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CRESCERE PARTECIPANDO

CAPITOLO 1: CULTURA DELLA PARTECIPAZIONE E CULTURA DELL'INFANZIA


Nei documenti internazionali e nelle politiche Educative europee si riconosce l'infanzia ed i suoi diritti attraverso il
sostegno ad azioni che rendano i contesti di vita sempre più a misura di bambino, poiché spesso si hanno pratiche
Educative tese verso la protezione e non verso il riconoscimento delle potenzialità dei bambini. L'agire educativo non
si riduce ad una trasmissione unidirezionale o precostituita, ma ha una base relazionale che genera un insieme di
significati, valori e apprendimenti, attraverso il contributo di tutti.
DA UNA CULTURA SULL’INFANZIA A UNA CULTURA DELL’INFANZIA: LA STRADA DELLA
PARTECIPAZIONE
L’essere parte di è una condizione dell’esistenza umana ed è rilegata all’intimo bisogno di appartenere, di collocare la
propria esistenza dentro una relazione: l’esistere di ognuno è un co-esistere. Il convivere non è un dato di fatto, ma una
condizione che richiede intenzione e motivazione, poiché vivere con altri non significa saper stare con gli altri; è un
diritto di ogni persona in crescita, però, avere una vita sociale significativa.
Ogni bambino vive in un ambiente, il quale condiziona il suo sviluppo, sociale ancor prima che individuale; l’io del
bambino è dialogico, costitutivamente aperto al tu, per questo non può essere una figura solitaria. Ogni bambino non
si adatta al mondo, ma entra in relazione con esso, per questo gli vanno offerti contesti partecipativi.
Ad oggi però c’è ancora una differenza profonda tra leggi e realtà, dimostrato dalle povertà Educative presenti, tra cui
la negazione del diritto all’istruzione, lo sfruttamento minorile, l’analfabetismo, la discriminazione. Queste sono
situazioni in cui le logiche adulte segnano i percorsi di vita dei bambini, condannandoli all’esclusione sociale e
annullando qualsiasi tentativo di riscatto dal disagio.
La storia dei diritti dell’infanzia ha avuto una svolta nel 20° secolo, che ha portato all’elaborazione di norme
riconosciute a livello internazionale, in cui regna l’idea che: ogni bambino che nasce porta con sé il desiderio di
crescere e scoprire il mondo; non siamo noi adulti a creare il bambino, dobbiamo liberare da questa illusione di
onnipotenza, come afferma Montessori, poiché i bambini hanno diritto di essere riconosciuti come costruttori del
proprio divenire.
Una partecipazione autentica esige quindi un mutamento radicale del modo di pensare e agire degli adulti, che devono
passare da una realtà definita esclusivamente da loro ad una in cui i bambini possono contribuire a costruire il mondo
in cui desiderano vivere. I principi di questa partecipazione sono:
- Un approccio che salvaguardi questi diritti
- Un approccio non discriminatorio
- Un approccio che assicuri ai bambini le stesse opportunità
- Un approccio che incoraggi i bambini
La natura della partecipazione varia a seconda delle età e delle condizioni, ma le competenze partecipative sono
trasversali e riscontrabili già dalla tenera età, in primis la responsabilità: non si da partecipazione senza responsabilità
delle proprie azioni; la responsabilità riguarda anche l’agire dell’adulto, presente ma non invadente o iperprotettivo.
Inoltre, promuovere la partecipazione non significa solo mette in campo gesti esaustivi, senza lasciare margine di
prova al bambino, ma lasciarlo fare da solo, non in modo permessivistico.
BAMBINI E CONTESTI: UN RAPPORTO CO-COSTRUTTIVO
I bambini sono una risorsa per i contesti in cui abitano e crescono, perché portatori di idee, di domande, capaci di
costruire conoscenze e di apportare cambiamenti alle esperienze. Il cervello del bambino è caratterizzato poi da una
grande plasticità, ovvero dalla capacità di cambiare funzione e struttura in relazione agli stimoli che riceve
dall’ambiente, per fornire risposte competenti (Bruner); questo si accompagna alla loro precoce capacità di selezionare
parti del mondo di cui occuparsi e adattare questi stimoli alle proprie esigenze.
