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FIGLI DISABILI - La famiglia di fronte allhandicap Anna Maria Sorrentino

1. LHANDICAP........................................................................................................................1 2. LA FAMIGLIA E IL SUO CICLO VITALE........................................................................2 3. LA CONSEGNA DELLA DIAGNOSI.................................................................................3 4. LA FAMIGLIA DI FRONTE ALLHANDICAP.................................................................5 5. LA PERSONA DISABILE....................................................................................................6 6. LA RIABILITAZIONE .........................................................................................................8 7. LA PRESA IN CARICO TERAPEUTICA.........................................................................10 RIFLESSIONI CONCLUSIVE................................................................................................11

Il tema dellhandicap nella cultura italiana passato negli ultimi 50 anni da interventi esclusivamente assistenziali e sanitari ad interventi di riabilitazione delle patologie motorie e di maggior attenzione alle problematiche ad esso connesse. La famiglia importante come contesto della cura, come soggetto partecipe della sofferenza del figli disabile, e come fonte di risorse naturali a cui attingere per sostenere la qualit della vita di tutti i suoi membri. Modelli sistemico: ogni elemento, ogni parte, devessere considerata congiuntamente con gli altri elementi con cui interagisce (soggetto disabile, famiglia, operatori, societ) ONU 1975 Dichiarazione dei diritti delle persone disabili: proclama queste persone cittadini con pieni diritti a cui devessere garantita una vita dignitosa. Handicap: una differenza che fa la differenza (generando pi processi viziosi che virtuosi)

1. LHANDICAP Di fronte allhandicap, la nostra cultura occidentale si illude di essere onnipotente e costruisce in noi lillusione che a tutto ci sia possibilit di rimedio. Peggiora i vissuti dei soggetti colpiti e dei loro famigliari generando rabbia verso gli errori umani e le presunte incompetenze. Questa reazione una difesa contro la frustrazione e la depressione ma nel lungo periodo pu rappresentare un impedimento allaccettazione del deficit della persona disabile. I valori su cui si regge la convivenza civile sono messi in crisi dalla realt dellhandicap. Il disabile, riconosciuto soggetto di diritti, diventa una presenza fastidiosa anche perch difficile permettergli di conseguirli. Il vissuto dominante nei suoi confronti lambivalenza che viene poi affrontata con levitamento, la compassione (purtroppo non intesa come sopportare insieme un pathos) e la banalizzazione (vedere il disabile come un eterno bambino).

Se il bambino per definizione recuperabile, la speranza del recupero pu arrivare a motivare scelte assurde, ad ampliare la patologia invece che ridurre limpatto esistenziale. Es. casi di Giovanni (lieve difetto) e Donatella ( nanismo). importante considerare la globalit della situazione in carico, la complessit delle relazioni di cui il paziente parte. Caso di Daniela (spina bifida): ragazza sulla carrozzina a cui viene permesso di fare la prepotente, chi le sta intorno non la riprende, ha sorrisi stereotipati, la trattano come un infante, non la mettono di fronte alle sue responsabilit, cerca di celare la propria tristezza, turbamento, per tenere su il morale del paziente.

2. LA FAMIGLIA E IL SUO CICLO VITALE In ogni famiglia esistono degli equilibri, dei ruoli, in organigramma (organizzazione gerarchica). Con la metafora del gioco famigliare si riassumono le regole della famiglia e la sequenza di mosse consapevoli ed inconsapevoli che danno vita alle interazioni. Esso osservabile dallesterno. Con genogramma si intende la rappresentazione grafica dellorganigramma famigliare in cui vengono messi in luce i legami, gli eventi significativi e favorire cos un ordine di eventi narrati e accaduti. Fasi del ciclo di vita della famiglia - Nascita della coppia: parte dalla scelta del partner in cui si cerca lintesa, la rispondenza ad aspettative; ognuno affida al partner linconscia riparazione delle carenze della propria infanzia, reciproca fiducia ma non dipendenza, personalit autonoma; Nascita dei figli: periodo espansivo, investimento affettivo. I neogenitori soddisfano il bisogno di sentirsi abili e competenti, adulti riusciti. Nella diade madre-figlio essenziale il ruolo del padre che regola il buon esito di questa relazione, garantisce la giusta distanza tra madre e figlio. Nel caso di un figlio disabile c il forte rischio di una relazione totalizzante in cui la madre rischia di non investire su aspetti sani della sua vita adulta; Progressiva autonomia dei figli: la successiva fase in cui i genitori sono chiamati a ridurre lasimmetria della propria relazione con figlio adolescente in cerca di autonomia, purtroppo non si verifica con un figlio disabile; Uscita dei figli dal nucleo originario: i fratelli del figlio disabile si potrebbero sentire egoisti traditori nel lasciare il genitore con il fratello disabile; La coppia anziana: fase difficile perch si diventa consapevoli che il figlio disabile l seppellir senza essere capace di badare a se stesso.

