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Bolivar a tal proposito afferma che i racconti svolgono due funzioni principali:
1) forniscono modalità di interpretazione della vita personale;
2) Forniscono una guida per l’azione, per agire meglio nelle loro attività di apprendimento e
performance.
Esiste sempre un’interrelazione tra le narrazioni individuali e quelle culturali: ciò significa che ogni
narrazione individuale ci dice sempre qualcosa del contesto culturale nel quale il soggetto narrante
si inserisce. La narrazione rappresenta una modalità fondamentale in cui gli uomini costruiscono il
senso della loro esperienza. Attraverso il racconto, le persone percepiscono e danno senso a ciò che
hanno vissuto.
Possiamo affermare che l’uso della narrazione attraverso le storie di vita assolve a una duplice
funzione: una funzione scientifica, di descrizione ed interpretazione dei dati nel quadro delle finalità
proprie ricerca socio-educativa, ed una funzione che viene definita “cura sui”: ossia prendersi cura
del proprio io rafforzando l’identità personale e la capacità di resilienza e coping dinanzi alle
difficolta e alla frammentaria dell’esistenza personale.
Attraverso il sapiente lavoro di mediazione dell’educatore, il soggetto viene aiutato ad attivare una
discussione sulla propria identità riflettendo su aspetti e dimensioni della sua personalità che per
diverse ragioni erano rimaste oscure o non affrontate.
L’identità dei fragili si presenza spesso come a rischio. Emarginazione, solitudine, senso di
incomprensione e di isolamento sono solo alcuni dei problemi che colpiscono le persone più deboli.
La ricerca narrativa utilizzata in questo moto ha l’obiettivo di situare l’identità in un più ampio
contesto storico, sociale e culturale. Attraverso lo studio dell’identità, la nostra ricerca vuole
affrontare il frequente problema della marginalizzazione.
La narrazione della storia di vita rafforza ulteriormente, attraverso la presa di coscienza critica delle
fasi di vita attraversate, la struttura interiore del soggetto mettendo in atto nuove strategie di coping
e rivelandosi una metodologia di ricerca e una tecnica di ricostruzione e potenziamento del sé.
Coerentemente con quanto affermato fin qui, cerchiamo di evidenziare, dalla prospettiva didattica, i
principi che muovono l’azione didattica in tali direzioni.
Offrire una significativa risposta alle istanze di aiuto vuole dire promuovere consapevolezza,
autonomia, capacità di collaborare, parlare e agire in vista di un cambiamento positivo. Solo in
questo modo sarà possibile promuovere una cittadinanza sostenibile, vera, concreta, personalizzata.
In ambito educativo e scolastico, al fine di raggiungere questo traguardo si parla di competenze
chiave, ossia di attributi specifici per realizzare un’azione a auto-organizzazione nei diversi contesti
e nelle situazioni complesse: vi ritroviamo elementi cognitivi, affettivi, intenzionali e motivazionali
che costituiscono un’interazione di conoscenze, capacità e abilita che costituiscono la base della
possibilità che ognuno ha di impegnarsi costruttivamente e responsabilmente nella vita e nella sua
storia di apprendimento. Ognuno con le proprie necessità e i propri bisogni.
Non si fa riferimento a competenze innate, bensì a competenze da sviluppare attraverso percorsi
personali di ricerca e di apprendimento per tuta la vita. Sono abilità acquisite sulla base
dell’esperienza e della riflessione; indipendenti dai contesti, e per queste ragioni, necessari a tutti, a
tutte le età e in tutto il mondo.
Si fa chiaramente avanti una proposta educativa orientata ad un pensiero sistemico, che guarda alla
persona nella sua interezza e unicità, che promuove il cambiamento come elemento determinante e
impone la necessità di evidenziare e riflettere su percorsi e processi che possano rendere il
cambiamento consapevole e significativo per tutti e per ciascuno. Un cambiamento orientato
all’azione, all’apprendimento generativo e significativo volto alla formazione di un pensiero
autonomo. La scuola si caratterizza come percorso conoscitivo che mira a contribuire alla
maturazione e alla formazione complessiva della persona che si trova in situazione di
apprendimento, in modo che egli sia in grado sempre più di vincere la sua personale sfida nei
riguardi di una cultura contraddistinta dalla complessità e dal cambiamento.
Una tale configurazione teorica non può che orientare verso la scelta di una formazione
personalizzata.
