desmopressima che ha una spiccata azione antidiuretica
Psicoterapeutici
- Sostegno ai genitori e al bambino con lavoro sull’autostima e sul sè
ENCOPRESI
Emissione di feci, generalmente involontaria che si verifica nei bambini di oltre 4 anni di età in assenza di
lesione organiche. Può essere:
Primaria
- Si verifica in bambini che non hanno mai raggiunto il controllo sfinterico
Secondaria
- Si verifica in bambini che avevano raggiunto il controllo sfinterico
Cause
I fattori psicologici svolgono un ruolo preminente. Molto spesso il disturbo è l’espressione di una grave
disarmonia nelle relazioni del bambino con i propri genitori. In relazione a questo, l’encopresi rappresenta
un carattere reattivo. Le feci possono assumere o il significato di un dono alla madre e al contempo servono
ad esprimere l’esigenza di una maggiore considerazione, o il significato di un insulto, di un atto
provocatorio in segno protesta.
Terapia
Gli interventi sono volti a ristabilire assetto familiare e le giuste dinamiche affetto-relazionali.
Classificazione clinica
La classificazione clinica fa riferimento alla natura dei sintomi neurologici che caratterizzano il quadro
clinico. Tale classificazione tiene conto del fatto che il SNC nella realizzazione dell’azione motoria svolge un
doppio ruolo: l’ideazione e la realizzazione del movimento. Le regioni di interesse sono:
Le aree motorie corticali sono rappresentate dalla corteccia motoria primaria, dall’area motoria
supplementare, dalla corteccia premotoria e dall’area motoria parietale posteriore. I cilindrassi dei neuroni
di tali aree (I motoneurone ) discendono verso il midollo come tratto corticospinale. 80% delle fibre del
tratto corticospinale incrocia la linea mediana a livello delle piramidi, collocandosi nel midollo come tratto
corticospinale laterale; il restante 20% discende omolateralmente come tratto corticospinale anteriore. A
livello midollare le fibre dei tratti corticospinali prendono contatto con i motoneuroni spinali (II
motoneurone). Il cilindrasse di tale motoneurone,unitamente agli altri, fuoriesce dal midollo come nervo
motore per raggiungere i muscoli. I neuroni delle aree corticali, inviano fibre dirette ai nuclei della base, al
tronco encefalico e al cervelletto. Riveste un ruolo di grande importanza il tratto cortico-reticolare. Le fibre
corticali entrano in giunzione sinaptica con i nuclei pontini e bulbari della formazione reticolare, da cui
partono fibre dirette al midollo a costituire il tratto reticolo-spinale. Si viene a formare il sistema cortico-
reticolo-spinale il quale svolge un ruolo importante nella definizione dei movimenti fini e nella loro
armonizzazione. Le alterazioni che coinvolgono tali strutture definiscono una sintomatologia di tipo
piramidale a cui si associa ipertono spastico, iperreflessia profonda, sincinesia, clono, riflessi patologici.
Il cervelletto
Il cervelletto con i sistemi di fibre ad esso collegate (afferenti ed efferenti) definisce il sistema cerebellare. Il
cervelletto riceve afferenze dalla periferia attraverso i fasci spino cerebellari e vestibolo cerebellari. Dai
nuclei cerebellari ( fastigiale, globoso, embolifome e dentato) partono fibre dirette alla corteccia. Il
cervelletto ha 3 importanti funzioni:
Affezioni cerebellari si traducono in sintomi quali: atassia, ipotonia, nistagmo, tremori, dismetria,
adiadococinesia.
I gangli della base sono un complesso di stazioni poste a livello sub-corticale. Essi sono costituiti da nucleo
caudato, globo pallido e putamen. Il caudato e putamen formano nel complesso il nucleo striato. Tali
stazioni oltre ad essere collegate fra loro inviano e ricevono fibre da diverse strutture encefaliche. Allo
striato arrivano la maggior parte delle fibre corticali (fascio cortico-striatale), mentre il globo pallido
rappresenta una stazione di partenza. Da tali stazioni partono fibre dirette alla corteccia frontale in un
circuito che vede l’interposizione del talamo dorsale. Viene a configurarsi cosi la via cortico-striato-corticale
che ha un ruolo sulla modulazione del movimento. In particolare in fase di avvio del movimento, la
corteccia proietta allo striato attraverso la via cortico-striatale. I nuclei proiettano a loro volta alla corteccia
frontale avendo attività di disinibizione ( rinforzo delle attività motorie da avviare) o di inibizione
( soppressione dei movimenti inappropriati o in conflitto). Le lesioni dei gangli della base configurano due
sintomatologie opposte:
Classificazione topografica
Cause
3. Fattori Genetici
Anomalie presenti nel patrimonio genetico le quali incidono sui processi di formazione e sviluppo
del SNC.
