PSICOLOGIA DI COMUNITA’
Obiettivo: porre al centro del proprio intervento il cambiamento, miglioramento della qualità della vita e il benessere
della popolazione. Le persone vengono considerate nel contesto in cui sono inserite. L’intervento non si focalizza
solo sulle convinzioni e le abilità di una persona, ma si considera il suo contesto di vita.
Una disciplina alternativa che incentra l’attenzione all’origine sociale del disagio e dei disturbi psichici vs concezione
individualistica dominante nonnchè alla costruzione di un quadro concettuale e metodologico specifico, che
costituisce la base dell’azione nel sociale. Essa si propone di affrontare i problemi sociali non nella comunità o per la
comunità, ma con la comunità e ttenere i cambiamenti desiderati dalle persone di quella data comunità rispetto alle
loro condizioni di vita
Nei vari contesti in cui questa disciplina si è sviluppata, ha assunto caratteristiche diverse. La disciplina nasce in
un’ottica “contro” (anni ’70), in un periodo in cui erano animate numerose lotte per i diritti civili e sociali; in tale
ottica questa disciplina si pone a supporto di questi movimenti. È importante che la disciplina utilizzi le conoscenze
acquisite, in funzione del cambiamento e abbia un orientamento a migliorare la qualità di vita e il benessere della
popolazione. Parliamo quindi di un’ottica “contro” perché si cerca di valorizzare la persona e di adottare strategie
diverse da quelle utilizzate in quel periodo.
ORIGINI USA
La PdC nasce negli USA nel 1965 a Swampscott (Boston) ad un convegno di fondazione. Da lì si formalizza una
divisione di PdC. Vengono quindi prodotti e diffusi lavori riguardanti la disciplina. Viene anche fondata la prima rivista
di psicologia di comunità e trova ampia applicazione in America Latina, per poi svilupparsi in Europa e, di
conseguenza, in Italia.
La disciplina non è però nata negli USA, anche se questa prospettiva è stata molto influente anche sul lavoro
europeo. Negli USA iniziano a rendersi conto che l’accesso ai servizi spesso è impedito da condizioni di
disuguaglianza strutturali. Si passa quindi da un’ottica di colpa individuale ad una responsabilità del contesto, in una
visione ecologica del rapporto individuo-ambiente. Si inizia a parlare anche delle istituzioni che non curano, e si pone
enfasi sulla prevenzione. A
l momento della nascita negli USA quindi, gli obiettivi della disciplina erano: promuovere interventi preventivi a
livello di comunità locale e sviluppare nuovi approcci interdisciplinari al disagio mentale e sociale. Si ricercarono
quindi nuovi modi di intervenire sulla crisi, lavorare sulla salute mentale e promuovere il cambiamento nelle
comunità locali
Pisoclogia di comunità in USA 2 tradizioni
- Tradizione radicale (70-80) ricercatori ma anche attivisti contro istituzionalizzazione, contro il victim blaming
- Tradizione moderata (80-90): auto aiuto, sostegno sociale,valorizzazione delle diversità
Elementi in comune: empowerment, advocacy,ricerca-azione partecipata,dare voce
La disciplina ha una sua peculiarità che è molto legata ai contesti, ha una storia molto impo che ha influenzato anche
la storia negli Stati Uniti, ma anche in altri continenti. Ci sono stati sviluppi della disciplina in diverse parti del mondo,
che hanno assunto connotazioni differenti
PDC in Europa
- 1995 primo congresso europeo di psicologia di comunità
- Nascita ENCP (european network of community psychology)
- Napoli 2005: nascita d european community psychology association (ECPA)
Amerio descrive la disciplina come un’area di ricerca e di intervento sui problemi umani e sociali, che si rivolge
all’interfaccia tra sfera individuale e collettiva (psicologica e sociale) e che intende coniugare la ricerca con un
intervento capace di unire il senso di “cura” della clinica con l’apertura “politica” propria del lavoro nel sociale.
Si è quindi usciti dai dipartimenti di igiene mentale (psichiatrici) per spostarsi all’interno delle problematiche della
comunità organizzata e questo spostamento ha portato allo sviluppo di un nuovo quadro metodologico specifico,
che costituisce la base dell’azione nel sociale. Esistono quindi strumenti specifici e interventi volti alla valorizzazione
e al supporto degli individui, e al comprendere i legami che esistono all’interno della comunità stessa
ECPA (Associazione Europea di Psicologia della Comunità): associazione che nel tempo ha ridefinito gli obiettivi della
PdC. Una società scientifica ha l’obiettivo di valorizzare le conoscenze, aprire un dibattito teorico e sviluppare nuove
teorie. L’ECPA è impegnata sul lavoro delle competenze (compreso nel definire gli standard che devono avere gli
psicologi di comunità) e supporta anche lo sviluppo di progetti tra università.
Iniziativa che è stata lanciata dall’ECPA (ma in realtà da un insieme di attori che sono la SCA e Steam Community
TurboX) è quella della creazione di una piattaforma che contiene esempi ed esperienze per lavorare nel contesto di
questa disciplina. Questa banca nasce da una scoperta che durante il periodo della pandemia ha spinto a fare questa
proposta. Pur a fronte di una serie di situazionicritiche e di difficoltà dovute al periodo, sono stati capaci di introdurre
risorse e di trovare soluzioni inaspettate. Noi ci lavoriamo con le comunità, ma vedere le comunità capaci di
inventare risposte a problemi quotidiani, inventare risposte dal basso e partire dall’esperienza di qualcuno sulla base
di un investimento (magari senza neanche risorse) era sembrato qualcosa da tenere ben custodito e da valorizzare.
Da qui idea della banca per raccogliere questo patrimonio e capire poi, nel lungo periodo, come queste capacità e
risorse emerse potrebbero essere messe a valore in futuro per la progettazione
DOPO TONNIES Lettura che fa Tonnies è stata ampiamente utilizzata, ma anche superata e oggi esistono due
approcci quando si definisce la comunità
Approccio teorico all’idea di comunità (comunità come spazio simbolico, enfasi sulla dimensione psicologica di
comunità )
Uso del concetto di comunità come luogo di memorie, in cui si dorma l’dientità social e ilsentimento di
appartenenza, dove si elaborano le interazioni positive o conflittuali con i membri del proprio gruppo e quelli di altri
gruppi sociali
Il concetto di comunità’ rimanda al modo on cui le persone vivono le relazioni e assume una connotazione simbolica
e affettiva che contribuisce a definire l’identità sociale delle persone.
Bauman (1996) modernità come epoca della comunità contraddistinta dal desiderio di comunità. Luogo di
scambio dialettico tra individuo e società: è nelle comunità che si sviluppano una comprensione del mondo e ci
definiamo come essere sociali.
Howart (2001) non possiamo che vivere nella comunità: dobbiamo essere in essa per poter realizzare un senso di
sé distinto, attaccamento e individualità)
Approccio empirico all’idea di comunità (comunità come oggetti concreti, enfasi sulla dimensione spaziale e
strutturali; rapporto di potere)
Uso del concetto di comunità per indicare insiemi sociali concreti, oggetto di osservazione e di intervento.
Insiemi definiti a partire da: caratteristiche territoriali, abitudini di vita, attività, cultura, condivisione di relazioni di
prossimità e vicinato
“comunità” possono anche essere organizzazioni/istituzioni (famiglia, suola, ospedale, carcere)
Comunità educante; di pratiche (portale partecipazione RER); locale; di incontro (tinder)
La necessità di adottare approcci complessi – multileivello- ecologici allo studio delle comunità e d quello che accade
a loro interno
Problemi e comportamenti umani hanno eziologia multifattoriale
▪ Problemi di sopravvivenza: liberarsi dalle condizioni che rendono precaria la vita (fame, sete, malattie,
diseguaglianze)
▪ Problemi di eccellenza: ottenere il più alto grado possibile di qualità di vita, (liberandosi da oppressioni non
materiali, ideologie, alienazione etc.)
La metafora ecologica
Si basa sul principio che i fenomeni nascano e si sviluppino nei contesti. Per questo motivo il paradigma scientifico
adotta un’analisi congiunta di fattori sia individuali che contestuali, per accogliere la complessità dei fenomeni e
attivare le risorse per il cambiamento.
Importante è accogliere la complessità dei fenomeni e attivare risorse individuali e contestuali utili per il
cambiamento e risoluzione dei problemi
I sistemi concentrici
Microsistema: schema di attività, ruoli e relazioni interpersonali di cui l’individuo ha esperienza diretta (famiglia,
scuola, gruppo di pari)
Mesosistema: sistema di microsistemi, comprende le interconnessioni tra due o più situazioni ambientali (casa-
scuola; ospedale-famiglia)
Esosistema: sistemi di cui la persona non ha esperienza diretta, ma che influenzano i suoi sistemi micro e meso
(organi collegiali della scuola; posto di lavoro dei genitori) Macrosistema: sistemi di ambito più ampio che
determinano l’ideologia e la struttura sociale in cui operano la persona e i suoi sistemi di complessità minore
(mercato del lavoro; ruoli sessuali)
Cronosistema: il sistema di eventi ambientali e delle transizioni nel corso della vita, nonché delle circostanze storico-
sociali. Elementi all’interno di questo sistema possono essere sia esterni, come i tempi della morte di un genitore, o
interni, come i cambiamenti fisiologici che si verificano con la crescita.