Le aspettative normali: cio su come il ciclo vitale avrebbe dovuto essere abitano le menti di ciascuno ed a queste lindividuo si attiene. Levento stressante di un handicap in un figlio comporta riaggiustamenti in questo naturale fluire del ciclo di vita di una famiglia.

Esistono vari tipi di attaccamento che formano le lenti attraverso cui conosceremo il mondo (Bowlby): - Attaccamento sicuro: frutto dellinterazione tra il bambino e una madre responsiva alle sue richieste, capace di dargli supporto e anche di contenerlo. Bambini sicuri si trovano anche tra i disabili; Attaccamento ansioso-ambivalente: madre a volte appiccicosa, a volte distratta. Il bambino non sente una base sicura nelle difficolt. Un figlio disabile difficile da separare dalla madre poich non capace di esplorare nuovi legami, pu essere rassicurato rassicurando la madre, facendola mostrare sensibile ai suoi bisogni di sicurezza; Attaccamento ansioso-evitante: madre distante, non sollecitata dai segnali del bambino. Ne vengono fuori bambini tristi, passivi, che non rivelano i propri bisogni. In tal caso loperatore deve cercare di contagiarlo con il proprio affettuoso entusiasmo, ad esprimere i propri vissuti, a coinvolgere ed elogiare la madre; Attaccamento disorganizzato: madre molto stressata che coinvolge nei suoi vissuti negativi il figlio. Forma di relazione sconvolgente che pu portare disturbi psicotici nellet adulta.

Le diagnosi infauste pongono pesanti interferenze nel comportamento naturale della madre di un bambino disabile: una madre preoccupata, depressa, difficilmente riuscir a creare un legame di attaccamento sicuro. Il disagio delluna si rifletter sullaltro. importante preservare da interferenze dannose il sistema di attaccamento.

