Sei sulla pagina 1di 24

GLI APPRENDISTI DELLA LINGUA SCRITTA

CRISTINA ZUCCHERMAGLIO
INTRODUZIONE
Normalmente si crede che il primo contatto ufficiale tra il bambino e la lingua scritta coincida con l’inizio
della scuola elementare: prima i bambini non possono e non devono sapere nulla e sono tutti
indistintamente tabula rase rispetto la lingua fino al giorno in cui ha luogo il rito di iniziazione e
l’insegnante fa apparire le lettere.
In realtà nel bambino esiste, prima di ogni insegnamento istituzionale, una notevolissima competenza
sulla lingua scritta, che si costruisce nel momento in cui egli si comporta come un attivo apprendista in
un mondo segnato dalla presenza dell’artefatto culturale della lingua scritta.
A tal proposito risulta fondamentale indagare i tempi e modi di questo apprendistato cognitivo e
linguistico e costruire contesti educativi che rispettino e considerino il contributo che il bambino stesso
può dare al suo apprendimento e che permettano una sua significativa socializzazione alle pratiche
culturali della lingua scritta.

CAPITOLO 1: Per una psicologia cognitiva dell’istruzione


SVILUPPO E APPRENDIMENTO
Analizzeremo il processo attraverso cui il bambino si appropria dei mezzi per costruire la lingua scritta
convenzionale si socializza alle sue pratiche d’uso. Si guarda ad esso come all’apprendimento di abilità
linguistiche e cognitive culturalmente definite e inserite in un sistema di interazioni e pratiche sociali
determinate.
Si guarda al processo di alfabetizzazione come all’apprendimento di abilità linguistiche e cognitive
culturalmente definite ed inserite in un sistema di interazioni e pratiche sociali determinate.
Il processo di alfabetizzazione avviene in un contesto educativo che deve privilegiare come fonte di
apprendimento l’interazione sociale.
Focus:
a) Costruzione di un contesto educativo innovativo;
b) Analisi dei processi di costruzione/riflessione del bambino sull’oggetto culturale “lingua scritta”
in quel contesto educativo.
Si:
- Affronta lo studio dei processi di sviluppo/apprendimento a partire dall’analisi e dalla
considerazione dei contesti e dei contenuti in cui e su cui questi si esplicano;
- Considera lo sviluppo cognitivo individuale in relazione ai processi di socializzazione e
inculturazione.
Non si può guardare allo “sviluppo del bambino” senza tener conto degli scopi dell’attività di
inculturazione, della cultura e dei contesti sociali in cui ha luogo.
Piaget ha ricercato caratteristiche universali dello sviluppo comuni a tutti i bambini in tutte le culture,
però molti domini di conoscenza richiedono un’educazione per essere acquisiti a certi livelli di
competenza.
LE PROSPETTIVE DI UNA PSICOLOGIA CULTURALE
Gli attuali orientamenti della psicologia culturale, ritengono necessario nello studio dei processi
psicologici considerare due caratteristiche distintive della specie umana:
a. l’abilità di modificare l’ambiente, creando artefatti;
b. l’abilità di trasmette, con il tramite principale del linguaggio, le modificazioni così accumulate
alle successive generazioni.
La cultura è concepita come il medium in cui l’esistenza umana è inserita, un medium che agisce sia
come vincolo sia come strumento della condotta umana.
Quando si parla di sviluppo del bambino è fondamentale considerare la sua specificità culturale in due
sensi distinti ma complementari:
- il bambino si sviluppa in una determinata cultura;
- Il bambino si sviluppa tramite gli artefatti costruiti da quella cultura.
La scuola che più direttamente ha operato e teorizzato in questo senso è quella storico-culturale russa di
cui è esponente Vygotsky, Luria, Leontiev, i quali hanno definito 3 punti di rilievo che hanno influenzato
la psicologia attuale:
a) Mediazione culturale: gli uomini vivono in un ambiente trasformato dalla presenza di artefatti
che mediano la nostra interazione con il mondo. Gli artefatti culturali sono insieme simbolici e
materiali. Viviamo in una realtà naturale e artificiale. È questa la specificità del mondo in cui vive
l’uomo, che distingue il comportamento dell’uomo da quello degli animali.
b) Sviluppo storico: le funzioni psicologiche mediate culturalmente sono anche processi storici. Gli
artefatti sviluppati da una cultura sono trasmessi alle generazioni successive, in un percorso di
accumulazione progressiva;
c) Attività: il concetto di attività consente di definire e descrivere i contesti culturalmente validi
entro il quale si imparano e si usano azioni e operazioni specifiche. Se le persone pensano per
mezzo di artefatti e la forma del pensiero è determinata dai modi in cui questi artefatti si sono
sviluppati storicamente, è necessario studiare i processi cognitivi, non in isolamento, ma
considerando i quadri di riferimento offerti dalle attività reali di mediazione culturale con
l’ambiente.
Per capire il ruolo della cultura nella costruzione della mente è necessario studiare l’attività delle
persone nei contesti di vita reali.
Modello ecologico di Bronfenbrenner: l’ecologia della vita umana è concepita come un insieme
interrelato di attività che si svolgono nei contesti culturali appropriati
UNA NUOVA DEFINIZIONE DI APPRENDIMENTO
La prospettiva teorica ha cambiato il significato di apprendimento: da un apprendimento considerato
come un micro-fenomeno di cui è possibile identificare le leggi generali di funzionamento valide per
tutte le specie animali, per tutte le attività e per tutti i contesti si è passati ad un apprendimento inteso
come sviluppo culturale, cioè come azione complessa che si svolge in quadri di attività storicamente e
culturalmente definiti.
L’interazione tra sviluppo e apprendimento viene considerata come la caratteristica più peculiare dello
sviluppo cognitivo umano.
Vygotsky ha cercato di dare una risposta affermando come la maturazione organica gioca la parte di una
condizione piuttosto che di un motivo dominante del processo di sviluppo culturale, poiché la struttura
di questo processo è definita da influenze esterne, in particolare dalla struttura delle interazioni sociali e
dalle pratiche e istituzioni culturali.
E’ quindi la mediazione che converte lo sviluppo naturale in sviluppo culturale e in questo processo la
parte attiva è giocata dall’organismo che padroneggia gli strumenti del comportamento culturale forniti
dall’ambiente, è giocata cioè dal bambino per mezzo di processi attivi di costruzione di conoscenze.
Se lo sviluppo è da subito culturalmente determinato, nel senso di vincolato e potenziato dagli artefatti
e dalle pratiche di una determinata cultura, acquista sempre di più rilievo considerare i contesti e i
contenuti in cui lo sviluppo culturale ha luogo.
La scuola diventa così uno dei contesti più importanti nel quale avviene la mediazione culturale, ovvero
la socializzazione degli artefatti materiali, simbolici e cognitivi delle nuove generazioni, un luogo
privilegiato di incontro tra sviluppo naturale e sviluppo culturale.
La psicologia cognitiva dell’istruzione è interessata a studiare il ruolo nei processi di costruzione della
conoscenza dell’interazione sociale, della negoziazione, della mediazione agli artefatti culturali. È
interessata a capire e spiegare i processi tramite i quali procede la crescita delle conoscenze e i modi in
cui i diversi contesti e i diversi contenuti danno loro forma.
COSTRUIRE E STUDIARE I CONTESTI DELLO SVILUPPO CULTURALE
Il ruolo dei contesti educativi è quello di offrire al bambino contenuti, gli artefatti e le pratiche
culturalmente e socialmente rilevanti sui quali possano operare i processi costruttivi di crescita delle
conoscenze. Gli effetti non potranno che essere culture-specific e context-specific, cioè propri della
cultura e del contesto dipendendo dalle particolari attività e pratiche culturali previste nella scuola:
queste porteranno all’acquisizione di una maggiore competenze in alcuni contenuti ma non in altri, di
strategie adeguate in un contesto e non in un altro, …
Due sono gli scopi della psicologia cognitiva dell’istruzione:
- studiare nei contesti educativi reali i processi di sviluppo culturale, cioè i processi di attiva
costruzione della conoscenza da parte del bambino.
- contribuire anche per mezzo delle conoscenze su questi processi, a guidare la costruzione di
contesti educativi nei quali le attività svolte siano quelle più rilevanti in riferimento alla
socializzazione del bambino alle pratiche, anche cognitive, e agli artefatti, anche simbolici,
prodotti dalla cultura in cui vive.
Oltre a studiare i processi di costruzione delle conoscenze, la psicologia cognitiva li utilizza come guida
nella progettazione/costruzione dei contesti educativi: non si limita a studiare il bambino, ma cerca
anche di modificare e migliorare cognitivamente gli ambienti e contesti in cui ha luogo la sua
socializzazione culturale.
Il nuovo contesto è il prodotto di una generale teoria psicologica dell’istruzione che, alla base dei dati sui
processi attivi di costruzione della conoscenza già raccolti in contesti culturalmente rilevanti e
ecologicamente validi, attribuisce un ruolo ai contesti specifici dello sviluppo culturale umano, alle
forme della mediazione culturale e alle modalità di interazione sociale.
Il contesto educativo così costruito diventa un luogo privilegiato per studiare i processi di costruzione
delle conoscenze, tramite i quali si potranno anche valutare la sua bontà educativa e la sua capacità di
socializzazione culturale.
Lo studio dei processi di costruzione della conoscenza in questi contesti pone problemi metodologici. La
maggior parte della ricerca contemporanea però si occupa ancora poco di tenere in considerazione il
contesto in cui si svolge il processo cognitivo: è ancora perlopiù una ricerca sui processi di sviluppo di un
bambino che individualmente elabora e risponde in situazioni artificiali quasi fosse un’entità su cui i
fattori ambientali e educativi non incidessero affatto, dimenticando che la psicologia evolutiva, come
dice Bruner, è una psicologia dello sviluppo assistito.
La pedagogia è interessata ai confronti tra i prodotti di apprendimento di bambini inseriti in situazioni
educative caratterizzate come diverse e in dipendenza di variabili esterne al processo stesso.
La specialità di una prospettiva di psicologia cognitiva dell’istruzione consiste nel tenere uniti la
costruzione di contesti educativi innovativi e lo studio dei processi di costruzione della conoscenza che
avvengono al loro interno.
UNO STUDIO DEI PROCESSI DI COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA
La costruzione del contesto è finalizzata ad individuare e esplicitare le caratteristiche distintive dei
contesti nei quali si impara a leggere e a scrivere convenzionalmente e ci si socializza alle pratiche d’uso
culturalmente definite della lingua scritta.
Ipotesi è che il contesto educativo che è stato costruito apra nuovi spazi di ricerca sui processi cognitivi e
linguistici che portano i bambini a padroneggiare la lingua: il contesto educativo diventa un contesto di
ricerca essenziale per studiare i processi anche sociali di costruzione dell’artefatto culturale lingua
scritta.
La psicologia cognitiva dell’istruzione sostiene che l’osservazione del contesto educativo è stata
essenziale per:
a) individuare ed esplicitare le caratteristiche distintive del contesto educativo in cui i bambini
hanno imparato a leggere e scrivere convenzionalmente e si sono socializzati alle pratiche d’uso
culturalmente definite della lingua scritta;
b) descrivere e connotare il contesto di ricerca;
c) permettere una “lettura ecologica dello sviluppo compiuto all’interno delle situazioni
ambientali”.
Sono stati considerati evento di lingua scritta “ogni occasione in cui un pezzo di lingua scritta è parte
essenziale e integrante alla natura dell’interazione tra i partecipanti e dei loro processi di
interpretazione”.
La teoria sui processi di costruzione della lingua scritta nel bambino ha un ruolo preminente nella
costruzione del contesto educativo, dall’altra la sua realizzazione in una situazione educativa reale
fornisce nuove informazioni di ritorno alla teoria psicologica, in quanto costruisce un contesto
fondamentale nel quale operano i processi di sviluppo culturale.
I contesti educativi non sono il luogo dove vengono applicate o tradotte teorie sviluppatesi al loro
esterno, ma una fonte di informazioni per una teoria psicologica che si preoccupi di considerare gli
aspetti sociali, culturali e ambientali come parte essenziale e distintiva del processo di sviluppo umano.

