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LA VITA A SCUOLA
Prefazione
La scuola dovrebbe assicurare la libertà necessaria per l’espressione delle differenze.
La scuola potrebbe essere definita come lo spazio dedicato alla formazione, in cui è presente un
insegnante, intorno al quale ci sono dei bambini e deve aiutarli ad apprendere ma non è solo
questo.
Sembrano tutti convinti che i docenti siano liberi nelle scelte contenutistiche e didattiche. Se i
risultati sono buoni o meno soddisfacenti viene tutto addebitato al singolo insegnante o al singolo
alunno senza considerare il sistema complesso in cui sono inseriti e la reciprocità che li unisce.
La scuola quindi è un’istituzione, un luogo sociale e culturale che van ben oltre il rapporto
insegnante-alunno ed insegnante-classe. Il suo compito va al di là della trasmissione di contenuti,
ad essi, infatti, si intrecciano componenti relazionali, sociali e culturali. Inoltre, opera su vari livelli:
organizzativo, pedagogico, gestionale e normativo tra loro interconnessi e interdipendenti. Agli
insegnanti viene dato anche il compito di dotare i giovani cittadini di strumenti per agire nella
società del futuro in modo da migliorarne gli aspetti.
È necessario che tutti gli insegnanti siano in grado di intrattenere rapporti positivi, non sono con i
piccoli, ma anche con gli adulti e che siano in grado di superare le discussioni e difficoltà. Essi non
lavorano mai da soli ma sono sempre inseriti in un team docente. Inoltre, bisogna considerare che
anche i genitori partecipano alla vita della scuola.
La scuola è composta di diversi fattori: personalità, caratteri, idee, storie, esperienze precedenti.
C’è quindi eterogeneità, come un insieme di fili diversi che la compongono ed è un intreccio
potenzialmente ricco in grado di creare occasioni.
La scuola è parte integrante della società e della comunità. È un contesto sistemico che
comprende tutte le connessioni di cui si compone l’esperienza dei bambini e dei ragazzi in un
contesto in continuo mutamento, nonostante i cambiamenti deve essere inclusiva.
Il bambino dovrebbe essere al centro del processo educativo, gli insegnanti vengono sollecitati a
personalizzare e individualizzare il lavoro, cosa non semplice da fare, in quanto, all’interno di un
gruppo classe i bambini possono essere omogenei solo come età per il resto sono eterogenei. Gli
Secondo l’ultima legge di riforma la scuola: “è una scuola aperta, quale laboratorio permanente di
ricerca, di sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla
cittadinanza attiva, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di
istruzione permanente dei cittadini.”
PREMESSA
Come ogni istituzione la scuola ha alle sue spalle una storia politica sociale, ed è profondamente
immersa nei cambiamenti e nelle continuità della comunità di cui è espressione e che contribuisce
a cambiare. La scuola è in costante e continuo cambiamento.
La scuola è ambiente di socialità, luogo di pari opportunità e di giustizia sociale in cui bambini e
bambine costruiscono la propria identità. Importante è il legame tra scuola e cultura di cui è
espressione.
Le scuole sono contesti che riflettono nel profondo la cultura e la vita della comunità di cui sono
espressione, risentono quindi della situazione socioculturale determinata dalla posizione
geografica sul territorio e dalle riforme e norme istituzionali che le regolamentano insieme alle
politiche scolastiche. La scuola allo stesso tempo è espressione della comunità in cui risiede ed è
anche motore di cambiamento della stessa comunità. Infatti, la scuola trasmette, costruisce e
genera cultura.
1
Apparato o gruppo organizzato preposto allo svolgimento di funzioni e compiti di pubblico interesse che segue delle
regole determinate e procedure prefissate.
Sempre Tobin ha analizzato delle strutture prescolastiche in Cina, Giappone e Stati Uniti, dopo 20
anni è tornato in quelle strutture per svolgere ulteriori indagini. Egli ha appreso che i contesti e
dunque le culture che rappresentano si modificano e si sviluppano con il passare del tempo.
La scuola è una comunità di pratiche dotata di significati condivisi da tutti coloro che si trovano
quotidianamente a frequentarla. Gli aspetti organizzativi, i valori, le rappresentazioni, espressione
della cultura di riferimento, hanno notevoli conseguenze sui processi di apprendimento.
La complessità della scuola è data dalla compresenza e dall’intreccio di più componenti, funzioni e
dimensioni. Tutti gli aspetti da quelli organizzativi a quelli pedagogici sono interdipendenti.
Nelle scuole si fanno esperienze di vita, si cresce, ci si relaziona, si trasmette e si produce cultura,
in cui circolano conoscenze, in cui si apprende e il tutto in modi e forme differenti a seconda dei
metodi, delle prospettive e delle aspettative, idee e rappresentazioni di quanti ne hanno la
responsabilità educativa, di quanti, insegnanti ed educatori sono chiamati a svolgere il proprio
ruolo formativo con alunni e bambini.