Jim Kelly principi di funzionamento dei sistemi biologici (applicabili anche alle comunità)
- Interdipendenza: i contesti sono in rapporto di reciproca interazione, cambiamento su un contesto si
ripercuote sugli altri nel cambiamento delle strutture e delle funzioni all'interno degli ambienti sociali,
variano anche i modi in cui gli individui e i gruppi affrontano gli eventi, con una corrispondente variazione
nello svolgimento dei ruoli adattivi e disadattivi relazioni dirette e indiretta tra i contesti, influenze sugli
ambienti e sui comportamenti variano in funziona della cultura del tempo e al ruolo che la persona assume
nel sistema
- Distribuzione delle risorse → creazione, distribuzione, spostamento delle risorse nel sistema Riferendosi a
come l'energia viene creata e trasferita all'interno dei sistemi biologici (per esempio, la catena alimentare),
questo principio sottolinea l'importanza di guardare la storia dello sviluppo di un ambiente sociale in termini
di gestione delle risorse le risorse (conoscenze, competenze, beni materiali, potere) si muovono sempre
all'interno e tra le comunit
- Adattamento : risposta dell’individuo ai mutamenti ambientali (e dell’ambiente in relazioni ai cambiamenti
dell’individuo) → dipende dalle risorse Questo principio si basa sull'evidenza che la disponibilità di sostanze
nutritive influenza la presenza di un organismo in un dato habitat. Si concentra su come gli ambienti
influenzano gli individui e i gruppi attraverso le loro richieste, norme, valori, strutture, processi, opzioni e
vincoli. Allo stesso tempo, richiama l'attenzione sulle strategie, e la loro evoluzione dinamica nel tempo, che
gli individui e i gruppi mettono in atto per far fronte, adattarsi e cercare di cambiare gli ambienti in cui
vivono. Processo reciproco tra individuo e contesto
- Successione → ambiente in costante cambiamento, che ha effetti diversi su gruppi diversi Basato
sull'osservazione dei cambiamenti progressivi che avvengono nella struttura delle specie, nella struttura
organica e nel flusso della distribuzione dell'energia e della produzione all'interno delle comunità biologiche,
questo principio introduce una prospettiva temporale. La successione sottolinea come gli ambienti sociali
siano in un continuo e dinamico corso di cambiamento che altera la loro ecologia nel tempo, e anche rispetto
agli altri principi. Necessità di adottare una prospettiva temporale
Limitata ricerca empirica sulla detenzione degli immigrati e sulle esperienze vissute dalle persone nei luoghi di
trattenimento (Bosworth, 2014)
valutazione clinica degli effetti della detenzione sulla salute mentale:
• La detenzione influisce negativamente sulla salute mentale e fisica delle persone detenute in particolare i gruppi
vulnerabili (per esempio, i bambini e i richiedenti asilo).
• Con l'aumentare della durata della detenzione, aumentano anche i sintomi di ansia, depressione e PTSD, che
persistono anche al ritorno in comunità.
• Carico emotivo per i professionisti che lavorano nei centri di detenzione: rischio di esaurimento emotivo e burn-out
(Hall, 2012; Kronick et al., 2018; Puthoopparambil et al., 2015)
Limite della maggior parte degli studi: prospettiva centrata sull’individuo Assenza di attenzione alle interdipendenze:
tra livelli interpersonale, organizzativo, istituzionale, sociopolitico
Risultati: Interdipendenza Lo spazio di vita dei detenuti e dei professionisti, e le loro interdipendenze persona-
ambiente interdipendenze, sono influenzati a più livelli dal sistema di detenzione. Benessere personale, sistemi
familiari, reti sociali e comunitarie.
Risultati: ciclo delle risorse La scarsità di risorse, servizi, attività e informazioni crea un ambiente molto
angosciante per i detenuti aumentando anche i sentimenti di impotenza e frustrazione nei professionisti deputati ad
assisterli.
Risultati: adattamento I detenuti e i professionisti mettono in atto strategie per far fronte alla detenzione e alla
sua instabilità, così come per sfidare le difficili condizioni che sopportano. Es: sostegno reciproco tra detenuti,
religione, proteste.
Risultati: successione Esperienza temporale della detenzione «peculiare» legata ai rapporti di potere. Senso di
"attesa" e sospensione permeato da una paura pervasiva di cambiamenti bruschi e dirompenti come la
deportazione.
Occorre adottare una epistemologia prospettivista (perspectivist): riconoscere e valorizzare anche i “punti di vista”
soggettivi dei partecipanti all’interno dei processi di ricerca. Richiamo esplicito ad una epistemologia
sociocostruzionista e critica;
❑ poiché la conoscenza è imperfetta e i metodi disponibili conducono solo a una approssimazione della “verità”, la
scienza della comunità deve enfatizzare la generazione e la verifica delle ipotesi allo scopo di far avanzare la
conoscenza (approccio scientifico)
❑ poiché metodi diversi conducono a diverse approssimazioni alla “verità”, la scienza della comunità deve adottare
molteplici metodi (triangolazione metodologica);
❑ poiché è essenziale che la conoscenza sia applicabile a diverse persone e contesti, la scienza della comunità non
deve fondarsi solo sulla validità interna (validità esterna ed ecologica)
Senso di comunità
Sarason (1974) la percezione di similarità con gli altri , una accresciuta interdipendenza dagli altri, una
disponibilità a mantenere questa interdipendenza offrendo o facendo per gli altri ciò che si si aspetta e la sensazione
di essere parte di una struttura pienamente affidabile e stabile
Mcmillan e Chavis “ senso di comunità sentimento che i membri provano di appartenere, di essere importanti gli
uni per gli altri e per il gruppo, e una fiducia condivisa che i bisogni dei membri possono essere soddisfatti mediante l
‘impegno di essere tutti insieme. McMillan e Chavis hanno delineato, nel loro modello, quattro componenti del senso
di comunità:
1. Senso di appartenenza: sentirsi parte di una comunità e il vissuto di sicurezza emotiva che ne consegue. Il
“fare parte” è una necessità dell’essere umano e la comunità può rispondere a questo bisogno
confini e simboli possono contribuire al senso di appartenenza. Identificazione e senso di appartenenza sono cose
distinte ma tra loro vi è una correlazione importante
2. La connessione emotiva condivisa: insieme dei legami che le persone hanno instaurato nel tempo nella
comune convinzione di condividere insieme la storia , i luoghi il tempo in quella comunità. Dimensione che
ha a che fare con la qualità affettiva del legame: tanto più condivido con quella comunità una storia
significativa di successi ed esperienze, tanto più questi legami diventeranno significativi per me e
sosterranno i processi di appartenenza. Senso di comunità più elevato durante eventi traumatici condivisi
3. L’influenza: il sentire di avere importanza, di fare la differenza per un gruppo e il gruppo per i suoi membri”
ovvero la percezione che la comunità abbia influenza sui suoi membri e allo stesso tempo che loro possano
influenzare la comunità. La comunità tende a spingere al conformismo i suoi membri, l’importante però è
riconoscere questa doppia accezione (agente attivo o agente passivo).
4. Integrazione e soddisfazione dei bisogni: idea che i bisogni dei membri della comunità vengono soddisfatti
proprio attraverso l’essere parte di quella comunità il che significa che una comunità i cui membri
condividono scopi e valori comuni è capace di soddisfare sia il singolo che la collettività. Tanto più la
comunità risponde ai bisogni del singolo, tanto più contribuirà a farlo sentire parte e rafforzerà il suo senso
di comunità. Allo stesso tempo, il singolo sarà più disponibile a impegnarsi per quella comunità e contribuirà
a far sì che i bisogni delle persone come lui saranno soddisfatti.
Aggiornamento 1996 “spirito di appartenenza un sentimento che c’è tra una struttura autoritaria che puà essere
fidata, una cosceinza che lo scambio e il reciproco beneficio che ne provene dall’essere insieme e lo spirito che
proviene da esperienze comuni e che vien preservato nell’arte”
Nuovo modello di McMillan
La reciprocità, l’equità e la solidarietà sono i principi che regolano lo scambio sociale in un contesto basato sulla
fiducia e l’appartenenza
Lo spirito di comunità, si traduce in una storia collettiva che viene simbolizzata nell’arte, e racconta i valori della
comunità.
I valori condivisi sono la forza integrativa della comunità
l’elemento saliente per l’esercizio positivo del potere è lo sviluppo della fiducia negli altri, nelle norme e nell’autorità
istituzionale
Cosa è una comunità
McClelland La comunità è vista quindi come una risorsa che contribuisce al soddisfacimento di una serie di bisogni
In particolare bisogno di “affiliazione” “achievement” “power”
March & Olsen La comunità come responsabilità: Questa visione del senso di comunità, centrata sul ruolo delle
norme, suggerisce anche una diversa lettura della relazione tra senso di comunità , e benessere e impegno attivo.
Nowell e Boyd: La maggior parte dei lavori visti erano basati sul modello quadripartito di SoC che concettualizza la comunità
come una risorsa, Nowell e Boyd sono convinti che il modello assume una prospettiva un po’ riduttiva perché considera come se
alla fine la questione dell’impegno e la questione di appartenenza dipendesse solo dalla capacità che la comunità ha di
soddisfare i bisogni delle persone.
➔ Critica sul fatto che nell’esperienza delle persone la comunità non rappresenta solo una risorsa.
Per loro la logica con la quale le persone agiscono non è solo legata alle conseguenze del suo comportamento, ma logica anche
della concretezza. Si ipotizza una relazione un po’ più articolata tra SoC, benessere e partecipazione rispetto a quella vista negli
studi precedenti.
Seguendo la riflessione di Nowell e Boyd l’accezione di senso di responsabilità comunitario si modifica con il benessere perché è
come dire: se il legame della mia comunità è più inteso nell’ottica di responsabilità che non nella soddisfazione di bisogni, allora
il legame deriverà più che dalla mia appartenenza, dal mio impegno attivo. La partecipazione come una logica conseguenza del
sentirsi responsabili della propria comunità e come elemento che lega con la relazione con il benessere psicologico. Essi non
vogliono demolire o cancellare la concettualizzazione precedente, ma vogliono integrarla mostrando che quando parliamo di
SoC come responsabilità (senso di responsabilità comunitario), l’accezione di senso di comunità è l’elemento che soddisfa i
bisogni individuali. Le ricerche empiriche hanno mostrato che queste relazioni sono effettivamente state confermate
empiricamente
Versione nei pazienti sichiatirici ) Brief Sense of Community Index- Disability (BSCI-D) si associa a riduzione della
loneliness (UCLA Loneliness Scale) e distress psichiatrico (a aumento delle relazioni di vicinato
Scala Multi-dimesionale del Senso di Comunità per le Comunità Locali (Prezza et al)
scala multidimensionale pensata per la misurazione del costrutto riferito alle comunità locali. Scala che ha 4
dimensioni, ma che solo in parte corrispondono a quelle di McMillan e Chavis.