CAPITOLO 2: Il processo di alfabetizzazione


STORIA E ETNOGRAFIA DELLA SCRITTURA: GLI EFFETTI DELL’ALFABETIZZAZIONE
La lingua scritta non è sempre stata presente nella storia della civiltà ed è ancora oggi tutt’altro che
diffusa.
Per capire gli effetti culturali e sociali dell’alfabetizzazione è quindi necessario distinguere tra culture
orali e culture scritte: il possedere una lingua scritta rappresenta una profonda trasformazione della
struttura comunicativa di una civiltà. Anche la nostra lingua orale è diversa da quella delle civiltà senza
scrittura: esiste un oralità primaria (quelle delle civiltà senza scrittura) e una oralità secondaria (quella
delle civiltà con scrittura). L’oralità secondaria è un’oralità analizzata e su cui, grazie alla scrittura, è
possibile operare ad un livello metalinguistica: parlare di parole o di grammatica è impensabile in un
mondo senza scrittura poiché lo stesso concetto di “parola” dipende dal fatto che di questa entità
abbiamo una rappresentazione scritta che la identifichi, la isola e ne permetta l’analisi.
Quando una cultura inventa la scrittura la prima cosa che studia è proprio la lingua orale.
Anche il processo di analisi del linguaggio orale che ha creato la nostra oralità secondaria ha subito
un’evoluzione: prima si sono analizzati i testi composti oralmente e infine si è arrivati a comporre
direttamente testi scritti che venivano poi analizzati.
Per capire l’impatto della lingua scritta sullo sviluppo della nostra cultura si sono studiati gli effetti
dell’alfabeto. La civiltà greca deve il suo sviluppo e le sue caratteristiche peculiari di modalità di pensiero
e di elaborazione filosofica proprio all’introduzione dell’alfabeto, che veniva a sostituire i sistemi di
scrittura più difficili da imparare e soprattutto più ambigui dal punto di vista della rappresentazione del
significato, quali i sistemi ideografici o sillabici. L’invenzione dell’alfabeto e successivamente l’invenzione
della stampa hanno reso possibile lo sviluppo della filosofia, della storia e della moderna scienza
empirica caratterizzando in modo notevole e peculiare l’intero sviluppo della cultura occidentale.
Il processo di alfabetizzazione esercita un’influenza sullo sviluppo cognitivo individuale: il medium, la
lingua scritta, forma e trasforma i processi di pensiero dell’individuo.
La lingua orale e la lingua scritta sono due diversi modi di comunicare, ma anche di rappresentare e
categorizzare la realtà: sono due diversi sistemi di modellizzazione del reale. Con la lingua orale e con la
lingua scritta si generano e si possono produrre testi diversi sia per la struttura che per funzione.
Quando si conversa ci si basa sul contesto più ampio in cui la comunicazione ha luogo si possono
chiedere spiegazioni, si può negoziare o cooperare insieme agli altri parlanti alla
costruzione/comunicazione del significato, dato che il rapporto tra interlocutori è reale e presente.
Quando si compone un testo occorre disporre di un sistema di produzione linguistica capace di
funzionare autonomamente in quanto il significato va coinvolgiamo indipendentemente dal contesto
extralinguistico in cui il messaggio viene prodotto. Il linguaggio scritto non può essere ambiguo, dato che
lo scrittore non condivide col lettore un contesto comune e non c’è la possibilità di interazione. Il
linguaggio scritto va perciò contestualizzato nel testo, invece che nel contesto, tramite l’utilizzazione di
indizi e mezzi solo linguistici.
Nel linguaggio orale la forma e il significato del messaggio linguistico sono indissociabilmente uniti; nel
linguaggio scritto è conservata solo la forma del messaggio linguistico e il significato va ricostruito dal
lettore partendo da quella forma.
La scrittura ha trasformato la mente umana più di ogni altra invenzione: essa ha creato un linguaggio
decontestualizzato, una forma di comunicazione verbale autonoma, un tipo di discorso che va
interpretato e che, a differenza di quello orale, non può essere discusso col suo autore poiché ha perso
contatto col suo autore.
Gli alfabetizzati sono superiori ai non alfabetizzati in compiti quali dare definizioni, rendere espliciti
assunti e premesse, classificare in modo gerarchico, ragionare in modo conforme alla logica aristotelica.
Queste abilità sono il risultato del processo di alfabetizzazione così come esso viene nelle nostre
società.
Il processo di apprendimento della lingua scritta pone al bambino una serie di richieste cognitive
particolari che influenzano i suoi processi cognitivi e l’organizzazione/struttura delle sue conoscenze. Il
processo di alfabetizzazione contribuisce a creare modalità di pensiero decontestualizzato, svincolato: a
contatto con la lingua scritta il bambino impara a separare le parole dalle cose ed utilizzare modalità di
pensiero indipendenti dal contesto e ad andare verso l’esplicitazione dei presupposti delle azioni e delle
intenzioni; questo porta il bambino a crescere nell’autonomia dei processi di simbolizzazione, a pensare
in termini di possibilità e non solo di realtà e a modificare le categorie utilizzate nell’organizzazione del
reale e della propria esperienza.
Entrare in contatto con la lingua scritta influenza profondamente anche il linguaggio orale del bambino
che deve aggiungere al suo repertorio linguistico quella lingua decontestualizzata che è parlata a scuola
e quella capacità di pensare a un livello metalinguistico, così tipica di una cultura scritta.
Imparare a leggere e scrivere è una seconda socializzazione, culturale alle modalità di pensiero e agli
strumenti di organizzazione concettuale tipici della cultura in cui vive il bambino.
LEGGERE E SCRIVERE COME PROCESSI LINGUISTICO - COGNITIVI COMPLESSI
Scrivere non è parlare con la penna
Per scrivere non è sufficiente saper scrivere alfabeticamente le parole di una lingua: saper scrivere vuol
dire saper produrre testi significativi e adeguati alla situazione comunicativa in cui e per cui vengono
prodotti. È un processo complesso che richiede l’utilizzo di notevoli e peculiari abilità cognitive e
linguistiche.
Flower e Hayes propongono un modello di composizione di testi che cerca di dar conto della dinamica
che sottostà al processo al processo di composizione. Non è un modello a stadi successivi: il processo di
composizione è suddiviso in sottoprocessi che non vengono messi in atto secondo un ordine fisso e
unico.
I sottoprocessi che caratterizzano un atto di composizione e che lo differenziano nettamente da un atto
di conversazione orale sono:
– Pianificazione: fase di generazione di un testo e di organizzazione del testo;
– Trascrizione: si basa su un controllo bidirezionale dell’adeguatezza del testo che si sta scrivendo
con quello che si era deciso di scrivere nella fase di pianificazione;
– Revisione: è collegata al processi di controllo in riferimento al fatto che i processi di revisione del
testo possono avvenire anche durante la sua trascrizione oltre che nel momento della sua
stesura definitiva.
L’esecuzione dei sottoprocessi varia a seconda:
a) della conoscenza che lo scrittore ha dell’argomento su cui deve scrivere;
b) della conoscenza del destinatario del testo;
c) dello scopo per cui scrive;
d) dell’accessibilità di piani di piani di scrittura;
e) della motivazione che lo scrittore ha verso la realizzazione del compito.
Non esiste un unico modo di svolgere l’atto di composizione di un testo: lo scrittore è tanto più abile
quanto più riesce a controllare la messa in atto dei vari processi per adeguarli alla composizione di un
testo adatto alla funzione comunicativa che deve svolgere.
L’utilizzazione consapevole da parte dello scrittore di tali sottoprocessi diventa una strategia per
risolvere il problema comunicativo posto dalla composizione di un testo scritto.
È difficile per un bambino che impara a scrivere testi coordinare questi processi per dar luogo a diverse
strategie di composizione. L’apprendimento si verifica attraverso un progressivo automatizzarsi dei vari
sottoprocessi. L’apprendista non ha disponibili le strategie che scrittori abili usano per spezzare l’attività
di composizione in sottoprocessi maneggiabili e coordinabili.
Da un punto di vista educativo diventa necessario insegnare ai bambini a dividere l’atto di composizione
nei suoi sottoprocessi, aiutandoli a diventare consapevole dell’esistenza dei problemi che ognuno di essi
pone e ad organizzare in modo funzionale il loro sistema di produzione linguistica.
La scuola tradizionalmente considera finito il suo compito educativo nel campo dell’alfabetizzazione
quando il bambino sa scrivere le parole in modo alfabetico e leggere testi scritti alfabeticamente. Il
saper scrivere testi efficaci viene così considerato un dono. Per la scuola lo scrivere è un’abilità che va
imparata, ma non insegnata. Invece si può insegnare a scrivere tramite esercizio e lavoro.
Leggere non è solo decodificare
Saper leggere vuol dire estrarre un significato da un testo e non semplicemente essere in grado di
decodificare i simboli scritti.
La lettura deve consideri un processo solo “incidentale visivo” è più importante ciò che il lettore sa sul
mondo, sul linguaggio, e lo scopo per cui sta leggendo che non le informazioni grafiche che vede nel
testo.
Leggere non è un problema di saper vedere in senso generale quanto un problema di dove guardare: il
dove guardare dipende in massima parte dalle informazioni non visive, da quelle che il lettore già
conosce prima del testo.
Le informazioni non visive già possedute permettono ad esempio un lettore competente sul contenuto,
di guardare il testo per confermare o annullare le ipotesi già avanzate: indicano una strategia percettiva
e una sequenza di movimenti oculari diversa da quella che verrebbe adottata da un lettore che affronti
per la prima volta l’argomento.
Nessun lettore affronta un testo senza possedere informazioni sulla sua possibile natura e senza avere
ipotesi sul suo possibile significato.
Si possono identificare tre fonti di informazioni disponibili al lettore:
a) Informazioni grafofoniche: il lettore risponde visivamente alle sequenze grafiche del testo e può
utilizzare le corrispondenze tra il sistema grafico e quello fonologico della lingua. Le
corrispondenze tra scritto e parlato non sono corrispondenze biunivoche tra un grafema (lettera)
e un fonema (suono), ma si collocano invece a un livello morfofonemico: si tratta di
corrispondenze tra un insieme di lettere a cui vengono associati insiemi di suoni.
b) Informazioni sintattiche: il lettore che conosce la struttura sintattica della lingua di cui è un