Con il passare del tempo e degli eventi che riguardano ogni singola collettività, mutano i valori
generazionali, si palesano nuove sfide e di conseguenza mutano, facendosi via via più complessi, i
compiti che la collettività attribuisce alla scuola e all’educazione.
Bruner afferma che nella scuola avviene un processo di significazione del mondo, ovvero,
quest’ultima è istituzionalmente incaricata di trasmettere concetti e strumenti per la costruzione
ed elaborazione della conoscenza e di equipaggiare i giovani con competenze tali da poter
attivamente dare senso e forma al mondo ed evolvere un senso sempre più sofisticato del sé.
Strumenti, tecnologie e libri sono amplificatori di potenzialità e capacità degli alunni e dei bambini.
Howard Gardner afferma che la scuola è il tempo e lo spazio educativo in cui si assiste ai processi
che riguardano le quattro componenti dell’educazione:
La cultura ha in sé un ruolo formativo, è il fattore principale che dà forma alla mente di coloro che
ne sono partecipi: vi è un processo circolare e dinamico, secondo Bruner, tra la cultura data in un
contesto e il soggetto in sviluppo poiché la cultura non è qualcosa che influenza gli individui, ma
Il continuo confronto con azioni condivise, con parole e altre mediazioni simboliche, con pratiche
socialmente definite, ricordi e sentimenti contribuisce ad equipaggiare l’individuo degli strumenti
per pensare. Secondo Perret Clermont ci sono quattro livelli di spazio del pensiero:
L’apprendimento di sviluppa in un contesto che è luogo di incontro e delle interazioni sociali, dei
processi educativi e dei modelli e valori culturali, ci sono modi e forme con cui sostenere i bambini
e i ragazzi nel loro crescere e nei loro percorsi di apprendimento, nel loro conoscere e
comprendere il mondo che li circonda e diventare membri attivi.
Secondo Rogoff ci si aspetta che un bambino apprenda a scuola tutte le abilitò considerate
fondamentali dalla comunità, ovvero, obiettivi locali dello sviluppo.
Francesca Emiliani afferma che le idee sono il contesto, l’ambiente in cui si sviluppa e apprende un
bambino, che le idee intese come contesto e ambiente diventano uno strumento per analizzare la
relazione fra individuo e ambiente.
Nelle scuole d’infanzia possiamo assistere a pratiche educative e didattiche caratterizzanti che
vengono quasi tramandate da insegnante a insegnante. Le insegnanti replicano formule routinarie
o di attività di apprendimento e alcune strategie pedagogiche ritenute collaudate. Secondo Anna
Bondioli il gruppo delle insegnanti utilizza le risorse disponibili per rendere l’ambiente di vita
infantile sereno, stimolante, efficace dal punto di vista educativo.
Per parlare di contesto di apprendimento bisogna tenere in considerazione i diversi fattori che
sono messi in campo nel progettare e dare forma a esperienze di apprendimento:
La scuola, quindi, oltre che essere caratterizzate dai fattori sopra indicati, si caratterizza anche
perché il bambino vive parallelamente altre esperienze che gli derivano da situazioni di
apprendimento dal mondo adulto. Apprendimenti che possono entrare in conflitto, anche perché i
bambini apprendono molto di più di quello che gli viene insegnato. Secondo Dewey l’esperienza
scolastica dei bambini dovrebbe mantenere un significato e un alto grado di continuità con la vita
del mondo adulto.
Apprendere a scuola
L’apprendimento non può essere pensato in termini di accumulo della conoscenza. I bambini e gli
altri sono co-costruttori di un processo che, partendo da forme iniziali di sostegno che l’adulto
fornisce al bambino, arriva alla piena competenza del piccolo e alla sua partecipazione attiva alle
situazioni di apprendimento.
L’apprendimento implica un atto di fiducia che consiste nel trovare il coraggio di affrontare ciò che
è ignoto e incerto, rappresenta una sfida, un’avventura.
La responsabilità educativa degli adulti risiede nel loro riflettere e interrogarsi circa le esperienze
educative che quotidianamente vengono offerte o non offerte ai bambini e agli scolari.
L’educatore- insegnante è chiamato a una responsabilità di ruolo che si esprime nel suo essere in
relazione con l’altro e gli altri nell’azione quotidiana.
Il senso profondo dell’esperienza formativa della vita a scuola è progettare contesti in cui sia
possibile integrare e mettere in comunicazione punti di vista diversi, pluralità di intelligenze e
motivazioni con una varietà di strumenti a disposizione.