Item
- Appartenenza - Aiuto in caso di bisogno - Soddisfacimento dei
- Influenza condivisa - Clima sociale e legami bisogn
Il Neighbourhood Youth Inventory (NYI)
Dimensioni: Sostegno (8 item), Attività (4 item), Amicizia (4 item), Sicurezza (6 item)
Dunque, è sorto il dubbio dell’appartenenza del senso di comunità come caratteristica dell’individuo o delle
comunità, e ne è risultato che vi siano in gioco sia:
- determinanti individuali → caratteristiche sociodemografiche (età, genere, livello d’istruzione, reddito, stabilità
residenziale, presenza di figli in età scolare), valori (post-materialistici e tradizionali, entrambi positivamente
connessi al senso di comunità) e tratti di personalità (big five e ruolo dell’estroversione).
- determinanti di comunità → l’ampiezza, la densità, i fattori urbanistici e la storia e memoria collettiva.
Determinanti individuali
valori
- valori post-materialistici (libertà, autoespressione, tolleranza) sono positivamente connessi al senso di
comunità
- valori tradizionali (famiglia, religione) sono positivamente connessi al senso di comunità
Tratti di personalità
- Studio sui Big Five (estroversione, amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva e apertura mentale)
- Ruolo dell’ estroversione
Logica interazionista Il senso di comunità è funzione dell’interazione tra l’individuo e la comunità: contano le
caratteristiche della persona (variabili individuali), nella misura in cui mediano il significato che essa assume per gli
individui, ma contano anche le caratteristiche della comunità nella misura in cui vengono incontro alle aspettative e
alle esigenze personali.
Senso di comunità scolastico • Il senso di comunità scolastico(SSoC) è stato definito da Goodenow (1993) come “l’appartenenza
di un individuo ad un gruppo sociale scolastico da lui considerato importante e il sentimento di essere accettato e valorizzato dai
membri di tale gruppo”. • Per Bateman (2002) il SSoC descrive gli aspetti psicologici del setting e dei gruppi scolastici che
soddisfano il bisogno di sostegno e di appartenenza
validazione di uno strumento di misura multidimensionale (10 items): Membership, Emotional connection, e Opportunities •
Buone caratteristiche psicometriche • Relazione con il benessere (effetti multilivello) • Relazione con il comportamento
aggressivo
Validità transculturale del SdeC si può definire un modello universale di senso di comunità, estendibile attraverso i luoghi, i
tempi, i gruppi? NO, (Mak, Cheung, Law, 2009), perché esso è chiaramente contesto-dipendente e inseparabile dai significati che
gli individui assegnano alla comunità e ai gruppi, e al valore che attribuiscono all’appartenerv
Senso di comunità multiplo (il caso dei migranti) Nei gruppi di migranti l’analisi del senso di comunità è stata
finalizzata principalmente ad approfondire le dinamiche dell’identità, i processi di acculturazione (Sonn, 2002; Sonn,
Fisher, 1996; 1998; 2005) e l’impatto sul benessere psicologico. Costruire senso di comunità non solo rispetto al
gruppo etnico di origine, ma anche rispetto alla società di accoglienza, sembra dunque un elemento estremamente
rilevante per favore i processi di integrazione e il contatto interculturale. E uno strumento che può favorire lo
sviluppo di legami e investimento nella comunità ospitanti è rappresentato dalla partecipazione in attività comuni
che riguardano il quartiere o la città in cui migranti e autoctoni vivono insieme, attraverso le quali i “nuovi arrivati”
possono incontrare e rielaborare in forma attiva la cultura del paese che li ha adottati
Senso di comunità negativo ll senso di comunità può avere una valenza negativa e non necessariamente
associarsi a esiti indesiderabili, ma svolgere, al contrario, una funzione protettiva (Brodsky, 1996; Arcidiacono, 2000;
Barbieri, 2014) : in particolari circostanze è preferibile un atteggiamento di distacco, che può realizzarsi attraverso un
allontanamento fisico oppure attraverso il disinvestimento emotivo o un meccanismo di identificazione in negativo.
EMPOWERMENT
Rappaport letteralmente significa “acquisizione di potere” overo incremento delle capacità delle persone di
controllare attivamente la propria vita.
Zimmerman enfatizza l’importanza di 4 requisiti L’empowerment è una variabile continua non dicotomica; può
mutare nel tempo quindi non lineare, si specifica in relazione al contesto e alla popolazione; è un costrutto articolato
su diversi livelli
Processi empowering
Livello individuale: lavorare con il singolo sulla capacità di prendere decisioni, sulle risorse e sulla capacità di
collaborare per lavorare sulla percezione di controllo e la consapevolezza critica
processi: abilità di decision-making, gestione di risorse, lavoro con altri outcomes: percezione di controllo,
consapevolezza critica, partecipazione
Organizzazioni: distinte tra empowering (gli interventi e le azioni messe in atto per attuare il cambiamento) ed
empowered (l’esito del cambiamento). Dentro l’organizzazione andremmo a lavorare soprattutto su processi di
leadership condivisa, su una max responsabilizzazione degli individui e valorizzazione dell’individuo come attore che
ha un potere e una sua capacità decisionale e che ha una sua autonomia e può sostenere le sue idee
Processi presa di decisioni collettive , leadership, condivisa, responsabilità outcomes: sviluppo
organizzativo, lavoro di rete, influenza nelle policies
Comunità: più collettivo, si parla della partecipazione dei cittadini per aiutarli nell’autorganizzazione dei membri
della comunità e aiutarli ad accedere a certe risorse
azione collettiva per accedere alle risorse, tolleranza per le diversità outcmes: pluralismo di leadership,
coalizioni, risorse comunitarie
Empowerment psicologico
L’empowerment psicologico rappresenta una delle accezioni di empowerment che pone l’attenzione dei ricercatori
perché c’è un assunto sul fatto che, in assenza di un processo di empowerment psicologico che riguarda l’individuo,
è difficile che ci possa essere quello organizzativo che riguarda la comunità.
Mechanic: definisce l’empowerment psicologico come il processo attraverso il quale l’individuo comprende che gli
obiettivi e i risultati che persegue dipendono dalle strategie che attiva per raggiungerli. Definizione che più di altre è
focalizzata sull’individuo, tralasciando la dimensione relazionale.
Empowerment come processo di cambiamento da stato di impotenza appresa a stato di speranza appresa
Quindi l’EMPOWERMENT vuol dire responsabilizzazione, potenziamento, delega e trasferimento del potere,
arricchimento, aumento di capacità di fare, sviluppo di potenzialità, apertura a nuovi mondi possibili, creatività
liberata, aumento di conoscenza. Questo processo ha dimensioni più cognitive (interne all’individuo), ma anche una
dimensione che rimette l’individuo all’interno del suo contesto, quindi non tutto l’empowerment sta nella testa delle
persone, ma una parte di empowerment sta anche nella loro abilità di agire e di comprendere il contesto.
Dimensione comportamentale che deriva da una revisione anche critica di quella che è la mia condizione in quel
contesto.
Kiefer requisiti dell’empowerment psicologico, per cui l’acquisizione di abilità, conoscenze e potere sufficiente da
influenzare la propria vita sia possibile attraverso
- lo sviluppo di un potente senso di sé (sense of self), che promuove il coinvolgimento sociale attivo. Parte che
riguarda la dimensione più interna e che chiama in causa gli aspetti più emozionali e della capacità degli
individui (un senso di sé che ci spinge all’azione);
- la capacità di fare un’analisi critica dei sistemi sociali e politici che definiscono il proprio ambiente. Quindi,
una lettura critica del proprio contesto che consente di capire in primis, che cosa dipende da me e quindi è
più modificabile partendo dal mio impegno o strategie, e poi capire che cosa è condizionato da fattori di tipo
macro-sociale o politico
- l’abilità di sviluppare strategie di azione, coltivare e sviluppare risorse per raggiungere i propri scopi;
- la capacità di agire in modo efficace in collaborazione con altri per definire e raggiungere scopi collettivi.
Strategie efficaci possono essere ad esempio quella di lavorare insieme ad altre persone. Non
necessariamente quando parliamo di empowerment individuale parliamo di un processo che vede
l’individuo isolato, ma la collaborazione con altri è sicuramente un dispositivo importante. Però quando la
dimensione competizione prevale rispetto a quella della collaborazione non ci sono scopi collettivi, ma scopi
puramente individuali. In un processo di empowerment, bisogna considerare l’altro come fonte di risorse e
di opportunità.
RUOLO DELLA COLLABORAZIONE NEI PROCESSI DI EMPOWERMENT (Cox e Parson): con la collaborazione può
avvenire la costruzione di nuove narrazioni, la validazione delle esperienze collettive, con una conseguente riduzione
dell’auto-biasimo e una maggiore validazione reciproca e lo sviluppo di conoscenze e capacità critica per ricollocare il
problema nel contesto.
EMPOWERMENT ORGANIZZATIVO
L’empowerment organizzativo consiste nei processi e nelle strutture organizzative che aumentano la partecipazione
dei membri e migliorano l’efficacia dell’organizzazione nel raggiungere i propri scopi. Vi possono essere due
tendenze di organizzazione:
l’organizzazione empowering → che dà opportunità ai propri membri di aumentare il controllo sulla propria
esistenza (organizzazioni che contribuiscono alla crescita dei propri membri e alla valorizzazione delle loro
risorse)
l’organizzazione empowered → che si sviluppa con successo e che influenza le decisioni politiche.