parlante, può utilizzare parole, funzioni o suffissi, come indizi per predire la struttura di un testo.
c) Informazioni semantiche: riguardano il bagaglio di conoscenze del mondo che il lettore possiede
e che utilizza per dare un senso a quanto sta leggendo.
Queste fonti vengono utilizzate dal lettore esperto in modo simultaneo e interdipendente.
Il lettore esperto è quello che ha a disposizione più fonti di informazione per capire il significato di quello
che sta leggendo e che ha perciò la possibilità di modulare il ricorso di certi tipi di informazioni piuttosto
che ad altri tenendo conto del compito di lettura che deve svolgere. Il significato di un testo può essere
capito in molti modi diversi e non unicamente traducendo i segni scritti in linguaggio orale.
In realtà il linguaggio scritto non rappresenta il linguaggio orale di nessuno.
Se esistesse una precisa e biunivoca corrisponde tra fonema e grafema ogni persona dovrebbe scrivere
in modo diverso: se ognuno di noi traducesse in segni alfabetici il suo linguaggio orale, ci troveremmo di
fronte, anche all’interno di una stessa lingua, ad una varietà infinita di trascrizioni scritte, che non
permetterebbero quell’identificazione immediata del significato, possibile solo in presenza di modalità
di trascrizione convenzionalizzate.
Le parole scritte funzionano come ideogrammi: l’identificazione immediata delle parole, normalmente
utilizzata dal lettore esperto, non ha nulla a che vedere con la fonologia. Il ruolo che il ricorso fonologico
svolge durante la lettura viene ridimensionato: vengono chiamati in causa processi di attribuzione del
significato più diretti ed economici dal punto di vista cognitivo e si assegna un ruolo al contesto generale
in cui l’atto di lettura si colloca e al contesto fornito dal testo.
Non esistono quindi un’unica lettura e un’unica scrittura: esistono tante e diverse strategie di lettura e
scrittura, la cui efficacia relativa va valutata, non in assoluto ma in relazione al contesto comunicativo
più ampio in cui vengono utilizzate. I buoni lettori e i buoni scrittori sono quelli che sanno rispondere
con strategie adeguate e differenziate ai molti e diversi contesti comunicativi, che sanno cioè rispondere
in modo linguisticamente appropriato alle molte e diverse richieste comunicative che si trovano ad
affrontare.
LA COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL BAMBINO
L’idea di bambino sottostante alla teoria di apprendimento linguistico qui presentata è quella di un
soggetto attivamente impegnato nell’attività di capire il mondo che lo circonda: un soggetto che non
impara solamente quello che gli viene insegnato esplicitamente ma che impara sempre, in ogni
momento della sua vita producendo, costruendo nuova conoscenza. Essa è originale, essendo il risultato
dell’interazione che si produce tra il bambino e l’informazione che seleziona dall’ambiente che lo
circonda. Il bambino elabora e mette alla prova ipotesi, cerca regole, categorizza la realtà per ridurre la
complessità e per appropriarsene.
Come affermano Ferreiro e Teberosky, considerando che il bambino vive in un mondo pieno di lingua
scritta, ipotizzano che egli eserciti un ruolo attivo di comprensione anche nei riguardi dell’oggetto lingua
scritta, mettendo alla prova ipotesi in un’attiva interazione con l’ambiente scritto che lo circonda.
Ciò ha permesso di individuare una sequenza di modalità di costruzione della lingua scritta, ovvero modi
concreti con cui i bambini costruiscono e interpretano, reinventandola attivamente, la scrittura. La
scrittura alfabetica è per il bambino un punto di arrivo: prima di essa percorre un percorso cognitivo in
cui produce scritture non convenzionali che devono essere considerate come l’oggettivazione delle
teorie e delle ipotesi che si va costruendo per rendere conto del funzionamento dell’oggetto lingua
scritta. Si possono quindi individuare tre momenti essenziali che definiscono il modo con cui i bambini
costruiscono la scrittura:
Prima differenziazione tra disegno e scrittura
Il primo periodo è caratterizzato dalla ricerca che il bambino conduce per arrivare a distinguere il
disegno dalla scrittura; il bambino deve arrivare a capire che nella scrittura non è presente nessuna
relazione figurale con l’oggetto, che nello scritto i segni tracciati sul foglio non riproducono
iconicamente l’oggetto, ma stanno per l’oggetto. Le scritture dei bambini rivelano che sono già state
identificate le due caratteristiche grafiche principali che situano la scrittura fuori dal campo iconico:
a) la linearità della forme
b) l’arbitrarietà delle forme (il fatto che le lettere non riproducono nessuna caratteristica formale
degli oggetti).
Successivamente il bambino passa dalla considerazione dei segni come oggetti grafici diversi dal
disegno a quella dei segni come oggetti sostitutivi, oggetto in cui il valore non è in sé stessi, ma in quello
che rappresentano simbolicamente: il problema per il bambino è capire quale aspetto della realtà i segni
vogliono rappresentare.
La risposta che i bambini si danno è che le lettere o i segni servono per rappresentare l’unica
caratteristica degli oggetti che il disegno non è in grado di rappresentare, cioè il loro nome.
Periodo presillabico: differenziazione all’interno della scrittura
Il secondo periodo è caratterizzato dai tentativi di soluzione del problema posto dalla scoperta che la
scrittura è una scrittura di nomi.
Aspetto quantitativo: i bambini elaborano il principio della quantità minima  una scrittura è leggibile
se rappresentata con un certo numero di segni (solitamente tre). Le informazioni ambientali forniscono
ai bambini esempi di scritte composte da meno lettere: l’elaborazioe del principio di quantità minima
ribadisce quindi il carattere costruttivo, e non imitativo, del processo di comprensione del sistema lingua
scritta condotto dal bambino.
Aspetto qualitativo: elaborano il principio di variazione interna  per considerare una scritta una
rappresentazione simbolica adeguata la condizione è che i segni siano diversi tra loro.
Il seguire il principio della q.m. e della v.i. permette loro sia di giudicare come leggibili o illeggibili scritte
prodotte da altri sia di applicare questi principi nella costruzione della propria scrittura.
Il nuovo problema che il bambino deve affrontare è trovare un criterio stabile per differenziare tra loro
le scritte prodotte in modo che le differenze nei significati siano rappresentate oggettivamente anche da
differenze nella rappresentazione scritta. I bambini possono perciò concentrarsi solo sull’aspetto
quantitativo delle scritte, solo sull’aspetto qualitativo o coordinare i due tra di loro.
La soluzione quantitativa al problema della differenziazione può consistere nel fissare una quantità
minima e massima di segni con cui i nomi possono essere scritti: scrivendo un certo numero di nomi
diversi il bambino può progressivamente aggiungere ad ogni nuovo nome una lettera in più partendo
dalla quantità minima e fermandosi a quella massima, differenziando per numero di segni le scritte
prodotte; il bambino può anche decidere di rappresentare con la quantità di segni aspetti quantificabili
del referente. La soluzione qualitativa prevedere che, tenuta ferma o variando, ma non
sistematicamente la quantità di segni con cui i nomi sono scritti, il bambino usi combinazioni di segni
diversi per ogni nome. Un’altra modalità di soluzione qualitativa è quella combinatoria che prevede,
tenuto fisso il numero di segni, di differenziare le scritte cambiando la posizione che gli stessi segni
occupano nella scritta.
La modalità di soluzione più avanzata consiste nel tenere simultaneamente sotto controllo le variazioni
qualitative e quantitative tra le diverse scritte prodotte.
Tutte le differenti modalità di soluzione sono difficilmente ordinabili: l’unica progressione chiara è quella
per cui il bambino passa dall’utilizzare criteri stabili di produzione di una sola scritta, in accordo con i
principi di q.m. e v.i., all’utilizzazione di criteri stabili di differenziazione tra scritte diverse.
Fonetizzazione
Il terzo periodo è quello in cui il bambino scopre che la scrittura è la rappresentazione della lingua orale.
All’interno di questo periodo sono identificabili tre momenti distinti attraverso i quali il bambino arriva a
rappresentare nella scrittura gli elementi che la cultura in cui vive ha scelto di rappresentare
graficamente.
a) Fase sillabica: il bambino ha trovato il criterio per controllare la quantità di segni di cui ha
bisogno per scrivere parole diverse: un segno per ogni sillaba della parola. Questo criterio
garantisce la stabilità delle scritte prodotte. L’ipotesi sillabica rappresenta la prima soluzione
soddisfacente del problema posto dalla coordinazione delle parti: scrivendo sillabicamente il
bambino mette in corrispondenza biunivoca e ordinata le sillabe componenti la parola con i segni
componenti l’intera scritta. In un primo momento l’ipotesi sillabica serve solo a giustificare
quello che il bambino ha già scritto: il bambino esegue un controllo di quello che ha scritto,
aggiungendo o togliendo segni, per far sì che il numero delle sillabe componenti la parola
corrisponda al numero dei segni tracciati sul foglio.
La stabilità sul piano quantitativo può non essere accompagnata da una stabilità sul piano
qualitativo: il bambino può usare segni non convenzionali o lettere convenzionali senza però
attribuirgli il loro valore convenzionale.
Nei casi più avanzati all’ipotesi sillabica può accompagnarsi una uguale sistematicità sul piano
qualitativo, per cui il bambino rappresenta la stessa sillaba sempre con la stessa lettera,
attribuendo alle lettere un valore sonoro stabile, sia convenzionale che non convenzionale.
Il bambino condivide col sistema alfabetico l’assunzione che nella scrittura si rappresentano gli
aspetti sonori della lingua: è messo in crisi dall’informazione ambientale e resiste con
stratagemmi vari spesso molto a lungo, non rinunciando volentieri all’ipotesi sillabica.
b) Fase sillabico-alfabetica: il bambino affianca all’ipotesi sillabica, l’ipotesi alfabetica per cui alcuni
segni rappresentano le sillabe e altri i fonemi della parola.
c) Fase alfabetica: il bambino scrive rappresentando ogni segno i fonemi della parola. Se il
raggiungimento della scrittura alfabetica è preceduto da un lungo e complesso cammino
cognitivo esso non va visto come la fine di un processo di apprendimento della lingua scritta ma
come punto di partenza di ulteriori progressi verso una completa convenzionalizzazione della
scrittura.