Iniziare a frequentare la scuola vuol dire entrare in questo sistema e diventarne parte. Per tutti i
soggetti presenti nella scuola è fondamentale avere conoscenza di come il sistema di istruzione di
formazione italiano è strutturato per avere il quadro di insieme che consente poi di comprendere
come funzionano le singole realtà educative e da cosa dipende il loro funzionamento.
Scuola paritaria: la gestione è affidata a soggetti diversi da quelli statali. I titoli di studio hanno lo
stesso valore legale dei titoli rilasciati dalle scuole statali.
Scuola privata: non possono rilasciare titoli di studio aventi certificazione legale, né attestati
intermedi o finali con valore di certificazione legale. Ciò significa che gli studenti delle scuole
private, per veder riconosciuti i loro titoli, devono sostenere un esame di idoneità.
È un percorso di istruzione obbligatoria che dura 10 anni. Gli enti privati hanno il diritto di istituire
scuole e istituti d’educazione senza oneri per lo stato. Il battito sempre acceso e articolato sulla
scuola riguarda quanto e come lo stato sceglie di investire sulla scuola; ci sono problematiche su
singole questioni come compiti a casa durante le vacanze, la selezione dei docenti sempre meno
attenta a mettere in ruolo personale realmente qualificato e preparato per relazionarsi con
bambini, giovani ragazzi, la questione dell’ingiustizia o dell’eguaglianza che a scuola non c’è, Ci si
domanda se una scuola diversa, migliore, sia possibile.
Per Philippe Meirieu la scuola è chiamata a formare futuri cittadini capaci di costruire il bene
comune. La scuola non è e non può essere una macchina per insegnare e apprendere. La scuola è
un servizio pubblico e istituzione democratica a cui sono affidati compiti e funzioni crociali, per
comprendere i quali, è importante saper distinguere le tra le sue modalità di funzionamento e le
sue finalità. La classe così composta è uno degli aspetti che profilano il funzionamento della scuola
e rappresenta la traduzione organizzativa e pratica dei valori educativi. La scuola è un’istituzione
chiamata a operare sul lungo periodo e ha bisogno di finalità stabili e continuative, deve essere
fondata sull’uguaglianza di tutti, sull’accesso universale alle conoscenze.
Bisogna educare insegnare ai giovani in modo che possano prendere parte alla vita democratica.
La scuola è chiamata a costruire lo spazio comune in cui gli individui e i gruppi possano
riconoscersi come partner di un’avventura comune, deve permettere a ogni cittadino di
comprendere il mondo che lo circonda e di prendere parte alle discussioni che decideranno il suo
futuro. La scuola è un’istituzione che fa del futuro il suo principio. Per preparare il futuro essa si
attribuisce la missione di trasmettere passato. L’educazione è la preoccupazione della scuola, ha
bisogno di uno sguardo attento sia ai mutamenti in atto sia ai bisogni vecchi e nuovi di tutta la
società civile.
Con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 Stato e Regioni concorrono nella definizione
delle funzioni che riguardano il sistema di educazione, di istruzione e anche di formazione a livello
professionale aprendo la strada l’autonomia scolastica. L’autonomia scolastica viene introdotta a
seguito della riforma Titolo V con la legge Bassanini. Questa legge riconosce le scuole come
soggetti pubblici distinti dallo Stato con la finalità di consentire maggiore flessibilità,
diversificazione, integrazione e un più efficace ed efficiente utilizzo delle risorse e strutture rispetto
al contesto territoriale. Consente anche l’autonomia didattica che persegue gli obiettivi generali
del sistema nazionale di istruzione regolando tempi e medi dell’insegnamento, dello svolgimento
delle discipline e delle attività scolastiche. La legge Bassanini ha comportato la nascita di Uffici
scolastici Regionali. Lo Stato ha via via decentrato i propri poteri e funzioni, mettendo la scuola
sotto la responsabilità delle istituzioni e degli enti territoriali. Tutto ciò però non si traduce in
autonomia finanziaria, in quanto i finanziamenti sono erogati dallo Stato.
L’autonomia scolastica ha permesso alle scuole di predisporre percorsi più centrati sui loro allievi,
più efficaci, più legati ai loro bisogni. Non è riuscita però a garantire tutti gli obiettivi per la quale
era ed è sostenuta, visto che la disuguaglianza tra scuole, anche nella qualità della loro offerta
formativa, resta ampia. Parte del problema è insito nel modello stesso di scuola e nelle
competenze delle figure dirigenziali capaci di intercettare finanziamenti, opportunità e riconoscere
risorse, di sostenere e valorizzare innovazioni, in parte è dovuto alla formazione e al reclutamento
del personale docente. Un altro aspetto del problema è la diminuzione progressiva di
finanziamenti statali.