3. LA CONSEGNA DELLA DIAGNOSI Lapproccio biopsicosociale. Lhandicap chiama in causa interlocutori che hanno potere e a cui i genitori delegano un potere: esperti del sistema sanitario, scolastico, i membri anziani della famiglia. Essi sono depositari di una domanda di presa in carico ma anche di una richiesta di legame dattaccamento: i genitori hanno bisogno di potersi fidare ed affidare a qualcuno, in vista del loro pronunciamento diagnostico. Lapproccio biopsicosociale si ispira allottica sistema e al paradigma della complessit (che si oppone al riduzionismo della cura secondo il quale un tecnico si occupa di ci di cu esperto e lascia ad altri qualunque complicazione psicologica, guarda i sintomi pi che alla persona ed al suo contesto di vita). Esso persegue la guarigione solo fin dove possibile e conveniente, in una prospettiva darmonia per il
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paziente e la sua famiglia. un modello di cura pi che di guarigione, cerca di dare significato allesperienza del limite, a non far sperimentare sentimenti di fallimento. Lobiettivo di sostituire il vissuto di impotenza dei pazienti e famigliari con un vissuto di alleanza e interdipendenza con il curante. Il momento della diagnosi come uno spartiacque nella vita famigliare, un momento che vivo anche a molti anni di distanza. La famiglia reagisce mettendo in atto un naturale processo di accomodazione, cio di metabolizzazione e di adattamento agli eventi che la vita ci impone. Come ad esempio la ricerca di senso alla sofferenza, lesperienza di una grande solidariet reciproca e di valori di intensa spiritualit. Si possono verificare processi di misconoscimento sia del deficit del figlio, sia dello stress subito dal partner o dalla costrizione imposta sui figli sani. Ladattamento che non esprime una continuit naturale da considerarsi portatore di disagio futuro: madri che lasciano la carriera per ridursi a casalinghe depresse, fratelli impiegati nella vita di casa mentre prima erano pieni di scambi sociali Per il paziente meglio una madre part-time, equilibrata anche se stanca, che una full-time infelice e depressa. Vediamo come una diagnosi di handicap grave influenzi il ciclo vitale dalla famiglia - Diagnosi neonatali: il momento della gravidanza fonte di grande precariet, instabilit per la madre mentre il padre, vivendo ai margini, si difende meglio dagli effetti di destabilizzanti dubbi prenatali. Il verdetto doloroso non va mai consegnato ad un solo membro della coppia poich separerebbe i coniugi nel momento iniziale del trauma, privandoli del sostegno reciproco. In questa fase opportuno attendere un equilibrio emotivo nel sistema genitoriale, lelaborazione del lutto del figlio sognato (vedi rituale corredino bruciato, pag. 64) per ridurre le interferenze con il sistema di attaccamento tra il piccolo paziente e la madre turbata. Disabilit che si manifestano nella prima infanzia: in tal caso il sistema famigliare allerta da tempo quando giunge alla consultazione, bene quindi che la risposta valutativa arrivi con chiarezza. importante indagare i vissuti dei fratelli e della famiglia allargata. Offrire un progetto riabilitativo pu aiutare a ridurre lansia diffusa che genitori e pazienti presentano; nel caso di ricorso a strutture diurne per linfanzia importante preservare il legame di attaccamento poich lo sviluppo della mente del soggetto ha luogo solo dentro tale legame. Patologie che si evidenziano con la scolarit: lingresso nella comunit scolastica una fase significativa del processo di crescita e socializzazione. Un insuccesso segnalato dalla scuola vissuto dalla famiglia come un attacco dallesterno. I genitori si difendono dalle insegnanti, il bambino disorientato e si sente inadeguato. Gli adulti sono la base sicura del bambino, coloro dai quali egli si aspetta di essere sostenuto. La scuola deve mostrare il proprio intento collaborativi alla famiglia, sciogliere ogni idea persecutoria/accusatoria che percepisce la famiglia.

Patologie di origine traumatica (es. un incidente) Patologie croniche e degenerative a prognosi infausta (es. distrofia muscolare, sindromi rare...): esse si preannunciano con segni premonitori che sono indicativi di una strada di peggioramento progressivo che spesso ha come esito la morte. Anche in questi casi si richiede una grande maturit, equilibrio, coraggio e sentimento di accettazione dellestrema precariet dellesperienza umana. Se sostenuti adeguatamente, dopo i primi tempi la vita pu avere il sopravvento ed i genitori riescono ad affiancare il figlio nel suo doloroso cammino.

4. LA FAMIGLIA DI FRONTE ALLHANDICAP I legami famigliari presentano le seguenti caratteristiche: - sono vincolanti (libert limitata) - sono strutturati secondo una gerarchia - sono fondati su processi di attaccamento e lealt reciproca Questi sono da tenere presenti anche nel caso di un figlio con un handicap che pur limitandone lautonomia non ne annulla levoluzione verso forme ed esigenze di vita adulta. I genitori vanno incoraggiati poich tendono a viverlo come figlio per sempre. La famiglia unorganizzazione con una storia, una natura mutevole nel tempo, nella quale presente una fase di negoziazione dei ruoli, di chi dentro e chi fuori dalla famiglia. Si pu immaginare un continuum nello stile della famiglia tra due polarit: le famiglie disimpegnate (grande distanza affettiva tra i membri, legame di attaccamento di tipo evitante) e quelle invischiate (dove tutti si fanno gli affari di tutti, legame di attaccamento di tipo ansioso ambivalente). Il tema de potere centrale nel rendere visibili le relazioni umane: una sua mancanza intollerabile, un suo eccesso intossicante per chi lo possiede e per chi lo subisce. Disabilit ed equilibrio nellorganigramma famigliare. La disabilit presentata da un figlio non consente adattamenti famigliari secondo i ritmi sociali stabiliti. Quando nasce un bambino compromesso, la posizione della donna, gi faticosa in condizioni consuete (lavoro domestico e esterno) diventa drammatica. Le coppie coniugali complementari sono quelle che non utilizzano un modello di parit e reciprocit negli impegni famigliari, ma sottolineano la propria asimmetria: uomo procacciatore di reddito, donna che lavora in casa e si cura dei figli. Le famiglie del nostro tempo sono nucleari, slegati dallampia rete famigliare di un tempo. Il sostegno del gruppo di auto-mutuo-aiuto pu portare una grande solidariet, pu spezzare limpulso allisolamento e la sensazione di inadeguatezza. I parenti stretti (suoceri/nonni) sono spesso le prime persone a cui si fa riferimento quando si hanno dei problemi e a volte sono loro stessi a proporsi: importante valutare il gioco