Un’organizzazione dovrebbe tendere ad entrambi gli approcci (individuale e organizzativo) perché l’empowerment
organizzativo porta ad avere maggiori profitti, a lavorare in maniera più efficiente e con maggiore soddisfazione e
benessere dei suoi membri. Quindi dentro le organizzazioni da un lato si può utilizzare:
- l’approccio individuale (self empowerment → lavoro centrato sull’individuo o sull’aggiramento delle cause che
determinano condizione di impotenza o di malessere sul lavoro e lavoro sulle risorse e capacità)
- approccio più organizzativo → coinvolge i gruppi, è orientato soprattutto alla formazione di leadership
empowering. Leader che sappiano valorizzare e coinvolgere i loro operatori. Spesso in questo approccio si utilizzano
dei gruppi di lavoro che hanno un orientamento alla collaborazione
Recovery: modo di vivere una vita piena, soddisfacente nonostante la malattia. Andare oltre l’etichetta e sviluppare
un nuovo significato alla propria vita e nuovi scopi.
Il sostegno sciale supporta la recovery
Supporto tra pari e recovery
supporto tra pari informale, spontaneo
servizi o gruppi di auto mutuo aiuto
impiego di utenti in qualità di operatori alla pari
per far si che avvengano ci deve essere un apertura volta a riconoscere il potenziale di queste forme di sostegno
Peer support worker memrbo del corpo dei professionisti socio-sanitari presenti nei servizi che ha vissuto o sta
vivendo un problema di salute menale, ha l’obbiettivo di dare speranza, fungere da fonte di ispirazione, sostegno e
informazione verso altri utenti.
COMUNITA’ COMPETENTE (Iscoe) → comunità che ha un repertorio di possibilità e di alternative (potere), che sa da
dove e come ottenere risorse (conoscenza) e che chiede di essere autonoma (motivazione e autostima).
Compito dello psicologo di comunità è sostenere il processo di empowerment sociale, favorendo l’assunzione di
responsabilità da parte della comunità attraverso l’azione sociale (strategia potenzialmente conflittuale) e lo sviluppo
di comunità ( strategia, invece, cooperativa).
Sviluppo di comunità sviluppare senso di coesione sociale, sensibilizzare i cittadini (collaborazione e
cooperazione), promuovere leader locali, usare le competenze dei professionisti per favorire le esperienze di
autoorganizzazione e innovazione sociale, favorire reti di collaborazioni tra servizi formali e informali (modalità
flessibili, decentrate e autogestite di presa di decisione), accrescere il senso di comunità.
Azione sociale accrescere la consapevolezza degli svantaggiati, ridistribuire le risorse, modificare gli equilibri di
potere senza l’uso della violenza (azione di social advocacy).
Sono stati sollevati alcuni paradossi impliciti nel concetto di empowerment, tra cui:
BIas psicocentrico
enfasi sui sentimenti di efficacia unita ad una sottovalutazione del raggiungimento di potere reale
enfasi sugli aspetti cognitivi ed emotivi dell’empowerment psicologico, dimenticando gli aspetti sociali,
materiali e politici (Prilleltensky → focus sugli aspetti più strettamente cognitivi, individuali fa sì che a volte ci
si dimentichi degli aspetti contestuali, andando così a ridurre il significato dell’intervento o dell’approccio
orientato all’empowerment);
Bias etnocentrico
enfasi sull’autonomia che aumenta la competizione tra e dentro i gruppi, a scapito di approcci più
cooperativi (Riger → uno degli aspetti paradossali è il fatto che abbiamo parlato di un processo che coinvolge
la persona e ha orientamento a sostenere controllo autonomia consapevolezza partecipazione. Le persone
però potrebbero anche non volere tutto questo. Proprio perché ci muoviamo in una cornice di tipo
relazionale non possiamo semplicemente dire: aumento il tuo potere, qualche volta le persone possono
resiste a un intervento orientato all’empowerment anche perché la condizione di oppressione potrebbe dare
dei vantaggi secondari. Le persone possono anche resistere a un processo di empowerment e rifiutarlo.
Magari anche vantaggi più piccoli e materiali);
enfasi sulla dimensione individuale: bisogna superare le concezioni individualistiche, l’empowerment è
fondamentalmente un concetto collettivo.
Oltre a queste problematiche, altri tre paradossi sono lo stigma che viene attribuito alle persone che si intende
aiutare; la complessità del processo di oppressione, spesso favorita dagli stessi oppressi; lo sbilanciamento del
potere tra individui e professionisti, la cui soluzione è l’autodeterminazione e la figura dello psicologo solo come
guida al raggiungimento dell’emancipazione e cambiamento delle condizioni sociali.
La misurazione dell’empowerment
PSYCHOLOGICAL EMPOWERMENT SCALE AT WORK (PES – Spreitzer) → scala che si basa su un modello
dell’empowerment a quattro dimensioni riferite agli stati psicologici individuali rispetto al proprio lavoro:
significatività (corrispondenza tra le richieste dei compiti e il sistema di valori, credenze e ideali della
persona)
abilità (convinzione di possedere abilità e strumenti per svolgere il lavoro adeguatamente)
autodeterminazione (sensazione di controllo rispetto al proprio lavoro, libertà d’iniziativa e possibilità di
decidere come organizzare il lavoro)
influenza (convinzione di avere una incidenza sugli esiti del proprio lavoro)
È stata dimostrata la validità di questa scala anche nell’ambito infermieristico.
Critica: l’esistenza di tre dimensioni in quanto autodeterminazione e influenza sembrerebbero sovrapporsi.
Nella maggior parte dei casi, per misurare l’empowerment, si utilizzano degli strumenti auto somministrativi poiché
non vi sono strumenti di tipo osservativo.
Le metodologie utilizzate per raccogliere le info riguardo l’empowerment sono specifiche, infatti vi sono scale di tipo
psicometrico adattate in funzione di specifici contesti di applicazione o di specifiche popolazioni.
STRUMENTO PER MISURARE L’EMPOWERMENT PSICOLOGICO A LAVORO (Pietrantoni e Prati) → misura quanto le
persone si sentano competenti e capaci rispetto al lavoro che svolgono, quanto controllo hanno e quanta capacità
hanno di decidere rispetto agli esiti del proprio lavoro. Alcuni dati mostrano come emergano differenze di genere
rispetto all’importanza attribuita alla significatività. Chi opera su turni ritiene di avere un livello di
autodeterminazione più basso rispetto a chi non lo fa, quindi il livello di empowerment si associa anche ad aspetti di
tipo contestuale.
EMPOWERMENT PERSONALE E POLITICO (EMPO – Francescato) → scala psicometrica che misura tre componenti
chiave dell’EMP:
- capacità di porsi obiettivi e di raggiungerli efficacemente
- la mancanza di speranza e di fiducia
- l’interesse verso questioni sociopolitiche e la partecipazione politica, considerati indicatori di consapevolezza
critica.
La resilienza
RESILIENZA: Termine che viene sviluppato in ambito ingegneristico e indica la capacità di un materiale di resistere
agli urti senza spezzarci. In ecologia invece: capacità di una specie di autoripararsi dopo un danno. Invece, la
definizione inerente alla teoria dei sistemi chiama in causa una complessità: non si parla di individuo o di oggetto
materiale, ma si parla di un sistema in grado di approfittare del cambiamento per svilupparsi mantenendo la sua
coesione. Dopo una crisi è in grado di fronteggiarla, riorganizzarsi e svilupparsi anche da un punto di vista qualitativo.
La resilienza è un concetto che emerge per capire come mai alcuni, di fronte a situazioni avverse, siano
maggiormente capaci di far fronte ai rischi, evitandone gli effetti negativi e uscendone positivamente. Può essere
definita come un adattamento riuscito nonostante i rischi e le avversità.
L’esposizione ai rischi o alle avversità, infatti, è un prerequisito essenziale della resilienza. La capacità di adattarsi dei
sistemi, degli individui, non dipende solo dalle caratteristiche degli stessi, ma anche dalle opportunità che vengono
offerte dal contesto. Per resilienza si intende quindi la capacità di adattamento anche in circostanze sfavorevoli,
legata non solo alle risorse individuali, ma anche alle opportunità offerte dal contesto (Zani e Cicognani).
La ricerca dice che la modalità di affrontare il cambiamento in situazioni di emergenza è relativamente poco
influenzata da quelle che sono le caratteristiche di personalità, perché anche persone che nella vita ordinaria sono
abituate a svolgere posizioni autorevoli o di leadership riconosciuta, in situazioni sfavorevoli potrebbero andare in
difficoltà o in “panico”. Attenzione quindi che si è spostata a vedere la resilienza come processo, come forma di
adattamento che coinvolge le capacità di coping (di fronteggiare la situazione), di migliorare la propria condizione.
Soprattutto quando ci riferiamo alla capacità di migliorare la propria condizione fa riferimento al concetto di
CRESCITA POST-TRAUMATICA. Il fenomeno della crescita post traumatica è meno diffuso di quanto invece lo siano i
processi di resilienza. La visione ecosistemica della resilienza percepisce l’individuo legato in una rete complessa di
relazioni, così che l’individuo, la famiglia e il più largo contesto siano interconnessi e fattori da ciascun dominio
contribuiscano al processo di coping. La resilienza non va intesa come assenza di patologia, o resistenza, o
sopravvivenza, ma come capacità di crescita, anche con accresciute capacità di funzionamento, e come dicevamo
sopra, come un processo dinamico piuttosto che come un tratto stabile. La resilienza è un’alternativa a quando
l’empowerment non è possibile.
DIFFERENZE: la resilienza ha obiettivi orientati al potere sociale irrealistici e potenzialmente dannosi e contesti ad
alto rischio. Mentre l’empowerment ha obiettivi orientati al potere, focalizzati sull’interno o sull’esterno e possono
entrare in gioco contesti a basso rischio.