CAPITOLO 3. Imparare a leggere e a scrivere leggendo e scrivendo


NON E’ UNA QUESTIONE DI METODO
La scoperta dei processi di costruzione della lingua scritta messi in atto dai bambini prima di ogni
insegnamento sistematico si è tradotta in un rovesciamento della prospettiva da cui considerare la
lingua scritta, il bambino che la deve imparare e il processo del suo apprendimento.
La scoperta dell’esistenza di una preistoria dell’apprendimento del linguaggio scritto ha richiesto di
pensare ad un drastico rinnovamento delle pratiche educative utilizzate nell’apprendimento/
insegnamento della lettura e scrittura sia nella scuola materna che nella scuola elementare.
Questo rinnovamento non ha implicato semplicemente un anticipo di questo insegnamento nella scuola
materna ma ha richiesto una riqualificazione/ristrutturazione complessiva che ha tenuto conto:
a) Delle ipotesi e delle conoscenze possedute dal bambino
b) Di cosa vuol dire leggere e scrivere a livello cognitivo e a livello linguistico
c) Di che cosa implica e cosa richiede l’imparare a leggere e a scrivere.
Per il bambino apprendere a leggere e scrivere non è solo l’apprendimento meccanico di un serie di
automatismi percettivi e motori, ma è un processo cognitivo-linguistico di straordinaria complessità.
Si è cercato di:
- costruire contesti nei quali potesse avvenire in modo produttivo l’incontro tra il livello di
competenza/riflessione del bambino e l’oggetto culturale della lingua scritta;
- di sostituire alle pratiche meccanicistiche, pratiche che esaltassero il contributo conoscitivo che il
bambino stesso dà all’apprendimento e che inserissero il leggere e lo scrivere in una dimensione
sociocomunicativa.
NON È UNA QUESTIONE DI ANTICIPO
Il processo di elaborazione del bambino sull’oggetto lingua scritta non comincia e non finisce a 6 anni e
non è scandito in base a date burocratico-istituzionali: l’insegnante si inserisce in un processo che è già
iniziato e che può essere più o meno avanzato in bambini della stessa età. È fondamentale far
corrispondere alla continuità del processo di costruzione della lingua scritta nel bambino una continuità
nel processo del suo insegnamento. L’apprendimento/insegnamento della lingua scritta è essenziale per
la continuità.
Si è cercato inoltre di superare la netta contrapposizione tra una scuola materna che non si occupa di
lingua scritta e una scuola elementare che parte con l’insegnamento come se tutti i bambini fossero
ugualmente ignoranti, invece che diversamente competenti rispetto alla lingua scritta.
L’ADULTO COME MEDIATORE TRA IL BAMBINO E LA LINGUA SCRITTA
I due criteri che guidano nella costruzione del contesto educativo sono:
- Sperimentare le pratiche sociali di lettura e scrittura;
- Differenziare l’imparare a leggere e l’imparare a scrivere.
Si può aggiungere il criterio più generale della continuità dell’intervento.
Sperimentare le pratiche sociali di lettura e scrittura
Oltre a poter leggere e a poter scrivere secondo sue modalità, il bambino ha potuto leggere e scrivere
tramite la mediazione di adulti che leggono e scrivono per lui. Ogni attività di lettura e scrittura è
finalizzata e ha una funzione reale, sottolineata e esplicitata ai bambini. È fondamentale introdurre da
subito le funzioni sociali della lingua scritta senza aspettare che i bambini leggessero e scrivessero in
modo convenzionale.
Il bambino non impara il linguaggio orale indipendentemente dalle sue funzioni, ma immerso in un
sistema di pratiche sociali di comunicazione in contesti significativi. Analogamente accade per lo scritto.
Si esclude di poter intraprendere l’insegnamento della lingua scritta prescindendo dal fatto che i
bambini conoscano e capiscano in quali contesti comunicativi e di vita personale vada utilizzata.
Si esclude di poter intraprendere l’insegnamento della lingua scritta prescindendo dal fatto che i
bambini conoscano e capiscano in quali contesti comunicativi e di vita personale essa vada utilizzata.
Non deve esistere un periodo in cui il bambino impara solo a comporre parole e a decodificarle
indipendentemente da una conoscenza e uso della lingua scritta reale.
Negando ai bambini l’accesso alla fruizione e/o produzione di testi completi e significativi, avviene che si
insegna loro a tracciare lettere a farne delle parole, ma non si insegna la loro lingua scritta.
Il bambino che ha sperimentato l’utilità del leggere e dello scrivere è sicuramente più motivato verso il
suo apprendimento che non svolgendo attività ripetitive e meccaniche con parole senza senso e fuori da
un contesto comunicativo reale.
Differenziare l’imparare a leggere e l’imparare a scrivere
Il codice di corrispondenza alfabetico è il risultato di un compromesso storico a favore della scrittura che
ha portato a semplificare le forme distintive usate nella produzione del linguaggio scritto. Il principio di
corrispondenza alfabetico permette a chi scrive di dar luogo ad una varietà di parole diverse dopo aver
appreso:
- venti segni diversi;
- regola di corrispondenza per combinarli;
- regole ortografiche.
Per la lettura: il fatto che il linguaggio scritto sia costruito alfabeticamente è irrilevante. Il lettore esperto
che legge un testo scritto in una lingua a lui nota, tratta le parole come ideogrammi, anche se sono
scritte alfabeticamente.
Il codice alfabetico che regola il rapporto tra lingua scritta e lingua orale non gioca lo stesso ruolo
quando si legge o quando si scrive e che quindi il leggere e lo scrivere sono processi diversi sia dal punto
di vista linguistico sia dal punto di vista dei processi cognitivi che richiedono di mettere in atto.
Le differenze tra i due processi non sono mai state tenute in conto: si è parlato di
apprendimento/insegnamento della lettura o della scrittura, adeguando le proposte solo ad uno dei due
processi ed estendendo le modalità di intervento all’altro.
CONTINUITÀ NEGLI INSEGNANTI
Criterio di continuità dell’intervento educativo.
CONTESTI E CONTENUTI DI APPRENDIMENTO
Uso e riflessioni sulla lingua orale
L’apprendimento della lingua scritta non può prescindere dal riferimento alla lingua orale.
Tre caratteristiche dell’interazione del bambino con gli adulti, rivelatesi fruttuose per lo sviluppo
linguistico orale, possono favorire e essere determinanti nel processo di acquisizione della lingua scritta:
a) Contingenza semantica: quando l’adulto che parla al bambino continua, ampia, chiarifica,
risponde ad argomenti introdotti dal bambino stesso;
b) Scaffolding: quando l’adulto riduce il grado di difficoltà del compito che il bambino ha di fronte
permettendogli di concentrarsi più efficacemente sul processo di acquisizione di un’abilità
specifica.
c) Procedure responsabilizzanti: quando l’adulto richiede con il suo comportamento verbale il
miglior comportamento o la migliore risposto che il bambino è in grado di dare; l’adulto punta ad
ottenere dal bambino le risposte più competenti che lui è in grado di fornire.
E’ necessario che le insegnanti adottino un comportamento verbale di questo tipo, proprio per fornire a
tutti i bambini un ambiente linguistico sollecitante per l’apprendimento della lingua scritta, oltre che per
l’apprendimento e il consolidamento della competenza linguistica orale già posseduta.
La competenza linguistica è essenziale per un reale apprendimento della lingua scritta, non solo per quel
che riguarda l’acquisizione e ampliamento del vocabolario, la competenza grammaticale e sintattica e la
conoscenza dei registri e funzioni della lingua orale ma anche per la capacità di utilizzare un linguaggio
decontestualizzato.
Questa capacità, che si sviluppa attraverso un particolare uso di linguaggio è quella che può spiegare le
diversità nei modi di acquisizione della lingua scritta tra i bambini. Il possedere questo tipo di linguaggio,
che Donaldson chiama “Disembedded”, cioè sganciato e indipendente dal contesto in cui la produzione
linguistica si situa, sembra una prerogativa di ingresso solo dicerti bambini. A scuola la mancanza di
questo tipo di linguaggio diventa un fattore discriminante nei processi di comprensione e composizione
dei testi. Essi sono attività linguistiche decontestualizzate e diverse dal linguaggio prodotto e compreso