LA BUSSOLA DELLA PARTECIPAZIONE
La partecipazione può essere assunta come sfondo pedagogico, caratterizzata sia dall’essere parte che dall’agire,
l’agency: capacità di autonomia nell’azione, di assunzione di responsabilità nella scelta, di produzione di un
cambiamento sociale. Per promuoverla non c’è bisogno di esperienze discontinue o brevi, ma di creare un quotidiano
habitus partecipativo, permettendo ai bambini di entrare a pieno titolo nei propri ambienti di vita.
La teoria del bambino ecologico di Bateson afferma che non esistono né situazioni prive di contesto, né abilità
decontestualizzate e che l’esperienza nell’ambiente è insostituibile per ogni bambino. Un bambino competente ha
bisogno di un contesto competente.
CAPITOLO 2: LA PARTECIPAZIONE COME CORNICE PEDAGOGICA DELLO 0-6
Nell’Early Childhood Education and Care si vede la prima infanzia come un vero e proprio bene pubblico, anche se è
ancora da consolidare un curricolo 0-6. In essa sono indicati i principi per la valorizzazione dell’infanzia:
- Disponibilità di servizi a costi accessibili
- Servizi che incoraggiano la partecipazione e l’inclusione
- Personale qualificato con una formazione iniziale e in servizio
- Condizioni di lavoro supportanti
- Un curricolo fondato su obiettivi che permettano di sviluppare i bambini in modo globale
- Collaborazione con colleghi e famiglie
- Processi di monitoraggio e valutazione, sia riguardo il bambino, sia a livello locale/regionale/nazionale che
sostengono la qualificazione del servizio e delle pratiche Educative, e processi di riflessione sull’agire
- Responsabilità da parte di tutti coloro che partecipano alle pratiche
- Finanziamenti che sostengono i servizi
ORIENTAMENTI PARTECIPATIVI PER IL CURRICOLO 0-6
Perché promuovere una cultura della partecipazione proprio nei servizi 0-6? Due sono le ragioni, una a carattere
pedagogico, una a carattere storico culturale:
- Le esperienze Educative della prima infanzia concorrono a strutturare la persona, non in termini di formazione
dei saperi, ma nella configurazione di habitus mentali e morali, che segneranno anche le esperienze future;
l’infanzia costruisce la vita dell’adulto
- È sempre più diffusa l’evaporazione dei legami sociali, per questo si ritrova la necessità di offrire all’infanzia
contesti che si presentino come luoghi di incontro
La partecipazione può diventare strumento che non frammenta il processo di crescita del bambino ed elimina sia la
visione adultocentrica che quella puerocentrica.
LA PROGETTAZIONE DEL CONTESTO EDUCATIVO
Attraverso la progettualità educativa le diverse dimensioni della partecipazione possono entrare in gioco nella pratica
quotidiana. La progettazione è una strategia di pensiero e di azione, capace di modificarsi in relazione all’evolvere dei
contesti; si realizza attraverso: analisi del contesto e degli obiettivi, proposte Educative, osservazione e
documentazione, continuità e apertura al territorio e alla collaborazione con famiglie, metodologie e organizzazione di
tempi, spazi e materiali. La progettazione permette alla partecipazione di diventare declinazione pratica dei principi e
dei valori di riferimento; inoltre, può sostener3 la relazione e la crescita sia dei singoli che del gruppo.
È importante partire prefigurando i servizi per l’infanzia come luoghi educativi strategici, pensati e organizzati in base
a determinate scelte Educative, al tipo di curricolo che all’idea di infanzia che si intende promuovere. La qualità di un
contesto educativo è la risultante della qualità che si riesce a offrire nella progettazione della quotidianità, in grado di
promuovere lo sviluppo affettivo, sociale, cognitivo e ludico dei bambini.