Se ci mettiamo in dialogo con i sistemi scolastici di altri paesi europei vediamo che siamo collocati
nel profilo del modello scolastico del “tronco comune”, con questo termine si intende il sistema a
ciclo uniche che prevede una scuola unica che comprende sia la formazione primaria che la prima
parte di quella secondaria. L’ordinamento dell’istruzione è pertanto strutturato da decenni
secondo la scansione 3+5+3+5 in cui la scuola dell’infanzia è parte integrante del sistema e
rappresenta il punto di partenza per conoscere e comprendere la storia della scolarità italiana e la
sua evoluzione. Nel nostro modello scolastico l’istruzione è obbligatoria nella fascia dai 6 ai 16
anni, segue poi una istruzione superiore di 3 o cinque anni. È un modello orientato alla
trasmissione dei saperi e delle conoscenze, è forte l’attenzione ai contenuti degli insegnamenti e la
Una particolarità ulteriore del nostro modello scolastico è ravvisabile nella frequenza con cui si
svolgono le valutazioni e le verifiche delle conoscenze. La valutazione così concepita è la
traduzione di un modello formativo poco orientato alla valorizzazione dei talenti individuali.
Guardarsi attraverso il confronto con gli altri sistemi, vedere e cercare di leggere il proprio modello
è illuminante e formativo. Il nostro sistema di educazione e di istruzione è un ordinamento in cui la
scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la scuola secondaria di primo grado costituiscono il primo
segmento del percorso scolastico e contribuiscono in modo determinante a l’elevazione culturale,
sociale ed economica del paese e ne rappresentano un fattore decisivo di sviluppo ed innovazione.
La libertà di insegnamento è sicuramente uno dei tratti fondanti dell’idea di scuola democratica
proprio perché riconosce il diritto agli insegnanti di scegliere metodi, strumenti e strategie
didattiche nel rispetto delle norme che regolano il contesto scolastico.
Il sistema è il suo interno caratterizzato da scuole statali e non statali tra cui molte paritarie,
insieme a private, e si basa sul principio della parità scolastica.
Le scuole paritarie, come le scuole dell’infanzia comunali, hanno piena libertà di orientamento
culturale oltre che di indirizzo pedagogico didattico e questo perché tutte le scuole svolgono un
servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone nel progetto educativo, compresi gli alunni e
studenti con handicap. Il progetto educativo indica l’eventuale aspirazione di carattere culturale e
religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extracurricolari che
presuppongono l’adesione a una determinata ideologia o confessione religiosa.
La scuola è un costrutto, una parola, che ha nel parlato una significativa connotazione affettiva,
una parola che è parte importante della vita di ogni cittadino, del discorso e dei ricordi famigliari
che la accompagnano. Gli anni che trascorriamo a scuola sono quelli della nostra formazione
Tallandini e Valentini Hanno dimostrato tramite la loro ricerca che la scuola entra direttamente e
precocemente nell’esperienza di vita dei bambini e vi resta per anni quale luogo unico e
previlegiato di incontro e di confronto con il mondo e la realtà sociale e culturale. Dalla loro ricerca
emerge che per i bambini la scuola, dall’infanzia seguire, è come una casa, è un luogo dove si
impara a studiare e a fare delle cose, per dopo avere un futuro.
Le scuole hanno delle tradizioni, hanno regole che sono espressione di una cultura educativa un
misto tra regole generali e locali. Esse sono organizzazioni complesse in cambiamento continuo.
Il nostro sistema è prima di tutto contraddistinto da una spaccatura che ha influito e influisce sulle
esperienze dei bambini come scolari, soprattutto nel passaggio dalle istituzioni educative alle
situazioni scolastiche. Non abbiamo ancora l’unitarietà e la continuità del progetto educativo nella
fascia prescolare, tra nidi d’infanzia e scuole dell’infanzia. Il salto successivo è tra la scuola primaria
e la scuola secondaria di primo grado: in questa fase molti ragazzi e le loro famiglie vivono il
passaggio in modo complesso. Nei fatti questa segmentazione corrisponde ai percorsi di studio che
il nostro sistema prevede per la formazione di base di educatore d’infanzia, insegnanti di scuola
dell’infanzia e primaria e, infine, i percorsi e le lauree previste per i professori delle secondarie che
conoscono continue proposte e riforme e che ancora non rispecchiano la preparazione e la
qualificazione necessaria. La frammentazione tra percorsi formativi creano ostacoli interni al
sistema e salti importanti sia per i bambini che per i loro genitori.