4. Fattori Acquisiti
Noxae patogene che agiscono dall’esterno sul SNC. Tali fattori possono essere suddivisi in prenatali
(infezioni da rosolia, citomegalovirus, toxoplasmosi), perinatali (sofferenze fetali acute quali
ipossia), postnatali (traumi, infezioni)
Dal punto di vista neuropatologico, le alterazioni che si riscontrano più frequentemente a carico del sistema
nervoso sono rappresentate da:
Malformazioni
- Disturbi della differenziazione del tubo neurale (anencefalie, encefalo-mielomengicocele)
- Disturbi della proliferazione (microcefalia, megacefalia)
- Disordini della migrazione neuronale (agiria-pachigiria, eterotipie sottocorticali, disgenesie corticali
e cerebellari)
lesioni ipossico-ischemiche
- l’encefalo patia-ipossico-ischemica comunque determinata si traduce in necrosi cellulare con quadri
che variano in rapporto alla lesione residua (cistica o cicatriziale)e alla localizzazione.
- La leucomalacia è una lesione caratteristica dell’encefalo che assume caratteristiche diverse
rispetto al grado di maturazione dell’encefalo. Essa può:
a) Essere limitata all’area adiacente al corno posteriore del ventricolo laterale
b) Interessare le aree adiacenti i corni anteriore e posteriore del ventricolo laterale
c) Estendersi a tutta la parete dei ventricoli laterali
d) Investire la sostanza bianca sottocorticale
esiti di emorragie endocraniche
In base alla sede le emorragie endocraniche vengono abitualmente suddivise in:
- subdurali
- sub aracnoidee
- intracerebellari
- intraparenchimali
- intraventricolari
Quadri clinici
Emiplegia congenita
Forma di PC in cui il deficit motorio interessa un emilato. La forma è generalmente di tipo spastico. Le
tecniche di neuroimaging mettono in luce lesioni cistiche nel territorio dell’arteria cerebrale media e una
lecomalacia periventricolare. Sul piano clinico si osserva paresi e spasticità a carico dell’emilato interessato.
La compromissione motoria interessa gli arti superiori più di quelli inferiori e prevalentemente le parti
distali. L’arto superiore si presenta flesso, con avambraccio supinato, polso flesso, dita iperestesie e pollice
addotto. Si osservano sul piano neurologico i segni tipici della lesione piramidale: ipertonia spastica,
aumento dei riflessi profondi. I nervi cranici sono indenni ad eccezione di una lieve paresi del VII. La
deambulazione viene raggiunta dal 100% dei pazienti ma caratterizzata da un tono flessorio dell’arto
superiore ed estensorio di quello inferiore. Si associa spesso disabilità intellettiva
Diplegia congenita
Forma di PC in cui sono interessati entrambi gli emilati con una prevalenza degli arti inferiori rispetto a
quelli superiori. Si distinguono in base al quadro neurologico due forme: spastica e atassica.
Diplegia spastica
Sul piano anatomo-patologico la lesione caratteristica è la leucomalacia periventricolare. Sul piano
clinico si osserva ipertonia spastica a carico degli arti inferiori e sintomi di natura piramidale come
aumento dei riflessi tendinei, del tono, sincinesie. Sono coinvolti anche gli arti superiori ma in
maniera minore rispetto agli arti inferiori.
Diplegia Atassica
Caratterizzata da compromissione cerebellare e da atassia con tremori, oscillazioni nel
mantenimento della posizione e durante la deambulazione. L’ipotonia di una prima fase è sostituita
da un’ipertono spastico.