Sintesi modello di resilienza della Brodsky: noi partiamo da un presupposto di consapevolezza, di formulazione di un obiettivo
di cambiamento, a seconda del contesto in cui ci muoviamo: orientamento più verso la resilienza (mi permette di adattarmi, ma
non di cambiare la situazione), quando invece il contesto è permeabile si può attivare un processo di empowerment. In questa
rilettura del processo dinamico non si stabilisce che la resilienza o l’empowerment siano uno migliore dell’altro, semplicemente
occorrono in condizioni diverse (o possibilità di trasformazione sociale o situazioni che sono cambiamenti che però non mettono
in discussione lo status quo). Es donna che è in uno stato teocratico posso informarmi, documentarmi, attivare un gruppo di
donne che condividono le mie idee, ma non posso manifestare per i miei diritti altrimenti pongo a rischio la mia vita (questo non
accade in una situazioni in cui l’azione sociale può avere uno spazio di tipo trasformativo). La resilienza consiste in obiettivi
interni e a livello locale, che sono mirati ad azioni e risultati intrapersonali, per adattare o resistere alla situazione così come
sono. L’empowerment, invece, è attuato a livello sociale, e mira al cambiamento esterno delle relazioni, situazioni, dinamiche di
potere o contesti, e coinvolge cambi di potere così come un cambiamento interno/psicologico
EMPOWERMENT SOCIALE
DEFINIZIONE "Processo intenzionale e continuo centrato sulla comunità locale che comporta rispetto reciproco,
riflessione critica, attività di cura (caring), partecipazione di gruppo, attraverso il quale le persone di una comunità
locale lacking an equal share of valued resources possono accedere più facilmente alle risorse e accrescere il
controllo su di esse (Cornell Empowerment Group, 1989)
COMUNITA’ COMPETENTE (Iscoe) → comunità che ha un repertorio di possibilità e di alternative (potere), che sa da
dove e come ottenere risorse (conoscenza) e che chiede di essere autonoma (motivazione e autostima).
Compito dello psicologo di comunità è sostenere il processo di empowerment sociale, favorendo l’assunzione di
responsabilità da parte della comunità attraverso l’azione sociale (strategia potenzialmente conflittuale) e lo sviluppo
di comunità ( strategia, invece, cooperativa).
Con sviluppo di comunità si intende: sviluppare senso di coesione sociale, sensibilizzare i cittadini (collaborazione e
cooperazione), promuovere leader locali, usare le competenze dei professionisti per favorire le esperienze di
autoorganizzazione e innovazione sociale, favorire reti di collaborazioni tra servizi formali e informali (modalità
flessibili, decentrate e autogestite di presa di decisione), accrescere il senso di comun
ità.
Con azione sociale si intende, invece, accrescere la consapevolezza degli svantaggiati, ridistribuire le risorse,
modificare gli equilibri di potere senza l’uso della violenza (azione di social advocacy).
I paradossi dell’empowerment Sono stati sollevati alcuni paradossi impliciti nel concetto di empowerment, tra cui:ù
o enfasi sui sentimenti di efficacia unita ad una sottovalutazione del raggiungimento di potere reale
o enfasi sugli aspetti cognitivi ed emotivi dell’empowerment psicologico, dimenticando gli aspetti sociali,
materiali e politici (Prilleltensky → focus sugli aspetti più strettamente cognitivi, individuali fa sì che a volte ci
si dimentichi degli aspetti contestuali, andando così a ridurre il significato dell’intervento o dell’approccio
orientato all’empowerment);
o enfasi sull’autonomia che aumenta la competizione tra e dentro i gruppi, a scapito di approcci più
cooperativi (Riger → uno degli aspetti paradossali è il fatto che abbiamo parlato di un processo che coinvolge
la persona e ha orientamento a sostenere controllo autonomia consapevolezza partecipazione. Le persone
però potrebbero anche non volere tutto questo. Proprio perché ci muoviamo in una cornice di tipo
relazionale non possiamo semplicemente dire: aumento il tuo potere, qualche volta le persone possono
resiste a un intervento orientato all’empowerment anche perché la condizione di oppressione potrebbe dare
dei vantaggi secondari. Le persone possono anche resistere a un processo di empowerment e rifiutarlo.
Magari anche vantaggi più piccoli e materiali);
o enfasi sulla dimensione individuale: bisogna superare le concezioni individualistiche, l’empowerment è
fondamentalmente un concetto collettivo.
La misurazione dell’empowerment PSYCHOLOGICAL EMPOWERMENT SCALE AT WORK (PES – Spreitzer) → scala che
si basa su un modello dell’empowerment a quattro dimensioni riferite agli stati psicologici individuali rispetto al
proprio lavoro:
- significatività (corrispondenza tra le richieste dei compiti e il sistema di valori, credenze e ideali della persona)
- abilità (convinzione di possedere abilità e strumenti per svolgere il lavoro adeguatamente)
- autodeterminazione (sensazione di controllo rispetto al proprio lavoro, libertà d’iniziativa e possibilità di decidere
come organizzare il lavoro)
- influenza (convinzione di avere una incidenza sugli esiti del proprio lavoro)
È stata dimostrata la validità di questa scala anche nell’ambito infermieristico.
Critica: l’esistenza di tre dimensioni in quanto autodeterminazione e influenza sembrerebbero sovrapporsi.
Nella maggior parte dei casi, per misurare l’empowerment, si utilizzano degli strumenti auto somministrativi poiché
non vi sono strumenti di tipo osservativo. Le metodologie utilizzate per raccogliere le info riguardo l’empowerment
sono specifiche, infatti vi sono scale di tipo psicometrico adattate in funzione di specifici contesti di applicazione o di
specifiche popolazioni.
Principi di funzionamento/fattori di efficacia Incontro tra pari ▪ Principio dell’helper therapy ▪ Senso di
appartenenza
Principio dell’ helper therapy L’intento comune di tutti i gruppi di auto - aiuto è quello di trasformare coloro che
domandano aiuto in persone in grado di fornirlo
Senso di migliore competenza interpersonale, poiché il sostegno fornito va a incidere sulla vita di un’altra persona
Equilibrio tra il dare e l’avere, nelle relazioni con gli altri, sentendosi meno dipendenti e riducendo i costi dell’aiuto
Senso di appartenenza i membri “si trovano inseriti in una sorta di microcosmo o di piccolo sistema sociale in cui essi
smettono di essere esclusivamente dei devianti o portatori di qualche patologia o sofferenza, ma diventano piuttosto
membri di un “aggregato” di tipo quasi familiare” (Gartner e Riessman, 1984)
Gruppi di auto aiuto: il facilitatore dovrebbe
• essere a conoscenza degli obiettivi e del problema che caratterizzano il gruppo;
• essere capace di facilitare un gruppo, valorizzando la comunicazione circolare;
• essere capace di trasferire questa competenza ai membri del gruppo;
• essere in grado di non vestire i panni dell’esperto chiamato a dare risposte ma indossare quelli del facilitatore della
comunicazione;
• essere capace di orientare la comunicazione del gruppo rispetto ai temi e ai punti condivisi dallo stesso gruppo;
• essere capace di creare un clima accogliente e di fiducia;
• essere capace di contenere la propria e altrui ansia
Le evidenze scientifiche: salute mentale • I gruppi di auto aiuto rappresentano “una forma di trattamento” che
funziona rispetto al problema del gruppo? (oltre il sostegno sociale) Studi longitudinali o quasi sperimentali –
Sintomatologia psichica – Tassi di ospedalizzazione – Funzionamento sociale – Aderenza al trattamento
• Miglioramento della sintomatologia psicologica (ansia, stress) (7/12)
• Equivalenza in termini di effetto a trattamenti professionali (CBT) (2/5)
• Non differenze tra membri e non membri (5/12)
• Non fanno male (12/12) • Effetto “dosaggio
Resilienza
La resilienza un concetto che emerge per capire come mai alcuni, di fronte a situazioni avverse, siano maggiormente
capaci di far fronte ai rischi, evitandone gli effetti negativi e uscendone positivamente. • Resilienza come ‘‘…
successful adaptation despite risk and adversity’’ (Masten 1994).
Per resilienza si intende quindi la capacità di adattamento anche in circostanze sfavorevoli, legata non solo alle
risorse individuali ma anche alle opportunità offerte dal contesto (Zani, Cicognani, 1999; Cicognani, 2012)
Può essere definita come un adattamento riuscito nonostante i rischi e le avversità Masten
L’esposizione ai rischi o alle avversità, infatti, è un prerequisito essenziale della resilienza. La capacità di adattarsi dei
sistemi, degli individui, non dipende solo dalle caratteristiche degli stessi, ma anche dalle opportunità che vengono
offerte dal contesto. Per resilienza si intende quindi la capacità di adattamento anche in circostanze sfavorevoli,
legata non solo alle risorse individuali, ma anche alle opportunità offerte dal contesto (Zani e Cicognani).
La resilienza come processo, come forma di adattamento che coinvolge le capacità di coping (di fronteggiare la
situazione), volto a migliorare la propria condizione. Soprattutto quando ci riferiamo alla capacità di migliorare la
propria condizione.
In tal senso rappresenta la capacità di crescita, anche con accresciute capacità di funzionamento, e come dicevamo
sopra, come un processo dinamico piuttosto che come un tratto stabile. La resilienza è un’alternativa a quando
l’empowerment non è possibile.
DIFFERENZE: la resilienza ha obiettivi orientati al potere sociale irrealistici e potenzialmente dannosi e contesti ad
alto rischio. Mentre l’empowerment ha obiettivi orientati al potere, focalizzati sull’interno o sull’esterno e possono
entrare in gioco contesti a basso rischio.
Le reti sociali
È impo analizzare la struttura delle reti sociali perché aiuta a capire alcuni aspetti del loro funzionamento. La
struttura delle reti non è indipendente dalle opportunità e risorse che può offrire.
Barnes è stato il primo a usare il termine “reti sociali” nell’accezione con la quale lo utilizziamo oggi, ovvero come
sistema di relazioni che le persone hanno al di fuori delle reti professionali o amicali.
Precursori
Bott studia le reti nelle famiglie e il loro l’impatto notando che c’era una distinzione tra:
o reti segregate → dove uomini e donne in coppia avevano ruoli separati; si caratterizzavano per
l’avere una forte valenza di controllo e in qualche modo rispecchiavano un modello tradizionale del
funzionamento delle famiglia
o reti congiunte → tendevano ad essere un po’ più aperte, consentivano infatti maggiore apertura e
libertà.