Nella consuetudine della scuola italiana la continuità è individuabile nell’idea di gruppo classe e
delle figure dei docenti. Non solo il gruppo classe è nella scuola primaria costituito da individui
della stessa età e dello stesso livello ma esso è identico a se stesso per tutti gli anni scolastici. È
piuttosto frequente che il gruppo di bambini che si è costituito come gruppo sezione della scuola
dell’infanzia sia quasi lo stesso che come classe prosegue nella sua esperienza di alfabetizzazione
alla scuola primaria. Il gruppo stabile insieme alla continuità della figura di insegnanti ed educatori
è tendenzialmente molto apprezzato dalle famiglie. Gli insegnanti per molti rappresentano uno, se
non il principale, indicatore di qualità dell’offerta educative formativa. Non possiamo immaginare
l’esperienza scolastica di nessun alunno senza fare riferimento al gruppo che ha condiviso con lui
una lunga storia collettiva.
I gruppi sezione classe sono composti da numeri diversi di bambini e bambine a seconda del
segmento e delle norme che lo regolamentano.
I nidi d'infanzia possono essere sia misti per età e sia omogenei.
Nella scuola dell'infanzia le sezioni sono costituite di norma con un numero minimo di 18
bambini e numero massimo di 26. Se accolgono alunni con disabilità non devono essere più
di 20 alunni nella classe.
Nella scuola primaria le classi sono costituite con un numero minimo di 15 bambini e con
un numero massimo di 26. Se il numero delle iscrizioni non consente di formare una classe
di 15 alunni è possibile attivare le pluriclassi (sono delle sezioni con alunni che frequentano
differenti anni di corso) che devono accogliere tra gli 8 e 18 alunni. Nelle classi di scuola
primaria che accolgono alunni con disabilità in situazione di gravità il numero degli alunni
non deve superare 20. In tali classi devono essere assicurate le forme particolari di
sostegno secondo le rispettive competenze dello Stato degli enti locali proposti, devono
creare reali condizioni di benessere di apprendimento per tutti.
Per quanto riguarda l'integrazione scolastica dei minori stranieri qualunque sia loro posizione
di regolare o meno, i minori sono soggetti all'obbligo scolastico e la loro presenza nelle singole
classi fissato di normale il 30 % del totale. Questa è una percentuale che può variare in base
anche alle competenze linguistiche del bambino. Il principio fondamentali della scuola italiana
è quelli dell’integrazione scolastica. Ogni alunno con continuità o per determinati periodi può
manifestare i bisogni educativi speciali rispetto ai quali è necessario che scuole offra una
personalizzata risposta. È stato scelto di non prevedere classi speciali riservate.
Il tempo scuola
Il tempo a scuola è il tempo di suddivisone gli orari, della giornata a scuola quindi l’orario
giornaliero e nel caso della scuola primaria potremmo dire l’orario delle lezioni, di laboratorio e
altri progetti. La scuola è fatta di tanti diversi tempi e alcuni di questi tempi sono fissati per legge. Il
tempo scuola:
Al tempo scuola settimanale e giornaliero fa da cornice il tempo dell'anno scolastico. Nel caso della
scuola d'obbligo il calendario viene inviato dal MIUR e le regioni fissano di anno in anno il proprio
calendario scolastico stabilendo il primo e l’ultimo giorno di scuola, i vari ponti, vacanze in
occasione di festività. Adattamenti ulteriori sono lasciati alle singole scuole che genera differenze a
livello nazionale. La riforma del titolo V riconosce l’autonomia delle istituzioni scolastiche, le quali
hanno la facoltà di anticipare o ritardare l'inizio delle lezioni nel rispetto del limite di 200 giorni di
lezione all'anno. Le scuole hanno anche la facoltà di procedere alla distribuzione delle ore di
lezione anche settimanale nel rispetto del vincolo in questo caso del monte ore annuale.
Anche le ore delle figure delle insegnanti dedicate alla loro compresenza, al lavoro a diretto
contatto con bambini, alla formazione, al colloquio genitori, al lavoro nel collegio hanno
conosciuto e conoscono cambiamenti periodici e sono normate. Il profilo dell'insegnante di classe
e di sostegno sono entrambi destinati alla classe e devono essere capaci di rispondere ai bisogni
educativi speciali attraverso anche i cosiddetti PEI (piano educativi individualizzato). Con la riforma
introdotta, dal ministro Gelmini nel 2009, si è passato dalle 3 insegnanti presenti su 2 classi
all'insegnante unico, quindi un prevalente insegnante curricolare affiancato poi dagli insegnanti
speciali (inglese e religione). I docenti di sostegno sono passati recentemente, con la legge numero
107/2015 da “ruoli speciali” alla categoria “organico di fatto” entrando a fare parte integrante
dell’organico. Tra gli insegnanti delle scuole comunali paritarie, delle scuole dell'infanzia statali si
registra la differenza significativa di contratti di lavoro; nel primo caso le ore dirette con i bambini
raggiungono quasi le sei al giorno contro le 4 ore e mezzo degli insegnanti statali che percepiscono
però uno stupendo superiore. Diverse anche le ore dedicatela progettazione. Sono tutti aspetti tra
loro intrecciati che comunicano chiaramente che ci troviamo di fronte offerte diverse, a qualità
non di pari livello proprio perché il tempo è la variabile che forse più di altre indica la qualità. Si ha
una non equa distribuzione o della disuguaglianza territoriale fatta dalle ore destinate alla
formazione dei docenti: essi hanno una formazione di base universitaria ma anche continua in
servizio che nel caso delle monte ore delle insegnanti comunale, paritarie e delle scuole
dell'infanzia è sufficiente, nel caso delle insegnanti statali, essendo più ridotte, porta a interventi
formativi non sempre molto efficaci.