dal bambino nelle situazioni comunicative più familiari.
Un altro aspetto dello sviluppo linguistico è la conoscenza metalinguistica, cioè la capacità di riflettere
sulle forme linguistiche che si utilizzano. Si identificano sei abilità metalinguistiche:
a) dare giudizi sul linguaggio
b) applicare regole linguistiche
c) correggere espressioni linguistiche
d) fornire interpretazioni al linguaggio
e) segmentare unità linguistiche
f) giocare col linguaggio
Esse possono esercitarsi sul linguaggio prodotto da sé o dagli altri e possono riferirsi a caratteristiche
diverse del linguaggio. È impossibile parlare di un’unica capacità metalinguistica, presente o no nel
bambino.
Esistono forti differenze individuali nel grado con cui queste capacità sono possedute, correlate al grado
di sviluppo linguistico complessivo. I bambini che hanno uno sviluppo linguistico precoce mostrano di
possedere molte di queste capacità ancora prima di entrare a scuola. Un loro almeno parziale possesso
da parte dei bambini può facilitare l’acquisizione della lingua scritta.
Costruzione/interpretazione della scrittura
Tutti i bambini, anche se in tempi diversi, hanno già prima di ogni insegnamento sistematico loro
modalità, più o meno convenzionali, di costruzione e interpretazione della scrittura.
La scrittura dei bambini deve essere valutata come vera scrittura anche quando non è alfabetica.
In questo modo l’insegnante può conoscere e diagnosticare i diversi modi con cui i bambini costruiscono
la loro scrittura e calibrare il suo intervento al livello in cui il bambino si trova. Il richiedere al bambino
cosa ha scritto esplicita il valore simbolico che il bambino attribuisce ai suoi prodotti e ha permesso al
bambino di acquisire la consapevolezza dei propri modi di costruzione della scrittura.
Fondamentale è favorire la nascita di conflitti che mettono in crisi il modo con cui il bambino in quel
momento costruisce la scrittura in modo da stimolare una riflessione attraverso due fasi:
a) Presentare al ambino il problema come tale finché la discrepanza non viene vista anche dal
bambino;
b) Quando il bambino dimostra di riconoscere il problema come tale bisogna creare situazioni
stimolo apertamente conflittuali che costringano il bambino a ristrutturare le ipotesi in base alle
quali costruire la scrittura.
Il contenuto di conoscenza lingua scritta, su cui il bambino lavora, è un oggetto culturale. Questa
caratteristica richiede di complicare il modello piagetiano dell’equilibrazione.
Di fronte a un oggetto culturale il vero problema educativo è quello di far arrivare il bambino alla
identificazione e alla consapevole delle insufficienze delle strategie e delle regole con cui costruisce la
scrittura, relativamente all’obiettivo di comunicare con gli altri nell’ambiente sociale e culturale in cui
vive.
Non c’è ragione naturale o biologica per cui il bambino debba rivedere il suo modo di scrivere. Il modello
biologico dell’equilibrazione proposto da Piaget, è poco utile a dirigere e sostenere le attività di
insegnamento di contenuti culturali.
Comporre testi anche senza scriverli
Si deve separare il problema della composizione di un testo dal problema della sua trascrizione: il
bambino compone un testo e lo detta all’insegnante o a un bambino già alfabetizzato. Si rende da subito
disponibile al bambino l’intero processo di produzione di un testo scritto, fornendo esempi di uso della
lingua scritta ad un livello di produzione di un testo completo e significativo.
Troviamo le difficoltà sperimentate da molti bambini nel diventare alfabetizzati in modo completo: lo
scrivere richiede un ampio insieme di strumenti linguistici e richiede un linguaggio più elaborato e
pianificato di quello orale. L’integrazione e il distacco sono caratteristiche del linguaggio scritto opposte
alla frammentazione e coinvolgimento del linguaggio orale.
Le differenze strutturali tra le caratteristiche linguistiche dei testi diversi sono differenze di genere e di
registro che dipendono dagli obiettivi comunicativi dello scrittore e dal contesto comunicativo più
generale. Si deve distinguere tra un linguaggio dipendente dalla situazione e uno indipendente da essa.
Differenze tra parlato e scritto attraversano ma non si sovrappongono a questa distinzione. Nessun
linguaggio significativo è totalmente indipendente dal contesto. Importante è far acquisire ai bambini i
mezzi per contestualizzare il linguaggio nel testo e la capacità di produrre testi adeguati alle situazioni
comunicative in cui sono prodotti. Diventare capaci di differenziare le proprie produzioni linguistiche in
base alle richieste e caratteristiche del contesto comunicativo è essenziale nel processo di
alfabetizzazione.
Dare un significato allo scritto
Nel contesto educativo è interessante richiedere al bambino la previsione del significato delle scritte
quando il bambino non è ancora in grado di leggere in modo convenzionale: le scritte però devono
essere inserite in contesti che forniscano al bambino indizio per identificare e attribuire significato.
L’obiettivo è quello di creare nel bambino l’aspettativa che tutto ciò che è scritto deve avere un
significato e che leggere è l’attività di scoprire questo significato. Il bambino impara a leggere leggendo,
deve poter trovare significati nell’universo grafico attorno a lui.
Ci si basa sull’idea che si impara a leggere leggendo. Il bambino, per imparare, deve poter leggere e
trovare significati nell’universo grafico attorno a lui.
L’insegnante deve costruire un ambiente informativo adatto pieno di lingua scritta nel quale il bambino
può sviluppare la curiosità verso questo strano oggetto, inoltre deve sostenere la curiosità dei bambini,
rispondendo alle domande, facendo riflettere sulle ipotesi avanzate e arricchendo le strategie messe in
atto nella ricerca di un significato.
La lingua scritta è un sistema simbolico prodotto da una progressiva convenzionalizzazione, prodottasi
storicamente: è necessario decentrarsi continuamente per riconsiderare la natura arbitraria di regole
per sottolinearle, esplicitarle e insegnarle al bambino come arbitrarie e non aspettandosi una loro
comprensione naturale.
I bambini cominciano a leggere nel momento in cui capiscono il valore simbolico di quei segni presenti
nell’ambiente. Imparano a leggere cerando di dare un senso e di attribuire un significato alle scritte
inserite nell’ambiente.
Attraverso l’attività di predizione e anticipazione dei significati più probabili di una scritta che il bambino
è potuto arrivare a conoscere la corrispondenza tra fonema-grafema: cercando di dare un senso alle
scritte il bambino utilizza in modo appropriato questa corrispondenza, come l’unico indizio che
permette l’identificazione di un significato.
I buoni lettori sono quelli che hanno a disposizione più strategie per arrivare al significato. Ciò sottolinea
l’importanza del familiarizzare il bambino con l’uso di più modalità di approccio al materiale scritto
presentandogli diversi materiali che convoglino significati reali e funzionali per la sua vita.
L’insegnamento tradizionale si concentra sulla decifrazione, togliendo al bambino la motivazione alla
lettura e producendo lettori in grado di codificare ma che perdono il significato di quello che leggono.
Capire i testi anche senza leggerli
Lo scopo del leggere ai bambini diversi tipi di testo è fargli conoscere da subito le funzioni della lingua
scritta e i registri ad essa associati. Fondamentale è proporre vera lingua scritta, prodotta e letta per una
precisa funzione, e non testi falsamente semplificati tipici dei libri scolastici fatti per imparare a leggere.
La lettura di un libro da parte dell’adulto può diventare un contesto ideale per l’acquisizione della lingua
scritta. Il sentir leggere libri è un mezzo per i bambini per imparare che:
- La lingua scritta può essere “detta”,
- La lingua scritta convoglia significati,
- Alcune unità linguistiche occorrono più frequentemente.
È interessante anche far leggere i testi prodotti dai compagni, in quanto sono sotto controllo per
maturità del contenuto e dell’espressione, del lessico e del tipo di struttura di frase.