La scuola della Gestalt: Moreno (1934, 1955) la sociometria
La scuola di Harvard: l’approccio strutturale della sociologia nordamericana (teoria dei grafi e
modelli matematici) dopo gli anni ‘60
TEORIA DELLA FORZA DEI LEGAMI DEBOLI (Granovetter) → quando si pensa ai legami facciamo riferimento
ai legami significativi per l’individuo. Anche i legami deboli, quindi persone con le quali si hanno relazioni
meno intense, possono rappresentare una risorsa importante perché possono essere l’elemento che
connette ad altre reti. Il legame debole diventa una risorsa.
Ci sono evidenze epidemiologiche raccolte in tutti i continenti che dicono che essere inseriti in una rete sociale è
fondamentale per il benessere perché ci permette di avere legami e di usufruire di sostegno sociale
RETE SOCIALE: è un insieme specifico di legami tra un insieme definito di persone. È un complesso di strutture sociali
che includono un gruppo di punti ed un gruppo di legami che connettono questi punti.
Secondo Cohen e Wills essere inserito in una rete sociale permette di:
• Vivere esperienze positive;
• Riscoprire all’interno della comunità un insieme di ruoli stabiliti socialmente riconosciuti e gratificanti;
• Sviluppare legami e/o rapporti supportivi
Ci sono studi longitudinali che mostrano come ci sia un’associazione positiva nell’essere inseriti in
reti e indici di salute di benessere. Ma non tutte le reti sono buone o funzionali per il benessere
persona però, quando si entra in una rete disfunzionale per il benessere e le motivazioni che lo
avevano portato ad entrare sono state ragioni di appartenenza e di legami
Carte di Rousseau → un codice per rappresentare i legami relazionali a seconda della loro forza e
importanza. Quello che aggiunge questa tipologia di mappatura è il fatto di avere incluso qualche
elemento che va a qualificare anche i legami, il senso qualitativo e non solo quantitativo. Un aspetto
importante delle reti è che consentono di scambiare risorse di sostegno. È possibile che gli attori
della rete siano deputati primariamente a fornire alcune risorse di sostegno particolare
La funzione svolta dai membri della rete dipende anche dal tipo di rete di supporto, se un sistema
di sostegno informale (primario, come la famiglia, o secondario, come le associazioni gruppi
elementi costitutivi del capitale sociale) oppure un sistema di sostegno formale (quella rete di prima
che si occupa di adolescenti nel territorio). Sinergia maggiore tra i sistemi di sostegno formale e
informale, nella pratica nel sistema dei servizi la collaborazione tra formale e informale è sempre
più richiesta.
Evidenze empiriche molto forti di una relazione fra reti sostegno sociale e benessere: Sono stati creati due modelli per spiegare
le relazioni tra reti sociali, sostegno sociale e benessere.
- MODELLO DIRETTO: spiega che le reti e il sostegno hanno un effetto diretto sul benessere, come fattori protettivi, anche in
assenza di stress, ove fungerebbero da promotori del benessere grazie al senso di stabilità trasmesso. Vi sarebbe quindi un
rapporto diretto tra salute/malattia e le reti, anche nella dimensione in cui una malattia corrisponderebbe alla riduzione della
rete. La rete acquisterebbe una dimensione culturale e la sua funzione primaria sarebbe quella di rafforzamento dell’identità e
della sicurezza individuale, come quindi barriera di fronte agli stressor ambientali.
- MODELLO INDIRETTO: percepisce la relazione tra stress e benessere/malessere come mediata da una serie di fattori individuali
e/o ambientali, e tra questi il sostegno sociale fa da cuscinetto (buffer). Le reti non sono isomorfe al sostegno sociale, per cui un
gruppo di legami noncostituisce un sistema di sostegno e i legami non sono sempre supportivi. Nonostante, sia che si ipotizzi un
rapporto diretto o si chiamino in causa variabili di mediazione/moderazione tra rete e salute, essere inseriti in una rete sociale è
un presupposto per costruire legami e relazioni supportive.
Le reti non necessariamente producono sempre sostegno e a volte i legami non sono supportivi, ma disfunzionali rispetto
all’intervento che andiamo a fare, è più di allontanamento piuttosto che di ricucitura. Ecco perché nel lavoro di rete vengono
studiati alcuni elementi per capirne i punti di forza e di debolezza; il lavoro della mappatura è un lavoro di consapevolezza che
permette di identificare le risorse, si possono immaginare strategie per ricostruire questi legami
Una volta individuata e rappresentata la rete sociale, è possibile lavorare per raggiungere determinati obiettivi:
• Aumentare la consapevolezza delle relazioni presenti;
• Valorizzare gli elementi positivi delle relazioni;
• Minimizzare la dispersione delle risorse della ret;
• Rinforzare e sostenere i legami, e/o crearne di nuovi;
• Riorganizzare i sistemi di supporto;
• Reperire risorse nuove;
• Ricostruire la rete con nuovi legami;
• Contattare gli irraggiungibili.
➔ Tale tipo di intervento non è proprio di una prospettiva individuale/di gruppo, ma può anche essere applicato nel contesto
della prevenzione terziaria per ritessere reti, attivare gruppi di auto aiuto e attivare percorsi di sostegno. Nella prospettiva di
comunità e di prevenzione primaria e promozione della salute, tale tipo di intervento favorisce l’attivazione di
coalizioni/partnership (reti di comunità), la realizzazione di interventi di sviluppo di comunità, il sostegno di reti di auto aiuto e
del volontariato.
Strategie preventive
Il modello della psichiatria preventiva di Caplan (1964):
1. Prevenzione primaria
2. Prevenzione secondaria
3. Prevenzione terziaria
Prevenzione primaria
È caratterizzata da interventi volti ad impedire l’insorgere di patologie o di situazioni di disagio a livello individuale
e/o sociale (es. screening, educazione alla salute nelle scuole e nei contesti lavorativi).
Target individui “sani”; mantenere le persone in salute
Es. “guadagnare salute: rendere facile le scelte salutari”: iniziative specifiche per persone a rischio o portatrici di
patologie (progetti che diventano di prevenzione secondaria, es. gruppi di cammino rivolti a persone con sindrome
metabolica) ma anche a soggetti sani. L’idea è quella di incentivare comportamenti salutari e ridurre la possibilità che
le persone si ammalino.
Es. vaccinazione
Prevenzione secondaria
Consiste in interventi tesi ad ostacolare il decorso di una situazione di disagio già verificatasi (diagnosi e cura
precoce) (es. aiuto psicologico prima di interventi chirurgici).
Target persone “a rischio”
Es. gruppi di cammino rivolti a persone con diabete
Es. campagne di screening, effettuate a partire da un certo periodo di vita quando la probabilità che si verifichi
alcune condizioni è più elevata, come il tumore al seno
Prevenzione terziaria
Coincide con la cura e la riabilitazione e si riferisce a quegli interventi volti a contrastare un disagio (o una patologia)
conclamato e a ridurre la disabilità.
Target persone con problemi
Es. intervento orientato alla riabilitazione da un punto di vista fisico e della motricità di persone con disabilità
I servizi accessibili:
I centri di accoglienza diurni o notturni a “bassa soglia”
regole di ingresso o numero di posti limitato, ma spesso non è necessario presentare documenti; accesso
diverso rispetto a una casa per la salute o a un ambulatorio (appuntamento, tessera sanitaria; ostacolo per
tutelare persone che vivono in situazioni di marginalità)
Il lavoro di strada (le unità mobili): funzione di andare laddove la condizione problematica si manifesta o si
esprimedal “curare” al “prendersi cura”
OMS Carta di Ottawa la salute è uno stato di complete benessere fisico, mentale e sociale, che non coincide
nell’assenza di malattia.
Cowen (2000): Community Psychology and routes to psychological wellness
Modello per orientare gli interventi di promozione, basati su tre indicatori di benessere:
1. Presenza di competenze (vd. Life skill dell’OMS) = possesso effettivo e percezione di possesso di capacità
2. Empowerment
3. Resilienza
Altri modelli
Positive Psychology (2000) (Ruff, benessere psicologico, well being therapy) – leggere
necessità di lavorare per promuovere capacità, competenze e caratteristiche per il benessere degli individui: dimensione
interazionale, caratteristiche di personalità, dimensione di controllo dell’ambiente, avere uno scopo nella vita
interventi centrati sull’individuo
Rete del benessere (Prilleltenski, 2009) benessere inteso come articolazione di benessere personale, relazionale,
organizzativo e collettivo
Personale Senso di controllo • Salute fisica • Amore • Ottimismo • Competenza • Dignità • Crescita/sviluppo • Autostima •
Significati • Spiritualità
Relazionale Sostegno • Affetto • Legami • Coesione • Collaborazione • Rispetto • Partecipazion
Organizzativo Strutture efficienti • Regole chiare e comunicazione • Meccanismi di monitoraggio • Prospettiva e scopi •
Opportunità di apprendimento e di crescita • Senso di controllo • Identità e significati
Collettivo Giustizia sociale ed uguaglianza • Senso di comunità e capitale sociale • Servizi alla persona adeguati • Prosperità
economica • Abitazione adeguata • Ambiente pulito • Sostegno alle strutture della comunità
Il benessere è quindi visto come costrutto multidimensionale, notevolmente correlato
all’empowerment.
capacità relativamente bassa di coinvolgere la popolazione, la condizione critica si è già manifestata, troppo
costoso
Occorer attuare un intevento SPEC
Streghts (punti di forza)
Prevenzione primaria (che diventa promozione, interventi proattivi)
Empowerment (processo che coinvolge individui e comunità)
Cambiamento delle condizioni della comunità
Una sua caratteristica è l’enfasi sui processi di “trasformazione” della comunità, andando oltre gli sforzi meramente
“migliorativi”, e in riferimento a quattro domini: dominio temporale, quello ecologico (azione sui contesti), dominio
della partecipazione (coinvolgimento attivo)e quello della capacità (riconoscere le risorse dei soggetti).
