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Che cosa è l’antropologia?

Anthropos + logos = ragionamento, discorso sull'uomo.

L’antropologia sociale e culturale si occupa dello studio dei gruppi e


degli individui guardando alle specificità di ognuno per comprendere le
relazioni umane e i contesti sociali.
Antropologia Culturale
Studi del genere umano dal punto di vista
culturale, ovvero delle idee e comportamenti
espressi dagli esseri umani in tempi e luoghi
distanti tra loro (U. Fabietti, 2015).

Fabietti, Ugo, 2015 «Elementi di antropologia culturale», Mondadori,


Milano.
Che cosa è la cultura?
• “è quell'insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l'arte, la
morale, il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita
dall'uomo in quanto membro della società” (Taylor, 1871).
• “...la totalità delle reazioni e delle attività intellettuali e fisiche che caratterizzano
il comportamento degli individui che compongono un gruppo sociale ...in
relazione al loro ambiente naturale, ad altri gruppi, ai membri del gruppo stesso,
nonchè quello di ogni individuo rispetto a se stesso...” (Boas, 1911).
• “... una struttura di significato che viaggia su reti di comunicazione non
localizzate in singoli territori” (Hannerz, 1992).
• ..un complesso di idee, di simboli, di azioni e di disposizioni storicamente
tramandati, acquisiti, selezionati e largamente condivisi da un certo numero di
individui, con cui questi ultimi si accostano al mondo in senso pratico e
intellettuale. (Fabietti, 2015).
La cultura è…
Un sistema di modelli

Non è un’entità statica, fissa e immutabile…

La ricerca antropologica pone al centro di studio delle proprie ricerche


non la cultura umana in generale, ma le varie culture, l’una differente
dall’altra.
La cultura è…
• Per cultura si devono intendere non tanto o non solo i più alti prodotti
dell’intelletto (come le scienze o le arti), quanto i saperi e le pratiche
della vita quotidiana: ad esempio l’organizzazione dei rapporti di
parentela e delle forme del potere sociale, le tecniche di lavoro e le
routine comportamentali, le regole di etichetta, i saperi di senso
comune, il linguaggio e le forme di comunicazione, e così via. Quanto
più queste basi quotidiane della nostra esistenza ci appaiono scontate
e familiari, fino al punto di non esserne neppure consapevoli, tanto
più profondamente esse fanno parte del nostro bagaglio culturale.
• Eppure, senza escludere che vi siano alcuni tratti universali su
base biologica del nostro comportamento, molte delle
pratiche o degli atteggiamenti per noi “normali” hanno una
base culturale e particolaristica. Ce ne accorgiamo attraverso
il raffronto con altre epoche storiche o altre forme di
civilizzazione – cioè altri modi di essere umani. Anche i
sentimenti e le emozioni, la percezione del bello e del brutto,
i modi di usare la memoria e le capacità cognitive, la
concezione del Sé e del proprio rapporto con gli altri, le
categorie spaziali e temporali, i gusti alimentari ed estetici –
tutte queste cose sono soggette a variabilità storica e
culturale.
Per comprendere l’altro bisogna mettere in
discussione il proprio etnocentrismo:
• Atteggiamento secondo cui si tende a giudicare le
forme morali, religiose e sociali di un'altra comunità
sulla base delle proprie norme (Riviere, 1998).
• Atteggiamento per il quale gli appartenenti ad una
determinata società caratterizzata da una sua cultura
specifica ritengono quest'ultima come la più valida in
senso assoluto in rapporto ad ogni altra esistente nel
passato e nel presente (Altan, 1985).
Relativismo culturale
• Mettere in discussione i proprio preconcetti.
• Applicare uno sguardo che permette di comprendere e non di giudicare la
diversità culturale.
• Non esiste una cultura migliore dell’altra. La differenza non è disuguaglianza.
• Riconoscere che ogni società e/o cultura studiata possiede una propria
logica interna non valutabile secondo il metro di giudizio della cultura di
appartenenza di chi studia.
• La cultura e le relazioni sociali deve essere considerati come costrutti sociali
sulla base di come i membri la vivono e la percepiscono e non come un
“oggettive e assolute”.
La diversità culturale
• Per capire la soggettività dei discenti come “fatta di cultura”, occorre tener presenti
due caratteristiche cruciali della cultura: la socialità e la diversità. La cultura non sta
solo nella mente della singola persona, ma anche e soprattutto negli spazi di
relazione che la legano agli altri, in particolari ambienti e contesti di vita. E queste
reti di relazioni presentano caratteristiche di sistematica variabilità e diversità, su
molteplici livelli.
• Lo studio e la comprensione delle differenze culturali è il secondo grande motivo
che include l’antropologia (anzi, la rende necessaria) tra la scienze dell’educazione:
soprattutto in una scuola, come quella di oggi, che ha visto esplodere il fenomeno
delle differenze a fronte di accentuati fenomeni di migrazione e circolazione su
scala globale. In che modo il tema delle differenze e i problemi della globalizzazione
entrano nel mondo della scuola e dei processi educativi è il tema di questo intero
volume, e nei capitoli successivi sarà articolato in molte dimensioni diverse.
La ricerca antropologica