La personalizzazione dell’educazione accoglie l’istanza dell’individualizzazione e delle
differenziazioni didattiche, reinterpretandole secondo l’approccio sapienziale-umanistico, mirando
alla “totalità del processo educativo”, all’integralità della persona e della sua vita. Essa, infatti, si
fonda sulla considerazione dell’essere umano come “persona”, intesa non semplicemente come un
organismo che reagisce a determinati stimoli dell’ambiente, piuttosto come un essere attivo che
osserva e modifica il mondo che lo circonda. Personalizzare significa riferirsi a una persona non
isolata bensì appartenente ad una comunità ed interagente con essa.
L’educazione personalizzata e tale pertanto se si realizza in un soggetto che ha caratteristiche
proprie, uniche e che coltiva tali caratteristiche affinché, attraverso le proprie capacità personali,
offra a sé stesso e il proprio vivere, operando in un contesto sociale per il bene proprio e per quello
altrui.
In questa prospettiva “la relazione educativa deve essere impegnata a sostenere il soggetto nello
sforzo, nelle difficoltà, nell’esercizio delle due capacità di scelta, nell’assunzione delle
responsabilità”.
Quando in una istituzione scolastica è offerta l’opportunità di scelta e di iniziativa, sicuramente si
contribuisce alla formazione del pensiero creativo nella costruzione del proprio percorso di vita.
L’educazione personalizzata si pome come stimolo e aiuto per la formulazione personale di un
progetto di vita e per la sua realizzazione e, affinché ciò sia possibile realmente, occorre educare
innanzitutto alla scelta e all’esercizio della libertà personale.
Tutto l’essere persona, dunque, è pienamente coinvolto nel processo educativo con i tuoi limiti e le
sue potenzialità; porre al centro dell’azione scolastica la persona vuol dire impegnarsi per uno scopo
comune, garantire ad ogni alunno-formando di essere in grado di coltivare il proprio potenziale di
umanità e così di essere protagonista attivo della costruzione della propria personalità. Il traguardo
cui tende l’educazione personalizzata è quello di far si che ogni persona sia in grado di scoprire fra
le molteplici possibilità che la vita offre, quali sono quelle maggiormente in accordo con le proprie
disposizioni.
Ma affinché ciascuno offra alla società il proprio contributo, deve prima conoscersi, scoprire il
proprio potenziale umano, le proprie risorse e le proprie eccellenze.
Il compito più delicato della progettazione educativa consiste proprio nello scoprire queste
peculiarità; l’intero percorso di apprendimento deve essere progettato per valorizzare le
caratteristiche individuali e promuovere l’eccellenza personale: personalizzare significa conoscere e
potenziare le singolari differenze, promuovere il fondamentale bisogno di ogni persona di
comunicazione e condivisione.
Poiché non tutti gli alunni hanno le stesse risorse di base, occorre stabilire degli obiettivi che
permettano di sviluppare al massimo le capacità di ogni persona, nonché offrire diversi percorsi in
base alla varietà di interessi di ogni studente.
Certamente per rendere possibile la scoperta dell’eccellenza personale è necessario ipotizzare ed
attuare un progetto di formazione flessibile ed aperto, il quale sia, cioè, in grado di delineare
strategie capaci di rapportare ed adattare l’intervento formativo alle caratteristiche personali ed alle
esigenze di ciascuno.
Fattori determinanti in questa scelta didattica saranno gli stili cognitivi ed i processi messi in atto da
ogni studente, di ogni ordine e grado di scuola, università compresa.
La scuola, se vuole concretamente svolgere il suo indicato compito istituzionale, in direzione
personalizzante, deve riuscire ad assicurare ad ogni studente il possesso di conoscenze, competenze
ed abilità, che sempre più si attestano come capacità logico-critiche, strategico-elaborative e
creativo-rielaborativo.
In ambito formativo, perciò, possedere una competenza significa essere in grado di scegliere la
strategia più efficace in rapporto alle situazioni che, di volta in volta, uno studente è chiamato ad
affrontare, dovendo dimostrare capacità di saper pensare, ragionare, agire ed intervenire nella e
sulla realtà.
In un contesto così complesso di cambiamenti e nuovi e speciali bisogni, nella ridefinizione del
prendersi cura dei più fragili, la scuola deve necessariamente rivedere anche le prassi più
consolidate del processo didattico, non ultima la valutazione che, alla luce di quanto finora
affermato, necessita di un nuovo vigore e di un ripensamento pedagogico.