La progettazione deve saper anche accogliere l'incertezza e la novità, facendo fronte alla complessità del lavoro
educativo non attingendo solo a pratiche consolidate, ma riflettendo costantemente sul proprio agire, a partire dai
feedback offerti dai bambini, protagonisti del nostro agire.
ALLESTIMENTI PARTECIPATIVI
Le esperienze vissute nei contesti educativi frequentati nella prima infanzia diventano sistemi di significazione e
comportamento, aperti però al cambiamento indotto da nuove esperienze e presenti attivamente nella memoria; ogni
dimensione entra in interazione con i bambini e con il loro processo di crescita.
Nell’organizzazione degli spazi si possono trovare pedagogia implicite:
- APPROCCIO MATURAZIONALE: si focalizza su attività non strutturate, gli arredi sono progettati per
sviluppare il senso di libertà e mobilità dei bambini ed i materiali sono facilmente accessibili
- APPROCCIO COMPORTAMENTISTA: le attività sono pianificate in un ambiente ordinato e strutturato; gli
insegnanti regolano quali materiali sono disponibili o meno ed organizza la classe per evitare conflitti e
distrazioni. La struttura delle attività è chiusa e mirata, sono tutte separate l’una dall’altra
- APPROCCIO COGNITIVISTA: ci sono attività strutturate e non, modificate per offrire ai bambini la
possibilità di sperimentare il cambiamento; gli insegnanti selezionano dei materiali, proponendo ai bambini di
scegliere tra essi, ed allestiscono spazi che consentono di muoversi non spontaneamente, ma secondo uno
scopo
Tutti i contesti educativi si ispirano a riferimenti pedagogici, che si traducono in fini educativi ed azioni; il lavoro
educativo non si traduce quindi sulla mera predisposizione degli spazi, ma si concentra sui processi.
SPAZI E TEMPI PER CRESCERE INSIEME
Bisogna allestire ambienti che promuovano presenze attive, tenendo conto dei significati iscritti negli spazi e dei loro
usi; le prassi per farlo sono:
- Pensare agli obiettivi e a come si relazionano con lo spazio disponibile
- Valutare i bambini di cui ci si occupa, le loro esigenze di sviluppo, gli spazi e i tipi di interazione a cui sono
abituati
- Approfittare di qualsiasi risorsa e occasione disponibile
- Sperimentare come dovrebbe essere la progettazione e quali potrebbero essere gli effetti, discutendone con
tutto il personale
- Pensare a come si modifica il proprio comportamento e quello dei bambini
- Valutare se gli obiettivi sono stati raggiunti
- Apportare modifiche, basate sulle osservazioni personali e delle colleghe
- Ricominciare il ciclo
Lo spazio viene vissuto quindi come dimensione esistenziale che influisce sul modo in cui il bambino si relaziona,
apprende e partecipa; questo non deve cadere però in un determinismo, ovvero non si deve puntare a predefinire gli
ambienti o anticipare gli esiti.
Lo spazio deve essere curato e organizzato in micro contesti differenziati, ma interconnessi, che rispondano ai bisogni
dei bambini di esplorare e agire sullo spazio, sviluppando strategie personali. Oltre a questo, devono poi esserci
componenti stabili che trasmettano protezione e permettano al bambino di riconoscere qualcosa di sé stesso e degli
altri.
La partecipazione nello spazio si traduce anche nell’assunzione di responsabilità quotidiane come il riordino di
materiali o la cura degli stessi.
Il contesto è un’unità situata nel tempo, che va organizzato rispettando i tempi dei bambini; spesso i contesti educativi
strutturano giornate che tolgono il giusto tempo ai bambini. Ogni bambino vive in modo personale il tempo, ha i
propri ritmi, per questo si deve organizzare il tempo in maniera flessibile (avere tempo, prendere tempo, perdere
tempo, vivere il tempo e non subirlo). La scansione dei tempi permette di dare sicurezza (perché prevedibile), ma
anche novità (perché flessibile), sequenzialità e familiarità, ma anche imprevedibilità. Una dimensione temporale
particolare è quella della quotidianità, quella in cui vivono tutti i giorni i bambini: poter riconoscere e padroneggiare il
ritmo della vita quotidiana permette di anticipare ciò che accadrà e, quindi, di collocarsi attivamente nelle situazioni;
lo scorrere del tempo diventa un succedersi significativo di esperienze mai uguali a se stesse, perché i bambini
possono farne inedite interpretazioni.