famigliare, quanto cio lintervento di sostegno di una suocera porti benefici o problemi nellequilibrio famigliare turbato. La dipendenza dei figli sani della famiglia: convivere con un fratello disabile. Se i genitori sono giusti nella richiesta di assunzione di responsabilit connessa allet, il confronto tra fratelli sar fonte di apprendimento positivo pi che di gelosia. Quando un fratello disabile, cio non pari sotto molti aspetti, gli altri fratelli se lasciati a se stessi reagirebbero distinto proteggendo ma anche esigendo un adeguamento laddove fosse possibile. I genitori spesso considerano il figlio compromesso come non autonomo per definizione mentre gli altri ricevono prematuramente la patente di autonomi, prima di desiderarla. Gli altri figli possono essere interlocutori gratificanti dei genitori o un valido appoggio nel crescere il fratello disabile. Pu succedere anche che si sentano gelosi o che siano troppo caricati di responsabilit verso il fratello compromesso, o ancora che si riversino troppe aspettative verso il figlio sano. Caricare i fratelli sani di funzioni genitoriali pu introdurre in loro un grave vissuto depressivo. Un soggetto in evoluzione deve concentrare tutte le sue forze nellespandere se stesso, nel proiettarsi verso il futuro, non deve caricarsi della pesante responsabilit verso una creatura compromessa.

5. LA PERSONA DISABILE Ipotizzare lesperienza soggettiva della persona disabile possibile quando questa riesce a comunicarcela. Ma quando non avesse la capacit di farlo bisogna almeno coltivare lambizione di immedesimarci nellesperienza del disabile intellettivo (cognitivo) per coglierne la natura di interlocutore, lespressione della loro interiorit. Se saputi ascoltare, ci parlano della loro sofferenza nel realizzare che non sono autonomi, che non viene loro permesso di operare scelte, di vivere una vita costantemente regolata da altri. Gli operatori spesso tendono a non cogliere la natura profonda del loro disagio, forse per difendersi dallangoscia del trauma o dalla capacit limitata di aiutarli. Il bambino disabile, quando non ancora cosciente della propria minorazione, si adatta spontaneamente al proprio corpo compromesso, organizzando la realt in base alle proprie possibilit (es. il tetraplegico esplora lo spazio rotolando). Con la crescita la percezione di noi stessi si sviluppa con il confronto con altri e, nel caso del bambino disabile, con i sani (= frustrazione). Da allora il bisogno di cancellare la diversit ossessiona lhandicappato! Il mondo a misura dei sani. Inoltre a volte le esperienze dei soggetti disabili tendono a essere interpretate dagli operatori come espressione della loro disabilit pi che come esito di rapporti insoddisfatti (es. Giovanni, p.113, si pensava ad un deterioramento dellequilibrio psichico, da affrontare con neurolettici quando stato sufficiente aiutarlo a ricostruire il senso del suo agire alle promesse mancate della sorella). Le mosse di una persona, che si senta una pedina rossa (diversa) su una scacchiera di dama in cui giocano pedine nere e bianche, potrebbero essere:

1. depressione, rinuncia allinteragire, a conoscere, a crescere, non partecipa al gioco. Tale mossa suscita reazioni di intolleranza nei sani, disagio, impotenza nel modificare la situazione; 2. ribellione, rivolta per la propria condizione, rifiuto, opposizione, repressione. Tale mossa reclama un cambiamento ma spesso viene domata con lindifferenza o la forza dei farmaci; 3. interloquire in modo maturo, accettando le frustrazioni e non mostrando espressioni di intolleranza. Consente una parziale integrazione ma richiede un alto controllo e un intelletto normodotato; 4. interloquire in modo patologico, sfruttando il deficit a proprio vantaggio, ma porta alla definitiva emarginazione sociale. La mancanza di potere pu essere considerato come un potere (vedi la passivit di Lucrezia, pag.116). Il disabile, come il bambino piccolo, stimola nella famiglia risposte di assistenza e sollecitudine ma a differenza del bambino sano, tale richiesta pu perdurare molto a lungo, in alcuni casi tutta la vita. A volte per latteggiamento soccorrevole viene esteso in ambiti dove lautonomia sarebbe possibile, poich richiede solo una generica capacit di sopportazione invece che investimenti educativi personali. Il soggetto disabile percepisce il disimpegno degli adulti di riferimento ed portato ad amplificare le proprie richieste per ottenere un maggior coinvolgimento. Si rischia di avviare una spirale patologica paradossale. Il bambino disabile raramente sembra reagire nellinfanzia con labbattimento per la sua condizione. Egli pensa facilmente di essere al centro del mondo, sviluppando un grande egocentrismo, a causa delle maggiori attenzioni che riceve rispetto agli altri bambini. Egli attribuisce la connessione tra le cure speciali e la propria patologia, perci attribuisce a questa un effetto di potere. Passati gli anni preziosi dellinfanzia le possibilit riabilitative si assottigliano ed arriva la delusione delladolescenza: lattenzione privilegiata si spegne, la fatica degli altri si manifesta. Il ridimensionamento inevitabile pu essere vissuto dal disabile come un tradimento dellintensa attenzione affettiva. importante che tale passaggio venga abbinato al riconoscimento di qualche autonomia gratificante che gli renda accettabile lassunzione di un ruolo adulto, in base alle proprie capacit. Laspetto della sessualit va considerata in riferimento ai codici culturali di riferimento del soggetto disabile. La sessualit associata a: 1. lesplorazione di rapporti extrafamigliari, con tab sulla sessualizzazione nei legami intradomestici; 2. unarea della privatezza e del pudore; 3. il concetto di libera scelta, di legame elettivo, non pu essere imposta; 4. il mito di bellezza fisica ed efficienza (diritto per giovani, adulti e anziani di successo); 5. un forma di relazione imbarazzante se relativa al deficit, come una pulsione che induce schiavit e degrado nei disabili, nei malati, anziani.

Di per s la pulsione semplicemente una spinta alla ricerca del benessere corporeo nella relazione con altri membri della specie, associata o meno alla finalit di stringere legami o di procreare. anche legata alla ricerca di nuovi attaccamenti, di una emancipazione dalla relazione originaria. Nei casi di disabilit intellettiva questo stadio non viene raggiunto, i bisogni di dipendenza infantile dominano il mondo interno. I comportamenti sessuali rimangono perlopi a livello masturbatorio e richieste sessuali possono essere rivolte a personale educativo o persone considerate famigliari. Tali pensieri ricevono pi giovamento da confronti espliciti che possono apparire crudeli ma in realt sono pi misericordiosi di inutili pietismi. Nel caso in cui il disabile coinvolga in giochi sessuali compagni pi giovani, unadeguata reprimenda chiara e determinata fa di solito recedere dal contegno indesiderato. Ove possibile leducatore del disabile dovrebbe essere molto severo sia sulla variabile delligiene e della riservatezza, tenendo conto che prima di tutto necessario dare lesempio. Diversa la situazione de disabile non intellettivo. Il compito principale della vita adulta rappresentato dal rendersi emancipati dalla famiglia. Lattivit lavorativa per il disabile intellettivo di solito concepita come unattivit occupazionale che struttura la giornata in senso riabilitativo. La legge 68/99 richiede strategie di collocamento mirato; spesso ci sono necessit di relazione, di rassicurazioni da figure di riferimento. Con lart 14 della legge Biagi (30/2003) si reso possibile di coprire lobbligo di assunzione dei disabili attraverso le commesse di lavoro a cooperative sociali. Anche il tempo libero importante, a volte per i disabili paradossale: hanno troppo tempo libero senza aver modo di impiegarlo piacevolmente (p.133).