CAPITOLO 4. Il bambino come apprendista della lingua scritta


COME IMPARA IL BAMBINO?
Per la costruzione/definizione del contesto educativo è essenziale:
- Considerare il bambino come soggetto attivo che produce conoscenza;
- Guardare l’ambiente come una possibile fonte di apprendimento e predisporlo a tal fine
- Considerare il gruppo dei pari come una fonte di apprendimento e modellare un tipo di interazione
nella quale i bambini potessero imparare a parlarne e ragionare uno con l’altro;
- Diagnosticare e conoscere cosa il bambino già sa;
- Credere nel valore e utilità della lingua scritta per l’individuo: per il suo sviluppo cognitivo, come mezzo
di pensiero, di comunicazione, di riflessione e di accesso, tramite la lettura ad un mondo di conoscenze
altrimenti sconosciuto;
- Essere consapevoli della molteplicità degli usi e delle funzioni della lingua scritta e considerarla un
oggetto culturale e convenzionale;
- Non credersi l’unico depositario della lingua scritta, la scrittura e la lettura di ogni bambino è vera
scrittura e vera lettura;
- Essere consapevoli che imparare a leggere e a scrivere è un processo linguistico-cognitivo di notevole
complessità e richiede tempo:
- Comunicare ai bambini la sicurezza che riusciranno a imparare a leggere e a scrivere e il considerare
come sicuro che il loro interesse per la lingua scritta emerga come un aspetto naturale dello sviluppo
complessivo.
Insegnante come mediatore tra la lingua scritta e il bambino apprendista. Deve lavorare nella zona di
sviluppo prossimale del bambino, cercando di inserire l’apprendimento in interazioni reali e funzionali di
uso della lingua scritta che forniscano la significatività del lavoro del bambino.
IMPARARE AD IMPARARE
L’obiettivo di insegnare il codice alfabetico è raggiunto da tutti i metodi: non esiste un metodo che
fallisce con tutti i bambini. Ciò che differenzia sono gli atteggiamenti che si creano nel bambino verso la
lingua scritta.
Conversazioni: l’insegnante chiede ai bambini di scrivere “da soli” e poi detta loro una frase. La sua
richiesta è in netto contrato con l’obiettivo di far scrivere i bambini e di accettare la loro scrittura come
scrittura. Inoltre, l’insegnante ripete molte volte la parola da scrivere.
Tutto ciò porta a un atteggiamento passivo verso la costruzione della lingua scritta, che privilegia il
prodotto scrittorio invece che il processo della sua costruzione: i bambini cercano per lo più di copiare
scritte alfabetiche.
Nei compiti di scrittura, il ruolo dell’insegnante è di sostenere il processo di costruzione scrittoria del
bambino, permettendogli di lavorare ad un livello superiore di quello che gli sarebbe possibile lavorando
da solo. Così il bambino dirige in modo consapevole il suo processo di costruzione della scrittura.
Le caratteristiche di un buon contesto educativo risiedono nelle idee dell’insegnante di considerare la
lingua scritta un oggetto culturale inserito in un sistema di pratiche sociali, usi e funzioni,
l’apprendimento del bambino come un processo cognitivo e linguistico e il bambino come un soggetto
attivo che produce conoscenza in interazione attiva con il contesto.
ESPLORARE MICROMONDI
L’ambiente è visto come una fonte di apprendimento e sollecitazione della curiosità naturale dei
bambini verso la lingua scritta.
Necessaria risulta essere la creazione di un atteggiamento di considerazione educativa dell’ambiente da
parte degli insegnante: dalla sistemazione degli arredi, alla disponibilità dei materiali gestibili dal
bambino, alla gradevolezza e ordine, alla sistemazione degli spazi. Va creato un ambiente educativo
adatto per la crescita delle competenze e delle idee che il bambino ha sulla lingua scritta.
Importante anche la costruzione di contesti o micromondi dove ai bambini è data la possibilità di
sperimentare e imparare le pratiche della lettura e della scrittura, il proprio pensiero e la propria
riflessione sulla lingua scritta. È necessario costruire un’ambiente separato dalla classe in cui sono svolte
tutte le attività di lettura di testi da parte dell’insegnante; un ambiente accessibile sempre ai bambini
che contenga una biblioteca di libri di vario tipo, una macchina da scrivere, libri prodotti e composti dai
bambini. Ai bambini può essere porporato di portare a casa i libri con l’obbligo poi di riportarli. L’attività
di schedatura, contabilità e ordinamento dei prestiti può essere affidata ai bambini.
Dunque, l’ambiente può essere letto a diversi livelli che il bambino automaticamente adegua al suo
livello di comprensione.
INSIEME SI FA MEGLIO…MA NON È NATURALE
Nel lavoro di costruzione del contesto educativo è stata necessaria l’acquisizione da parte degli
insegnanti di una competenza gestionale specifica:
- Non intervenire e non dare la soluzione;
- Coinvolgere tutti i bambini nella soluzione di un compito o problema;
- Svolgere una funzione coesiva riprendendo e sottolineando gli interventi dei bambini;
- Svolgere una funzione di sostegno/regolazione dell’interazione.
Altrettanto essenziale è stata la competenza organizzativa dell’insegnante nello strutturare i tempi e
l’organizzazione del lavoro dei bambini.
Inoltre, è stata fondamentale anche la crescita della capacità dei bambini di trarre profitto dalle
interazioni.
Il progredire dell’insegnante e dei bambini sono intrecciati: doppia formazione, insegnanti e bambini,
che rende conto della non naturalità della capacità di interazione tra bambini.
CAPITOLO 5. Costruire la lingua scritta in un contesto sociale
IL SOSTEGNO SOCIALE ALLA COSTRUZIONE DELLA CONOSCENZA
Il mondo in cui l’uomo vive è caratterizzato dalla presenza di artefatti materiali e simbolici che sono
culturalmente e socialmente determinati. Dato che le attività cognitive avvengono sempre attraverso e
per mezzo di questi artefatti escono sono per definizione processi sociali. Lo sviluppo/apprendimento
del bambino è un processo di apprendistato all’interno di specifici contesti sociali, caratterizzati dalla
presenza di artefatti e pratiche storicamente e culturalmente determinate.
L’area di sviluppo prossimale (la distanza tra il livello attuale di sviluppo determinato dalle capacità
individuale di soluzione e lo sviluppo potenziato determinato con l’aiuto di un adulto o bambino più
capace, Vygotskij) è quell’area in cui il funzionamento cognitivo individuale viene sostenuto
dall’esterno, è l’area in cui avviene l’incontro tra sviluppo naturale e culturale ed è appunto il lavoro in
quest’area che può definire il ruolo specifico della scuola: un contesto in cui i processi sociali e le risorse
culturali sono direttamente coinvolte nella costruzione della mente del bambino.
Il linguaggio parlato è il mezzo principale tramite cui ha luogo la trasmissione culturale.
Emerge così un ruolo rilevante dell’interazione sociale nel processo di costruzione delle conoscenze
della lingua scritta che oltre a essere un artefatto culturale, è un’abilità linguistica e comunicativa che ha
bisogno degli altri per poter essere realmente utilizzata e condivisa in un contesto di apprendimento.
LAVORARE NELLA PROPRIA AREA DI SVILUPPO POTENZIALE
Uso e riflessione sulla lingua parlata
Esempi di interazioni
Nella maggior parte delle interazioni ha avuto luogo l’incontro tra le pratiche linguistiche e le
conoscenze già possedute dai diversi bambini. Il risultato è il pervenire a una ricostruzione/riflessione
condivisa delle esperienze alla quale ogni bambino porta, e modifica in quella del gruppo, la sua
conoscenza e rappresentazione dell’esperienza stessa.
I bambini sono stati socializzati alle text based realities, tipiche dei discorsi che si fanno a scuola
attraverso l’uso di specifiche forme di discorso, quale quelle di discussione collettiva, gestite da un
adulto che ha la funzione di mediatore.
Costruzione/interpretazione della scrittura
Quando si chiede al bambino di costruire e interpretare la propria scrittura, la strategia interattiva più
presente è quella tutoriale, in cui un bambino che sa di più aiuta un bambino che sa di meno.
Il bambino viene motivato e aiutato dal confronto con gli altri a riflettere sul suo sistema di costruzione
della lingua scritta: oltre a ricevere informazioni su come scrivere certe lettere, sostegno emotivo per
produrre scritture difficili, i bambino hanno potuto, confrontandosi con sistemi di costruzione della
scrittura che sono meno diversi dal loro di quanto lo sia la scrittura alfabetico convenzionale, ottenere
dallo scambio/discussione con gli altri bambini informazioni più comprensibili per il loro livello di
riflessione/competenza sulla lingua scritta e progredire in modo più efficace, potendo scegliere il livello
di accettabilità delle informazioni e sollecitazioni fornite dagli altri.
Composizioni di testi
Nelle attività in cui un bambino compone testi dettandoli all’insegnante o ad un bambino che sa già
scrivere, sono molto presenti le strategie di co-costruzione: i bambini si suddividono il carico emotivo e
quello cognitivo connessi e richiesti dalla costruzione/composizione di un testo. I bambini possono
aiutare gli altri su un piani socio-emotivo e motivazionale, oltre che cognitivo.
La capacità di connettere in modo appropriato le parti del testo e di segnalare in modo non ambiguo i
referenti del testo migliorano quando i bambini compongono una storia in gruppo in modo non additivo
rispetto alle competenze individuali dei bambini che interagiscono: si può in questo caso ipotizzare che
la necessità di collegare tra loro i contributi prodotti da bambini diversi possa forzare ad esplicitare
connettivo e che inoltre la presenza di un pubblico reale e presenta possa aiutare ogni bambino ad
esplicitare i referenti della parte di una storia che detta.
Quando i bambini hanno composto un testo insieme ognuno si è fatto carico di un pezzo, di un sotto
processo dell’intero atto di composizione, operando ogni bambino nei confronti dell’altro quel processo
di scaffolding. I bambini hanno funzionato uno per l’altro come supporto cognitivo: ogni bambino ha
avuto la possibilità di ampliare le sue capacità cognitive delegando all’altro quello che non riusciva a fare
da solo.
Interpretazione dello scritto
I bambini anticipano i significati delle scritte in base a strategie diverse.
L’apporto degli altri ha permesso ai bambini di anticipare i significati delle scritte in modo
progressivamente più competenti e di imparare a tener conto delle variabili significative per
l’interpretazione della lingua scritta.
I bambini lavorando insieme hanno acquisito e condiviso un atteggiamento verso la lingua scritta:
l’aspettativa, non naturale, che tutto ciò che è scritto ha un significato e che leggere è a tutti i livelli
l’attività di scoprire e capire, anche con il contributo degli altri, questo significato.
Lettura/comprensione di testi
Un adulto o un bambino alfabetizzato legge testi diversi per i bambini non ancora alfabetici, oppure i
bambini rileggono insieme un testo prodotto da uno loro.
Vi sono diversi tipi di strategie interattive:
- Strategie di disaccordo: presenti in problemi con più soluzioni (finali di storie, discussione su argomenti
della vita quotidiana). Tra queste vi sono le strategie di opposizione argomentata.
- Strategie di accordo: presenti in attività con problemi chiusi con una gamma ristretta di soluzioni
(costruzione di testi per arrivare a una soluzione condivisa).
- Strategia tutoriale: un bambino sapeva la soluzione e la esplicava al bambino che non la sapeva.
- Strategia interattiva.
- Strategia cooperativa.
- Strategia di co-costruzione (nessuno dei due bambino sapeva la soluzione e interagendo e cooperando
l’hanno scoperta).
I bambini acquisiscono l’abitudine di sottoporre a verifica il significato del testo, socializzandolo e
discutendolo intersoggettivamente. Partecipando a eventi sociali di lingua scritta si possono imparare le
modalità culturalmente determinate tramite cui si acquisiscono le informazioni dai testi scritti.
ACCORDO E DISACCORDO
Il sostegno sociale che gli altri possono dare al bambino nel processo di costruzione delle sue
conoscenze possono essere espressioni di accordo o di disaccordo.
Nel caso dell’accordo si è aiutanti o sapendo di più e manifestando ad un meno competente ciò che si sa
o suddividendo insieme il peso e la fatica di pensare e imparare: ognuno si dà carico di un pezzo
dell’intero processo di costruzione della conoscenze e quindi ogni bambino è contemporaneamente un
aiutante e un aiutato imparando sia dagli altri sai attraverso il processo di pensiero proprio per aiutare
gli altri.
Nel caso di disaccordo si sono prodotte opposizioni: la differenza di sostegno argomentativo della
propria manifestazione di opposizione produce risultati diversi. Nel caso di opposizione sostenuta da
argomentazioni, il bambino che ha avanzato l’opposizione era di norma molto più competente sul
problema o contenuto su cui si interagiva, del bambino che riceveva l’opposizione. Il bambino che ha
ricevuto l’obiezione è stato aiutato e ha ricevuto un supporto cognitivo al suo stesso pensiero, in questo
modo ha potuto riflettere metacognitivamente sulle proprie strategie e ha potuto riorganizzare le
proprie conoscenze.
In caso di un disaccordo non argomentato invece l’affermazione di disaccordo è solitamente avanzata da
un bambino di uguale competenza e perciò è più difficile un’esplicitazione dei fondamenti e quindi di un
confronto.
Interagire in modo esplicito con gli altri bambini oltre che con l’insegnante, ha obbligato e aiutato il
bambino a riflettere sul proprio sapere o non sapere, per poterle adeguatamente comunicare e/o
difendere dalle obiezioni degli altri.