Gli spazi e I tempi della partecipazione diventano spazi e tempi di vita e crescita, non rigidamente programmati.
CAPITOLO 3: PER UNA GRAMMATICA DELLA PARTECIPAZIONE
La grammatica della partecipazione individua aspetti che concorrono a promuovere, nei bambini, competenze
partecipative, passando dal piano organizzativo a quello della pratica. Le variabili di questa grammatica sono: corpo e
linguaggi, apprendimento e costruzione della conoscenza, valore del gruppo.
LINGUAGGI PER PARTECIPARE
Nei servizi 0-6 sono presenti bambini che ricercano un modo per stare al mondo, con sé stessi e con gli altri,
specialmente attraverso l’essere corporeo; per entrare in relazione, il bambino, usa innumerevoli linguaggi,
corrispondenti a innumerevoli modi di pensare, esprimersi e capire. Questi linguaggi sono una metafora delle
potenzialità dei bambini, che riescono a sprigionare tramite i processi conoscitivi, e che si moltiplicano attraverso la
scoperta e l’interazione. Le neuroscienze supportano questa teoria, fondata da Malaguzzi, affermando che non esiste
un tipo di comunicazione che non coinvolga tutti gli altri tipi. Ogni bambino ha un suo modo di comunicare, un
linguaggio unico che esprime la sua singolarità.
Un curricolo 0-6 deve offrire occasioni per dialogare, sia per costruire capacità comunicative, sia per costruire
significati condivisi; inoltre deve permettere di attivare molteplici modalità espressive. I progetti educativi devono
attingere ai vari linguaggi del bambino (verbale, musicale, corporeo) e far sì che egli entri in contatto con più materiali
e punti di vista.
La condizione fondamentale per partecipare è quella di avere parola, sostenuta da freire, che la vede come avente
potere per costruire e trasformare il mondo; la parola esprime il diritto fondamentale dei bambini, quello di avere voce
e di avere gli strumenti per dare significato al mondo e alla loro presenza nel mondo. I bambini apprendono
interagendo con adulti e coetanei, attraverso il dialogo ed il confronto. Poter cominciare è connesso alla capacità di
autodeterminarsi: il bambino che può esprimere opinioni prende parte dalle decisioni e si assume responsabilità nei
gruppi di cui fa parte.
Non si può costringere il pensiero dei bambini in modalità espressive tipiche degli adulti, ma bisogna liberarne le
potenzialità attraverso dispositivi come il gioco, in particolar modo quello spontaneo, che permette ai bambini di
costruire attivamente un proprio mondo, per poi imparare a stare a modo loro nel nostro si mondo; nel gioco
spontaneo gli oggetti diventano altro e viene elaborata la vita reale.
LA VOCE DEL CORPO
La modalità di espressione centrale nella prima infanzia è quella riferita al canale non verbale, quella delle espressioni
corporee; attraverso il linguaggio del corpo i bambini comunicano:
- Contatto corporeo
- Contatto oculare, sguardi
- Mimica facciale, espressioni emotive
- Segnali neuro vegetativi, respiro, battito e temperatura corporeo
- Tono muscolare
- Gesti
- Postura e posizioni del corpo
Il bambino ha una spiccata sensibilità che lo porta a prestare attenzione non tanto al contenuto verbale degli scambi,
ma al modo in cui ci si rivolge a lui; per questo, l’adulto, deve sviluppare una capacità osservativa che sappia cogliere
il non verbale.