La scuola e la famiglia sono le 2 agenzie educative per eccellenza e dalla loro connessione e stretta
collaborazione dipende l'esperienza educativa e scolastica dei bambini e degli scolari, si ha quindi
una corresponsabilità educativa. La relazione scuola famiglia è un tema da sempre centrale per la
vita della scuola e per il dibattito pedagogico in generale. Il rapporto scuola-famiglia è un legame e
una connessione cruciale non solo in termini funzionali alla vita a scuola ma determinante per la
formazione integrale della persona. L’azione della scuola si esplica attraverso la collaborazione con
la famiglia nel reciproco rispetto dei diversi ruoli e ambiti educativi, non che con le altre formazioni
sociali ove si svolge la personalità di ciascuno. Le famiglie sono portatrici di risorse che devono
essere valorizzate nella scuola. Famiglie e genitori sono cambiati e continuano a cambiare con le
loro idee, i bisogni, gli stili educativi e si sono moltiplicate le provenienze culturali.
A scuola si va a ..?
Alla scuola dell’infanzia e alla scuola primaria si può accedere come anticipatori, ovvero, attraverso
anticipi di iscrizione. Secondo l’articolo 2, comma 2 del DPR 89 del 2009 possono essere ammessi:
alla scuola dell’infanzia i bambini che compiono 3 anni entro 30 Aprile dell’anno scolastico
di riferimento. La frequenza anticipata è condizionata dalla disponibilità di posti e
dall’esaurimento della lista d’attesa.
Alla scuola primaria possono essere ammessi i bambini che compiono sei anni entro 30
Aprile dell'anno scolastico di riferimento.
Le sezioni primavera sono state istituite nel 2006 e costituiscono un servizio educativo per i
bambini in età compresa tra e 24 e 36 mesi da intendersi come servizio educativo integrato e
aggregato alle scuole dell’infanzia.
Premessa
L’aspetto interessante fu costituito dal fatto che i gruppi nel momento in cui cambiava
l'insegnante, e quindi la modalità di conduzione, il loro comportamento variava adattandosi alle
modalità proposte; per cui bambini che avevano collaborato fra loro in modo costruttivo quando
erano condotti da maestro democratico, diventavano incapaci di collaborare fra loro. È stato
dimostrato da questo esperimento che capacità e incapacità di lavorare insieme sono legate ai
comportamenti e alle richieste dell’insegnante. L’insegnante è il perno del lavoro e che tutto ciò
avviene in classe è legato a come e interpreta il suo ruolo. Il modo in cui due attori reagiscono all’
interno della situazione scolastica è legato alla cultura dell’ educazione scolastica che regola i
possibili comportamenti di entrambi: in classe alcune azioni sono permesse e altre no.
L’insegnante con il suo lavoro tende a modificare le conoscenze e le esperienze dello studente e
Un correlato dell’esperimento di Lewin, Lippit e White è legato anche al gradimento della materia
insegnata, all’apprendimento e di conseguenza al rendimento scolastico.
Gli studi successivi si sono concentrati solo sullo stile autoritario (tradizionale o formale) e
democratico (non tradizione o informale).
Dati che emergono da una ricerca proposta da Bennet (1976) su tutte le scuole elementari
scozzesi:
Sono state fatte numerose ricerche per comprendere quale metodo di insegnamento sia migliore.
Nei primi anni della scuola primaria i bambini condotti in modo informale erano effettivamente
meno abili nelle materie alte ma, alla fine del percorso, erano alla pari con quelli condotti in modo
formale con alcune acquisizioni ulteriori (abilità sociali e la capacità di autogestire il proprio
percorso). Non è facile comperare i risultati prendendo come unico punto di riferimento lo stile
adottato dall’insegnante perché nella realtà è difficile trovarsi di fronte a uno stile puro. Per poter
supportare un metodo che permette agli studenti di agire in prima persona, di arrivare alla
soluzione attraverso tentativi ed errori e di fare molto lavoro cooperativo, il maestro deve sentirsi
sicuro di poter intervenire per aiutare gli studenti e di tollerare l'inevitabile confusione. La
personalità e i tratti caratteriali degli allievi giocano anche un ruolo determinante nella riuscita
scolastica.