Trasformazione:
Miglioramento:
Prevenzione
Trattamento
La radice dei problemi
Sintomi Nel setting naturale
In ambulatorio Giustizia (in assenza di giustizia come può esserci il benessere, se il
Beneficienza benessere è una condizione strutturale – condizioni di vita dignitose,
Vittime passive accesso alle risorse)
Individualistico Comunitario
Negazione del potere Agenti del cambiamento
Partecipazione al potere
Prendere in considerazione la conciliazione dei ruoli: bisogna essere il grado di conciliare il ruolo di “aiuto” con
quello di agenti critici del cambiamento.
Conclusioni:
1. L’istituzionalizzazione di una coscienza critica consente di agire sul lungo termine.
2. Togliendo il controllo della salute e del benessere ai professionisti si sostiene l’empowerment delle popolazioni.
3. Attraverso l’attivazione dei clienti e membri della comunità è possibile incidere sulla fruizione passiva dei servizi.
PSCOLOGIA DELL’EMERGENZA
Psicotraumatologia
Si occupa di studiare l’impatto psicologico del trauma nel singolo (salute mentale, ma anche fisica) e le reazioni
individuali allo stress estremo e allo stesso tempo identificare metodi di prevenzione e trattamento del trauma in un
individuo, focalizzandosi soprattutto sul trattamento di tipo psicoterapeutico nella fase post-traumatica.
Approccio strutturale
Classificazione di Barton (1969) centrate sulle proprietà del disastro
Impatto (morti, feriti, sfollati, danni proprietà)
Livello di preparazione della comunità (alto/basso)
Tempi di esordio dell’evento (improvviso, graduale, a più riprese – es. violenza di massa)
Durata dell’evento stesso (breve, lungo, ripetuto)
A livello collettivo
o Minacce croniche (ripetute nel tempo): attacchi terroristici (con tempo indefinito), emergenze ambientali, violenza
di comunità (es. genocidi)
o Minacce con escalation: guerre, epidemia
o Minacce acute: disastri naturali, tecnologici, violenze di massa (es. attentati terroristici con andamento temporale
circoscritto – es. torri gemelle
Processi psicologici nel pericolo
La paura a livello evoluzionistico rappresenta un’emozione alla base di una risposta istintiva ancestrale
(proveniente da evoluzione).
Predispone altre tipologie di risposta tra cui fight or flight
Gli studi classici di Cannon degli anni ’20 Di fronte alle minacce per la vita, gli individui fronteggiano la
situazione attraverso azioni di approccio diretto o di evitamento, il cosiddetto binomio fight or flight. La risposta di
«fight» (lotta) è decisamente meno frequente rispetto alla risposta di «flight» (fuga) nei confronti di un pericolo ed in
ogni caso è successiva alla considerazione dell’opzione fuga, tanto che alcuni studiosi propongono di modificare il
binomio fight or flight in flight or fight.
«Freezing» (congelamento) [Leach 2004]
terza possibile reazione ancestrale Totale o parziale congelamento dei movimenti da parte della persona che sta
vivendo la situazione di emergenza, impedendo così la messa in atto di qualsiasi comportamento; può coinvolgere
sia gli operatori sia le vittime.
In una prospettiva etologica, il congelamento dei movimenti sarebbe un automatismo che aumenta le probabilità di
sopravvivenza in caso di attacco tipica degli animali i quali si fingono morti per evitare di essere sbranati dai
predatori che solitamente non divorano le carogne.
Alcune reazioni di immobilità tonica si possono manifestare anche nella specie umana in situazioni «predatorie»,
come quelle vissute dalle donne vittime di violenze sessuali, ma rimangono nella maggioranza dei casi altamente
disfunzionali.
Altre due reazioni:
Spesso si parla di panico ma è un evento raro
Modello implicito del “non è successo niente” Reazione conformista
Es Smoke-filled room study (latanè e Darley) : da soli persone reagivano al fumo lasciando la stanza. Con altre
persone, sia che esse siano assistenti del ricercatore sia che siano soggetti ignari il pericolo viene fortemente
sottostimato
Ignoranza pluralistica: Nessuno offre chiari indizi su come interpreta la situazione. Si conclude che la situazione non
è drammatica altrimenti qualcuno si sarebbe certamente preoccupato.
Ciascuno pensa che gli altri abbiano più informazioni sulla situazione e quindi di fronte a un evento ambiguo le
persone osservano il comportamento altrui per cercare di interpretarlo correttamente senza considerare che anche
gli altri fanno lo stesso. Ciò porta a un'elevata probabilità di inazione.
Influenza maggioritaria (Asch): per comprendere e giudicare quello che ci circonda ci basiamo in larga misura sulle
risposte delle altre persone presenti. (Risposte di apparente tranquillità → nessuno dà segnali di allarme).
In situazioni ambigue la presenza di altre persone influisce sull’interpretazione della situazione e sull’intenzione di
agire processo di influenza sociale
Le persone sono inconsapevoli dell’influenza che le situazioni contestuali possono esercitare sui loro comportamenti.
Le persone continuano a ritenersi razionali e indipendenti esecutori dei propri comportamenti
Il modello implicito del “non è successo niente” Nelle situazioni di emergenza spesso gli spettatori non sono
sicuri di come poter rispondere perciò esitano diventando senza volerlo modelli di passività per gli altri. Passività
come norma sociale
Yerkes & Dobson’s inverted Ushaped curve La nostra prestazione sia cognitiva che comportamentale, in
situazioni di emergenza, dipende dal nostro grado di attivazione arousal alto= prestazione bassa
Reazioni cognitive in situazioni di pericolo
Aumentata capacità di processare le informazioni , sia quelle immagazzinate in passato o quelle acquisite
all’istante, per prendere delle decisioni sulle azioni da svolgere.
Deterioramento delle funzioni cognitive (es. memoria, percezione, ragionamento, attenzione ecc.) – ricordo
vivido di pochi elementi (effetto tunnel)
Focalizzazione dell’attenzione agli stimoli visivi e uditivi.
Fenomeni di esclusione auditiva (per esempio, non hanno sentito rumori forti come esplosioni, spari o voci di
altri) – ma anche più rari casi di intensificazione uditiva, specialmente in condizioni di bassa visibilità [casi di
poliziotti e militari, es. Grossman e Christensen 2004]
Tendenza a focalizzarsi su una o poche opzioni e non considerare tutte le alternative prima della presa di
decisione (Keinan, 1987). – Sembra, infatti, che la sola presenza di un pericolo possa catturare l’attenzione
necessaria per valutare tutti i possibili percorsi di azione alternativi.
Messa in atto di comportamenti usuali invece che straordinari – una situazione di emergenza richiede
solitamente una risposta non abitudinaria.
Distorsioni percettive
Restringimento visivo (tunnel vision)
o Effetto weapon focus: “tutto tranne la pistola mi sembrava scomparso e non mi ero accorto del
fuoristrada che mi stava arrivando di fianco”
Es. vittime di violenza – quando vengono interrogati ricordano pochi particolari, fanno fatica a ricordare elementi del
volto dell’aggressore (che magari ha un’arma).
o È l’esito di un restringimento attentivo su un compito solo ed è Connesso all’arousal del SN simpatico
(exp analoghe in seguito all’assunzione di sostanze come metafetamine)
Dispercezioni uditive (non sentire rumori forti come esplosioni o spari/piccoli rumori diventano rumori
fragorosi)
Attenuazione degli elementi olfattivi
Allungamento temporale o effetto slow motion («sono stati i secondi più lunghi della mia vita»), frutto della
focalizzazione su pochi elementi spesso associato a senso di distacco
Effetto dello scorrimento cronologico di immagini e pensieri circa la propria storia di vita (life review) Alcune
persone nelle situazioni di emergenza dicono di essersi visti «passare davanti tutta la propria vita», analogamente ad
altre che hanno attraversato un’esperienza prossima alla morte (near-death experience).
Questo può avere varie interpretazioni:
le condizioni fisiologiche che limitano il funzionamento mentale,
la tendenza illusoria a ricercare una condizione di sicurezza,
il meccanismo adattivo di processamento rapido delle informazioni tratte dall’esperienza passata e utili per
gestire la situazione critica.
Risposta iperattiva Vitalità intensa e non direzionata con azioni inefficaci e inadeguate.
Si verifica in alcuni casi immediatamente dopo il salvataggio (es., POW che vuole raccontare tutto).
Comportamenti stereotipici Schemi di azioni utilizzati in passato e ben conosciute senza calibrazione alle
circostanze. Esempi:
Nei team multinazionali, tendenza a usare la propria lingua madre nelle situazioni di difficoltà
(associato a diniego) Nella WWII, le famiglie ebree pulivano la casa prima di essere arrestate.
Diniego “Non sta accadendo a me.. Non può essere vero”. Aspetto intrapersonale, con funzione egodifensiva –
nego la realtà per difendermi.
Risposta ipoattiva Ottundimento (simil-depressione, le persone si lasciano andare), apatia, reazione depressiva.
Superstiti con sguardo vuoto, che non rispondono alle domande o semplicemente scuotono le spalle, si mettono a
sedere in mezzo al caos e ai detriti.
Aspetto collettivo: mi autoconvinco che non ci sia l’emergenza, perché vedo che tutti la pensano allo stesso modo e anche io.
Caso: apatia e ritiro nelle vittime di Hiroshima e Nagasaki In Giappone, detto “burabura” o la malattia del non fare niente
Senso di colpa (survivor guilt) Più frequente nelle unità coese (equipaggi, militari) arbitrariamente colpite da
evento con morti e sopravvissuti.
Bias “del senno di poi” a posteriori : se avessi fatto questo…
Pensiero controfattuale rappresenzaione mentale di un possiile scenario alternativo / migliore di qullo che è
veramente accaduto
La salute mentale dopo i disastri
Tassonomia delle vittime di Taylor (1999)
1. Le vittime primarie sono le persone coinvolte direttamente dall’impatto dell’evento critico (ovvero i deceduti e
sopravvissuti al disastro).