CAPITOLO 6. Rappresentazioni, teorie e ipotesi sulla lingua scritta


LE INTERVISTE E I BAMBINI
Gli ambiti di competenza sul mondo della lingua scritta indagati attraverso le interviste individuali sono
stati:
1. Familiarità col materiale scritto e con le sue convenzionalità;
2. Costruzione/interpretazione della scrittura;
3. Composizione di testi;
4. Anticipazione del significato.
Intervista a bambini di 5 anni che non avevano ancora raggiunto un livello sillabico di costruzione della
lingua. L’intervistatore aveva una traccia di intervista ma ha adattato il colloquio a come il bambino si
comportava.
1. FAMILIARITA’ COL MATERIALE SCRITTO
Area di lettura
Tutti i bambini dimostrano di considerare il testo come luogo del leggere e il disegno solo in connessione
e a supporto dei significati trasmessi dal testo. Tutti arrivano a conoscere in quale parte di libro è
possibile leggere.
Cosa c’è scritto in un testo scritto?
Tutti basandosi sul disegno anticipano una sintesi del contenuto probabile.
Lettere e numeri
I bambini inizialmente non tracciano una chiara differenziazione tra lettere e numeri,
affermano che i numeri non si possono leggere, anche perché sono influenzati dall’ipotesi della
quantità minima. Arrivano a saper spiegar la differenza funzionale tra lettere e numeri.
Direzione scritto
Tutti i bambini arrivano a saper leggere da sinistra a destra e dall’alto verso il basso.
Spazi bianchi
Riconoscono il ruolo degli spazi bianchi tra le parole.
Punteggiatura
La competenza dei bambini nella denominazione convenzionale dei segni di punteggiatura e nella
conoscenza delle loro funzioni rimane bassa rispetto agli altri ambiti.
I bambini possiedono, prima di ogni insegnamento sistematico idee e ipotesi su molti aspetti della lingua
scritta: i dati raccolti mostrano che queste ipotesi sono presenti anche rispetto agli aspetti più
convenzionali della lingua scritta (spazi tra le parole, punteggiatura, orientamento).
La scuola si deve preoccupare di esplicitare al bambino come convenzionali gli aspetti che la
caratterizzano (la separazione tra le parole o l’orientamento) partendo dalle ipotesi che il bambino
produce nel cercare di capire e rendere conto del funzionamento del sistema lingua scritta.
2. COSTRUZIONE/INTERPRETAZIONE DELLA SCRITTURA
Tipo di grafismo
Il periodo pre-alfabetico è un periodo fluido e instabile in cui il bambino oscilla tra diverse modalità di
utilizzazione dell’universo grafico che lo circonda.
Repertorio segni
Inizialmente i bambini utilizzano un povero repertorio di segni, successivamente utilizzano diverse
combinazioni, ed infine utilizzano un ricco repertorio di segni diversi.
Modi di differenziazione
Ognuno ha i propri modi e tempi di apprendimento. I bambini raggiungono in tempi e modi diversi le
diverse fasi. I bambini arrivano alla comprensione che la scrittura sta per i suoni della lingua parlata e
non rappresenta il referente.
Interpretazione posteriore
Inizialmente utilizzano una modalità globale; successivamente cercano di far corrispondere ad ogni
sillaba una lettera. Le modalità di interpretazione delle proprie scritture sono parte integrante del
processo di costruzione della scrittura.
Valore sonoro
Inizialmente i bambini non attribuiscono un valore sonoro e/o stabile ai segni/lettere per
costruire la scrittura, successivamente attribuiscono un valore sonoro stabile solo ad alcune lettere. La
comprensione della corrispondenza tra grafema e fonema è il punto finale di questo percorso e non
quello iniziale, come crede la scuola.
3. COMPOSIZIONE DI TESTI
Capacità di narrazione
Il modo in cui i bambini raccontano le storie si evolve, passa da un’iniziale descrizione della scena ad un
utilizzo di espressioni convenzionali e di internal responses (stati psicologici dei personaggi). Aumenta
anche la capacità di segnalare la collocazione degli aspetti spazio-temporali in cui la storia ha luogo.
Segnalazione del referente
C’è una crescita nella capacità di produrre referenze linguistiche appropriate.
Tipi di connessione
La capacità di connettere in modo linguisticamente appropriato le parti del testo prodotto aumenta.
Forme verbali
La capacità dei bambini di utilizzare tempi verbali diversi per esprimere linguisticamente i diversi aspetti
della storia non si modifica in modo sostanziale. I bambini però sperimentano forme verbali diverse per
produrre il passato remoto che ritengono evidentemente più appropriato per scrivere una storia.
Processo di composizione
Cresce la capacità di tener conto dei limiti, delle richieste della scrittura; di segnalare esplicitamente la
fine della storia; la consapevolezza di poter rivisitare il testo.
4. ANTICIPAZIONE DEL SIGNIFICATO
Tipi di anticipazione
Inizialmente i bambini leggevano la parola in base al contesto in cui era inserita; successivamente si
basano sulle lettere che conoscono e in base a questo costruiscono la parola.
Forma e significato delle scritte
Viene acquisita la capacità di capire che scritte diverse devono convogliare significati diversi.
Adeguatezza dell’anticipazione al supporto
L’adeguatezza delle anticipazioni del supporto o contesto in cui la scritta è inserita è una caratteristica
presente e generalizzata in tutti i bambini.
Dipendenza e autonomia del significato dal contesto
Inizialmente i bambini ritenevano che le scritte cambiavano a seconda del contesto in cui venivano
inserite, alla fine i bambini apprendono che lo scritto è una rappresentazione autonoma e consistente
del significato, il quale, se può essere identificato basandosi su elementi del contesto in cui è inserito,
rimane lo stesso anche se inserito in contesti diversi.

Confronto con la situazione scolastica di tipo tradizionale: la scuola vede la conoscenza di queste
caratteristiche da parte del bambino come qualcosa di naturalmente presupposto, il che rende
l’apprendimento un processo senza senso.

CAPITOLO 7. Il cammino verso una scrittura alfabetica


UNO STUDIO LONGITUDINALE
Campione di 17 bambini osservati per tre anni dal 1983 al 1986, che inizialmente avevano un’età media
tra i 4 anni e 4 mesi e sono arrivati ad avere 6 anni e 11 mesi.
Obiettivo è capire come la costruzione di diverse modalità di differenziazione da parte dei bambini sia
funzionale a risolvere il problema di che cosa lo scritto rappresenta. Lo sviluppo dei modi di
differenziazione è collegato all’uso dei principi della quantità minima e della variazione interna, questi
principi sono una condizione necessaria per il processo di differenziazione e continuano ad operare
come regola di costruzione in periodi successivi di sviluppo.
TANTI PERCORSI DI SVILUPPO/APPRENDIMENTO
- Tra maggio e ottobre del 1983 (periodo estivo) i bambini rimangono a livello presillabico, questo
potrebbe essere causato da una bassa sollecitazione verso la lingua scritta da parte delle famiglie;
- Tra marzo del 1985 e maggio i bambini passano da una modalità sillabica ad una alfabetica (la modalità
sillabico alfabetica è difficile da notare nelle interviste).
OTTOBRE 1983 – MAGGIO 1984
- Tra ottobre del 1983 e maggio del 1984 nessuno ha acquisito la consapevolezza che la scrittura sta per
i suoni della lingua parlata.
Non si è trovata alcuna correlazione tra il livello di costruzione della scrittura e l’età dei bambini. Così si
giustifica la non plausibilità dell’ipotesi solo maturazionistica.
Vi è una correlazione tra il livello socioeconomico e il livello iniziale di costruzione della scrittura scritta.
La qualità del curricolo familiare dipende dal ruolo che la lingua scritta svolge per il gruppo sociale a cui
la famiglia del bambino appartiene e dalle pratiche e istituzioni sociali a cui la famiglia è esposta.
MAGGIO 1984 - OTTOBRE 1984
- Tra maggio del 1984 e ottobre del 1984 (periodo estivo) i bambini rimangono allo stesso livello.
OTTOBRE 1984 - MARZO 1985
- Tra ottobre del 1984 e marzo del 1985 quasi tutti i bambini cambiano modalità di costruzione della
scrittura.
MARZO 1985 - MAGGIO 1985
- Nel periodo tra marzo 1985 e maggio 1985 sono stati molto intensi i momenti di lavoro, individuale e di
gruppo, sulle modalità di costruzione della scrittura, tutti i bambini progrediscono.
Alcuni cominciano ad affiancare elementi alfabetici ad una modalità sillabica, altri capiscono la relazione
tra scritto e parlato.
MAGGIO 1985 - DICEMBRE 1985
- Tra maggio 1985 e dicembre 1985 tutti i bambini che erano sillabici o sillabici-alfabetici diventano
alfabetici. I bambini pre-sillabici cambiano il tipo di grafismo (da segni non convenzionali all’utilizzo delle
lettere).
DICEMBRE 1985 - MAGGIO 1986
- Nell’ultimo periodo tra dicembre del 1985 e maggio della 1986 tutti i bambini progrediscono nei modi
di costruzione della scrittura.
In linea massima i tempi di permanenza tra nei diversi periodi:
- Non differenziazione tra disegno e scrittura: 9.3 mesi
- Pre-sillabico: 9.0 mesi
- Sillabico: 5.7 mesi
- Sillabico-alfabetico: 0
- Alfabetico: 10.22 mesi
Il bambino deve avere tempo di praticare la scrittura costruita secondo una modalità e di riflettere su di
essa per un discreto periodo di tempo per accumulare la disponibilità a rispondere a sollecitazioni
conflittuali che gli possono giungere da analisi condotte autonomamente e dall’esterno.
DUE CASI “ANOMALI”
- Giulio tra maggio e dicembre del 1985 regredisce da una modalità sillabica ad una modalità
presillabica. La scrittura prodotta da Giulio, costruita utilizzando per lo più diverse combinazioni delle
lettere del suo nome insieme ad altre, può essere definita presillabica anomala: sono presenti alcune
caratteristiche di fonetizzazione, senza che queste facciamo parte di una modalità di costruzione
coerente. Questa modalità è comune nei bambini di prima elementare, ed è definita interferita, in
quando risultato di un incontro poco fruttuoso tra sollecitazioni ambientali e il modo di costruzione dei
bambini ad un certo momento del loro percorso di apprendimento di una scrittura alfabetica.
Questo è il risultato di un intervento familiare teso a velocizzare il suo apprendimento, insegnandogli il
nome sonorizzato di tutte le lettere dell’alfabeto: la conoscenza delle lettere non solo non si armonizza
in una scrittura sillabica con valore sonoro convenzionale, ma blocca la preesistente capacità del
bambini del tener conto, nel processo di costruzione della scrittura, delle relazioni tra scritto e parlato.
Le insegnanti hanno cercato di recuperare la modalità precedente di costruzione della scrittura, che era
quella sillabica.
- Roberto a ottobre costruisce la sua scrittura secondo una modalità presillabica, utilizzando diverse
combinazioni dello stesso gruppo di segni. A ottobre arriva a produrre una scrittura sillabica. A dicembre
Roberto risulta sillabico ma è in una fase di conflitto tra la scrittura alfabetica del suo nome e
l’interpretazione sillabica. La mamma compra a Roberto un quaderno attivo dove viene richiesto al
bambini di copiare passivamente frasi o parole già scritte, chiedendogli di abbandonare le pratiche di
attiva interazione col mondo della lingua scritta. Questo intervento ha bloccato la preesistente capacità
del bambino di tener conto ad un livello già in parte convenzionale della corrispondenza tra scritto e
parlato. Grazie all’intervento dell’insegnante e dei pari recupera il livello precedente di elaborazione
autonoma sulla scrittura.