Per poter insegnare bisogna che il maestro sia convinto della possibilità che i suoi alunni siano tutti
in grado di imparare.
Gilly nel 1980 ha condotto delle osservazioni e ha constatato che i bambini e le bambini della
scuola dell’infanzia se ritenuti più “dotati” saranno invitati a partecipare più spesso ad attività
logico- matematiche e linguistiche, o a quelle attività che si ritenga che costituiscano le basi di una
carriera scolastica di successo, invece verranno lasciati liberi di scegliere attività di loro gradimento
se ritenuti scolasticamente meno promettenti.
Lorenzoni afferma che: “se ho scelto il mestiere dell’educatore, ho il compito di aiutare bambini e
bambine a tirare fuori e riconoscere ciò che hanno dentro. Ho il dovere di aprire porte, spalancare
finestre ma ciò è possibile solo se accolgo tutti i punti di vista cercando di attenuare i miei
inevitabili pregiudizi”.
L’insegnante che pensa che l’intelligenza di un bambino sia immodificabili utilizzerà uno stile più
formale; mentre una che pensa che sia modificabile utilizzerà più facilmente uno stile informale o
comunque tenderà a cercare la modalità di insegnamento- apprendimento più adatte per ciasun
allievo.
Ciascun maestro ha l’immagine di un bambino ideale, il problema è che l’insegnane una volta che
ha inquadrato un bambino difficilmente cambierà idea e si comporterà con lui di conseguenza.
In una ricerca condotta da Gilly e Farioli fu chiesto a un gruppo di insegnanti divisi fra “
conformisti” e “non conformisti” di valutare dei temi cui erano abbinate le foto degli estensori. Fu
chiesto di valutare oltre che il tema anche la bellezza e l’intelligenza degli alunni ma la foto
abbinata non era quella del bambino che aveva svolto il tema. Nessuna insegnante si rifiutò di
evincere da una foto l’intelligenza dell’allievo. L’abbinamento con il tema aiutò o penalizzò la
valutazione della bellezza e dell’intelligenza a seconda che la valutazione dell’elaborato fosse
positiva o negativa. Dimostrando così i loro pregiudizi e anche la loro immagine di studente ideale.
La motivazione ad apprendere.
Intrinseche: nascono dal desiderio di apprendere e si sviluppano nei primi anni di vita.
Estrinseche: provengono da stimoli esterni come il voto e i riconoscimenti.
C’è anche la demotivazione: intenzione di non agire. L’alunno è frustrato dai brutti voti e
rimproveri e si rassegna. Sono i predestinati ad abbandonare a meno che non trovino
un’insegnante che riesca a dargli nuove motivazioni.
Partire dagli esercizi e passare poi alla teoria permette di lavorare sulle motivazioni intrinseche e
sviluppare la curiosità e il desiderio di apprendere.
Abilità/non abilità
Sforzo/ non sforzo
Difficoltà del compito
Fortuna/sfortuna
Interne (abilità, sforzo umore), esterne (fortuna, difficoltà dei compiti, atteggiamento
dell’insegnante.
Stabili o instabili: derivano dalla visione soggettiva.
Controllabili (sforzo), non controllabili (stanchezza, abilità, fortuna, umore).
Teoria d’Alonzo 2012: spesso si sceglie una strada di media/bassa difficoltà per tenere lontana la
possibilità di insuccesso. L’insuccesso da un compito complicato è causato dal compito difficile e
non dalla propria abilità.
Il successo/insuccesso provano emozioni diverse se la causa è interna o esterna. Nel caso della
causa interna il successo comporta ad avere un’immagine di se competente e genera un senso di
orgoglio; l’insuccesso invece genera un senso di colpa e vergogna. Per quanto riguarda le cause
esterne il successo genera sorpresa ma anche incertezza delle proprie capacità; insuccesso crea
frustrazione.
Ci sono dei segnali che permettono di capire che un insuccesso ha inciso sul bambino:
Svilcola le richieste
Si tira indietro alle difficoltà
È aggressivo
La classe ha una frequenza obbligatoria con la presenza di un insegnante. È un gruppo che ha coe
scopo l’apprendimento in cui interagiscono alunni e insegnanti. È un’istituzione sociale complessa
con affetti significativi sullo sviluppo sociale dei bambini. È un gruppo che non è coeso inizialmente
ma a cui si chiede di diventarlo. Non esistono momenti privati perché tutto si svolge in pubblico,
anche i colloqui singoli non sono privati perché il contenuto verrà rielaborato e riferito alle
colleghe.
L’insegnante deve aiutare a far nascere il gruppo e questo può avvenire se valorizza tutti.
Insegnante: deve approfondire il gruppo con un’analisi sistematica e capire il ruolo di ogni
bambino.