Tetraplegia
È la forma più grave di PC con compromissione di tutti e quattro gli arti. Sul piano clinico prevalgono i
sintomi di natura piramidale e paralisi dei nervi cranici. Si associa epilessia e Disabilità intellettiva.
Ateoidi
- Ipercinesie involontarie, lente, tentacolari che interessano le parti distali degli arti e la muscolatura
facciale.
Distoiche
- Brusche modificazioni del tono a carico della muscolatura del tronco. Tali distonie sono provocate
generalmente da stimoli emotivi o da sollecitazioni a partenza dalla muscolatura del collo per
modifiche della posizione del capo.
Sono caratterizzate da manifestazioni atassiche per lesioni dal punto di vista anatomo-patologico che
interessano il sistema cerebellare. Dal punto di vista clinico si osserva ipotonia assiale, oscillazioni del
tronco nel mantenimento della postura, asinergia fra i movimenti del tronco e movimenti degli arti inferiori,
atassia, tremori intenzionali nei movimenti di afferra mento dell’oggetto. L’atassia può essere semplice se
localizzata agli arti con tremori, o può essere statica se localizzata al tronco con compromissione che
investe il controllo della postura e dell’equilibrio.
Diagnosi
Fra il momento in cui si verifica il danno anatomico e quello in cui si manifesta il danno funzionale
intercorre un lasso di tempo più o meno lungo, durante il quale si organizza la patologia. Infatti nel
momento in cui si verifica il danno, l’organizzazione del SNC è nel complesso elementare con piena
funzionalità dei centri preposti alle funzioni vitali di base. Il danno si rende manifesto solo quando nel corso
dello sviluppo, le aree danneggiate vengono chiamate a svolgere i loro compiti funzionali. Nello specifico
del danno motorio, il segno più evidente è la persistenza di riflessi arcaici, che diventano gli organizzatori
della motricità. I riflessi arcaici, anche in situazioni di danno anatomico, sono presenti in quanto presenti a
livelli sottocorticali non coinvolti nella lesione. Non sono posti sotto il controllo delle stazioni encefaliche
superiori. Ne deriva quindi la liberazione di una motricità sottocorticale anarchica con dissociazione fra il
cervello decisionale che spinge all’azione ed il cervello esecutivo incapace di programmare atti motori
coordinati. Dal punto di vista diagnostico è necessario effettuare controlli in età chiave dello sviluppo
psicomotorio:
Terapia
La terapia consiste nella formulazione di un Progetto Terapeutico Integrato che prenda in considerazione
diversi interventi:
Interventi riabilitativi
- Interventi rivolti all’area delle abilità motorie
Il metodo Bobath è il più rappresentativo. Secondo Bobath, il danno encefalico determina la
liberazione di un’attività posturale riflessa abnorme, interferendo sull’evoluzione dei meccanismi
preposti al controllo e stabilizzazione della postura. Il trattamento prevede l’inibizione dell’attività
posturale riflessa e la facilitazione di schemi motori e posturali normali. La ripetizione di tali
manovre conducono alla formazione di corretti schemi mentali di movimento. Nel corso degli anni
il metodo è stato rivisitato. Ad oggi riserva ampio spazio alle problematiche relazionali che vengono
a crearsi. Si sottolinea l’importanza del coinvolgimento parentale, per un recupero del rapporto
genitore-figlio, spesso alterato per le difficoltà motorie del bambino. L’intervento segue nel tempo
lo sviluppo del bambino e quindi sono necessarie periodiche programmazioni. Gli obiettivi devono
essere possibili, ovvero alla portata del bambino per non generare sconforto e frustrazione. Gli
obiettivi devono essere utili e finalizzati alle esigenze adattative del bambino.
- Interventi rivolti all’area delle abilità della comunicazione
- Interventi rivolti all’area delle abilità cognitive
Interventi farmacologici
- Miorilassanti nelle forme spastiche
Interventi ortopedici
- Correggere posizioni viziate ancora non fissate
- Favorire un’esperienza cinestesica adeguata, attraverso un corretto atteggiamento posturale
- Permettere il mantenimento della stazione eretta o deambulazione
Interventi psico-educativi
Interventi psicoterapeutici