2. Le vittime secondarie sono le persone che hanno stretti legami relazionali con le vittime primarie
3. Le vittime terziarie sono i soccorritori che a qualsiasi titolo intervengono sul disastro (vigili del fuoco, operatori
sanitari, Croce Rossa, protezione civile, psicologi).
4. Le vittime di quarto livello sono i membri della comunità o persone che per qualche ragione si sono interessate
o occupate dell’evento (es. abitanti di un città colpita da un’alluvione, ma non colpiti direttamente).
5. Le vittime di quinto livello sono gli individui il cui equilibrio psicologico è tale per cui, anche se non sono stati
coinvolti direttamente, possono subirne le conseguenze.
6. Le vittime di sesto livello sono persone toccate lontanamente dal disastro come ad esempio individui che per un
diverso concorso di circostanze avrebbero potuto essere loro stessi vittime del primo tipo o che hanno spinto
involontariamente altri nella situazione della calamità (es. in caso di disastro aereo, persona che avrebbe dovuto
salire sull’aereo ma per qualche circostanza non è salito sull’aereo – sentono un collegamento).
Le ultime due categorie di vittime sono vittime in senso allargato => dibattito sul considerarle o meno vittime.
Il DSM segue un approccio che fa riferimento anche ad altri criteri: tiene conto delle reazioni delle persone al
trauma, per esempio. Il trauma può essere un evento che la persona vive in prima persona, ma anche un evento di
cui si è testimoni, essendo coinvolti affettivamente.
Disastri e salute mentale (Norris e Elrod, 2006) => la metà dei disastri prvoca un tasso di incidenza sulla
psicopatologia minore del 25%
Rassegna sistematica su disastri e PTSD (Galea, Nandi e Vlahov, 2005) – cambia a seconda del tipo di vittime.
La prevalenza del disturbo è del
30-40% fra le vittime esposte direttamente,
10-20% fra i soccorritori,
5-10% nella popolazione generale (comunità colpita).
Tipi di popolazione (bambini, adulti e soccorritori) e salute mentale (Norris e Elrod, 2006)
- Minoranze etniche hanno più probabilità di avere un impatto.
- Tendenza a avere più impatto se problemi mentali pre-esistenti, genere femminile
- ETA’L’impatto del disastro varia a seconda del tipo di popolazione: più alto tra le persone minorenni, più
basso negli adulti (impennata intorno ai 50 anni, forse a causa di maggiore eventi stressanti nella vita)
- Fattori famigliari: essere single è stato associato ad una maggiore probabilità di sviluppo psicpatologie quali
depressione; alcuni dati suggeriscono che essere sposati è un fattpre di rischio per le donne mentre è un fattore
protettivo per gli uomini. Essere genitore è stato associato con maggiore rischio a acusa di maggiori responsabilità e
stress nella vita.
Tipi di disastro (violenza di massa, tecnologico e naturale) e salute mentale (Norris e Elrod, 2006) hanno
maggiore impatto i disastri causati intenzionalmente dall’uomo , rispetto a disastri tecnologici (a metà strada) o
naturali.
Questo è dovuto alla rappresentazione degli altri: gli altri non sono solo persone che possono soccorrere o dare
sostegno, ma sono anche quelli che possono essere violenti.
Salute mentale ed aree colpite (USA, paesi sviluppati e in via di sviluppo) I paesi in via di sviluppo sono quelli che
riportano conseguenze peggiori per quanto riguarda la salute mentale, a causa delle minori risorse a disposizione e la
minore efficienza dei soccorsi (es. in Italia è previsto un soccorso psicologico, in altri paesi non è neanche
considerato) risorse non solo finanziarie ed economiche ma anche in termini di capitale sociale, welfare, servizi
sanitari
Changes in Outlook Questionnaire (CiOQ; Joseph, Williams e Yule, 1993): due fattori, positivo e negativo
Posttraumatic Growth Inventory (PTGI, Tedeschi e Calhoun, 1996)
Stress-Related Growth Scale (SRGS; Park, Cohen e Murch, 1996)
Perceived Benefits Scale (PBS; McMillen & Fisher, 1998) – Benefit Finding Scale (BFS; Mohr et al, 1999)
Si parte con una situazione pre-disastro: vengono identificate tre situazioni (minaccia, avvertimento e allarme)
Fase pre-disastro
Minaccia, avvertimento e allarme
Minaccia: relativa all’esistenza di rischi di disastro come la presenza nelle vicinanze di un vulcano attivo o di una
diga rischio che non si sa se e quando si tradurrà in un pericolo vero e proprio (es. Vesuvio: è possibile che ci
sia un’eruzione in futuro ma non si sa quando; grazie agli strumenti di cui disponiamo possiamo saperlo con un
piccolo anticipo, sempre a livello probabilistico). Si tende a non pensarci, per vivere più tranquilli e sereni; grazie
a tecnologie e normative, le minacce vengono ridotte a un livello di rischio accettabile, ma esistono sempre e
riguardano sempre la nostra vita (es. disastri naturali, incidenti). Non bisogna dimenticarsene, altrimenti non
reagiamo all’emergenza (cultura dell’emergenza, volta a prepararsi e a prevenire i rischi). In molti disastri la fase
della minaccia non è esistita: la comunità non era consapevole dei rischi.
Avvertimento: si parla di probabilità, seppure alta (es. Vesuvio: segnali che ci indicano una possibile ripresa
dell’attività del vulcano, che non è più in quiete). Attenzione e preallarme nella PCI – protezione civile, che
predispone un piano di emergenza. In alcuni disastri non è esistita nemmeno la fase dell’avvertimento.
Allarme: si parla di inevitabilità dell’evento, bisogna mettere in atto attività volte a ridurre l’impatto dell’evento
in termini di danni a cose o persone.
Impatto
Dura alcuni secondi (es. terremoto) fino a giorni (es. scosse di assestamento) o ancora di più.
Le reazioni nella popolazione fanno riferimento allo stress acuto.
Stress acuto: alterazioni dissociative come sensazione di irrealtà, assenza di reattività emozionale, rallentamento del
tempo, sensazione soggettiva di insensibilità, ridotta consapevolezza dell’ambiente.
Inventario
Le persone si orientano, cercano di valutare che cosa è successo, su come reagire e su dove sono le persone care (
possibile il sovraccarico delle linee telefoniche, ostacolando le attività e le richieste di soccorso).
Le strategie di coping più diffuse riguardano la ricerca di informazioni su quanto accaduto e la ricerca di un contatto
con familiari e amici.
Fanno una stima dei danni e dei potenziali pericoli.
Eroica
Crescendo dell’attivazione psicofisiologica e dell’arousal. Dopo aver ottenuto le informazioni, le persone solitamente
passano all’azione, per il desiderio di aiutare la comunità colpita e giustificare la profonda attivazione che provano a
livello psicofisiologico.
Comportamenti prosociali in un clima di iperattività e frenesia nella conduzione dei soccorsi.
Nell’inventario le strategie di coping sono maggiormente di tipo cognitivo, in questa fase sono volte all’azione e
all’aiuto (comportamentali).
L’elevato arousal psicologico può portare a sentimenti di euforia e invulnerabilità accompagnandosi a una riduzione
delle prestazioni cognitive (confusione, difficoltà nella comprensione, ecc.).
Tale stato di attivazione contribuisce a diminuire l’efficacia delle azioni e ad aumentare il rischio per la sicurezza
personale.
Luna di miele
Picco dello stato d’animo paradossalmente positivo.
Dalla prima settimana al terzo mese dall’impatto.
È caratterizzata da ottimismo e di fiducia nel pieno recupero della comunità nel giro di breve tempo. Le persone
che fanno parte della comunità sperimentano sentimenti positivi per il futuro (si sentono aiutati, soccorsi).
Forte aumento del senso di comunità e della coesione dovuto alla sensazione di aver condiviso un’esperienza
drammatica.
L’interesse dei media catalizza l’attenzione sulla comunità e contribuisce a far pervenire risorse in termini
finanziari, materiali e umani.
I leader politici fanno visita alla comunità colpita e promettono piani di aiuti per la ricostruzione.
Questo sentimento di ottimismo e fiducia in molti casi va incontro a una totale o parziale disillusione.
Disillusione
L’interesse dei media e della politica va scemando;
Gli abitanti si rendono conto che le norme e le procedure per la ricostruzione sono complesse e richiedono
tempo. La ricostruzione è più difficile e complessa di quello che poteva sembrare nelle prime settimane; ci sono
dei vincoli.
Alla caduta delle aspettative si accompagnano le difficoltà finanziarie/burocratiche (l’utilizzo immediato dei fondi
raccolti non è possibile nell’immediato) e un senso di fatica dovuto alla protratta attivazione la comunità si
sente abbandonata e si crea la credenza che nulla turnerà come prima.
Questa fase può partire già alla distanza di pochi giorni dall’impatto e durare anche per mesi-
Livello individuale: segni di stress cronico (a causa dell’attivazione prolungata).
Livello di comunità: basso senso di comunità ed efficacia collettiva, conflitti e polemiche sulle responsabilità.
Questo crollo delle aspettative ha anche un significato positivo: consente alle persone di fare i conti con la realtà.
Ricostruzione
La riduzione delle aspettative può essere funzionale poiché permette alle persone di realizzare che l’attività di
ricostruzione sarà lunga e faticosa e di apprezzare ogni piccolo passo realizzato in questo senso.
I piccoli passi compiuti rinforzano nelle persone il senso di controllo (empowerment) e di autoefficacia collettiva.
Nella fase eroica si pensava alla ricostruzione con pochi sforzi; in questa fase ci si rende conto che gli sforzi dovranno
essere elevati.
Comincia a partire da qualche settimana dal disastro per durare anni (es. terremoto de L’Aquila).
Si cominciano a celebrare i primi anniversari del disastro (aumento dell’umore negativo).