• Ricerca qualitativa: non ci interessa la quantità dei dati ma la qualità,


la profondità delle informazioni che raccogliamo su un dato soggetto
di studio.
• Etnografia: raccolta dei dati, appunti, interviste, osservazione
partecipante. Il ricercatore è il principale strumento della ricerca.
Gli strumenti dell’antropologia: osservazione
partecipante
• Osservazione partecipante= osservare + partecipare
Osservare un dato fenomeno, un evento, un rito, un processo, cercando di
essere consapevole del proprio ruolo di ricercatore e del proprio sguardo
soggettivo sul mondo. Essere dentro il fenomeno che si studia significa
raccogliere dei dati diretti ma anche interferire con l’oggetto di studio
stesso, l’antropologo mentre studia l’altro studia sé stesso, nella relazione
c’è il dato della comprensione.
La conoscenza non è mai oggettiva e assoluta ma dipende dal contesto,
dalle circostanze, dai modi di costruzione delle relazioni con le persone. Lo
studioso è dentro l’oggetto del suo studio che è la realtà sociale e i soggetti
che la vivono.
Gli strumenti dell’antropologia: l’intervista in
profondità
• Scelta dell'informatore e/o informatrice: chi risponderà alle nostre
domande? E perché?
• Intervista semi-strutturata: una griglia da seguire per esplorare e raccogliere
informazioni il più possibile articolate e complete sull’oggetto di studio.
• Domande chiare, aperte, che lasciano spazio all’informatore o informatrice
di esprimere nella maniera più libera il proprio pensiero, le proprie idee, la
propria esperienza.
• Atteggiamento dell'intervistatore/intervistatrice: non giudicante, senza
aspettative preconcette sul risultato della domanda, aperto all’altro. (Ex:
non suggerire la risposta già con la domanda…)
A scuola come antropologo/a: osservare,
partecipare, progettare
• Nell'azione educativa, l'osservazione avvolge e dà costante significato
all'intero processo di lavoro, accompagnando il docente nell'attività
quotidiana e nella formulazione del programma di intervento per i
soggetti a cui si rivolge.
• Le influenze dell'osservazione sono evidenti non solo all'interno del
percorso progettuale, ma anche negli atteggiamenti, nei
comportamenti e nelle scelte del docente nei confronti degli allievi
durante l'atto osservativo. A loro volta anche le persone osservate
sono influenzate da ciò che fa e che dice l'insegnante mentre li
osserva.
La scuola come costruzione di discorsi
• La scuola è un'istituzione che si presta ad entrare in molti discorsi e a
suscitarne altrettanti; [...] può essere oggetto di valutazioni, emozioni,
convinzioni, aspettative contrastanti [...] gli schemi cognitivi e le
narrative che la includono possono essere brillanti fonti perenni di
contraddizioni e di malintesi... (Piasere, 2013).

Piasere, Leonardo, (2013), «A Scuola. Tra antropologia ed educazione»,


SEID Editori, Firenze.
Etnografia dell'educazione

Viene superata la dicotomia fra il concetto di “resistenza” e “identità


culturale oppositiva” e permette di guardare alle relazioni e alle differenze
come forme e strumenti per l’apprendimento e la crescita.
Viene data voce ai modi, alle pratiche, ai discorsi, alle rappresentazioni,
alle emozioni attraverso cui gli studenti ridefiniscono la propria identità
nel confronto con l'ambiente scolastico e con i gli altri.
Include l'osservazione di tutti, anche di coloro che vengono considerati
non svantaggiati.
Benadusi Mara, 2017, «La scuola in Pratica. Prospettive antropologiche sull’educazione». Editpress, Firenze.
Etnografia della scuola
• L’approccio etnografico può essere fondamentale per far emergere una
struttura di valori e presupposti culturali impliciti e non detti che influenzano
tuttavia a fondo il lavoro dell’insegnante.
• Un metodo che scava sotto la superficie istituzionale e sotto le
autorappresentazioni ordinate e tranquillizzanti degli attori sociali (insegnanti,
dirigenti, genitori, nonché gli studenti stessi) per rendere visibili strati più
impliciti e profondi delle pratiche scolastiche. A questo scopo l’attenzione si
concentra sulle forme di comunicazione non verbale, sulla cultura incorporata
nella organizzazione degli spazi e negli oggetti materiali, sulle posture dei
corpi, sui comportamenti routinari e ritualizzati e su altri aspetti che stanno di
solito sotto la soglia della consapevolezza dei vari soggetti che interagiscono
nel contesto scolastico.

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