GENERARE APPRENDIMENTI PARTECIPATIVI
Attraverso la partecipazione si supera la mera riproduzione, perché si va a creare cultura; l’apprendimento diventa
quindi un processo costruttivo, che avviene in modo autentico quando il bambino può partecipare attivamente alla
situazione. Ciò che i bambini apprendono non discende quindi da un rapporto lineare di causa effetto, ovvero non
made dagli adulti, ma è opera dei bambini stessi; l’ambiente degli apprendimenti deve:
- Accettare tutte le forme di espressione
- Promuovere in ognuno volontà di agire e progredire
- Eliminare competizione
- Sviluppare le facoltà di ognuno, da poter utilizzare anche nel gruppo, aiutandosi reciprocamente
È molto motivante avviare co costruzioni, che fanno diventare la conoscenza una conquista. A volte i bambini avviano
in modo autonomo i processi di conoscenza, diventano ricercatori attivi e sperimentando a propria capacità di essere
costruttori.
Non solo i bambini, ma anche le educatrici apprendono, andando a rovesciare il senso del termine insegnare (lasciare
il segno): sono I bambini a lasciare il segno agli adulti, che può aiutarli a capire come meglio intervenire.
IL GRUPPO E IL TIROCINIO DEL NOI
I risultati comuni non sono solo esito di tutti, ma anche vantaggio per la vita comunitaria. La qualità delle relazioni è
un aspetto fondante a partecipazione e richiede la presenza di persone capaci di favorirla; è nella relazione che il se
definisce la propria identità.
Nei servizi per l’infanzia il gruppo è il contesto ideale per apprendere, perché, se democratico, ottimizza i tempi e
stimola i bambini (neuroni specchio). L’interazione in gruppo favorisce lo scambio dialogico e dinamiche
comunicative più frequenti e spontanee, essenziali per produrre conoscenze. L’apprendimento cooperativo si realizza
se di base vi è la capacità e la voglia di stare insieme, il senso di appartenenza; saper stare insieme è una conquista che
permette al bambino si spostare l’attenzione da sé stesso all’altro, capendo che vivere è convivere.
L’interazione con l’altro mette in gioco condotte sociali e la presa di coscienza di quanto si sia uguali e diversi; si
impara ad avere autostima ed accettare anche gli insuccessi, accettando i propri limiti, ma anche il proprio saper fare,
imparando a vedere la propria forza anche nei momenti di fragilità.
Nel gruppo vengono poi definite le regole di comportamento condivise, che garantiscono la qualità del crescere
insieme.
La modalità di raggruppamento va pensata in base alle possibili finalità del gruppo stesso, o dell’attività che deve
essere svolta; il piccolo gruppo è ad esempio adatto a favorire il confronto tra pari.
L’apertura al mondo e la scoperta degli altri non possono avvenire senza una conoscenza di sé.
CAPITOLO 4: RIPENSARE L’INTER AGIRE PROFESSIONALE
SGUARDI RIFLESSIVI
La pratica professionale è una fonte continua di interrogativi che, se non accolti, non comporterebbero cambiamenti;
la riflessività permette di interrogare la quotidianità e di dare importanza ad azioni che spesso passano inosservate.
Adottare un comportamento riflessivo aiuta ad uscire da abitudini consolidate di realizzazione di processi e contesti e
a cogliere se e quanto questa promuova la partecipazione dei bambini.
L’intenzionalità educativa presuppone un lavoro riflessivo su di sé, sulle proprie azioni e sulle proprie competenze
professionali, ma anche un lavoro di riflessione collegiale, che produce un incremento collettivo dei livelli di
consapevolezza. Senza riflessione la prassi diventa riproduzione delle routine consolidate, senza possibilità di nuove
azioni; la partecipazione, infatti, sfida l’adulto a comprendere cosa succede e cosa si costruisce attraverso le
esperienze.
Nei servizi educativi 0-6 spesso non ci si ispira ad un unico modello pedagogico (Montessori agazzi, dewey, munari),
ma, attraverso partecipazione e riflessività, anche nei contesti più eclettici si può riconoscere il profilo pedagogico del
servizio; le educatrici possono infatti riflettere per tracciare una cornice di significati condivisi, facendo emergere
l’apparato organizzativo e la progettualità educativa del servizio. L’adulto diventa quindi il regista del processo
educativo, in quanto crea le occasioni di crescita dei bambini, venendone coinvolto in prima persona.