6. LA RIABILITAZIONE Con struttura riabilitativa si intende la complessa organizzazione che si occupa della diagnosi, della terapia e degli esiti di malattie o malformazioni che residuano in un handicap. Essa una rete di relazioni, servizi che condividono il fine di riabilitare le funzioni colpite nel propri utenti, oltre a progettare e realizzare lintegrazione sociale, famigliare, lavorativa, scolastica del disabile. Dovendo affrontare tanti e vari problemi, la riabilitazione richiede la partecipazione di pi figure professionali ed il lavoro di equipe. Si tratta di mettere a disposizione tutte le proprie capacit tecniche, le proprie conoscenze pur sapendo che la malattia non potr essere cancellata. Non bisogna sopravvalutare il proprio operato ma privilegiare le risorse spontanee del paziente. Si aiuta la famiglia a considerare il paziente un figlio da crescere rispettandone la diversit (e non solo un caso da curare). Per preservare levoluzione psicologica dellindividuo importante anche preservare lequilibrio famigliare: bisogna identificare strategie alternative che consentano di fare il meglio per il bambino senza rinunce insopportabili per i suoi cari (salvare capra e cavoli, es. non costringere la madre ad abbandonare il lavoro fornendo un assistente pediatrico al bambino).

I MOI (Modelli Operativi Interni), cio le lenti che il tipo di attaccamento sperimentato durante la nostra crescita pone sui nostri occhi, rappresentano una mappa per orientare lagire riabilitativo. Tali modalit raramente sono del tipo sicuro poich una famiglia provata dalla malattia spesso preda di una disorganizzazione che disturba le modalit di attaccamento.
1. Approccio ansioso ambivalente: gli utenti che ci fanno sentire inutili,

esasperati, che fanno venire voglia di cambiare mestiere sono soggetti abituati ad interagire con le figure di attaccamento in base prospettive di scarsa disponibilit di queste; pensano che se non si lamentassero il nostro disimpegno sarebbe totale. Quando ricevono attenzione non riescono ad utilizzarla, presi dallansia che possa venir a mancare troppo presto. In tal caso necessario un atteggiamento fermo e affettivo, da mostrare anche al genitore chiedendogli di seguirlo. Non si dovrebbero concedere deroghe rispetto lesecuzione di determinati esercizi. Fare promesse solo se siamo certi di poterle mantenere. Tenere una condotta prevedibile e costante. Pu spesso esserci bisogno di contenimento. 2. Persone con atteggiamenti chiusi, indifferenti, impenetrabili. Sono soggetti evitanti che suscitano in noi scarsa disponibilit, non sanno far uso della nostra attenzione. Chiedendo poco tocca a noi offrire pacatamente cosa supponiamo possa loro far bene. In un certo senso dobbiamo riconciliarli con la condizione umana della dipendenza, insistendo con tatto perch esprimano i loro bisogni. Rischiano di passare inosservati e di non segnalare problemi seri. 3. MOI di tipo disorganizzato si associano a comportamenti patologici sia nei bambini che nei genitori: sono incostanti nei trattamenti, non eseguono le prescrizioni sanitarie, litigano con gli operatori. Anche in questi casi ci vuole un approccio fermo e coerente che aiuti a trovare una certa stabilit. Strategie per costruire un team riabilitativo: - condividere il linguaggio, cio conoscere a grandi linee i modelli culturali e la terminologia che orientano gli interventi dei colleghi, per comprendere il lavoro degli altri e integrarsi proficuamente; - la supervisione reciproca: i successi ed i fallimenti dei colleghi danno utili indicazioni, da esaminare in sede di equipe; - la sintesi sul caso come momento di formazione comunitaria; - inclusione dei genitori nelle riunioni periodiche del team: essi sono i primi educatori/riabilitatori del paziente, bisogna sottolineare limportanza del loro contributo attivo, inibire la loro tendenza a delegare mansioni genitoriali alla struttura. I figli disabili sono pi individui da crescere che casi clinici! Il compito di genitori primario rispetto a quello riabilitativo e loro sono i responsabili naturali del loro bambino; - inclusione del paziente nelle riunioni periodiche del team, per renderlo responsabile di se stesso ed interlocutore privilegiato della struttura. Rischi di coalizione nei rapporti riabilitativi. Per la nostra intrinseca natura strategica di esseri umani spesso portiamo complicazioni in situazioni gi difficili, a causa dei nostri egocentrismi, delle nostre
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frustrazioni e ambizioni (spesso in buona fede). A volte ci si sfoga o si cerca appoggio presso altri colleghi, provocando disfunzioni, danneggiando le relazioni e le comunicazioni. Jay Haley (1963) un pensatore sistemico che ha studiato per primo i disturbi derivanti dalle coalizioni tra membri di diverse generazioni (in famiglia: genitorefiglio) o diversi livelli gerarchici (al lavoro: dirigente-dipendente) denominando tale distorta configurazione, in cui gli interessati sentono confusamente di tenere un comportamento illecito, triangolo perverso (pag.156-157). Le forme pi comuni di triangoli perversi, che compromettono il funzionamento in una struttura riabilitativa, sono: - triangoli perversi comprendenti membri dello staff, che mettono disagio tra i colleghi; - coalizioni riabilitatore/genitore: un rapporto informale tra genitore e operatore pu far sentire emarginato e dimenticato il paziente, mentre si dovrebbe essere l per lui; - coalizioni con il paziente: loperatore pu essere tentato di vedere il paziente come la vittima dei suoi genitori e mettere in atto comportamenti affettivi compensatori che porteranno il bambino a disubbidire ai genitori; - coalizioni con operatori esterni alla struttura.