Nel momento storico attuale assistiamo a una nuova ridefinizione di competenze, conoscenze,
indicatori che chiamano in causa nuovi saperi, prendersi cura dei giovani è oggi uno dei compiti
primari per una educazione alla partecipazione attiva e una formazione globale dell’uomo di
domani e del futuro cittadino.
Queste riflessioni impongono la messa in discussione di format scolastici consueti, procedendo ad
una ricostruzione, il ripensamento dei curricula, dei saperi, delle metodologie e non ultimo dei
sistemi del processo di valutazione. Sono radicalmente cambiati i concetti di conoscenza e
apprendimento poiché si è ampliato il loro significato.
La mera acquisizione di conoscenze viene, adesso, superata dalla necessita du acquisire competenze
spendibili in campo relazionale e sociale. Il sapere interiorizzato va riutilizzato in modo creativo in
un contesto nuovo. “Sapere” diventa “saper fare” e poi “saper essere”.
Competenza p un possesso di sapere e saper fare, applicabili a contesti diversi, già a partire dalle
prime classi della scuola di base; è saper acquisire competenze e utilizzarle, implicando in ciò un
percorso meta cognitivo, di forma mentis fondato sull’apprendere ad apprendere e su una testa ben
fatta.
Si va delineando una nuova idea di scuola aperta. In tale contesto elemento fondamentale diventa ad
esempio riconoscere il peso e il valore di conoscenze e competenze strategiche, trasversali,
cognitive e metacognitive, riflessive, in un nesso di co-costruzione tra apprendimenti e competenze.
Se da una parte la valutazione rappresenta un elemento fondamentale del processo didattico.,
dall’altra va sottolineata l’importanza di ridefinirla in termini contenutistici e metodologici,
soprattutto lì dove viene declinata per percorsi didattici differenziati e processi inclusivi rivolti agli
allievi più fragili.
Essa struttura in modo determinante le modalità con cui gli studenti apprendono e gli apprendimenti
stessi.
La ragione per cui è importante focalizzare l’attenzione sul miglioramento delle pratiche valutative
si riferisce al forte impatto che queste hanno sulla qualità dell’apprendimento. Una valutazione
learner-centred migliorerebbe, infatti, il coinvolgimento dello studente, produrrebbe adeguati
feedback, favorirebbe la collaborazione fra studenti e docenti, contribuendo a formare abilità utili
nei contesti di vita reali.
Processi valutativi in questo contesto, infatti, dovrebbero essere finalizzati oltre che a misurare e
certificare gli apprendimenti anche a orientare e supportare gli apprendimenti. In tal senso si
dovrebbe garantire agli studenti, a qualsiasi età e in qualsiasi situazione, l’opportunità di prendere
parte attiva ai processi di valutazione e strategia volta a renderli maggiormente autonomi nei
processi valutativi.
Si tratta di concepire l’organizzazione didattica strutturata in modo che, valorizzando l’esperienza,
l’autonomia, la capacità critica e la responsabilità degli studenti, dia a questi ultimi l’opportunità di
valutare, esprimere giudizi ed elaborare commenti scritti sul lavoro dei pari.
In questo caso gli studenti producono e ricevono feedback soprattutto di natura emotiva e sociale
che andranno ad implementare e fortificare quella struttura del Sé. Tale aspetto risulta ancora più
indispensabile nei processi di apprendimento che vedono impegnati i soggetti con disabilita o altri
Bisogni Educativi Speciali di natura organica, ambientale, sociale ecc. i quali hanno una struttura
del sé fragile e necessitano di una cura educativa differenziata. Le operazioni tra pari
stimolerebbero gli studenti a mettere in atto i propri processi riflessivi e metacognitivi che li
indurrebbero a sviluppare capacità di autoregolazione e di autovalutazione.
Diviene centrale il ruolo dello studente stimolato nella capacità di elaborazione di giudizio critico
autonomo, svincolandolo dalla dipendenza del giudizio del docente. Tutti gli studenti, in questo
modo, svolgono un ruolo attivo.
Per poter parlare oggi di una valutazione che sia uno strumento educativo a tutti gli effetti, si deve
acquisire una visione olistica dell’intero processo di apprendimento, partendo dalla consapevolezza
che occuparsi di un insegnamento non significa adottare un nuovo metodo più efficace rispetto al
passato, ma piuttosto far sì che sia l’allievo che impara ad imparare; l’apprendimento non deve
essere il risultato di acquisizione passiva di contenuti bensì il frutto di un’esperienza cognitiva
effettuata tramite tutti i canali possibili di cui è estremamente ricco il mondo intorno a noi. Solo in
tal modo lo studente potrà diventare soggetto attivo nella costruzione del suo sapere e della sua
identità e acquisire consapevolezza del suo processo di apprendimento.