OSSERVAZIONE E DOCUMENTAZIONE: STRUMENTI PROGESSIONALI PER PROMUOVERE LA
PARTECIPAZIONE
Ogni bambino può essere conosciuto solo facendo riferimento al suo contesto e alle relazioni che lo circondano;
l’osservazione può aprire nuovi modi di conoscere sia il bambino che il contesto. È un’osservazione sistematica che
orienta il sapere e la progettazione, che si ferma anche su ciò che non sembra interessante; l’attitudine all’osservazione
è fatta di pazienza, perché va prolungata anche oltre ciò che si crede di aver capito.
Importante è osservare l’attività ludica, il gioco dei bambino utile per orientare le proposte di attività e materiali,
l’organizzazione degli spazi e dei gruppi, la messa a disposizione dei tempi e la presenza dell’adulto.
Chi pratica l’osservazione può attribuire senso non solo al fare del bambino, ma anche al proprio agire educativo,
lasciandosi interrogare dai rimandi dei bambini, che assumono così il ruolo di protagonisti: le manifestazioni
inaspettate, le resistenze, spingono la figura adulta a ristrutturare il proprio modo di pensare e agire.
Complementare all’osservazione è la documentazione, che serve sia a rendere trasparente il progetto educativo, sia a
conoscere i bambini. È una strategia che permette di tornare sulle azioni compiute, se strategie adottate e sulla loro
efficacia, a partire dai feedback dei bambini; promuove la condivisione tra equipe di lavoro diverse all’interno dello
stesso servizio, ma anche tra realtà differenti, promuovendo la costruzione di un patrimonio culturale. Infine, favorisce
la costruzione di alleanze Educative con le famiglie.
Le parole usate per documentare possono evocare ascolto attento, apertura al confronto e possono permettere al
servizio di raccontarsi; nella documentazione viene poi esplicitato l'impegno delle educatrici nel lavoro di cura ed
educazione.
VALUTARE E FARE RICERCA IN CONTESTI PARTECIPATIVI
Ogni progettazione ha in sé incertezza e rischio, nata dalle relazioni con i bambini e dai fattori del contesto che
modificano quanto pre stabilito, per questo la valutazione diventa strategica per la definizione della qualità di un
servizio educativo. Si deve uscite fa una visione della valutazione rivolta ai risultati conseguiti dal singolo bambino,
per arrivare a comprendere tutti gli elementi che concorrono a determinare il contesto in cui i bambini apprendono:
tempi, spazi, metodologie e pratiche Educative, curricoli, relazioni con educatrici, famiglie e territorio. La valutazione
può essere:
- VALUTAZIONE DEL BAMBINO: osservare il bambino e coglierne i progressi, non con prove
standardizzate, ma attraverso diari, resoconti narrativi; lo scopo è quello di sostenere la crescita riconoscendo
le potenzialità dei bambini. La valutazione del bambino è personalizzata, ovvero attenta e rispettosa del
singolo.
- VALUTAZIONE DEL CONTESTO: riguarda gli aspetti organizzativi, materiali, didattici, che possono essere
modificati nell’ottica di un miglioramento.
La prospettiva partecipativa vuole mantenere i servizi al passo con la riflessione educativa contemporanea, offrendo ai
bambini e alle famiglie servizi che sappiano rinnovarsi e innovarsi; per questo la valutazione diventa un momento di
impegno verso i bambini.
Lavorare per la partecipazione presuppone una ricerca continua, che permette alle educatrici di cogliere le diverse
dimensioni di vita dei bambini, valorizzandole nell'agire educativo. Verso la fine degli anni 90, in seguito alla
convenzione ONU sui diritti dell’infanzia, si è affermato un nuovo approccio di ricerca non più centrato sull'adulto,
ma sul bambini come soggetto competente. Fare ricerca in contesto educativo non presuppone che le educatrici
debbano sempre dipendere da studi condotti da altri, ma può partire dal proprio servizio e dai propri bambini,
raccogliendo pensieri, bisogni, interessi; si tratta di fare ricerca partecipativa, coinvolgendo i bambini in tutto il
processo, e le loro capacità di esplorazione. La ricerca va a sostenere la progettualità educativa, che si basa sul
confronto tra le teorie pedagogiche e le sollecitazioni dei bambini; essa può incrementare la qualità professionale ed
essere messa in comune attraverso la documentazione, contribuendo a costruire apprendimento.