Bisogna permettere ai bambini di scrivere e di riflettere sulla lingua scritta al livello di competenza e di
interesse che gli è proprio, non prefissando un ritmo e una scadenza di apprendimento valida per tutti.
Se un bambino non sta dietro ad un certo ritmo e non è alfabetizzato per una certa data non va
considerato dislessico, disgrafico. Bisogna rispettare i tempi di ciascun bambino.

MAI MENO DI 3 LETTERE!


Quando il bambino ha appena differenziato disegno e scrittura, la quantità minima non è ancora un
principio organizzatore delle attività del bambino sulla lingua scritta.
Un altro modo di differenziazione nel presillabico è segnalato dalla necessità e dalla corrispondente
difficoltà di coordinamento tra parti e tutto.
Il principio della quantità minima e della variazione interna rappresenta un potente principio
organizzatore dello sviluppo della costruzione della lingua scritta.
L’ipotesi sillabica fornisce per la prima volta al bambino una regola che gli permette di controllare
stabilmente l’aspetto quantitativo delle scritte prodotte. È un principio più affidabile della quantità
minima e vince dopo un periodo di conflitto.
COSA RAPPRESENTA LO SCRITTO?
Un primo modo di differenziazione è stato chiamato intrarelazionale: è quantitativo quando è espresso
dalla regola che richiedendo alle scritte di essere composte da una minima quantità di lettere, permette
una distinzione tra scrittura leggibili e scrittura non leggibili. È qualitativo quando appare il principio
della variazione interna, secondo il quale una scritta per essere considerata scrittura deve essere
composta da lettere/segni diversi.
Il bambino poi si pone un problema nuovo: a parole diverse devono corrispondere differenze obiettive
nelle scritture che le rappresentano. Questo segna il passaggio al modo di differenziazione inter-
relazionale: il problema del bambino diventa produrre differenze tra le scritte di parole diverse.
È possibile distinguere due principali modi di differenziazione inter-relazionali:
– Modo di differenziazione formale: il bambino cerca, tramite i principi della quantità minima e
della variazione interna, di controllare la quantità e la qualità dei segni usati per produrre
diversità nello scritto di parole diverse. Il bambino cerca di trovare i criteri di costruzione della
scrittura dentro l’universo grafico di cui dispone stabilendo una relazione all’interno della
scrittura formale dei significati.
– Modo di differenziazione esterno in cui si cambia o si mantiene uguale il significante in base alle
caratteristiche del significato o del referente delle parole: il bambino produce una
differenziazione, quantitativa o qualitativa, esplicitamente collegata a qualcosa di esterno al
sistema di scrittura stesso. Organizza le sue scritture in accordo con criteri che sono estremi
perché sono il risultato della relazione tra la struttura dei significati e la struttura dei referenti o
significati.
Una modalità di differenziazione basata sul riferimento al significato o al referente può essere
considerata più avanzata di quella formale: stabilendo una connessione tra significante e significato, il
bambino si avvicina ad una delle caratteristiche distintive del sistema di scrittura convenzionale, cioè la
relazione esterna tra significanti scritti e significati orali. Un’altra caratteristica del sistema di scrittura
convenzionale è di essere indipendente dalle caratteristiche qualitative o quantitative del referente e
dal significato.

CAPITOLO 8. Prima leggo o prima scrivo? Un falso problema


QUANTE LETTURE E QUANTE SCRITTURA
All’interno del periodo in cui la lingua scritta è per il bambino un oggetto di conoscenza e un contenuto
di attività cognitiva specifica è essenziale distinguere tre processi diversi:
a) Attività di costruzione della scrittura definita come il prodotto tangibile di un’attività di
pensiero costruttivo: nella scrittura prende consistenza grafica il modo in cui il bambino
pensa sia costruita e funzioni la lingua scritta;
b) Anticipazione del significato definito come il prodotto esplicito di un’attività di pensiero
interpretativo: il contesto in cui la scritta è inserita viene usato come indizio per l’attribuzione
di un significato. Dopo le riflessioni del bambino sull’oggetto lingua scritta arriva ad utilizzare
il codice di corrispondenza alfabetico per capire ciò che è scritto.
c) Interpretazione delle proprie produzioni definita come l’esplicitazione/comunicazione del
valore simbolico attribuito ai segni prodotti: non ha bisogno di interpretare le scritte che
produce, per lui è chiaro il valore simbolico dei segni prodotti. Il bambino attribuisce il
significato in modo globale. Alla fine, l’interpretazione diventa parte essenziale del processo
di costruzione della scrittura permettendo al bambino un controllo e verifica sui modi di
costruzione utilizzati.
COSTRUIRE E INTERPRETARE PER RIFLETTERE
Quali rapporti tra i processi di lettura e scrittura si realizzano nelle diverse fasi del processo di
costruzione della lingua scritta?
a) Periodo di differenziazione all’interno della scrittura.
Nel periodo precedente la scoperta del rapporto tra lingua parlata e lingua scritta, i tre
processi paiono avere poche relazioni dirette tra di loro. Sono le prime riflessioni e analisi
formali sulla lingua scritta alfabetica presente nell’ambiente a far cominciare la produzione di
scrittura da parte del bambino e a fornirgli il materiale con cui costruirla.
b) Periodo di fonetizzazione.
Le relazioni tra i tre processi a partire dal momento in cui il bambino capisce che la lingua
scritta ha una qualche relazione con la lingua parlata, in particolare quando ipotizza, nel
costruire la sua scrittura, che ogni segno scritto stia per una sillaba del linguaggio parlato. È a
partire da questo momento che il processo di interpretazione delle proprie scritture diventa
parte integrante e costitutiva del processo di costruzione della scrittura.
c) Periodo alfabetico.
Quando i bambini arrivano alla scoperta del codice alfabetico i tre processi dovrebbero
coincidere: i bambini costruiscono la scrittura in perfetto e totale accordo con l’ipotesi con
cui l’interpretazione, che in questo momento non è più problematizzatrice e questa stessa
ipotesi è utilizzata anche per attribuire il significato delle scritte prodotte. Il bambino è
completamente assordato dall’utilizzazione di una corrispondenza stretta tra fonema e
grama sia quando scrivere, sia quando interpreta la propria scrittura, sia quando legge scritte
già prodotte.
VEDERE LE CONVENZIONALITA’ ORTOGRAFICHE
Il bambino costruisce attivamente la sua conoscenza anche sulle convenzionalità ortografiche della
lingua scritta allo stesso modo con cui costruisce la sua conoscenza prima dell’apprendimento del codice
di corrispondenza alfabetico: il problema della convenzionalizzazione della scrittura è stato visibile solo
grazie alla capacità delle insegnanti nel lasciar emergere le ipotesi e le idee dei bambini anche su questo
aspetto della lingua scritta.
Le convenzionalità ortografiche vanno identificate dal bambino come un insieme di regole che vanno
imparate non per scrivere e leggere in generale (per cui molte volte non sarebbero necessarie per un
lettore/ scrittore parlante italiano) ma per scrivere e leggere convenzionalmente.
È inutile insegnare al bambino le regole ortografiche della nostra lingua scritta se il bambino stesso non
ha raggiunto un certo livello autonomo di riflessione sul sistema, che gli permetta di vedere le
convenzionalità come informazioni rilevanti per costruire la scrittura, allo stesso modo in cui è inutile
insegnare la corrispondenza grafema-fonema ad un bambino presillabico. Dal punto di vista educativo
non si possono evitare, nell’insegnamento di regole convenzionali, un’attenta valutazione del livello di
rappresentazione già posseduto dai bambini.

CAPITOLO 9. Conclusioni
COSTRUZIONE DI UN CONTESTO EDUCATIVO
Il bambino non aspetta che qualcuno gli insegni per imparare, comincia presto ad interessarsi alla lingua
scritta e ne ipotizza regole.
Non è ovvio tendere naturalmente all’equilibrio della scrittura alfabetica: il bambino non può capire in
modo naturale le scelte e le convenzionalità rappresentative della lingua scritta utilizzata intorno a lui,
poiché è un artefatto culturale che prevede delle convenzionalità, le quali sono punto di arrivo unico per
tutti. Il bambino ha bisogno del mondo esterno per sapere cosa è convenzionale nella sua società e per
rendersi conto della necessità di adottare queste convenzionalità per comunicare.
Si è creata una proposta che tiene conto delle idee già possedute dai bambini sulla lingua scritta,
creando contesti adeguati ai livelli di competenza differenti. Scelta da privilegiare è quela di utilizzare
come modalità di apprendimento l’ambiente e l’interazione sociale.
DESCRIZIONE DEI PROCESSI DI COSTRUZIONE DELLA LINGUA SCRITTA NEL CONTESTO EDUCATIVO
Osservazione del contesto educativo è essenziale al raggiungimento degli obiettivi di lavoro.
DESCRIZIONE DEL CAMMINO VERSO UNA SCRITTURA ALFABETICA
Si è analizzato il ruolo dei principi di quantità minima e di variazione interna; si sono chiariti gli aspetti
del processo di alfabetizzazione sul quale i bambini lavorano; si sono descritti i tempi e i modi del loro
sviluppo; si è verificato che esistono diverse vie per arrivare alla padronanza del codice alfabetico, legate
alle esperienze dei singoli.
Il processo di ricostruzione attiva da parte del bambino continua anche dopo il superamento della
barriera del codice, concentrandosi sulla comprensione delle convenzionalità della trascrizione
alfabetica. Il bambino opera un processo di normalizzazione delle irregolarità presenti nella scrittura
alfabetica. I processi di lettura e scrittura non sono separati né si sviluppano in sequenza: sono
mutualmente supportivi e necessari per la riflessione sul sistema lingua scritta.
L’alfabetizzazione è un obiettivo educativo essenziale alle nostre società e per questo imparare a leggere
e scrivere deve diventare un’attività eccitante e significativa per tutti i bambini: deve essere
l’apprendimento di un amplificatore culturale che permetta loro di fare, agire e pensare in modo
efficace e consapevole e di diventare membri non passivi della società.

Potrebbero piacerti anche