L’obiettivo è far si che lo studente sappia auto progettare in modo consapevole la propria esistenza
perché poi possa apportare il suo contributo sociale nel mondo. Guardare ai concetti educativi in
termini moderni significa non lasciare nulla al caso ma avere piena consapevolezza del soggetto che
si ha di fronte e della sua individualità.
L’attenzione degli studi pedagogici in ambito di valutazione, sicuramente si è spostata da una
valutazione volta al prodotto finale ad una valutazione del processo che ha condotto al prodotto
finale. La valutazione deve essere formativa e non somatica: si sposta, quindi, l’attenzione dalla
fase finale a tutte le fasi del processo che genera un apprendimento. Non ha importanza solo il
risultato ma l’intero percorso. Già in America nei primi anni 90’ si fa strada il movimento della
valutazione autentica, che ha proposto un’alternativa al sistema valutativo classico. Le
caratteristiche della valutazione autentica si fonda sulla considerazione che l’apprendimento non è
un cumulo di nozioni ma la capacità di utilizzare ragionamenti più complessi in contesti reali.
Uno degli obiettivi finali di questo tipo di valutazione è l’inserimento degli studenti nella vita reale
che abbiano competenze e abilità finalizzate.
Una valutazione che ha come scopo quello di essere maggiormente autentica dovrebbe permettere
di esprimere un giudizio più esteso dell’apprendimento e cioè della capacità di “pensiero critico”, di
soluzione dei problemi, di metacognizione, di efficienza nelle prove, di lavoro in gruppo, di
ragionamento e di apprendimento permanente. Wiggins definisce le due caratteristiche
fondamentali che rendono la valutazione autentica o educativa:
- la valutazione dovrebbe essere progettata intenzionalmente per insegnare e non solo per misurare;
- la valutazione dovrebbe fornire agli studenti e ai loro insegnanti un feedback utile e ricco di
contenuti.
IN CONCLUSIONE:
La complessità dell'intero sistema della cura educativa, in un contesto sociale sempre più esposto
alla vulnerabilità e alle fragilità che caratterizzano singoli soggetti, Istituzioni, relazioni sociali e
affettive, dimensioni della salute fisica, psicologica e sociale, impongono una riflessione e una
revisione delle modalità di gestione degli stessi processi di cura e di educazione in termini di
contenuti, metodologie, contesti comunicativi e relazionali.
L'incontro con la fragilità, propria e altrui, in tutte le sue possibili mani festazioni, non potrà mai
trovarci completamente preparati, pur tuttavia si possono individuare strategie mirate e adeguate
modalità per gestirlo.
Ciò sarà possibile soltanto se riusciremo a ricondurre l'intera problematica alla dimensione umana
relativa alla persona e se l'evento malattia, sarà considerato nella sua dimensione di vissuto
personale e di contributo personale a quel continuo E incessante processo di crescita e di
cambiamento che è l’educazione della persona umana.
Nessuna esperienza può essere considerata a sé stante, indipendente dalle altre, ma tutte insieme
costituiscono la storia del soggetto che proprio attraverso di esse costruisce e diviene sé stesso.
Ma non basta semplicemente vivere per fare esperienza; perché un evento, un accadimento si
trasformi in esperienza è necessario un atto di appropriazione intenzionale da parte del soggetto.
Solo mediante la costruzione di percorsi di senso, l'educatore potrà essere in grado di aiutare il
soggetto ad attraversare la sofferenza e a stimolare la conoscenza, la riflessione sul tema del limite e
del dolore.
Occorre promuovere una alfabetizzazione emotiva, un'educazione dei giovani ai sentimenti e quindi
al dolore, alla frustrazione.
Nel complesso si registra una richiesta di aiuto e di relazione che esige risposte adeguate e interpella
sempre più incalzantemente la riflessione pedagogica.
Tale bisogno si ricava dalla stessa definizione di relazione d'aiuto quale processo volto ad aiutare il
soggetto a elaborare un progetto educativo su di sé e/o sugli altri.
Il termine relazione d'aiuto infatti è entrato a pieno titolo in uno scenario collettivo sempre più
ampio che oggi va dall'ambito scolastico, a quello medico, a quello sociale più in generale, ecc.