CAPITOLO 5: LA PARTECIPAZIONE, UN LUOGO COMUNE
Partecipare dovrebbe diventare il modo dei bambini, degli educatori e dei genitori di essere parte del progetto
educativo.
ALLEANZE EDUCATIVE E COEDUCAZIONE
L’ingresso in una comunità educativa rappresenta un’esperienza unica per ciascun bambino, e la sua famiglia, che
entrano con le loro esperienze, i loro vissuti e le loro competenze; la comunità educativa accoglie ciò, attraverso la
costruzione di relazioni.
La partecipazione comporta corresponsabilità e coeducazione, che passano attraverso un’attenzione al contesto e, in
particolare, ai luoghi che appartengono a tutti (corridoi, cortili), affinché non siano solo luoghi di transito, ma luoghi
di incontro che favoriscono la partecipazione. Nasce così una comunità educativa, che pone al centro il bambino e fa
di ogni scuola un luogo aperto alla società, che concorre al suo benessere.
Fondamentale è l’incontro con le famiglie: per loro frequentare un servizio educativo rappresenta un’occasione per
sperimentale forme di condivisione, di rispetto reciproco, di socialità e appartenenza; se ciò produce benessere nei
bambini, può farlo anche negli adulti, per cui possono nascere amicizie o momenti di aiuto, si possono superare
incomprensioni e difficoltà, incertezze e paure nei confronti dei servizi. A sostegno del coinvolgimento delle famiglie
possono esserci le pratiche di documentazione: la partecipazione dei genitori nasce dalla comprensione del contesto in
cui i figli crescono, delle pratiche di cura ed educazione che lo accompagnano, nell’ottica di creare una sinergia di
intenti e di azioni; con la documentazione i genitori possono avere memoria dei progressi del proprio figlio.
INTERDIPENDENZE E COMUNITÀ
La partecipazione è anche sperimentare la cittadinanza, quel senso di appartenenza globale (interdipendenza), per
cogliere il senso di un’esistenza le cui sorti sono legate all’esistenza altrui. Un bambino che coglie il legame tra la sua
storia e quella di altre persone interiorizza l’interdipendenza, che diventa poi la capacità di riconoscere parte attive in
tutte le situazioni della vita e in tutti k sistemi con cui entra in contatto; gli scenari educativi cambieranno nel tempo,
ma rimarrà sempre nel bambino il desiderio di esserne parte e parteciparne.
La prospettiva inclusiva e partecipativa mira alla costruzione di una scuola per tutti, in cui adulti e bambini diventano
co costruttori; quando i bambini partecipano non sono soli. Ogni servizio per l’infanzia è una comunità, per natura ed
essenza: avere cura di questi contesti significa rispettare il diritto di ogni bambino di partecipare alla vita in modo
attivo; la sfida educativa dei servizi è quella di educare i bambini non solo a sentirsi parte, ma anche a partecipare. I
servizi vanno a costituire per i bambini una risorsa che permette di andare oltre una visione di futuro passiva e uguale
a se stessa.
PER UNA CITTADINANZA PLANETARIA DEI BAMBINI
I bambini hanno bisogno di credere in contesti educativi caratterizzati da relazioni positive; solo in questo modo
possono sviluppare la fiducia necessaria a partecipare al mondo.
La partecipazione comporta dei benefici per i bambini:
- Sostegno all’autonomia e alla fiducia in sé stessi
- Miglioramento delle abilità di problem solving e di comunicazione
- Partecipazione a processi democratici e il senso di avere uno scopo
La prospettiva della partecipazione permette di pensare che tutti i soggetti che vivono nel contesto sono
complementari e che la loro presenza è importante.

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