7. LA PRESA IN CARICO TERAPEUTICA Le problematiche della disabilit, seguendo lapproccio bio-psico-sociale, vanno affrontate in maniera integrata e complessa. Le terapie dambiente, ovvero coinvolgere le varie strutture della rete sociale in cui il paziente inserito (gruppo scout, scuola, squadra di calcio) cercando di mantenerlo inserito in tale rete, molto importante come prevenzione di patologie della relazione. Il counselling un servizio di valutazione e consulenza alla famiglia con lo scopo di valutare limpatto della diagnosi di disabilit sul paziente e il suo sistema famigliare, per accertarsi che le risorse disponibili siano sufficienti per il sostegno della vita del paziente. I gruppi di auto-aiuto possono essere proposti in particolari fasi (come la relazione iniziale col centro, il passaggio alla scuola elementare, ladolescenza). La terapia famigliare un intervento efficace quando lemergere della disabilit la goccia che fa traboccare il vaso, ma non oneroso. La terapia di gruppo permette lattivazione di una sperimentazione diretta della propria soggettivit durante la seduta in cui sono presenti 6-8 elementi con patologie non troppo difformi e unet simile. I conduttori svolgono semplicemente il ruolo di attivatori della riflessione.

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RIFLESSIONI CONCLUSIVE Concetto chiave del libro linfluenza fondamentale che assume nella riabilitazione del bambino disabile la qualit delle relazioni interumane che lo circondano e che lo coinvolgono. Lidentit di terapeuta si esprime in unistanza trasformativi. Cercare soluzioni per affrontare un compito che non ha soluzioni ovvie (la malattia organica, oggettivamente insuperabile) aiuta ad uscire dagli schemi noti, ad allargare le visioni dinsieme. La conoscenza (del problema disabilit dal punto di vista professionale) un luogo sereno dove noi abbiamo la possibilit di dialogare con la nostra emotivit dandole ordine e strutturandola in modo che non ci sovrasti. La Sorrentino si rifiuta di usare il termine diversabili poich le sembra contenere un vena ipocrita: i disabili sono pi definibili come portatori di una privazione dolorosa e insuperabile che caratterizza tutta la loro vita piuttosto che di una differenza positiva da spendere nel rapporto con gli altri. Imparare a condividere queste storie di sofferenza quando siamo nel fiore degli anni aiuta poi ad arrivare alla maturit con unesperienza di interno spessore che ci insegna a essere lieti pur nella limpida coscienza della nostra umana precariet.

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