L'esperienza di cura educativa è uno splendido esempio di come dall'incontro fra limiti possa
generare un virtuoso processo di perfezionamento
reciproco. Educare è “educare al limite”, “accogliere al limite” quello proprio e quello altrui.I n
questa cornice si inscrive la storia della diversità che connota la natura umana e ne traccia il
carattere di esclusiva autenticità e ricchezza.
Dovranno ben saperlo quanti si occupano di educazione e di cura educativa nei diversi contesti,
dovranno tenerlo ben presente gli insegnanti, a scuola, luogo in cui si manifesta la fragilità-diversità
umana in tutte le sue forme, rendendola per questo fucina di nuove idee, proposte, cambiamenti,
creatività, nuovi talenti. I punti di forza e le fragilità dell'alunno comprendono, infatti, tutto ciò che
riguarda le aree elettive di apprendimento, dove egli impara con maggiore facilità e le aree dove
invece incontra maggiori fatiche.
A tal proposito è importante tenere conto anche e soprattutto degli aspetti emotivi, comportamentali
e relazionali, vale a dire tutti quei fattori che possono rappresentare barriere o accessi facilitati al
benessere.
Per questo sappiamo quanto sia necessario, imprescindibile avviare un'azione didattica partendo
dagli interessi degli alunni; ciò permetterà non soltanto di avvicinarli con cautela e disponibilità da
parte loro, ma soprattutto getterà le basi di ancoraggio dei contenuti da apprendere con il mondo
esperienziale dell’alunno.
A questo scopo vi sono diversi strumenti a disposizione dell'educatore: colloqui, interviste,
questionari, tutto ciò che può risultare utile a far emergere il mondo dell'allievo, affinché non
rimanga sommerso, inespresso e inesplorato agli occhi dell'insegnante.
È un mondo di incomparabile ricchezza che svelerà significati unici, potenzialità di ognuno e di
tutti.
Per un insegnante è molto importante conoscere in modo dettagliato le fragilità degli alunni, perché
questo gli consente di mettere a punto dispositivi mirati di aiuto, ma ancora di più di conoscerne i
punti di forza.
Gli alunni, in particolare differiscono gli uni dagli altri non solo sul piano delle competenze
manifestate o degli stili di apprendimento adottati ma anche e soprattutto nella modalità con cui
interagiscono tra loro, con l'insegnate, con il complesso sistema classe. Per tutti l'elemento
motivazionale costituisce un grimaldello per il successo scolastico e formativo più in generale, che
solo insegnanti appassionati devono conoscere e possono pro-muovere.
Non va trascurata neppure la dimensione relativa ai livelli di coinvolgimento e alle aspettative sia
degli allievi sia degli adulti: le aspettative di successo o di insuccesso rappresentano un volano
virtuoso o distruttivo, in quanto incidono in modo significativo sulla tenuta dei ragazzi in termini di
impegno e sulla loro motivazione allo studio.
Gestire la classe significa accendere negli alunni la passione e sollecitare in loro la partecipazione e
il rispetto alla proposta formativa. La capacità dell'insegnante di suscitare interesse diventa perciò
fondamentale in vista dell'apprendimento, che è lo specifico dell'attività scolastica,
Molti insegnanti rilevano nelle giovani generazioni un comportamento irrispettoso verso le regole,
una maggiore fragilità emotiva ed un'irrequietezza e disattenzione. Le cause di ciò possono essere
ricondotte a numerosi fattori: i profondi cambiamenti dell'assetto familiare, il difficile rapporto
scuola-famiglia e la massiccia diffusione delle nuove tecnologie, che ha stravolto i modi e i tempi
del quotidiano e soprattutto le dinamiche relazionali in ogni contesto di vita, possono essere
ipotizzati come possibili cause del disagio riscontrato dagli insegnanti nella gestione del tempo
scolastico degli allievi.
È quindi fondamentale l’aiuto da parte di insegnanti e adulti.
Per essere guide autentiche gli adulti e gli insegnanti nello specifico devono essere in grado di
rispondere adeguatamente sotto il profilo pedagogico, ai cambiamenti sociali e culturali, ponendosi
in ascolto e mettendosi in discussione attraverso percorsi di ricerca e autoriflessione circa la
modalità più adeguata in termini pedagogici, metodologici e valoriali, mirando alla persona con i
suoi bisogni educativi - speciali per ciascuno - che appaiono sempre in aumento per numero e per
varietà.