I conflitti e la disciplina
In classe le dinamiche relazionali sono molto vivaci e si formano conflitti. Non è sempre facili per
l’insegnante venire a conoscenza dei motivi per cui scoppia un litigio. I conflitti rendono più
complesso il processo di apprendimento.
Per la risoluzione dei conflitti per far lavorare bene il gruppo è necessario:
Ma prima di intervenire è necessario che il maestro sia sicuro di avere ben chiaro che cosa stia
succedendo. È bene che capisca come ogni bambino interagisce con gli altri.
Disciplina è il mantenimento dell’ordine e delle regole. È la base per un lavoro didattico efficace.
Disciplina e regole sono collegati alle modalità in cui è organizzato il lavoro in classe, allo stile di
insegnamento e al tipo di relazione tra maestro e allievo.
Le regole sono importanti per la vita di classe, vanno stabilite e mantenute, devono essere stabilite
con i bambini, devono essere poste in modo positivo “alzare la mano per parlare” e non “non
parlare tutti insieme”. Comportamenti inadeguati possono essere scaturiti da meccanismi di
difesa, cause personali, malessere per la scuola o per la famiglia.
In base ai ruoli si hanno relazioni diverse: un amico avrà una relazione non
professionale, invece un maestro ne avrà una professionale. Nella relazione
maestro- alunno il maestro ha il dovere di lavorare aiutando il bambino,
l’alunno ha il diritto di essere ascoltato e aiutato.
L’osservazione a scuola.
Osservare è importante se fatto con metodo, con strumenti per raccogliere dati
e distinguere fatti con interpretazioni. È difficile valutare in modo oggettivo
comportamenti che si guardano tutti i giorni. Succede che i più “irrequieti”,
“problematici” e “in difficoltà” sono più seguiti dall’insegnante. È invece
importante che a tutti venga posta la stessa attenzione. È indispensabile
osservare il bambino in situazioni diverse per non giudicarlo dopo un singolo
episodio.
Data
Orario di inizio e di fine.
Luogo.
Informazioni sul/i bambino/i, adulti presenti e osservatore.
Contesto.
Interventi e non interventi dell’osservatore.
Per fare scuola un insegnante deve conoscere la cultura dei bambini che ha in
classe. È bene conoscere potenzialità e limiti dei media che possono
sperimentare situazioni che non erano sperimentabili senza tecnologia a causa
Lo spazio educativo campo disponibile per gli oggetti che hanno una
collocazione e volume suscettibili di spostamento. Ma in senso stretto è
un ambiente destato a manifestazioni di carattere tecnico e culturale. Lo
spazio assume la connotazione del contesto e determina il nostro viverlo.
L’ambiente medio è quello costituito da fattori generali, l’ambiente
individuale da senso al comportamento individuale.
C’è una diversità tra luogo e non luogo; con luogo si intende un posto con
una storia, mentre con non luogo si intende uno spazio senza identità. Le
non scuole non hanno l’aspetto di una scuola e hanno edifici scadenti con
materiale scadenti.
Luogo in sociologia- ha una valenza simbolica e sociale, è uno spazio
che prevede una precisa organizzazione che definisce ruoli e funzioni,
comportamenti consoni con regole implicite ed esplicite.
Nelle scuole innovative non ci sono aule o hanno un approccio diverso alla
didattica.
Addensare in poche ore del mattino tutte le materie rende il tempo pesante e
fa sentire che non basta. Spesso l’orario è scandito dagli impegni dei professori
e non sa un susseguirsi logico delle materie.
Attivo
Costruttivo
Collaborativo
Intenzionale
Insegnante-alunno
Alunno-alunno
Insegnante-insegnante
Il ruolo del coordinatore è sia di tipo operativo che relazionale. Ma tale ruolo
richiede anche un controllo su se stessi.
Però spesso le difficoltà dell’agire in gruppo derivano dal dirigente stesso che
non possiede una formazione adeguata. È fondamentale che il dirigente operi
su più livelli per favorire la collegialità:
In generale la valutazione serve per capire se e come gli alunni hanno acquisito
le abilità necessarie al successo scolastico.
Fare scuola tutti coloro che vivono nel contesto scolastico devono poter
riflettere e condividere i propri interessi.
Funzione di controllo: quanto i bambini hanno imparato rispetto gli obiettivi che
ogni insegnante si era prefissato.
Uno studio sociologico ha messo in luce che i voti dipendono anche dalle origini
etniche e sociali, spesso i bambini immigrati prendono voti insufficienti.
Secondo il punto di vista degli allievi essere valutati non è semplice e questo
dimostra che il voto è un elemento essenziale della esperienza scolastica.
I bambini non tollerano essere trattati in modo diverso dai propri compagni.
L’efficacia dell’insegnamento non si vede solo dai voti degli studenti ma anche
dalle capacità di predisporre un’ambiente adatto a tutti.